C’E’ POTERE E POTERE Pierluigi Musarò, Università di Bologna, sede di Forlì [email protected] Origine del Potere Il concetto di potere affonda la sua origine in tempi remoti. Le varie discipline umanistiche hanno cercato di definire e teorizzare il potere. Da un punto di vista giuridico si può definire il potere come “la capacità, la possibilità, l'autorità di agire, esercitata per fini personali o collettivi”. Per il diritto è la possibilità che ha un soggetto di attuare determinati effetti giuridici: costituire, modificare o estinguere un rapporto giuridico. In generale il concetto di potere è noto come la capacità di influenzare i comportamenti di gruppi umani (ex. potere carismatico) Per Aristotele la persuasione è: “l’arte del condurre dolcemente le anime”. In politica il potere pubblico è definito da Aron: «La consegna ad uno o ad alcuni della capacità (riconosciuta legittima) di stabilire regole per tutti, di imporre a tutti il rispetto di queste o in conclusione di prendere decisioni obbligatorie, in fatto o in diritto, per tutti» Il potere secondo gli antropologi Il presupposto verso cui tutti gli studiosi si muovono è se considerare il potere come un bene materiale o una relazione tra individui. Il potere come relazione tra individui è la più accreditata. Per gli antropologi il Potere è il superamento della morte (E. Canetti, 1981). La costituzione di società si può far risalire ad un atto di violenza. La convivenza tra gli uomini ha inizio con la violenza diretta verso un essere la cui morte è da ritenersi benefica per il mantenimento dell’ordine sociale. All’origine del potere dunque esiste una vittima che, espropriata della sua innocenza dalla collettività, le conferisce lo stato di colpevole potenziale e ciò sottrae la vittima dall’uccisione. “La vittima diviene una sorta di morte vivente, che certo apporta ordine e pace, ma solo perché restituisce, concentra e moltiplica quella stessa minaccia di annientamento che l’ha costituita come vittima” (cfr. L. Alfieri, L’immaginario e il potere, p. 44). Thomas Hobbes Il potere nasce, dunque, dalla violenza ed è costituito di violenza. T. Hobbes, già nel 1650-1651, dà alla vita le tre più importanti opere sulla tematica: gli Elementi, il De Cive e il Leviathan. Proprio il Leviatano (un animale simile alle bestie dell’apocalisse di Giovanni, serpente, mostro che nasce dagli abissi profondi capace di raccogliere tutto ciò che vi è intorno) è utilizzato come metafora del potente, dello Stato, il cui terribile aspetto rinvia alla sua grande mole di potere. Il Leviatano rappresenta il figlio della paura, di una violenza che se libera di agire è in grado di ricreare se stessa in eterno. Lo stato di paura rappresenta la condizione in cui l’uomo cadrebbe se cessasse di vivere all’interno di una comunità organizzata. Lo Stato rappresenta per Hobbes l’unica forma di aggregazione stabile. Allontanandosi dalla tradizione classica dell’antropologia politica, per Hobbes l’uomo decide di convivere con i propri simili non per affiliazione o piacere ma spinto dai benefici che ciò gli può procurare rispetto ad ogni altra situazione che negherebbe ogni sicurezza. Infatti, seppur esistono differenze a livello di forza fisica tra gli individui, non sono tali da garantire la sicurezza neanche del più forte. L’uomo al di fuori dello Stato è uguale ai propri simili. La condizione dell’uomo prima della cultura era il caos (lo scontro di tutti contro tutti). Il potere a cui il sovrano o uno Stato fanno ricorso sono la parte negativa a cui ogni suddito o individuo ha rinunciato per rimanere in vita. E’ in quanto negativo che il Leviatano ha delle caratteristiche ben lontane da quelle di un cittadino modello, ma governa poiché detentore di violenza e del terrore verso tutti. Per Hobbes il Potere possiede due facce contrapposte: l’una è quella di Behemoth: il distruttore, la violenza, generatore di discordie e distruttore dello Stato. l’altra è quella del Leviatano: forza ordinatrice, capace di piegare il caos al volere e ai bisogni della comunità Entrambi sono presenti e attivi, immagini