lezione 17 marzo economia altomedievale

Temi di storia economica
nell’alto medioevo
-
• Ogni prospettiva (di storia economica,
religiosa, istituzionale, politica, culturale….) è
contemporaneamente centro e periferia
•
• Contro l’egemonia del politico
• Contro il determinismo economicistico del
marxismo …
•
-
• Idea della lentezza della evoluzione delle
economie preindustriali, della inapplicabilità
all’età romana (così come a quella medievale e
moderna) dei concetti di ‘ciclo’, di ‘sviluppo’, di
‘recessione’
•
•
• Nell’economia romana lo stesso concetto di
sviluppo, per noi così familiare, può essere
usato solo in un senso molto particolare
-
• per capire, l’esempio dell’evoluzione demografica dell’Europa in età
moderna
•
• (I secolo dopo Cristo, l’impero ha 50-60.000.000 di abitanti su circa 4
milioni di kmq, dalla Britannia al mar Nero - molti più dell’Europa del
1000, ma di meno dell’Europa del 1500 – con distribuzione molto
irregolare. Italia 6-8.000.000 di abitanti).
•
• 1348: popolazione europea è 80 milioni
• 1700: 115
• 1900: 285
•
• Addetti all’agricoltura
• 80% nel 1300
• 1700: oltre 70%
• 1900: 50%
•
.
• Città con almeno 100.000 abitanti (P. Bairoch, Storia della città, ed
Jaca Book, Milano 1993)
•
• 6 nel 1300
• (II sec. d.C. nell’impero romano erano 7: Roma, Cartagine,
Antiochia, Alessandria, Efeso, Pergamo, Apamea)
• 12 nel 1700 (Londra, Parigi, Milano, Venezia, Napoli, Palermo,
Roma, Madrid, Lisbona, Amsterdam, Vienna, Istanbul)
•
• 125 nel 1900
•
• consumo di ferro per abitante
• 0,5 kg pro capite nel 1300
• 1,1 – 2 kg nel 1700
• 80 kg nel 1900
• Questi dislivelli non esistono nelle economie
antiche
•
• L’idea di sviluppo porta con sé il concetto di
progressione e balzo (discontinuità che spezza
l’uniforme svolgimento)
•
• problema terminologico e dunque
concettuale (cosa evocano le parole che
vengono usate)
•
•
•
•
•
•
Egemonia culturale del mondo agrario
Non esiste una elaborazione culturale di valori mercantili
(Petronio, Trimalcione)
Il mondo mercantile e commerciale romano non è in grado
di elaborare valori autonomi dal mondo rurale. Il modello di
ricchezza è rappresentato sempre dalla rendita agraria, e
sociologicamente e intellettualmente predomina sempre il
modello aristocratico
• L’attività commerciale su larga scala identifica sempre un
ruolo sociale di transizione: il mercante punta SEMPRE alla
accumulazione agraria. La storia dei commerci romani non
è mai storia di grandi dinastie mercantili
•
.
• La fuga dal lavoro dei ceti intellettuali implica
anche il ritrarsi da tutto quello che concerne le
condizioni tecnologiche e sociali nelle quali i
processi di produzione si svolgono
• - In età greca e romana la tecnologia esiste, ma si
concretizza in pratiche e non in teorizzazioni. Le
esperienze (per la messa a punto degli strumenti,
per l’addestramento degli uomini liberi o schiavi,
per la trasmissione delle tecniche produttive,
ecc.) restano a livello di tradizioni orali, in saperi
di conoscitori empirici.
.
• Pochissimi testi ‘pratici’ (Archimede – perduti , Vitruvio, la Meccanica di Erone, i trattati
militari di Vegezio e di altri)
•
• società a-tecnologiche (lo sviluppo anche
Occidentale è recente inquesto campo)
•
• [rivoluzione culturale in atto nel Cinquecento,
fra Bacone e Galileo]
.
• Confronto con quello che sta alle spalle: rivoluzione
neolitica (agricoltura, metallurgia, tessitura, ceramica;
urbanizzazione)
• fra Neolitico ed età del ferro un vero balzo tecnologico
•
•
• secondo alcuni, solo due rivoluzioni: rivoluzione
neolitica e rivoluzione industriale
• dall’età del ferro sino alla rinascita economica
tardomedievale dobbiamo registrare in Occidente un
vuoto di incrementi significativi
.
