I poeti di fronte alla bellezza del cielo :
Giacomo Leopardi: oltre la negazione, l’inno
Giovanni Pascoli: l’enigmaticità del cosmo
Giuseppe Ungaretti: il desiderio, nostalgia di stelle
Ada Negri: l’unità fra cielo e terra
Non avevo mai veduto una notte simile. Il velluto della volta era quasi scomparso
sotto il brulichio fremente delle stelle. Si sarebbe detta una polvere d’oro e di fuoco
donde uscivano, con enigmatica insistenza, simili a grossi chiodi dorati, e sfaccettati,
astri che non riconoscevo.
Da levante a ponente stendeva la via lattea una sciarpa d’un nitore e d’un candore
mai visti. Tutto era misteriosamente carico di aspettazione, di significazione.
(Daniel Rops, Notturno a Ghardaia)
Che fai tu luna in ciel?
Dimmi, che fai
Silenziosa luna?
Che fa l’aria infinita,
e quel profondo
Infinito seren?
Che vuol dir questa
solitudine immensa?
Ed io che sono?
(G. Leopardi, Canto notturno di
un pastore errante dell’Asia)
Dolce e chiara è la notte e senza vento,
E queta sovra i tetti e in mezzo agli orti
Posa la luna, e di lontan rivela
Serena ogni montagna
(G. Leopardi, La sera del dì di festa)
.
O graziosa luna, io mi rammento
Che, or volge l’anno, sovra questo colle
Io venia pien d’angoscia a rimirarti:
E tu pendevi allor su questa selva
Siccome or fai, che tutta la rischiari
(G. Leopardi, Alla luna)
Vecchierel bianco, infermo,
Mezzo vestito e scalzo,
Con gravissimo fascio in su le spalle
Per montagna e per valle,
Per sassi acuti, ed alta rena, e fratte,
Al vento, alla tempesta, e quando avvampa
L’ora, e quando gela,
Corre via, corre, anela,
Varca torrenti e stagni,
Cade, risorge, e più e più s’affretta,
Senza posa o ristoro,
Lacero, sanguinoso; infin ch’arriva
Colà dove la via
E dove il tanto affaticar fu volto:
Abisso orrido, immenso,
Ov’ei precipitando, il tutto obblia.
Vergine luna, tale
È la vita mortale
(Canto notturno)
Pur tu solinga, eterna peregrina,
Che sì pensosa sei, tu forse intendi,
Questo viver terreno,
Il patir nostro, il sospirar, che sia;
Che sia questo morir. Questo supremo
Scolorar del sembiante,
E perir della terra, e venir meno
Ad ogni usata, amante compagnia.
E tu certo comprendi
Il perché delle cose, e vedi il frutto
Del mattin, della sera,
Del tacito, infinito andar del tempo.
Tu sai, tu certo, a qual suo dolce amore
Rida la primavera,
A chi giovi l’ardore, e che procacci
Il verno co’ suoi ghiacci.
Mille cose tu sai, mille discopri,
Che son celate al semplice pastore.
(Canto notturno)
Scende la luna;
e si scolora il mondo;
Spariscon l’ombre,
ed una oscurità
la valle e il monte imbruna;
Orba la notte resta
(G. Leopardi, Il tramonto della luna)
E quando miro
Quegli più senza alcun fin remoti
Nodi quasi di stelle,
Ch’a noi paion qual nebbia, a cui non l’uomo
E non la terra sol, ma tutte in uno,
Del numero infinite e della mole,
Con l’aureo sole insiem, le nostre stelle
O sono ignote, o così paion come
Essi alla terra, un punto
Di luce nebulosa; al pensier mio
Che sembri allora, o prole
Dell’uomo?
December
20, 2006 La ginestra)
Torino
(G. Leopardi,
9
Io guardo là dove biancheggia un denso
E rotolando
fuggir lo strale
Sciame di mondi, quanti
atomiper
a volo
D’acuto
fuoco eche
le ruma in cuore,
Sono in un raggio alla
Galassia
penso:
Ella esalava per lo spazio freddo
O Sole, eterno tu non sei – né solo! –
Ansimando il suo grave alito azzurro
(G.
ciocco)
(G. Pascoli,
Pascoli, Il Il
ciocco)
Tempo sarà che tu, Terra, percossa
Dall’urto d’una vagabonda mole,
Divampi come una meteora rossa;
E in te scompaia, in te mutata in Sole,
morte con vita, come arde e scompare
La carta scritta con le sue parole.
