Capitolo 15
Politica economica
internazionale
R.Capolupo: Appunti macro 2_Grafici e
tabelle dal DeLong
1
La storia dei tassi di cambio
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-
Il sistema corrente dei tassi di cambio si caratterizza come
un regime di tassi di cambio fluttuanti.
La storia della politica economica internazionale si è basata
per più di un secolo su un regime di tassi di cambio fissi
Analizzeremo il funzionamento di questo regime di cambi
per comprendere come si sia arrivati al regime alternativo
Analizzeremo le tre crisi finanziarie internazionali degli anni
’90 determinate dai regimi di tassi di cambio fissi:
Crisi europea del 1992
Crisi messicana del1995
Crisi del Sud-Est asiatico del 1997-1998
Cenni alla crisi argentina
Il funzionamento del modello Mundell-Fleming nei due
regimi di cambio
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2
Gold standard
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Nella generazione precedente la I guerra mondiale il regime
di tassi di cambio vigenti era un sistema a cambi fissi
chiamato sistema monetario aureo o gold standard.
Le autorità monetarie fissavano la parità della propria
moneta in termini di una certa quantità di oro ed erano
pronte ad acquistare e a vendere la propria valuta in
cambio di oro alla parità prefissata.
Il tasso di cambio bilaterale tra due paesi era pari al
rapporto tra le parità auree delle due monete.
Se per esempio il prezzo dell’oro in $ è fissato dalla FR a
35$ per oncia e dalla Banca d’Inghilterra a 14,58 £ per
oncia il tasso di cambio dollaro/sterlina è : 35/14,58= 2,40
$ per sterlina
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3
Gold standard (2)
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L’arbitraggio internazionale sui cambi faceva sì che l’acquisto o la
vendita di valuta a un prezzo diverso dal rapporto tra le due parità
avrebbe innescato dei meccanismi ( spedizione di oro per i
pagamenti internazionali) che avrebbero riportato il tasso di
cambio al suo valore prefissato. La parità poteva variare entro
margini ristretti detti: punti dell’oro (pari alle spese di trasporto
e assicurazione dell’oro)
Aggiustamento automatico delle bilance dei pagamenti. Se
un paese aumentava l’offerta di moneta, i sarebbe diminuito. Ciò
avrebbe reso le attività estere più redditizie. La valuta interna non
può svalutarsi ma i detentori della valuta la scambiano contro oro,
spediscono l’oro all’estero e acquistano attività estere. Il paese
sperimenta un deflusso di oro. L’offerta di moneta diminuisce nel
paese in questione e il tasso di interessa aumenta di nuovo. Il
contrario avviene nei paesi in cui è affluito l’oro: l’offerta di
moneta aumenta e il tasso di interesse diminuisce.
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4
Il gold standard è deflazionistico
(richiede politiche monetarie restrittive)
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Nonostante la simmetria già enunciata in cui nessun paese ha
una posizione privilegiata (come avverrà con un sistema basato su
1 valuta di riserva) e nonostante che un sistema aureo poneva
dei vincoli automatici all’aumento dei prezzi (offerta di moneta
legata all’afflusso di riserve auree), a controbilanciare questi
vantaggi vi sono degli svantaggi (o asimmetrie).
Il più importante è che il suo operare pone dei vincoli all’utilizzo
della politica monetaria per contrastare la disoccupazione.
Questa asimmetria è dovuta al fatto che in un regime di gold
standard si deve avere non solo NX+NIA=0 ma:
NX+NIA-FG =0
Se un paese si trova a sperimentare un deficit, il paese perde oro.
Per arginare il deflusso di oro è costretto a seguire politiche
restrittive di aumento di i per ridurre il deflusso di oro e la
contrazione delle riserve.
I paesi in deficit per rimanere nel sistema aureo devono
aumentare i
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5
Crollo del gold standard
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Il gold standard fu sospeso durante la I guerra mondiale perché ogni paese fu
costretto ad utilizzare politiche monetarie espansive per finanziare le spese di guerra.
Con l’inflazione ognuno avrebbe desiderato la conversione immediata della valuta in
oro
Il tentativo di ripristinare il sistema aureo naufragò dopo circa 5 anni dal suo
ripristino e secondo alcuni economisti fu causa della Grande depressione.
Perché il sistema crollò?

