Storia del pensiero economico a.a. 2004-2005

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Storia del pensiero economico
a.a. 2007-2008
Prof. Massimo Fornasari
Programma d’esame
I parte - Nascita e consolidamento di una disciplina: dalla scolastica ai
classici
L'oggetto ed i metodi della scienza economica
Il pensiero economico pre-classico:
Valore ed etica dello scambio nel pensiero medievale: la prima scolastica;
Economia politica e formazione dello Stato-nazione in età moderna:
bullionismo; mercantilismo baconiano e mercantilismo evoluto
Nuovi contributi al concetto di valore tra Seicento e Settecento: da Petty a
Cantillon
Il Cameralismo
Alle origini del pensiero economico italiano
Economia politica e riforme: la scuola fisiocratica.
L'economia politica classica:
Adam Smith: dalla teoria dei sentimenti morali alla “Ricchezza delle
nazioni”
Dopo Smith: Malthus, Say, Sismondi;
David Ricardo: valore-lavoro, distribuzione della ricchezza, teoria dei
vantaggi comparati.
Karl Marx: la critica all'economia politica.
Programma d’esame
II parte - Lo sviluppo del pensiero economico dall'Ottocento al
Novecento
I precursori del marginalismo e la sintesi milliana
La “rivoluzione marginalista”
W.S. Jevons; Léon Walras; Karl Menger;
L'ortodossia neoclassica: A. Marshall; C. Pigou; i marginalisti
italiani
Tra le due guerre: da J. Schumpeter alla rivoluzione keynesiana
Gli sviluppi del pensiero economico dopo Keynes.
Il pensiero economico eterodosso: J. Galbraith; K. Polanyi; A.
Hirschman; A. Sen.
L'oggetto ed i metodi
della scienza economica
Tre aspetti relativi alla SPE
l’oggetto della SPE
b) I diversi approcci alla SPE
c) I rapporti tra la SPE e le altre
discipline
a)
a) L’oggetto della storia del pensiero economico
J. Schumpeter: “La storia di tutte le opinioni e desideri
concernenti questioni economiche e specialmente di
politica economica, che in una certa età e in un certo
tempo fluttuano nella coscienza pubblica”
A. Macchioro: “La storia degli strumenti di pensiero come
tali e di scelte di pensiero, cioè di decisioni etico-civili …
interessanti la sfera politica e sociale”
b) I diversi approcci alla storia del pensiero
economico
►
Cumulativo-incrementalista
► Rivoluzionista-catastrofista
► Relativista-mesologico
Storia economica e storia del pensiero
a) prima diffusione dei
principi di un’economia
di
mercato
(11001450 ca.)
Scolastica (secc. XIIIXVI)
b) formazione degli
stati territoriali
e
sviluppo del cosiddetto
capitalismo mercantile
(1500 – 1750 ca.)
Mercantilismo (1500 –
1750)
c) critica delle politiche
mercantilistiche e
riformismo liberista
Fisiocrazia
d) avvio del processo
di industrializzazione
inglese
e
sue
conseguenze
sociali
(dopo il 1750)
Economia politica
classica e
critica marxista (1770 –
1870)
Storia economica e storia del pensiero
e) piena
affermazione
del
capitalismo
industriale (seconda
metà sec. XIX)
Marginalismo e scuola
neo-classica (1870 –
1920) teoria
dell’equilibrio e micro
f) crisi del capitalismo
industriale e sviluppo
dell’economia del
welfare (anni Trenta
del XX sec.-anni ’70)
Dinamica economica,
Keynes (1920 – 1970)
g) dopo Keynes, crisi
del welfare state,
economie post
industriali,
globalizzazione (anni
’80 in poi)
Monetaristi, postkeynesiani,
problematiche del
sottosviluppo e dello
sviluppo sostenibile
c) La Storia del pensiero e le altre discipline
1) Storia del pensiero e storia economica
► Evoluzione
sul lungo periodo della riflessione
economica (storicamente determinata): influenza
del contesto storico-economico
► Individuazione
europeo
delle fasi dello sviluppo economico
1) Storia del pensiero e storia economica
J. A. Schumpeter (dall’introduzione alla Storia dell’analisi economica)
Di tali campi fondamentali, la storia economica, che sbocca nei fatti dei nostri giorni e li
comprende, è di gran lunga quello più importante. Desidero chiarire che se dovessi cominciare
ora il mio lavoro nell’economia e avessi la possibilità di studiare a mia scelta soltanto uno di
questi campi, la mia scelta andrebbe alla storia economica. E ciò per tre motivi
► Il primo è che l’oggetto dell’economica è essenzialmente un processo unitario nel tempo storico.
Non si può sperare di comprendere i fenomeni economici di una qualsiasi età, compresa quella
presente, senza una adeguata padronanza dei fatti storici e una adeguata misura di senso
storico o di quella che può esser chiamata “esperienza storica”
► Il secondo motivo è che l’esposizione storica non può essere puramente economica, ma riflette
inevitabilmente anche fatti istituzionali che non sono puramente economici: perciò lo studio
della storia costituisce il metodo migliore per comprendere come i fatti economici e non
economici sono in relazione gli uni con gli altri e come le varie scienze sociali debbono essere
messe in relazione tra loro
► Il terzo motivo è il fatto che la massima parte degli errori fondamentali comunemente commessi
nell’analisi economica è dovuta alla mancanza di esperienza storica, più che a qualsiasi altra
deficienza nel corredo scientifico dell’economista.
►
c) La Storia del pensiero e le altre discipline
2) Storia del pensiero e scienza economica
► La
scienza
economica
è
una
scienza
relativamente giovane
► Il consolidarsi dell'economia di mercato ha reso
possibile lo sviluppo di una scienza autonoma,
che studia le forze di mercato e le loro relazioni
► esse rispondono a una logica e a principi in gran
parte differenti da quelli che governano, per
esempio,
l'organizzazione
politica
o
l’organizzazione giuridica della medesima società.
La scienza economica: contenuto e metodi
►
La scienza economica si è dibattuta, tra due
tipi di approccio dominanti:
a) classico (ECONOMIA COME SCIENZA SOCIALE:
impostazione MACRO)
b) marginalista (ECONOMIA COME SCIENZA
ASSIOMATICA,
RIVELATRICE
DEL
COMPORTAMENTO RAZIONALE: impostazione
MICRO)
K. Pribram
► In
Pribram questa contrapposizione
viene espressa come antitesi tra
il nominalismo e il realismo concettuali
Nominalismo = col quale P. intendeva il metodo
induttivo, sperimentale
Realismo = col quale P. intendeva il metodo
deduttivo, assiomatico
Valore ed etica dello
scambio nel pensiero
medievale: la prima
scolastica
Il pensiero economico pre-classico
3 principali filoni
1) la scolastica
2) il mercantilismo
a) bullionismo;
b) mercantilismo baconiano;
c) mercantilismo evoluto
3) il pensiero cameralista
1) La scolastica
►
►
Nel medioevo la filosofia scolastica attua una grandiosa opera
di assimilazione dell’aristotelismo alla tradizione cristianoromana
Protagonisti di tale operazione intellettuale furono Alberto
Magno e il suo allievo
Tommaso d’Aquino (1225-1274)

giusto prezzo e valore dei beni (valore intrinseco e valore
impositus)
 valore della moneta
 l’uso del denaro (condanna del prestito ad interesse)
La cattedrale di Chartres in
Francia
La Torre di sinistra è
caratterizzata dal campanile
nuovo, costruito tra il 1145 ed il
1165, nelle nuove forme
dell’arte gotica
1) La scolastica
Etica ed economia nel pensiero medievale
Nella visione aristotelico-scolastica:
►
L’Economia è “governo della casa” e riguarda la sfera dei
comportamenti individuali (Etica) e non quelli collettivi
(Politica)
►
Nell’ambito delle speculazioni sul comportamento
individuale, le questioni economiche vengono sollevate
allorché riguardano valutazioni etico-morali
►
Pertanto l’economia non viene trattata come disciplina
indipendente, ma solamente nell’ambito dell’Etica
1) La scolastica
l’etica economica nel pensiero medievale
►
Secondo la visione tomistica, l’intelligenza umana può
raggiungere la verità attraverso il metodo speculativo,
indirizzandosi a scoprire le tre grandi verità
 la legge divina,
 il diritto naturale,
 il diritto positivo, risultante dalle scelte e dalle
convenzioni umane, comune a tutti i popoli (jus
gentium) o specifico dei singoli Stati (jus civilis)
►
Le questioni economiche sono trattate in gran parte
nell’ambito dello jus gentium e in qualche caso nello jus
naturalis
1) La scolastica
Giusto prezzo e valore dei beni
La tematica aristotelica del giusto prezzo dei beni viene
risolta nella communis aestimatio,
una sorta di valore ordinario di stima dei beni, ottenuta in
assenza di monopolio:
“… quel prezzo che prevale in un momento dato, secondo la
stima del mercato, cioè il prezzo corrente al quale si
vendono i beni in un luogo specifico” (S.Bernardino da
Siena, 1431)
1) La scolastica
Giusto prezzo e valore dei beni
►
Il giusto prezzo è dunque il prezzo di mercato
fissato in assenza di posizioni dominanti
►
Il giusto prezzo è una proprietà intrinseca dei beni
(bonitas intrinseca), che garantisce la giustizia
commutativa, cioè lo scambio equivalente dei beni
►
Il giusto prezzo è collegato al principio della
giustizia distributiva, in base alla quale al termine
dello scambio nessun individuo o ceto sociale si
arricchisce o si impoverisce
1) La scolastica
Giusto prezzo e valore dei beni
►
La tesi del giusto prezzo si estende a quella del “giusto salario”,
che è il salario che secondo la communis aestimatio garantisce al
lavoratore un livello di vita adeguato al suo status
►
Nella stessa ottica si ammette un profitto “equo” per i
commercianti, quale compenso del servizio da loro prestato
►
Da tutto ciò, è stato dedotto erroneamente l’abbozzo di una
teoria che riconduce il valore dei beni al loro costo di produzione
sulla base del principio dello scambio equivalente
►
In realtà gli scolastici vedevano il valore dei beni correlato a tre
principali caratteristiche (Piero di Giovanni Olivi, 1248-1298):