(Il ciocco)
Se mi si svella,
se mi si sprofondi
L’essere, tutto l’essere,
in quel mare d’astri,
in quel cupo vortice di mondi!
(G. Pascoli, La vertigine)
Giù giù, via via, sperar… che cosa?
La sosta! Il fine! Il termine ultimo! Io,
Io te, di nebulosa in nebulosa,
Di cielo in cielo, in vano e sempre, Dio!
(La vertigine)
E tu, Cielo, dall’alto dei mondi
Sereni, infinito, immortale,
Oh! D’un gran pianto di stelle lo inondi
Quest’atomo opaco del Male!
(G. Pascoli, X agosto)
E la Terra sentii nell’Universo.
Sentii, fremendo, ch’è del cielo anch’ella.
E mi vidi quaggiù piccolo e sperso
Errare, tra le stelle, in una stella
(G. Pascoli, Il bolide)
Cielo e Terra dicono qualcosa
L’uno all’altro nella dolce sera.
Una stella nell’aria di rosa,
Un lumino nell’oscurità.
La Via Lattea s’esala nel cielo,
Per la tremola serenità
(G. Pascoli, L’imbrunire)
Ma dentro di me dov'esserci per forza,
capite? qualcosa di quest'infinito, se no
io non lo intenderei, come non lo
intende... che so? questa mia scarpa,
putacaso, o il mio cappello. Qualcosa
che, se io affiso... così... gli occhi alle
stelle, ecco, s'apre, egregio professore,
s'apre e diventa, come niente, plaga di
spazio, in cui roteano mondi, dico mondi,
di cui sento e comprendo la formidabile
grandezza
(L. Pirandello, La rallegrata)
Alla mia solitudine di gelo,
al mio sgomento,
al mio lento morire
parla ne le stellate notti il cielo
d'altre arcane vicende da subire,
sempre dentro al mistero
e in questo anelo.
«E fino a quando?» l'anima sospira.
Infinito silenzio in alto accoglie
la sua dimanda. Pur tremante mira
le stelle in ciel, quasi animate foglie
d'una selva, ove arcano alito spira.
(L. Pirandello, La viglilia)
Chiuso fra cose mortali
(Anche il cielo stellato finirà)
Perché bramo Dio?
(G. Ungaretti, Dannazione)
Stella, mia unica stella,
Nella povertà della notte, sola,
Per me, solo, rifulgi;
Ma, per me, stella
Che mai non finirai d’illuminare,
Un tempo ti è concesso troppo breve,
mi elargisci una luce
Che la disperazione in me
Non fa che acuire.
(G. Ungaretti, Stella)
Quale canto s’è levato stanotte
Che intesse di cristallina eco del cuore
Le stelle
Quale festa sorgiva
Di cuore a nozze
Sono stato
Uno stagno di buio
Ora mordo
Come un bambino la mammella
Lo spazio
Ora sono ubriaco
D’universo
(G. Ungaretti, La notte bella)
Nell’ombra azzurra,
brulicar di stelle.
Non lume ai campi.
Tutto lumi il cielo.
E più gli occhi v’immergo,
e più s’accresce
quel tremolio, quel palpito,
quel folle
moltiplicarsi d’astri:
- e più mi perdo
nell’infinita vastità del coro
che d’angelici accordi
empie gli spazi
(A. Negri, Cielo stellato)
Forse, notte, dolce notte,
chiara per dileguar di luna piena
o fasciata d’opache ombre, o sorrisa
da maraviglia di remote stelle:
forse, dolce, dolce notte,
nel mio sì lungo errar sopra la terra
io non t’ho amata come tu chiedevi.
(A. Negri, Notte, dolce notte)
.
Ed ecco la stella, che
avevano visto nel suo
sorgere, li precedeva,
finché giunse e si fermò
sopra il luogo dove si
trovava il bambino.
Al vedere la stella, essi
provarono una
grandissima gioia.
Entrati nella casa, videro
il Bambino con Maria sua
madre, e prostratisi lo
adorarono.
(Matteo 2,6)
BUON NATALE