Eichengreen e Bernanke hanno individuato per le seguenti ragioni:
- Il sistema poteva funzionare solo se le autorità possedevano riserve consistenti
- I paesi detenevano le riserve in valuta anziché in oro. Se al primo segno di difficoltà
gli operatori avessero chiesto la convertibilità il regime sarebbe crollato
I paesi in avanzo non ridussero i tassi di interesse in risposta all’afflusso di oro (le
asimmetrie di cui si è detto). Non rispettarono le regole del gioco e non aumentarono
l’offerta di moneta in seguito all’afflusso di oro. L’onere dell’aggiustamento ricadeva
sui paesi in deficit
I paesi in deficit per rimanere nel sistema aureo erano costretti a mantenere alti tassi
di interesse ed economie in recessione
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6
Deprezzamento del cambio durante la GD. I paesi che
abbandonarono la parità uscirono prima dalla GD
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7
Bretton Woods: il gold exchange standard
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Poiché i tentativi di ricostruire il sistema aureo creò un
regime vulnerabile agli shock, dopo la II guerra mondiale
gli economisti (piano White versus Piano keynes)
costruirono un nuovo sistema conosciuto come sistema a
cambio aureo o sistema di Bretton Woods
Lo scopo era di creare un sistema con i vantaggi del gold
standard (cambi fissi) ma esente dagli inconvenienti del
precedente regime. Le sue caratteristiche erano:
Cambi fissi, le parità espresse in termini di $ (il $ era
agganciato all’oro e indirettamente si poteva acquistare oro
al prezzo di 35$ l’oncia).
I cambi fissi avevano il vantaggio di stimolare il commercio
internazionale rendendo prevedibili i prezzi dei beni esteri
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8
Gold exchange standard (2)
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Il paese che si trovava sia in deficit di BP sia in surplus doveva
mettere a punto delle politiche che riportassero i conti con l’estero
in equilibrio. Se un paese si trovava con una valuta sopravvalutata
che scoraggiava le esportazioni i tassi di cambio potevano essere
variati.
Gli squilibri fondamentali di bilancia dei pagamenti potevano
essere corretti tramite svalutazione o rivalutazione della propria
moneta
Venne istituita un’autorità il FMI che sorvegliava sul corretto
funzionamento del sistema. Assicurava che i paesi non abusassero
della loro prerogativa di variare il tasso di cambio che richiedeva
una preventiva autorizzazione del FMI per svalutazioni o
rivalutazioni che superassero il 10%
Il FMI concedeva altresì prestiti nella valuta richiesta per sanare
deficit temporanei di BP
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9
L’asimmetria del sistema di BW
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Il sistema creato a BW pensato originariamente come un
gold exchange standard in quanto le banche centrali
potevano detenere sia oro sia valute di riserve convertibili
in oro e quindi permetteva maggiore flessibilità rispetto al
gold standard puro, in realtà operò dalla metà deglianni ’60
come un regime a valuta di riserva (dollar standard)
Il principale svantaggio di un sistema a valuta di riserva è
che esiste una grave asimmetria in questo sistema.
Il paese la cui moneta viene usata come valuta di riserva
occupa una posizione speciale e non ha bisogno di
intervenire sul mercato dei cambi
Esistono N-1 tassi di cambio che devono essere mantenuti
fissi . Il paese a valuta di riserva (N) non deve intervenire
mai sul mercato dei cambi e non deve preoccuparsi di
problemi di riequilibrio di bilancia dei pagamenti
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10
Come funziona un sistema di cambi
fissi?

