Tracce e schemi di memoria a cura di Eleonora Bilotta Tracce di memoria e schemi di memoria La nozione di traccia di memoria è stata considerata con maggior favore dalle prime teorie della memoria che dalle teorie successive. Le tracce di memoria sono simili a repliche delle esperienze precedenti. Paul (1967) ha notato che l’idea di traccia di memoria è coerente con l’ipotesi che concepisce la memoria come un dispositivo di registrazione. Un tale dispositivo non è solo in grado di creare delle copie degli eventi, ma anche di conservare questa copia per un periodo di tempo indefinitamente lungo. Tracce di memoria e schemi di memoria In principio gli eventi registrati possono essere rivisti un numero illimitato di volte, e possiedono le stesse caratteristiche ogni volta che vengono rivisti. Con il tempo, però, la qualità della registrazione può in qualche modo deteriorarsi, anche se questo non impedisce, in linea di principio, il recupero di una grande quantità di informazioni a proposito dell’evento originale. Questo sarebbe un buon modello della memoria se la rievocazione delle nostre esperienze precedenti fosse accurata. Tracce di memoria e schemi di memoria Se le tracce di memoria, esistessero veramente, allora esse sarebbero depositate in memoria come copie ben definite delle esperienze precedenti. Da questo punto di vista ricordare significa fare nuovamente esperienza delle esperienze del passato. Questa ipotesi è stata chiamata da Neisser (1967) l’ipotesi della riapparizione (reappearance hypothesis): “essa implica che lo stesso ricordo … possa scomparire e riapparire molte volte”. In contrapposizione con questa concezione, la nozione di schema non fa riferimento a “copie di eventi mentali conclusi”, ma piuttosto a “frammenti … usati a sostegno di una nuove costruzione”. Flash di memoria Brown e Kulik hanno chiamato flash di memoria i ricordi che risultano essere vividi e dettagliati e hanno proposto un modello per spiegarne la formazione. La loro teoria è chiamata Now Print Theory e costituisce un adattamento del lavoro di Livingston (1967). In primo luogo, è necessario giudicare il valore di sorpresa di un evento. Se si tratta di un evento consueto è possibile che ad esso non venga rivolta attenzione alcuna. D’altra parte, invece, se si tratta di un evento straordinario allora viene considerato con molta attenzione. È anche possibile che un evento sia talmente traumatico da non venire elaborato affatto, il che ha come conseguenza una totale amnesia. In secondo luogo, è necessario valutare quanto un evento sia importante. Se un evento viene considerato sorprendente o importante allora il terzo stadio è quello della formazione di un flash di memoria. Flash di memoria I flash di memoria hanno un carattere più o meno vivido o completo a seconda di quanto sorprendenti e importanti sono stati giudicati gli eventi a cui si riferiscono. Gli individui tendono a pensare ai flash di memoria più spesso che ai ricordi e tendono a creare per loro un resoconto verbale, ciò determina il quarto stadio ossia quello della reiterazione. A loro volta, le reiterazioni producono il quinto stadio, quello dei resoconti dei flash di memoria che vengono raccontati ad altre persone. Flash di memoria Now Print Theory si concentra sul terzo stadio, quello della produzione dei flash di memoria. È come se gli individui fossero in grado di creare una copia di certe esperienze nello stesso modo in cui una pagina può essere riprodotta per mezzo di una fotocopia. Forse ciò avviene quando gli individui si trovano di fronte ad un evento che risulta sufficientemente sorprendente ed emotivamente significativo, per cui esiste un meccanismo che ci consente di depositare in memoria una testimonianza permanente e durevole di un’esperienza. In questo senso, dunque, i flash di memoria potrebbero costituire la prova dell’esistenza di tracce di memoria altamente specifiche a proposito di eventi particolari. Flash di memoria Secondo Brown e Kulik un meccanismo come quello ipotizzato dalla Now Print Theory potrebbe rappresentare una forma di memoria molto primitiva, la quale poteva essere stata utile quando le testimonianze degli eventi non potevano essere conservate per mezzo di ausili artificiali