INFEZIONE DA VIRUS DELLA IMMUNODEFICIENZA UMANA E’ causata da uno di due retrovirus (HIV-1 e HIV-2) HIV-1 è causa di AIDS in America, Europa,Asia,parte dell’Africa; In Africa occidentale,è presente HIV-2, ma anche HIV-1 EPIDEMIOLOGIA 1 • A 26 anni dal primo report 65 milioni di persone sono state infettate dall’HIV e più di 25 milioni sono morte di AIDS • Nel mondo più del 40% di nuove infezioni tra gli adulti interessano l’età tra 15 e 24 anni EPIDEMIOLOGIA 2 • Il 95 % di queste infezioni e morti riguarda i paesi in via di sviluppo • Si stima che 38.6 milioni di persone vivano con l’infezione da HIV • Il 64% di questi vive nell’Africa subSahariana EPIDEMIOLOGIA 3 • In questa regione le donne rappresentano il 60% delle persone infette e il 77% delle nuove infezioni tra 15 e 24 anni • L’AIDS è diventata la causa principale di morte prematura tra le persone fra 15 e 59 anni CAUSE • Fattori di rischio individuali (tossicodipendenza, omosessualità, promiscuità) • Fattori di rischio contestuali (ambientali, sociali,strutturali ) RETROVIRUS Sono virus ad RNA ,presenti anche negli animali, comprendenti virus oncogeni (HTLV-I e II) e i virus dell’AIDS. In base alle conoscenze attuali, HIV è suddiviso in due ceppi: HIV-1 ed HIV-2. Il primo dei due è prevalentemente localizzato in Europa, America ed Africa centrale. HIV-2, invece, si trova per lo più in Africa occidentale ed Asia e determina una sindrome clinicamente più moderata rispetto al ceppo precedente • Il virus dell'immunodeficienza umana (HIV, acronimo dall'inglese Human Immunodeficiency Virus), attualmente viene generalmente considerato il responsabile della sindrome da immunodeficienza acquisita (AIDS). È un Retrovirus del genere Lentivirus. • Visione stilizzata di una sezione del virus dell'immunodeficienza acquisita umana MORFOLOGIA 1 • Il virione di HIV ha un diametro di circa 100 nm e presenta un capside con forma icosaedrica ed un envelope che ospita le proteine di membrana virali gp120 e gp41. • Il materiale genetico del virione è costituito da due copie di RNA a polarità positiva, le quali sono legate a due proteine basiche del peso, rispettivamente, di 7 e 9 Kd (denominate p7 e p9). Tale complesso, insieme alla trascrittasi inversa (una DNA polimerasi RNA-dipendente), alla proteasi ed all'integrasi è contenuto in una sezione centrale della particella virale denominata core. Esso presenta una struttura cilindro/conica ed è costituito completamente da una sola proteina (p24). . MORFOLOGIA 2 • Tra il core e l'involucro lipoproteico si trova uno strato di materiale elettrondenso costituito completamente dalla proteina virale p17 miristilata. Si noti che la miristilazione è un fenomeno importante per la successiva interazione della p17 con la membrana cellulare al fine di dare avvio alla gemmazione GENOMA 1 • Come tutti i retrovirus HIV possiede i tre geni fondamentali per la sua replicazione: Gag, Pol ed Env. Gag codifica per le proteine del core del virione: p24, p17, p9, p7. Da Pol derivano la trascrittasi inversa, la proteasi e l'integrasi mentre Env codifica per le proteine dell'involucro esterno. GENOMA 2 Sia Gag che Pol sono trascritti in un mRNA che viene poi tradotto in unaproteina di 180 Kd (p180) che viene poi clivata tramite proteolisi. La sua scissione determina la formazione della proteasi (p10), della trascrittasi inversa (p51/p66), della integrasi e di una una proteina di 55 Kd (p55). Dalla p55, sempre per proteolisi, derivano la p17, la p24 e la p15. La p15 è il progenitore della p9 e della p7, anch’esse ottenute tramite l'intervento della proteasi. GENOMA 3 • Env viene tradotto in una proteina di 88 Kd che viene successivamente glicosilata ed a seguito di ciò il suo peso molecolare aumenta fino a 160 Kd (p160). Essa viene scissa a formare le due glicoproteine legate alla membrana esterna: la gp120 e la gp41. La gp41 è una proteina transmembrana con l'estremo NH2 localizzato all'interno del virione mentre la parte COOH è esterna e serve come punto di legame per la gp120. Oltre a questi geni, HIV ne contiene altri sette geni accessori che hanno funzioni regolatorie del ciclo virale e della sintesi proteica: Tat, Rev, Nef, Vpr, Tev, Vif, Vpu (quest’ultimo nel genoma di HIV-2 non esiste e ve n'è un altro chiamato Vpx). GENOMA 4 • Agli estremi si trovano due sequenze (dette long terminal repeats, LTR) contenenti elementi regolatori dell'espressione genica. In esse infatti si rinvengono regioni di legame per fattori sia di origine virale che cellulare i quali possono così aumentare od inibire il livello di trascrizione del genoma. Nei LTR si ritrovano siti di poliadenilazione, per il legame di fattori di trascrizione come SP1 e NF-kβ, la sequenza regolatrice TATA, la sequenza di transattivazione, dove si va a legare la proteina Tat, ed anche zone con elementi regolatori inibenti (RN, regolazione negativa). GENOMA 5 • Il gene TAT,composto di due esoni,codifica per una proteina 14.15Kd con funzione di transattivatore che, in collaborazione con un fattore cellulare, è in grado di intensificare l'espressione dei geni virali. La sua azione si esplica tramite il legame ad una regione dei LTR definita TAR (trans-active region). Si ritiene che con la sua azione sia in grado di aumentare la trascrizione dei geni virali di circa 1000 volte. Rev è essenziale per la trascrizione dei geni Gag, Pol ed Env. Sembra, infatti, che essa sia in grado di agire su Env a livello post-trascrizionale legandosi ad una metà del gene sbloccando così la traduzione precedentemente inibita da fattori cellulari legatisi. Probabilmente l'azione a livello di Pol e Gag è simile. Sembrerebbe pure che sia in grado di inibire lo splicing del gene Env GENOMA 6 • . Il gene Nef codifica per una proteina di 27 Kd capace di legare il GTP, dotata di attività GTP-asica, suscettibile di miristilazione e fosforilazione. Essa esplica un'azione inibitrice delle trascrizione legandosi alla regione RN dei LTR. Vpr codifica per una proteina di 15 Kd (p15) che si ritrova associata al virione. Si sospetta che essa sia coinvolta nella riattivazione del virus in corso di infezione latente. Altri dati, inoltre, fanno supporre una sua possibile partecipazione nell'infezione di cellule a bassa proliferazione (come i macrofagi) e nel blocco del ciclo cellulare nella fase G2 al fine di favorire l'attività dei LTR. Per quanto riguarda altri geni • Vif sarebbe importante per l’infettività del virione; inoltre interagisce con una citidina deaminasi cellulare prevenendone l’inclusione all’interno del virione in formazione ed evitando che essa possa danneggiarne il materiale genetico. • Vpu intervenga nella maturazione e liberazione del virus. Pare che abbia anche la funzione di degradare la proteina DC$ all'interno del reticolo endoplasmatico. Altri geni • La funzione del gene Tev è ancora ignota. Il genoma di HIV è ricco di zone di sovrapposizione. Ciò avviene non solo tra geni codificanti ma anche tra questi ultimi e varie regioni regolatorie. I genomi di HIV-1 e HIV-2 differiscono, come espresso precedentemente, nei geni Vpu e Vpx. In HIV-2, infatti, il primo manca e viene sostituito dal secondo. Quest’alta presenza di embricature nel genoma fa sì che ogni proteina possa venir sintetizzata solamente a seguito di complessi fenomeni di splicing alternativo. Di HIV-1 è nota la sua estrema variabilità. Esso viene diviso in due gruppi. Il primo, definito M, viene ulteriormente suddiviso in otto sottotipi i quali differiscono nei geni env per il 30% e gag per il 14%. Il secondo gruppo, indicato con O, è raro e si ritrova in Camerun. In generale in Europa e in America è più diffuso il ceppo di tipo B. In Africa si ritrovano più spesso i sottotipi A, C, D ed in Asia si ritrovano quelli di tipo E, C e B. CICLO VIRALE 1 • Sia HIV-1 che HIV-2 sono in grado di infettare le cellule che presentano sulla loro membrana il recettore CD4. Ai fini dell'ingresso nella cellula CD4 da solo è insufficiente ed il virus si deve legare ad un altro recettore. Queste ultime sono molecole appartenenti alla famiglia dei recettori con sette domini transmembrana accoppiati con la proteina G (seven transmembrane domain G-protein-coupled receptor). Come corecettori HIV utilizza principalmente CXCR4 (usati