1.
2.
Distinguiamo due scenari in cui può trovarsi a funzionare un
regime di cambi fissi:
Un sistema di alta mobilità di capitali in cui una grande massa di
moneta fluisce da un paese all’altro in reazione a differenziali
positivi o negativi nei tassi di interesse . Gli speculatori giocano
in questo scenario un grande ruolo e i governi devono sottostare
alle decisioni degli operatori sui cambi
Ambiente di bassa mobilità di capitali. I flussi di capitale da un
paese all’altro sono limitati. Le autorità che vogliono spostare
capitali sono in grado di farlo variando il tasso di cambio
utilizzando le loro riserve valutarie.
Poiché le autorità si impegnano a mantenere il tasso di cambio
fisso devono avere riserve sufficienti affinché il sistema possa
funzionare
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11
Alta mobilità di capitali
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Quando esiste perfetta mobilità di capitali le riserve valutarie
perdono efficacia come strumento per stabilizzare il tasso di
cambio. L’equazione del valore di equilibrio del tasso di cambio
reale è:
= 0 - r(r-rf)
Dove 0 è il tasso di cambio reale di lungo periodo secondo
l’opinione degli speculatori sui cambi ed r è un parametro
che indica la reattività degli agenti rispetto al differenziale nei
tassi di interesse.
Più alto (basso) è il differenziale dei tassi di interesse più il cambio
si apprezza (deprezza)
Se r-rf =0 allora il tasso di cambio è uguale al suo valore di lungo
periodo 0
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12
La condizione di parità dei tassi di
interesse

Affinché l’equazione sia soddisfatta la banca centrale deve
stabilire il tasso di interesse interno:
rr

f
0  

r
*
La politica monetaria non può svolgere un ruolo attivo. La
politica monetaria non è in grado di abbassare i tassi di
interesse perché il tasso di interesse serve a guidare il
tasso di cambio. Per cui il tasso di interesse (di cambio) è
fissato dagli speculatori sui cambi
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tabelle dal DeLong
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Perché deve essere soddisfatta questa equazione
per il tasso di cambio?
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Supponiamo che le autorità stabiliscano una parità in cui il
tasso di cambio della valuta nazionale è apprezzato e gli
speculatori considerano l’acquisto di valuta estera un affare.
Il rendimento in interessi e il guadagno in conto capitale
della valuta estera li spingerà a recarsi alla BC per vendere
la valuta interna (sopravvalutata) ed acquistare la valuta
estera (sottovalutata) alla parità fissa.
La BC utilizza le proprie riserve per comprare la propria
valuta
In condizioni di alta mobilità di capitali le riserve ben presto
si esauriscono
La condizione vista prima ci dice come deve essere fissato il
tasso di interesse per far sì che il valore di * = 0
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Andamento del tasso di cambio reale
Relazione inversa tra
tasso di interesse e
tasso di cambio reale
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spiegazione
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Quando è nullo il differenziale fra il tasso di interesse reale interno e
quello estero, il valore del tasso di cambio reale è 0: ovvero è pari
al valore di equilibrio di lungo periodo del tasso di cambio secondo
le opinioni e le aspettative degli speculatori sui cambi.
Quando i tassi di interesse interni sono più alti di quelli esteri, il
tasso di cambio si apprezza (diminuisce). Gli speculatori
considerano un affare acquistare la valuta estera. Ciò induce
aspettative di deprezzamento del cambio e spinge gli speculatori ad
acquistare valuta estera per lucrare guadagni in conto capitale.
Quando i tassi di interesse interni sono più bassi di quelli esteri, il
valore del tasso di cambio è più alto (deprezzamento) si innescano
aspettative di apprezzamento del cambio che indurranno le autorità
ad aumentare il tasso di interesse.
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16
Il tasso di cambio è stabilito dagli speculatori sui
cambi
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Uno shock estero
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Effetto degli shock esteri in regime di tassi di cambio fissi.
Se il tasso di cambio è fisso e se la mobilità dei capitali è elevata,
variazioni esogene delle opinioni degli speculatori sui cambi o dei
tassi di interesse esteri hanno effetti diretti e immediati sui tassi di
interesse interni e sul livello di produzione interno.
Ciò significa che gli shock internazionali si trasmettono all’economia
interna

Un aumento di if si riflette sui tassi di interesse interni e provoca un
movimento verso l’alto e verso sinistra lungo la curva IS

