Cristina Cavazzuti Daniela Damiano Biologia Cavazzuti, Damiano, Biologia © Zanichelli editore 2015 Capitolo 4 Il linguaggio della vita 1. La struttura del DNA 2. La sintesi delle proteine 3. Le mutazioni modificano il significato dei geni 4. L’ingegneria genetica manipola il DNA 5. Le applicazioni dell’ingegneria genetica Cavazzuti, Damiano, Biologia © Zanichelli editore 2015 Lezione 1 La struttura del DNA Cavazzuti, Damiano, Biologia © Zanichelli editore 2015 1. I nucleotidi sono i «mattoni» del DNA I nucleotidi sono costituiti da •una base azotata; •uno zucchero; •un gruppo fosfato. Cavazzuti, Damiano, Biologia © Zanichelli editore 2015 1. I nucleotidi sono i «mattoni» del DNA Le basi azotate, che sono adenina, timina, citosina e guanina, sono simili a due a due e sono le •purine: hanno due anelli (A e G); •pirimidine: hanno un solo anello (T e C). Fu Erwin Chargaff che scoprì che in tutte le specie la quantità di timina è uguale alla quantità di adenina, e la quantità di citosina a quella di guanina. Cavazzuti, Damiano, Biologia © Zanichelli editore 2015 2. Il DNA ha una struttura a doppia elica Negli anni ’50 Watson e Crick definirono la struttura del DNA. Due catene di nucleotidi sono avvolte l’una attorno all’altra a formare una doppia elica. Il loro modello prevedeva che le molecole di zucchero e i gruppi fosfato avessero una funzione di supporto, come i montanti di una scala, e che le basi azotate fossero i pioli. Cavazzuti, Damiano, Biologia © Zanichelli editore 2015 3. Il DNA contiene un codice che trasmette l’informazione genetica Le basi azotate poste su uno dei due filamenti di DNA si possono appaiare in modo specifico con quelle dell’altro filamento (complementarietà). L’appaiamento di una purina con una pirimidina mantiene costante la distanza tra i due montanti della scala. L’informazione nel DNA si trasmette di generazione in generazione. Cavazzuti, Damiano, Biologia © Zanichelli editore 2015 4. Il DNA si duplica usando uno dei due filamenti come stampo Il modello di Watson e Crick suggeriva che la molecola di DNA contenesse l’informazione necessaria per produrre una copia identica a se stessa con un meccanismo di stampo. Quando la cellula inizia a duplicare il proprio DNA, la doppia elica si despiralizza e la molecola si apre come una cerniera lampo a mano a mano che le due catene complementari si separano. A questo punto, ciascuno dei due filamenti funziona come uno stampo per la produzione di un nuovo filamento complementare. Cavazzuti, Damiano, Biologia © Zanichelli editore 2015 4. Il DNA si duplica usando uno dei due filamenti come stampo I nucleotidi si allineano seconda la regola dell’appaiamento delle basi; poi alcuni enzimi legano tra loro i nucleotidi. Ciascuna doppia elica sarà costituita da un filamento “vecchio” e da uno “nuovo”. Si parla di duplicazione semiconversativa. Cavazzuti, Damiano, Biologia © Zanichelli editore 2015 4. Il DNA si duplica usando uno dei due filamenti come stampo La duplicazione del DNA richiede energia e coinvolge una dozzina di enzimi, riuniti in una struttura chiamata complesso di duplicazione. • Elicasi: srotola la doppia elica di DNA e rompe i legami a idrogeno tra le basi, generando i filamenti stampo; • Topoisomerasi: mantiene staccati i filamenti, impedendo loro di riunirsi; • DNA polimerasi: catalizza la formazione di una nuova catena di DNA. Cavazzuti, Damiano, Biologia © Zanichelli editore 2015 4. Il DNA si duplica usando uno dei due filamenti come stampo Nei procarioti, il DNA si duplica a partire da un punto, chiamato sito d’origine. Negli eucarioti, invece, ogni cromosoma ha diversi siti d’origine ai quali