dai ceppi con tropismo per i linfociti T) e CCR5 (tipici del ceppo avente tropismo per i macrofagi). E’ la proteina gp120 a legarsi ai recettori virali. Essa è in grado di legarsi a CD4 formando un complesso la cui costante di dissociazione si aggira intorno a 4x10-9. Il legame con CD4 coinvolge tre regioni non contigue ed altamente conservate di gp120 separate da altre zone, invece, estremamente variabili. Dopo che è avvenuto il legame si avviano i fenomeni che danno luogo alla fusione tra la membrana virale e quella della cellula. CICLO VIRALE 2 • Si è dimostrato, sulla base di studi mutazionali, che per il processo di fusione è importante il contributo della gp41, in particolare della sua parte N terminale e che questo processo avvenga in seguito a cambiamenti conformazionali scatenati dal legame con CD4 e, probabilmente, anche grazie all'attacco dell'ansa V3 di gp120 da parte di alcune proteasi cellulari .Queste modifiche permettono poi l’inserimento della sequenza Nterminale di gp41,formata da amminoacidi apolari,all’interno della membrana cellulare. CICLO VIRALE 3 • Il processo di fusione non avviene senza il legame di gp120 ai suoi corecettori che sono molecole appartenenti ai recettori per le chemochine: CXCR4 e CCR5. CCR5 è il recettore utilizzato dalle β−chemochine RANTES, MIP-α, MIP-β, LD78α ed LD78β mentre CXCR4 ha come ligando naturale la chemochina SDF-1 (Stromal Derived Factor 1). Il legame del virus ad uno od all'altro di questi recettori permette di dividere i ceppi di HIV in R5-using e X4-using i quali utilizzano, rispettivamente il CCR5 e il CXCR4 per entrare nella cellula . Il legame di gp120 ai suoi coreccettori sembra che avvenga cronologicamente dopo quello al CD4. HIV è in grado di infettare produttivamente vari tipi cellulari: linfociti, macrofagi, cellule della microglia e cellule dendritiche. Da alcuni esperimenti si è avanzata l'ipotesi che esso possa infettare anche i timociti ed i precursori midollari forse appartenenti alla linea mieloide-monocitica. Anche gli astrociti subiscono l'infezione da parte di HIV sebbene essa non sia produttiva. Al momento non è dimostrato che anche i neuroni possano venir infettati dal virus. CICLO VIRALE 4 • Dopo che il virus è penetrato nella cellula il suo RNA viene trascritto come DNA ad opera della trascrittasi inversa e successivamente viene integrato nel genoma della cellula ospite dall'integrasi virale. Una volta che il genoma virale si è integrato in quello dell'ospite può rimanere inattivo dal punto di vista trascrizionale per un periodo di tempo compreso tra mesi od anni. L'input che dà l'avvio alla trascrizione del genoma virale si suppone sia costituito dall'insieme di stimoli che possono attivare la cellula infetta: antigeni, citochine o anche infezioni da parte di altri virus. CICLO VIRALE 5 • L'input che dà l'avvio alla trascrizione del genoma virale si suppone sia costituito dall'insieme di stimoli che possono attivare la cellula infetta: antigeni, citochine o anche infezioni da parte di altri virus. Ciò avviene in quanto la trascrizione dei geni di HIV è strettamente dipendente da quella dei linfociti infetti. Ciò è stato confermato da vari esperimenti nei quali si è visto che la stimolazione di linfociti o macrofagi infetti con diversi tipi di citochine è in grado di favorire la trascrizione dei geni virali nonché quelli della cellula ospite. Ciò probabilmente avviene attraverso la mediazione di fattori di trascrizione dei quali uno dei più coinvolti sembra essere NF-kβ. In effetti citochine quali IL-6 e TNF-α sono in grado di stimolare i fenomeni di trascrizione genica ed anche di attivare ed aumentare la quota di tale fattore. CICLO VIRALE 6 • L'espressione dei geni virali viene divisa in due fasi: precoce e tardiva. Nella prima vengono espressi i geni regolatori mentre nella seconda quelli strutturali. I geni regolatori, di cui i più noti sono Tat, Nef e Rev e la cui sintesi avviene nel citoplasma grazie ad eventi di splicing molteplici, consentono l'amplificazione della trascrizione genica ad opera della RNA polimerasi cellulare di tipo II e la stabilizzazione degli RNA messaggeri creati successivamente. Nella fase tardiva avviene la sintesi dei geni strutturali i cui trascritti vengono portati nel citoplasma e lì sottoposti ad un solo splicing ed infine tradotti in proteine. È a questo livello che interviene la proteina rev che, come espresso precedentemente, si lega ai trascritti e ne facilita il trasporto nel citoplasma. Quando la sintesi viene completata le varie proteine strutturali si assemblano tra di loro determinando la formazione delle particelle virali che vengono poi rivestite da un envelope lipoproteico MODALITA’ DI TRASMISSIONE 1 • Il virus presenta diverse modalità di trasmissione. La più diffusa è quella per via sessuale seguita dal contatto con sangue od emoderivati infetti. Nei paesi in via di sviluppo particolarmente importante è la trasmissione matrilineare o durante il parto o nell'allattamento. Vanno infine ricordati i rischi derivanti dall'uso di materiale medico-dentistico non sterilizzati e dal contatto del personale sanitario o di laboratorio con campioni infetti. La trasmissione sessuale è attualmente la modalità più diffusa di infezione. Agli inizi dell'epidemia gli omosessuali erano la categoria esposta ma attualmente l'infezione è prevalente tra gli eterosessuali che in molti paesi costituiscono gli individui più a rischio. Il virus si isola dal fluido seminale o come particella libera od all'interno delle cellule mononucleate. Si è visto che esso aumenta nel caso di stati infiammatori coinvolgenti i genitali a seguito del richiamo di elementi del sistema immunitario. HIV si identifica inoltre nello striscio cervicale e nel fluido vaginale. MODALITA’ DI TRASMISSIONE 2 • Tra le modalità di rapporti sessuali, quello anale viene considerato più a rischio di infezione. Ciò perché la funzione di barriera dell'intestino nella zona anale è piuttosto bassa, essendo quest’ultimo costituito da una membrana piuttosto sottile. A seguito di ciò è molto più facile traumatizzare l'epitelio anale durante un rapporto creando così delle lacerazioni più o meno grandi che facilitano l'inoculazione del virus. Non è neppure escluso che si possano infettare direttamente le cellule di Langherans della mucosa od altri elementi suscettibili (es. le cellule immuni delle placche del Peyer) senza che siano avvenute lacerazioni traumatiche della mucosa. Il rapporto vaginale è meno a rischio di quello anale,in quanto l'epitelio vaginale è più spesso e più resistente ai traumi. La donna ha comunque un rischio venti volte maggiore di infettarsi rispetto ad un uomo e il maggior rischio di infezione delle donne sembra da imputarsi al fatto che il fluido seminale infetto rimane nell'organismo femminile piuttosto a lungo MODALITA’ DI TRASMISSIONE 3 • Infine è da considerare che tutte le infezioni che provocano ulcerazione dei genitali aumentano la suscettibilità nei confronti di HIV. Il rapporto orale è probabilmente tra tutti quello meno a rischio anche se sono stati documentati casi di infezione anche attraverso tale modalità. Un altro veicolo di trasmissione assai importante, soprattutto nei paesi a più alto tenore di vita è il sangue ed i suoi derivati. Le categorie a rischio per infezione tramite il sangue e gli emoderivati sono i tossicodipendenti che usano droghe per via endovenosa condividendo la stessa siringa tra più persone e gli individui soggetti a trasfusione. Attualmente il rischio d'infezione tramite emoderivati è stato drasticamente ridotto tramite l'uso di procedure di screening su tutti i campioni e al trattamento con processi virucidici sui prodotti emoderivati MODALITA’ DI TRASMISSIONE 4 Il virus è propagabile in modo verticale attraverso il contagio madrefiglio. Per lo più si ritiene che ciò avvenga nel periodo perinatale, in particolare al momento del parto durante il quale il bambino può entrare in contatto col sangue materno durante il tragitto nel canale del parto. Tuttavia sono stati anche registrati casi limitati in cui l'infezione era già avvenuta nel primo o secondo trimestre. Al fine di ovviare al possibile contagio si è ricorso al parto cesareo che ha dimostrato una riduzione