Capitolo 13 Come agisce l’evoluzione Copyright © 2006 Zanichelli editore L’evoluzione biologica e la teoria di Darwin 13.1 Le teorie evolutive prima di Darwin Le specie viventi si trasformano nel tempo • Nel 1700 lo studio dei fossili dimostrava l’esistenza di antichi organismi talvolta molto diversi da quelli attuali, suggerendo che le specie viventi si trasformano nel tempo. • Il naturalista Georges-Louis Buffon (1707-1788) avanzò l’ipotesi che i viventi si fossero originati da un esiguo numero di antichissimi antenati. Figura 13.1A Copyright © 2006 Zanichelli editore Il naturalista inglese Erasmus Darwin (1731-1802), nonno di Charles Darwin, era tra coloro che sostenevano che le specie viventi si trasformano nel tempo e che tali cambiamenti, testimoniati dai fossili, sono il risultato dell’interazione delle popolazioni con l’ambiente. Figura 13.1B Copyright © 2006 Zanichelli editore L’evoluzionismo secondo Lamarck • Jean-Baptiste Lamarck (1744-1829) formulò una teoria sull’evoluzione coerente e sistematica, secondo la quale le specie si evolvono tramite l’interazione con l’ambiente. • Il punto debole della teoria risiedeva nella convinzione che le caratteristiche acquisite in tal modo fossero trasmissibili alla progenie. Figura 13.1C Copyright © 2006 Zanichelli editore Cuvier e le teorie del catastrofismo Georges Cuvier (1760-1832), fondatore della degli studi di paleontologia dei vertebrati, spiegava la scomparsa di specie presenti un tempo sulla Terra attraverso la teoria del catastrofismo. Figura 13.1D Copyright © 2006 Zanichelli editore Le basi del pensiero evoluzionistico di Darwin Gli studi del geologo scozzese Charles Lyell (1797-1875) fornirono le basi per il pensiero evoluzionistico; infatti, Lyell nel suo Principles of Geology • si oppose alla teoria del catastrofismo; • affermò che i lenti e costanti cambiamenti nella storia della Terra sono causati da forze naturali che operano in tempi molto lunghi. Copyright © 2006 Zanichelli editore 13.2 Nel suo viaggio intorno al mondo Darwin gettò le basi della sua teoria dell’evoluzione Charles Darwin nacque nel 1809 in Inghilterra; iniziò gli studi di medicina e poi di teologia, ma la sua vera passione erano le scienze naturali. Figura 13.2A Copyright © 2006 Zanichelli editore Il viaggio con il Beagle Durante il suo viaggio durato cinque anni (1831-1836) sul brigantino inglese Beagle, Darwin osservò le somiglianze tra organismi viventi e fossili e la diversità della vita sulle isole Galápagos. Figura 13.2B Copyright © 2006 Zanichelli editore Dalla pratica alla teoria • Le osservazioni che Darwin fece durante il suo viaggio sul Beagle lo aiutarono a elaborare la sua teoria sull’evoluzione. • Quando fece ritorno in Gran Bretagna, scrisse un saggio in cui descriveva i principi della sua teoria dell’evoluzione, parlando di discendenza con modificazioni. • Darwin si rese conto dell’unità tra le specie, secondo cui tutti i viventi sono correlati tra loro attraverso un comune progenitore di qualche specie sconosciuta, vissuto in epoca remota. Copyright © 2006 Zanichelli editore • Prevedendo le polemiche che le sue idee avrebbero potuto suscitare, Darwin preferì ritardare la pubblicazione del suo libro. • Alfred Wallace, un altro naturalista inglese, concepì una teoria identica a quella di Darwin, che venne presentata nel 1858, citando il precedente saggio di Darwin. • Darwin nel 1859 pubblicò il volume Sull’origine delle specie mediante selezione naturale, che divenne un caposaldo delle scienze naturali. Figura 13.2D Copyright © 2006 Zanichelli editore 13.3 Secondo Darwin la selezione naturale è alla base dei meccanismi dell’evoluzione Darwin osservò che gli organismi di tutte le specie: • hanno la tendenza a produrre prole