La nascita della filosofia - Consulenza Filosofica

La nascita della filosofia
Cfr. E. Berti, In principio era la
meraviglia, Laterza, Roma-Bari,
2007
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PREMESSA
In queste slides ci rifaremo principalmente al
primo capitolo del notevole testo di E. Berti,
In principio era la meraviglia, tuttavia, prima
di iniziare, dato l’argomento, appare
necessario stabilire di che cosa, di quale
fenomeno, noi vogliamo descrivere la
nascita. Cioè che cosa si intende per
“filosofia”.
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FILOSOFIA
Dire che cosa sia la filosofia è compito assai
arduo
infatti
Ogni filosofo ha cercato di dare una sua versione e
una sua interpretazione del termine “filosofia”.
Dunque
Avremo tante “filosofie” quanti sono i filosofi.
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“Amore della sapienza”
Tuttavia può essere possibile ricavare, a titolo
didattico ed in modo assolutamente provvisorio,
una prima definizione complessiva a partire
A) dall’etimologia della parola greca (“philosophia”
da “philein”=amare + “sophia” = sapienza, quindi
“amore della sapienza”);
B) dai caratteri generalissimi che gran parte dei
filosofi sottintendono quando usano la parola
filosofia.
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“Indagine razionale sul senso delle
cose”
B) In quest’ultima accezione filosofia può significare
“indagine razionale sul senso delle cose”
dove
razionale = “fondata sull’utilizzo della ragione come mezzo principale per arrivare ad una
conclusione o ad una scoperta”: la filosofia si fonda sull’utilizzo della facoltà umana di
pensare e ragionare, cioè di riflettere su argomenti traendo delle conseguenze da alcune
premesse: “se è nuvolo è più probabile che piova”; “se una persona vuole vivere, teme la
morte”; “se un corpo è pesante tenderà a cadere secondo determinate traiettorie” etc.
senso = lo scopo, il fine e il motivo per cui qualcosa è quello che è e si comporta in un dato
modo. Quando ci interroghiamo sul senso di una cosa, vogliamo “capirla”, cioè collocarla
nel suo contesto appropriato in cui ci si chiarisce perché quella cosa è costituita in una
data maniera e quale sia la sua funzione nel contesto in cui è inserita. Per esempio se
vogliamo sapere quale sia il senso di un essere vivente, dobbiamo collocarlo nel suo
ecosistema, capire la sua struttura fisico-biologica che gli permette di essere quello che è e
di svolgere la sua funzione nella sua specie e nel contesto più ampio della realtà naturale;
se vogliamo capire il senso di una bicicletta dobbiamo ricercare quale sia il suo utilizzo e,
in funzione di questo, indagare perché ha due ruote di gomma, un telaio di ferro, un
pedale, una catena etc.
le cose = tutta la realtà, ma proprio tutta: le cose materiali, naturali e artificiali, vicine e
lontane; le cose immateriali (pensieri, emozioni, rappresentazioni fantastiche, sogni etc.); la
nostra stessa umanità corporea e no.
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La storia della filosofia
Fare una storia della filosofia significa
cercare di individuare lo sviluppo di
questa disciplina a partire dalla sua
nascita nella Grecia del VI sec. a.C.,
attraverso gli autori, i maestri e gli allievi
che hanno dibattuto e discusso i suoi temi
e sono giunti a determinate conclusioni, a
loro volta rimesse in discussione da altri
che sono venuti dopo.
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Filosofia e monoteismo
Tipico delle religioni monoteistiche che hanno
caratterizzato la nostra cultura è pensare che il
senso del mondo, la sua origine e il suo scopo
sia dovuto a Dio, che, attraverso la Rivelazione,
lo ha comunicato agli uomini. Sulla base di
questo presupposto sono state costruite
innumerevoli e profonde filosofie, che hanno
tratto le conseguenze ultime da tale premessa,
tuttavia in origine e presso i Greci le cose non
stavano esattamente così.
