Le teorie della grande impresa
moderna
Berle e Means:
la proprietà dell’impresa
Coase: la natura dell’impresa
Penrose: l’espansione dell’impresa
Chandler: strategia e struttura
Porter: l’impresa e la strategia competitiva
Williamson: l’impresa e i costi di transazione
La teoria evolutiva dell’impresa
Storia d’impresa e teoria dell’impresa
Storia d'impresa 2015-16
Il contesto storico
•
nel 1930 le 200 maggiori corporations controllavano la metà della ricchezza
detenuta sotto forma societaria del paese
•
i circa 2.000 individui che controllavano tali società avevano quindi nelle loro
mani più di 1/5 della ricchezza USA
•
ridimensionamento del capitalismo familiare ottocentesco, composto da
imprese in cui il proprietario degli assets, era anche gestore e direttore
•
Tale trasformazione era iniziata negli ultimi decenni dell’800 nel settore delle
ferrovie, coinvolgendo via via tutti i settori più moderni dell’industria e dei
servizi (AT&T: nel ‘29 570.000 azionisti)
•
forti preoccupazioni nei contemporanei , che temevano la capacità degli
“interessi costituti” ( finanza, oligopoli, burocrazie manageriali) di manipolare il
mercato e di inquinare il progresso
•
necessità dellintervento pubblico per regolare il mercato e difendere la
concorrenza (Sherman Act, authorities ecc.)
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Adolf BERLE e Gardiner MEANS: The Modern
Corporation and Private Property (1933)
L’opera di B&M, così come quella successiva di
Coase, è paradigmatica di un’epoca e di un
paese: gli USA del decennio post-crisi, in cui si
verifica quel processo di ristrutturazione del sistema
capitalistico e imprenditoriale definito:
→ corporate reconstruction of american capitalism
• cioé affermazione del big business, ormai
l’istituzione predominante della vita economica
organizzato in grandi corporations, cioè SpA gestite
da gerarchie manageriali
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La società per azioni moderna
La società per azioni è divenuta, da un lato, lo strumento mediante il quale esercitare il
diritto di proprietà e, dall’altro, un mezzo fondamentale di organizzare la vita
economica
I
il sistema delle s.p.a., col rendere facilmente trasferibili le quote di partecipazione dei
proprietari, ha reso possibile la concentrazione della ricchezza di innumerevoli
individui in enormi aggregati l(big business), il cui controllo è stato ceduto a un
ristretto gruppo di persone
La direzione dell impresa risulta quindi affidata a persone diverse da quelle che hanno in
essa investito, ovvero
*separazione fra proprietà e controllo
Talvolta l’eccezionale diffusione fra il pubblico di quote azionarie (sovente centinaia di
migliaia di detentori), ha fatto sì che la moderna s.p.a possa essere considerata
come un’impresa “quasi pubblica” (public company)
La separazione della proprietà dal controllo determina una situazione per cui gli interessi
dei proprietari possono divergere da quelli di chi dirige l’impresa► Teoria
dell’agenzia (Jensen e Mackling 1976, Fama 1980)
• Possono sopravvivere e prosperare - tuttavia - anche grandi imprese (come negli
anni ’30 la Ford) che restano in mano a famiglie singole o gruppi ristretti
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Ronald COASE: La natura dell’impresa (1937)
Il saggio è stato scritto nei primi anni Trenta, durante un
soggiorno di studio del britannico Coase in USA.
-C. osservava che milioni di piccoli azionisti (diverranno
decine di milioni dopo la II guerra mondiale)
possedevano grandi imprese gestite da gerarchie
manageriali.
-La teoria neoclassica tradizionale si mostrava inadatta
a spiegare il funzionamento di queste entità complesse.
L’analisi di Coase muove dal tentativo di fornire
un’analisi realistica dell’impresa
R. Coase, premio Nobel
Per l’economia nel 1991
Storia d'impresa 2015-16
s
concetti base
Soltanto quando la dimensione concorrenziale è dominante (quando il negoziare
è senza costi) può aversi la soluzione efficiente predetta dalla teoria
neoclassica
☞ infatti se il coordinamento dell’attività economica viene effettuato al meglio
dal meccanismo dei prezzi come sostiene quella teoria, perché esiste
l’impresa, cioè un’organizzazione coordinata come “isola di potere
consapevole”?
All’esterno dell’impresa i movimenti dei prezzi dirigono la produzione,
coordinata dagli scambi di mercato
All’interno dell’impresa, le transazioni di mercato sono eliminate e al posto
della struttura del mercato c’è l’imprenditore (il manager) che dirige la
produzione
“Si tratta di metodi alternativi di coordinamento della produzione”
Come spiegare questa scelta fra le due alternative?