importante del rischio di trasmissione al bambino. Sono stati messi anche a punto dei protocolli con la zidovudina da assumere dopo il secondo trimestre e che hanno anch’essi dimostrato una sensibile diminuzione del tasso di trasmissione dal 22,6% al 7%.Si è anche documentata la possibilità di infezione madre-figlio attraverso il latte od il colostro materni ed effettivamente il virus si può ritrovare in entrambi i fluidi. Questo comporta l'avvertenza di evitare l'allattamento al seno per tutte le madri contagiate dal virus. Ciò comporta dei problemi soprattutto nei Paesi in via di sviluppo in cui l'allattamento materno è spesso l'unica fonte di sopravvivenza e di protezione dalle infezioni per il neonato. PREVENZIONE 1 • L'HIV si trasmette per via sessuale, ematica e materno fetale. Perché il contagio avvenga è necessario che lo sperma, il liquido vaginale o il sangue della persona infetta venga a contatto con il sangue della persona non infetta. La via di trasmissione naturale è quella sessuale. La trasmissione ematica prevede l'intervento di un qualche strumento come l'uso di siringhe sporche di sangue di altre persone o trasfusioni di sangue o comunque uso di strumenti contaminati da sangue che vengono a contatto con il sangue della persona non infetta PREVENZIONE 2 • A parte la totale astinenza è il preservativo, usato correttamente e dall'inizio della penetrazione, il mezzo più sicuro per la prevenzione delle malattie a trasmissione sessuale, aids compreso e delle gravidanze indesiderate. • In commercio oggi si trova anche un preservativo di poliuretano per quella piccolissima parte di popolazione allergica al latice di gomma. Il preservativo essendo uno strumento ha bisogno di essere usato correttamente ed è quindi indispensabile che se ne insegni l'uso. Il momento migliore è parlarne ai ragazzi/e prima dell'adolescenza, prima ossia della possibilità di rischio come del resto si fa anche per le vaccinazione, si vaccinano le persone prima dell'esposizione al rischio. PREVENZIONE 3 • Prevenzione della trasmissione per via ematica: non usare siringhe, aghi, lamette o qualsiasi altro tagliente già usati da altri, usare solo materiale monouso o sterilizzato; -richiedere l'autotrasfusione per qualsiasi intervento programmato a cui ci si dovesse sottoporre (questo oltre a rendere l'eventuale trasfusione assolutamente sicura per la persona, riduce anche il fabbisogno di sangue della banca del sangue e quindi permette una selezione maggiore sui donatori, rendendo così sempre più sicure le trasfusioni necessarie in caso di emergenza); -controllare sempre che gli strumenti taglienti o perforanti cui veniamo sottoposti siano sterili (strumenti del dentista, strumenti per tatuaggi e piercing, strumenti per pedicure-manicure, etc. - non è difficile, basta controllare che gli strumenti vengano aperti in nostra presenza); PREVENZIONE 4 • Prevenzione della trasmissione per via materno-fetale: -evitare la gravidanza in caso di sieropositività: sottoporsi all'esame per il test sulla ricerca degli anticorpi anti-HIV in desiderio di gravidanza o nei primi tre mesi della stessa, anche il partner o i partner devono ugualmente sottoporsi al test, nel caso in cui uno dei partner risultasse positivo evitare la gravidanza od interromperla. -Nei paesi in cui sono disponibili i farmaci antiretrovirali l'assunzione degli stessi (secondo un particolare schema) può diminuire la percentuale di trasmissione materno-fetale, la possibilità di trasmissione non è però annullata. Nei paesi in cui i farmaci non sono ancora disponibili è immorale offrirli solo alle donne per diminuire la possibilità di trasmissione materno-fetale e poi non darglieli più, in questo caso all'iniquità del mancato accesso ai farmaci si aggiunge anche l'atrocità di "produrre orfani". TERAPIA 1 • Tra le varie fasi del ciclo vitale del virus quelle più facilmente aggredibili da farmaci sono la retrotrascrizione e le modifiche post-traduzionali a cui vanno incontro le proteine virali neoformate. I farmaci tutt'ora disponibili sono quindi inibitori della trascrittasi inversa(NRTI,NNRTI) e inibitori della proteasi (IP). Tali prodotti vengono adoperati in terapia in combinazione tra loro per evitare di produrre virus resistenti ai farmaci, per la stessa necessità e d'obbligo un'aderenza fedele da parte paziente al trattamento. Obiettivo della terapia farmacologica è quello di impedire la replicazione virale nell'organismo (badate non l'eradicazione completa dell'infezione che rimane cronica)così da ridurre i danni provocati al sistema immunitario e consentire una sopravvivenza ed una qualità di vita certamente maggiore. TERAPIA 2 • Attualmente sono in fase di studio farmaci inibitori la fusione tra virus e cellula (tappa chiave dell'infezione). Inoltre è in sperimentazione un vaccino TERAPICO, ovvero un vaccino che non previene l'infezione,ma ha l'obiettivo di migliorare la risposta immunitaria del soggetto già infetto; tale vaccino è diretto contro la proteina tat che rimane piuttosto conservata nei diversi ceppi di HIV. È chiaro che tutt'ora non esiste una terapia che eradica completamete l'infezione, di conseguenza è di fondamentale importanza la prevenzione. • Si deve anche ricordare che, subito dopo una possibile esposizione al virus, allo scopo di ridurre la probabilità di contagio, è possibile sottoporsi ad un trattamento farmacologico noto come profilassi post-esposizione ad HIV. AIDS … • « L'AIDS non porta necessariamente alla morte, specialmente se si eliminano i co-fattori che supportano la malattia. E' molto importante farlo presente a chi è malato. Penso che dovremmo dare a questi co-fattori lo stesso peso che diamo all'HIV. I fattori psicologici sono di vitale importanza per sostenere il sistema immunitario. E se si elimina questo sostegno, dicendo a chi è malato che è condannato a morire, basteranno queste parole a condannarlo. »(Luc Montagnier) … storia Luc Montagnier (Chabris, 18 agosto 1932) è un virologo francese. Professore presso l'Istituto Pasteur di Parigi, presidente della fondazione mondiale per la ricerca e prevenzione dell'AIDS, ha scoperto nel 1983 il virus dell'HIV.Nel 1982 il dottor Willy Rozenbaum, medico dell'Hôpital Bichat di Parigi, gli chiese di mettere la propria competenza al servizio di una ricerca sulla possibile causa retrovirale di una nuova, misteriosa sindrome: l'AIDS.Attraverso una biopsia al linfonodo di uno dei pazienti di Rozenbaum nel 1983 il gruppo di ricercatori guidato da Montagnier fu in grado di scoprire il virus, a cui fu dato il nome di LAV (lymphadenopathy-associated virus, ovvero virus associato a linfoadenopatia). L'anno successivo un gruppo di studiosi americani guidato dal dottor Robert Gallo confermò la scopertà del virus, ma nel modificò il nome in virus T-linfotropico umano di tipo III (HTLV-III).Di lì a poco nacque un'accesa disputa internazionale tra Montagnier e Gallo su chi dei due potesse fregiarsi della paternità della scoperta, disputa che vide trionfare lo studioso francese sul collega americano.Nel 1986 Montagnier è riuscito a isolare un secondo ceppo del virus HIV, chiamato HIV2 e maggiormente diffuso in Africa ed è stato insignito del premio Albert Lasker per la ricerca medica.Attualmente Montagnier è attivo nei progetti di prevenzione dell’AIDS e nella ricerca di un vaccino efficace contro questa patologia. TEST di LABORATORIO • 1 Il test ELISA, ossia il comune test HIV • 2 Test per la diagnosi precoce – 2.1 Test dell'antigene p24 – 2.2 Test di tipo NAT, in particolare, test della PCR qualitativa – 2.3 Test combinati • 3 Test di controllo da eseguire periodicamente nei casi di contagio già precedentemente accertato – 3.1 Determinazione della carica virale nel sangue, con la PCR quantitativa o altri test di tipo NAT • 3.1.1 Carica virale in forma logaritmica – 3.2 La conta dei linfociti CD4 SIEROPOSITIVITA’ al TEST HIV • Nel linguaggio corrente e non medico è invalsa l'abitudine di indicare per antonomasia un tipo particolare di sieroconversione, cioè specificamente quella ai test per la rilevazione degli anticorpi contro il virus Hiv, ritenuto dalla comunità scientifica l'agente causale alla base dell'Aids. • Questo uso è nato in un'epoca in cui l'Aids era ancora