in eccesso, con un numero di individui superiore a quello che l’ambiente può sostenere; • variano in molte caratteristiche individuali che possono essere ereditate (trasmesse da una generazione a quella successiva). Copyright © 2006 Zanichelli editore La selezione naturale • Darwin osservò che la sopravvivenza dipende almeno in parte dalle caratteristiche ereditate dai genitori. • All’interno di una popolazione diversificata, gli individui dotati di tratti ereditari che permettono di adattarsi meglio all’ambiente, hanno maggiore probabilità di sopravvivere e riprodursi. • Secondo Darwin, in seguito alla selezione naturale le caratteristiche vantaggiose saranno rappresentate sempre più frequentemente nelle generazioni successive, mentre quelle sfavorevoli lo saranno sempre meno. Copyright © 2006 Zanichelli editore La selezione artificiale Darwin trovò prove convincenti a sostegno delle sue teorie osservando i risultati della selezione artificiale, cioè la coltivazione e l’allevamento selettivi di piante e animali. Incroci condotti dall’uomo per migliaia di anni (selezione artificiale) Cane ancestrale (simile al lupo) Figura 13.3A Copyright © 2006 Zanichelli editore Figura 13.3B • Secondo Darwin le diverse forme di vita si sono originate, attraverso successive modificazioni, da un antenato comune. • Il meccanismo che ha portato alla formazione delle diverse specie è stato la selezione naturale. Licaone Coyote Lupo Volpe Selezione naturale avvenuta nel corso di milioni di anni Figura 13.3C Copyright © 2006 Zanichelli editore Canide ancestrale Sciacallo Le prove dell’evoluzione 13.4 Lo studio dei fossili fornisce prove a favore dell’evoluzione I fossili e la documentazione fossile, ossia la serie ordinata di fossili che affiorano dagli strati di rocce sedimentarie, forniscono una delle prove più importanti dell’evoluzione. Figura 13.4A-F Copyright © 2006 Zanichelli editore La documentazione fossile testimonia che gli esseri viventi si sono evoluti in una sequenza cronologica. Figura 13.4G Copyright © 2006 Zanichelli editore Molti fossili mettono in collegamento le specie attuali con i loro antenati estinti. Figura 13.4H Copyright © 2006 Zanichelli editore 13.5 Altre prove che confermano la teoria evolutiva La biogeografia • Alcune discipline scientifiche sono di supporto allo studio dei fossili nel sostenere la teoria evolutiva. • La biogeografia, la distribuzione geografica delle specie, suggerì per prima a Darwin che gli organismi si evolvono da antenati comuni. • Darwin notò che gli animali delle Galápagos assomigliavano di più alle specie continentali che agli animali di altre isole tropicali (con un ambiente più simile). Copyright © 2006 Zanichelli editore L’anatomia comparata • Un altro supporto alla teoria dell’evoluzione è fornito dall’anatomia comparata, la disciplina che mette a confronto le strutture corporee di specie diverse. • Somiglianze anatomiche che accomunano le specie costituiscono un indicatore di discendenza comune. Copyright © 2006 Zanichelli editore • I biologi chiamano strutture omologhe le strutture che sono simili perché derivano da un antenato comune. • Spesso le strutture omologhe hanno funzioni diverse. Figura 13.5A Specie umana Copyright © 2006 Zanichelli editore Gatto Balena Pipistrello L’embriologia comparata • L’embriologia comparata, lo studio delle strutture che compaiono durante lo sviluppo dei diversi organismi, fornisce ulteriori prove delle origini comuni dei viventi. • Spesso, infatti, le specie strettamente imparentate presentano stadi simili nel loro sviluppo embrionale. Copyright © 2006 Zanichelli editore Molti vertebrati hanno strutture omologhe nei loro embrioni. Tasche branchiali Coda Embrione umano Embrione di pollo Figura 13.5B