della memoria. Nei tempi preistorici forse poteva risultare utile conservare in memoria il corrispettivo di una testimonianza fotografica di eventi sorprendenti e significativi. In seguito, l’utilità di questa forma di memoria è diminuita a causa dell’evolversi di altre forme di documentazione. A sua volta, l’evoluzione della memoria ha fatto in modo che la memoria diventasse sempre meno concreta e specifica e sempre più astratta e generale. In questo modo, la trasformazione della memoria può essere concepita come un’evoluzione che conduce dalle tracce di memoria agli schemi di memoria. Esiste un meccanismo per i flash di memoria? Secondo la teoria di McCloskey et al., i flash di memoria non sono necessariamente più accurati dei ricordi normali e non vi è alcun bisogno di postulare uno speciale meccanismo per spiegarli. I flash di memoria, piuttosto sono il prodotto dei fattori che influenzano i ricordi normali. A sostegno di questa ipotesi McCloskey et al. hanno citato Neisser il quale ha sottolineato la somiglianza che intercorre tra ricordare qualcosa e raccontare una storia. Da ciò ne deriva che la memoria spesso ha una struttura narrativa. Esiste un meccanismo per i flash di memoria? Bohannon ha chiamato l’approccio di Neisser Reconstructive-Script e l’ha contrastato con la teoria Now Print, la quale sostiene che è l’impatto emotivo di un evento a determinare in larga misura quanto il ricordo sia vivido e accurato. Secondo la teoria Reconstructive-Script, invece, i resoconti più completi sono quelli accompagnati da forti emozioni e, allo stesso tempo, reiterati di frequente. Né l’emozione né la reiterazione da sole consentono la formazione di resoconti completi e durevoli. Allo stato presente non possiamo dire di comprendere completamente i flash di memoria e, senza dubbio, in futuro altre ricerche verranno effettuate su questo argomento. Teoria di Bartlett La rilevanza che la nozione di schema ha assunto all’interno della psicologia della memoria si deve, in larga misura, al lavoro di Bartlett (1932, trad. it.). Nei suoi famosi esperimenti ha fatto uso di una tecnica chiamata modello delle riproduzioni in serie. Al soggetto A viene dato qualcosa da ricordare; A riproduce per iscritto tutti i particolari che possono essere rievocati; la versione fornita da A a sua volta viene fatta leggere ad un soggetto B che cerca di rievocarla. La versione fornita da B viene presentata a C, e così via. In questo modo ogni soggetto deve cercare di rievocare la versione del materiale originale fornita dal soggetto precedente. Teoria di Bartlett I risultati degli esperimenti condotti da Bartlett segnalano due aspetti principali: – rievocazioni successive riproducevano in maniera sistematica la stessa struttura schematica, via via depurata da particolari stilistici, morfologici e sintattici; – venivano alterati contenuti che non corrispondevano con lo schema del soggetto. Bartlett credeva che le trasformazioni osservate usando il metodo delle riproduzioni in serie rappresentassero le trasformazioni cui vengono sottoposti i singoli ricordi nel corso del tempo. Teoria di Bartlett Sulla base dei suoi esperimenti Bartlett ha concluso che: – “Il ricordo non è una rieccitazione di tracce isolate, fisse e senza vita, ma una costruzione immaginativa costruita dalla relazione del nostro atteggiamento verso un’intera massa attiva di reazioni passate organizzate e verso qualche dettaglio di rilievo che emerge sul resto, apparendo in forma di immagine sensoriale o in forma verbale”. Questa massa attiva di reazioni passate e organizzate è ciò che Bartlett intendeva con la nozione di schema. Come tale, uno schema costituisce una struttura organizzata che guida il nostro comportamento, un modello che può essere modificato per adattarsi a circostanze diverse. Ricerche basate sulla teoria degli schemi mnestici Alba e Hasher (1983) hanno notato che il concetto di schema è stato spesso usato nello studio della memoria. Altri ricercatori, però, hanno usato il concetto di schema definendolo in termini piuttosto generali. Alba e Hasher (1983) hanno suggerito che le teorie basate sugli schemi descrivono la memoria nel seguente modo: – a) selezione (lo schema seleziona le informazioni che sono