Il_germoplasma - Università degli Studi di Roma "Tor Vergata"

Foresta pluviale – Cameroun
Entandrophragma utile - Meliaceae
Il germoplasma
Il germoplasma rappresenta la variabilità
genetica totale disponibile per una specifica
popolazione
di
individui.
Esso
è
rappresentato da semi o tessuti o cellule in
grado di ripristinare un organismo intero.
Questo insieme di organismi differenti può
essere conservato sul luogo di origine
(conservazione in situ) o presso appositi
Istituti (conservazione ex situ) che ne curano
il mantenimento e la caratterizzazione.
Nel caso delle specie coltivate, la
conservazione del germplasma è
particolarmente importante in quanto
consente di mantenere elevata la biodiversità
di una data specie (tutti gli individui vengono
propagati a prescindere dalla loro
performance agronomica) e rappresenta la
base per l’inserimento di nuovi caratteri utili.
« Linee direttive per la conservazione
e il recupero dei vegetali » (1994) del Consiglio d’Europa
Schede pratiche per la conservazione
Le schede pratiche per la conservazione sono basate
su lavori di dettaglio effettuati sul terreno,
completati da ricerche nella letteratura e negli erbari.
Per ogni specie sono riassunte le seguenti
informazioni: descrizione, ecologia, fitosociologia, distribuzione (con carta),
statuto di conservazione, tipi di minaccia e misure di conservazione.
Le schede hanno lo scopo di fornire le necessarie basi di intervento
ai responsabili della conservazione della natura.
Conservazione in situ
La Direttiva Habitat 92/43/C.E.E., emanata dalla Comunità
europea sin dal 21 maggio 1992, con lo scopo di salvaguardare
e proteggere la biodiversità degli Stati membri
La Direttiva Habitat 92/43/C.E.E. prevede l’istituzione di una serie
di siti da proteggere denominati o classificati di
importanza comunitaria (S.I.C.) e zone speciali di conservazione (Z.P.S.)
destinate a far parte di una rete ecologica comunitaria denominata Natura
2000, a cui applicare le necessarie misure per la salvaguardia,
il mantenimento ed, eventualmente, il ripristino di un habitat naturale
soddisfacente alle specifiche peculiarità del sito
L’Italia, dopo, per vero, aver molto temporeggiato, ha, infine, dato attuazione
alla Direttiva Habitat 92/43/C.E.E, con D.P.R. 8 settembre 1997, n. 357,
modificato con D.P.R. n. 12 marzo 2003, n. 120
I siti di interesse comunitario (S.I.C.) sono cosa diversa dalle aree protette,
dai parchi nazionali, regionali, dalla riserva naturali, marine;
traggono origine dal concettuale rilevante valore scientifico, naturale
“tipico o biotipico” che un habitat naturale possiede,
che si eleva ad interesse sovranazionale e che, quindi necessita di tutela.
Non ha rilevanza l’estensione di un’area o la sua abituale flora e/o fauna,
quanto piuttosto la tipicità o la rarità o se si vuole la peculiarità di una determinata
specie animale o vegetale e/o paesistica che è degna di tutela perché di
interesse sovranazionale.
Termini impiegati:
Specie indigene (s.l.):
specie vegetali presenti senza interventi umani (idiochorofite, specie indigene
s. str.) o introdotte prima del 1500 d. c. (archeofite); le uniche eccezioni sono
alcune piante prative coltivate ma naturalizzate da molto tempo
Neofite:
specie vegetali introdotte dopo il 1500 d. c.
Specie invasive:
specie che si riproducono rapidamente a scapito di specie caratteristiche di
vari ambienti naturali
Lista nera:
inventario regionale delle neofite invasive particolarmente aggressive
Semenza di base:
insieme delle sementi raccolte in natura in vista di una moltiplicazione; la
raccolta deve essere fatta almeno a partire da 40 individui (per le specie rare
o minacciate v. le „Raccomandazioni concernenti la coltura ex situ di specie
selvatiche minacciate e la loro rintroduzione nelle popolazioni naturali“, CPS,
1997)
Miscela:
combinazione di specie definita qualitativamente e quantitativamente,
commercializzata come tale e di qualità controllata
Criteri che giustificano la coltivazione ex situ
di una specie selvatica minacciata:
-La specie è minacciata a livello europeo, svizzero o regionale
-- Determinate popolazioni di queste specie sono compromesse in modo irrimediabile
(ad. es. da costruzioni).
