Diapositiva 1 - Corso di Laurea in Infermieristica

INFEZIONE DA VIRUS DELLA
IMMUNODEFICIENZA UMANA
E’ causata da uno di due retrovirus
(HIV-1 e HIV-2)
HIV-1 è causa di AIDS in America,
Europa,Asia,parte dell’Africa;
In Africa occidentale,è presente HIV-2,
ma anche HIV-1
EPIDEMIOLOGIA 1
• A 26 anni dal primo report 65 milioni di
persone sono state infettate dall’HIV e
più di 25 milioni sono morte di AIDS
• Nel mondo più del 40% di nuove
infezioni tra gli adulti interessano l’età tra
15 e 24 anni
EPIDEMIOLOGIA 2
• Il 95 % di queste infezioni e morti
riguarda i paesi in via di sviluppo
• Si stima che 38.6 milioni di persone
vivano con l’infezione da HIV
• Il 64% di questi vive nell’Africa subSahariana
EPIDEMIOLOGIA 3
• In questa regione le donne
rappresentano il 60% delle persone
infette e il 77% delle nuove infezioni tra
15 e 24 anni
• L’AIDS è diventata la causa principale di
morte prematura tra le persone fra 15 e
59 anni
CAUSE
• Fattori di rischio individuali
(tossicodipendenza, omosessualità,
promiscuità)
• Fattori di rischio contestuali (ambientali,
sociali,strutturali )
RETROVIRUS
Sono virus ad RNA ,presenti anche negli animali,
comprendenti virus oncogeni (HTLV-I e II) e i virus
dell’AIDS.
In base alle conoscenze attuali, HIV è suddiviso in due
ceppi: HIV-1 ed HIV-2. Il primo dei due è
prevalentemente localizzato in Europa, America ed
Africa centrale. HIV-2, invece, si trova per lo più in
Africa occidentale ed Asia e determina una sindrome
clinicamente più moderata rispetto al ceppo
precedente
• Il virus dell'immunodeficienza umana
(HIV, acronimo dall'inglese Human
Immunodeficiency Virus), attualmente
viene generalmente considerato il
responsabile della sindrome da
immunodeficienza acquisita (AIDS). È
un Retrovirus del genere Lentivirus.
•
Visione stilizzata di una sezione del virus
dell'immunodeficienza acquisita umana
MORFOLOGIA 1
• Il virione di HIV ha un diametro di circa 100 nm e presenta un
capside con forma icosaedrica ed un envelope che ospita le
proteine di membrana virali gp120 e gp41.
•
Il materiale genetico del virione è costituito da due copie di
RNA a polarità positiva, le quali sono legate a due proteine
basiche del peso, rispettivamente, di 7 e 9 Kd (denominate p7
e p9). Tale complesso, insieme alla trascrittasi inversa (una
DNA polimerasi RNA-dipendente), alla proteasi ed all'integrasi
è contenuto in una sezione centrale della particella virale
denominata core. Esso presenta una struttura cilindro/conica
ed è costituito completamente da una sola proteina (p24).
.
MORFOLOGIA 2
• Tra il core e l'involucro lipoproteico si
trova uno strato di materiale
elettrondenso costituito completamente
dalla proteina virale p17 miristilata. Si
noti che la miristilazione è un fenomeno
importante per la successiva interazione
della p17 con la membrana cellulare al
fine di dare avvio alla gemmazione
GENOMA 1
• Come tutti i retrovirus HIV possiede i tre geni
fondamentali per la sua replicazione: Gag, Pol
ed Env. Gag codifica per le proteine del core del
virione: p24, p17, p9, p7. Da Pol derivano la
trascrittasi inversa, la proteasi e l'integrasi
mentre Env codifica per le proteine
dell'involucro esterno.
GENOMA 2
Sia Gag che Pol sono trascritti in un mRNA che viene poi tradotto in
unaproteina di 180 Kd (p180) che viene poi clivata tramite proteolisi. La
sua scissione determina la formazione della proteasi (p10), della
trascrittasi inversa (p51/p66), della integrasi e di una una proteina di 55
Kd (p55). Dalla p55, sempre per proteolisi, derivano la p17, la p24 e la
p15. La p15 è il progenitore della p9 e della p7, anch’esse ottenute
tramite l'intervento della proteasi.
GENOMA 3
• Env viene tradotto in una proteina di 88 Kd che viene
successivamente glicosilata ed a seguito di ciò il suo peso
molecolare aumenta fino a 160 Kd (p160). Essa viene
scissa a formare le due glicoproteine legate alla membrana
esterna: la gp120 e la gp41. La gp41 è una proteina
transmembrana con l'estremo NH2 localizzato all'interno
del virione mentre la parte COOH è esterna e serve come
punto di legame per la gp120.
Oltre a questi geni, HIV ne contiene altri sette geni
accessori che hanno funzioni regolatorie del ciclo virale e
della sintesi proteica: Tat, Rev, Nef, Vpr, Tev, Vif, Vpu
(quest’ultimo nel genoma di HIV-2 non esiste e ve n'è un
altro chiamato Vpx).
GENOMA 4
• Agli estremi si trovano due sequenze (dette long terminal
repeats, LTR) contenenti elementi regolatori
dell'espressione genica. In esse infatti si rinvengono regioni
di legame per fattori sia di origine virale che cellulare i
quali possono così aumentare od inibire il livello di
trascrizione del genoma. Nei LTR si ritrovano siti di
poliadenilazione, per il legame di fattori di trascrizione
come SP1 e NF-kβ, la sequenza regolatrice TATA, la
sequenza di transattivazione, dove si va a legare la
proteina Tat, ed anche zone con elementi regolatori
inibenti (RN, regolazione negativa).
GENOMA 5
• Il gene TAT,composto di due esoni,codifica per una proteina
14.15Kd con funzione di transattivatore che, in collaborazione
con un fattore cellulare, è in grado di intensificare l'espressione
dei geni virali. La sua azione si esplica tramite il legame ad una
regione dei LTR definita TAR (trans-active region). Si ritiene che
con la sua azione sia in grado di aumentare la trascrizione dei
geni virali di circa 1000 volte.
Rev è essenziale per la trascrizione dei geni Gag, Pol ed Env.
Sembra, infatti, che essa sia in grado di agire su Env a livello
post-trascrizionale legandosi ad una metà del gene sbloccando
così la traduzione precedentemente inibita da fattori cellulari
legatisi. Probabilmente l'azione a livello
di Pol e Gag è simile. Sembrerebbe pure che sia in grado di
inibire lo splicing del gene Env
GENOMA 6
• . Il gene Nef codifica per una proteina di 27 Kd capace di
legare il GTP, dotata di attività GTP-asica, suscettibile di
miristilazione e fosforilazione. Essa esplica un'azione
inibitrice delle trascrizione legandosi alla regione RN dei
LTR.
Vpr codifica per una proteina di 15 Kd (p15) che si ritrova
associata al virione. Si sospetta che essa sia coinvolta nella
riattivazione del virus in corso di infezione latente. Altri
dati, inoltre, fanno supporre una sua possibile
partecipazione nell'infezione di cellule a bassa
proliferazione (come i macrofagi) e nel blocco del ciclo
cellulare nella fase G2 al fine di favorire l'attività dei LTR.
Per quanto riguarda altri geni
• Vif sarebbe importante per l’infettività del virione; inoltre
interagisce con una citidina deaminasi cellulare
prevenendone l’inclusione all’interno del virione in
formazione ed evitando che essa possa danneggiarne il
materiale genetico.
• Vpu intervenga nella maturazione e liberazione del virus.
Pare che abbia anche la funzione di degradare la proteina
DC$ all'interno del reticolo endoplasmatico.
Altri geni
•
La funzione del gene Tev è ancora ignota.
Il genoma di HIV è ricco di zone di sovrapposizione. Ciò avviene non solo
tra geni codificanti ma anche tra questi ultimi e varie regioni regolatorie.
I genomi di HIV-1 e HIV-2 differiscono, come espresso
precedentemente, nei geni Vpu e Vpx. In HIV-2, infatti, il primo manca e
viene sostituito dal secondo. Quest’alta presenza di embricature nel
genoma fa sì che ogni proteina possa venir sintetizzata solamente a
seguito di complessi fenomeni di splicing alternativo.
Di HIV-1 è nota la sua estrema variabilità. Esso viene diviso in due
gruppi. Il primo, definito M, viene ulteriormente suddiviso in otto sottotipi
i quali differiscono nei geni env per il 30% e gag per il 14%. Il secondo
gruppo, indicato con O, è raro e si ritrova in Camerun. In generale in
Europa e in America è più diffuso il ceppo di tipo B. In Africa si ritrovano
più spesso i sottotipi A, C, D ed in Asia si ritrovano quelli di tipo E, C e B.