speculari del potere e della violenza degli uomini. L’ombra della morte è però sempre presente, anche nella politica, per la minaccia continua della violenza. In un sistema democratico, l’importanza risiede sostanzialmente nel fatto che «L’avversario battuto nella votazione (…) si limita a dichiararsi sconfitto (…) giacché non gli accade nulla di male(…) nessuno dei suoi è stato ucciso» (E. Canetti, Massa e potere). Alla fine di un conflitto democratico si contano i voti mentre il perdente ha la possibilità di ripresentarsi nuovamente e il conflitto è solo un simbolo. L’uomo forte, il Leviatano, è pronto a cercare una soluzione per i suoi sudditi. “Dietro ogni forma di investitura popolare risiede lo spettro della comunità vissuta come organismo, come entità etica”. Ciò porta a definire il potere come la capacità di ottenere obbedienza. Il potere per Max Weber Forza/potenza (Macht): «qualsiasi possibilità di far valere entro una relazione sociale, anche di fronte a un’opposizione, la propria volontà». Colui che la subisce si trova “costretto” a seguire la volontà dell’altro. Consenso/potere (Herrschaft) «la possibilità che un comando, con determinati contenuti, trovi obbedienza presso certe persone». Il consenso è strettamente connesso alla credibilità, frutto della percezione che il ricevente ha dell’integrità della fonte. Ma cosa legittima la violenza su cui far valere la propria volontà? La validità dell’autorità che la impone. Ma secondo quale senso si accorda obbedienza? Cosa fa si che il comando venga considerato legittimo? Weber distingue idealtipicamente 3 tipi di legittimazione del potere: Potere tradizionale: quando il potere poggia sulla credenza del carattere sacro di tradizioni “ritenute valide da sempre” (esempio nell’Ancien Régime). Il potere riceve legittimità perché proveniente dal passato. Potere carismatico: un “segno di elezione”, come una “qualità personale” verso un individuo particolare. Per Weber il potere è carismatico «quando poggia sulla dedizione straordinaria al carattere sacro o alla forza eroica o al valore esemplare di una persona, e degli ordinamenti rivelati o creati da essa». (Esempio: l’obbedienza dei grandi profeti o condottieri). Potere legale-razionale: «poggia sulla credenza nella legalità di ordinamenti statuiti, e nel diritto di coloro che sono chiamati ad esercitare il potere in base ad essi». L’obbedienza è prestata a “leggi impersonali” o regole astratte che valgono per tutti. E’ la forma di potere tipica delle società moderne, una legittimità democratica, in cui il mutamento, seppur possibile, è controllato da leggi razionalmente stabilite dagli uomini. Per quanto la formazione degli stati moderni e quindi l'affermazione del principio di democrazia, ha fatto credere che le relazioni comando-obbedienza e le violenze coercitive, tipiche degli stati autoritari, sarebbero scomparse, si è visto che anche gli stati democratici devono far uso della forza coercitiva: per mantenere l'ordine sociale, difendere i diritti e le libertà conquistate. La violenza può essere delimitata ma non estirpata. Secondo Weber l'esercizio del potere politico necessita della legittimazione, di una struttura amministrativa (burocrazia) e del "monopolio legittimo della forza". Anche per la teoria struttural funzionalista di Talcott Parsons il potere ha la funzione di trasformazione, sviluppo e integrazione della società. La struttura politica (lo Stato) mette in opera le proprie decisioni tramite l'uso del potere. Per Parsons il potere politico deve essere utilizzato per mantenere l'ordine sociale e per fare in modo che gli altri sottosistemi operino al meglio. Potere su vs Potere di Le istituzioni, le organizzazioni e i discorsi che inquadrano e regolano la vita della società sono “relazioni di potere cristallizzate”; sono cioè i “mezzi generalizzati” che mettono gli attori in grado di esercitare il potere su altri attori così da avere il potere di realizzare propri scopi. Il potere è relazionale, il dominio è istituzionale. Discorsi: combinazione di sapere e linguaggio. I discorsi disciplinari sono