• Né le campagne né le architetture sono il campo di
applicazione della tecnologia
•
• c’è un «abbandono cognitivo del mondo della produzione a
saperi minori, al particolarismo delle tradizioni»
•
• ‘dematerializzazione’ della natura sensibile, orientamento
alla ricerca delle cause prime, già avviata nella fisica ionica
•
• riconoscimento del carattere superiore della immaterialità
del pensiero e degli aspetti emotivi, etici e politici della
realtà sulla materialità del mondo fisico
• (l’anima e il corpo, Platone)
.
• Un’idea concreta della natura della natura
deve attendere il Rinascimento e la
rivoluzione scientifica fino al meccanicismo e
al sensismo moderni, da Hobbes a Locke
•
• Dalla filosofia antica è assente l’esperimento e
l’osservazione diretta e quantitativa della
natura
•
La presenza e l’abbondanza degli schiavi copre e
occulta gli effetti del deficit tecnologico e
meccanico fornendo energia a basso costo
•
• concezione del lavoro
•
• predomina a lungo la concezione antica
•
• il termine stesso labor indica fino al XVII
secolo uno sforzo intenso e penoso
.
• I termini che vengono usati in accezione affine
nel medioevo sono opera, ars, fatica, che
indicano abilità; ministerium, che indica il
compimento di un servizio
•
• fatica (stessa etimologia di fatisci, ‘fendersi’)
•
•
• oratores-bellatores-laboratores
.
• L’antropologia economica (Polanyi) La sussistenza dell’uomo, Torino
1989
•
• ungherese, 1886-1964
•
• dimostra che le categorie della scienza economica elaborate da
Adamo Smith non sono applicabili, per gran parte, a formazioni
economiche appartenenti a contesti diversi da quelli delle società
occidentali
•
• critica il capitalismo e l’economia di mercato (l’idea del mercato che
si autoregola, la «mano invisibile», con il postulato implicito che il
processo di produzione e scambio debba al fine condure a un’equa
distribuzione delle ricchezze)
-
• Contrappone a questo principio le forme di
distribuzione di beni basate sulla reciprocità e di
redistribuzione constatabili nelle società semplici.
•
• Analizzare altre società (siano esse quelle
primitive o quelle dell’antichità) utilizzando la
stessa terminologia e le stesse categorie
adoperate nello studio dell’economia di mercato
è fuorviante
• Secondo Polanyi società occidentale si tende a
separare la sfera economica dalle altre relazioni
sociali
.
• le economie tradizionali presentano invece una forte
interdipendenza delle diverse sfere della vita sociale
•
• Politica, diritto, organizzazione sociale, economia,
religione formano un tessuto interfunzionale organico
nel quale non è possibile isolare aree distinte
•
• le istituzioni economiche delle società tradizionali
appaiono inserite in una pluralità di dimensioni
(parentali, cerimoniali, magico-rituali, di prestigio,…)
che in prospettiva occidentale non sembrano avere
alcuna attinenza evidente con l’economia ma che nel
contesto di tali società esercitano indirettamente o
direttament un’influenza determinante sull’azione
sociale e quindi sulla stessa sfera economica
.
• Propone di individuare tre modelli principali di
società, sulla base delle motivazioni che stanno
alla base delle relazioni tra le persone
•
• reciprocità (in cui dominano relazioni sociali quali
amicizia, parentela, ecc)
•
• redistribuzione (in cui sono decisivi i rapporti di
tipo politico e religioso)
•
• scambio (in cui nessuna relazione sociale è più
importante del mercato)
.
• M. Mauss, Saggio sul dono. Forme e motivo
dello scambio nelle società primitive, 1923 (ed.
it. Einaudi, Torino 1965)
•
• ipotizza l’esistenza di una forma primitiva di
scambio, da lui definita economia del dono,
facente parte integrante di un vasto sistema di
transazioni sociali basate sul principio di
reciprocità. L’atto di scambio assume valore di
«prestazione sociale totale» e non può essre
considerato isolatamente dalle altre
dimensioni dell’interazione sociali
.