si lega il complesso di duplicazione. Cavazzuti, Damiano, Biologia © Zanichelli editore 2015 Lezione 2 La sintesi delle proteine Cavazzuti, Damiano, Biologia © Zanichelli editore 2015 5. L’informazione per sintetizzare le proteine è codificata nei geni Il genotipo è la sequenza di nucleotidi del suo DNA. La base molecolare su cui poggia il fenotipo è costituita dalle proteine. Beadle e Tatum lavorando sulle muffe del pane ipotizzarono il legame «un gene - un enzima», secondo cui la funzione di ogni gene consiste nel dirigere la produzione di uno specifico enzima. Successivamente l’ipotesi venne riformulata in «un gene – una proteina». Cavazzuti, Damiano, Biologia © Zanichelli editore 2015 6. Il flusso dell’informazione genetica va dal DNA all’RNA alle proteine Il linguaggio dei geni è scritto nella sequenza delle basi azotate lungo la catena di DNA. Una proteina è una lunga catena di amminoacidi. Le cellule passano dal linguaggio del DNA a quello delle proteine attraverso l’acidoribonucleico o RNA, che si presenta sotto forma di singola catena di nucleotidi e contiene lo zucchero ribosio e la base azotata uracile al posto della timina. Esistono tre diversi tipi di RNA, ognuno con funzioni specifiche: mRNA (messaggero), tRNA (di trasporto) e rRNA (ribosomiale). Cavazzuti, Damiano, Biologia © Zanichelli editore 2015 6. Il flusso dell’informazione genetica va dal DNA all’RNA alle proteine L’mRNA o RNA messagero è una molecola chiave nei passaggi intermedi dai geni alle proteine. Nella trascrizione la sequenza di DNA fa da stampo per produrre una catena a filamento singolo di mRNA che esce dal nucleo e si sposta nel citoplasma. Nella traduzione, grazie al tRNA o RNA di trasporto, dagli acidi nucleici si passa agli amminoacidi. Cavazzuti, Damiano, Biologia © Zanichelli editore 2015 7. Il codice genetico è comune a tutti i viventi Il codice genetico, che permette la traduzione dalla sequenza di nucleotidi alla sequenza di amminoacidi, è stato identificato e decifrato da Marshall Nirenberg nel 1961. Un codone, o tripletta, è una «parola» di tre lettere (basi azotate) che corrisponde ad un amminoacido. Più codoni insieme formano una «frase» che si traduce in proteina. Il codice genetico è formato da 64 triplette. In tutte le specie ogni codone corrisponde allo stesso amminoacido. Cavazzuti, Damiano, Biologia © Zanichelli editore 2015 7. Il codice genetico è comune a tutti i viventi I codoni sono molti di più rispetto agli amminoacidi. Si dice pertanto che il codice è ridondante o degenerato, triplette diverse codificano per lo stesso amminoacido. Il codice non è però ambiguo, un dato codone codifica per un solo amminoacido. Cavazzuti, Damiano, Biologia © Zanichelli editore 2015 8. La trascrizione: dal DNA all’RNA messaggero Nella trascrizione si trascrive uno solo dei due filamenti di DNA che serve da stampo per la sintesi della molecola di mRNA. La doppia elica si srotola e si divide in due filamenti, i nucleotidi dell’RNA si appaiano alle basi complementari del filamento di DNA stampo e si origina così l’RNA messaggero. L’enzima che presiede al processo di formazione dell’mRNA è l’RNA polimerasi. Cavazzuti, Damiano, Biologia © Zanichelli editore 2015 9. La maturazione dell’mRNA negli eucarioti I geni degli eucarioti hanno una struttura discontinua: hanno regioni codificanti, dette esoni, intervallate da tratti non codificanti, detti introni. Durante la trascrizione, l’RNA polimerasi copia l’intero gene, non distinguendo gli introni dagli esoni. Quando l’mRNA si trova ancora nel nucleo, alcuni enzimi eliminano gli introni e saldano gli esoni tra loro. La molecola di mRNA maturo