C. introduce il concetto di “costo d’impiego dei meccanismi di mercato”, poi
entrato familiarmente in uso con la denominazione di transaction costs
Storia d'impresa 2015-16
Segue:
Per condurre a termine una transazione è necessario:
•
determinare con esattezza quali sono gli attori che vi sono coinvolti,
•
possedere le informazioni relative ai termini impliciti ed espliciti che
ciascuno di essi intende,
•
condurre le necessarie trattative, stendere i contratti, stabilire le penalità,
•
effettuare un continuo monitoraggio per assicurare il rispetto delle
condizioni;
→ “il funzionamento del mercato provoca un certo costo; formando
un’organizzazione e permettendo ad un’autorità (un imprenditore) di
dirigere le risorse, possono essere risparmiati taluni costi di contrattazione ”
L’impresa, internalizzando le transazioni, può minimizzare i loro costi, risultando
così più efficiente del mercato
Perché, tuttavia, se con l’organizzazione si possono eliminare taluni costi e di
fatto ridurre il costo di produzione continuano sussistere le transazioni di
mercato?
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Segue:
Perché l’intera produzione non viene effettuata da una sola grande impresa?
Per almeno tre motivi:
1. al crescere della scala dell’impresa possono verificarsi rendimenti
decrescenti della funzione imprenditoriale
2. all’aumentare delle transazioni l’impresa non è più grado di realizzare
l’ottimale allocazione delle risorse
3. perché l’impresa di piccole dimensioni può avere “altri” vantaggi” superiori a
quelli di una grande impresa
Un’impresa tenderà ad espandersi quindi fino a che i costi di organizzare una
transazione in più al suo interno non eguaglieranno i costi di effettuazione
della stessa sul mercato, o i costi di organizzare un’impresa diversa
Le modalità di crescita dell’impresa sono quelle della combinazione
(integrazione orizzontale) o dell’integrazione (integrazione verticale)
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EDITH T. PENROSE, L’espansione dell’impresa (1959)
•
La teoria della crescita della impresa della
Penrose (1914-96) risente della frequentazione
dell’autrice anglo-americana dei circoli economi
internazionali ed europei.
•
Schumpeter inoltre ebbe notevole influenza
sulla sua opera.
•
La teoria ha conosciuto in tempi recenti un
grande ritorno di interesse, quasi un punto di
arrivo della riflessioni sull imprenditore e
sull’impresa finora evocate.
•
Essa si distacca in maniera evidente (per quanto
non polemica) dal mainstream
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concetti base
•
L’impresa è un insieme di risorse, materiali e umane, coordinate da un organizzazione allo
scopo di produrre beni e servizi da vendere sul mercato in cambio di un profitto.
•
Proprio il coordinamento amministrativo delle risorse segna i confini (à la Coase)
dell’impresa rispetto al mercato.
•
Ciascuna impresa è unica: ciò che la rende unica è l’eterogeneità dei servizi che quelle
risorse possono fornire.
•
Le risorse costituiscono un potenziale insieme di servizi: le modalità con cui queste
opportunità sono colte da ciascuna impresa, ovvero la sua crescita, derivano dalla sua
specifica esperienza, dai suoi programmi e dal suo capitale umano.
•
Le risorse umane (manageriali) di ciascuna impresa sono fondamentali per pianificarne la
crescita: esse sono il frutto dell’accumulo di competenze e di conoscenze all’interno
dell’impresa e, non possono essere acquisite sul mercato
•
L’attuazione di un piano ottimale di crescita crea e libera al tempo stesso risorse: il suo
completamento, liberando le risorse impiegate, crea uno squilibrio temporaneo.
•
Ciò rappresenta una ulteriore opportunità di crescita
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segue
► La teoria della crescita dell’impresa è quindi essenzialmente un’indagine sull’evolversi delle sue
opportunità di produzione
- esse svaniscono se l’impresa non si rende conto delle possibilità di espansione, oppure non è in grado di
utilizzarle.
► Un’impresa infatti può scegliere tra il conservare il ritmo esistente o impegnarsi per scoprire nuove
opportunità: tale decisione dipende dal suo spirito di iniziativa e dalle qualità di chi svolge nell’azienda la
funzione imprenditoriale.
► Gli imprenditori, svolgono un ruolo cruciale nell’interpretare i feedback che provengono dall’ambiente esterno
•
L’interazione dinamica fra ambiente esterno e risorse interne crea le occasioni per la diversificazione.