utilità oggettiva o valore d’uso oggettivo (virtuositas)
rarità o scarsità (raritas)
utilità soggettiva del consumatore (complacibilitas)
1) La scolastica
valore della moneta e uso del denaro
►La
moneta, invece, non ha un valore
intrinseco, ma solo un
valore
convenzionale imposto dal principe
(impositus):
►la
moneta non è considerata un
bene capitale durevole quindi non
può dar luogo a diritti d’uso
(pecunia pecuniam non parit):
da ciò la condanna dell’usura
La crisi della scolastica
► Con
lo sviluppo dei commerci, nel basso
medioevo i sistemi di pagamento e di
concessione dei prestiti si fecero più
complessi, tanto da rendere sempre
meno chiara o meno individuabile la
situazione di prestito a interesse
►
Inoltre, con la crescita delle attività
economiche, il prestito divenne non
solo prestito al consumo ma anche
prestito alla produzione
La crisi della scolastica
►
La Chiesa Romana e gli scolastici iniziarono a giustificare forme di
prestito ad interesse, sviluppando una complessa casistica di
particolari situazioni ammissibili:
1) Damnum emergens: l’interesse come compenso per una perdita
accertata (ad es. in in caso di mora del mutuatario)
2) Periculum sortis: l’interesse come compenso del rischio derivante
dall’esercizio di attività produttive e commerciali (la moneta
investita in capitali produttivi può generare un profitto e al
mutuante si concede di rivendicare un interesse per eventuali
perdite che ritiene di aver subito per aver concesso un prestito
(S.Antonino da Firenze-XV Sec.)
3) Lucrum cessans: l’interesse come compenso del mancato
guadagno derivante da possibili investimenti alternativi (costo
opportunità) C. Dumoulin-XVI Sec.)
La crisi della scolastica e l’emergere del
nominalismo
►
La discussione sugli universali:
►
secondo i realisti (= gli scolastici) gli universali sono i
principi essenziali che definiscono la natura di tutte le cose,
essi realmente esistono nella mente di Dio, in quella degli
uomini e nelle cose stesse, a fondamento della loro realtà
empirica
►
la conoscenza della realtà si attua attraverso un processo
deduttivo, che permette alla ragione umana di rivelare la
struttura ontologica del mondo
La crisi della scolastica
►
►
i nominalisti: gli universali non esistono nella
realtà, essi sono atti (segni, nomi) dell’intelletto
umano volti a unificare e classificare le cose,
ma solo a posteriori
la conoscenza della realtà si attua pertanto
attraverso la conoscenza diretta delle cose, nei
loro aspetti individuali, particolari ed empirici
(Roger Bacon, 1214-1294; John Duns Scoto,
1266-1308; William Ockham, 1290-1348: sono
tutti francescani)
► Solo
l’esistenza di Dio
non è
frutto di
speculazione, ma puro atto di fede a-razionale:
La crisi della scolastica
►
La scuola occamista produce alla fine del medioevo
riflessioni scientifiche di rilievo sull’economia:
►
Jean Buridan (1290-1358): tenta di spiegare il
valore delle merci non sulla base della loro
sostanza, ma in quanto fenomeni relazionali ed
espressione dei bisogni umani (il pane vale più per
il povero che per il ricco)
►
Nicolas d’Oresme (1320-1382): si distacca dall’idea
di valore convenzionale della moneta, attribuendole
un valore reale basato sul suo contenuto in metalli
preziosi e arrivando a intuire la cosiddetta “legge di
Gresham” secondo cui “la moneta cattiva scaccia
quella buona”
La crisi della scolastica
► Dopo
Occam:
 la teologia perde centralità nel sapere: emerge
l’Umanesimo; la politica si svincola dalla morale
(Machiavelli, 1516); la fede pone in discussione
l’autorità costituita (Riforma Protestante, 1517)
 la vita culturale rinasce in rinnovate università dove
lo Stato subentra alla Chiesa nel controllo
dell’attività intellettuale
 rifioriscono gli studi filosofici e con essi ebbero
grande impulso quelli scientifici
 un unico filo unisce l’Umanesimo civile alla
rivoluzione scientifica dell’età moderna
La crisi della scolastica
►
Alla base di tale rivoluzione culturale vi è
l’emergere dell’Umanesimo civile:
l’uomo il principale oggetto di attenzione
culturale/rivalutazione della dimensione
terrena e relazionale
La crisi della scolastica
► Dopo
Machiavelli (Il Principe):
l’economia come scienza della
acquisizione: alla politica
=
la parte principale: al tutto,
essa non si occupa più
solo della famiglia
(governo della casa) ma anche dello Stato
(Antoyne de Montchrétien, Traité d’Oeconomie
Politique, 1615)
Scienza economica e pensiero moderno
►
►
L’Economia si definisce “Politica”, quindi relativa alla sfera
pubblica-collettiva-nazionale
L’Economia Politica si distingue dalla Politica
propriamente detta:
La Politica ora riguarda l’accumulazione e la
gestione del potere (perde le finalità eticomorali)
L’Economia Politica riguarda l’accumulazione e
la gestione della ricchezza
Economia politica e formazione
dello Stato-nazione in età
moderna: a) bullionismo;
b) mercantilismo baconiano
c) mercantilismo evoluto
2) Il mercantilismo
Non è mai esistita una scuola di pensiero che si
autodefinisse “Mercantilista”
►
Il termine fu coniato da Victor de Mirabeau (1715-1789) ed
utilizzato da Adam Smith per indicare l’insieme delle idee
economiche prevalenti nelle corti e negli Stati europei tra il
1500 ed il 1750
►
Il mercantilismo è quindi una classificazione a posteriori
fatta dai ricercatori, esso non costituisce un “sistema di
idee”
2) Il mercantilismo
►
Gli scritti definiti “mercantilisti” sono di solito delle
trattazioni monotematiche sulle varie problematiche della
congiuntura economica dell’epoca nelle diverse nazioni:
essi offrono soluzioni a questioni concrete (in genere nonteoriche) di politica economica
sono indirizzati ad un pubblico di governanti, funzionari,
notabili e gruppi di pressione in genere, spesso con lo
scopo di sostenere interessi specifici
2) Il mercantilismo
►…
esistono tuttavia degli elementi comuni:
 la propensione al protezionismo economico e
commerciale ed a politiche monetarie focalizzate
sull’accumulo di valuta pregiata (oro e argento)
 l’intento di contribuire, indirizzando le scelte di
politica economica, a rafforzare il potere dello
Stato-nazione sia verso l’interno che verso
l’esterno
a) Il bullionismo
► Il
Bullonismo (da buillon, metallo in barre)
ha caratterizzato soprattutto la prima fase
del mercantilismo (sec. XVI)
►I
bullionisti erano in genere mercanti o
funzionari della corona e perseguivano
l’accumulo di oro come mezzo per
consolidare il potere del sovrano
Principali aspetti teorici affrontati dai primi
mercantilisti
►
►
►
Teorie e politiche monetarie
Il concetto di bilancia di commercio
Definizione di valore
b) Il mercantilismo baconiano
► Francis Bacon (1561- 1626)
utilizzo di dati statistici per poter generalizzare giudizi
ricavati dall’esperienza
► W. Petty (1623-1687)
Il primo autore mercantilista che espresse l’intenzione di
applicare i metodi baconiani all’analisi dei fatti economici
e sociali
WILLIAM PETTY, METODO
DELL’ARITMETICA POLITICA E ORIGINE
DEL VALORE
 Figlio di un modesto mercante di stoffe,
dopo varie e avventurose vicende giovanili
studia medicina in Europa e a Oxford e
diventa un medico famoso
 nel 1652 viene inviato da Cromwell in
Irlanda con l’incarico di redigere la Down
Survey, una grande ricognizione dei fondi
passati dai ribelli irlandesi ai veterani e
nobili inglesi dopo la rivolta del 1641
 così inizia a occuparsi di tematiche
economiche, si arricchisce impadronendosi
di alcune delle migliori tenute irlandesi e
diventa un personaggio di rilievo nello
scenario culturale-scientifico inglese del
tempo