che si genera è la sequenza che subirà il processo di traduzione. Questa operazione prende il nome di splicing dell’RNA, che significa montaggio. Cavazzuti, Damiano, Biologia © Zanichelli editore 2015 9. La maturazione dell’mRNA negli eucarioti In ogni tessuto, l’assemblaggio delle molecole è influenzato da proteine diverse. Dunque, uno stesso trascritto può maturare in modi diversi a seconda dei tessuti in cui avviene la trascrizione. Un esempio è costituito dagli anticorpi: grazie allo splicing alternativo un essere umano può produrre 1015 anticorpi diversi. Cavazzuti, Damiano, Biologia © Zanichelli editore 2015 10. La traduzione: dall’mRNA alla proteina L’RNA di trasporto (tRNA) traduce i codoni dell’mRNA negli amminoacidi che costituiscono le proteine. Il tRNA ha una forma ripiegata e porta a una estremità una tripletta di basi chiamata anticodone. Ciascun anticodone è complementare a uno specifico codone. Sull’altra estremità si trova un sito di legame per l’amminoacido codificato dal codone, che andrà ad aggiungersi alla catena polipeptidica in crescita nel ribosoma. Cavazzuti, Damiano, Biologia © Zanichelli editore 2015 11. Le tre fasi della traduzione: inizio, allungamento e terminazione Fase di inizio: Cavazzuti, Damiano, Biologia © Zanichelli editore 2015 11. Le tre fasi della traduzione: inizio, allungamento e terminazione Fase di allungamento: Cavazzuti, Damiano, Biologia © Zanichelli editore 2015 11. Le tre fasi della traduzione: inizio, allungamento e terminazione Fase di terminazione: Completata la traduzione, molte proteine si spostano negli organuli cellulari, altre restano nel citoplasma, altre ancora si legano a vitamine o ioni metallici. Il lavoro di completamento avviene nel reticolo endoplasmatico ruvido o nell’apparato di Golgi. Alcune proteine, infine, possono muoversi verso altre cellule attraverso vescicole. Cavazzuti, Damiano, Biologia © Zanichelli editore 2015 Lezione 3 Le mutazioni modificano il significato dei geni Cavazzuti, Damiano, Biologia © Zanichelli editore 2015 12. Una mutazione è un cambiamento nella sequenza nucleotidica del DNA Una mutazione è un cambiamento nella sequenza di nucleotidi del DNA di un organismo che compromette la funzionalità di un gene produttore di una determinata proteina. Le mutazioni possono avvenire durante la mitosi delle cellule di un tessuto, ed essere pertanto somatiche, o possono verificarsi durante la formazione dei gameti e, in seguito alla fecondazione, trasmettersi al nuovo individuo. In quest’ultimo caso si parla di mutazioni della linea germinale, responsabili delle malattie genetiche. Cavazzuti, Damiano, Biologia © Zanichelli editore 2015 12. Una mutazione è un cambiamento nella sequenza nucleotidica del DNA Le mutazioni possono essere spontanee o provocate da agenti di natura chimica o fisica chiamati agenti mutageni. Nonostante all’interno del nucleo delle cellule si trovino enzimi di riparazione, un certo numero di errori può sfuggire. A livello molecolare è possibile distinguere tre tipologie di mutazioni: • mutazioni geniche o puntiformi, che riguardano un solo nucleotide; • mutazioni cromosomiche, che interessano la struttura di un cromosoma; • mutazioni genomiche, che coinvolgono il numero complessivo dei cromosomi. Cavazzuti, Damiano, Biologia © Zanichelli editore 2015 13. Le mutazioni genetiche possono determinare lo sviluppo di un tumore Le cellule si riproducono per permettere la crescita dell’organismo e per sostituire cellule morte o danneggiate, secondo un ritmo controllato a seconda delle necessità dell’organismo. La rottura di questo ritmo e la proliferazione incontrollata di