sostenuti dall’uso potenziale della violenza, e la violenza di stato è razionalizzata, interiorizzata, e legittimata dai discorsi che inquadrano/plasmano l’azione umana (Sorvegliare e Punire, Foucault). Non c’è contraddizione tra il dominio (forza) e i discorsi disciplinari. La stessa logica dei discorsi disciplinari soggiace non solo alle istituzioni dello stato, ma anche alla produzione (fabbrica) o alla sessualità (famiglia patriarcale eterosessuale). Gramsci parlerebbe di Egemonia culturale… I neoelitisti affermano che sia il potere politico-amministrativo, che il potere sociale in generale, sono legati alla ricchezza economica di una cerchia ristretta di persone. F. Hunter Floyd Hunter, dopo gli studi su una città americana, è giunto alla conclusione che la principale fonte di potere è la ricchezza economica. Nota come la vita politica di una città sia determinata dagli interessi degli imprenditori. Per Hunter le decisioni importanti per una città sono prese da chi detiene la ricchezza economica. Tali decisioni non sono formalizzate all'interno di un palazzo politico ma sono il risultato di riunioni di "alto livello" in clubs privati o in abitazioni private. W. Mills Un altro importante neoelitista Charles Wright Mills ha sottolineato che vi è una forte concordanza di interessi tra le organizzazioni economiche, politiche e militari. Secondo Mills, questa convergenza di interessi fa sì che il potere politico sia solo formalmente ed apparentemente democratico, mentre in realtà esso è rigidamente oligarchico. Per Mills vi è una sola classe dirigente, composta da imprenditori, politici e militari; tale classe dirigente prende liberamente le proprie decisioni senza essere sottoposta ad un effettivo controllo popolare. Il dominio di questa élite, sulla società, è totale. Il potere del linguaggio E’ tramite la comunicazione che possono nascere e svilupparsi i diversi sistemi sociali. Per tale motivo le società democratiche tendono a realizzare meccanismi tesi a garantire la diffusione dei flussi comunicativi, consentendo la partecipazione a questi da parte di larghi strati di popolazione. Approccio critico: Scuola di Francoforte, Morin, “persuasori occulti” … … omogeneizzazione o democratizzazione? (Dagli standard package alla Politica PoP) Processi di produzione e creazione del “valore” Cosa è “valore”? (Ex. Brand, o più in generale trasformazione della mentalità degli individui) Media e consumo: nuova economia politica della creazione di valore nelle reti globali. Potere: creazione della realtà che noi abitiamo (“Il delitto perfetto”, J. Baudrillard), costruzione di spazio e tempo, della cultura (insieme delle credenze e dei valori che informano, guidano e motivano il comportamento delle persone). Stereotipo e pregiudizio QUANTO CONTA IL POTERE COERCITIVO DEL LINGUAGGIO? (tra sintassi e poiesis) In ogni società sono presenti differenti flussi comunicativi spesso distanti tra loro. Il privilegio di poter accedere a determinate informazioni, così come l’accesso ai livelli decisionali, costituiscono strumenti di potere (Antropologia e simbolismo, da Mauss a Mary Douglas, capitale sociale…) LA COMUNICAZIONE PUÒ ERIGERE SBARRE PIÙ FORTI CHE UNA PRIGIONE. Dall’avvento delle comunicazioni di massa la comunicazione costituisce il cuore della struttura e della dinamica della società. La comunicazione di massa è governata da relazioni di potere radicate nel business dei media e nella politica dello stato. Il potere è basato sul controllo della comunicazione e dell’informazione, sia che si tratti del macropotere dello stato e delle corporation dei media, o del micropotere di organizzazioni “insurgenti”. La comunicazione è il potere M. Castells “Il potere è la capacità relazionale che permette ad un attore sociale di influenzare asimmetricamente le decisioni di altri attori sociali in modo da favorire la volontà, gli interessi e i valori dell’attore che esercita il potere”. Dove risiede il potere nella società di rete globale? Non esiste una risposta unilaterale (teoria del complotto) ma una moltitudine di risposte in base all’angolo