ZOONOSI Dr. M.G. Verso Sezione di Medicina del Lavoro Dipartimento di Medicina Clinica e delle Patologie Emergenti Università degli Studi di Palermo Classificazione Zoonosi diretta: trasmissione da un vertebrato all’altro senza che l’agente patogeno subisca modificazioni prima della trasmissione (es. rabbia, brucellosi). Ciclozoonosi: l’agente patogeno completa il proprio ciclo attraverso più ospiti vertebrati (es. echinococcosi). Metazoonosi: trasmissione dell’agente patogeno avviene attraverso vettori invertebrati (es. leishmaniosi, febbre bottonosa). Saprozoonosi: una parte del ciclo di trasmissione si compie nell’ambiente esterno (es. criptococcosi). CARBONCHIO Malattia acuta di origine batterica che riconosce come agente eziologico il bacillus anthracis; interessa l’uomo quando si realizza un contatto con animali infetti o suoi prodotti. Bacillo, Gram +, aerobio, nella sua forma vegetativa a contatto con l’O2 produce spore molto resistenti agli agenti chimici, fisici ed atmosferici che riescono a sopravvivere anche per 80 anni nei terreni in cui sono presenti. Negli animali (soprattutto bovini e ovini) contagio con: ingestione di acque e/o alimenti inquinati dalle spore o direttamente dai bacilli, e a loro volta i capi di bestiame completano il ciclo disperdendo nell’ambiente le deiezioni infette. Nell’uomo clinicamente si distinguono: forme cutanee: pustola carbonchiosa o antrace + febbre settica (setticemia mortale) + edema carbonchioso; forme a carico dell’apparato digerente: a seguito di ingestione di carni infette; sintomatologia analoga a quella del tifo addominale con addome acuto, febbre e setticemia; forme polmonari: causate dall’inalazione di spore del bacillo; sindrome respiratoria acuta, febbre, shock; forme meningitiche. Diagnosi clinica supportata da quella di laboratorio con identificazione dell’agente causale nell’essudato delle pustole o nel sangue. Analisi microscopiche, colturali, immunoenzimatiche e metodiche di biologia molecolare (PCR). Esposizione professionale lavoratori agricoli veterinari lavoratori dei macelli e delle sardigne (lavorazione dei residui animali) addetti alla lavorazione della lana, delle setole, del cuoio e delle pelli provenienti da animali ammalati Modalità di contaminazione contatto diretto con animali o derivati infetti carbonchio agrigeno (anche detto dei campi maledetti) carbonchio idrico Misure di profilassi Misure di Polizia veterinaria: distruzione animali infetti in appositi impianti, divieto scuoiamento dei capi malati, utilizzo di carni e di latticini anche degli animali sospetti; vaccinazione degli animali recettivi esistenti nelle zone infette; nelle fabbriche ove manipolate pelli, cuoi o peli animali: rigide norme igieniche, disinfezioni dei locali e delle materie prime di lavorazione ed aspirazione delle polveri; D.P.I. (tute, cappucci, guanti, calzature e maschere). TUBERCOLOSI Di grande rilievo nella prima metà del Novecento (sino agli anni Sessanta); negli anni Settanta ed Ottanta trend negativo, non più emergenza sanitaria per forte riduzione dell’incidenza (chemioterapia antibatterica); Fenomeni di migrazione delle popolazioni (soprattutto di quelle a basso indice di sviluppo verso i Paesi industrializzati) + emergere di patologie inficianti le difese immuni (AIDS) = negli anni Ottanta nuova ondata di diffusione della malattia. Selezione di ceppi di micobatteri tubercolari particolarmente resistenti e difficilmente attaccabili. Agente eziologico di maggiore interesse in patologia umana è sempre stato il tuberculosis; la maggioranza di casi di TBC umana è addebitabile a tale ceppo, ma spesso una parte dei processi flogistici specifici è addebitabile ad altri agenti eziologici: mycobatterium bovis. Nei Paesi in via di sviluppo infezioni causate dal contatto con animali portatori del batterio annoverano un numero rilevante di casi. Associazione HIV – mycobatterium bovis spesso presente nei paesi in via di sviluppo (descritti vari casi anche nei Paesi ad alto livello di industrializzazione). Dal punto di vista clinico la malattia causata dal M. bovis indistinguibile da quella originata dal M. tuberculosis per la identità dell’espressione sintomatologica, sia nella sua estrinsecazione polmonare sia in quella extrapolmonare. ESPOSTI allevatori veterinari addetti alla macellazione soggetti immunodepressi PREVENZIONE considerare altre fonti di rischio accanto a quelle tradizionali come luoghi igienici precari, ospedali, mondo rurale con le figure professionali ad esso appartenenti ( allevatori, veterinari, macellai, ecc.); rigidi controlli sugli animali da parte degli organi competenti; formazione adeguata dei lavoratori; utilizzo di procedure corrette e dei D.P.I. bonifica degli allevamenti bovini; abbattimento coatto di tutti gli animali infetti (anche di specie non bovina); proibizione di consumare carni, latte e latticini