Copyright © 2006 Zanichelli editore La biologia molecolare • Un supporto alla teoria dell’evoluzione è stato fornito recentemente dalla biologia molecolare, la disciplina che paragona sequenze di DNA e proteine in organismi differenti. • Le specie che risultano strettamente correlate hanno in comune una percentuale di DNA e di proteine maggiore rispetto alle specie non imparentate. Tabella 13.5 Copyright © 2006 Zanichelli editore COLLEGAMENTI 13.6 La selezione naturale in azione Il mimetismo degli insetti che si sono evoluti in ambienti molto diversi è un esempio di adattamento evolutivo e dei risultati ottenuti dalla selezione naturale. Una mantide orchidea (Malesia) Una mantide foglia (Costa Rica) Figura 13.6A Copyright © 2006 Zanichelli editore Un altro esempio di evoluzione in atto è la comparsa della resistenza agli insetticidi negli insetti. Gene che conferisce resistenza al pesticida Applicazione del pesticida Individuo resistente Le successive somministrazioni dello stesso pesticida saranno sempre meno efficaci e il numero di individui resistenti nella popolazione di insetti aumenterà progressivamente Figura 13.6B Copyright © 2006 Zanichelli editore Da Darwin alla sintesi moderna 13.7 Le popolazioni sono le unità su cui agisce l’evoluzione • La popolazione (un gruppo di individui della stessa specie che vivono nello stesso posto nello stesso momento) rappresenta l’insieme più piccolo di organismi soggetto all’evoluzione. • Una specie è un gruppo di individui, generalmente concentrati in popolazioni, che sono in grado di incrociarsi tra loro e produrre prole fertile. Figura 13.7 Copyright © 2006 Zanichelli editore • La genetica delle popolazioni, nata intorno al 1920, è la scienza che si occupa dei cambiamenti genetici delle popolazioni. • La sintesi moderna (o teoria sintetica dell’evoluzione), sviluppatasi all’inizio degli anni Quaranta, è una teoria evolutiva che considera le popolazioni come le unità dell’evoluzione e tiene conto di gran parte dei concetti espressi da Darwin. Copyright © 2006 Zanichelli editore • L’insieme di tutti gli alleli di tutti gli individui che compongono una popolazione, presenti in qualsiasi momento, costituisce il pool genico della popolazione. • La microevoluzione è un cambiamento nella frequenza relativa degli alleli nel pool genico di una popolazione. Copyright © 2006 Zanichelli editore 13.8 In una popolazione che non si evolve il pool genico rimane immutato nel corso delle generazioni In una popolazione che non si evolve il mescolamento di geni che accompagna la riproduzione sessuata non altera la composizione genetica della popolazione. Figura 13.8A Copyright © 2006 Zanichelli editore Zampa con membrana Zampa senza membrana Questo principio è chiamato equilibrio di HardyWeinberg e stabilisce che il mescolamento dei geni durante la riproduzione sessuata non altera le frequenze dei diversi alleli in un pool genico. Fenotipi Genotipi Numero di animali (totale 500) Frequenze genotipiche Numero di alleli del pool genetico (totale 1000) Frequenze alleliche Figura 13.8B Copyright © 2006 Zanichelli editore WW Ww 320 160 20 160 0,32 500 320 0,64 500 640 W ww 160 W 160 w 800 0,8 W 1000 20 0,04 500 40 w 200 0,2 w 1000 Per verificare l’equilibrio di Hardy-Weinberg si possono seguire gli alleli in una popolazione. Ricombinazione degli alleli della prima generazione (genitori) Gameti maschili W maschile w maschile p 0,8 q 0,2 Ww WW pq 0,16 p2 0,64 W femminile p 0,8 Gameti femminili w femminile q 0,2 wW qp 0,16 q2 ww 0,04 Seconda generazione: Frequenze genotipiche Frequenze alleliche Figura 13.8C Copyright © 2006 Zanichelli editore 0,64 WW 0,32 Ww 0,8 W 0,04 ww 0,2 w Perché una popolazione si mantenga all’interno dell’equilibrio di Hardy-Weinberg