Temi di storia economica nell’alto medioevo - • Ogni prospettiva (di storia economica, religiosa, istituzionale, politica, culturale….) è contemporaneamente centro e periferia • • Contro l’egemonia del politico • Contro il determinismo economicistico del marxismo … • - • Idea della lentezza della evoluzione delle economie preindustriali, della inapplicabilità all’età romana (così come a quella medievale e moderna) dei concetti di ‘ciclo’, di ‘sviluppo’, di ‘recessione’ • • • Nell’economia romana lo stesso concetto di sviluppo, per noi così familiare, può essere usato solo in un senso molto particolare - • per capire, l’esempio dell’evoluzione demografica dell’Europa in età moderna • • (I secolo dopo Cristo, l’impero ha 50-60.000.000 di abitanti su circa 4 milioni di kmq, dalla Britannia al mar Nero - molti più dell’Europa del 1000, ma di meno dell’Europa del 1500 – con distribuzione molto irregolare. Italia 6-8.000.000 di abitanti). • • 1348: popolazione europea è 80 milioni • 1700: 115 • 1900: 285 • • Addetti all’agricoltura • 80% nel 1300 • 1700: oltre 70% • 1900: 50% • . • Città con almeno 100.000 abitanti (P. Bairoch, Storia della città, ed Jaca Book, Milano 1993) • • 6 nel 1300 • (II sec. d.C. nell’impero romano erano 7: Roma, Cartagine, Antiochia, Alessandria, Efeso, Pergamo, Apamea) • 12 nel 1700 (Londra, Parigi, Milano, Venezia, Napoli, Palermo, Roma, Madrid, Lisbona, Amsterdam, Vienna, Istanbul) • • 125 nel 1900 • • consumo di ferro per abitante • 0,5 kg pro capite nel 1300 • 1,1 – 2 kg nel 1700 • 80 kg nel 1900 • Questi dislivelli non esistono nelle economie antiche • • L’idea di sviluppo porta con sé il concetto di progressione e balzo (discontinuità che spezza l’uniforme svolgimento) • • problema terminologico e dunque concettuale (cosa evocano le parole che vengono usate) • • • • • • Egemonia culturale del mondo agrario Non esiste una elaborazione culturale di valori mercantili (Petronio, Trimalcione) Il mondo mercantile e commerciale romano non è in grado di elaborare valori autonomi dal mondo rurale. Il modello di ricchezza è rappresentato sempre dalla rendita agraria, e sociologicamente e intellettualmente predomina sempre il modello aristocratico • L’attività commerciale su larga scala identifica sempre un ruolo sociale di transizione: il mercante punta SEMPRE alla accumulazione agraria. La storia dei commerci romani non è mai storia di grandi dinastie mercantili • . • La fuga dal lavoro dei ceti intellettuali implica anche il ritrarsi da tutto quello che concerne le condizioni tecnologiche e sociali nelle quali i processi di produzione si svolgono • - In età greca e romana la tecnologia esiste, ma si concretizza in pratiche e non in teorizzazioni. Le esperienze (per la messa a punto degli strumenti, per l’addestramento degli uomini liberi o schiavi, per la trasmissione delle tecniche produttive, ecc.) restano a livello di tradizioni orali, in saperi di conoscitori empirici. . • Pochissimi testi ‘pratici’ (Archimede – perduti , Vitruvio, la Meccanica di Erone, i trattati militari di Vegezio e di altri) • • società a-tecnologiche (lo sviluppo anche Occidentale è recente inquesto campo) • • [rivoluzione culturale in atto nel Cinquecento, fra Bacone e Galileo] . • Confronto con quello che sta alle spalle: rivoluzione neolitica (agricoltura, metallurgia, tessitura, ceramica; urbanizzazione) • fra Neolitico ed età del ferro un vero balzo tecnologico • • • secondo alcuni, solo due rivoluzioni: rivoluzione neolitica e rivoluzione industriale • dall’età del ferro sino alla rinascita economica tardomedievale dobbiamo registrare in Occidente un vuoto di incrementi significativi . • Né le campagne né le architetture sono il campo di applicazione della tecnologia • • c’è un «abbandono cognitivo del mondo della produzione