- Il prelievo di semi o di parti della pianta non nuoce alle popolazioni esistenti.
Particolare prudenza deve essere rivolta alle specie annuali e bisannuali
o monocarpiche (ridotto processo di fioritura), i cui effettivi di popolazione
dipendono essenzialmente dalla produzione di semi.
- Esistono siti naturali o di sostituzione idonei alla reintroduzione delle specie coltivate.
Conservazione ex situ
La conservazione ex situ è una strategia fondamentale di conservazione della
biodiversità quando questa è gravemente minacciata, oppure quando il numero
degli individui di una specie è fortemente ridotto.
Essa presenta tuttavia lo svantaggio di mantenere solo una parte della variabilità
genetica dei taxa, che può essere soggetta a deriva genetica.
Il collegamento stretto tra i centri di conservazione ex situ ed i centri di
sperimentazione e di impiego in situ rappresenta una efficiente soluzione per
mantenere la variabilità delle specie per le quali non è possibile la conservazione
in situ.
Pertanto un programma di conservazione della biodiversità deve prevedere
un equilibrato bilanciamento dei due tipi di conservazione.
Oltre a mantenere le risorse genetiche esistenti, la conservazione è
funzionale anche ad altri importanti obiettivi:
- sviluppare nuove cultivar, razze e ceppi durante i programmi di
miglioramento genetico;
-fornire popolazioni di riserva o stock da utilizzare per consentire la
sopravvivenza delle specie durante le fasi di reintroduzione e
ripopolamento o per favorire il recupero e la riabilitazione degli habitat;
-fornire materiale per l'industria, per l'agricoltura, per la formazione e la
ricerca;
-assicurare, attraverso lo stoccaggio a lunga scadenza, materiale per
bisogni futuri;
-fornire materiale per la formazione di una coscienza ambientale.
Conservazione ex situ
Presso collezioni, pubbliche e private, di conservazione del germoplasma ex situ sia
di specie coltivate (vegetali e microbiche) e allevate (animali), sia di specie selvatiche:
a) germoplasma vegetale a partire dagli Istituti del MIPA, MURST, CNR, ENEA,
Centro per la Conservazione delle piante da frutto, collezioni esistenti negli Orti botanici
di ogni tipo, comprendendo anche quelle private legate alle imprese sementiere,
alle istituzioni private, alle Fondazioni, agli orti botanici privati, alle ONG ecc.;
b) germoplasma animale;
c) germoplasma microbico (batteri, funghi) e virale (virus animali, vegetali e batterici)
comprendendo le collezioni esistenti presso Università ed istituti di ricerca pubblici,
ufficialmente riconosciute
Conservazione ex situ presso gli Orti Botanici
- conservazione e la tutela della biodiversità in
senso lato attraverso tecniche di conservazione
ex situ della flora di interesse:
regionale,
nazionale e
mondiale.
La conservazione ex situ, almeno nel breve e medio periodo, è spesso
l’unico strumento che consente di salvaguardare molte specie
dall’estinzione o dall’erosione genetica, specialmente a livello locale.
Le principali attività della conservazione ex situ comprendono:
Mantenimento di collezioni viventi
Propagazione e coltivazione in vivai e attrezzature specializzate
Banche germoplasma
Micropropagazione e coltivazione di tessuti
2005- "RIBES", "Rete Italiana di Banche del germoplasma per la
conservazione Ex Situ della flora spontanea";
occuperà di progetti a livello nazionale, riguardanti specie a rischio di
estinzione e quelle utili per interventi di rinaturalizzazione
Banca del Germoplasma: laboratorio biologico
che attraverso la crioconservazione a -20°C dei
semi (embrioni, cellule somatiche) delle piante
selvatiche e ne proietta la loro esistenza per le
generazioni future.
I semi opportunamente preparati (disidratati e
crioconservati), conservano in questo modo la
loro vitalità per secoli.
si stima, infatti, che attualmente esistono circa
1300 Banche di Germoplasma in tutto il mondo.
Raccolta di materiale vegetale controllato sotto
il profilo genetico e fitosanitario per:
1- conservare il patrimonio genetico delle
piante da esterno per operatori e studiosi;
2- fornire materiale di propagazione di
qualità a chi interessato;
3- aggiornare il settore delle novità vegetali.
Semi ortodossi: possono essere disidratati e
conservati a basse temperature rimanendo vitali
per numerosi anni. Sono I più idonei a essere
conservati in una banca del seme.