infetti; obbligo della pasteurizzazione del latte. Leishmaniosi Antropozoonosi endemiche nel bacino del Mediterraneo; malattie protozoarie trasmesse da ditteri ematofagi del genere Phlebotomus e causate da varie specie del genere Leishmania; colpiscono il sistema reticolo-endoteliale, determinando una riduzione più o meno severa degli elementi cellulari del sangue, con successiva anemia, deficit del sistema immunitario ed alterazioni della funzione piastrinica. malattia tipica delle regioni temperate e di quelle tropicali; in Italia presente nelle varie forme sui versanti tirrenico, adriatico e ionico e più precisamente nelle zone rurali e periurbane della costa tirrenica, nelle zone collinari ad ovest dell’Appennino, sulla costa dello Ionio e del basso Adriatico fino al Gargano e in tutte le isole. La Sicilia è una regione ad elevata endemia. In Italia diffusa leishmania infantum responsabile dei casi umani così come dei casi animali (canini); 6 specie di flebotomi in Italia; soltanto 3 flebotomi responsabili della trasmissione della malattia: Phlebotomus perniciosus, P. perfiliewi e P. major. Ambiente favorevole alla proliferazione dei flebotomi: elevata temperatura, umidità relativa prossima alla saturazione, oscurità; le larve subiscono una pausa dello sviluppo in inverno per riprendere in estate la loro evoluzione, con almeno due generazioni di insetti adulti. Pungono la notte con due picchi di attività: uno verso la mezzanotte, l’altro prima dell’alba. Serbatoi animali per la forma viscerale in Italia: cane (ambito urbano); ratto e volpe (campagna); non è chiaro il reservoir per la forma cutanea. 3 manifestazioni cliniche: viscerale cutanea muco-cutanea Leishmaniae riconoscono tre forme: Amastigote: tondeggiante, senza flagello, riscontrabile nell’ospite vertebrato; Promastigote: allungata, con flagello, che si ritrova nell’insetto vettore; Paramastigote: forma flagellata tipicamente osservabile nelle cellule del vettore. Leishmaniosi viscerale Febbre, anemia, leucopenia, piastrinopenia, manifestazioni emorragiche, epatosplenomegalia, diarrea, manifestazioni a carico dell’apparato respiratorio e del sistema digerente; gravità dei sintomi dipende dallo stato immunitario del soggetto e dall’attuazione quanto più tempestiva di una adeguata terapia, in mancanza della quale il soggetto va incontro ad exitus. Varie specie di leishmaniae risultano tra loro indistinguibili all’osservazione diretta: soltanto le metodiche biochimiche e immunologiche, il quadro clinico, la distribuzione territoriale del vettore e del serbatoio consentono di operare discriminazione tra i vari protozoi. Esposti professionalmente operatori ecologici (habitat ideale dei flebotomi nelle zone di accumulo della spazzatura); coloro che espletano la loro attività in zone paludose e nelle campagne umide. Diagnosi di infezione prove di emoagglutinazione indiretta (IHAT); prove di precipitazione immunoelettroforetica; test immunoenzimatici (ELISA) e di immunofluorescenza (IFAT); PCR: presenza dell’acido nucleico del parassita anche in quantità infinitesimali. BRUCELLOSI Tra le più diffuse zoonosi trasmesse all’uomo per contatto con animali bovini e ovi-caprini infetti o loro prodotti; Agenti etiologici: varie specie di Brucelle (principalmente la Melitensis). Malattia endemica nelle regioni del Mediterraneo e nel bacino del Medio Oriente, ove tali microrganismi trovano un habitat favorevole, infettando gli allevamenti. In Italia: numerose denunce di casi di brucellosi. Andamento nazionale: riduzione del n° di casi notificati in alcune regioni (Lombardia, Toscana, Emilia-Romagna e Lazio) e una tendenza all’aumento in altre (Campania, Puglia, Piemonte, Calabria). In Sicilia: trend appare costantemente in aumento. Infezione umana avviene per: via cutanea (soprattutto nei soggetti esposti professionalmente) via orale (popolazione generale) mediante consumo di latte, formaggi, carni e verdure contenenti i batteri, che diffondendo per via linfatica si localizzano nelle cellule del sistema reticoloendoteliale. Clinicamente: febbre ondulante, artromialgie, sudorazioni profuse, marcata astenia. Se non diagnosticata tempestivamente e trattata in modo specifico tende a cronicizzare, ledendo vari organi ed apparati (ad es. il sistema osteoarticolare). Esposti professionalmente veterinari allevatori addetti ai mattatoi macellai Soggetti professionalmente esposti contraggono l’infezione mediante contatto con: prodotti abortivi, secrezioni ed escrezioni dei capi portatori dei vari ceppi; occasioni extraprofessionali: consumo di latte non risanato e di suoi derivati o di vegetali crudi irrorati con acque fognarie infette o di carni e midollo osseo provenienti da carcasse infette (possono far sopravvivere le brucelle anche dopo un mese dall’abbattimento o per periodi più lunghi se le carni vengono congelate). Né basse temperature né sale riescono a