CICLO VIRALE 1
•
Sia HIV-1 che HIV-2 sono in grado di infettare le cellule che presentano
sulla loro membrana il recettore CD4. Ai fini dell'ingresso nella cellula
CD4 da solo è insufficiente ed il virus si deve legare ad un altro
recettore. Queste ultime sono molecole appartenenti alla famiglia dei
recettori con sette domini transmembrana accoppiati con la proteina G
(seven transmembrane domain G-protein-coupled receptor). Come
corecettori HIV utilizza principalmente CXCR4 (usati dai ceppi con
tropismo per i linfociti T) e CCR5 (tipici del ceppo avente tropismo per i
macrofagi).
E’ la proteina gp120 a legarsi ai recettori virali. Essa è in grado di legarsi
a CD4 formando un complesso la cui costante di dissociazione si aggira
intorno a 4x10-9. Il legame con CD4 coinvolge tre regioni non contigue
ed altamente conservate di gp120 separate da altre zone, invece,
estremamente variabili. Dopo che è avvenuto il legame si avviano i
fenomeni che danno luogo alla fusione tra la membrana virale e quella
della cellula.
CICLO VIRALE 2
• Si è dimostrato, sulla base di studi mutazionali, che per il
processo di fusione è importante il contributo della gp41, in
particolare della sua parte N terminale e che questo
processo avvenga in seguito a cambiamenti
conformazionali scatenati dal legame con CD4 e,
probabilmente, anche grazie all'attacco dell'ansa V3 di
gp120 da parte di alcune proteasi cellulari .Queste
modifiche permettono poi l’inserimento della sequenza Nterminale di gp41,formata da amminoacidi
apolari,all’interno della membrana cellulare.
CICLO VIRALE 3
•
Il processo di fusione non avviene senza il legame di gp120 ai suoi
corecettori che sono molecole appartenenti ai recettori per le
chemochine: CXCR4 e CCR5. CCR5 è il recettore utilizzato dalle
β−chemochine RANTES, MIP-α, MIP-β, LD78α ed LD78β mentre
CXCR4 ha come ligando naturale la chemochina SDF-1 (Stromal
Derived Factor 1). Il legame del virus ad uno od all'altro di questi
recettori permette di dividere i ceppi di HIV in R5-using e X4-using i
quali utilizzano, rispettivamente il CCR5 e il CXCR4 per entrare nella
cellula . Il legame di gp120 ai suoi coreccettori sembra che avvenga
cronologicamente dopo quello al CD4.
HIV è in grado di infettare produttivamente vari tipi cellulari: linfociti,
macrofagi, cellule della microglia e cellule dendritiche. Da alcuni
esperimenti si è avanzata l'ipotesi che esso possa infettare anche i
timociti ed i precursori midollari forse appartenenti alla linea
mieloide-monocitica. Anche gli astrociti subiscono l'infezione da parte
di HIV sebbene essa non sia produttiva. Al momento non è
dimostrato che anche i neuroni possano venir infettati dal virus.
CICLO VIRALE 4
• Dopo che il virus è penetrato nella cellula il suo RNA viene
trascritto come DNA ad opera della trascrittasi inversa e
successivamente viene integrato nel genoma della cellula
ospite dall'integrasi virale. Una volta che il genoma virale si
è integrato in quello dell'ospite può rimanere inattivo dal
punto di vista trascrizionale per un periodo di tempo
compreso tra mesi od anni.
L'input che dà l'avvio alla trascrizione del genoma virale si
suppone sia costituito dall'insieme di stimoli che possono
attivare la cellula infetta: antigeni, citochine o anche
infezioni da parte di altri virus.
CICLO VIRALE 5
• L'input che dà l'avvio alla trascrizione del genoma virale si
suppone sia costituito dall'insieme di stimoli che possono attivare
la cellula infetta: antigeni, citochine o anche infezioni da parte di
altri virus. Ciò avviene in quanto la trascrizione dei geni di HIV è
strettamente dipendente da quella dei linfociti infetti. Ciò è stato
confermato da vari esperimenti nei quali si è visto che la
stimolazione di linfociti o macrofagi infetti con diversi tipi di
citochine è in grado di favorire la trascrizione dei geni virali
nonché quelli della cellula ospite. Ciò probabilmente avviene
attraverso la mediazione di fattori di trascrizione dei quali uno dei
più coinvolti sembra essere NF-kβ. In effetti citochine quali IL-6 e
TNF-α sono in grado di stimolare i fenomeni di trascrizione
genica ed anche di attivare ed aumentare la quota di tale fattore.
CICLO VIRALE 6
•
L'espressione dei geni virali viene divisa in due fasi: precoce e
tardiva. Nella prima vengono espressi i geni regolatori mentre nella
seconda quelli strutturali. I geni regolatori, di cui i più noti sono Tat,
Nef e Rev e la cui sintesi avviene nel citoplasma grazie ad eventi di
splicing molteplici, consentono l'amplificazione della trascrizione
genica ad opera della RNA polimerasi cellulare di tipo II e la
stabilizzazione degli RNA messaggeri creati successivamente. Nella
fase tardiva avviene la sintesi dei geni strutturali i cui trascritti
vengono portati nel citoplasma e lì sottoposti ad un solo splicing ed
infine tradotti in proteine. È a questo livello che interviene la proteina
rev che, come espresso precedentemente, si lega ai trascritti e ne
facilita il trasporto nel citoplasma.
Quando la sintesi viene completata le varie proteine strutturali si
assemblano tra di loro determinando la formazione delle particelle
virali che vengono poi rivestite da un envelope lipoproteico
MODALITA’ DI TRASMISSIONE 1
•
Il virus presenta diverse modalità di trasmissione. La più diffusa è quella per
via sessuale seguita dal contatto con sangue od emoderivati infetti. Nei paesi
in via di sviluppo particolarmente importante è la trasmissione matrilineare o
durante il parto o nell'allattamento. Vanno infine ricordati i rischi derivanti
dall'uso di materiale medico-dentistico non sterilizzati e dal contatto del
personale sanitario o di laboratorio con campioni infetti.
La trasmissione sessuale è attualmente la modalità più diffusa di infezione.
Agli inizi dell'epidemia gli omosessuali erano la categoria esposta ma
attualmente l'infezione è prevalente tra gli eterosessuali che in molti paesi
costituiscono gli individui più a rischio. Il virus si isola dal fluido seminale o
come particella libera od all'interno delle cellule mononucleate. Si è visto che
esso aumenta nel caso di stati infiammatori coinvolgenti i genitali a seguito
del richiamo di elementi del sistema immunitario. HIV si identifica inoltre nello
striscio cervicale e nel fluido vaginale.
MODALITA’ DI TRASMISSIONE 2
•
Tra le modalità di rapporti sessuali, quello anale viene considerato
più a rischio di infezione. Ciò perché la funzione di barriera
dell'intestino nella zona anale è piuttosto bassa, essendo quest’ultimo
costituito da una membrana piuttosto sottile. A seguito di ciò è molto
più facile traumatizzare l'epitelio anale durante un rapporto creando
così delle lacerazioni più o meno grandi che facilitano l'inoculazione
del virus. Non è neppure escluso che si possano infettare
direttamente le cellule di Langherans della mucosa od altri elementi
suscettibili (es. le cellule immuni delle placche del Peyer) senza che
siano avvenute lacerazioni traumatiche della mucosa.
Il rapporto vaginale è meno a rischio di quello anale,in quanto
l'epitelio vaginale è più spesso e più resistente ai traumi. La donna
ha comunque un rischio venti volte maggiore di infettarsi rispetto ad
un uomo e il maggior rischio di infezione delle donne sembra da
imputarsi al fatto che il fluido seminale infetto rimane nell'organismo
femminile piuttosto a lungo
MODALITA’ DI TRASMISSIONE 3
•
Infine è da considerare che tutte le infezioni che provocano
ulcerazione dei genitali aumentano la suscettibilità nei confronti di
HIV.
Il rapporto orale è probabilmente tra tutti quello meno a rischio
anche se sono stati documentati casi di infezione anche attraverso
tale modalità.
Un altro veicolo di trasmissione assai importante, soprattutto nei
paesi a più alto tenore di vita è il sangue ed i suoi derivati. Le
categorie a rischio per infezione tramite il sangue e gli emoderivati
sono i tossicodipendenti che usano droghe per via endovenosa
condividendo la stessa siringa tra più persone e gli individui soggetti
a trasfusione.