► Qui emergono i limiti alla crescita dell’impresa: è giocoforza che le capacità e le conoscenze del suo
management pongano un limite alla sua espansione in ogni dato periodo di tempo.
•
L’ingresso in nuove aree produttive si scontra con la possibilità di estendere alle nuove opportunità di
mercato i servizi specifici e unici dell’impresa,
•
Per questa ragione è fondamentale che l’impresa sviluppi e protegga un suo proprio nucleo di attività di
base
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ALFRED D. CHANDLER: Strategia e struttura (1962)
L’influenza di Schumpeter negli USA si fece
sentire nell’immediato soprattutto sulla storia
d’impresa più che sull’economia teorica,
ormai indirizzata per i sentieri dell’ortodossia
(sintesi neoclassica)
Solo recentemente si è avuto un revival dei motivi
schumpeteriani nei filoni evolutivo e neoschumpeteriano
Invece influenza sulla storia d’impresa, specie
alla Harvard Business School,
http://www.hbs.edu/Pages/default.aspx
dove nel 1948 Schumpeter aveva organizzato il
Research Center for Entrepreneurial History.
Qui si formò A. D. Chandler, la più importante
personalità della storia d’impresa
A.D. Chandler 1918-2007
Storia d'impresa 2015-16
Strategia e struttura
•
la pianificazione e lo sviluppo dell’impresa vengono definiti una strategia: la
scelta delle mete fondamentali e degli obbiettivi di lungo periodo, così come
dei criteri di azione e di allocazione delle risorse necessari a raggiungere quegli
obiettivi
•
• l’organizzazione progettata e costruita per amministrare i settori di attività e
le risorse vengono definita una struttura, ovvero lo schema di organizzazione
attraverso il quale l’impresa viene amministrata. Esso comprende aspetti
immateriali quali:
•
- i canali di autorità e comunicazione fra i diversi uffici e i diversi funzionari
•
- le informazioni e i dati che percorrono questi canali
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Gerarchie manageriali e forme di
impresa
La organizational synthesis chandleriana diviene il paradigma dominante della disciplina. In essa elementi
dell’analisi dinamica schumpeteriana si fondono con categorie della sociologia (Max Weber,
soprattutto):
 l’innovazione resta il motore del cambiamento,
 il regista di tale cambiamento nella grande impresa moderna non è più l’imprenditore, bensì le gerarchie
manageriali:
Le gerarchie manageriali individuano e applicano le strategie più adatte alla crescita delle imprese (e quindi
del sistema economico) e adeguano allo stesso tempo le strutture dell’azienda (uffici, organizzazione,
ecc.) a quelle strategie espansive:
l’evoluzione dell’organizzazione dell’impresa vede il passaggio dalla struttura monofunzionale dell’epoca
del capitalismo famigliare alle più complesse forme multifunzionale (U-form) e multidivisionale (M-form),
le strutture gerarchico-organizzative sono indispensabili all’affermazione della grande impresa americana
del ’900.
L’analisi di Chandler si incentra quindi sul livello delle grandi corporations
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Segue Chandler
1. analisi storica del modo in cui diverse imprese svolgono una stessa attività o
funzione (Marketing, finanza ecc.)
2. esame della nascita ed evoluzione della struttura multi-divisionale nelle 4
aziende che la adottarono negli anni ’20 (duPont, G.M., Standard Oil, Sears)
► la necessità di adattare la struttura burocratica all’espansione delle imprese
spiega perché tale innovazione diviene il modello delle corporations USA
3. la tesi fondamentale è che la struttura consegue alla strategia; il tipo più
complesso di struttura è il risultato della concatenazione di diverse strategie:
i. integrazione verticale (assunzione di nuove funzioni)
ii. diversificazione (sviluppo di nuovi prodotti)
 La crescita non accompagnata da adeguamenti strutturali può portare soltanto
all'inefficienza economica.
 Storicamente il cbiamento di struttura non sempre ha accompagnato quello della
strategia. Ciò è avvenuto quando i manager risultavano troppo assorbiti da
attività di routines, e adottavano tattiche difensive per difendere i propri
privilegi
 I costruttori di organizzazioni possono essere considerati i moderni imprenditori
schumpeteriani
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U form M form
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MICHAEL E. PORTER, le forze competitive
modellano la strategia (1979)
•
•
•
•
Evidente influenza di Chandler sugli
studiosi di strategia aziendale, riuniti
intorno alla Harvard Business School.
Questi hanno contribuito in maniera
decisiva a dare fondamento concettuale
all’ approccio strategico alla gestione
dell’impresa.