Un aumento di 0 di lungo periodo secondo le aspettative degli
speculatori richiede un aumento di i pari a 0
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/ r
18
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19
Limiti alla mobilità dei capitali
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Quando vi sono limiti alla mobilità di capitali le riserve delle
BC sono considerevoli e il tasso di interesse (e quindi la
politica monetaria) può essere in parte manovrato per fini
di equilibrio interno
Il sistema di Bretton Woods ha potuto operare perché vi
erano vincoli alla mobilità dei capitali internazionali.
Il tasso di cambio infatti è determinato non solo dalle
aspettative degli speculatori sui cambi ma anche
dall’ammontare e dalla velocità con cui la BC accumula
riserve valutarie:
 =
0 - r(r-rf)+ R R
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20
Vincoli alla mobilità dei capitali
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
In presenza di barriere alla mobilità di capitali la BC
riacquista libertà di azione nell’impiego della politica
monetaria per usi interni. Gli shock avversi degli speculatori
sui cambi o dei tassi di interesse esteri non sono trasmessi
immediatamente sull’economia nazionale sotto forma di
aumenti di i che innescano recessioni.
La possibilità di più ampie manovre della BC la si desume
dal fatto che il tasso di interesse interno ora è:
*



R
f
0
rr 
  R
r
r
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Quando la mobilità dei capitali è limitata, una banca
centrale è in grado di variare il tasso di cambio spendendo
le proprie riserve valutarie.
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Cambi fissi o flessibili?
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
Milton Friedman (Nobel nel 1976) della Università di
Chicago, asserisce che i prezzi, compresi i tassi di cambio,
devono essere stabiliti dalle forze della domanda e
dell’offerta e non da decreti del governo. L’impostazione di
questa scuola giudica pertanto altamente positiva
l’esperienza dei cambi fluttuanti e l’abbandono del regime
di cambi fissi
Robert Mundell ( Nobel nel 1999) della Columbia University,
ritiene che un tasso di cambio fisso significa che il governo
rispetta il contratto che il governo ha stipulato con gli
investitori esteri. Lasciar fluttuare il tasso di cambio vuol
dire infrangere il contratto stesso. In questa ottica viene
valutato negativamente il sistema basato sui cambi
flessibili.
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Modello IS-LM con cambi fissi (modelloMundell-Fleming) e
perfetta mobilità dei capitali
La LM ritorna
nella posizione
di partenza per
mantenere i=if
LM
i=if
IS
Y
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Politica fiscale con cambi fissi (M-F)
LM deve spostarsi
Per assecondare
la politica fiscale
espansiva
LM
i=if
BP
IS
Y
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25
benefici del regime dei cambi fissi
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Favorisce il commercio internazionale riducendo il rischio di
fluttuazione dei cambi
Permette una migliore divisione internazionale del lavoro
che altrimenti richiederebbe continui spostamenti di risorse
tra i settori dei beni commerciabili e non commerciabili in
seguito a fluttuazioni del cambio intorno al suo valore
fondamentale
Questo vantaggio è alla base della decisione presa dai
paesi europei di istituire un’unione monetaria (UEM) con il
potere di fissare irrevocabilmente i tassi di cambio. Il
funzionamento e l’esperienza dello SME ha dimostrato che i
tassi di cambio rimangono fissi solo con la scomparsa delle
valute nazionali
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tabelle dal DeLong
26
Costi dei regimi di cambio fissi
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La politica monetaria è vincolata a mantenere fisso il tasso
di cambio
Se i tassi di interesse restano per troppo tempo bassi, le
riserve valutarie si riducono e la parità fissa non potrà
essere mantenuta
La politica monetaria non può essere usata per mantenere
l’equilibrio interno
Hanno lo svantaggio di trasmettere immediatamente gli
shock internazionali
La banca centrale deve reagire agli shock di fiducia e alle
aspettative degli investitori internazionali variando i tassi di
interesse a breve termine
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tabelle dal DeLong
27
Aree monetarie ottimali
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Secondo Robert Mundell i cambi fissi funzionano meglio se i
paesi che li utilizzano formano un’area valutaria ottimale.
Il vantaggio dei cambi flessibili, che è quello di permettere
ai paesi di reagire agli shock asimmetrici (che influenzano
differentemente più paesi), perderebbe di rilevanza se i
paesi che utilizzano i cambi fissi formano un’AVO
Quando gli shock sono di tipo asimmetrico, per eliminare i
vantaggi dei cambi flessibili, è necessaria un’alta flessibilità
delle risorse produttive (lavoro, capitale etc.)
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28
Gli USA costituiscono un’AVO
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Esiste l’opinione condivisa che l’UEM non è un’AVO mentre
gli stati USA lo siano (approfondimenti al capitolo
successivo)
La ragione non sta nella esistenza di shock simmetrici in
USA e di shock asimmetrici nell’UEM. Anche all’interno degli
USA le strutture produttive dei vari stati sono diverse e gli
shock che colpiscono la California sono differenti da quelli
che colpiscono il Texas o qualsiasi altro stato dell’Unione.
Analogamente gli shock che colpiscono il Portogallo sono
diversi da quelli che colpiscono la Danimarca.
La differenza fondamentale tra USA e UEM è che all’interno
degli USA esiste un’alta mobilità dei fattori produttivi
capitale e lavoro che si muovono velocemente verso i luoghi
in cui i rendimenti e i salari sono alti.
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29
Il principale svantaggio dei cambi fissi è quello di
innescare crisi finanziarie
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La crisi europea del 1992
La prima crisi finanziaria che colpì i paesi che utilizzavano cambi fissi
(dopo il crollo di Bretton Woods) si verificò in Europa e fu innescata dalla
riunificazione tedesca
Fu intrapreso un programma di investimenti pubblici massivi per cercare di
riportare la Germania orientale agli standard dei livelli di reddito della
Germania Occidentale.
L’incremento della spesa pubblica spostò verso l’alto la curva IS. La
Bundesbank reagì innalzando i tassi di interesse (politica monetaria
restrittiva) . Questo avrebbe consentito di mantenere il PIl reale
nell’intervallo ritenuto compatibile con gli obiettivi di inflazione della BC e
nello stesso tempo avrebbe attratto capitali dall’estero utili a finanziare il
processo di riunificazione.
L’aumento del tasso di interesse (e l’apprezzamento del cambio) ridusse le
esportazioni nette e fece affluire capitali.
Gli altri paesi che aderivano allo SME avrebbero dovuto aumentare i tassi
di interesse affinché il meccanismo dei cambi fissi continuasse ad operare