Attualmente il rischio d'infezione tramite emoderivati è stato
drasticamente ridotto tramite l'uso di procedure di screening su tutti i
campioni e al trattamento con processi virucidici sui prodotti
emoderivati
MODALITA’ DI TRASMISSIONE 4
Il virus è propagabile in modo verticale attraverso il contagio madrefiglio. Per lo più si ritiene che ciò avvenga nel periodo perinatale, in
particolare al momento del parto durante il quale il bambino può
entrare in contatto col sangue materno durante il tragitto nel canale
del parto. Tuttavia sono stati anche registrati casi limitati in cui
l'infezione era già avvenuta nel primo o secondo trimestre. Al fine di
ovviare al possibile contagio si è ricorso al parto cesareo che ha
dimostrato una riduzione importante del rischio di trasmissione al
bambino. Sono stati messi anche a punto dei protocolli con la
zidovudina da assumere dopo il secondo trimestre e che hanno
anch’essi dimostrato una sensibile diminuzione del tasso di
trasmissione dal 22,6% al 7%.Si è anche documentata la possibilità
di infezione madre-figlio attraverso il latte od il colostro materni ed
effettivamente il virus si può ritrovare in entrambi i fluidi. Questo
comporta l'avvertenza di evitare l'allattamento al seno per tutte le
madri contagiate dal virus. Ciò comporta dei problemi soprattutto nei
Paesi in via di sviluppo in cui l'allattamento materno è spesso l'unica
fonte di sopravvivenza e di protezione dalle infezioni per il neonato.
PREVENZIONE 1
• L'HIV si trasmette per via sessuale, ematica e materno
fetale. Perché il contagio avvenga è necessario che lo
sperma, il liquido vaginale o il sangue della persona infetta
venga a contatto con il sangue della persona non infetta.
La via di trasmissione naturale è quella sessuale. La
trasmissione ematica prevede l'intervento di un qualche
strumento come l'uso di siringhe sporche di sangue di altre
persone o trasfusioni di sangue o comunque uso di
strumenti contaminati da sangue che vengono a contatto
con il sangue della persona non infetta
PREVENZIONE 2
• A parte la totale astinenza è il preservativo, usato
correttamente e dall'inizio della penetrazione, il mezzo più
sicuro per la prevenzione delle malattie a trasmissione
sessuale, aids compreso e delle gravidanze indesiderate.
• In commercio oggi si trova anche un preservativo di
poliuretano per quella piccolissima parte di popolazione
allergica al latice di gomma. Il preservativo essendo uno
strumento ha bisogno di essere usato correttamente ed è
quindi indispensabile che se ne insegni l'uso. Il momento
migliore è parlarne ai ragazzi/e prima dell'adolescenza,
prima ossia della possibilità di rischio come del resto si fa
anche per le vaccinazione, si vaccinano le persone prima
dell'esposizione al rischio.
PREVENZIONE 3
•
Prevenzione della trasmissione per via ematica:
non usare siringhe, aghi, lamette o qualsiasi altro tagliente già usati
da altri, usare solo materiale monouso o sterilizzato;
-richiedere l'autotrasfusione per qualsiasi intervento programmato a
cui ci si dovesse sottoporre (questo oltre a rendere l'eventuale
trasfusione assolutamente sicura per la persona, riduce anche il
fabbisogno di sangue della banca del sangue e quindi permette una
selezione maggiore sui donatori, rendendo così sempre più sicure le
trasfusioni necessarie in caso di emergenza);
-controllare sempre che gli strumenti taglienti o perforanti cui
veniamo sottoposti siano sterili (strumenti del dentista, strumenti per
tatuaggi e piercing, strumenti per pedicure-manicure, etc. - non è
difficile, basta controllare che gli strumenti vengano aperti in nostra
presenza);
PREVENZIONE 4
•
Prevenzione della trasmissione per via materno-fetale:
-evitare la gravidanza in caso di sieropositività: sottoporsi all'esame
per il test sulla ricerca degli anticorpi anti-HIV in desiderio di
gravidanza o nei primi tre mesi della stessa, anche il partner o i
partner devono ugualmente sottoporsi al test, nel caso in cui uno dei
partner risultasse positivo evitare la gravidanza od interromperla.
-Nei paesi in cui sono disponibili i farmaci antiretrovirali l'assunzione
degli stessi (secondo un particolare schema) può diminuire la
percentuale di trasmissione materno-fetale, la possibilità di
trasmissione non è però annullata. Nei paesi in cui i farmaci non
sono ancora disponibili è immorale offrirli solo alle donne per
diminuire la possibilità di trasmissione materno-fetale e poi non
darglieli più, in questo caso all'iniquità del mancato accesso ai
farmaci si aggiunge anche l'atrocità di "produrre orfani".
TERAPIA 1
• Tra le varie fasi del ciclo vitale del virus quelle più facilmente
aggredibili da farmaci sono la retrotrascrizione e le modifiche
post-traduzionali a cui vanno incontro le proteine virali
neoformate. I farmaci tutt'ora disponibili sono quindi inibitori
della trascrittasi inversa(NRTI,NNRTI) e inibitori della proteasi
(IP). Tali prodotti vengono adoperati in terapia in combinazione
tra loro per evitare di produrre virus resistenti ai farmaci, per la
stessa necessità e d'obbligo un'aderenza fedele da parte paziente
al trattamento. Obiettivo della terapia farmacologica è quello di
impedire la replicazione virale nell'organismo (badate non
l'eradicazione completa dell'infezione che rimane cronica)così da
ridurre i danni provocati al sistema immunitario e consentire una
sopravvivenza ed una qualità di vita certamente maggiore.
TERAPIA 2
• Attualmente sono in fase di studio farmaci inibitori la fusione tra
virus e cellula (tappa chiave dell'infezione). Inoltre è in
sperimentazione un vaccino TERAPICO, ovvero un vaccino che
non previene l'infezione,ma ha l'obiettivo di migliorare la risposta
immunitaria del soggetto già infetto; tale vaccino è diretto contro
la proteina tat che rimane piuttosto conservata nei diversi ceppi
di HIV. È chiaro che tutt'ora non esiste una terapia che eradica
completamete l'infezione, di conseguenza è di fondamentale
importanza la prevenzione.
• Si deve anche ricordare che, subito dopo una possibile
esposizione al virus, allo scopo di ridurre la probabilità di
contagio, è possibile sottoporsi ad un trattamento farmacologico
noto come profilassi post-esposizione ad HIV.
AIDS …
• « L'AIDS non porta necessariamente alla morte,
specialmente se si eliminano i co-fattori che
supportano la malattia. E' molto importante farlo
presente a chi è malato. Penso che dovremmo
dare a questi co-fattori lo stesso peso che diamo
all'HIV. I fattori psicologici sono di vitale
importanza per sostenere il sistema immunitario.
E se si elimina questo sostegno, dicendo a chi è
malato che è condannato a morire, basteranno
queste parole a condannarlo. »(Luc Montagnier)
… storia
Luc Montagnier (Chabris, 18 agosto 1932) è un virologo francese. Professore presso
l'Istituto Pasteur di Parigi, presidente della fondazione mondiale per la ricerca e
prevenzione dell'AIDS, ha scoperto nel 1983 il virus dell'HIV.Nel 1982 il dottor Willy
Rozenbaum, medico dell'Hôpital Bichat di Parigi, gli chiese di mettere la propria
competenza al servizio di una ricerca sulla possibile causa retrovirale di una nuova,
misteriosa sindrome: l'AIDS.Attraverso una biopsia al linfonodo di uno dei pazienti di
Rozenbaum nel 1983 il gruppo di ricercatori guidato da Montagnier fu in grado di
scoprire il virus, a cui fu dato il nome di LAV (lymphadenopathy-associated virus, ovvero
virus associato a linfoadenopatia). L'anno successivo un gruppo di studiosi americani
guidato dal dottor Robert Gallo confermò la scopertà del virus, ma nel modificò il nome
in virus T-linfotropico umano di tipo III (HTLV-III).Di lì a poco nacque un'accesa disputa
internazionale tra Montagnier e Gallo su chi dei due potesse fregiarsi della paternità della
scoperta, disputa che vide trionfare lo studioso francese sul collega americano.Nel 1986
Montagnier è riuscito a isolare un secondo ceppo del virus HIV, chiamato HIV2 e
maggiormente diffuso in Africa ed è stato insignito del premio Albert Lasker per la ricerca
medica.Attualmente Montagnier è attivo nei progetti di prevenzione dell’AIDS e nella
ricerca di un vaccino efficace contro questa patologia.
TEST di LABORATORIO
•
1 Il test ELISA, ossia il comune test HIV
•
2 Test per la diagnosi precoce
– 2.1 Test dell'antigene p24
– 2.2 Test di tipo NAT, in particolare, test della PCR qualitativa
– 2.3 Test combinati
•
3 Test di controllo da eseguire periodicamente nei casi di contagio
già precedentemente accertato
– 3.1 Determinazione della carica virale nel sangue, con la PCR quantitativa
o altri test di tipo NAT
• 3.1.1 Carica virale in forma logaritmica
– 3.2 La conta dei linfociti CD4
SIEROPOSITIVITA’ al TEST HIV
•
Nel linguaggio corrente e non medico è invalsa l'abitudine di indicare per antonomasia un tipo
particolare di sieroconversione, cioè specificamente quella ai test per la rilevazione degli anticorpi
contro il virus Hiv, ritenuto dalla comunità scientifica l'agente causale alla base dell'Aids.