coerenti con i nostri interessi correnti); – b) astrazione (l’informazione viene trasformata in una forma più astratta, viene estratto il suo senso generale); – c) interpretazione (l’informazione viene interpretata facendo riferimento alle altre informazioni contenute in memoria); – d) integrazione (l’informazione viene integrata in modo tale da renderla coerente con lo schema). Processo di selezione Il processo di selezione avviene: – quando le informazioni vengono ricevute (Bransford e Johnson (1972), dimostrano che i soggetti riescono a comprendere e a rievocare un brano incomprensibile solo dopo aver visto una illustrazione che attiva lo schema appropriato per capire il materiale); – quando le informazioni vengono rievocate (Anderson e Pichert (1978), dimostrano che i soggetti rievocano il materiale letto in maniera differente a seconda del punto di vista che hanno in mente). Presi insieme gli studi di Bransford e Johnson e di Anderson e Pichert indicano che il processo di comprensione richiede l’attivazione di uno schema. Quest’ultima però non determina le informazioni che un individuo è in grado di rievocare. Infatti, assumendo un nuovo punto di vista, possiamo rievocare più informazioni di quanto potremmo pensare sia possibile. Astrazione,interpretazione e integrazione Uno studio di Jacqueline Sachs (1967) viene spesso citato a sostegno dell’ipotesi che gli individui ricordino il significato delle frasi che sentono, ma dimenticando le parole che sono state effettivamente pronunciate (Cofer 1973). Gli individui interpretano l’informazione che hanno a disposizione facendo delle inferenze, per poi ricordare queste inferenze come parte del materiale originario (Alba e Hasher, 1983). Il processo di integrazione costituisce “l’elemento centrale delle teorie basate sulla nozione di schema”. Il significato che è astratto da un evento viene combinato con le conoscenze già a disposizione, in modo da formare un insieme coerente (Alba e Hasher, 1983). Testimonianza Loftus e Palmer (1974) hanno condotto un famoso studio sulla testimonianza oculare. Ai soggetti veniva mostrato il filmato di un incidente automobilistico. Ad alcuni veniva chiesto “A che velocità andavano quando le auto si sono urtate?”. Ad altri veniva chiesto “A che velocità andavano le auto quando si sono scontrate?”. Le stime della velocità erano superiori nel secondo caso rispetto al primo, inoltre i soggetti ritenevano di ricordare, dopo una settimana, di aver visto vetri rotti nel secondo caso rispetto al primo caso. I soggetti integrano, quindi, due tipi diversi di informazione; – l’informazione raccolta nel corso della percezione dell’evento originario; – l’informazione acquisita successivamente. In varie pubblicazioni successive, Elisabeth Loftus ha sostenuto che informazioni fuorvianti acquisite successivamente all’evento vengono spesso integrate con le informazioni originarie. Se questo fosse corretto, significa che il ricordo originario viene distrutto e sostituito da un ricordo nuovo prodotto dalla fusione di informazioni vecchie e informazioni nuove. Valutazione delle teorie basate sulla nozione di schema Le ricerche che sono state condotte hanno messo in evidenza il fatto che gli schemi possono funzionare in modi diversi. Le ricerche empiriche hanno messo pure in evidenza il fatto che le tracce di memoria possono essere più importanti di quanto ritenuto da Bartlett. Con le parole di Alba e Hasher (1983), potremmo concludere dicendo che “le informazioni immagazzinate a proposito di qualunque evento sono di gran lunga più dettagliate di quanto le teorie degli schemi prototipici sembrano implicare. Le teorie contemporanee non possono ignorare la ricchezza delle tracce di memoria” (ibidem, 225). Modello delle tacce di memoria di Hintzman Hintzman (1986) ha proposto un modello che suggerisce che le tracce di memoria siano le unità primarie della memoria. Il modello delle tracce di memoria multiple proposto da Hintzman è basato sull’assunzione che la traccia di ciascuna esperienza individuale venga registrata in memoria. Se un evento si ripete più volte, una nuova traccia viene registrata ogni qualvolta l’eventi si ripete. Le tracce di memoria sono dotate di proprietà corrispondenti a quelle