R.Capolupo: Appunti macro 2_Grafici e
tabelle dal DeLong
30
Politiche delle autorità tedesche
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31
Effetto della politica tedesca sugli altri Paesi
europei
 All’inizio degli anni Novanta, i Governi degli altri Paesi europei
stavano alzando i tassi di interesse e contraendo le loro economie,
rischiando una recessione, per mantenere le parità dei tassi di
cambio nell’ambito del meccanismo europeo dei cambi (ERM=
exchange rate mechanism).
 Gran Bretagna, Italia Francia confermavano il loro impegno a
mantenere la parità fissa dei loro tassi di cambio.
 Quando la disoccupazione e la recessione in quei paesi conciarono
a farsi sentire gli speculatori sui cambi non credettero alle
promesse delle rispettive BC di mantenere fisso il cambio. Gli
attacchi speculativi sulla sterlina, sulla lira, sul franco francese
furono massicci .
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tabelle dal DeLong
32
Recessioni per mantenere fisso il cambio
R.Capolupo: Appunti macro 2_Grafici e
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33
Perdite di riserve rilevanti

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
Il tentativo da parte delle autorità monetarie di resistere
agli attacchi speculativi non ebbe successo. La banca
d’Inghilterra perse 7 miliardi di $ di riserve in poche ore
durante l’attacco speculativo del settembre 1992 volto
verso la sterlina. Questo non fece altro che rafforzare
l’opinione degli speculatori che il costo di mantenere il tasso
di cambio fisso era troppo elevato.
Dopo due mesi dall’inizio degli attacchi speculativi il
sistema di tassi di cambio fissi in Europa riguardava ormai
solo pochi paesi
La crisi fece comprendere che se si volevano mantenere i
cambi fissi all’interno dell’Europa le valute nazionali
dovevano essere sostituite da una valuta comune. Non più
tassi di cambio fissi tra diverse valute ma una valuta
comune ( nascita dell’UEM nel gennaio 1999)
R.Capolupo: Appunti macro 2_Grafici e
tabelle dal DeLong
34
Crisi messicana 1994-1995