•
Questo uso è nato in un'epoca in cui l'Aids era ancora una malattia incurabile, e fortemente
stigmatizzata dalla società, ragione per cui il risultato positivo al test costituiva da un lato la
segnalazione della presenza di un'infezione dagli esiti quasi sempre fatali, e dall'altro l'appartenenza ad
un vero e proprio gruppo stigmatizzato, di cui la popolazione aveva paura e verso cui avevano luogo
continui atti di discriminazione. Mentre non esiste la figura sociale del "sieropositivo" all'epatite virale o
ad altre infezioni, la figura sociale del sieropositivo all'Hiv a partire dal "caso Rock Hudson nel 1985
divenne rapidamente una sorta di figura minacciosa percepita con paura, e respinta in qualche caso con
atteggiamenti addirittura violenti.
•
Un secondo motivo per cui la parola "sieropositività" ha iniziato ad essere usata nel linguaggio corrente
per indicare la condizione di infezione al virus Hiv è che mentre in diverse malattie la sieropositività
coincide con la malattia stessa o addirittura con il suo superamento, nel caso dell'Aids esiste una
particolare "fase grigia" in cui la persona è infettata, ma è peraltro sana o non manifesta sintomi tali da
permettere una diagnosi di Aids. Questa "fase grigia" può durare anche per tutta la vita, anzi oggi, con
l'arrivo delle terapie antiretrovirali che riescono ad evitare il manifestarsi dell'Aids conclamato, la
condizione di persona sieropositiva ma non in Aids conclamato è diventata più la norma che l'eccezione.
SIEROPOSITIVITA’
• Contro la situazione di discriminazione e paura sorsero per
reazione in tutto il mondo associazioni e un movimento di lotta
delle persone sieropositive, inizialmente in maggioranza (e in
molte nazioni tuttora in prevalenza) omosessuali, con il compito
di coscientizzare ed informare meglio la popolazione, chiedere
l'approvazione di leggi antidiscriminazione, e offrire sostegno alle
persone sieropositive stesse. In Italia associazioni di questo tipo
sono l'Associazione solidarietà Aids di Milano, la Lega italiana
lotta contro l'Aids (presente a livello nazionale) ed altre ancora.
• Inizialmente legate al movimento di liberazione omosessuale (i
primi militanti e fondatori ne facevano tutti parte), hanno con gli
anni cambiato caratteristiche, in risposta all'evoluzione
dell'epidemia di Aids in Italia, che colpisce in prevalenza persone
eterosessuali.
PROFILASSI POST-ESPOSIZIONE
•
Consiste in un trattamento farmacologico simile alla HAART (Highly Active Antiretroviral
Therapy), la terapia antiretrovirale seguita dalle persone già contagiate da HIV, ma che,
invece, ha lo scopo di ridurre la probabilità di contagio dopo una possibile esposizione.
•
Come ogni profilassi post-esposizione, può essere occupazionale, se viene applicata ad
operatori sanitari dopo un infortunio con oggetti contaminati, come puntura con aghi
precedentemente utilizzati per iniezioni a pazienti, oppure non occupazionale, e in tal
caso viene indicata con la sigla nPEP, se viene applicata a persone che non siano
operatori sanitari le quali però si siano trovate in situazioni a rischio, per esempio rottura
del preservativo durante un rapporto sessuale con un'altra persona che risulti HIVsieropositiva oppure ferimento con oggetti che potrebbero essere contaminati.
•
Dove andare per sottoporsi alla profilassi post-esposizione ad HIV
•
Chiunque si sia trovato in una situazione a rischio da HIV, per essere sottoposto alla
profilassi post-esposizione, deve subito recarsi o ad un Pronto Soccorso o in un centro
per malattie infettive.
TEMPI DEL TRATTAMENTO
• La profilassi post-esposizione deve essere iniziata al più presto
possibile dopo l'esposizione all'HIV, possibilmente entro 4 ore
dall'infortunio e, comunque, non oltre le 72 ore. Si stima che
la probabilità di contagio si riduca dell'80%, se la profilassi è
praticata correttamente e nei tempi stabiliti. La necessità di
iniziare il trattamento al più presto possibile è legata al fatto
che, in base a quanto si ritiene, occore agire sul virus HIV
prima che esso raggiunga il timo.
• Solitamente, il trattamento viene proseguito per 4 settimane.
TEMPI DI SIEROCONVERSIONE
Se si verifica che, nonostante la profilassi post-esposizione, non si
riesca ad evitare il contagio, si può osservare, in alcuni pazienti,
un ritardo della sieroconversione, ossia un prolungamento del
periodo finestra necessario affinché i test per la ricerca di
anticorpi anti-HIV si positivizzino. Di conseguenza, l'utilizzo della
profilassi post-esposizione ad HIV rappresenta uno di quei casi in
cui il test HIV a 3 mesi non può essere considerato definitivo ed il
test a 6 mesi è consigliato.
AIDS malattia sociale?
•
AIDS è l'acronimo di Acquired Immune Deficiency Syndrome o, in italiano, sindrome da immuno deficienza
acquisita e con esso si definisce la sindrome in cui si riscontra un insieme di manifestazioni dovute alla deplezione
di linfociti T. In queste manifestazioni sono comprese infezioni da microrganismi rari o non patogeni ed
insorgenza di tumori sia comuni nella popolazione generale sia caratteristici delle persone immunocompromesse
sia peculiari di chi presenta tale sindrome. L'AIDS è generalmente associata al virus HIV.
•
•
Il Fiocco rosso è il simbolo universale della solidarietà verso le persone sieropositive e quelle che convivono con
l'AIDS.
•
La sindrome è, allo stato attuale delle cose, curabile con numerosi farmaci ma ancora non guaribile, nel senso
che non è possibile eradicare totalmente il virus dall'ospite. Le terapie odierne, di gran lunga meglio tollerate di
quelle usate al momento dell'emergenza dei primi anni '80, riescono ad abbassare la viremia (quantità di virus
presente nel sangue) a livelli bassissimi o non rilevabili consentendo la rigenerazione dei linfociti e la
prosecuzione di una vita esente dalle malattie opportunistiche che normalmente si presentano nelle persone non
curate. L'andamento clinico-patologico della sindrome è estremamente variabile tra gli individui per il fatto che la
progressione dell'infezione dipende da fattori genetici sia del virus (Campbell et al., 2004; Campbell et al., 2005;
Senkaali et al., 2005) che dell'ospite (Clerici et al., 1996; Morgan et al., 2002a; Tang et al., 2003) che dalle
condizioni igieniche e dalle co-infezioni (Morgan et al., 2002b; Lawn et al., 2004). Esiste un unico caso
documentato in Italia, a Roma, di soggetto immune (vedi in seguito).
•
Nei paesi in cui le costose cure antiretrovirali e le cure per le infezioni opportunistiche e neoplastiche sono
maggiormente disponibili, o come in Italia pagate dal SSN, la mortalità dell'AIDS è di molto ridotta (Palella et al.,
1998), bilanciata però dai problemi causati dagli effetti collaterali (Montessori et al., 2004) dallo sviluppo di
resistenza ai farmaci, dalla scarsa aderenza ai regimi terapeutici prescritti.
AIDS malattia mondialew
•
Si pensa che la sindrome abbia avuto origine nell'Africa sub-sahariana (Gao et al., 1999) per mutazione di un
retrovirus animale, forse della scimmia, che nel XX secolo fu trasmesso alla popolazione umana diventando poi
una epidemia globale. La UNAIDS e il WHO stimano 25 milioni di morti dalla scoperta della sindrome, il che ne ha
fatto una delle più terribili epidemie della storia. Nel solo 2005 sono stati stimati circa 3,1 milioni di morti di cui
570.000 bambini.
•
Globalmente, un numero compreso tra 36,7 e 45,3 milioni di persone vive con l'HIV (fonte UNAIDS, 2005). Nel
2005, un numero compreso tra 4,3 e 6,6 milioni di persone è stato infettato e un numero compreso tra 2,8 e 3,6
milioni di persone è morto per l'AIDS, un incremento dal 2004 e il numero più alto dal 1981.
•
Il più recente report di valutazione del World Bank's Operations Evaluation Department valuta l'efficacia
dell'assistenza offerta dalla Banca Mondiale agli stati in termini di definizione delle strategie, lavoro analitico e
prestiti con l'esplicito obiettivo di ridurre l'impatto epidemico dell'AIDS. Questa è la prima valutazione generale
dell'aiuto della Banca Mondiale alle nazioni, dall'inizio dell'epidemia di HIV/AIDS fino a metà del 2004. Trattando
di implementazioni di programmi governativi per i governi, il rapporto fornisce indicazioni su come i programmi
nazionali per la lotta all'AIDS possono essere resi più efficaci.