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I GRECI
“I Greci avevano una religione, ma alla base
di essa non vi era alcuna Rivelazione”: non
vi era alcun libro “sacro” che conteneva
verità che dovevano essere credute in modo
assoluto . Non ritenevano che i miti sugli dei
fossero opera degli dei stessi, bensì di poeti,
cui si poteva credere “se la propria città lo
esigeva, o anche non credere” (Berti,cit., p.
V).
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La filosofia e la religione
La filosofia dunque, pur nascendo in un contesto fortemente
permeato di mentalità religiosa, per raggiungere lo scopo di
“conoscere il senso delle cose” non utilizza gli strumenti
della religione (una rivelazione) ma si fonda su un altro
atteggiamento (la meraviglia, di cui parleremo fra poco) e si
vale di un diverso strumento (la ragione).
Anzi, per stabilire una differenza più chiara, possiamo dire che
-la religione nasce dal desiderio di salvarsi dalla morte;
-la filosofia nasce dal desiderio di sapere;
-la scienza nasce dal desiderio di dominare la natura
(M. Scheler, Sociologia del sapere, Abete, Roma, 1966,
pp.65-67 in Berti, cit.,p. VI).
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Il desiderio di sapere
Da che cosa è dato in noi e negli antichi filosofi greci il
desiderio di sapere?
Dalla meraviglia e dallo stupore per tutto ciò che ci
circonda.
“Chi è nell’incertezza e nella meraviglia pensa di essere
nell’ignoranza” (Aristotele, Metafisica, I, 2, 982 b, 13). Ed
è per fuggire all’ignoranza che cerca di sapere di più.
Per questo, come dice lo stesso Aristotele, uno dei più
grandi filosofi dell’antichità:
“Gli uomini, sia ora, sia in principio, cominciarono a
filosofare a causa della meraviglia”(Aristotele,
Metafisica, I, 980 a, 13).
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La meraviglia
“La meraviglia è essenzialmente domanda
di una spiegazione, di una ragione: essa
nasce dall’esperienza, dall’osservazione di
un oggetto, di un evento, o di un’azione di
cui si vuole conoscere il perché, ossia la
causa” (Berti, cit., p. VIII) il fine e la struttura.
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Filosofia e mito
La prima ricerca di spiegazioni per fuggire
dall’ignoranza fu nel mito, cioè nella
motivazione religiosa fornita dai poeti alla
nascita e alla sussistenza di un universo
gigantesco, ricco, misterioso e sempre in
mutamento.
Tuttavia le storie dei poeti che raccontavano
delle lotte tra gli dei e delle vicende che avevano
portato alla generazione di tutta la realtà, erano
ancora favolose e meravigliose, cioè non
soddisfacevano pienamente all’esigenza di una
spiegazione chiara e conseguente del mondo.
Stupivano ancora più che convincere.
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Il sapere fine a se stesso
Per soddisfare pienamente la voglia di sapere era
necessario l’utilizzo dello strumento razionale e
dell’osservazione meticolosa dei fenomeni della realtà, e
questa fu la filosofia.
A quale scopo sapere? A che cosa serviva il sapere per
gli antichi Greci?
ASSOLUTAMENTE A NIENTE!!!
Caratteristica fondamentale della cultura filosofica greca è
l’esclusione di qualsiasi fine pratico nella conoscenza: la
conoscenza aveva una natura prettamente teorica, ossia
fine a se stessa. Si vuole sapere solo per sapere, perché
la propria condizione di ignoranza è sentita come
disdicevole.
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Quando l’uomo può filosofare
Il sapere disinteressato è così connaturale alla
mentalità greca che Aristotele affermò che la
filosofia nasce quando si sono soddisfatti i
principali bisogni materiali e si può godere di
una certa libertà dalle necessità impellenti della
vita. Inoltre anche la ricerca del piacere in
qualche modo contamina il disinteresse, dunque
bisogna aver soddisfatto in parte anche i bisogni
indotti, per essere liberi da ogni attività che
potrebbe tener occupata la nostra mente e
impedirci di liberamente ricercare.