a saperi minori, al particolarismo delle tradizioni» • • ‘dematerializzazione’ della natura sensibile, orientamento alla ricerca delle cause prime, già avviata nella fisica ionica • • riconoscimento del carattere superiore della immaterialità del pensiero e degli aspetti emotivi, etici e politici della realtà sulla materialità del mondo fisico • (l’anima e il corpo, Platone) . • Un’idea concreta della natura della natura deve attendere il Rinascimento e la rivoluzione scientifica fino al meccanicismo e al sensismo moderni, da Hobbes a Locke • • Dalla filosofia antica è assente l’esperimento e l’osservazione diretta e quantitativa della natura • La presenza e l’abbondanza degli schiavi copre e occulta gli effetti del deficit tecnologico e meccanico fornendo energia a basso costo • • concezione del lavoro • • predomina a lungo la concezione antica • • il termine stesso labor indica fino al XVII secolo uno sforzo intenso e penoso . • I termini che vengono usati in accezione affine nel medioevo sono opera, ars, fatica, che indicano abilità; ministerium, che indica il compimento di un servizio • • fatica (stessa etimologia di fatisci, ‘fendersi’) • • • oratores-bellatores-laboratores . • L’antropologia economica (Polanyi) La sussistenza dell’uomo, Torino 1989 • • ungherese, 1886-1964 • • dimostra che le categorie della scienza economica elaborate da Adamo Smith non sono applicabili, per gran parte, a formazioni economiche appartenenti a contesti diversi da quelli delle società occidentali • • critica il capitalismo e l’economia di mercato (l’idea del mercato che si autoregola, la «mano invisibile», con il postulato implicito che il processo di produzione e scambio debba al fine condure a un’equa distribuzione delle ricchezze) - • Contrappone a questo principio le forme di distribuzione di beni basate sulla reciprocità e di redistribuzione constatabili nelle società semplici. • • Analizzare altre società (siano esse quelle primitive o quelle dell’antichità) utilizzando la stessa terminologia e le stesse categorie adoperate nello studio dell’economia di mercato è fuorviante • Secondo Polanyi società occidentale si tende a separare la sfera economica dalle altre relazioni sociali . • le economie tradizionali presentano invece una forte interdipendenza delle diverse sfere della vita sociale • • Politica, diritto, organizzazione sociale, economia, religione formano un tessuto interfunzionale organico nel quale non è possibile isolare aree distinte • • le istituzioni economiche delle società tradizionali appaiono inserite in una pluralità di dimensioni (parentali, cerimoniali, magico-rituali, di prestigio,…) che in prospettiva occidentale non sembrano avere alcuna attinenza evidente con l’economia ma che nel contesto di tali società esercitano indirettamente o direttament un’influenza determinante sull’azione sociale e quindi sulla stessa sfera economica . • Propone di individuare tre modelli principali di società, sulla base delle motivazioni che stanno alla base delle relazioni tra le persone • • reciprocità (in cui dominano relazioni sociali quali amicizia, parentela, ecc) • • redistribuzione (in cui sono decisivi i rapporti di tipo politico e religioso) • • scambio (in cui nessuna relazione sociale è più importante del mercato) . • M. Mauss, Saggio sul dono. Forme e motivo dello scambio nelle società primitive, 1923 (ed. it. Einaudi, Torino 1965) • • ipotizza l’esistenza di una forma primitiva di scambio, da lui definita economia del dono, facente parte integrante di un vasto sistema di transazioni sociali basate sul principio di reciprocità. L’atto di scambio assume valore di «prestazione sociale totale» e non può essre considerato isolatamente dalle altre dimensioni dell’interazione sociali . • ideologia della libertà da