•
Nei paesi dell'Africa Sub Sahariana vi sono circa 25-28 milioni di persone infette da HIV, più del 60% di tutta la
popolazione e più dei tre quarti delle donne. In America latina e nell'area caraibica, nello scorso anno, vi sono
state circa 2.000 infezioni che hanno portato il numero di sieropositivi a circa 2 milioni. Con i suoi 100.000 morti
tale area è quella che è stata più colpita dopo l'Africa Sub Sahariana.
AIDS malattia mondiale
• In medio oriente ed in Nord Africa, ad eccezione del
Sudan, tutta l'area presenta una prevalenza di HIV bassa.
Attualmente vi sono circa 600.000 infetti dal virus
(compresi i 55.000 che si sono aggiunti lo scorso anno) e
nel 2003 l'AIDS ha ucciso circa 45.000 persone.
• Nei paesi dell'Europa dell'Est e dell'Asia Centrale l'epidemia
è in espansione con 1,3 milioni di persone sieropositive
contro le 160.000 del 1995.
AIDS : la malattia (1)
• Ciò che l'infezione virale provoca è la comparsa di uno
stato infiammatorio cronico che si risolve in un deficit
funzionale e quantitativo del sistema immunitario. Sebbene
una risposta immune particolarmente forte può essere utile
per controllare la replicazione virale, il mantenimento di un
tale stato nel corso del tempo può portare a progressivo
esaurimento e deplezione cellulare.
Evento centrale nella patogenesi dell'infezione da HIV è
l'interessamento della linea linfocitaria.
AIDS : la malattia (2)
• Effettivamente oltre alla riduzione numerica si notano anche vari
fenomeni imputabili alla riduzione funzionale dei linfociti T:
• Riduzione della risposta proliferativa alla stimolazione antigenica,
• Sbilanciamento della risposta Th1 a favore di quella Th2. Ciò
determina una riduzione dell'immunità cellulare a tutto vantaggio
di quella umorale,
• Mancanza o riduzione della risposta T ad opera di antigeni cui si
era precedentemente suscettibili. Si ipotizza che ciò possa essere
dovuto ad una precoce deplezione dei linfociti CD4 di memoria
probabilmente a causa della loro alta espressione del recettore
CCR5.
AIDS : la malattia (3)
•
Attualmente si ritiene che tutti questi fenomeni non abbiano una
base univoca ma multifattoriale:
•
è noto che l'HIV sia in grado di uccidere direttamente la cellula per
lisi (effetto citopatico). Ciò potrebbe avvenire per accumulo eccessivo
di particelle o materiale genetico o proteico di natura virale. Si pensa
che a ciò si possa aggiungere un'inibizione eccedente
dell'espressione proteica della cellula ospite,
•
l'HIV è in grado di generare sincizi per la fusione delle membrane
cellulari di cellule infette tra loro oppure con cellule sane a causa del
legame che si può formare tra gp120 e CD4. A seguito della fusione
si determina un forte rigonfiamento e morte cellulare in poche ore.
Sembrerebbe che la capacità di formare sincizi sia limitata solo ai
ceppi T-tropici di HIV-1.
AIDS : la malattia (4)
•
la formazione di anticorpi contro proteine dell'envelope virale può essere
responsabile della lisi di cellule esprimenti questi antigeni sulla loro superficie.
Possono intervenire diversi fenomeni in quest’evento: la lisi mediata da
linfociti T specifici o ad opera di cellule citotossiche (NK, granulociti, fagociti
mononucleati),
•
apoptosi linfocitaria. Questo fenomeno coinvolgerebbe sia i linfociti T CD4+
che quelli CD8+. Per i primi si sospetta il coinvolgimento del legame CD4gp120 nella genesi del fenomeno cui si aggiunge l'attivazione linfocitaria per
stimolazione del recettore per l'antigene TCR) con conseguente aggregazione
dei CD4 e scatenamento del fenomeno apoptotico. Nella genesi di questo
fenomeno, tuttavia, sono coinvolti altri fattori. Varie proteine virali, env, vpr,
nef, vpu e tat hanno dimostrato di indurre apoptosi in linfociti T non infetti
sebbene tra essa si ritenga che in vivo l'azione più importante venga svolta da
env. Anche l'attivazione del recettore CXCR4 riveste una certa importanza in
quanto esso è in grado di indurre una cascata molecolare apoptotica
indipendente da Fas. Altri studi, inoltre, hanno dimostrato che l'attivazione di
CXCR4 è un evento importante nello sviluppo dell'apoptosi sia dei linfociti
CD4+ che CD8+.
AIDS : la malattia (5)
•
perdita dei precursori delle cellule immunitarie. Si ritiene che ciò possa
avvenire o per infezione diretta delle o di cellule progenitrici situate nel
timo o di cellule accessorie capaci di secernere citochine e fattori
necessari al processo di differenziazione.
•
si è notato un certo grado di omologia tra gp120, gp41 e gli antigeni
HLA-DR e HLA-DQ. Ciò ha portato ad ipotizzare che eventuali anticorpi
contro le proteine virali possano cross-reagire con le proteine HLA
espresse su linfociti specifici determinando, così, un blocco del legame di
quest’ultimi con il recettore CD4 delle cellule infette cui segue
un'inibizione di tipo funzionale,
•
sembrerebbe che il legame di gp120 o gp41 sul CD4 sia in grado di
inibire la funzione dei linfociti T helper rendendoli incapaci di rispondere
alla stimolazione mediata da CD3,
•
possibile legame di superantigeni di origine virale alla catena b del TCR
con conseguente anergia linfocitaria.
AIDS : la malattia (6)
• In corso di infezione da HIV vengono a crearsi due
compartimenti virologici distinti ma comunicanti:
• un compartimento attivo costituito dal virus libero nel
sangue e da quello contenuto all'interno di linfociti
caratterizzato da una replicazione virale elevata,
• un compartimento di latenza costituito da linee cellulari e
zone anatomiche dell'organismo dove il virus resta in uno
stato latente e che fungono, perciò, da serbatoi (reservoir).
AIDS : la malattia (7)
•
Se il compartimento attivo gioca un ruolo importante nel danneggiare il sistema
immunitario, quello di latenza è il principale responsabile della mancata eradicazione del
virus dall'organismo.
I reservoir di HIV vengono suddivisi in cellulari ed anatomici.
Quelli cellulari sono costituiti dalle cellule follicolari-dendritiche, dai linfociti CD4+
quiescenti e dai monociti-macrofagi.Dei reservoir anatomici fanno parte, invece, il
sistema nervoso centrale ed i testicoli (sebbene altri compartimenti dell'organismo siano
sopettati di avere una funzione simile).
•
Le cellule follicolari dendritiche sembrano avere un ruolo importante, almeno nelle prime
fasi dell'infezione, a causa della loro funzione di presentazione dell'antigene, nel portare
il virus a contatto con gli organi linfoidi o i linfociti CD4+. Oltre a ciò si è visto che sono
capaci di trattenere sulla loro superficie un elevato quantitativo di virioni. Tuttavia in
corso di terapia antiretrovirale tale numero si riduce drasticamente a tal punto che
qualche autore sostiene che esse, in corso di terapia antiretrovirale efficace, perdano la
loro funzione di reservoir o, al massimo, che diventi di secondo piano. È da notare,
tuttavia, che tale conclusione non è unanimemente condivisa.
AIDS : la malattia (8)
•
I linfociti CD4+ quiescenti possono essere infettati da HIV anche se le modalità di questo
fenomeno non sono ancora chiare. I linfociti quiescenti vengono sottoposti a
maturazione nel timo e da lì emergono rimanendo in uno stato latente fino all'incontro
con l'antigene. Si ritiene che l'infezione col virus possa avvenire o nello stadio immaturo
all'interno del timo (organo nel quale il virus è stato rintracciato) o nello stadio di
quiescenza una volta completata la maturazione. In tal caso si ritiene che a causa dello
stato di quiete della cellula il genoma virale si trovi nella forma non integrata. Un'altra
ipotesi sostiene che il virus infetti linfociti attivi i quali, una volta concluso il loro stato di
attività, possono andare incontro ad uno stato di latenza, ammesso che siano riusciti a
sopravvivere. In tal caso il genoma virale si trova nella forma integrata anche se non si
ha produzione di virioni.
•
I monociti/macrofagi sono un compartimento sottoposto ad un infezione cronica e
produttiva da parte di HIV, essendo poco sensibili agli effetti citopatici del virus. La
continua produzione virale e la capacità dei monociti di veicolare il virus in quasi tutto
l'organismo rendono tale compartimento il più importante nel mantenimento
dell'infezione. È noto,inoltre, che i monociti/macrofagi sono la principale fonte di virus in
caso di interruzione o fallimento della terapia antiretrovirale
AIDS : la malattia (9)
• È noto che HIV si può ritrovare nel sistema nervoso centrale di
individui infetti. Da alcuni dati si ipotizza che la penetrazione del
virus possa avvenire in tempi molto precoci dopo l'ingresso
nell'organismo. Nel sistema nervoso centrale l'infezione virale è
limitata ai macrofagi ed alle cellule della microglia mentre gli altri
tipi cellulari non sembrano essere coinvolti (tranne gli astrociti la
cui infezione, come si è affermato precedentemente, non è
produttiva). L'assoluta particolarità del sistema nervoso centrale
quale elemento di riserva di HIV la si evince anche dal fatto che il
virus in esso presente è genotipicamente e fenotipicamente
differente rispetto a quello plasmatico ed è tendenzialmente R5using.