dell’esperienza. Queste proprietà inducono il tono emotivo dell’esperienza, le qualità sensoriali e altre proprietà più astratte. Memoria primaria e memoria secondaria Hintzman distingue tra memoria primaria e memoria secondaria: – la memoria primaria si riferisce a tutto ciò di cui gli individui hanno esperienza in un dato momento; – la memoria secondaria si riferisce alle tracce di memoria che sono state create dalle esperienze avute dagli individui. Inoltre, essa può essere attivata per mezzo di un probe (item di prova) a partire dalla memoria primaria. Le tracce di memoria vengono attivate nella misura in cui esse sono simili al probe. Si ritiene, inoltre, che le tracce di memoria attivate restituiscano un’eco alla memoria primaria. L’eco è costituita dai contributi di tutte le tracce di memoria che sono state attivate. Memoria primaria e memoria secondaria Una conseguenza interessante dell’approccio di Hintzman è rappresentata dal fatto che, una volta che un’eco è stata esperita nella memoria primaria, essa possa lasciare una traccia di sé nella memoria secondaria. In questo modo, anche esperienze relativamente astratte possono esser rievocate direttamente. Se ciò fosse vero, allora la rievocazione di materiale astratto potrebbe dipendere dalle tracce di memoria e non vi sarebbe alcun bisogno di postulare l’esistenza di uno schema. Frame La nozione di frame sta ad indicare un insieme di “principi di base che influenzano e controllano il modo con cui gli individui vengono coinvolti in una situazione e ne hanno esperienza”(Reber 1985). La nozione di frame, dunque, ha molte somiglianze con quella di schema. Solitamente, però, alla nozione di frame è attribuita una struttura più precisa di quella che caratterizza la nozione di schema. “La nozione di frame non viene intesa come un amalgama slegato e in qualche modo accidentale di elementi che possiedono una stretta relazione temporale. Piuttosto, la nozione di frame è costituita da un insieme di componenti essenziali, le quali possiedono un arrangiamento definito e stabili relazioni reciproche. Questi elementi non vengono scelti in maniera arbitraria … ma rappresentano piuttosto gli elementi costitutivi di un sistema” (Gonos 1977). Frame In Frame Analysis Goffman definisce frames “i principi di organizzazione che regolano gli eventi e il nostro coinvolgimento soggettivo al loro interno”. In quest’accezione i frames e la loro analisi diventano il fulcro del “metodo” di indagine di Goffman, volto a individuare i vari livelli di significato presenti nella realtà sociale. Benché nel corso degli anni settanta e ottanta il concetto di frame sia al centro di importanti e autonomi sviluppi anche nei campi dell’intelligenza artificiale (Minski, 1974) e della pedagogia (Gardner, 1983), è soprattutto grazie all’opera di Goffman, che la nozione di frame conosce un successo crescente, non più solo in campo psicoterapeutico, ma anche negli ambiti della microsociologia, dell’analisi della conversazione, dell’antropologia sociale e dei cultural studies. Secondo Minsky, invece, il frame è sostanzialmente una "cornice" di attributi legati al concetto che il nostro cervello manipola, con tutto quello che dobbiamo aspettarci da questo. E‘ una cornice, abbastanza "flessibile” che ci permette di confrontare le nostre idee con realizzazioni sempre nuove e mai identiche a se stesse. Script Lo script è una struttura che descrive una sequenza appropriata di eventi in un contesto particolare, oppure una sequenza predeterminata e stereotipica di azioni che definisce una situazione ben conosciuta (Shank e Abelson, 1975, 1977). Gli script sono rappresentasti in memoria in maniera gerarchica a partire da quelli più concreti a quelli più astratti: – ricordi più concreti che riguardano esperienze specifiche e hanno breve durata; – memoria di eventi generalizzati; – memoria situazionale, la quale contiene informazioni che riguardano i contesti generali in cui si realizzano eventi specifici; – memoria intenzionale la quale è ancora più generale in quanto si riferisce alle regole per il conseguimento degli scopi. Livelli di elaborazione Craik e Lockhart (1972) hanno proposto che: uno stimolo può essere elaborato a tre diversi livelli di