Semi recalcitranti: non tollerano la
conservazione a basse temperature senza
danni al DNA. Per questi semi sono necessarie
altre forme di conservazione.
Banca del seme
Raccolta
Preparazione dei semi
Disidratazione dei semi
impacchettamento
Conservazione -18°C
Periodici test di germinazione
Rigenerazione di semi
riconservazione
L'attività spazia, oltre che alla raccolta e
conservazione dei semi all'istituzione e
all'impianto di campi-collezione locali,
dagli interventi di educazione scolastica alla
sensibilizzazione dell'opinione pubblica sul
tema dell'erosione genetica e della
salvaguardia della biodiversità.
Obiettivi principali di queste ricerche sono:
- la salvaguardia e la valorizzazione del
germoplasma delle principali specie
-l'ottenimento mediante programmi di
miglioramento genetico attraverso incrocio di
nuove selezioni piante.
Vengono eseguiti studi di caratterizzazione
varietale e clonale con isolamento di
marcatori molecolari per lo studio della
biodiversità e per la certificazione del
materiale vegetale.
PCR analysis for characterization of landraces
DICE
Profilo SSR
MosGia
MalBia
Mont
MosGiaMW
MalLaz
ChaDor
SanGio
0.30
0.37
0.44
Coefficient
0.50
0.57
Piante Madri
Dopo la verifica di rispondenza genetica e di
assenza di patogeni costituzione di campi di
Piante Madri. Questi rappresenteranno la
sorgente primaria di materiale di propagazione
qualificato.
Le banche del germoplasma sono strutture nelle
quali vengono raccolti e conservati individui di
specie o varietà diverse.
La costituzione di queste strutture ha avuto sinora
per lo più uno scopo conservativo, di
salvaguardare cioè il patrimonio genetico delle
specie, le cui differenti combinazioni determinano
quelle diversità, che sono state e sono tuttora la
base del miglioramento delle piante.
Questa definizione è tuttavia restrittiva del ruolo e
funzione di una banca di germoplasma, poiché si
suppone che la struttura agisca solo come raccolta
ed eccezionalmente, reimmetta materiale nel ciclo
produttivo. In realtà raccolta e catalogazione sono
azioni indispensabili per costituire definire e
standardizzare le sorgenti di tutto il materiale usato
per interventi in agricoltura, sull’ambiente, nel
settore forestale; tale materiale non solo deve
essere conservato e tramandato, ma,
periodicamente controllato e ridistribuito agli utenti.
Fin dall'antichità l'uomo ha sempre cercato di
utilizzare processi biologici per fini produttivi. Per
migliaia di anni, all'oscuro delle leggi biologiche
ha lavorato sugli organismi per ottenere o
modificare quanto era prodotto dalla natura.
Sono biotecnologie classiche: il miglioramento
genetico ottenuto attraverso l'incrocio,
l'ibridazione e la selezione artificiale.
La costituzione di nuove cultivar è stata, del tutto
casuale, essendo basata sulla selezione di
semenzali ottenuti dalla libera impollinazione di
piante spontanee o coltivate.
In alternativa si faceva ricorso a tecniche di
incrocio intervarietale ottenuto mediante
impollinazione controllata dei fiori
preventivamente demasculati e isolati dalla pianta
madre, o facendo ricorso all'ibridazione
interspecifica.
CONSERVAZIONE DEL GERMOPLASMA
la conservazione per crescita minima;
la crioconservazione.
La conservazione per crescita minima consiste
nel rallentare la crescita degli espianti in
maniera tale da allungare la durata di ciascuna
subcoltura da circa 30 giorni ad almeno un
anno. Tale scopo viene raggiunto agendo sulle
condizioni fisiche, nutrizionali o mediante
l'aggiunta di particolari regolatori di crescita.
La crioconservazione rappresenta il
principale strumento per la conservazione a
lungo termine e la costituzione di banche di
geni per lo scambio internazionale. Essa si
basa sulla riduzione ed il successivo arresto
delle funzioni metaboliche del materiale
biologico, conservandone la piena vitalità.
Tale scopo viene raggiunto portando gli espianti
a valori di temperatura ultra bassa (-70°C) o
preferibilmente sfruttando le proprietà dell'azoto
liquido. Concrete possibilità di utilizzo di queste
tecnologie "in vitro" per la conservazione del
germoplasma sono state ottenute su numerose
specie tra le quali ricordiamo la patata, la carota,
il pomodoro, la fragola, l'ananas e l'olivo.