una malattia incurabile, e fortemente stigmatizzata dalla società, ragione per cui il risultato positivo al test costituiva da un lato la segnalazione della presenza di un'infezione dagli esiti quasi sempre fatali, e dall'altro l'appartenenza ad un vero e proprio gruppo stigmatizzato, di cui la popolazione aveva paura e verso cui avevano luogo continui atti di discriminazione. Mentre non esiste la figura sociale del "sieropositivo" all'epatite virale o ad altre infezioni, la figura sociale del sieropositivo all'Hiv a partire dal "caso Rock Hudson nel 1985 divenne rapidamente una sorta di figura minacciosa percepita con paura, e respinta in qualche caso con atteggiamenti addirittura violenti. • Un secondo motivo per cui la parola "sieropositività" ha iniziato ad essere usata nel linguaggio corrente per indicare la condizione di infezione al virus Hiv è che mentre in diverse malattie la sieropositività coincide con la malattia stessa o addirittura con il suo superamento, nel caso dell'Aids esiste una particolare "fase grigia" in cui la persona è infettata, ma è peraltro sana o non manifesta sintomi tali da permettere una diagnosi di Aids. Questa "fase grigia" può durare anche per tutta la vita, anzi oggi, con l'arrivo delle terapie antiretrovirali che riescono ad evitare il manifestarsi dell'Aids conclamato, la condizione di persona sieropositiva ma non in Aids conclamato è diventata più la norma che l'eccezione. SIEROPOSITIVITA’ • Contro la situazione di discriminazione e paura sorsero per reazione in tutto il mondo associazioni e un movimento di lotta delle persone sieropositive, inizialmente in maggioranza (e in molte nazioni tuttora in prevalenza) omosessuali, con il compito di coscientizzare ed informare meglio la popolazione, chiedere l'approvazione di leggi antidiscriminazione, e offrire sostegno alle persone sieropositive stesse. In Italia associazioni di questo tipo sono l'Associazione solidarietà Aids di Milano, la Lega italiana lotta contro l'Aids (presente a livello nazionale) ed altre ancora. • Inizialmente legate al movimento di liberazione omosessuale (i primi militanti e fondatori ne facevano tutti parte), hanno con gli anni cambiato caratteristiche, in risposta all'evoluzione dell'epidemia di Aids in Italia, che colpisce in prevalenza persone eterosessuali. PROFILASSI POST-ESPOSIZIONE • Consiste in un trattamento farmacologico simile alla HAART (Highly Active Antiretroviral Therapy), la terapia antiretrovirale seguita dalle persone già contagiate da HIV, ma che, invece, ha lo scopo di ridurre la probabilità di contagio dopo una possibile esposizione. • Come ogni profilassi post-esposizione, può essere occupazionale, se viene applicata ad operatori sanitari dopo un infortunio con oggetti contaminati, come puntura con aghi precedentemente utilizzati per iniezioni a pazienti, oppure non occupazionale, e in tal caso viene indicata con la sigla nPEP, se viene applicata a persone che non siano operatori sanitari le quali però si siano trovate in situazioni a rischio, per esempio rottura del preservativo durante un rapporto sessuale con un'altra persona che risulti HIVsieropositiva oppure ferimento con oggetti che potrebbero essere contaminati. • Dove andare per sottoporsi alla profilassi post-esposizione ad HIV • Chiunque si sia trovato in una situazione a rischio da HIV, per essere sottoposto alla profilassi post-esposizione, deve subito recarsi o ad un Pronto Soccorso o in un centro per malattie infettive. TEMPI DEL TRATTAMENTO • La profilassi post-esposizione deve essere iniziata al più presto possibile dopo l'esposizione all'HIV, possibilmente entro 4 ore dall'infortunio e, comunque, non oltre le 72 ore. Si stima che la probabilità di contagio si riduca dell'80%, se la profilassi è praticata correttamente e nei tempi stabiliti. La necessità di iniziare il trattamento al più presto possibile è legata al fatto che, in base a quanto si ritiene, occore agire sul virus HIV prima che esso raggiunga il timo. • Solitamente, il trattamento viene proseguito per 4 settimane. TEMPI DI SIEROCONVERSIONE Se si verifica che, nonostante la profilassi post-esposizione, non si riesca ad evitare il contagio, si può osservare, in alcuni pazienti, un ritardo della sieroconversione, ossia un prolungamento del periodo finestra necessario affinché i test per la ricerca di anticorpi anti-HIV si positivizzino. Di conseguenza, l'utilizzo della profilassi post-esposizione ad HIV rappresenta uno di quei casi in cui il test HIV a 3 mesi non può essere considerato definitivo ed il test a 6 mesi è consigliato. AIDS malattia sociale? • AIDS è l'acronimo di Acquired Immune Deficiency Syndrome o, in italiano, sindrome da immuno deficienza acquisita e con esso si definisce la sindrome in cui si riscontra un insieme di manifestazioni dovute alla deplezione di linfociti T. In queste manifestazioni sono comprese infezioni da microrganismi rari o non patogeni ed insorgenza di tumori sia comuni nella popolazione generale sia caratteristici delle persone immunocompromesse sia peculiari di chi presenta tale sindrome. L'AIDS è generalmente associata al virus HIV. • • Il Fiocco rosso è il simbolo universale della solidarietà verso le persone sieropositive e quelle che convivono con l'AIDS. • La sindrome è, allo stato attuale delle cose, curabile con numerosi farmaci ma ancora non guaribile, nel senso che non è possibile eradicare totalmente il virus dall'ospite. Le terapie odierne, di gran lunga meglio tollerate di quelle usate al momento dell'emergenza dei primi anni '80, riescono ad abbassare la viremia (quantità di virus presente nel sangue) a livelli bassissimi o non rilevabili consentendo la rigenerazione dei linfociti e la prosecuzione di una vita esente dalle malattie opportunistiche che normalmente si presentano nelle persone non curate. L'andamento clinico-patologico della sindrome è estremamente variabile tra gli individui per il fatto che la progressione dell'infezione dipende da fattori genetici sia del virus (Campbell et al., 2004; Campbell et al., 2005; Senkaali et al., 2005) che dell'ospite (Clerici et al., 1996; Morgan et al., 2002a; Tang et al., 2003) che dalle condizioni igieniche e dalle co-infezioni (Morgan et al., 2002b; Lawn et al., 2004). Esiste un unico caso documentato in Italia, a Roma, di soggetto immune (vedi in seguito). • Nei paesi in cui le costose cure antiretrovirali e le cure per le infezioni opportunistiche e neoplastiche sono maggiormente disponibili, o come in Italia pagate dal SSN, la mortalità dell'AIDS è di molto ridotta (Palella et al., 1998), bilanciata però dai problemi causati dagli effetti collaterali (Montessori et al., 2004) dallo sviluppo di resistenza ai farmaci, dalla scarsa aderenza ai regimi terapeutici prescritti. AIDS malattia mondialew • Si pensa che la sindrome abbia avuto origine nell'Africa sub-sahariana (Gao et al., 1999) per mutazione di un retrovirus animale, forse della scimmia, che nel XX secolo fu trasmesso alla popolazione umana diventando poi una epidemia globale. La UNAIDS e il WHO stimano 25 milioni di morti dalla scoperta della sindrome, il che ne ha fatto una delle più terribili epidemie della storia. Nel solo 2005 sono stati stimati circa 3,1 milioni di morti di cui 570.000 bambini. • Globalmente, un numero compreso tra 36,7 e 45,3 milioni di persone vive con l'HIV (fonte UNAIDS, 2005). Nel 2005, un numero compreso tra 4,3 e 6,6 milioni di persone è stato infettato e un numero compreso tra 2,8 e 3,6 milioni di persone è morto per l'AIDS, un incremento dal 2004 e il numero più alto dal 1981. • Il più recente report di valutazione del World Bank's Operations Evaluation Department valuta l'efficacia dell'assistenza offerta dalla Banca Mondiale agli stati in termini di definizione delle strategie, lavoro analitico e prestiti con l'esplicito obiettivo di ridurre l'impatto epidemico dell'AIDS. Questa è la prima valutazione generale dell'aiuto della Banca Mondiale alle nazioni, dall'inizio dell'epidemia di HIV/AIDS fino a metà del 2004. Trattando di implementazioni di programmi governativi per i governi, il rapporto fornisce indicazioni su come i programmi nazionali per la lotta all'AIDS possono essere resi più efficaci. • Nei paesi dell'Africa Sub