alcune cellule in seguito a una mutazione è causa di tumore. Cavazzuti, Damiano, Biologia © Zanichelli editore 2015 13. Le mutazioni genetiche possono determinare lo sviluppo di un tumore I geni oncosoppressori inducono la cellula ad autodistruggersi se le sue funzionalità sono compromesse. Se tali geni subiscono mutazioni, la cellula inizia a proliferare. Gli oncogeni, che attivano la duplicazione della cellula solo quando è necessario, possono, in presenza di mutazione, attivare la proliferazione cellulare in modo incontrollato. I geni di riparazione presiedono alla riparazione del DNA danneggiato, pertanto, in caso di malfunzionamento, la cellula non potrà correggere il proprio DNA e le mutazioni si sommeranno. Cavazzuti, Damiano, Biologia © Zanichelli editore 2015 13. Le mutazioni genetiche possono determinare lo sviluppo di un tumore Alcuni fattori esterni, chiamati agenti cancerogeni, possono indurre mutazioni genetiche. Tra questi ci sono il fumo di sigaretta, le sostanze inquinanti e i raggi UV. I tumori possono essere benigni o maligni. Nel primo caso, il tumore conserva le caratteristiche del tessuto di origine, cresce ma non invade gli organi circostanti. Il tumore maligno, invece, è costituito da cellule diverse da quelle originarie che tendono a invadere i tessuti circostanti, generando metastasi in grado di raggiungere anche organi lontani. Cavazzuti, Damiano, Biologia © Zanichelli editore 2015 13. Le mutazioni genetiche possono determinare lo sviluppo di un tumore Cavazzuti, Damiano, Biologia © Zanichelli editore 2015 13. Le mutazioni genetiche possono determinare lo sviluppo di un tumore Esistono diverse terapie per la cura del tumore: la chirurgia, la radioterapia, la chemioterapia e la terapia a bersaglio molecolare. La chemioterapia consiste nella somministrazione di farmaci in grado di interferire con i meccanismi di duplicazione cellulare. Purtroppo i farmaci non distinguono le cellule tumorali dalle cellule sane, causando importanti effetti collaterali, ma molti tumori si possono oggi sconfiggere mediante chemioterapia. La terapia a bersaglio molecolare è invece mirata, dal momento che è diretta contro uno specifico recettore non presente nelle cellule sane. Cavazzuti, Damiano, Biologia © Zanichelli editore 2015 14. Le mutazioni geniche o puntiformi possono avere vari effetti Una mutazione genica o puntiforme può essere causata da una sostituzione di un nucleotide. Alcune sostituzioni causano mutazioni silenti, altre invece possono generare errori nella sequenza primaria della proteina, che ne alterano gravemente la funzione. Un esempio è la mutazione che causa l’anemia falciforme. Mutazioni di questo tipo, in cui si scambia un amminoacido con un altro, prendono il nome di mutazioni di senso. Le mutazioni non senso, invece, sono quelle in cui una sostituzione origina un codone di stop. La sintesi proteica termina precocemente e viene prodotta una proteina incompleta e non funzionale. Cavazzuti, Damiano, Biologia © Zanichelli editore 2015 14. Le mutazioni geniche o puntiformi possono avere vari effetti Cavazzuti, Damiano, Biologia © Zanichelli editore 2015 14. Le mutazioni geniche o puntiformi possono avere vari effetti Le mutazioni geniche possono anche essere causate dall’inserzione o dalla delezione di un nucleotide. Questo errore provoca uno scivolamento del sistema di lettura del codice genetico e, come conseguenza, la sintesi di una proteina in cui tutti gli amminoacidi, dal punto della mutazione in avanti, sono errati. In questi casi la proteina non è funzionale. Cavazzuti, Damiano, Biologia © Zanichelli editore 2015 15. Le mutazioni cromosomiche