Tra le sue opere: Treatise of Taxes and
Contributions (1662), Political Arithmetik
(1671-76), The Political Anathomy of
Ireland (1672)
WILLIAM PETTY, METODO DELL’ARITMETICA
POLITICA E ORIGINE DEL VALORE
►
In Petty si percepisce lo spirito del nuovo razionalismo
seicentesco, le sue considerazioni sui concetti di valore,
sovrappiù e rendita, ne fanno un precursore dell’Economia
Politica Classica (Marx lo considera il primo vero esponente
di questa corrente di pensiero)
►
Il suo metodo si fonda su un approccio quantitativo
all’analisi dei fenomeni economici e sociali, egli intende
“esprimersi in termini di numeri, pesi e misure, invece di
usare soltanto parole comparative e superlative”
WILLIAM PETTY, METODO DELL’ARITMETICA
POLITICA E ORIGINE DEL VALORE
►
►
L’origine del valore è individuato nel lavoro e nella terra: “… il lavoro è
padre e principio attivo della ricchezza, la terra la madre”
Il valore dei beni è quindi dato dalla quantità di terra e di lavoro
necessari a produrli, tali quantità ne determinano il “Valore Naturale”,
verso cui i prezzi di mercato tendono a collocarsi:
 viene così accantonata la teoria soggettiva del valore
 prende corpo la teoria del valore dei beni associato al loro costo di
produzione (dato essenzialmente dal lavoro)
WILLIAM PETTY, MISURA DEL VALORE
E SALARIO DI SUSSISTENZA
►
Definito il valore dei beni come risultante di terra e lavoro
necessari a produrli, l’approccio quantitativo spinge Petty a
cercare una misura unica per il valore tale da ottenere:
 “una parità e un’equazione tra la terra ed il lavoro, in
modo da poter esprimere il valore di ogni cosa mediante
uno solo dei due”
►
Il problema è affrontato da Petty stabilendo come unità di
misura del valore “il cibo giornaliero di un adulto, in
media”, tale termine è al contempo:
 indicatore della capacità produttiva della terra
 indicatore della quantità di lavoro impiegata
WILLIAM PETTY, MISURA DEL VALORE
E SALARIO DI SUSSISTENZA
► Lo stesso termine viene adottato da Petty come prezzo
naturale del lavoro, si abbozzano così due concetti
classico-marxiani:
 quello del “salario di sussistenza”
 quello del “lavoro socialmente necessario”
► Seguendo gli schemi mercantilisti, Petty individua nel
salario di sussistenza il punto di pieno impiego della
forza lavoro disponibile: con salari più alti i lavoratori si
impigriscono e smettono di lavorare
WILLIAM PETTY, SOVRAPPIU’ E RENDITA
►
Petty sviluppa un concetto di sovrappiù (overplus) che si
risolve in rendita, secondo la formula:
valore della produzione ottenuta dalla terra con
applicazione di lavoro
- valore della produzione che si otterrebbe dalla terra senza
applicazione di lavoro
-
valore della produzione necessario a pagare il lavoro
= sovrappiù
WILLIAM PETTY, SOVRAPPIU’ E RENDITA
Il sovrappiù è tanto più alto quanto minore è il costo
di produzione e a ciò contribuisce il miglioramento
delle tecniche produttive:
 “il prezzo del cibo sarà bassissimo quando il
cibo sarà raccolto da un numero minore di
braccia che altrove”
►
Il valore della terra si deduce moltiplicando la
rendita annuale per 21 (anni in cui un uomo
mediamente vive assieme al proprio padre ed al
proprio figlio)
►
Sul saggio di rendita si allinea il saggio di usura
(interesse), in quanto si presta denaro per
ottenere un profitto pari almeno pari a quello che
WILLIAM PETTY, RENDITA “DIFFERENZIALE”
►
Petty sviluppa poi una teoria della rendita
“differenziale” basata sulla differenza dei costi di
trasporto delle derrate dovuta alla diversa distanza
delle terre dai mercati:
 “se il grano che nutre Londra fosse trasportato da
40 miglia fin qui, il grano che cresce a un miglio da
Londra aggiungerà al suo prezzo naturale le spese
di trasporto per 39 miglia”
 il prezzo naturale è dato dal costo di produzione
più la rendita connessa alla fertilità del suolo a
questo si aggiunge poi la rendita differenziale
connessa ai costi di trasporto
WILLIAM PETTY, LA TASSAZIONE
►
►
►
►
►
Le considerazioni di Petty sul valore e la rendita derivano dai
suoi studi sulla tassazione
L’idea di base di Petty è che la rendita non faccia parte del
costo di produzione dei beni, in quanto deriva da un surplus
Pertanto la tassazione dovrebbe colpire solo la rendita, in modo
da non ripercuotersi sui prezzi finali delle merci
Più precisamente andrebbe tassata solo la parte di rendita
destinata al consumo, lasciando intoccata quella destinata al
risparmio e da questo all’investimento produttivo
Nella pratica Petty suggerisce di tassare determinati beni di
consumo che siano particolarmente indicativi della capacità di
consumo dei cittadini (quindi della loro capacità di rendita e
spesa in beni voluttuari)
W. PETTY E GLI ARITMETICI POLITICI
►
►
►
Petty anticipò gli economisti classici anche con le sue
considerazioni sui vantaggi della divisione del lavoro e
sulle relazioni di questa con l’ampiezza dei mercati
In generale il suo pensiero, rispetto ai mercantilisti,
appare caratterizzato da una maggiore profondità
rispetto alle problematiche socio-economiche dello
sviluppo (relazioni urbanizzazione-industrializzazione,
scolarizzazione e formazione tecnica, fattori culturali
dello sviluppo, libertà economiche e libertà individuali)
Rispetto agli Economisti Classici, in Petty manca però
l’approccio per classi sociali e la conseguente teoria
della distribuzione del reddito
W. PETTY E GLI ARITMETICI POLITICI
►
►
►
I suoi “seguaci” (Graunt, Davenant, Fleetwood, King)
contribuirono alla diffusione dei metodi quantitativi
nell’analisi dei fenomeni socio-economici
Rilevante è stato l’apporto di Gregory King (16561714), che dimostrò la rigidità della domanda di
mercato delle derrate alimentari di base rispetto ai
prezzi (cd “legge di King”)
Occorre rilevare tuttavia che, ad eccezione delle
ricerche di statistica economica e in parte
dell’econometria, il metodo quantitativo proposto da
Petty non è stato prevalente nell’ambito della
scienza economica
c) Il mercantilismo evoluto: dal
giusnaturalismo alla teoria del ciclo economico
in Cantillon
► necessità
di dar fondamento teorico al
diritto positivo degli Stati-nazione
► Tra
i sec. XVI e XVII prende corpo l’idea
che a fondamento del diritto positivo vi
sia la legge naturale posta dal Creatore
(giusnaturalismo)
c) Il mercantilismo evoluto: dal giusnaturalismo alla
teoria del ciclo economico in Cantillon
►
►
Dalle dottrine politiche ispirate al giusnaturalismo derivano:
il concetto di stato di natura,
il concetto di contratto sociale,
La teoria della necessità dello Stato assolutista (Hobbes,
1651), si fonda sull’idea che mantenendosi nello stato di
natura l’umanità tenderebbe al caos (homo hominis lupus)
► Nella
visione liberalista dello Stato (Locke, 1689),
già nello stato di natura i diritti naturali di ciascuno
sono limitati da quelli degli altri e con essi tendono
a comporsi ragionevolmente
c) Il mercantilismo evoluto: dal giusnaturalismo alla teoria
del ciclo economico in Cantillon
►
Conseguenze della visione “giusnaturalista-liberalista” negli
sviluppi del pensiero economico:
 le libertà economiche sono un diritto naturale (innato)
dell’uomo
 la funzione dello Stato è quella di favorire il realizzarsi
di queste libertà per tutti e non a particolare vantaggio
di qualcuno
 i beni hanno dei valori “naturali”, implicitamente
“giusti”, a cui anche i valori di mercato dovrebbero
uniformarsi
c) Il mercantilismo evoluto: dal giusnaturalismo alla
teoria del ciclo economico in Cantillon
► In
John Locke (1632-1691) l’affermazione al diritto
della libertà individuale implica:
 il diritto a disporre del proprio lavoro
 il diritto alla proprietà del prodotto del proprio
lavoro
 il diritto alla proprietà della terra, che produce
solo in ragione del lavoro ad essa applicato
c) Il mercantilismo evoluto: dal giusnaturalismo alla teoria
del ciclo economico in Cantillon
► Dudley
North (Discourse upon Trade, 1691):
 alla base della scienza economica devono essere gli “esorbitanti
appetiti degli uomini”
 l’interesse pubblico è visto come somma degli interessi privati
 gli individui perseguono i propri personali interessi meglio di
chiunque altro
 “l’armonia” si ottiene lasciando fare ai privati, così la nazione
prospera
 le misure che favoriscono un settore, un gruppo di imprese o una
impresa vanno a detrimento di qualcun altro, sono abusi che
danneggiano la comunità
c) Il mercantilismo evoluto: dal giusnaturalismo alla teoria
del ciclo economico in Cantillon
►
Bernard Mandeville (Fable of
the Bees, Private Vices and
Public Benefits, 1714):
 il benessere pubblico si
persegue anche lasciando
libertà alle persone di
soddisfare certi vizi, come il
lusso e l’avidità economica
 certe virtù possono essere
dannose: ad esempio,
meglio le spese fastose della
parsimonia, creano più
lavoro
c) Il mercantilismo evoluto: dal giusnaturalismo alla teoria
del ciclo economico in Cantillon
►
►
►
Nel continente europeo l’opposizione alle politiche
economiche dominanti (mercantiliste) prese corpo nell’idea
che la ricchezza delle nazioni non stava nell’abbondanza di
oro, ma in un’ampia capacità di soddisfare i bisogni
(consumi) della popolazione
In particolare l’abbondanza di derrate agricole è vista