devono essere soddisfatte le seguenti cinque condizioni: • la popolazione deve essere molto vasta; • la popolazione deve essere isolata; • non devono avvenire mutazioni che alterino il pool genico; • l’accoppiamento tra gli individui deve essere casuale; • tutti gli individui devono avere pari successo riproduttivo; Copyright © 2006 Zanichelli editore 13.9 L’equazione di Hardy-Weinberg è utile nello studio delle malattie genetiche • I consultori genetici utilizzano l’equazione di HardyWeinberg per stimare la percentuale dei soggetti portatori di alleli responsabili di alcune malattie ereditarie. • Conoscere la frequenza di un allele dannoso è utile per qualunque programma di sanità pubblica che si occupi di malattie genetiche. Copyright © 2006 Zanichelli editore 13.10 La deriva genetica e il flusso genico possono contribuire alla microevoluzione La deriva genetica • La deriva genetica è un cambiamento nel pool genico di una piccola popolazione. • Può alterare le frequenze alleliche in una popolazione. • È un esempio di microevoluzione in cui non è coinvolta la selezione naturale. Copyright © 2006 Zanichelli editore Esistono due modi in cui la deriva genetica può avere un effetto sulle frequenze alleliche: • l’effetto collo di bottiglia; • l’effetto del fondatore. Popolazione iniziale Effetto collo di bottiglia Figura 13.10A Copyright © 2006 Zanichelli editore Popolazione sopravvisuta Figura 13.10B Il flusso genico Il flusso genico è un altro fattore che può determinare microevoluzione: • si verifica quando individui fertili entrano a fare parte di una popolazione o se ne allontanano, oppure quando si verifica un trasferimento di geni; • tende a ridurre le differenze genetiche tra le popolazioni. Copyright © 2006 Zanichelli editore Il ruolo delle mutazioni • Anche le mutazioni (cambiamenti casuali nel DNA di un organismo che possono dare origine a un nuovo allele) possono determinare microevoluzione. • Le mutazioni sono la causa principale della variabilità genetica e rappresentano il punto di partenza dei processi evolutivi. Copyright © 2006 Zanichelli editore L’accoppiamento non casuale • All’interno delle popolazioni che si riproducono per via sessuata, alcuni individui (genotipi che presentano caratteristiche più efficienti) generano più figli di altri. • In questo modo, la selezione naturale dà luogo al mantenimento dei caratteri che permettono l’adattamento di una popolazione al proprio ambiente. Copyright © 2006 Zanichelli editore Variabilità e selezione naturale 13.11 Gran parte delle popolazioni è caratterizzata da una notevole variabilità Il polimorfismo Molte popolazioni mostrano polimorfismo, diverse varianti di una caratteristica fenotipica. Figura 13.11A, B Copyright © 2006 Zanichelli editore • Oltre alle variazioni all’interno delle popolazioni, nella maggior parte delle specie esistono variazioni tra le popolazioni. • Le popolazioni possono mostrare anche variazioni geografiche. • Talvolta un cambiamento geografico progressivo dà origine a un cline, cioè a una variazione graduale di una caratteristica ereditaria. Copyright © 2006 Zanichelli editore La misura della variabilità genetica Per misurare la variabilità genetica, i genetisti prendono in considerazione: • la variabilità a livello di geni (media percentuale di loci genici eterozigoti in una popolazione); • la variabilità nei nucleotidi (confronto delle sequenze nucleotidiche in campioni di DNA). Copyright © 2006 Zanichelli editore 13.12 Le mutazioni e la ricombinazione sessuale sono alla base della variabilità genetica • Le mutazioni possono creare nuovi alleli. • Una mutazione genica puntiforme può essere innocua se avviene in un tratto di DNA che non influenza la funzione della proteina