Esso è caratterizzato innanzitutto
dall’esigenza di una riflessione globale
intorno all’impresa, al fine di superare le
particolarità analitiche (lo studio delle
singole funzioni aziendali), tipiche del
pensiero manageriale
Porter è il principale rappresentante
di
questo indirizzo: La Strategia
competitiva (1980) e Il Vantaggio
competitivo (1985)
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 L’accento è sulla efficienza dinamica dell’impresa: la capacità di rapportare scelte e
comportamenti interni
(quindi anche la sua organizzazione) all’ambiente esterno (contesto socio-istituzionale, mercato, tecnologia
ecc.).
 Il comportamento strategico sta non tanto nelle capacità dell’impresa di adattarsi a tale ambiente esterno, quanto
in quelle di intervenirvi e modificarlo
 la sfida per il management diviene allora quella di sviluppare una strategia competitiva in grado di valorizzare al
meglio le risorse e le competenze distintive dell’azienda in modo da assicurarle un vantaggio competitivo
 Se l’impresa non si limita ad ottimizzare il comportamento all’interno di condizioni date, allora non hanno più
senso:
- gli astratti obiettivi della massimizzazione della teoria neoclassica,
- né gli approcci deterministici del tipo struttura (del settore/mercato) - condotta-performance (dell’azienda).
Storia d'impresa 2015-16
Cinque forze influenzano la concorrenza in un settore:
•
•
•
La formulazione della strategia avviene dopo aver valutato tali forze e i punti di
forza e di debolezza dell’azienda: strategie difensive, strategie d’attacco, o
strategie a lungo termine,
Solo le ultime due possono spostare l’equilibrio: leadership di costo,
differenziazione, focalizzazione
sulla base di queste si determinerà il vantaggio competitivo dell’azienda
nel settore.
• strumento di analisi: la catena del valore
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OLIVER WILLIAMSON: Le istituzioni economiche del
capitalismo: imprese mercati, rapporti contrattuali (1986)
•
W. appartiene all’ approccio neo-istituzionalista in cui si combinano echi
dell’istituzionalismo americano, della dottrina neoclassica e specie della
scuola behaviourista (o comportamentista: H. Simon, R.M.Cyert
J.G.March).
•
Ma è influenzato anche da sociologia, psicologia e teoria
dell’organizzazione.
•
Premio Nobel per l’economia 2009
Nella teoria comportamentista il soggetto economico può contare solo su una
“razionalità limitata” e non assoluta, che impedisce la piena comprensione
della complessità del sistema e ne condiziona quindi le scelte (il contrario di
quanto sostenuto nelle concettualizzazioni neoclassiche).
•
l’impresa è una coalizione di individui e gruppi con aspirazioni e esigenze
diverse e con limitate capacità di fronteggiare simultaneamente tutti i
problemi della organizzazione di cui fanno parte,
•
- le sue decisioni si attuano attraverso la contrattazione e conciliazione fra i
membri che la compongono.
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► Williamson prende le mosse dalle questioni già poste da Coase: che cos’è un’impresa e perché esiste?
Come Coase egli spiega l’alternativa fra gerarchie e mercati in termini di transaction costs:
►Il suo contributo principale sta nell’aver analizzato le condizioni in cui avvengono queste transazioni e
come insorgono quindi costi relativi
CONCETTI CHIAVE
L’economia dei costi di transazione studia l’intera gamma delle istituzioni del capitalismo, dallo scambio di
mercato fino alla organizzazione gerarchica centralizzata, e l’intera gamma delle forme miste o
intermedie

i costi di transazione dipendono dalla natura umana dell’«uomo contrattuale» il cui comportamento di
basa su due principali assunzioni:
1. razionalità limitata in un contesto dominato dall’incertezza, che riconosce i limiti della facoltà conoscitiva e
si contrappone ad altri due livelli di razionalità:
-
la razionalità forte dell’economia neoclassica che prevede la massimizzazione
la razionalità debole o organica dei moderni approcci evoluzionistici o della scuola
2. opportunismo, cioè perseguimento con astuzia di finalità egoistiche,
ex-ante, ovvero la selezione sfavorevole intesa come diffusione di informazioni selezionate o distorte
ex-post, ovvero il rischio morale inteso come promessa relativa alla condotta futura che non verrà rispettata
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segue Williamson
 L’economia dei costi di transazione individua e spiega anche i fattori che
determinano le differenze fra le transazioni e quindi le modalità con cui queste
sono organizzate.