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Filosofia e altri saperi di altre civiltà
“Gli altri popoli antichi, i Cinesi, gli Indiani, i
Persiani, gli Egiziani, hanno avuto certamente
grandi civiltà, grandi culture, ed anche grandi
forme di sapere, o di sapienza, o di saggezza: si
pensi a Confucio o a Budda. Ma difficilmente
potrebbero esser considerate ‘filosofia’ nel
senso greco del termine, perché non nascono
dalla meraviglia, cioè dal puro desiderio di
sapere, ma da altri bisogni, desideri,
atteggiamenti” (Berti, cit., p. IX).
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Budda, la matematica egiziana,
l’astronomia babilonese
Per esempio:
• La saggezza religiosa buddista nasce dalla consapevolezza
che la vita è dolore e ha lo scopo di condurre ad una pace
superiore (nirvana) in cui ogni dolore è cancellato
• La matematica egiziana, che pur raggiunse alti livelli di
complessità, nasce essenzialmente dalla necessità di
calcolare la ripartizione delle terre e la loro rendita agricola
• L’astronomia babilonese ha un valore predittivo e astrologico:
nasce per decifrare l’influsso dei pianeti, considerati come enti
divini o semidivini, sulla vita degli uomini.
Insomma, queste ed altre scienze, hanno una natura
squisitamente PRATICA, cioè sono utili per qualche scopo, e
dunque non sono esclusivamente TEORETICHE, cioè fini a
se stesse, come lo è la filosofia dei Greci.
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Domande e risposte
La filosofia nasce dalla percezione stupita
di un’ignoranza, cioè dalla meraviglia, ma
non vuole rimanere nella meraviglia. La
filosofia vuole risposte e tenta di elaborarle
con gli strumenti del pensiero e della
ragione che integrano l’esperienza normale
di ciascuno.
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Risposte sparse
• Per esempio:
• alla domanda “Che cos’è l’essere?” (cioè la realtà nel
suo complesso e al di là delle sue differenze),“alcuni
hanno risposto che l’essere è immutabile, altri che
l’essere è intellegibile, altri che è Dio, o l’Uno o il Bene
mentre qualcuno ha risposto più modestamente che è un
insieme assai variegato di enti (= oggetti) individuali,
percepibili con i sensi.
• Alla domanda “Che cos’è l’uomo?”, alcuni hanno
risposto che l’uomo è il suo corpo, altri che l’uomo è la
sua anima, mentre altri ancora hanno detto che egli è
l’unità indissolubile di anima e corpo.
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Condizioni favorevoli
La possibilità di discutere è vitale per la filosofia, che si
presenta sempre come la comunicazione di argomenti
convincenti, opposti ad argomenti meno convincenti.
La sua nascita quindi è stata possibile all’interno di
un’organizzazione sociale che non impedisse la libera
discussione e che anzi la favorisse. Ciò si è verificato sin
dal sec. VIII a.C. in un territorio che vedeva il nascere di una
molteplicità di città-stato indipendenti in cui il potere non era
detenuto da un monarca assoluto cui si doveva assoluta
obbedienza, ma da un ceto di elevata condizione i cui
componenti assieme gestivano la cosa pubblica.
Progressivamente il bacino di elezione delle élites andò in
alcune città, come Atene, ad allargarsi a tutte le persone
libere, che furono coinvolte, attraverso apposite istituzioni,
nella discussione sulla gestione politica della città.
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Spazi di discussione
Dunque l’apertura di spazi politici di
discussione abituò i Greci, e tra loro gli
uomini più influenti per censo e cultura, a
mettere in gioco se stessi nella
discussione, favorendo un’attitudine che
ebbe notevole influsso sullo sviluppo della
filosofia.
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