Sahariana vi sono circa 25-28 milioni di persone infette da HIV, più del 60% di tutta la popolazione e più dei tre quarti delle donne. In America latina e nell'area caraibica, nello scorso anno, vi sono state circa 2.000 infezioni che hanno portato il numero di sieropositivi a circa 2 milioni. Con i suoi 100.000 morti tale area è quella che è stata più colpita dopo l'Africa Sub Sahariana. AIDS malattia mondiale • In medio oriente ed in Nord Africa, ad eccezione del Sudan, tutta l'area presenta una prevalenza di HIV bassa. Attualmente vi sono circa 600.000 infetti dal virus (compresi i 55.000 che si sono aggiunti lo scorso anno) e nel 2003 l'AIDS ha ucciso circa 45.000 persone. • Nei paesi dell'Europa dell'Est e dell'Asia Centrale l'epidemia è in espansione con 1,3 milioni di persone sieropositive contro le 160.000 del 1995. AIDS : la malattia (1) • Ciò che l'infezione virale provoca è la comparsa di uno stato infiammatorio cronico che si risolve in un deficit funzionale e quantitativo del sistema immunitario. Sebbene una risposta immune particolarmente forte può essere utile per controllare la replicazione virale, il mantenimento di un tale stato nel corso del tempo può portare a progressivo esaurimento e deplezione cellulare. Evento centrale nella patogenesi dell'infezione da HIV è l'interessamento della linea linfocitaria. AIDS : la malattia (2) • Effettivamente oltre alla riduzione numerica si notano anche vari fenomeni imputabili alla riduzione funzionale dei linfociti T: • Riduzione della risposta proliferativa alla stimolazione antigenica, • Sbilanciamento della risposta Th1 a favore di quella Th2. Ciò determina una riduzione dell'immunità cellulare a tutto vantaggio di quella umorale, • Mancanza o riduzione della risposta T ad opera di antigeni cui si era precedentemente suscettibili. Si ipotizza che ciò possa essere dovuto ad una precoce deplezione dei linfociti CD4 di memoria probabilmente a causa della loro alta espressione del recettore CCR5. AIDS : la malattia (3) • Attualmente si ritiene che tutti questi fenomeni non abbiano una base univoca ma multifattoriale: • è noto che l'HIV sia in grado di uccidere direttamente la cellula per lisi (effetto citopatico). Ciò potrebbe avvenire per accumulo eccessivo di particelle o materiale genetico o proteico di natura virale. Si pensa che a ciò si possa aggiungere un'inibizione eccedente dell'espressione proteica della cellula ospite, • l'HIV è in grado di generare sincizi per la fusione delle membrane cellulari di cellule infette tra loro oppure con cellule sane a causa del legame che si può formare tra gp120 e CD4. A seguito della fusione si determina un forte rigonfiamento e morte cellulare in poche ore. Sembrerebbe che la capacità di formare sincizi sia limitata solo ai ceppi T-tropici di HIV-1. AIDS : la malattia (4) • la formazione di anticorpi contro proteine dell'envelope virale può essere responsabile della lisi di cellule esprimenti questi antigeni sulla loro superficie. Possono intervenire diversi fenomeni in quest’evento: la lisi mediata da linfociti T specifici o ad opera di cellule citotossiche (NK, granulociti, fagociti mononucleati), • apoptosi linfocitaria. Questo fenomeno coinvolgerebbe sia i linfociti T CD4+ che quelli CD8+. Per i primi si sospetta il coinvolgimento del legame CD4gp120 nella genesi del fenomeno cui si aggiunge l'attivazione linfocitaria per stimolazione del recettore per l'antigene TCR) con conseguente aggregazione dei CD4 e scatenamento del fenomeno apoptotico. Nella genesi di questo fenomeno, tuttavia, sono coinvolti altri fattori. Varie proteine virali, env, vpr, nef, vpu e tat hanno dimostrato di indurre apoptosi in linfociti T non infetti sebbene tra essa si ritenga che in vivo l'azione più importante venga svolta da env. Anche l'attivazione del recettore CXCR4 riveste una certa importanza in quanto esso è in grado di indurre una cascata molecolare apoptotica indipendente da Fas. Altri studi, inoltre, hanno dimostrato che l'attivazione di CXCR4 è un evento importante nello sviluppo dell'apoptosi sia dei linfociti CD4+ che CD8+. AIDS : la malattia (5) • perdita dei precursori delle cellule immunitarie. Si ritiene che ciò possa avvenire o per infezione diretta delle o di cellule progenitrici situate nel timo o di cellule accessorie capaci di secernere citochine e fattori necessari al processo di differenziazione. • si è notato un certo grado di omologia tra gp120, gp41 e gli antigeni HLA-DR e HLA-DQ. Ciò ha portato ad ipotizzare che eventuali anticorpi contro le proteine virali possano cross-reagire con le proteine HLA espresse su linfociti specifici determinando, così, un blocco del legame di quest’ultimi con il recettore CD4 delle cellule infette cui segue un'inibizione di tipo funzionale, • sembrerebbe che il legame di gp120 o gp41 sul CD4 sia in grado di inibire la funzione dei linfociti T helper rendendoli incapaci di rispondere alla stimolazione mediata da CD3, • possibile legame di superantigeni di origine virale alla catena b del TCR con conseguente anergia linfocitaria. AIDS : la malattia (6) • In corso di infezione da HIV vengono a crearsi due compartimenti virologici distinti ma comunicanti: • un compartimento attivo costituito dal virus libero nel sangue e da quello contenuto all'interno di linfociti caratterizzato da una replicazione virale elevata, • un compartimento di latenza costituito da linee cellulari e zone anatomiche dell'organismo dove il virus resta in uno stato latente e che fungono, perciò, da serbatoi (reservoir). AIDS : la malattia (7) • Se il compartimento attivo gioca un ruolo importante nel danneggiare il sistema immunitario, quello di latenza è il principale responsabile della mancata eradicazione del virus dall'organismo. I reservoir di HIV vengono suddivisi in cellulari ed anatomici. Quelli cellulari sono costituiti dalle cellule follicolari-dendritiche, dai linfociti CD4+ quiescenti e dai monociti-macrofagi.Dei reservoir anatomici fanno parte, invece, il sistema nervoso centrale ed i testicoli (sebbene altri compartimenti dell'organismo siano sopettati di avere una funzione simile). • Le cellule follicolari dendritiche sembrano avere un ruolo importante, almeno nelle prime fasi dell'infezione, a causa della loro funzione di presentazione dell'antigene, nel portare il virus a contatto con gli organi linfoidi o i linfociti CD4+. Oltre a ciò si è visto che sono capaci di trattenere sulla loro superficie un elevato quantitativo di virioni. Tuttavia in corso di terapia antiretrovirale tale numero si riduce drasticamente a tal punto che qualche autore sostiene che esse, in corso di terapia antiretrovirale efficace, perdano la loro funzione di reservoir o, al massimo, che diventi di secondo piano. È da notare, tuttavia, che tale conclusione non è unanimemente condivisa. AIDS : la malattia (8) • I linfociti CD4+ quiescenti possono essere infettati da HIV anche se le modalità di questo fenomeno non sono ancora chiare. I linfociti quiescenti vengono sottoposti a maturazione nel timo e da lì emergono rimanendo in uno stato latente fino all'incontro con l'antigene. Si ritiene che l'infezione col virus possa avvenire o nello stadio immaturo all'interno del timo (organo nel quale il virus è stato rintracciato) o nello stadio di quiescenza una volta completata la maturazione. In tal caso si ritiene che a causa dello stato di quiete della cellula il genoma virale si trovi nella forma non integrata. Un'altra ipotesi sostiene che il virus infetti linfociti attivi i quali, una volta concluso il loro stato di attività, possono andare incontro ad uno stato di latenza, ammesso che siano riusciti a sopravvivere. In tal caso il genoma virale si trova nella forma integrata anche se non si ha produzione di virioni. • I monociti/macrofagi sono un compartimento sottoposto ad un infezione cronica e produttiva da parte di HIV, essendo poco sensibili agli effetti citopatici del virus. La continua produzione virale e la capacità dei monociti di veicolare il virus in quasi tutto l'organismo rendono tale compartimento il più importante nel mantenimento dell'infezione. È noto,inoltre, che i monociti/macrofagi sono la principale fonte di virus in caso di interruzione o fallimento della terapia