 Le transazioni richiederanno strutture di governo specializzate sia a causa delle
assunzioni sul comportamento degli agenti sia in presenza:
1. di specificità delle risorse, ovvero di caratteristiche idiosincratiche nelle
transazioni: investimenti, capitale umano ecc.
2. di incertezza, determinata da fattori perturbatori esogeni
3. frequenza, solo in presenza di transazioni ricorrenti sarà possibile recuperare il
costo delle strutture specifiche
 L’impresa è l’istituzione economica del capitalismo - una struttura di governo
specializzata – atta a ridurre i costi di transazione
 ciò avviene grazie alla trasformazione fondamentale della transazione da
transazione anonima di mercato a transazione bilaterale
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La Teoria Evolutiva dell’mpresa
La teoria evolutiva, trae ispirazione soprattutto dal secondo Schumpeter, quello di Capitalismo, socialismo,
democrazia,
 ovvero dall’analisi del capitalismo trustificato, connotato dal prevalere delle grandi imprese oligopolistiche, in
cui l’attività innovativa veniva di fatto integrata nella normale attività burocratica (le routines ) dell’impresa
•
Proprio il concetto di routine è alla base della costruzione teorica che di Richard Nelson e Sidney Winter
(An evolutionary theory of economic change, 1982), mentre il ruolo delle innovazioni torna al centro
dell’analisi
Richard Nelson
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Sidney Winter
concetti chiave
 le routines sono le conoscenze tacite alla base di gran parte delle attività
dell’impresa (produzione, investimenti, ricerca ecc.) e sono il frutto delle sue
passate esperienze (cioè sono l’insieme di conoscenze e attività della
organizzazione dell’impresa storicamente strutturatasi).
 Ma l’impresa può essere anche il luogo e il soggetto principale del mutamento
tecnologico: il suo potenziale innovativo dipende dalla capacità di rinnovare le
proprie routines, mentre il suo successo come impresa innovatrice dipende
dalla selezione esercitata dal mercato.
 L’attività innovativa è però un fenomeno stocastico, selettivo, incerto il cui ritmo
dipende :
1. dalle opportunità tecnologiche del settore in cui l’impresa si trova a operare,
2. dalle capacità dell’impresa di ritardare l’imitazione dell’innovazione da parte
delle imprese rivali.
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 Le attività dell’impresa inoltre sono delimitate (esogenamente) da regimi tecnologici
- o paradigmi
tecnologici - e ruotano intorno a determinate traiettorie
 la tecnologia stessa ruota intorno ad alcune direttrici principali ( economie di scala o la meccanizzazione)
 Ma l’impresa è soltanto uno degli attori istituzionali: ci sono anche le università, le agenzie governative ecc.
•
Vi è interazione fra il “gioco innovativo” e le decisioni dei giocatori, le imprese e gli altri attori istituzionali.
•
N & W riescono a unificare le due prospettive dell’analisi, generalmente limitata:
1.
o ad approfondimenti relativi alle regole del gioco (ovvero alla prospettiva macroeconomica)
2.
o alle scelte dei singoli operatori (quindi alla prospettiva microeconomica).
 La capacità quindi di tenere presenti entrambi i livelli di analisi (imprese e contesto) consente a N & W
•
di sviluppare una visione dinamica dellimpresa
•
di comprendere i ruoli dellimpresa nel progresso tecnico, ad es. della R&S innovativa o imitativa
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Teoria dell impresa e storia d impresa
•
Sempre più ampi di settori di indagine e linee di approfondimento teorico
sembrano confluire negli ultimi anni nel programma di ricerca incentrato
sull’impresa evolutiva.
•
In questo ambito sono stati approfonditi concetti importanti anche per la storia
d’impresa e che, anzi, hanno messo in moto un proficuo feedback fra teoria e
storia d’impresa:
Il concetto di capabilities (potenzialità) della impresa appare l’elemento
cruciale per differenziare le imprese le une dalle altre: le capabilities sono il
risultato dell’attività di apprendimento dell’impresa nel tempo e
rappresentano il suo know-how specifico complessivo, a livello tecnologico,
organizzativo, ecc].
L’apprendimento, tuttavia, è condizionato nel suo procedere da variabili
differenti ed essenzialmente di carattere esogeno all’impresa, quindi non
sempre da quest’ultima dominabili:
il contesto di rischio ed incertezza nel quale l’impresa si trova ad operare
la razionalità limitata che comunque ne condiziona le scelte
gli aspetti di path-dependence (ovvero di dipendenza dal percorso)
connaturati a ciascun processo evolutivo
1.
2.
•
•
•
:
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