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La crisi del peso messicano è difficile da spiegare anche per gli
economisti.
Il tasso di cambio non era sopravvalutato né c’erano grandi
disavanzi di bilancio che potessero far temere processi
inflazionistici in atto. Non c’erano quindi ragioni per attendersi una
svalutazione
Il timore di attacchi speculativi era quasi nullo perché non
esistevano incompatibilità tra le politiche di governo per
mantenere il cambio fisso e i fondamentali dell’economia (bilancio
pubblico in pareggio, inflazione sotto controllo, crescita sostenuta)
Inoltre il paese era appena entrato nel club dell’OCSE e nel
NAFTA (North American Free Trade Agreement) che assicurava
mercati ampi privi di dazi doganali che avrebbero favorito le
esportazioni delle merci messicane.
Ci si aspettava quindi un rafforzamento del peso messicano in
termini reali (apprezzamento)
R.Capolupo: Appunti macro 2_Grafici e
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35
Tasso di cambio nominale del Messico: il valore del dollaro statunitense
espresso in peso messicano. L’entità e la rapidità del crollo del peso messicano
alla fine del 1994 destò sorpresa.
+ pesos
per1$:
aumento
dl
cambio=
deprezza
m-ento
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36
Cause della crisi messicana
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L’inversione di tendenza nelle aspettative degli investitori finanziari
internazionali ebbe ragioni politiche. All’inizio del 1994 la rivolta zapatista
scoppiata nella provincia povera del Ciapas fece temere sulla stabilità
politica del paese.
Le autorità messicane spesero 50 miliardi di $ di riserve valutarie per
sostenere il peso. Esaurite le riserve lasciarono fluttuare il peso nei
confronti del $
La svalutazione ebbe conseguenze disastrose. Ogni deprezzamento del
peso aumentava il valore del debito pubblico messicano accrescendo la
possibilità che il governo ripudiasse il debito.
L’alternativa delle autorità messicane era quella di lasciare deprezzare
ancora di più il peso abbassando ulteriormente i tassi di interesse. Questo
però significava aumentare ancora di più il valore del debito estero
denominato in $. Gli aiuti e i prestiti del FMI e del governo statunitense
aiutarono a ripristinare la fiducia degli investitori nell’economia messicana
e la crisi fu meno catastrofica di quella prevista.
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tabelle dal DeLong
37
Crisi dei paesi del Sud est asiatico
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Dopo 2 anni e mezzo dalla crisi messicana si sviluppò una nuova
crisi finanziaria che colpì Tahilandia, Malaysia, Corea del Sud e
Indonesia
La crisi scoppiò quando gli investitori finanziari cambiarono le loro
aspettative sulla sostenibilità di lungo periodo dello sviluppo
economico in quei paesi e gli speculatori sui cambi rividero verso il
basso il valore di 0 .
Il tasso di cambio indonesiano (rupia) perse ¾ del suo valore
rispetto al $ e i tassi di interesse a breve nominali salirono al 60%
Quando i tassi di cambio si deprezzarono si innescarono ulteriori
ragioni per aspettative pessimistiche. Era chiaro che le banche e le
imprese che avevano contratto prestiti denominati in $ o yen si
sarebbero trovati in grande difficoltà e la probabilità di una serie
di fallimenti generalizzati aumentò.
R.Capolupo: Appunti macro 2_Grafici e
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38
La crisi asiatica 1997-1998




Tassi di cambio durante la crisi monetaria asiatica (vedi figg.
successive).
Quando si sviluppò la crisi asiatica il FMI intervenne con ingenti
prestiti per ricostituire le riserve valutarie di quei paesi.
I prestiti vennero concessi a condizione che i paesi colpiti dalla crisi
riformassero i loro sistemi bancari e finanziari (basati su stretti
legami tra banche, governo e imprese)
Gli investitori internazionali hanno riacquistato fiducia nelle
economie di quei paesi: coloro che ritirarono i loro portafogli dalla
Corea del Sud, dalla Thailandia e dalla Malaysia nel 1997 e nel
1998 hanno difficoltà a spiegare i motivi del loro comportamento.
R.Capolupo: Appunti macro 2_Grafici e
tabelle dal DeLong
39
Tasso di cambio $-won coreani
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tabelle dal DeLong
40
Tasso di cambio $-bath-tailandese
R.Capolupo: Appunti macro 2_Grafici e
tabelle dal DeLong
41
Cenni alla crisi argentina