riarrangiano il corredo genico Esistono quattro tipi di mutazioni cromosomiche o aberrazioni: • delezione, in cui si perde una parte del cromosoma e, pertanto, una parte delle informazioni genetiche; • duplicazione, quando una parte del cromosoma viene raddoppiata; • inversione, in cui si ha la rottura in due punti del cromosoma che si salda, di conseguenza, con un segmento ruotato di 180°. • traslocazione, quando un pezzo di cromosoma di stacca per andarsi a legare a un altro cromosoma non omologo. Cavazzuti, Damiano, Biologia © Zanichelli editore 2015 15. Le mutazioni cromosomiche riarrangiano il corredo genico Cavazzuti, Damiano, Biologia © Zanichelli editore 2015 16. Le mutazioni genomiche riguardano l’intero genoma Nelle mutazioni genomiche, i cromosomi sono presenti nelle cellule in numero maggiore o minore, a causa di un errore di disgiunzione durante la meiosi. La sindrome di Down o trisomia 21, la più comune, è dovuta alla presenza di tre cromosomi 21 anziché due. Altre due trisomie sono la sindrome di Patau e la sindrome di Edwards. La sindrome di Turner e la sindrome di Klinefelter sono mutazioni che riguardano i cromosomi sessuali: nella prima si ha la delezione di un cromosoma X, con conseguente nascita di femmine X0, la seconda porta invece alla nascita di maschi XXY. Cavazzuti, Damiano, Biologia © Zanichelli editore 2015 Lezione 4 L’ingegneria genetica manipola il DNA Cavazzuti, Damiano, Biologia © Zanichelli editore 2015 17. Le biotecnologie hanno un’origine antica La selezione artificiale ha permesso di ottenere varietà diverse di piante e razze eterogenee di animali. Le tecniche di manipolazione di organismi viventi a beneficio degli esseri umani, prendono il nome di biotecnologie. Cavazzuti, Damiano, Biologia © Zanichelli editore 2015 17. Le biotecnologie hanno un’origine antica Grazie alla biotecnologia è stato possibile ricavare da alcune muffe degli antibiotici in grado di curare un certo numero di malattie. Nel 1928 Fleming chiamò penicillina la sostanza in grado di impedire la crescita dei batteri. Oggi i biotecnologi lavorano trasferendo da un organismo all’altro singoli geni per ottenere nuovi organismi con caratteristiche vantaggiose per l’uomo. Si parla di tecnologia del DNA ricombinante o ingegneria genetica. Cavazzuti, Damiano, Biologia © Zanichelli editore 2015 18. La tecnologia del DNA ricombinante permette di trasferire geni da un organismo a un altro La maggior parte dei batteri possiede dei plasmidi, piccole molecole circolari di DNA. I plasmidi possono duplicarsi autonomamente e trasferirsi su un altro batterio, modificandone le caratteristiche. Cavazzuti, Damiano, Biologia © Zanichelli editore 2015 18. La tecnologia del DNA ricombinante permette di trasferire geni da un organismo a un altro A partire da queste conoscenze, i biologi trasferiscono geni da un organismo a un altro, ottenendo organismi geneticamente modificati, OGM. Se gli organismi donatore e ricevente appartengono a specie diverse, l’OGM si definisce transgenico. Il DNA ricombinante, formato da DNA originario e nuovo DNA impiantato, si duplicherà originando copie del gene desiderato. La procedura prende il nome di clonazione genica. Cavazzuti, Damiano, Biologia © Zanichelli editore 2015 19. Come si ottiene il DNA ricombinante Mediante gli enzimi di restrizione è possibile ritagliare una parte di DNA da impiantare su un altro organismo. Ogni enzima riconosce specifiche sequenze di coppie di basi e taglia il DNA in un punto preciso, detto sito di restrizione. Le porzioni di DNA ottenute si chiamano estremità coesive e possono legarsi a qualsiasi sequenza complementare. Una