antiretrovirale AIDS : la malattia (9) • È noto che HIV si può ritrovare nel sistema nervoso centrale di individui infetti. Da alcuni dati si ipotizza che la penetrazione del virus possa avvenire in tempi molto precoci dopo l'ingresso nell'organismo. Nel sistema nervoso centrale l'infezione virale è limitata ai macrofagi ed alle cellule della microglia mentre gli altri tipi cellulari non sembrano essere coinvolti (tranne gli astrociti la cui infezione, come si è affermato precedentemente, non è produttiva). L'assoluta particolarità del sistema nervoso centrale quale elemento di riserva di HIV la si evince anche dal fatto che il virus in esso presente è genotipicamente e fenotipicamente differente rispetto a quello plasmatico ed è tendenzialmente R5using. AIDS : la malattia (10) • Per quanto riguarda l'apparato genitale maschile è noto che nel liquido seminale il virus si può rintracciare. sebbene non sia chiaro da quale cellule possa venir trasmesso. Da questo punto di vista è interessante notare che, in alcuni esperimenti, HIV-2, ma non HIV-1, abbia dimostrato di infettare le cellule di Leydig. Un altro studio ha dimostrato che i macrofagi testicolari esprimono CCR5, CXCR4, CD4 e CD45 suggerendo che essi siano i principali distributori del virus a quel livello. Anche nel caso dell'apparato genitale il virus rintracciabile presenta mutazioni differenti rispetto a quello plasmatico. CLINICA 1 • In circa la metà delle persone infettate dal virus dopo circa 3-6 settimane dal contatto si verifica una sindrome similnucleosica, la quale è espressione della cosiddetta "infezione acuta primaria" (o PHI: Primary HIV Infection), la prima fase dell'infezione da HIV, che spontaneamente regredisce e che è caratterizzata da: faringite, febbre, linfoadenopatia, astenia, cefalea, sonnolenza e rash cutaneo morbilliforme. La gravità dei sintomi è assai variabile. Tali manifestazioni si accompagnano ad un'intensa viremia ed ad un forte aumento della proteina p24. In alcuni casi si sono verificate delle infezioni opportunistiche probabilmente a seguito di una rapida diminuzione o disfunzione dei linfociti CD4. • Tale quadro sindromico regredisce in maniera spontanea e si assiste anche ad un aumento dei CD4 che tende a riportarsi nella norma (o a poco meno) ed a rimanere costante per un periodo più o meno lungo. Nel 10% dei casi, tuttavia, il quadro immunologico non migliora e precipita in maniera fulminante CLINICA 2 • A distanza di 1-3 mesi dall'infezione si può verificare una sieroconversione con comparsa di anticorpi contro gli antigeni virali. • Si ritiene che questo fenomeno sia coinvolto nella regressione della sintomatologia similnucleosica in quanto determina una brusca diminuzione, fino ad un valore di equilibrio noto con il nome di set point virologico, della carica virale che, talvolta, diventa così bassa da non essere più rilevabile anche se il virus permane a livello dei linfomonociti. Il sistema immunitario, però, non riesce ad eliminare completamente il virus dall'organismo CLINICA 3 • Successivamente il quadro della persona infetta tende a rimanere costante per un periodo assai variabile la cui mediana si aggira intorno ai 10 anni. Questo quadro viene definito di latenza clinica in quanto la persona non accusa altri sintomi o segni di malattia ma il cui sistema immunitario tende lentamente a declinare. Si è notato che la velocità di progressione è correlabile con la quota di RNA di HIV presente, ossia con il valore di set point. Maggiore è la quota di RNA, più rapido è il passaggio ad uno stato sintomatico. Talvolta in questa fase si può generare una linfoadenopatia persistente. COMPLICANZE 1 • La continua deplezione dei linfociti CD4 e la loro disfunzione causano la comparsa di malattie alcune delle quali dovute ad infezioni opportunistiche mentre le altre sembrano dovute allo stato di infezione cronica da HIV. Tra le più frequenti si ricordano: • Linfoadenopatia generalizzata, • Lesioni orali quali mughetto, leucoplachia (forse per azione del virus di Epstein-Barr) ed ulcere aftose, • Herpes Zoster, • Trombocitopenia a causa sconosciuta ma di cui si sopetta un'azione diretta del virus sui megacariociti, COMPLICANZE 2 • In questo stadio possono anche comparire lesioni neurologiche di vario tipo sia periferiche che centrali (queste ultime fanno parte di un complesso sindromico che va sotto il nome di AIDS Dementia Complex). A questi sintomi se ne possono accompagnare anche altri quali febbre, diarrea e dimagrimento che vanno sotto il nome di complesso correlato con l'AIDS (AIDS related complex, ARC). I reperti che si ritrovano in corso di ARC da molti autori non sono considerati come uno stato di AIDS conclamato anche se, ovviamente, sono espressione di un declino del sistema immunitario. • Lo stato di ARC successivamente culmina nello stadio di AIDS conclamato caratterizzato da svariate infezioni opportunistiche (polmonite da Pneumocisitis carinii, criptosporidosi, toxoplasmosi, istoplasmosi, candidosi, citomegalovirus, tubercolosi, micobatteriosi atipiche, ecc.), neoplasie varie (sarcoma di Kaposi, linfomi a cellule B, carcinomi) e da una progressione del quadro neurologico. • Il più delle volte l'exitus avviene a seguito delle infezioni opportunistiche tra cui più spesso per le polmoniti. TERAPIA 1 • Attualmente, l'infezione da HIV viene trattata con la cosiddetta highly active antiretroviral therapy (HAART) nella quale si utilizzano opportune combinazioni di farmaci antiretrovirali. Il suo utilizzo, a partire dal suo ingresso nel 1995, ha consentito di ridurre la morbilità e la mortalità degli individui che sono stati infettati dal virus. Tale terapia, inoltre, permette anche un miglioramento dei parametri immunitari con un netto aumento del linfociti CD4+ che sembra permanere fino a 4-5 anni cui si accompagna un abbassamento della carica virale plasmatica e liquorale. L'utilizzo della HAART, tuttavia, in uno studio preliminare condotto su dieci persone infette da HIV-2 sembra avere una minore efficacia rispetto ai risultati che si ottengono con HIV-1. Attualmente la terapia antiretrovirale utilizza farmaci appartenenti a tre classi: • gli inibitori della trascrittasi inversa, a loro volta distinti in inibitori nucleosidici, nucleotidici e non nucleosidici, • gli inibitori della proteasi, • gli inibitori della fusione, TERAPIA 2 • Gli inibitori nucleosidici della trascrittasi inversa per esplicare la loro azione devono venir trifosforilati dalle chinasi endocellulari e successivamente competono con i desossinucleotidi endogeni durante il processo di retrotrascrizione. L'efficacia di tali composti dipende dalla concentrazione intracellulare loro e dei desossinucleotidi con cui si trovano a competere. Ciò significa che cellule come i macrofagi, che hanno un metabolismo limitato ed in conseguenza di ciò una concentrazione molto bassa di desossinucleotidi, sono assai sensibili all'azione di tali farmaci. • Gli inibitori nucleotidici, di cui in Italia è registrato solo il Tenofovir si comportano come inibitori competitivi della trascrittasi inversa, come gli inibitori nucleosidici, ma, a differenza di quest’ultimi, presentano un gruppo fosfato legato ad una purina od una pirimidina. Ciò permette l'eliminazione della prima tappa di fosforilazione semplificando le tappe di metabolizzazione riducendole a due. Anche tale categoria di farmaci, così come gli inibitori nucleosidici, presenta un'azione maggiore sui macrofagi che sui linfociti infettati. Si è visto che l'indice terapeutico del Tenofovir sui monociti/macrofagi si aggira intorno a 15000 mentre sui linfociti si situa su 20. TERAPIA 3 • Gli inibitori non nucleosidici della trascrittasi inversa esplicano la loro attività legandosi direttamente al sito attivo dell'enzima determinandone il blocco dell'azione. Tali farmaci sono indipendenti dal metabolismo cellulare in quanto non necessitano di alcuna modificazione e non risentono della concentrazione di dessosinucleotidi. A seguito di ciò il loro effetto su monociti/macrofagi e linfociti sembra essere equivalente TERAPIA 4 • Gli inibitori della proteasi vanno a bloccare l'ultima parte del ciclo replicativo di HIV in quanto impediscono la maturazione delle proteine virali. Ciò