come il punto di partenza per assicurare benessere alla
nazione e il laisser faire come miglior strumento per
sviluppare l’agricoltura
Queste posizioni in Boisguillebert e Cantillon precorrono la
scuola fisiocratica
c) Il mercantilismo evoluto: dal giusnaturalismo
alla teoria del ciclo economico in Cantillon
►
Pierre de Boisguillebert (Dissertation de la Nature
des Richesses, de l’Argent et des Tributes, où l’on
découvre la fausse idée qui règne dans le monde a
régard de ces trois articles, 1707):
 sostiene la defiscalizzazione dei consumi e la
rimozione degli ostacoli al libero scambio per
favorire i consumi e la produzione di maggior
reddito
 le imposte sui consumi avrebbero dovuto essere
sostituite da un’imposta unica sul reddito
 l’intervento di una “Provvidenza” superiore
c) Il mercantilismo evoluto: dal giusnaturalismo
alla teoria del ciclo economico in Cantillon
►
Richard Cantillon (banchiere, 1680-1734; Essay sur la Nature du
Commerce en Général, 1755, riscoperto nel 1881 da Jevons): il primo
economista che intuisce il concetto di sistema economico, più o meno
meccanico
 1) Sviluppa le relazioni tra domanda e offerta sul mercato del lavoro e
su quello delle merci
 2) Distingue tra valore “intrinseco” delle merci e prezzo di mercato
dipendente dalle condizioni
della domanda e dell’offerta
 3) Sviluppa una teoria delle classi sociali sulla base della
ripartizione del prodotto nazionale tra rendite, profitti e salari:
► la classe indipendente (proprietari di terre), dalla cui
ricchezza trae sostentamento la nazione
► la classe dipendente, che vive di salari o di profitti da lavoro
autonomo
c) Il mercantilismo evoluto: dal giusnaturalismo
alla teoria del ciclo economico in Cantillon
 Approfondisce con grande lucidità le tematiche monetarie e
in particolare i movimenti inflativi e come questi si
ripercuotono in maniera differenziata sui redditi delle diverse
classi sociali, arrivando a descrivere le successive fasi del
ciclo inflativo-deflativo
 Sviluppa anche, da banchiere, una teoria dell’interesse, la
cui altezza non dipenderebbe dalla quantità di moneta, ma
dall’andamento della domanda e dell’offerta dei prestiti
Il Cameralismo
3) Il cameralismo (la scienza dello Stato)
►
►
Complesso di teorie politiche fiorite nel mondo germanico
durante i secc. XVII e XVIII, in corrispondenza con la fase
centrale di formazione del moderno Stato tedesco.
Il termine cameralismo rinvia a un istituto tipico dello Stato
patrimoniale: la camera, organo costituito da un ristretto
gruppo di esperti della cerchia del sovrano che aiutavano
quest'ultimo nei suoi affari.
3) Il cameralismo (la scienza dello Stato)
► Obiettivo
dei sostenitori del cameralismo
(tra i maggiori J.H. von Justi e J. von
Sonnenfels) erano la corretta
amministrazione dei beni dello Stato per il
benessere generale attraverso un
approccio unitario all'analisi dei problemi
economici, politici e amministrativi.
Alle origini del
pensiero economico
italiano: le scuole
milanese e
napoletana
Alle origini della tradizione economica italiana
L’illuminismo italiano, relativamente alla riflessione
economica, si articola in due principali scuole:
►Scuola
napoletana (Genovesi, Galiani, Filangieri,
Pagano, Doria)
► Scuola milanese (Beccaria, Verri, Carli, e il
veneziano Ortes)
Alle origini della tradizione economica italiana
Il filone illuminista italiano si sviluppa nel periodo 17501780, trovando negli studi economici uno dei suoi settori di
maggiore attività
 Rispetto alla contemporanea scuola della fisiocrazia
francese, gli illuministi italiani hanno in generale un
approccio più marcatamente soggettivista ai fenomeni
economici
Al centro della loro analisi pongono l’individuo e la sua
aspirazione a realizzare il benessere personale, come motore
dell’agire economico
Alle origini della tradizione economica italiana
Questo approccio consentirà loro di anticipare vari concetti
sviluppati poi dai marginalisti
Dal punto di vista politico sono orientati ad un’azione
riformista condotta dal sovrano (dispotismo illuminato)
finalizzata al raggiungimento della “massima felicità per il
maggior numero” (Beccaria)
 Manca però in loro l’approccio per classi sociali che
caratterizza i fisiocratici e gli economisti classici
Ferdinando Galiani (1728-1787):
Della moneta (1751); Dialogues sur le commerce des bleds (1769)
Valore-utilità, il valore delle merci dipende:
- dalla loro utilità (edonistico-soggettiva): “attitudine di
una cosa a procurarci la felicità”
- e dalla loro rarità: “proporzione tra la quantità di una
cosa e l’uso che se ne vuole fare”
► Il valore non è quindi una proprietà intrinseca delle merci,
ma una qualità relativa attribuita dalle scelte dei soggetti
economici:
- “più utile e meno utile sono voci relative che variano
con il vario stato delle persone”
Ferdinando Galiani (1728-1787):
Della moneta (1751); Dialogues sur le commerce des bleds (1769)
► L’utilità
di una merce per un individuo è poi
in relazione alle quantità già consumate
della stessa merce e inversamente
proporzionale a tali quantità (abbozzo di
teoria dell’utilità marginale decrescente)
► Valore come rapporto soggettivo e razionale
di sostituzionalità tra i beni: “il valore è
un’idea di possesso d’una cosa e quello di
un’altra nel concetto di un uomo”
Ferdinando Galiani (1728-1787):
Della moneta (1751); Dialogues sur le commerce des bleds (1769)
►
Valore-fatica: riguarda il valore di offerta delle merci
 Il valore di offerta è in relazione alla “fatica” (penosità) spesa nella
loro produzione
 Il contributo della “fatica” al valore delle merci dipende dalla sua
quantità e dal suo prezzo
 “dalla natura varia dei talenti umani nasce il diverso prezzo delle
fatiche”
 “il valore dei talenti” si stima nello stesso modo delle merci, “sopra
i medesimi principi di utilità e rarità”
Ferdinando Galiani (1728-1787):
Della moneta (1751); Dialogues sur le commerce des bleds (1769)
►
Il prezzo di mercato: sono regolati dalla domanda e dal consumo della
merce “dallo struggimento (consumo) si regolano i prezzi”
►
Il prezzo “batticuore” del denaro: “Ciò che si chiama frutto del denaro,
quando è legittimo, altro non è che il prezzo del batticuore”, l’interesse
è il prezzo del “rischio” e “dell’incomodo” dovuti al “consegnare una
cosa col patto di riavere l’equivalente”, tale che ci sia “uguagliamento
tra il denaro presente e quello lontano nel tempo”, a causa del rischio
due somme consegnate in tempi diversi differiscono del “frutto” del
denaro
Ferdinando Galiani (1728-1787):
Della moneta (1751); Dialogues sur le commerce des bleds (1769)
►
La polemica con i Fisiocratici:
 secondo Galiani l’economia, nel lungo termine, tende
spontaneamente all’ordine naturale come guidata da una “mano
suprema”
 nel breve termine essa è però soggetta a malfunzionamenti e
distorsioni congiuturali
 il laissez faire non è quindi giustificato, in quanto lo Stato ha
l’obbligo di intervenire per correggere i malfunzionamenti e le
congiunture sfavorevoli
 inoltre non è possibile dettare dei criteri generali per l’intervento
pubblico in economia, in quanto le misure vanno prese in relazione
alle circostanze di ogni tempo e luogo
La nascita dell’economia politica classica:
illuminismo e fisiocrazia
►
L’Illuminismo vede il progresso dell’umanità
correlato all’affermazione della ragione e del
sapere scientifico:
 L’ottimismo sulle possibilità della ragione risiede
nell’idea che essa sia una componente propria
ed immutabile della natura umana
 L’affermazione della ragione è quindi
affermazione della stessa natura umana
 Tale affermazione dipende, in primo luogo,
dall’applicazione dei principi di libertà,
uguaglianza e tolleranza
Economia politica e riforme:
la scuola fisiocratica.
La nascita dell’economia politica classica:
illuminismo e fisiocrazia
►
Al centro del programma culturale illuminista c’è la
pubblicazione dell’Encyclopédie (35 volumi, 1751-1780),
che intende raccogliere l’intero scibile umano “nel più
piccolo spazio possibile, ponendo il filosofo al di sopra di
questo vasto labirinto”
►
I fisiocratici francesi costituiscono, tra gli anni 1750 e 1780,
la prima vera scuola di pensiero per la scienza economica,
essi si inquadrano nel movimento illuminista del XVIII sec.
La nascita dell’economia politica
classica:
illuminismo e fisiocrazia
►
►
►
François Quesnay (1694-1774)
medico di corte interessato ai problemi dell’agricoltura, scrisse diverse
voci per l’Encyclopédie (Fermiers, 1756; Grains - Hommes – Impôt Interêt de l’Argent, 1757), non tutte pubblicate, attorno alla sua figura si
raccolse la scuola dei fisiocratici (Les Économistes)
Altre opere importanti di Quesnay:
 Tableau économique (1758)
 Maximes générales du gouvernement économique
d’un royaume agricole (1758)
 Droit Naturel (1765)
 Dialogue du Commerce (1766)
 Physiocratie, ou constitution naturelle du gouvernement
le plus avantageux pour le gendre humain (1768)
La fisiocrazia
►
►
I fisiocratici vedono la ricchezza come capacità della
nazione di soddisfare i propri bisogni, cioè ripristinare i
fattori impiegati nei processi produttivi e generare un
sovrappiù (produit net)
Il ciclo produttivo comporta l’anticipazione di spese
(avances):