ogni onere del guerriero franco, disponibilità larga a favorire le chiese: ideale dello spreco e del dono, cultura del dono e della preda) . • CONCLUDENDO • La società contemporanea è l'unica in cui la moneta come strumento di scambio e le leggi della domanda e dell'offerta che si confrontano in un mercato astratto sono davvero egemoni • • Nelle altre società l'economia è indistinguibile dalle istituzioni • • Nelle società premoderne non c'è nessuno spazio per le leggi della teoria economica contemporanea (della • domanda, dell' offerta, dei costi e del profitto), ma solo meccanismi dello scambio funzionali all’integrazione sociale Economia tardoantica • LA CRISI • • L’impero romano era un impero basato sul commercio e sulla circolazione dei beni tra le diverse aree del Mediterraneo • • (anche se si c’erano ampie zone di economia “naturale” o meglio di economia che si reggeva su scambi non mediati dal denaro) • • • Inoltre era basato su un’economia “di stato”: • Quando scompaiono le strutture dell’impero, cioè sostanzialmente l’esercito e la burocrazia, la domanda economica (di generi alimentari, di manufatti come le armi, di lavori pubblici come le strade, ecc.) crolla; a livello locale crolla la domanda sorretta dai ceti dirigenti delle città) • CRISI COMMERCIALE CRISI MONETARIA • La crisi e la regressione economica e commerciale in • Occidente è già in atto in età romano-germanica • • i traffici mediterranei sono in costante declino nel V • secolo, ma non sono interrotti del tutto (tesi Pirenne) • • • divaricazione dell'evoluzione interna fra impero • d'oriente e impero d'occidente. L’Economia romana . • I germani (o meglio, le popolazioni che definiamo “germani”) lasciano disgregare il circuito tassazione • coniazione, estraneo alla loro cultura • • Hanno modelli economici nei quali il denaro non è centrale, anche se ovviamente conoscono il denaro • • ideologia della libertà da ogni onere del guerriero franco, disponibilità larga a favorire le chiese: ideale dello spreco e dl dono, cultura del dono e della preda) . OSTO DELL'ESERCITO COME % SUL PIL DELL'IMPERO ROMANO Data Impero popolazione Impero PIL Effettivi esercito Costo (milioni dell'esercit (a di denarii) o ) (milioni di denarii)(a Costo dell'esercit o (% del PIL) ) 14 d.C. 46 milioni[27] 5.000[28] 260.000 123[29] 2.5% 150 d.C. 61 milioni[30] 6.800(b) 383.000 194(c) 2.9% 215 d.C. 50 milioni(d) 5.435(b) 442.000 223(c) '4.1% Notes: (a) Valore costante al 14 d.C. espresso in denarii, slegato da aumenti della paga militare per compensare la svalutazione monetaria (b) nell'ipotesi di una crescita trascurabile del PIL pro capite (normale per un'economia agricola) (c) Duncan-Jones costi degli anni 14-84 costi, inflazionati dall'aumento dell'esercito, assumendo anche bonus pagati agli ausiliari dopo l'84 (d) assumendo un declino del 22.5% nella popolazione, dovuto alla peste antonina degli anni 165-180 (media tra il 15-30%)[31] . • In ogni caso molte cose cambiano • • • Italia • In Italia: Drastica riduzione delle rendite aristocratiche; Separazione della campagna dalla città • • Le strutture di mercato crollano con la fine dello stato e • la divisione longobardo-bizantina • . • Agrarizzazione dell’economia (anche nel mondo mediterraneo) • Crisi ambientale • Incapacità dei poteri statuali dell’alto medioevo di «gestire» il territorio (non ne hanno né le capacità né l’interesse, è fuori della loro mentalità) ECOSISTEMI MEDIEVALI Il dissesto ambientale nella pianura veneta . Il dissesto ambientale nella pianura veneta CONTRAZIONE DELLO SPAZIO URBANO . • Tuttavia Il mondo altomedievale non è dominato da un' economia chiusa del baratto rurale e dell' autarchia. Ma da un'economia 'aperta' del dono e del saccheggio, della guerra, che schiaccia l'antico spazio del mercato • (Come