• ideologia della libertà da ogni onere del
guerriero franco, disponibilità larga a favorire
le chiese: ideale dello spreco e del dono,
cultura del dono e della preda)
.
• CONCLUDENDO
• La società contemporanea è l'unica in cui la moneta
come strumento di scambio e le leggi della domanda e
dell'offerta che si confrontano in un mercato astratto
sono davvero egemoni
•
• Nelle altre società l'economia è indistinguibile dalle
istituzioni
•
• Nelle società premoderne non c'è nessuno spazio per
le leggi della teoria economica contemporanea (della
• domanda, dell' offerta, dei costi e del profitto), ma solo
meccanismi dello scambio funzionali all’integrazione
sociale
Economia tardoantica
• LA CRISI
•
• L’impero romano era un impero basato sul commercio e sulla circolazione
dei beni tra le diverse aree del Mediterraneo
•
• (anche se si c’erano ampie zone di economia “naturale” o meglio di
economia che si reggeva su scambi non mediati dal denaro)
•
•
• Inoltre era basato su un’economia “di stato”:
• Quando scompaiono le strutture dell’impero, cioè sostanzialmente
l’esercito e la burocrazia, la domanda economica (di generi alimentari, di
manufatti come le armi, di lavori pubblici come le strade, ecc.) crolla; a
livello locale crolla la domanda sorretta dai ceti dirigenti delle città)
•
CRISI COMMERCIALE
CRISI MONETARIA
• La crisi e la regressione economica e commerciale in
• Occidente è già in atto in età romano-germanica
•
• i traffici mediterranei sono in costante declino nel V
•
secolo, ma non sono interrotti del tutto (tesi
Pirenne)
•
•
• divaricazione dell'evoluzione interna fra impero
• d'oriente e impero d'occidente.
L’Economia romana
.
• I germani (o meglio, le popolazioni che definiamo
“germani”) lasciano disgregare il circuito tassazione • coniazione, estraneo alla loro cultura
•
• Hanno modelli economici nei quali il denaro non è
centrale, anche se ovviamente conoscono il denaro
•
• ideologia della libertà da ogni onere del guerriero
franco, disponibilità larga a favorire le chiese: ideale
dello spreco e dl dono, cultura del dono e della preda)
.
OSTO DELL'ESERCITO COME % SUL PIL DELL'IMPERO ROMANO
Data
Impero
popolazione
Impero PIL Effettivi esercito Costo
(milioni
dell'esercit
(a
di denarii)
o
)
(milioni
di denarii)(a
Costo
dell'esercit
o (% del
PIL)
)
14 d.C.
46 milioni[27]
5.000[28]
260.000
123[29]
2.5%
150 d.C.
61 milioni[30]
6.800(b)
383.000
194(c)
2.9%
215 d.C.
50 milioni(d)
5.435(b)
442.000
223(c)
'4.1%
Notes:
(a) Valore costante al 14 d.C. espresso in denarii, slegato da aumenti della paga militare
per compensare la svalutazione monetaria
(b) nell'ipotesi di una crescita trascurabile del PIL pro capite (normale per un'economia
agricola)
(c) Duncan-Jones costi degli anni 14-84 costi, inflazionati dall'aumento dell'esercito,
assumendo anche bonus pagati agli ausiliari dopo l'84
(d) assumendo un declino del 22.5% nella popolazione, dovuto alla peste antonina degli
anni 165-180 (media tra il 15-30%)[31]
.
• In ogni caso molte cose cambiano
•
•
• Italia
• In Italia: Drastica riduzione delle rendite aristocratiche;
Separazione della campagna dalla città
•
• Le strutture di mercato crollano con la fine dello stato e
• la divisione longobardo-bizantina
•
.
• Agrarizzazione dell’economia (anche nel
mondo mediterraneo)
• Crisi ambientale
• Incapacità dei poteri statuali dell’alto
medioevo di «gestire» il territorio (non ne
hanno né le capacità né l’interesse, è fuori
della loro mentalità)
ECOSISTEMI MEDIEVALI
Il dissesto ambientale nella pianura veneta
.
Il dissesto ambientale nella pianura veneta
CONTRAZIONE DELLO SPAZIO URBANO
.
• Tuttavia Il mondo altomedievale non è dominato da un'
economia chiusa del baratto rurale e dell' autarchia.