►
Avances souveraines (spese per infrastrutture territoriali)
Avances foncières (spese per miglioramenti fondiari, edifici)
Avances primitives (spese per macchinari, attrezzi, bestiame)
Avances annuelles (spese per materiali, salari, anticipazioni
monetarie)
Il prodotto netto è ciò che resta della produzione lorda
dopo che sono state ripristinate le anticipazioni
La fisiocrazia
►
►
►
A livello dell’intera nazione sono le attività primarie
(agricoltura, attività estrattive) che forniscono gli
alimenti a tutta la popolazione e le materie prime per
le attività manifatturiere e commerciali
Nella sua forma materiale il prodotto netto è pertanto
l’eccedenza del settore primario che consente lo
svolgimento delle altre attività ed il nutrimento della
popolazione in esse impiegata
La ricchezza della nazione risiede pertanto nella
capacità del settore primario di produrre questo
surplus
La problematica del Tableau
► Quesnay
identificò 3 distinte classi sociali:
(1) la classe produttiva (imprenditori
agricoli e braccianti)
(2) la classe dei proprietari (landlords)
(3) la classe sterile (artigiani e
mercanti)
La fisiocrazia
►
Per i fisiocratici la divisione della società in classi si
attua in relazione alle funzioni esercitate nel
sistema economico-produttivo
►
La classe dei produttori è formata dagli agricoltori
e dalla popolazione impegnata nelle altre attività
primarie:
 la sua funzione è di generare il prodotto netto
La fisiocrazia
►
La classe dei proprietari è formata dai proprietari
che vivono della rendita dei terreni (nobiltà, clero):
 la sua funzione è di favorire la circolazione e la
redistribuzione del prodotto netto (classe distributiva)
►
La classe sterile è formata dalla popolazione
impegnata nelle attività secondarie e terziarie
(manifatture, commercio, professioni, pubblica
amministrazione, ecc.):
 la definizione “sterile” è dovuta al fatto che essa si limita a
consumare o trasformare il prodotto netto delle attività
primarie, senza ottenere quantità fisiche di materia
aggiuntive
Il Tableau économique (1758)
►
►
Alla base del Tableau vi è l’idea di giustizia distributiva,
formulata in termini matematici
anche il concetto di giustizia commutativa è fondamentale
per il processo delle transazioni di scambio descritte nel
Tableau
►
►
►
Influenza della Scolastica ma anche emancipazione da essa
Rivendicazione dell’importanza del settore agricolo, il solo
in grado di produrre un sovrappiù o prodotto netto
Descrive flussi monetari e di merci
Astrazioni fondamentali
► Agricoltura
pienamente di mercato
► Flussi commerciali pienamente liberi
► Prezzi costanti
Distribuzione di 5 miliardi di livres
(derivanti da una anticipazione iniziale di 2 md di livres)
►Classe produttiva
2 md
(avances annuales)
1 md (alla classe
produttiva)
1md
Classe proprietaria
2 md
(prodotto netto)
in cambio di prodotti agricoli
in cambio di prodotti di lusso
in cambio di prodotti agricoli
in cambio di manufatti
1 md
in
_________________
2 md
per riavviare il ciclo
Classe sterile
1 md
(capitale di esercizio)
1 md (alla classe
sterile)
1 md
cambio di materie prime
_________________
1 md
LA SCUOLA FISIOCRATICA,
TURGOT
► Anne Robert Jacques Tourgot (1727-1781)
► PONTE TRA SCUOLA FISIOCRATICA E SCUOLA
►
►
►
CALSSICA
INGLESE
Funzionario dell’amministrazione dello Stato, collaboratore
all’Encyclopedie (voci: Foire, Fondation, 1757) ministro
delle finanze tra il 1774 ed il 1776
Opera diverse riforme di spirito liberale, tra cui la
liberalizzazione del mercato interno ed estero dei grani
Tra le sue opere: Réflexions sur la formation et la
distribution des richesses, 1766
Analisi microeconomica
Visione sociologica più raffinata
1.
2.
Adam Smith: dalla teoria
dei sentimenti morali alla
“Ricchezza delle nazioni”
Adam Smith (1723-1776)
►
►
►
►
►
►
►
►
►
►
1723 - nasce a Kirkcaldy (vicino a Edimburgo)
1737 – studia filosofia morale all’Università di Glasgow,
dove è allievo di Francis Hutcheson
1740/1746 – cacciato da Glasgow per aver letto un
libro di Hume, completa gli studi a Oxford
1748/1751 – tiene lezioni di letteratura inglese e
retorica a Edimburgo
1751 – è professore di logica all’Univ. di Glasgow, dove
prende la cattedra di Filosofia Morale appartenuta ad
Hutcheson (1752)
1759 – pubblica “Theory of Moral Sentiments”
1763 – abbandona l’insegnamento, diventa precettore
del giovane Duca di Buccleuch che accompagna in un
lungo viaggio in Europa, dove entra in contatto diretto
con il pensiero illuminista
1764 – inizia a scrivere in Francia la Wealth, a cui si
dedicherà esclusivamente al suo ritorno in Scozia nel
1766
1776 – pubblica “An Inquiry into the Nature and
Causes of the Wealth of Nations”
1778 – viene nominato Commissario delle Dogane di
Edimburgo dove muore nel 1790
ADAM SMITH
LA DIVISIONE DEL LAVORO
►
Il lavoro è origine della ricchezza e la divisione del lavoro è causa della sua
crescita
La divisione del lavoro ne aumenta la produttività, ciò è dovuto a:
l’aumento della destrezza dei lavoratori nelle loro mansioni specifiche
il risparmio nei tempi morti necessari a passare da un’occupazione ad
un’altra
► il favorire l’innovazione tecnologica e la meccanizzazione dei processi
produttivi
► il favorire la specializzazione del lavoro intellettuale, quindi la ricerca
scientifica e tecnologica
►
►
►
►
La divisione del lavoro nasce dalle attitudini sociali degli uomini, nel loro
cercare di soddisfare i propri bisogni attraverso gli altri e con lo scambio
►
La divisione del lavoro è limitata dall’ampiezza dei mercati e si intensifica con
l’allargamento di questi e con l’evoluzione stessa della società
►
Strumenti di allargamento dei mercati: trasporti e comunicazioni, credito e
finanza (mezzi di pagamento), la crescita stessa della produzione
ADAM SMITH
DIVISIONE DEL LAVORO E CRESCITA
Divisione del
lavoro
Allargamento
del mercato
Aumento della
produttività
Divisione del
lavoro
Crescita della
produzione
Aumento della
produttività
La divisione del lavoro innesca la crescita, questa si
concretizza in un movimento ascendente senza fine
Crescita della
produzione
Allargamento
del mercato
Divisione del
lavoro
I temi Smithiani
ORIGINE DELLA MONETA E VALORE DELLE MERCI
• VALORE E PREZZI DELLE MERCI
• PARTI COSTITUENTI IL VALORE DELLE MERCI
• RICCHEZZA E PROCESSO DI ACCUMULAZIONE
• CLASSI SOCIALI E DISTRIBUZIONE DEL REDDITO
• PREZZO NATURALE DELLE MERCI E RUOLO REGOLATORE
DEL MERCATO
• PADRE DEL LIBERISMO E DELLA SCIENZA ECONOMICA MODERNI
Dopo Smith:
Malthus,
Say,
Sismondi
Dopo Smith
SMITH (1776)
Filone “micro”
(equilibrio
concorrenziale
individualistico)
FILONE ILLUMINISTA
Filone “macro”
(teoria del
sovrappiù)
Godwin (1793)
Condorcet (1794)
ottimismo sociale
In opposizione