di osservazione. Di certo chi detiene il potere sono le reti stesse. Castells distingue 4 tipi di potere, ognuno dei quali definisce processi specifici di potere: Potere retificante (networking power) – riferito al potere che gli attori e le organizzazioni delle reti, nucleo delle società globali in rete, esercitano sulle collettività non inclusi nelle reti globali. Programmatori Potere in rete (network power) – il coordinamento di attori multipli collegati in rete (imposizione delle regole di inclusione, standard. Ex.Whasington Consensus, economia finanziaria) Commutatori, consentono l’accesso alle reti 8dei capitali, della politica, della produzione culturale) Potere reticolare (networked power) – tanti tipi di potere in base al contesto Potere di creazione delle reti (network-making power) – potere sui punti di connessione tra le diverse reti strategiche (Ex. Murdoch, Berlusconi) Il terreno su cui le relazioni di potere operano è cambiato: è costruito principalmente tra locale e globale, organizzato intorno a reti ove risiede il valore. I cittadini del mondo sono coloro che vivono nello spazio dei flussi (a differenza dei locali che vivono nello spazio dei luoghi). Dalla comunicazione di massa all’autocomunicazione di massa – many to many Cultura convergente: nelle menti dei soggetti comunicanti che integrano diverse modalità e canali di comunicazione Multitasking vs. autismo elettronico L’abilità di plasmare la mente determina il modo in cui agiamo, individualmente o nella collettività. I tempi che percorriamo sono del tutto nuovi nel processo di comunicazione, poggiando su un modello che supera quello noto sinora dell’uno a molti e divenendo del molti a molti, in un processo orizzontale di comunicazione. Gli attori che partecipano alla comunicazione sono al tempo stesso mittenti e riceventi in un circuito dinamico e continuo. Questa società è nota oggi come Società in Rete. Habermas parlerebbe di reti di comunicazione. Le società non sono “comunità” ma strutture sociali, costrutti culturali ove maturano conflitti e negoziati tra attori sociali diversi e spesso in opposizione tra loro. Una società in rete è una società che ruota attorno alle reti delle tecnologie, dell’informazione ove gli esseri umani entrano in relazione di produzione, riproduzione, consumo, esperienza e potere, espressioni di una comunicazione dotata di senso e codificata secondo i parametri della cultura. In tale società il tempo e lo spazio si dilatano e il potere dello stato costituisce solo una delle dimensioni. I valori sono quelli che le istituzioni dominanti decidono che siano tali. Il potere della rete al tempo della globalizzazione è il coordinamento sociale tra attori multipli collegati alla rete – capacità di programmare le reti, che dipende dall’abilità di generare, diffondere e condizionare i discorsi che inquadrano l’azione umana. I discorsi inquadrano le opzioni su ciò che le reti possono o non possono fare (Internet, FB, crack finanziari, corruzione e intercettazioni…) Strategie vs. tattiche (il medium non è il messaggio) Esiste una cultura globale? Consumismo-mercificazione-branding Individualismo in rete Cosmopolitismo Multiculturalismo (glocale) I protocolli di comunicazione non sono basati sulla condivisione della cultura, ma sulla cultura della condivisione (esiste una coproduzione di contenuto) Il potere nella società in rete è il potere di comunicare! Il potere agisce sui discorsi globali tramite le reti di comunicazione che riescono a influire sulle relazioni di potere globali che strutturano le società. Poiché è il senso a determinare l’azione, comunicare significato diventa la fonte del potere sociale perché inquadra la mente umana, ovvero la fonte di creazione del valore. Mente, cervello, corpo (costruzione della realtà) Marcatori somatici (sentieri convergenti) Scorciatoie cognitive per noi poveri e pigri “taccagni cognitivi” Frame/narrazioni (reti neurali di associazioni) Noi siamo reti in connessione con un mondo di reti Quale connessione tra mente e potere nel processo politico? Teoria dell’intelligenza affettiva