profondità; – percettivo: una parola viene codificata come una sequenza di lettere scritte con un certo carattere tipografico; – fonologico: una parola viene codificata in termini di proprietà acustiche; – semantico: una parola viene codificato sulla base degli attributi del suo significato. Secondo Craik e Lockhart, l’attività cognitiva costituisce un sistema volto alla percezione e alla comprensione degli eventi. Tanto più profonda è l’elaborazione tanto maggiore è la comprensione. La comprensione richiede l’elaborazione di un evento a livello più profondo. Reiterazione di mantenimento e reiterazione integrativa La reiterazione di mantenimento ha a che fare con la ripetizione del medesimo procedimento, e viene usata, per esempio, ogni qualvolta un individuo continua a ripetere un numero di telefono per cercare di ricordarlo. La reiterazione integrativa, invece, sottopone un evento ad una elaborazione più profonda. R.L. Greene (1987) ha notato che sono state proposte diverse definizioni per questi due tipi di reiterazione. Greene ha suggerito che il termine reiterazione di mantenimento sia usato per fare riferimento alla “ripetizione continua e al mantenimento dell’informazione con un dispendio minimo di risorse cognitive”, mentre il termine reiterazione integrativa sia usato per tutte le altre forme di reiterazione. Reiterazione di mantenimento e reiterazione integrativa La reiterazione di mantenimento può essere esemplificata dal processo eseguito da un individuo che cerca di ricordare un lista di parole ripetendo semplicemente i diversi item senza estrarne il significato. La reiterazione integrativa, invece, può essere esemplificata dal processo eseguito da un individuo che cerca di ricordare una lista di parole formando una frase con queste parole. Naturalmente, ci sono vari processi che si situano sul continuum tra reiterazione di mantenimento e reiterazione integrativa. La differenza importante risiede nel fatto che la codifica di un item è molto più ricca se viene usata la reiterazione integrativa piuttosto che quella di mantenimento. Valutazione della teoria dei livelli di elaborazione L’articolo di Craik e Lockhart (1972) ha esercitato una notevole influenza nei confronti della ricerca sulla memoria. Questi ricercatori hanno osservato che l’approccio da loro proposto è stato soggetto a numerose critiche. A tali critiche hanno replicato che la loro teoria ha stimolato un gran numero di ricerche le quali non sarebbero state altrimenti eseguite. Queste ricerche hanno portato, per esempio, allo sviluppo dei concetti di complessità di rielaborazione (elaboration) e distintività (distinctiness). La complessità della rielaborazione si riferisce alla “quantità di elaborazione ulteriore effettuata dall’individuo che produce (materiali) addizionali, associati o ridondanti” (Reder 1980). La distintività si riferisce invece alla precisione con la quale un elemento è codificato. Craik e Lockhart hanno osservato che i concetti di complessità della rielaborazione e di distintività costituiscono delle alternative meno vaghe della nozione di “profondità di elaborazione”. Memoria di lavoro Lockhart e Craik (1990) hanno messo in relazione la loro teoria con il concetto di memoria di lavoro (working memory). La memoria di lavoro è “il sistema di memoria a cui è affidato il compito di manipolare contemporaneamente l’informazione” (Baddeley 1989). Un’importante componente della memoria di lavoro è rappresentata da un sistema esecutivo centrale, il quale, coordina l’informazione che viene rappresentata all’interno di servosistemi come il taccuino visuo-spaziale e il loop articolatorio. Il taccuino visuo-spaziale è il sistema dove l’informazione viene rappresentata per mezzo di immagini mentali, mentre il loop articolatorio è il sistema che descrive l’informazione per mezzo del linguaggio. Lockhart e Craik hanno sostenuto che la nozione di memoria di lavoro sia simile in molto aspetti alla teoria dei livelli di elaborazione, inoltre hanno concluso che la teoria da loro proposta ha esercitato una notevole influenza e ha stimolato una grande quantità di ricerche. Queste ricerche, a loro volta, hanno portato ad una maggiore comprensione delle modalità di funzionamento della memoria.