J. Bentham (1780Utilitarismo)
 J-B. Say (1803–
Legge di Say)

D. Ricardo
(1817)
T.R. Malthus
(1798 – principio
di popolazione)

FILONE POST-SMITHIANO
(MICRO)
Jeremy Bentham – Utilitarismo
Introduction to the Principles of Morals (1780)
 L’azione umana è guidata:
 dalla ricerca del piacere e dal rifuggire le pene (edonismo)
 dal prevalere dell’interesse personale su quello del prossimo (egoismo)
 Principio di utilità (proprietà di un oggetto di procurare beneficio, vantaggio,
piacere, bene ed evitare il contrario)
 Introduce l’idea di misurare l’utilità e abbozza quella di utilità marginale
Jean Baptiste Say – legge degli sbocchi o dei mercati (1803)
 L’offerta crea sempre la propria domanda
 Uguaglianza tra gli aggregati della produzione e del reddito
 Le merci prodotte generano un potere d’acquisto pari al proprio valore
 La produzione è sempre destinata a generare la propria domanda
 Impossibilità della crisi da eccesso di produzione
FILONE ILLUMINISTA
Le magnifiche sorti e progressive
Godwin (Enquiry Concerning Political Justice - 1793)
 La società e le sue istituzioni corrotte sono causa del male
 Il progresso dovrà portare un rinnovamento sociale in cui il
principio di benevolenza provveda ad una distribuzione della
ricchezza a seconda delle reali necessità
Condorcet (Esquisse d’un Tableau Historique des Progrès de
l’Esprit Humain - 1794)
 Visione della storia come un progresso continuo guidato da una
sorta di meccanica dello sviluppo
 Fiducia nell’infinita perfettibilità dell’uomo
 Universalismo dei diritti politici, realizzazione di una sostanziale
eguaglianza sociale
MALTHUS
IL PRINCIPIO DI POPOLAZIONE
Thomas Robert Malthus (1766 – 1834)
An Essay on the Principle of Population, as it affects the Future
Improvement of Society, with remarks on the Speculations of Mr Godwin,
M. Condorcet, and other writers (1798)
La popolazione tende a crescere in modo esponenziale
 La produzione di beni di sussistenza può crescere solo in progressione
aritmetica
 La scarsità di beni di sussistenza è ineludibile, pertanto la crescita di
popolazione è soggetta a meccanismi autoregolatori:
 Freni positivi: guerre, carestie, pestilenze, mortalità infantile


Freni preventivi:
 moralmente inaccettabili: concubinato, contraccezione
 moralmente accettabili: castità, dilazione età matrimoniale
MALTHUS, NEGAZIONE DELLE
MAGNIFICHE SORTI E PROGRESSIVE
I mali dell’umanità non trovano quindi origine in rimediabili distorsioni
dell’organizzazione sociale, ma nei meccanismi “malthusiani” di
autoregolazione della crescita demografica
Rimedio:
 Applicazione di misure di contenimento preventive moralmente
accettabili
Conseguenze politiche:
 Consenso alle Corn Laws (leggi protezionistiche sul grano) che
contribuiscono ad incrementare la produzione agricola
 Opposizione ai sussidi ai poveri (sistema delle Poor Law, abolito nel
1834), che determinano distorsioni degli equilibri demografici
David Ricardo:
valore-lavoro,
distribuzione della
ricchezza, teoria dei
vantaggi comparati.
DAVID RICARDO
1772, Nasce a Londra da una famiglia ebrea
proveniente dall’Olanda
 In gioventù viene mandato in Olanda a fare
l’agente di cambio, come il padre
 Sposa una quacchera e si converte al
cristianesimo
 1799-1809, accumula una grande fortuna con
le speculazioni di borsa e sui titoli di Stato
 1809, inizia a scrivere di economia politica
 1817, pubblica la prima edizione di
Principles of Political Economy and Taxation
 1819, diventa deputato
 1823, muore improvvisamente

TEORIE RICARDIANE
La formulazione delle teorie ricardiane ha come
sfondo il dibattito sulle New Corn Laws (1816) e,
più in generale, la problematica del modello di
sviluppo nazionale inglese:

mantenimento di un’economia agricola o
accelerazione del processo di
industrializzazione?

Protagonisti di tale dibattito nei primi decenni
del 1800 furono Ricardo e Malthus
La tomba di
Ricardo a St.
Nicholas'
Churchyard,
Hardenhuish,
Wiltshire,
England.
Aspetti salienti del pensiero ricardiano:

Rendita Differenziale della terra

Valore Normale di scambio delle merci
(valore-lavoro)

Salario Normale e distribuzione del reddito
(profitto come reddito residuale)

Vantaggi comparati nel commercio estero
DAVID RICARDO,
LA RENDITA DIFFERENZIALE
I terreni hanno diversa fertilità (sono più o meno fertili)
 Per rispondere alla domanda di grano, vengono coltivati
dapprima i terreni più fertili (quelli che a parità di tecnica
producono di più)
 Con l’aumento della domanda di grano, ed il conseguente
rialzo del prezzo, vengono coltivati dei terreni sempre meno
fertili (quelli che a parità di tecnica producono sempre meno)
 A parità di tecnica il costo del lavoro e del capitale investiti
nella produzione sono costanti
 Il prezzo vendita del prodotto è uguale per tutti i terreni
 La diversa produttività dei terreni si traduce pertanto in un
differenziale di reddito netto, che è il più alto nel terreno
coltivato più fertile di tutti e decresce progressivamente fino ad
essere nullo nel terreno coltivato meno fertile
 Tale differenziale si tramuta interamente in rendita, perché la
concorrenza tra i capitali produttivi per accaparrarsi le terre più
fertili schiaccia i profitti al livello di quelli che si ottengono sul
terreno coltivato meno fertile

A B C …. = terre sempre meno fertili
L
= numero dei lavoratori
Cap.
= capitali anticipati
10 q. di grano = salario annuale di ogni lavoratore
300 q. di grano = prodotto lordo che si vuole ottenere da ogni tipo di terra
Cap
PN
Profitto
Saggio Profitto
%
L
Rendita diff
A
20
200
100
100
100/200=50
0
B
21
210
90
90
90/210=43
0
A
20
200
100
86
C
22
220
80
80
B
21
210
90
76
14
A
20
200
100
72 (200*36)/100
28
14
(200*43)/100
(210*36)/100
80/220=36
0
DAVID RICARDO,
RENDITA DIFFERENZIALE E PROFITTO
grano
rendite
profitti
terra
Il grafico mostra l’andamento (in termini di grano totale) del monte dei profitti e di
quello delle rendite all’aumento della terra coltivata

DAVID RICARDO,
IL VALORE-LAVORO
Il punto di partenza della teoria ricardiana del valore è la critica allo
schema smithiano secondo cui:
prezzo o valore normale di scambio = salari + profitti +
rendite
valore lavoro comandato > valore lavoro contenuto
Secondo Ricardo l’utilità è un elemento di base del valore, ma non
determina il valore (è condizione necessaria ma non sufficiente)
 I beni dotati di utilità traggono il loro valore da altri due elementi:



la rarità
il lavoro necessario a produrle
DAVID RICARDO,
IL VALORE-LAVORO
►
Le merci il cui valore di scambio è in prevalenza
determinato dalla rarità non rappresentano che una
piccola parte dei beni scambiabili
(sono appunto delle rarità perché sono scarsamente
riproducibili con il lavoro e poco soggette alla
concorrenza di mercato)
► La grande maggioranza delle merci scambiabili sono
invece riproducibili con il lavoro e su di esse “la
concorrenza opera senza restrizione”
► In questo caso i valori normali di scambio (o prezzi
relativi) delle merci dipendono dalle quantità di lavoro
necessarie a produrli:
► Se A = 2 giornate di lavoro e B = 1 giornata, allora A =
2B
DAVID RICARDO,
MERCI RIPRODUCIBILI A COSTI
CRESCENTI
Vi sono delle merci che sono riproducibili solo con quantità di lavoro crescenti
(a costi crescenti), tra queste ci sono le derrate agricole

In questo caso, a causa dell’unicità del prezzo di mercato, il valore normale di
scambio è determinato da quella parte di merci che hanno richiesto i maggiori
costi, ovvero le maggiori quantità di lavoro

Di conseguenza quella parte di merci prodotte con quantità di lavoro più basse
beneficiano di un surplus netto differenziale

Di questo surplus non si avvantaggiano i capitalisti perché, essendo in
competizione per l’uso dei fattori scarsi, vedono i loro profitti allinearsi ai livelli
più bassi


Il surplus netto differenziale si traduce pertanto in rendita
DAVID RICARDO,
IL SALARIO
Il salario normale è dato “dal prezzo dei viveri indispensabili al
mantenimento dell’operaio e della sua famiglia”
 Detto salario normale non è tuttavia sempre dato dalla stessa
quantità di beni e servizi per ogni epoca ed in ogni luogo, esso varia
in ragione del tenore normale di vita della classe lavoratrice del paese
e dell’epoca considerati
 Un aumento durevole del salario al sopra del livello normale
determina un aumento della procreazione, quindi della popolazione
lavoratrice e infine dell’offerta di lavoro, cui consegue un
abbassamento del salario stesso e viceversa (legge bronzea dei
salari)
 Il salario reale è dato dalla quantità di beni che l’operaio può
effettivamente acquistare, il salario nominale è invece il valore del
salario espresso in moneta
 Se i prezzi di mercato dei beni di sussistenza aumentano, affinché i
salari reali restino costanti è necessario che i salari nominali
aumentino nella stessa proporzione dei prezzi di mercato dei beni