Ma da un'economia 'aperta' del dono e del saccheggio,
della guerra, che schiaccia l'antico spazio del mercato
• (Come abbiamo visto, molto importante è la gamma di
pratiche sociali legate al “dono”, nelle relazioni fra gli
uomini - un capo e i suoi gregari, ecc.)
•
•
COSA SUCCEDE IN CONCRETO
• L'organizzazione economica dello spazio
terrestre che emerge in Occidente dal
progressivo deperimento del mondo tardoromano e dal generale rimodellamento
(demografico, etnico, linguistico, ecc.)
conseguente alle migrazioni, conserva
impronte del passato accanto a caratteri
propri delle nuove popolazioni insediatesi
all'interno dell'Impero.
.
.
• Il commercio in senso moderno (scambio
mediato dalla moneta e/oda un intermediario
specializzato) ha una funzione solo secondaria
nella circolazione dei beni in età
altomedievale
.
• LA RIPRESA CAROLINGIA
• Quando la coniazione viene trasformata da oro in argento si innesca fra
VIII e IX secolo il meccanismo che contribuisce al superamento
dell'economia e della stagnazione altomedievale e barbarica, aprendo la
strada alla pressione signorile sulla rendita fondiaria e alla ricomparsa di
una logica del guadagno monetario nei secoli XI e soprattutto XII
•
•
• Oggi si pensa a un lungo periodo di crescita, dall'VIII al XIII secolo
•
• e non si pensa più ad un discorso di take-off, di decollo immediato, di
rivoluzioni agricole immediate o palingenetiche (la paura dell'anno 1000,
oppure la
• diffusione di questo o quel ritrovato tecnico o di quella
• . 'invenzione')
Un’economia stagnante?
-
-
-
-
.
• Quando si parla di economia curtense o signorile ci si
riferisce, dal punto di vista geografico, ad una vasta area del
continente europeo che ha come epicentri la Gallia
settentrionale e la Germania renana, che rappresentano,
nel Medioevo, i poli centrali di gravitazione economica e
politica.
•
La villa o curtis
• I signori laici e i vescovi possedevano latifondi estesi anche
decine di migliaia di ettari. Per amministrarli venivano divisi
in unità di gestione dette VILLAE o CURTES.
• Al centro della villa c’erano una serie di fabbricati che
comprendevano :
• la residenza del signore
• gli alloggi dei servi, domestici, artigiani, della guardia
personale del proprietario.
• i magazzini che custodivano:
• le scorte alimentari, i manufatti( vesti, armi, utensili,…)
• le materie prime( tronchi, pietre, barre di ferro)
• le stalle
• una chiesa
• Il nucleo abitativo era fortificato e, quando si verificavano
incursioni, razzie, guerre, diventava il rifugio per i servi e i
contadini liberi che vivevano in capanne di tronchi o di
arbusti costruite sui territori da coltivare.
• Grazie ai POLITTICI, sorta di inventari delle grandi proprietà specie
dei monasteri, è possibile conoscere come era organizzata la curtis.
• Queste strutture facevano perno su un’economia detta curtense,
fondata sul rapporto di dipendenza tra il proprietario , signore o
vescovo, e i lavoratori.
• La terra di una curtis era divisa in due parti:
• il mansus indominicatus o TERRA DOMINICA, cioè terra su cui
risiede il padrone; erano le terre amministrate dagli uomini di
fiducia del signore e coltivate dai suoi servi; erano le terre più vicine
al nucleo abitativo, le terre migliori , più fertili, più facili da lavorare;
• i MANSI , dati in uso alle famiglie contadine. Erano ulteriormente
divisi in:
– mansi liberi, coltivati da famiglie di individui liberi, che si erano
posti sotto la protezione del signore;
– mansi servili, coltivati da servi veri e propri, che ricevevano la
terra dal signore per coltivarla.
• Gli obblighi dei contadini
•
• Sia i coltivatori dei mansi liberi sia quelli dei mansi servili
periodicamente dovevano versare all’amministrazione della
curtis beni in natura e talvolta in denaro.
• Inoltre dovevano fornire le corvèes, prestazioni lavorative:
• I contadini dei mansi liberi dovevano lavorare per 2-3
settimane l’anno la terra del signore;