abbiamo visto, molto importante è la gamma di pratiche sociali legate al “dono”, nelle relazioni fra gli uomini - un capo e i suoi gregari, ecc.) • • COSA SUCCEDE IN CONCRETO • L'organizzazione economica dello spazio terrestre che emerge in Occidente dal progressivo deperimento del mondo tardoromano e dal generale rimodellamento (demografico, etnico, linguistico, ecc.) conseguente alle migrazioni, conserva impronte del passato accanto a caratteri propri delle nuove popolazioni insediatesi all'interno dell'Impero. . . • Il commercio in senso moderno (scambio mediato dalla moneta e/oda un intermediario specializzato) ha una funzione solo secondaria nella circolazione dei beni in età altomedievale . • LA RIPRESA CAROLINGIA • Quando la coniazione viene trasformata da oro in argento si innesca fra VIII e IX secolo il meccanismo che contribuisce al superamento dell'economia e della stagnazione altomedievale e barbarica, aprendo la strada alla pressione signorile sulla rendita fondiaria e alla ricomparsa di una logica del guadagno monetario nei secoli XI e soprattutto XII • • • Oggi si pensa a un lungo periodo di crescita, dall'VIII al XIII secolo • • e non si pensa più ad un discorso di take-off, di decollo immediato, di rivoluzioni agricole immediate o palingenetiche (la paura dell'anno 1000, oppure la • diffusione di questo o quel ritrovato tecnico o di quella • . 'invenzione') Un’economia stagnante? - - - - . • Quando si parla di economia curtense o signorile ci si riferisce, dal punto di vista geografico, ad una vasta area del continente europeo che ha come epicentri la Gallia settentrionale e la Germania renana, che rappresentano, nel Medioevo, i poli centrali di gravitazione economica e politica. • La villa o curtis • I signori laici e i vescovi possedevano latifondi estesi anche decine di migliaia di ettari. Per amministrarli venivano divisi in unità di gestione dette VILLAE o CURTES. • Al centro della villa c’erano una serie di fabbricati che comprendevano : • la residenza del signore • gli alloggi dei servi, domestici, artigiani, della guardia personale del proprietario. • i magazzini che custodivano: • le scorte alimentari, i manufatti( vesti, armi, utensili,…) • le materie prime( tronchi, pietre, barre di ferro) • le stalle • una chiesa • Il nucleo abitativo era fortificato e, quando si verificavano incursioni, razzie, guerre, diventava il rifugio per i servi e i contadini liberi che vivevano in capanne di tronchi o di arbusti costruite sui territori da coltivare. • Grazie ai POLITTICI, sorta di inventari delle grandi proprietà specie dei monasteri, è possibile conoscere come era organizzata la curtis. • Queste strutture facevano perno su un’economia detta curtense, fondata sul rapporto di dipendenza tra il proprietario , signore o vescovo, e i lavoratori. • La terra di una curtis era divisa in due parti: • il mansus indominicatus o TERRA DOMINICA, cioè terra su cui risiede il padrone; erano le terre amministrate dagli uomini di fiducia del signore e coltivate dai suoi servi; erano le terre più vicine al nucleo abitativo, le terre migliori , più fertili, più facili da lavorare; • i MANSI , dati in uso alle famiglie contadine. Erano ulteriormente divisi in: – mansi liberi, coltivati da famiglie di individui liberi, che si erano posti sotto la protezione del signore; – mansi servili, coltivati da servi veri e propri, che ricevevano la terra dal signore per coltivarla. • Gli obblighi dei contadini • • Sia i coltivatori dei mansi liberi sia quelli dei mansi servili periodicamente dovevano versare all’amministrazione della curtis beni in natura e talvolta in denaro. • Inoltre dovevano fornire le corvèes, prestazioni lavorative: • I contadini dei mansi liberi dovevano lavorare per 2-3 settimane l’anno la terra del signore;