AIDS : la malattia (10)
• Per quanto riguarda l'apparato genitale maschile è noto
che nel liquido seminale il virus si può rintracciare. sebbene
non sia chiaro da quale cellule possa venir trasmesso. Da
questo punto di vista è interessante notare che, in alcuni
esperimenti, HIV-2, ma non HIV-1, abbia dimostrato di
infettare le cellule di Leydig. Un altro studio ha dimostrato
che i macrofagi testicolari esprimono CCR5, CXCR4, CD4 e
CD45 suggerendo che essi siano i principali distributori del
virus a quel livello. Anche nel caso dell'apparato genitale il
virus rintracciabile presenta mutazioni differenti rispetto a
quello plasmatico.
CLINICA 1
•
In circa la metà delle persone infettate dal virus dopo circa 3-6 settimane
dal contatto si verifica una sindrome similnucleosica, la quale è
espressione della cosiddetta "infezione acuta primaria" (o PHI: Primary
HIV Infection), la prima fase dell'infezione da HIV, che spontaneamente
regredisce e che è caratterizzata da: faringite, febbre, linfoadenopatia,
astenia, cefalea, sonnolenza e rash cutaneo morbilliforme. La gravità dei
sintomi è assai variabile. Tali manifestazioni si accompagnano ad
un'intensa viremia ed ad un forte aumento della proteina p24. In alcuni
casi si sono verificate delle infezioni opportunistiche probabilmente a
seguito di una rapida diminuzione o disfunzione dei linfociti CD4.
•
Tale quadro sindromico regredisce in maniera spontanea e si assiste
anche ad un aumento dei CD4 che tende a riportarsi nella norma (o a
poco meno) ed a rimanere costante per un periodo più o meno lungo.
Nel 10% dei casi, tuttavia, il quadro immunologico non migliora e
precipita in maniera fulminante
CLINICA 2
• A distanza di 1-3 mesi dall'infezione si può verificare una
sieroconversione con comparsa di anticorpi contro gli
antigeni virali.
•
Si ritiene che questo fenomeno sia coinvolto nella
regressione della sintomatologia similnucleosica in quanto
determina una brusca diminuzione, fino ad un valore di
equilibrio noto con il nome di set point virologico, della
carica virale che, talvolta, diventa così bassa da non essere
più rilevabile anche se il virus permane a livello dei
linfomonociti. Il sistema immunitario, però, non riesce ad
eliminare completamente il virus dall'organismo
CLINICA 3
• Successivamente il quadro della persona infetta tende a
rimanere costante per un periodo assai variabile la cui
mediana si aggira intorno ai 10 anni. Questo quadro viene
definito di latenza clinica in quanto la persona non accusa
altri sintomi o segni di malattia ma il cui sistema
immunitario tende lentamente a declinare. Si è notato che
la velocità di progressione è correlabile con la quota di RNA
di HIV presente, ossia con il valore di set point.
Maggiore è la quota di RNA, più rapido è il passaggio ad
uno stato sintomatico. Talvolta in questa fase si può
generare una linfoadenopatia persistente.
COMPLICANZE 1
•
La continua deplezione dei linfociti CD4 e la loro disfunzione causano
la comparsa di malattie alcune delle quali dovute ad infezioni
opportunistiche mentre le altre sembrano dovute allo stato di
infezione cronica da HIV. Tra le più frequenti si ricordano:
•
Linfoadenopatia generalizzata,
•
Lesioni orali quali mughetto, leucoplachia (forse per azione del virus
di Epstein-Barr) ed ulcere aftose,
•
Herpes Zoster,
•
Trombocitopenia a causa sconosciuta ma di cui si sopetta un'azione
diretta del virus sui megacariociti,
COMPLICANZE 2
•
In questo stadio possono anche comparire lesioni neurologiche di vario tipo sia
periferiche che centrali (queste ultime fanno parte di un complesso sindromico che
va sotto il nome di AIDS Dementia Complex).
A questi sintomi se ne possono accompagnare anche altri quali febbre, diarrea e
dimagrimento che vanno sotto il nome di complesso correlato con l'AIDS (AIDS
related complex, ARC). I reperti che si ritrovano in corso di ARC da molti autori non
sono considerati come uno stato di AIDS conclamato anche se, ovviamente, sono
espressione di un declino del sistema immunitario.
•
Lo stato di ARC successivamente culmina nello stadio di AIDS conclamato
caratterizzato da svariate infezioni opportunistiche (polmonite da Pneumocisitis
carinii, criptosporidosi, toxoplasmosi, istoplasmosi, candidosi, citomegalovirus,
tubercolosi, micobatteriosi atipiche, ecc.), neoplasie varie (sarcoma di Kaposi,
linfomi a cellule B, carcinomi) e da una progressione del quadro neurologico.
•
Il più delle volte l'exitus avviene a seguito delle infezioni opportunistiche tra cui più
spesso per le polmoniti.
TERAPIA 1
•
Attualmente, l'infezione da HIV viene trattata con la cosiddetta highly active antiretroviral
therapy (HAART) nella quale si utilizzano opportune combinazioni di farmaci
antiretrovirali. Il suo utilizzo, a partire dal suo ingresso nel 1995, ha consentito di ridurre
la morbilità e la mortalità degli individui che sono stati infettati dal virus. Tale terapia,
inoltre, permette anche un miglioramento dei parametri immunitari con un netto
aumento del linfociti CD4+ che sembra permanere fino a 4-5 anni cui si accompagna un
abbassamento della carica virale plasmatica e liquorale.
L'utilizzo della HAART, tuttavia, in uno studio preliminare condotto su dieci persone
infette da HIV-2 sembra avere una minore efficacia rispetto ai risultati che si ottengono
con HIV-1.
Attualmente la terapia antiretrovirale utilizza farmaci appartenenti a tre classi:
•
gli inibitori della trascrittasi inversa, a loro volta distinti in inibitori nucleosidici,
nucleotidici e non nucleosidici,
•
gli inibitori della proteasi,
•
gli inibitori della fusione,
TERAPIA 2
•
Gli inibitori nucleosidici della trascrittasi inversa per esplicare la loro azione devono
venir trifosforilati dalle chinasi endocellulari e successivamente competono con i
desossinucleotidi endogeni durante il processo di retrotrascrizione. L'efficacia di tali
composti dipende dalla concentrazione intracellulare loro e dei desossinucleotidi
con cui si trovano a competere. Ciò significa che cellule come i macrofagi, che
hanno un metabolismo limitato ed in conseguenza di ciò una concentrazione molto
bassa di desossinucleotidi, sono assai sensibili all'azione di tali farmaci.
•
Gli inibitori nucleotidici, di cui in Italia è registrato solo il Tenofovir si comportano
come inibitori competitivi della trascrittasi inversa, come gli inibitori nucleosidici,
ma, a differenza di quest’ultimi, presentano un gruppo fosfato legato ad una purina
od una pirimidina. Ciò permette l'eliminazione della prima tappa di fosforilazione
semplificando le tappe di metabolizzazione riducendole a due. Anche tale categoria
di farmaci, così come gli inibitori nucleosidici, presenta un'azione maggiore sui
macrofagi che sui linfociti infettati. Si è visto che l'indice terapeutico del Tenofovir
sui monociti/macrofagi si aggira intorno a 15000 mentre sui linfociti si situa su 20.