distruggere tali batteri, ma solo a mantenerli in fase di quiescenza; soltanto il calore (a 60 °C in 10 - 15 minuti, a 72 °C in 10 secondi) o comuni disinfettanti (formaldeide e fenolo) riescono ad inattivarli. Profilassi ricerca e individuazione dei capi infetti che devono essere abbattuti; disinfezione delle stalle ove siano avvenuti parti o aborti animali; divieto di assumere latte non risanato o suoi derivati o di consumare latticini di dubbia provenienza che non abbiano subito la stagionatura per almeno 75 giorni. IDATIDOSI E’ una malattia parassitaria trasmissibile per via diretta, tramite contatto con animali portatori di larve della tenia delle tre specie di echinococco: granulosus, multilocularis e vogeli, e per via indiretta, per ingestione di vegetali o acque contenenti residui di escrementi di canidi infesti. E’ una delle parassitosi più gravi delle zone temperate; endemica in alcune regioni, specialmente dove è diffusa la pastorizia e dove il cane s’infesta cibandosi con le carni crude della pecora, frequente portatrice di cisti idatidee. Delle tre specie di echinococco solo il granulosus, che infesta preferibilmente la specie ovina, è presente nei paesi del bacino del Mediterraneo. ESPOSTI Popolazione generale Esposti professionalmente: agricoltori, veterinari, allevatori, addetti a canili, stabulari e giardini zoologici, ecc. Ospiti definitivi: carnivori. Echinococcus granulosus: piccola tenia che trascorre la fase adulta nell’intestino tenue di cani e lupi (ospiti definitivi), e quella larvale normalmente nei tessuti degli erbivori e accidentalmente in quelli di altri animali e dell’uomo. Nell’uomo, nella pecora, nei roditori, nei maiali, nei cavalli (ospiti intermedi), può svilupparsi la forma cistica o larvale, con localizzazione più frequente a carico del fegato e dei polmoni. L’echinococcosi umana è solitamente determinata dalla convivenza con cani infestati dalla tenia adulta per eccessiva dimestichezza con gli stessi (leccamenti, morsi). Le uova, microscopiche, emesse dall’intestino del cane, contaminano l’ambiente infettando l’erba, le verdure, le pozze d’acqua, e dunque l’uomo, che contrae la parassitosi soprattutto per contatto orale con le proprie mani sporche. PREVENZIONE campagne di bonifica ambientale; lotta nei confronti della tenia; individuazione di animali infetti e loro disinfestazione; rigido controllo sulle macellazioni clandestine (distruzione visceri infetti); formazione ed informazione per i soggetti professionalmente esposti e per la popolazione generale delle zone endemiche. RICKETTSIOSI Malattie infettive causate da diverse specie di Rickettsie; solo occasionalmente interessano l’uomo per trasmissione da serbatoi animali, tramite vettori, quali insetti, pidocchi, zecche, acari e pulci, che si infettano a loro volta dopo aver punto gli animali portatori. Le varie forme di Rickettsiosi sono presenti in tutti i continenti; in Italia negli ultimi anni la regione che ha annoverato la maggior parte dei casi è stata la Sicilia. Spiccato tropismo per cellule endoteliali dei piccoli vasi → effetto citotossico → nell’uomo forme esantematiche: tifo esantematico o petecchiale (R.prowazekii): contagio tramite soluzioni di continuo della cute contaminata dalla deiezione degli insetti; tifo murino (R.Typhi), febbre purpurica delle Montagne Rocciose (R.Rickettsii) e febbre Bottonosa del Mediterraneo (R.Conori): contagio diretto tramite secrezioni infette iniettate al momento della puntura; Alcune specie di Rickettsie (R.moseri, R. prowazeckii, R. tsutsugamushi): quadri morbosi interessanti il SNC; localizzazione polmonare: agente eziologico = Coxiella Burneti (febbre Q). Vie d’ingresso Percutanea (più frequente) Respiratoria (per la febbre Q) _________________________________________ Le zecche trasmettono l’agente direttamente nel derma durante il loro pasto; i pidocchi e le pulci depositano le feci infette sulla cute. Successivamente le rickettsie si ritrovano nel sangue (rickettsiemia) per raggiungere la localizzazione elettiva, ovvero le cellule endoteliali dei piccoli vasi sanguigni. Esposti al rischio soggetti a basso livello igienico popolazioni nei periodi di carestia, di guerra, di sovrappopolamento individui residenti in zone rurali infestate da roditori infetti o in contatto con cani infestati da zecche residenti nelle zone fluviali o nei pressi di risaie abbandonate individui a contatto con bestiame infetto (macellai, lattai) consumatori di latte non pastorizzato Prevenzione D.P.I. (guanti e stivali); norme igienico-sanitarie (lavaggio accurato delle mani dopo contatti con cani, astensione dal consumo di prodotti agricoli direttamente raccolti); misure preventive di contenimento nei confronti dei cani (collari anti zecca, ecc.); formazione e informazione per esposti al rischio; bonifica dei terreni incolti; collaborazione tra medici competenti e veterinari.