COLTURE CELLULARI "IN VITRO"
OVVERO LE PIANTE IN PROVETTA
• L'insieme delle tecniche che consentono di coltivare parti
di vegetali su idonei mezzi di coltura in condizioni di
sterilità ed in ambiente controllato.
• La totipotenza cellulare è il presupposto di base per lo
sviluppo di questa tecnica. Gli espianti utilizzati per la
coltura "in vitro" si possono classificare in due categorie:
• -nella prima, vengono raggruppati gli espianti che
contengono strutture meristematiche preformate come
apici, germogli e nodi;
• nella seconda vengono raggruppati gli espianti costituiti
da tessuti differenziati come porzioni di foglie, di stelo, di
radici o di fiori.
Ne deriva che, nel primo caso il mezzo di coltura
dovrà favorire l'espressione del programma di
sviluppo già contenuto nell'espianto mentre nel
secondo caso, il mezzo di coltura dovrà indurre
una dedifferenziazione delle cellule specializzate
in modo da far riacquistare la capacità
meristematica o embriogenetica.
In entrambi i casi il primo obiettivo rimane
quello di mantenere le cellule in attività e di
favorire gli scambi con il substrato.
I mezzi di coltura rappresentano la fonte
principale dalla quale gli espianti traggono tutto
il loro nutrimento.
Essi consistono in soluzioni acquose o
agarizzate contenenti tre gruppi fondamentali
di sostanze: elementi minerali, sostanze
organiche, e regolatori di crescita.
La misurazione del pH del mezzo di coltura
risulta di particolare importanza in quanto solo
ad intervalli molto ristretti, compresi tra 5.0 e
6.0, le sostanze necessarie alla crescita degli
espianti risultano disponibili.
I germogli "in vitro" sono eterotrofi, traggono
zuccheri direttamente dal substrato e fissano
solo in minima parte la CO2.
ll mantenimento della sterilità è uno dei requisiti
fondamentali per tutti i tipi di coltura "in vitro" in
quanto i mezzi di coltura utilizzati rappresentano
un ottimo habitat anche per batteri e funghi che
possono essere presenti sull'epidermide vegetale.
La rimozione di essi diventa dunque
indispensabile se si vuole evitare la
contaminazione al momento dell'inizio delle
colture "in vitro".
MICROPROPAGAZIONE
Tecnica di propagazione agamica ormai
diventata per molte specie un sistema di
moltiplicazione alternativo alle tecniche
tradizionali di propagazione.
L'obiettivo di tale metodologia è quello di
ottenere in tempi brevi ed a costi contenuti, un
grande numero di piantine, identiche sia
genotipicamente che fenotipicamente alla pianta
di partenza precedentemente selezionata per
caratteristiche fisiologiche e produttive di pregio.
La micropropagazione consiste nell'allevare le
gemme o le microtalee su idonei mezzi di coltura
addizionati di ormoni vegetali in maniera tale da
esaltare al massimo la produzione di nuovi
germogli.
Le piante ottenute con questa tecnica sono
uguali alla “pianta madre" e per questo cloni della
pianta che ha donato il tessuto.
Nel processo di micropopagazione distinguiamo le
seguenti fasi:
•Induzione e stabilizzazione delle colture in
ambiente asettico.
•Promozione dell'attività rigenerativa e
moltiplicazione dei nuovi germogli.
•Induzione e sviluppo di nuove radici alla base dei
germogli.
•Trapianto ed acclimatazione.
Germogli di olivo in fase di moltiplicazione
ORGANOGENESI DIRETTA
E' una metodologia volta all'ottenimento di
germogli o radici, direttamente da tessuti messi in
coltura, senza passare attraverso le fasi di callo.
La capacità di rigenerazione diretta è caratteristica
di un numero ristretto di specie e limitato ad alcuni
tessuti.
Differenziazione di apici radicali su foglia di anacardio
ORGANOGENESI INDIRETTA
Sebbene l'organogenesi "in vitro" possa avvenire
direttamente su espianti primari, in alcuni casi
essa avviene su degli ammassi cellulari
denominati "calli".
In questo caso tessuti organizzati come foglie,
radici, fusti ecc... perdono la loro struttura
specializzata per accrescersi sottoforma di un
ammasso di cellule disorganizzate.
L'induzione e la crescita del callo è favorito dalla
presenza nel mezzo di coltura di elevate
concentrazioni di auxine e basse di citochinine.