TERAPIA 3
• Gli inibitori non nucleosidici della trascrittasi
inversa esplicano la loro attività legandosi
direttamente al sito attivo dell'enzima
determinandone il blocco dell'azione. Tali
farmaci sono indipendenti dal metabolismo
cellulare in quanto non necessitano di alcuna
modificazione e non risentono della
concentrazione di dessosinucleotidi. A seguito
di ciò il loro effetto su monociti/macrofagi e
linfociti sembra essere equivalente
TERAPIA 4
•
Gli inibitori della proteasi vanno a bloccare l'ultima parte del ciclo replicativo di HIV
in quanto impediscono la maturazione delle proteine virali. Ciò determina un blocco
dell'assemblaggio e del rilascio di nuovi virioni. Un tale meccanismo d'azione fa sì
che gli inibitori della proteasi siano utili in tutte quelle situazioni in cui le fasi iniziali
del ciclo virale sono già passate rendendo perciò inutile l'uso degli inibitori della
trascrittasi inversa. Una simile situazione si rinviene nei macrofagi i quali, come si è
visto precedentemente, fungono da reservoir di HIV ai cui effetti citopatici sono
poco sensibili. In tali cellule il genoma virale è già integrato in quello dell'ospite per
cui gli unici composti in grado di bloccare la replicazione virale a questo livello
attualmente sono gli inibitori della proteasi. Sfortunatamente la concentrazione
efficace di questi composti sui monociti/macrofagi e maggiore di quella dei linfociti
CD4+ attivi e spesso sono equivalenti alle massime concentrazioni plasmatiche
raggiungibili in vivo. Ciò non solo può favorire la comparsa di effetti avversi ma
può anche rendere ragione del fatto che in alcuni distretti dell'organismo l'inibizione
della replicazione virale nei monociti/macrofagi ottenuta in tal modo sia incompleta
TERAPIA 5
• Gli inibitori della fusione sono una categoria di farmaci usciti di
recente di cui, al momento, l'unico esponente è l'Enfuvirtide,
determinano un blocco del processo di fusione del virus con la
membrana della cellula ospite. Questo processo si articola in tre
fasi: aggancio, legame ai corecettori e fusione delle membrane.
Enfuvirtide è un peptide che mima un motivo della proteina
gp41. Quando la proteina gp120 si aggancia ai suoi recettori,
gp41 subisce una serie di cambiamenti conformazionali che
culminano nella formazione di una struttura a tre foglietti β che
funziona da ponte tra il virione e la cellula da infettare.
Enfuvirtide determina un blocco della regione amino-terminale
della gp41 impedendo la formazione dei tre foglietti
PROGNOSI
•
I primi sintomi dell'AIDS sono simili a quelli che si sviluppano in soggetti
con un normale sistema immunitario. La maggior parte sono infezioni
causate da batteri, virus, funghi, parassiti e altri organismi (Holmes et
al., 2003). Negli individui affetti da AIDS sono comuni le infezioni
opportunistiche, e aumenta il rischio di sviluppare varie forme di tumore
come il Sarcoma di Kaposi, tumori del cervello e linfomi. Sintomi comuni
sono febbre, sudorazione specie notturna, ingrossamento ghiandolare,
tremore, debolezza e perdita di peso (Guss, 1994a; 1994b). La
sopravvivenza media con terapia antiretrovirale è di 4-5 anni dal
momento della diagnosi di AIDS conclamato (Schneider et al., 2005).
Senza il supporto terapeutico la morte sopravviene entro un anno
(Morgan et al., 2002b). La maggior parte dei pazienti muore per infezioni
opportunistiche dovute al progressivo indebolimento del sistema
immunitario (Lawn et al., 2004).
Definizione di AIDS e
infezione da HIV
• Fin dal 1982 sono state coniate varie definizioni per il
monitoraggio epidemiologico dell'infezione: tra queste la
definizione Bangui e quella dell'Organizzazione Mondiale
della Sanità datata 1994. Tuttavia, non sono da intendersi
come utili per la classificazione clinica dei pazienti, in
quanto non sono appropriate e specifiche. Il sistema di
classificazione usato dall'Organizzazione Mondiale della
Sanità e quello del CDC Centers for Disease Control può
essere utilizzato solo nei paesi sviluppati
Classificazione delle
infezioni e malattie da HIV
dell'OMS
•
Nel 1990, l'Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ha raggruppato i diversi tipi di casi definendo una scala
per i pazienti affetti da HIV-1. Questa è stata aggiornata nel settembre del 2005. La maggior parte di queste
infezioni opportunistiche può essere facilmente curata in soggetti altrimenti sani.
•
Stadio I: l'infezione da HIV è asintomatica e non categorizzata come AIDS
•
Stadio II: include minori manifestazioni mucocutanee e ricorrenti infezioni del tratto respiratorio superiore
•
Stadio III: include diarrea cronica prolungata per oltre un mese, gravi infezioni batteriche e tubercolosi
•
Stadio IV include toxoplasmosi del cervello, candidosi di esofago, trachea, bronchi o polmoni e sarcoma di
Kaposi; queste patologie sono usate come indicatori dell'AIDS.
•
Sistema di Classificazione delle Infezioni da HIV secondo i CDC
•
Negli USA, la definizione di AIDS è governata dai Centers for Disease Control and Prevention (CDC). Nel 1993, i
CDC allargarono la loro definizione di AIDS andando ad includere persone sane ma positive al test per l'HIV, e
con un numero di linfocitiT CD4+ inferiore a 200 per µl di sangue. La maggioranza dei nuovi casi di AIDS negli
Stati Uniti sono diagnosticati quando si ha un basso numero di linfociti T ed è presente una infezione da HIV
(MMWR, 1992
COMPLICANZE
•
Le principali patologie polmonari
•
--Polmonite da Pneumocystis jiroveci
•
--Tubercolosi
•
Le principali infezioni del tratto gastro-intestinale
•
--Esofagiti
•
--Diarrea cronica
•
Le principali patologie neurologiche
•
--Toxoplasmosi
•
--Leucoencefalite multifocale progressiva
•
--AIDS Dementia Complex
LINEE GUIDA OMS
•
Le linee guida per il trattamento cambiano costantemente. Le linee guida attuali
•
Infezione da HIV in fase avanzata:
•
Fase 4 dell'infezione da HIV (secondo le norme OMS), a prescindere dalla
percentuale di linfociti T di tipo CD4+;
•
Fase 3 dell'infezione da HIV (secondo le norme OMS) attuando trattamenti definiti
in base al tasso rilevato di linfociti T di tipo CD4 quando questo risulti inferione ai
350/µl;
•
Fase 1 o 2 dell'infezione da HIV (secondo le norme OMS) attuando trattamenti
definiti in base al quantitativo rilevato di linfociti T di tipo CD4+, quando questo
risulti inferiore a 200/µl
per la terapia antiretrovirale dell'Organizzazione Mondiale della Sanità riflettono i
cambiamenti apportati alle linee-guida nel 2003 poiché in strutture in cui le risorse
a disposizione sono limitate (per es. nei paesi in via di sviluppo) ad adulti e
adolescenti infettati dall'HIV si raccomanda di iniziare a sottoporsi alla terapia ARV
(antiretrovirale) quando l'infezione da HIV sia confermata e sia presente una delle
seguenti condizioni:
LINEE GUIDA USA
•
Lo U.S. Department of Health and Human Services (Dipartimento della Sanità e dei Servizi Sociali degli Stati
Uniti), l'agenzia federale responsabile del controllo delle politiche sull'HIV/AIDS negli Stati Uniti, ha reso noto in
data 6 ottobre 2005 quanto segue:
•
Tutti i pazienti con precedenti di patologie da cui si desume l'effetto dell'AIDS o con sintomi severi di infezione da
HIV a prescindere dal loro tasso di linfociti T di tipo CD4+ devono venir trattati con la ART (terapia
antiretrovirale).
•
La terapia antiretrovirale è anche consigliata per i pazienti asintomatici con una conta di linfociti T tipo CD4+
inferiore a 200/µl;
•
I pazienti asintomatici con percentuale di linfociti T tipo CD4+ maggiore di 201-350/µl debbono ricevere cure
dopo una valutazione rischio-beneficio ed in accordo con i desideri del paziente;
•
Per i pazienti asintomatici con un tasso di linfociti T tipo CD4+ superiore a 350/µl e con HIV RNA nel plasma
maggiore a 100,000 copie/ml la maggior parte dei medici rimandano le misure terapeutiche ma secondo alcuni si
potrebbe dare il via al trattamento.
•
Si raccomanda di differire la terapia per i pazienti con un tasso di linfociti T tipo CD4+ superiore a >350/µl con
RNA HIV inferiore a 100.000 copie/ml.
•
Il regime preferenziale con cui iniziare è uno dei due seguenti:
•
enfavirez + lamivudina o emtricitabina + zidovudina o tenofovir; altrimenti
•
lopinavir rafforzato da ritonavir + zidovudina + lamivudina o emtricitabine.
…
•
Inoltre, il DHHS consiglia ai dottori di accertare la carica virale, la rapidità del declino dei
linfociti CD4+ e il grado di risposta del paziente nel decidere quando iniziare il trattamento. [3]
•
Ci sono non poche preoccupazioni sui regimi antiretrovirali. Le medicine possono avere seri
effetti collaterali (Saitoh et al., 2005). I regimi possono essere complessi, e imporre al paziente
di assumere pillole diverse volte al giorno. Se il paziente non assume la terapia correttamente,
può svilupparsi una certa resistenza al farmaco (Dybul et al., 2002). Inoltre, i farmaci retrovirali
sono costosi e la maggior parte degli individui infetti nel mondo non hanno accesso alle
medicine e ai trattamenti per l'HIV e l'AIDS.