La maggior parte degli osservatori ritiene che le crisi fin qui
esposte siano state causate dal fatto che i tassi di cambio nei
paesi del Sud-est Asiatico e in Messico non fossero abbastanza
fissi e che gli investitori internazionali temevano la svalutazione
delle monete da parte dei rispettivi governi
La crisi argentina del 2001 e 2002 confuta questa tesi. Il governo
argentino aveva delegato il controllo sul tasso di cambio a
un’autorità esterna (currency board o comitato valutario) che
aveva il compito di mantenere fisso il tasso di cambio rispetto al
dollaro.
In realtà un tasso di cambio sopravvalutato determinò problemi
interni, e in particolare una recessione che ampliò i disavanzi di
bilancio sia del governo federale sia delle province. Di fronte a una
forte crescita del debito pubblico il comitato valutario non
infondeva più alcuna fiducia e il timore della svalutazione innescò
la crisi reale e valutaria dell’Argentina. La fuga di capitali che ha
caratterizzato le altre crisi è stata la principale causa anche della
crisi argentina
R.Capolupo: Appunti macro 2_Grafici e
tabelle dal DeLong
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Come gestire le crisi finanziarie

Ricordiamo l’equazione fondamentale del tasso di cambio:

= 0 - r(r-rf)




Essa offre un menu di scelte ai policy maker che permette
loro di variare il tasso di cambio reale oppure il tasso di
interesse reale interno.
Quanto più alto è r tanto più il tasso di cambio si apprezza
e tanto minore è 
Tuttavia se cambia 0 che rappresenta la valutazione che
del tasso di cambio fanno gli speculatori , il menu di scelte
dei governi si riduce drasticamente.
Se 0 si deprezza per mantenere  costante il tasso di
interesse interno deve aumentare. Il che implica una
probabile recessione interna
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Come gestire la crisi (2)




Pertanto, quando cambiano le opinioni degli investitori la scelta
più naturale sarebbe quella di lasciar deprezzare il cambio
Di solito questo non accade perché estremamente pericoloso: se i
governi, le banche, le imprese hanno contratto massicci prestiti
all’estero il deprezzamento del cambio può determinare una
catena di fallimenti.
Per ridurre la vulnerabilità dei sistemi si dovrebbero scoraggiare,
tassandoli, i mutuatari dal prendere a prestito in valute estere
ovvero bisognerebbe controllare i movimenti di capitali
Tuttavia, se riteniamo (e molti economisti condividono questa
visione) che il libero flusso di capitali sia importante per finanziare
lo sviluppo e la crescita dei paesi dobbiamo assicurarci che il tasso
di cambio possa fluttuare senza provocare danni all’economia
interna.
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Argomenti a favore dei cambi flessibili


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-
All’aumentare del numero e dell’intensità delle crisi
finanziarie internazionali gli economisti pensarono che un
regime di cambi flessibili poteva produrre benefici per
l’economia mondiale.
Gli argomenti a favore dei cambi flessibili sono:
Autonomia della politica monetaria che può essere
usata per il raggiungimento dell’equilibrio interno ed
esterno
Simmetria : non vi sono situazioni di privilegio per i paesi
con valuta di riserva (dollar standard)
Tassi di cambio che funzionano come stabilizzatori
automatici anche in assenza di politiche monetarie attive
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Cambi flessibili e modello MundelFleming
A differenza del regime di cambi fissi, in
un regime di cambi flessibili la politica
monetaria è pienamente efficace.
 La politica fiscale, invece, determinando
variazioni di i può determinare
apprezzamenti del tasso di cambio reale
che la rendono inefficace.

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Politica monetaria con cambi flessibili in
M-F
Efficacia della
Politica monetaria
LM
i
LM’
i=if
E
D
IS
Y
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Politica fiscale in M-F con cambi
flessibili
Inefficacia della
politica fiscale
La IS ritorna
Nella posizione
precedente
A
E
i=if
IS’
IS
Y
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