DAVID RICARDO,
IL PROFITTO
Il valore normale di scambio delle merci è dato dalla quantità di lavoro
in esse contenuto
 Il salario è la retribuzione del fattore lavoro, stabilito al livello
“normale” dai bisogni di sussistenza del lavoratore
 Il profitto pertanto altro non è che un reddito residuale, dato dalla
differenza tra il valore di scambio delle merci ed il costo sostenuto per la
produzione (salario)


Due conseguenze:
 Il rincaro dei beni di sussistenza determina un rialzo dei salari
nominali che pertanto si traduce in una erosione dei profitti: per
favorire i profitti occorre pertanto che il prezzo dei beni di
sussistenza sia mantenuto basso, o importandoli a basso prezzo o
sviluppando delle tecnologie per produrli a minor costo
 Il valore normale delle merci è dato dal loro costo di produzione (e
in ultima analisi dal lavoro), in regime di mercato perfetto infatti la
concorrenza tra i produttori tende a far livellare i prezzi delle merci e
con essi i profitti
DAVID RICARDO,
IL VALORE ASSOLUTO
Ricardo osserva che aumentando il livello generale dei salari:
 Il valore relativo delle merci prodotte con l’impiego di molti macchinari
e poco lavoro diminuisce rispetto alle merci prodotte con pochi
macchinari e molto lavoro
 Ciò perché il lavoro “contenuto” nei macchinari vi è stato
“incorporato” ad un costo più basso
 Pertanto il grado di variazione dei prezzi relativi delle merci
rispetto ad una variazione dei salari dipende anche dal rapporto tra
l’ammontare del capitale fisso e l’intero capitale impiegato
Una conseguenza è che la teoria del valore-lavoro non è in grado di
spiegare in ogni circostanza la formazione del valore di scambio ed i
prezzi relativi delle merci

DAVID RICARDO,
IL VALORE ASSOLUTO
►
Occorre perciò passare dal valore normale (relativo) al valore
assoluto, trovare cioè una merce “tipo” che sia “misura
invariabile” del valore, perché prodotta in condizioni
assolutamente medie rispetto all’intero sistema
►
Una merce simile non esiste; sul piano formale, secondo Ricardo
tale merce deve essere ottenuta in condizioni intermedie tra due
estremi:
 tra una merce prodotta con solo lavoro in un periodo
brevissimo (1 giorno)
 e una merce prodotta con sole macchine in un periodo
lunghissimo
 il periodo medio indicato da Ricardo dovrebbe essere di 1
anno
DAVID RICARDO,
VANTAGGI COMPARATI NEL COMMERCIO
ESTERO
Le condizioni di produzione di una unità di panno e di una unità di vino in
Inghilterra e Portogallo sono le seguenti
1U panno (uomini) 1U vino (uomini) totale (uomini)
Inghilterra
100
110
210
Portogallo
90
80
170

Ogni paese ha interesse a specializzarsi e anche che l’altro paese si
specializzi nel prodotto per il quale gode dei migliori vantaggi comparati:
vino per il Portogallo, panno per l’Inghilterra
 Se il Portogallo produce 2 unità di vino (invece di 1 di vino e 1 di panno) e
poi scambia 1 unità di vino con 1 unità di panno prodotta dall’Inghilterra,
ottiene 1 unità di vino e 1 unità di panno spendendo 160 giornate di lavoro
anziché 170
 Se l’Inghilterra produce 2 unità di panno e poi ne scambia una con una
unità di vino prodotta dal Portogallo, ottiene 1 unità di vino e 1 unità di
panno con 200 giornate di lavoro anziché 210

Karl Marx: la
critica
all'economia
politica.
L’ECONOMIA POLITICA CLASSICA DOPO SMITH
SMITH (1776)
Soggetti economici
come individui (micro)
Soggetti economici come
classi sociali (macro)
Utilitarismo (1780)
► J-B Say (1803)
►
► GB - Anti-Ricardiani
(anni ‘20-’30)
► F - Cournot (1838),
Dupuit (1844)
► D – Von Thünen
(1826), Gossen (1854)
RICARDO (1817)
Ricardiani e
Socialisti Ricardiani
(anni ‘20-’30)
►
► Teorie dell’Armonia
Economica (anni ‘50-’60)
- Sintesi John Stuart Mill (1848 – 1863)
CRITICA
ALL’ECONOMIA
POLITICA CLASSICA
Romanticismo
Tedesco rifiuto del liberismo
economico e del
liberalismo politico
(primo ‘800)
F. List (1841)
Scuola storica (anni
’40-’50)
MARX (1867)
IL PENSIERO SOCIALISTA PRIMA DI MARX
UTOPIE DELL’ORDINE
(More, Campanella, Gesuiti)
UTOPIE DELLE LIBERTA’
MOVIMENTO OPERAIO
SOCIALISMO ORGANICISTA
(liberazione dallo sfruttamento)
Saint Simon (1820-1825),
mistica della società tecnocratica
►
Owen (1813-1836),
cooperativismo tecnologico
gerontocratico
►
SOCIALISMO LIBERTARIO
(liberazione dall’alienazione)
Fourier (1822-1836),
comunitarismo naïf
►
►
Godwin (1793)
IL SOCIALISMO IN ECONOMIA PRIMA DI MARX
Sismondi (1819-1838): rifiuto della legge di Say e del laissez-faire, ruolo
redistributivo dello Stato, spazio per l’impresa famigliare (agricoltura, artigianato,
piccola industria)

Proudhon (1840-1846): abolizione eccessi proprietà privata, rifiuto dello
statalismo, auto-regolamentazione sociale, no lotta di classe, credito gratuito per
facilitare forme di accumulazione nella classe lavoratrice

Rodbertus (1842-1851): forte intervento statale per la riduzione delle
disuguaglianze sociali (tramite tassazione e prezzi istituzionalizzati), uso della
teoria Ricardiana del valore per dimostrare lo sfruttamento del lavoro, rifiuto della
legge di Say

Socialisti Ricardiani (anni ’20 e ’30): uso della teoria Ricardiana del valore per
dimostrare lo sfruttamento del lavoro, rifiuto della legge di Say

VITA DI KARL MARX
1818, nasce a Treviri (Germania) da una famiglia borghese ebrea
 Segue studi filosofici a Berlino e a Bonn e aderisce
all’hegelismo fin dal 1837
 Dopo gli studi di dottorato a Jena (1841), scrive per e dirige una
rivista radicale di Colonia che viene soppressa
 1844, incontra Friedrich Engels e aderisce al comunismo

1847, si trasferisce a Parigi dove scrive contro il socialismo utopistico e
anarchico di Proudhon (Misère de la Philosophie)
 1848, espulso dalla Francia ripara a Bruxelles, da dove lancia con Engels il
Manifesto del Partito Comunista, una teoria del crollo del capitalismo
 espulso dal Belgio, torna a Parigi, poi a Colonia dove fonda un giornale, ma
finisce esule a Londra nel 1849
 a Londra, vivendo in condizioni di precarietà economica per circa 20 anni, si
dedica all’attività politica nell’ambito dell’internazionale operaia
 contemporaneamente avvia un’imponente critica e ricostruzione dell’economia
politica che culmina nella pubblicazione de Il Capitale (1867)
 muore nel 1883, i volumi 2° e 3° de Il Capitale saranno pubblicati postumi nel
1884 e nel 1894

ELEMENTI DEL PENSIERO DI MARX
►
IDEALISMO
►
STORICISMO
ECONOMIA POLITICA
CLASSICA
► UTOPIA SOCIALISTA
►
MATERIALISMO
STORICO
SOCIALISMO
SCIENTIFICO
MARX
CRITICA DELL’ECONOMIA POLITICA
L’a-storicità e l’astrattismo dell’analisi classica sulle categorie economiche ha
determinato degli errori di fondo:
 Incapacità di cogliere la reale natura del profitto e del capitale
L’analisi classica si focalizza sulla determinazione della grandezza del
profitto, tralasciandone le origini sociali (sfruttamento del lavoro)
Incapacità di distinguere la dimensione tecnologica del capitale da quella
sociale
Il capitale è prima di tutto un rapporto sociale e non semplicemente l’insieme
dei mezzi di produzione

Incapacità di riconoscere lo sfruttamento del lavoro come fondamento del modo
di produzione capitalistico
L’analisi classica tende a focalizzarsi sui rapporti di scambio e non su quelli
di produzione

MARX
GENESI DELLE CATEGORIE ECONOMICHE
L’analisi marxista ha come oggetto la genesi delle categorie
economiche (analisi storico-genetica o storico-dialettica)

Lo scopo è definire la produzione come espressione di una
formazione sociale storicamente determinata (Modo di Produzione)