.
Il fenomeno dell'organogenesi può essere diviso in
due fasi:
1) induzione
2) determinazione.
Durante la prima fase una o più cellule
riacquistano la capacità di dividersi dando origine
a centri meristematici.
Nella seconda fase i centri meristematici
acquistano una polarità indirizzandosi verso la
formazione di un apice radicale o apicale.
Organogenesi indiretta in callo di Kiwi
Caratteristiche del callo
Le cellule messe in coltura possono accrescersi
sottoforma di un ammasso disorganizzato di
cellule denominato callo.
Tessuto in grado di proliferare continuamente
dando origine ad una massa istologica di forma
irregolare le cui cellule vengono considerate le
meno differenziate di tutte le cellule di una pianta.
Frequentemente nei calli è possibile osservare il
fenomeno della citodifferenziazione, cioè della
formazione nel suo interno di elementi
differenziati come tracheidi, cellule tuberose,
cellule cambiali, cellule floematiche.
La diversità dei costituenti cellulari è
fortemente influenzata da numerosi
fattori (pH, stato fisiologico della pianta
madre, ormoni, temperatura ecc.) inoltre
durante la formazione dei calli possono
avvenire numerosi cambiamenti a carico
del numero e della struttura dei
cromosomi.
EMBRIOGENESI SOMATICA
Mediante tale processo cellule somatiche si
sviluppano gradualmente in piante attraverso gli
stadi embriologici caratteristici,senza la fusione
dei gameti.
Tale processo implica la formazione di strutture
bipolari provviste sia di apice radicale che di
apice caulinare indispensabili al normale sviluppo
della plantula.
A partire dallo stadio globulare, è possibile
osservare la progressione della polarità
attraverso uno stadio a cuore, a torpedo fino alla
formazione dei cotiledoni e la completa
differenziazione della plantula.
Tale fenomeno può essere indotto sia
direttamente,in cellule appartenenti ad una
struttura differenziata (foglie, stelo, radici,
cotiledoni ecc.) sia indirettamente in calli allevati
su un mezzo agarizzato o in sospensioni
cellulari.
Una volta ottenuti gli embrioni somatici è
possibile manipolare tali strutture in modo da
ottenere semi artificiali.
STADII DI EMBRIOGENESI
Embriogenesi somatica in tessuti di palma da dattero
RISANAMENTO DA VIRUS
Le virosi delle piante sono un gruppo di
affezioni molto temute in agricoltura.
I virus si possono trasmettere da pianta a
pianta, per contatto, per seme, per polline, per
propagazione vegetativa,per mezzo di funghi e
per vettori animali.
Le malattie virali non sono curabili con
trattamenti in campo, l'unico modo per
controllarle rimane la prevenzione.
Il risanamento di piante infette prevede
essenzialmente due tecniche:
la termoterapia e la coltura di meristemi.
La termoterapia consiste nel sottoporre la pianta
ad una temperatura di 35°-38°C per alcune
settimane in modo da inattivare gli agenti virali
sensibili al calore.
La coltura di meristemi, consiste nel
prelevare un apice vegetativo ed allevarlo
"in vitro" in questo modo si otterrà l'intera
pianta risanata, condizione confermata
da saggi virologici.
Foglie affette da virosi
Apice meristematico
Foglie risanate
Foglie risanate
MIGLIORAMENTO GENETICO
Le piante rigenerate da callo mostrano spesso
un genotipo diverso dalla pianta di partenza. Le
alterazioni indotte dalla coltura "in vitro" sono
molteplici e possono implicare alterazioni
genomiche, cambiamenti nel numero
cromosomico, mutazioni geniche.
La grande variabilità genetica liberata dalle
colture "in vitro" può essere sfruttata per il
miglioramento genetico delle piante coltivate,
con il notevole vantaggio di lavorare in poco
spazio su un altissimo numero di genotipi
differenti.
Le procedure utilizzate per la selezione si basano
sull'uso di sostanze o di metaboliti ai quali
possono sopravvivere solo mutanti resistenti.
Ad oggi concreti risultati sono stati ottenuti nella
selezione di specie resistenti ad avversità biotiche
ed abiotiche come elevate concentrazioni di sali
nel suolo, carenza idrica, tossine, molecole di
pesticidi.
Miglioramento genetico in alcune specie di interesse
agrario
PIANTE TRANSGENICHE
Si definiscono piante transgeniche o piante
geneticamente modificate quelle piante che
hanno ricevuto geni da piante o organismi molto
diversi i quali si sono inseriti stabilmente nel loro
genoma attraverso tecniche di ingegneria
genetica.