volta ottenute da organismi diversi, le estremità coesive vengono mescolate perché si appaino tra loro; infine l’enzima DNA ligasi incolla le sequenze e ripristina la doppia elica. Cavazzuti, Damiano, Biologia © Zanichelli editore 2015 19. Come si ottiene il DNA ricombinante Cavazzuti, Damiano, Biologia © Zanichelli editore 2015 20. L’elettroforesi su gel separa molecole di lunghezze diverse L’elettroforesi su gel permette di separare frammenti di DNA di dimensioni diverse. In questa procedura si sfrutta la carica negativa delle molecole di DNA, che deriva dalla presenza dei gruppi fosfato. Ogni serie di bande tracciata dai campioni di DNA costituisce l’impronta genetica di ciascun campione. Cavazzuti, Damiano, Biologia © Zanichelli editore 2015 Lezione 5 Le applicazioni dell’ingegneria genetica Cavazzuti, Damiano, Biologia © Zanichelli editore 2015 21. Applicazioni delle biotecnologie in ambito medico-farmaceutico Il primo farmaco prodotto con la tecnica del DNA ricombinante è stato l’ormone insulina, mediante l’utilizzo di cellule di Escherichia coli. Un’importante conquista delle biotecnologie sono i vaccini, di cui il primo è stato quello contro l’epatite B, ottenuto mediante clonazione ed espressione dell’antigene del virus nel Saccharomyces cerevisiae. La ricerca sulla terapia genica interviene direttamente sui geni per curare le malattie genetiche, mediante l’inserimento, all’interno di virus resi innocui, del gene sano che andrebbe a sostituire quello malato. I virus vanno poi collocati all’interno di cellule umane da impiantare nell’organismo malato. Cavazzuti, Damiano, Biologia © Zanichelli editore 2015 21. Applicazioni delle biotecnologie in ambito medico-farmaceutico Cavazzuti, Damiano, Biologia © Zanichelli editore 2015 22. Con l’ingegneria genetica si può modificare il corredo genetico delle piante Le applicazioni biotecnologiche in campo agroalimentare si indicano col termine green biotechnology. Per modificare geneticamente una pianta si utilizza il batterio Agrobacterium tumefaciens che riesce a infettare alcune piante, trasferendo alle cellule il proprio DNA. In questo modo, con l’aggiunta dei geni che si desidera riprodurre, si sono prodotte varietà vegetali transgeniche resistenti ai virus e utili per una migliore alimentazione, come il golden rice. Cavazzuti, Damiano, Biologia © Zanichelli editore 2015 22. Con l’ingegneria genetica si può modificare il corredo genetico delle piante Cavazzuti, Damiano, Biologia © Zanichelli editore 2015 23. Alcuni esempi di animali transgenici Attraverso l’inserimento di geni estranei di interesse all’interno di cellule uovo appena fecondate, è stato possibile dare vita a mammiferi transgenici. Nel 1982 nacque il “supertopo”, nel cui patrimonio genetico era stato inserito l’ormone umano della crescita. Nel 1988 fu la volta delle prime pecore transgeniche in grado di produrre latte ricco di un enzima umano utilizzato nella cura dell’enfisema. Cavazzuti, Damiano, Biologia © Zanichelli editore 2015 24. La clonazione riproduttiva La clonazione è la generazione di un nuovo individuo a partire dalla cellula somatica di un altro essere vivente, in modo da ottenere una “fotocopia” geneticamente identica a quella di partenza. Nel 1997 fu clonato il primo mammifero da un individuo adulto. Si trattava di una pecora, Dolly. Cavazzuti, Damiano, Biologia © Zanichelli editore 2015 24. La clonazione riproduttiva L’embryo splitting permette di ottenere animali identici suddividendo un unico embrione, quindi riproducendo quello che avviene durante la formazione di gemelli identici. Cavazzuti, Damiano, Biologia © Zanichelli editore 2015