determina un blocco dell'assemblaggio e del rilascio di nuovi virioni. Un tale meccanismo d'azione fa sì che gli inibitori della proteasi siano utili in tutte quelle situazioni in cui le fasi iniziali del ciclo virale sono già passate rendendo perciò inutile l'uso degli inibitori della trascrittasi inversa. Una simile situazione si rinviene nei macrofagi i quali, come si è visto precedentemente, fungono da reservoir di HIV ai cui effetti citopatici sono poco sensibili. In tali cellule il genoma virale è già integrato in quello dell'ospite per cui gli unici composti in grado di bloccare la replicazione virale a questo livello attualmente sono gli inibitori della proteasi. Sfortunatamente la concentrazione efficace di questi composti sui monociti/macrofagi e maggiore di quella dei linfociti CD4+ attivi e spesso sono equivalenti alle massime concentrazioni plasmatiche raggiungibili in vivo. Ciò non solo può favorire la comparsa di effetti avversi ma può anche rendere ragione del fatto che in alcuni distretti dell'organismo l'inibizione della replicazione virale nei monociti/macrofagi ottenuta in tal modo sia incompleta TERAPIA 5 • Gli inibitori della fusione sono una categoria di farmaci usciti di recente di cui, al momento, l'unico esponente è l'Enfuvirtide, determinano un blocco del processo di fusione del virus con la membrana della cellula ospite. Questo processo si articola in tre fasi: aggancio, legame ai corecettori e fusione delle membrane. Enfuvirtide è un peptide che mima un motivo della proteina gp41. Quando la proteina gp120 si aggancia ai suoi recettori, gp41 subisce una serie di cambiamenti conformazionali che culminano nella formazione di una struttura a tre foglietti β che funziona da ponte tra il virione e la cellula da infettare. Enfuvirtide determina un blocco della regione amino-terminale della gp41 impedendo la formazione dei tre foglietti PROGNOSI • I primi sintomi dell'AIDS sono simili a quelli che si sviluppano in soggetti con un normale sistema immunitario. La maggior parte sono infezioni causate da batteri, virus, funghi, parassiti e altri organismi (Holmes et al., 2003). Negli individui affetti da AIDS sono comuni le infezioni opportunistiche, e aumenta il rischio di sviluppare varie forme di tumore come il Sarcoma di Kaposi, tumori del cervello e linfomi. Sintomi comuni sono febbre, sudorazione specie notturna, ingrossamento ghiandolare, tremore, debolezza e perdita di peso (Guss, 1994a; 1994b). La sopravvivenza media con terapia antiretrovirale è di 4-5 anni dal momento della diagnosi di AIDS conclamato (Schneider et al., 2005). Senza il supporto terapeutico la morte sopravviene entro un anno (Morgan et al., 2002b). La maggior parte dei pazienti muore per infezioni opportunistiche dovute al progressivo indebolimento del sistema immunitario (Lawn et al., 2004). Definizione di AIDS e infezione da HIV • Fin dal 1982 sono state coniate varie definizioni per il monitoraggio epidemiologico dell'infezione: tra queste la definizione Bangui e quella dell'Organizzazione Mondiale della Sanità datata 1994. Tuttavia, non sono da intendersi come utili per la classificazione clinica dei pazienti, in quanto non sono appropriate e specifiche. Il sistema di classificazione usato dall'Organizzazione Mondiale della Sanità e quello del CDC Centers for Disease Control può essere utilizzato solo nei paesi sviluppati Classificazione delle infezioni e malattie da HIV dell'OMS • Nel 1990, l'Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ha raggruppato i diversi tipi di casi definendo una scala per i pazienti affetti da HIV-1. Questa è stata aggiornata nel settembre del 2005. La maggior parte di queste infezioni opportunistiche può essere facilmente curata in soggetti altrimenti sani. • Stadio I: l'infezione da HIV è asintomatica e non categorizzata come AIDS • Stadio II: include minori manifestazioni mucocutanee e ricorrenti infezioni del tratto respiratorio superiore • Stadio III: include diarrea cronica prolungata per oltre un mese, gravi infezioni batteriche e tubercolosi • Stadio IV include toxoplasmosi del cervello, candidosi di esofago, trachea, bronchi o polmoni e sarcoma di Kaposi; queste patologie sono usate come indicatori dell'AIDS. • Sistema di Classificazione delle Infezioni da HIV secondo i CDC • Negli USA, la definizione di AIDS è governata dai Centers for Disease Control and Prevention (CDC). Nel 1993, i CDC allargarono la loro definizione di AIDS andando ad includere persone sane ma positive al test per l'HIV, e con un numero di linfocitiT CD4+ inferiore a 200 per µl di sangue. La maggioranza dei nuovi casi di AIDS negli Stati Uniti sono diagnosticati quando si ha un basso numero di linfociti T ed è presente una infezione da HIV (MMWR, 1992 COMPLICANZE • Le principali patologie polmonari • --Polmonite da Pneumocystis jiroveci • --Tubercolosi • Le principali infezioni del tratto gastro-intestinale • --Esofagiti • --Diarrea cronica • Le principali patologie neurologiche • --Toxoplasmosi • --Leucoencefalite multifocale progressiva • --AIDS Dementia Complex LINEE GUIDA OMS • Le linee guida per il trattamento cambiano costantemente. Le linee guida attuali • Infezione da HIV in fase avanzata: • Fase 4 dell'infezione da HIV (secondo le norme OMS), a prescindere dalla percentuale di linfociti T di tipo CD4+; • Fase 3 dell'infezione da HIV (secondo le norme OMS) attuando trattamenti definiti in base al tasso rilevato di linfociti T di tipo CD4 quando questo risulti inferione ai 350/µl; • Fase 1 o 2 dell'infezione da HIV (secondo le norme OMS) attuando trattamenti definiti in base al quantitativo rilevato di linfociti T di tipo CD4+, quando questo risulti inferiore a 200/µl per la terapia antiretrovirale dell'Organizzazione Mondiale della Sanità riflettono i cambiamenti apportati alle linee-guida nel 2003 poiché in strutture in cui le risorse a disposizione sono limitate (per es. nei paesi in via di sviluppo) ad adulti e adolescenti infettati dall'HIV si raccomanda di iniziare a sottoporsi alla terapia ARV (antiretrovirale) quando l'infezione da HIV sia confermata e sia presente una delle seguenti condizioni: LINEE GUIDA USA • Lo U.S. Department of Health and Human Services (Dipartimento della Sanità e dei Servizi Sociali degli Stati Uniti), l'agenzia federale responsabile del controllo delle politiche sull'HIV/AIDS negli Stati Uniti, ha reso noto in data 6 ottobre 2005 quanto segue: • Tutti i pazienti con precedenti di patologie da cui si desume l'effetto dell'AIDS o con sintomi severi di infezione da HIV a prescindere dal loro tasso di linfociti T di tipo CD4+ devono venir trattati con la ART (terapia antiretrovirale). • La terapia antiretrovirale è anche consigliata per i pazienti asintomatici con una conta di linfociti T tipo CD4+ inferiore a 200/µl; • I pazienti asintomatici con percentuale di linfociti T tipo CD4+ maggiore di 201-350/µl debbono ricevere cure dopo una valutazione rischio-beneficio ed in accordo con i desideri del paziente; • Per i pazienti asintomatici con un tasso di linfociti T tipo CD4+ superiore a 350/µl e con HIV RNA nel plasma maggiore a 100,000 copie/ml la maggior parte dei medici rimandano le misure terapeutiche ma secondo alcuni si potrebbe dare il via al trattamento. • Si raccomanda di differire la terapia per i pazienti con un tasso di linfociti T tipo CD4+ superiore a >350/µl con RNA HIV inferiore a 100.000 copie/ml. • Il regime preferenziale con cui iniziare è uno dei due seguenti: • enfavirez + lamivudina o emtricitabina + zidovudina o tenofovir; altrimenti • lopinavir rafforzato da ritonavir + zidovudina + lamivudina o emtricitabine. … • Inoltre, il DHHS consiglia ai dottori di accertare la carica virale, la rapidità del declino dei linfociti CD4+ e il grado di risposta del paziente nel decidere quando iniziare il trattamento. [3] • Ci sono non poche preoccupazioni sui regimi antiretrovirali. Le medicine possono avere seri effetti collaterali (Saitoh et al., 2005). I regimi possono essere complessi, e imporre al paziente di assumere pillole diverse volte al giorno. Se il paziente non assume la terapia correttamente, può svilupparsi una certa resistenza al farmaco (Dybul et al., 2002). Inoltre, i farmaci retrovirali sono costosi e la