Con il termine di ingegneria genetica, si fa
riferimento alle tecniche che permettono di
manipolare il DNA di una specie in modo che
essa esprima una caratteristica genetica che in
natura non possiede o che pur possedendo non
esprime in misura sufficiente.
La selezione di piante dotate di caratteristiche
favorevoli ai fini alimentari, qualitativi, o
comportamentali, tradizionalmente basata su
tecniche che sfruttano il flusso genetico
esistente tra individui della stessa specie o di
specie affini trovavano la loro limitazione nelle
barriere riproduttive.
La natura non ha mai violato le barriere naturali,
cioè non ha mai creato relazioni fra mondo
animale e vegetale, né ha trasferito geni fra
piante geneticamente lontane.
Le moderne tecniche di ingegneria genetica,
invece, sono concepite proprio per il
superamento delle barriere riproduttive
naturali;
esse modificano il corredo genetico degli
organismi attraverso l'introduzione diretta o
artificiale di geni provenienti da organismi
molto diversi operando proprio per superare i
limiti imposti dalla natura al flusso genico tra
organismi differenti.
La possibilità di manipolare il patrimonio
genetico è nata con la conoscenza
della biochimica e della biologia molecolare
di Agrobacterium tumefaciens, un batterio
parassita di molte specie dicotiledoni.
La capacità di trasferire porzioni discrete di DNA
nel genoma vegetale tramite Agrobacterium ha
aperto le frontiere dell'ingegneria genetica
vegetale.
Teoricamente, grazie alle tecniche del DNA
ricombinante, qualsiasi frammento di DNA può
essere inserito nel plasmide Ti di Agrobacterium
e da qui trasferito ad una pianta ospite.
IL gene che si vuole introdurre deve essere
preceduto da una sequenza di DNA,
il promotore,
che regola l'espressione del gene stesso;
per poter facilmente selezionare le cellule o i
tessuti in cui si è avuta l'integrazione del nuovo
frammento di DNA, è necessario che sul DNA da
trasferire siano presenti uno o più geni marcatori,
per es. la resistenza ad un antibiotico.
Coltivazione di mais trasngenico
Perché si producono piante transgeniche:
-Protezione e miglioramento della produttività
(piante: tolleranti gli erbicidi)
-resistenti agli insetti con geni che naturalmente
sono antagonisti di alcuni insetti, come il Bacillus
thuringensis (Bt)
-resistenti ai virus mediante ad esempio un
suicidio programmato per le cellule infettate
resistenti a batteri e funghi alterandone con
enzimi specifici la parete cellulare
Miglioramento delle proprietà agronomiche
Esempio di questo è l'inserimento di geni per la
resistenza alle basse temperature in pomodori e
fragole.
Miglioramento della qualità del raccolto
Si può effettuare mediante copie antisenso per
inibire i geni della maturazione (quelli che
permettono la produzione di etilene)
Miglioramento di qualità nutrizionali
Per questo aspetto sono in studio l'inserimento
in piante di largo consumo geni per la
produzione di vitamine, amminoacidi essenziali,
edulcoranti che sostituiscano i carboidrati.
Nascita di una pianta transgenica
Ancora oggi viene usato come vettore per la
trasformazione delle piante il batterio
Agrobacterium tumefaciens. Questo organismo
infettando le cellule vegetali introduce anche il
suo plasmide che oltretutto è induttore di un
tumore che prende il nome di Galla.
Eliminando alcuni geni del plasmide Ti che
inducono la malattia e sostituendoli con altri
geni si può avere il trasferimento e
l'integrazione del gene estraneo nel genoma
del vegetale ricevente.
Tale tecnica si avvale della qualità delle piante di
avere delle cellule totipotenti, cioè da ognuna
possiamo ottenere una piante completa.
Purtroppo in alcune piante, monocotiledoni, come il
frumento, il riso ed il mais l'infezione da parte di
Agrobacterium non avviene e quindi non è possibile
utilizzare la tecnica precedente.
Un metodo alternativo può essere il cannone a
particelle
di DNA. Questo metodo è
caratterizzato da un piccolo strumento capace di
"sparare" letteralmente un microproiettile di DNA
legato a tungsteno nelle cellule vegetali
bersaglio. In entrambi i processi l'efficienza della
trasformazione è di 1/10.000.