Soc. Primitiva
Comunismo
Primitivo
Soc. Antica
MdP Schiavista
Soc. Feudale
MdP Servile
Soc. Capitalista
MdP Capitalista
Ogni modo di produzione si caratterizza per:
 Livello delle forze produttive (tecnologia)
 Organizzazione sociale (classi)
 Relazioni economiche (rapporti di produzione, distribuzione del
reddito, ecc…)
MARX
FORZA-LAVORO COME MERCE
L’economia politica classica, mancando di approccio storico, non ha compreso
la reale natura del capitalismo

L’errore di base dei classici è di non aver saputo distinguere tra lavoro e forzalavoro

La forza-lavoro è la capacità umana di produrre lavoro, questa capacità può
essere scambiata come una merce

La peculiarità del modo di produzione capitalistico è proprio l’impiego della
forza-lavoro alla stregua di una merce

Nello schiavismo non c’è mercato della forza-lavoro, ma mercato degli
schiavi (l’uomo stesso è una merce)
 Nella società feudale il lavoratore è pertinenza della terra (è legato alla terra)
 Nella soc. capitalista il lavoratore è un libero cittadino che per procurarsi la
sussistenza offre sul mercato la propria forza-lavoro come una merce

MARX
PLUS-VALORE
L’acquirente della forza-lavoro è il capitalista, egli paga il valore di scambio della
merce forza-lavoro per appropriarsi del suo valore d’uso.


Il valore di scambio della merce forza-lavoro è il salario.
Il salario corrisponde al valore dei beni necessari a rigenerare la forza-lavoro del
lavoratore nel suo contesto storico-sociale. Come in Ricardo è un salario di
sussistenza (svincolato dall’idea di produttività).


Il valore d’uso della forza-lavoro è data dal suo impiego nel processo produttivo.
Tale impiego avviene solo se valore di scambio delle merci generate è superiore
al valore di scambio della forza-lavoro e delle altre merci impiegate.

La differenza tra il valore di scambio della forza-lavoro ed il valore che il
capitalista ricava dal suo uso costituisce il PLUS-VALORE.

MARX
IL CAPITALE

Le fasi della creazione del plus-valore sono due:
 Processo di circolazione: il capitalista trasforma le sue merci in denaro
vendendole sul mercato, e trasforma il denaro ottenuto in altre merci
produttive e forza-lavoro acquistandole;
 Processo lavorativo: realizza il consumo produttivo delle merci e della forzalavoro acquistata generando plus-valore.
Denaro
Merci
+Merci
+Denaro
+Merci
++Merci
++Denaro
… Circolazione … Lavorazione …Circolazione ………….. Lavorazione … Circolazione ……
Secondo Marx il capitale non è un dato stock di merci produttive (macchinari,
materie prime).
 Il capitale è un valore che, grazie allo sfruttamento del lavoro, prende via, via le
sembianze di denaro, merci, altre merci, altro denaro, ecc…, in un movimento di
accumulazione a spirale senza fine.
 L’accumulazione capitalista trae origine da un processo iniziale (accumulazione
originaria), che Marx individua storicamente in Età Moderna quando i contadini,
espropriati dei loro mezzi di sussistenza con l’imposizione delle chiudende, si
videro costretti a emigrare nei centri urbani e ad impiegarsi nelle manifatture

MARX, LIVELLO SUPERFICIALE
E LIVELLO PROFONDO DEL CAPITALISMO
Capitale costante (c): quella parte del capitale costituita da stock di merci da
impiegarsi nei processi produttivi;
 costituito pertanto da lavoro già cristallizzato in merci il cui valore è
dato;

Capitale variabile (v): destinato a compensare l’impiego di forza-lavoro (salari) e
a generare plus-valore;
 destinato pertanto ad accrescere il valore complessivo del capitale;

Doppio livello del capitalismo:

superficiale, apparente  mercati, scambi, prezzi;

profondo, nascosto  valore, plus-valore, sfruttamento del lavoro;
MARX
LA CREAZIONE DEL PLUS-VALORE
Forme di creazione del plus-valore:
 Plus-valore assoluto: si ottiene dalla differenza tra la lunghezza della giornata
lavorativa e le ore necessarie a ripagare i mezzi per il sostentamento quotidiano
del lavoratore;
 Plus-valore relativo: si ottiene intensificando lo sfruttamento della forza-lavoro a
parità di ore lavorate (accelerando i ritmi di lavoro, introducendo nuove macchine,
ecc.);
Lo sfruttamento del lavoro è un “dato di fatto” del sistema.
Saggio di plus-valore = plusvalore/salari = pv/v
Saggio di profitto = plusvalore/capitale totale = pv/(c+v)
Composizione organica del capitale = c/v
Saggio di profitto = (pv/v) / [(c/v)+1]
MARX
LEGGI DI MOVIMENTO E CRISI DEL CAPITALISMO (I)
Saggio di profitto = (pv/v) / [(c/v)+1]
Contraddizione interna del sistema capitalista:
 Per ottenere un saggio di plusvalore più alto il capitalista accresce la
composizione organica del capitale, ma ciò determina una caduta tendenziale del
saggio di profitto
 L’agire di ogni capitalista per il proprio interesse, conduce ad una generalizzata
caduta dei profitti
La tendenziale caduta del tasso di profitto è una delle “leggi di movimento” del
sistema capitalista, essa è contrastata da:
 Diminuzione del costo degli elementi del capitale costante (per maggior
produttività del lavoro)
 Crescita della disoccupazione “tecnologica”
 Diminuzione del costo degli elementi del capitale costante e variabile per gli
effetti del commercio con l’estero
 Concentrazione della produzione, economie di scala, formazione di monopoli e
oligopoli
MARX
LEGGI DI MOVIMENTO E CRISI DEL CAPITALISMO (II)
La tendenziale caduta del tasso di profitto ed i suoi correttivi determinano le altre
“leggi di movimento” del sistema capitalista:
 “Miseria crescente” della classe operaia:
 aumentando la meccanizzazione dei processi produttivi, la quota salari
diminuisce, i bisogni crescono più rapidamente dei salari, si accresce
l’assoggettamento dei lavoratori ai processi produttivi, aumenta la
disoccupazione
 Progressivo aggravarsi delle crisi cicliche:
 per superare ogni crisi il capitalismo deve incrementare il capitale immesso
nel sistema produttivo, cosicché ogni crisi è più pesante della precedente e le
oscillazioni cicliche sempre più forti
 Inasprirsi della concorrenza all’interno del sistema, con selezione delle imprese,
concentrazione produttiva e creazione di monopoli
L’insieme delle leggi di movimento del capitalismo ne provocano, in Marx, la crisi
finale. I monopoli capitalisti esistenti facilitano l’appropriazione collettiva dei
mezzi di produzione e l’avvio di un sistema pianificato, dove ciascuno riceve una
remunerazione direttamente proporzionale al lavoro prestato. E’ il socialismo,
prima fase del comunismo
MARX
LA TRASFORMAZIONE DEI VALORI IN PREZZI (I)
Secondo Marx le merci si scambiano ai “prezzi di produzione” e non secondo i
loro valori di produzione; ponendo r = saggio di profitto medio, abbiamo che:

c + v + pv = valore di produzione
(c + v)(1+r) = prezzo di produzione
Il prezzo di produzione è dato dal valore complessivo del capitale speso e dal
suo profitto valutato al saggio medio
 Per Marx, prezzi di scambio e valori di produzione divergono a causa della
diversa composizione organica (c/v) del capitale impiegato nella produzione delle
merci
 Ma, secondo Marx, a livello dell’intero aggregato economico valori e prezzi
avrebbero dovuto coincidere
 In questo caso il saggio di profitto medio dovrebbe poter essere calcolato sulla
base della composizione del capitale e del plusvalore aggregato
 I prezzi potrebbero quindi essere determinati applicando il saggio di profitto
medio ai costi di produzione, dando così luogo alla trasformazione dei valori in
prezzi e risolvendo il problema ricardiano del valore assoluto

MARX
LA TRASFORMAZIONE DEI VALORI IN PREZZI (II)

Marx immagina un’economia a 3 settori:
settori
c
v
pv
Valore
(c+v+pv)
Prezzo
(c+v)(1+r)
I
80
20
20
120
120
II
90
10
10
110
120
III
70
30
30
130
120
Totale
240
60
60
360
360
Saggio di plus-valore = pv/v = 100%
 Saggio di profitto medio = r = pv/v / (c+v)/v = 100/ 240/60+1 = 20%
 Nella tavola la somma dei valori (Totale) è uguale alla somma dei prezzi, c’è
quindi eguaglianza tra i due aggregati
 Inoltre, secondo Marx, la tavola dimostrerebbe come i settori a maggior
dotazione organica di capitale assorbano plusvalore, sotto forma di profitto, dai
settori a minor dotazione organica (lavoro morto che sfrutta il lavoro vivo)
 In realtà Marx applica il saggio di profitto a dei valori e non a dei prezzi, cosicché
il problema della trasformazione resta irrisolto: il tentativo di portare in superficie
la natura “profonda” del capitalismo è fallito

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