•
La ricerca volta a migliorare i trattamenti attuali si occupa di diminuire gli effetti collaterali degli
attuali medicinali, semplificare i regimi farmacologici per migliorarne l'effetto e determinare
l'ordine ottimale tra una cura e l'altra per contenere la resistenza ai farmaci.
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In lingua italiana, è possibile scaricare anche il documento del Ministero della Salute di
dicembre 2005 "Aggiornamento delle conoscenze in tema di terapia antiretrovirale" dal
seguente indirizzo:
http://www.ministerosalute.it/aids/resources/aids/documenti/terapiaAIDS.pdf
MEDICINA ALTERNATIVA
• Da quando l'AIDS è entrato nella coscienza collettiva sono state
utilizzate diverse forme di medicina alternativa per cercare di
curare i suoi sintomi. Nel primo decennio dell'epidemia quando
nessuna cura convenzionale era disponibile, molte persone
affette da AIDS hanno sperimentato terapie alternative
(massaggio, medicine a base di di erbe e fiori, l'agopuntura).
Tuttavia, nessuna di queste ha dimostrato di avere alcun effetto
positivo nel trattamento dell' HIV. L'interesse verso queste
terapie è andando scemando nell'ultimo decennio col
miglioramento dei trattamenti convenzionali. Le persone con
AIDS, come quelle affette da altre patologie quali il cancro
talvolta fanno uso di marijuana per lenire il dolore, combattere la
nausea e stimolare l'appetito.
COMPLICANZE
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1 Le principali patologie polmonari
– 1.1 Polmonite da Pneumocystis jiroveci
– 1.2 Tubercolosi
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2 Le principali infezioni del tratto gastro-intestinale
– 2.1 Esofagiti
– 2.2 Diarrea cronica
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3 Le principali patologie neurologiche
– 3.1 Toxoplasmosi
– 3.2 Leucoencefalite multifocale progressiva
– 3.3 AIDS Dementia Complex
COMPLICANZE POLMONARI
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Polmonite da Pneumocystis jiroveci
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La polmonite da Pneumocystis jirovecii (originariamente noto come Pneumocystis carinii), nelle persone
immunocompetenti è relativamente rara ma diventa piuttosto comune nelle persone con AIDS. Tra costoro,
prima dello sviluppo di trattamenti efficaci e delle appropriate metodologie diagnostiche, si trattava di una delle
più frequenti cause di morte nei paesi ricchi. Tuttora, resta uno dei segni principali di AIDS in individui non
sottoposti al test per HIV e tende a presentarsi soprattutto nei casi in cui la conta dei linfociti CD4 è inferiore ai
200 per µl (Feldman, 2005).
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Tubercolosi
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La tubercolosi, tra le principali patologie associate all'infezione da HIV, è l'unica che può essere trasmessa a
persone immunocompetenti tramite la respirazione. Si tratta d'una patologia che può manifestarsi anche ai primi
stadi dell'infezione da HIV ma al momento si dispone di efficaci terapie preventive. Una delle più grandi
problematiche per il futuro, tuttavia, è il crescente tasso di resistenza polifarmacologica.
Nonostante fosse ritenuta essere sotto controllo nei paesi occidentali, grazie alle terapie farmacologiche ed a
misure di sanità pubblica, la sua incidenza è ripresa a salire e nei paesi in via di sviluppo è rimasta sempre su alti
tassi di prevalenza, grazie anche alla crescente diffusione di HIV nella popolazione.
Nei primi stadi dell'infezione da HIV (in cui la conta dei linfociti CD4+ è >300 cellule per µl), la tubercolosi si
manifesta principalmente come patologia polmonare mentre, nei casi avanzati, si presenta nelle forme
extrapolmonari con interessamento del midollo osseo, del tratto gastrointestinale, dell'osso, del fegato, dei
linfonodi regionali e del sistema nervoso centrale (Decker and Lazarus, 2000)..
COMPLICANZE GASTROINTESTINALI
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Esofagiti
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L'esofagite è un'infiammazione del rivestimento dell'estremo inferiore dell'esofago (il dotto che
porta allo stomaco). Nelle persone contagiate da HIV l'infiammazione è dovuta a funghi
(candidiasi), virus (herpes simplex-1 o citomegalovirus). In rari casi è dovuta a micobatteri
(Zaidi and Cervia, 2002).
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Diarrea cronica
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Nell'infezione da HIV, molte possono essere le cause di diarrea, dai comuni batteri (Salmonella,
Scighella, Listeria, Campylobacter, o Escherichia coli) alle infezioni parassitiche, nonché insolite
infezioni opportunistiche come la criptosporidiosi, la microsporidiosi, il Mycobacterium avium
complesso (MAC) e il citomegalovirus (CMV). La diarrea può anche essere successiva ad un
trattamento con antibiotici (comune per il Clostridium difficile), essere un effetto collaterale di
alcuni farmaci usati per trattare l'infezione da HIV o semplicemente accompagnarsi all'infezione
da HIV, particolarmente durante il primo stadio. Negli ultimi stadi dell'infezione da HIV si pensa
che la diarrea sia una conseguenza dei cambiamenti delle modifiche nel modo in cui il tratto
intestinale assorbe le sostanze nutrienti e può essere una delle principali cause del deperimento
dovuto all'infezione da HIV (Guerrant et al., 1990).
COMPLICANZE NEUROLOGICHE
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Toxoplasmosi La toxoplasmosi è una patologia causata da un organismo unicellulare conosciuto col nome di
Toxoplasma gondii. Esso generalmente infetta il sistema nervoso centrale dando luogo ad un'encefalite. Può,
comunque, infettare e causare malattie a livello degli occhi e dei polmoni. (Luft and Chua, 2000).
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Leucoencefalite multifocale progressiva
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La leucoencefalite multifocale progressiva è una patologia demielinizzante in cui la mieline che protegge ed
avvolge gli assoni dei neuroni viene distrutta in maniera graduale, causando un rallentamento nella trasmissione
del potenziale d'azione. Tale malattia è causata da un virus (il virus JC) che è presente nel 70% della popolazione
in forma latente e si riattiva solamente quando il sistema immunitario diviene particolarmente debole, come nel
caso di persone con l'AIDS.
Generalmente, la progressione di questa malattia è rapida e porta a morte nel giro di pochi mesi dalla diagnosi
(Sadler and Nelson, 1997).
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AIDS Dementia Complex
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L'AIDS Dementia Complex (o demenza da HIV) è un'encefalopatia indotta dall'infezione da HIV e potenziata
dall'attivazione del sistema immunitario (soprattutto macrofagi e microglia) a livello dell'encefalo. Tali linee
cellulari sono produttivamente infettate da HIV e secernono composti neurotossici sia d'origine endogena che
virale. Ciò causa una serie d'alterazioni di natura neurologica: anormalità cognitive e comportamentali e
disfunzioni motorie. Tutto ciò si manifesta dopo vari anni dall'infezione da HIV e si associa con un basso
conteggio dei linfociti CD4+ ed elevata carica virale plasmatica.
Giornata mondiale contro
l'AIDS
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La Giornata mondiale contro l'AIDS, indetta ogni anno il 1 dicembre, è dedicata ad accrescere la
coscienza della epidemia mondiale di AIDS dovuta alla diffusione del virus HIV. La ricorrenza è stata
scelta in quanto il primo caso di AIDS è stato diagnosticato il 1° dicembre 1981. Da allora l'AIDS ha
ucciso oltre 25 milioni di persone, diventando una delle epidemie più distruttive che la storia ricordi. Per
quanto in tempi recenti l'accesso alle terapie e ai farmaci antiretrovirali sia migliorato in molte regioni
del mondo, l'epidemia di AIDS ha mietuto circa 3,1 milioni di vittime nel corso del 2005 (le stime si
situano tra 2,9 e 3,3 milioni), oltre la metà delle quali (570.000) erano bambini.
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L'idea di una Giornata mondiale contro l'AIDS ha avuto origine al Summit mondiale dei ministri della
sanità sui programmi per la prevenzione dell'AIDS del 1988 ed è stata in seguito adottata da governi,
organizzazioni internazionali ed associazioni di tutto il mondo.
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Dal 1987 al 2004 la Giornata mondiale contro l'AIDS è stata organizzata dall'UNAIDS, ovvero
dall'organizzazione delle Nazioni Unite che si occupa della lotta all'AIDS, la quale, in collaborazione con
altre organizzazioni coinvolte, ha scelto di volta in volta un "tema" per la Giornata. Dal 2005 l'UNAIDS
ha demandato la responsabilità dell'organizzazione e gestione della Giornata Mondiale alla WAC (The
World AIDS Campaign), un'organizzazione indipendente, che ha scelto come tema per l'anno - e fino
al 2010 - Stop AIDS: Keep the Promise (ovvero Fermare l'AIDS: manteniamo la promessa)
tema che non è strettamente legato alla Giornata Mondiale ma che rispecchia l'impegno quotidiano
della WAC.