maggior parte degli individui infetti nel mondo non hanno accesso alle medicine e ai trattamenti per l'HIV e l'AIDS. • La ricerca volta a migliorare i trattamenti attuali si occupa di diminuire gli effetti collaterali degli attuali medicinali, semplificare i regimi farmacologici per migliorarne l'effetto e determinare l'ordine ottimale tra una cura e l'altra per contenere la resistenza ai farmaci. • In lingua italiana, è possibile scaricare anche il documento del Ministero della Salute di dicembre 2005 "Aggiornamento delle conoscenze in tema di terapia antiretrovirale" dal seguente indirizzo: http://www.ministerosalute.it/aids/resources/aids/documenti/terapiaAIDS.pdf MEDICINA ALTERNATIVA • Da quando l'AIDS è entrato nella coscienza collettiva sono state utilizzate diverse forme di medicina alternativa per cercare di curare i suoi sintomi. Nel primo decennio dell'epidemia quando nessuna cura convenzionale era disponibile, molte persone affette da AIDS hanno sperimentato terapie alternative (massaggio, medicine a base di di erbe e fiori, l'agopuntura). Tuttavia, nessuna di queste ha dimostrato di avere alcun effetto positivo nel trattamento dell' HIV. L'interesse verso queste terapie è andando scemando nell'ultimo decennio col miglioramento dei trattamenti convenzionali. Le persone con AIDS, come quelle affette da altre patologie quali il cancro talvolta fanno uso di marijuana per lenire il dolore, combattere la nausea e stimolare l'appetito. COMPLICANZE • 1 Le principali patologie polmonari – 1.1 Polmonite da Pneumocystis jiroveci – 1.2 Tubercolosi • 2 Le principali infezioni del tratto gastro-intestinale – 2.1 Esofagiti – 2.2 Diarrea cronica • 3 Le principali patologie neurologiche – 3.1 Toxoplasmosi – 3.2 Leucoencefalite multifocale progressiva – 3.3 AIDS Dementia Complex COMPLICANZE POLMONARI • Polmonite da Pneumocystis jiroveci • La polmonite da Pneumocystis jirovecii (originariamente noto come Pneumocystis carinii), nelle persone immunocompetenti è relativamente rara ma diventa piuttosto comune nelle persone con AIDS. Tra costoro, prima dello sviluppo di trattamenti efficaci e delle appropriate metodologie diagnostiche, si trattava di una delle più frequenti cause di morte nei paesi ricchi. Tuttora, resta uno dei segni principali di AIDS in individui non sottoposti al test per HIV e tende a presentarsi soprattutto nei casi in cui la conta dei linfociti CD4 è inferiore ai 200 per µl (Feldman, 2005). • Tubercolosi • La tubercolosi, tra le principali patologie associate all'infezione da HIV, è l'unica che può essere trasmessa a persone immunocompetenti tramite la respirazione. Si tratta d'una patologia che può manifestarsi anche ai primi stadi dell'infezione da HIV ma al momento si dispone di efficaci terapie preventive. Una delle più grandi problematiche per il futuro, tuttavia, è il crescente tasso di resistenza polifarmacologica. Nonostante fosse ritenuta essere sotto controllo nei paesi occidentali, grazie alle terapie farmacologiche ed a misure di sanità pubblica, la sua incidenza è ripresa a salire e nei paesi in via di sviluppo è rimasta sempre su alti tassi di prevalenza, grazie anche alla crescente diffusione di HIV nella popolazione. Nei primi stadi dell'infezione da HIV (in cui la conta dei linfociti CD4+ è >300 cellule per µl), la tubercolosi si manifesta principalmente come patologia polmonare mentre, nei casi avanzati, si presenta nelle forme extrapolmonari con interessamento del midollo osseo, del tratto gastrointestinale, dell'osso, del fegato, dei linfonodi regionali e del sistema nervoso centrale (Decker and Lazarus, 2000).. COMPLICANZE GASTROINTESTINALI • Esofagiti • L'esofagite è un'infiammazione del rivestimento dell'estremo inferiore dell'esofago (il dotto che porta allo stomaco). Nelle persone contagiate da HIV l'infiammazione è dovuta a funghi (candidiasi), virus (herpes simplex-1 o citomegalovirus). In rari casi è dovuta a micobatteri (Zaidi and Cervia, 2002). • Diarrea cronica • Nell'infezione da HIV, molte possono essere le cause di diarrea, dai comuni batteri (Salmonella, Scighella, Listeria, Campylobacter, o Escherichia coli) alle infezioni parassitiche, nonché insolite infezioni opportunistiche come la criptosporidiosi, la microsporidiosi, il Mycobacterium avium complesso (MAC) e il citomegalovirus (CMV). La diarrea può anche essere successiva ad un trattamento con antibiotici (comune per il Clostridium difficile), essere un effetto collaterale di alcuni farmaci usati per trattare l'infezione da HIV o semplicemente accompagnarsi all'infezione da HIV, particolarmente durante il primo stadio. Negli ultimi stadi dell'infezione da HIV si pensa che la diarrea sia una conseguenza dei cambiamenti delle modifiche nel modo in cui il tratto intestinale assorbe le sostanze nutrienti e può essere una delle principali cause del deperimento dovuto all'infezione da HIV (Guerrant et al., 1990). COMPLICANZE NEUROLOGICHE • Toxoplasmosi La toxoplasmosi è una patologia causata da un organismo unicellulare conosciuto col nome di Toxoplasma gondii. Esso generalmente infetta il sistema nervoso centrale dando luogo ad un'encefalite. Può, comunque, infettare e causare malattie a livello degli occhi e dei polmoni. (Luft and Chua, 2000). • Leucoencefalite multifocale progressiva • La leucoencefalite multifocale progressiva è una patologia demielinizzante in cui la mieline che protegge ed avvolge gli assoni dei neuroni viene distrutta in maniera graduale, causando un rallentamento nella trasmissione del potenziale d'azione. Tale malattia è causata da un virus (il virus JC) che è presente nel 70% della popolazione in forma latente e si riattiva solamente quando il sistema immunitario diviene particolarmente debole, come nel caso di persone con l'AIDS. Generalmente, la progressione di questa malattia è rapida e porta a morte nel giro di pochi mesi dalla diagnosi (Sadler and Nelson, 1997). • AIDS Dementia Complex • L'AIDS Dementia Complex (o demenza da HIV) è un'encefalopatia indotta dall'infezione da HIV e potenziata dall'attivazione del sistema immunitario (soprattutto macrofagi e microglia) a livello dell'encefalo. Tali linee cellulari sono produttivamente infettate da HIV e secernono composti neurotossici sia d'origine endogena che virale. Ciò causa una serie d'alterazioni di natura neurologica: anormalità cognitive e comportamentali e disfunzioni motorie. Tutto ciò si manifesta dopo vari anni dall'infezione da HIV e si associa con un basso conteggio dei linfociti CD4+ ed elevata carica virale plasmatica. Giornata mondiale contro l'AIDS • La Giornata mondiale contro l'AIDS, indetta ogni anno il 1 dicembre, è dedicata ad accrescere la coscienza della epidemia mondiale di AIDS dovuta alla diffusione del virus HIV. La ricorrenza è stata scelta in quanto il primo caso di AIDS è stato diagnosticato il 1° dicembre 1981. Da allora l'AIDS ha ucciso oltre 25 milioni di persone, diventando una delle epidemie più distruttive che la storia ricordi. Per quanto in tempi recenti l'accesso alle terapie e ai farmaci antiretrovirali sia migliorato in molte regioni del mondo, l'epidemia di AIDS ha mietuto circa 3,1 milioni di vittime nel corso del 2005 (le stime si situano tra 2,9 e 3,3 milioni), oltre la metà delle quali (570.000) erano bambini. • L'idea di una Giornata mondiale contro l'AIDS ha avuto origine al Summit mondiale dei ministri della sanità sui programmi per la prevenzione dell'AIDS del 1988 ed è stata in seguito adottata da governi, organizzazioni internazionali ed associazioni di tutto il mondo. • Dal 1987 al 2004 la Giornata mondiale contro l'AIDS è stata organizzata dall'UNAIDS, ovvero dall'organizzazione delle Nazioni Unite che si occupa della lotta all'AIDS, la quale, in collaborazione con altre organizzazioni coinvolte, ha scelto di volta in volta un "tema" per la Giornata. Dal 2005 l'UNAIDS ha demandato la responsabilità dell'organizzazione e gestione della Giornata Mondiale alla WAC (The World AIDS Campaign), un'organizzazione indipendente, che ha scelto come tema per l'anno - e fino al 2010 - Stop AIDS: Keep the Promise (ovvero Fermare l'AIDS: manteniamo la promessa) tema che non è strettamente legato alla Giornata Mondiale ma che rispecchia l'impegno quotidiano della WAC.