codificata. • Le mutazioni cromosomiche si originano nel corso della meiosi, coinvolgono tratti di DNA abbastanza lunghi e sono quasi certamente dannose. Copyright © 2006 Zanichelli editore La ricombinazione sessuale produce variazioni mescolando gli alleli durante la meiosi. Genitori A1 A1 X A2 A3 Meiosi Gameti A2 A1 A3 Fecondazione Figura 13.12A, B Copyright © 2006 Zanichelli editore Prole con nuove combinazioni di alleli A1 A2 A1 e A3 13.13 La selezione naturale influenza la variabilità genetica • La presenza di due corredi di cromosomi negli eucarioti diploidi impedisce che le popolazioni diventino geneticamente uniformi. • Negli eterozigoti l’allele recessivo è mascherato dall’allele dominante e protetto dalla selezione naturale. • L’«oscuramento» da parte degli alleli dominanti permette a un gran numero di alleli recessivi di rimanere in un pool genico. Copyright © 2006 Zanichelli editore • Negli organismi diploidi la variabilità genetica può essere preservata proprio dalla selezione naturale. • Quando la selezione naturale mantiene stabile per lunghi periodi di tempo la frequenza di due o più fenotipi in una popolazione si parla di selezione bilanciante. • Questi poliformismi bilanciati possono essere il risultato della cosiddetta superiorità dell’eterozigote o della selezione frequenzadipendente. Copyright © 2006 Zanichelli editore Esistono variazioni neutrali, cioè variazioni di una caratteristica ereditaria che non favorisce selettivamente alcuni individui rispetto ad altri. Figura 13.13 Copyright © 2006 Zanichelli editore 13.14 Le specie a rischio di estinzione presentano spesso una scarsa variabilità • Le specie in pericolo d’estinzione sono caratterizzate da una bassa variabilità genetica. • La bassa variabilità genetica può ridurre la capacità di alcune specie (come il ghepardo) di sopravvivere ai cambiamenti che gli esseri umani causano nel loro ambiente. Figura 13.14 Copyright © 2006 Zanichelli editore 13.15 Il successo riproduttivo dipende dalla trasmissione dei geni • Il successo riproduttivo, o fitness, è il contributo di un individuo al pool genetico della generazione successiva rispetto a quello di altri individui. • Gli individui più avvantaggiati in un determinato contesto evolutivo sono quelli che contribuiscono maggiormente con i loro geni alla generazione seguente. Copyright © 2006 Zanichelli editore 13.16 La selezione naturale agisce in tre modi diversi • La selezione stabilizzante favorisce le varietà intermedie. • La selezione direzionale tende a eliminare uno dei due estremi delle varianti fenotipiche. • La selezione divergente favorisce gli individui posti a entrambi gli estremi della gamma fenotipica. Copyright © 2006 Zanichelli editore Numero di individui I tre possibili effetti della selezione naturale: Popolazione di partenza Figura 13.16 Popolazione che si è evoluta Selezione stabilizzante Copyright © 2006 Zanichelli editore Popolazione di partenza Varianti fenotipiche (colore della pelliccia) Selezione direzionale Selezione divergente 13.17 La selezione sessuale influenza il dimorfismo tra i sessi La selezione sessuale porta all’evoluzione di caratteri sessuali secondari (dimorfismo sessuale) che possono conferire agli individui un vantaggio nell’accoppiamento. Figura 13.17A Copyright © 2006 Zanichelli editore Figura 13.17B 13.18 La selezione naturale non può «confezionare» organismi perfetti Ci sono almeno quattro buone ragioni per cui la selezione naturale non può produrre individui perfetti: • gli organismi sono condizionati dalla loro storia; • gli adattamenti sono spesso dei compromessi; • il caso interagisce con la selezione naturale; • la selezione può soltanto far emergere le varianti esistenti. Copyright © 2006 Zanichelli editore