INCREDIBILE EQUILIBRIO
(Prima parte)
Simonetta Venturi, Insegnante
“Inseguendo l’ombra, il tempo invecchia in fretta” (Clizia ricollocato da Tabucchi)
Nuovi possibili itinerari nell’ambito della programmazione
Il periodo che va da metà luglio a metà settembre vede impegnati i club italiani in quella
che comunemente viene denominata preparazione precampionato, inserita nell’orizzonte
più vasto della programmazione annuale.
Dalle prime sollecitazioni di Arpad Weiszt e Aldo Molinari (Il giuoco del calcio,1930) a oggi,
nell’officina denominata preparazione “atletica”, molti hanno profuso energie, alla ricerca di
un modello adeguato, quasi sempre prendendo in “affido” temporaneo certe attività e la
periodizzazione degli sport individuali – atletica leggera, body-building – applicando il tutto
ai calciatori delle squadre da essi curate; certo è che tali discipline prevedono, nel loro
carnet, pochi appuntamenti di rilievo durante il corso dell’anno, mentre il campionato di
calcio implica ormai una o più scadenze fondamentali tutte le settimane.
Ai tempi dell’Ambrosiana la conoscenza del modello prestativo del calcio non era definita
come lo è ora; nonostante ciò, le esperienze e gli studi di tutti questi anni, a fatica, stanno
tentando di riportare su binari adeguati, un treno che aveva deragliato; che però aveva
seminato, al suo passaggio, “dogmi” e “assiomi” rivelatisi in alcuni casi erronei, applicati e
praticati per anni, e talvolta con molti danni. Per non parlare di traumi distorsivi,
stiramenti, affaticamenti conseguenza di carichi di lavoro non adeguati…Tanto che, il
lavoro propriocettivo è diventato elemento fondamentale di ogni preparazione, in chiave
preventiva però, per arginare l’elevato numero di infortuni, e non come elemento
essenziale di una educazione neuromotoria. Non è stato applicato per le sue finalità più
nobili, per fornire cioè il giocatore di una memoria permanente di controllo e gestione
dell’equilibrio.
Ancora oggi, 2010, molti degli addetti ai lavori, quando pensano alla preparazione
cosiddetta “fisica”, è in termini condizionali che la pensano. L’evidenza scientificainformatica-tecnologica ci interpella: ci invita a ipotizzare una diversa distribuzione dei
mezzi di allenamento e degli obiettivi, a ragionare in termini coordinativi oltre che
condizionali: una pianificazione che si avvicini il più possibile all’intensità dell’impegno
fisico-tecnico-tattico e, in fin dei conti, neurologico del calciatore durante gli incontri.
Non mi riferisco soltanto al periodo del settore giovanile e scuola calcio, quando in genere
è l’oberato allenatore a gestire la valigia delle competenze della squadra e di ogni singolo
ragazzo, e dove, comunque, in relazione alle fasi sensibili, l’idea del “maestro di
coordinazione” é entrata, sebbene nell’accezione limitativa di “servitore” della tecnica e
non della tattica.
In particolar modo la pianificazione dell’allenamento dell’alta prestazione deve essere
centrata su lavori speciali e specifici (Verchoshanskij ,Introduzione alla teoria e
metodologia dell’allenamento sportivo, 2001).
Dopo le evidenze dei Mondiali, qualcosa, forse, nello scenario potrà cambiare, anche se
forte persiste la difficoltà nel distinguere l’allenamento “integrato” il cui obiettivo rimane,
comunque, essenzialmente metabolico, dalla “sovradimensione tattica” , basata
sull’aspetto cognitivo, emozione, attenzione…(tracce in Aristotele, Retorica, Libro II)
“Serve lavorare con il pallone dal primo giorno di ritiro, questa è la nostra filosofia da
sempre, con tutto il rispetto per le altre: il calcio si gioca con il pallone, dunque non
servono solo corsa o palestra; non ci interessa neanche stabilire se questo o quel
giocatore è al 60 o al 100%: i nostri test sono il gioco della squadra” (Mourinho - Farias)
Ripensare i metodi di valutazione
Nella “letteratura” calcistica reperibile, ogni programmazione, in genere, parte dai test,
perlopiù da test condizionali, e qualora non condizionali, da prove che vanno a testare
alcune abilità, non certo le capacità coordinative, e quest’ultime in situazione: il controllo,
l’adattamento, la rapidità di apprendimento, e, ancora, la percezione, l’attenzione.
Capacità che davvero determinano la prestazione, anche, e forse particolarmente, delle
squadre d’elite.
«La mente emerge da un cervello situato in un corpo, con il quale interagisce, la mente è
radicata nel corpo vero e proprio, è conservata nell'evoluzione perché contribuisce al
mantenimento di quel corpo ed emerge da un tessuto biologico - le cellule nervose- ”
(Antonio Damasio)
Fondamentale lo yo-yo test, ma perché non pensare ad uno yo-yo, a un Gacon o ad un
Mognoni “in situazione”, con palla ai piedi …E’ noto che il calciatore, in termini di rapidità,
si gioca tutto nello spazio dei primi 5 metri e dei primi tre passi effettuati… i test in genere
partono dai 5, 10, 20 metri e nella maggior parte dei casi prevedono un percorso lineare
(non il Balsom )…
Perché allora non partire con l’ideare ad esempio un test che valuti gli esercizi patrimonio
della psicocinetica? Prove costruite per ricercare un riscontro numerico inserito nello
spazio e nel tempo propri del gioco calcio, e non in un tempo assoluto e in uno spazio
standard. Protocolli che tengano conto dei tempi di contatto/non contatto palla, certamente
brevi ma essenziali, proprio quelli che faranno la differenza e, in quanto tali, indicativi
dell’intensità. Il costo energetico della corsa riscontrata nei test non è certamente lo stesso
nel momento in cui il calciatore pressa o viene pressato. Sarebbe del tutto sbagliato
ipotizzare dei test relativi ai moduli di gioco (il dispendio per un centrale è lo stesso se si
attua il 4-4-2 o il 3-4-3, o per un laterale se si usa il modulo a zona o a uomo?).
Sarebbe assurdo prevedere il test denominato TAIS di Nideffer non solo per i calciatori di
altissimo livello? L’incremento della rapidità di gioco - 2% circa in un anno - ci interpella
quindi a considerare e a ricercare nuove vie di indagine.
Il TAIS è composto da 144 item che descrivono situazioni e 17 scale: 2 sul controllo
comportamentale e cognitivo, 9 sullo stile interpersonale e 6 sullo stile attentivo. Sulla
base dell’interpretazione del profilo delle Scale Attentive è possibile ricavare 6 stili:
-BET focus attentivo esterno ampi:atleti che si descrivono capaci di integrare
efficacemente molti stimoli esterni nello stesso tempo.
-OET sovraccarico di stimoli esterni:più alto è il punteggio più l’atleta compie errori
dovuti a confusione e a sovraccarico di stimoli esterni
-BIT focus attentivo interno ampio:un alto punteggio indica che l’individuo si considera
capace di integrare efficacemente idee ed informazioni provenienti da aree differenti
-OIT sovraccarico di stimoli interni:più è alto il punteggio,più l’atleta compie errori
perché si confonde pensando a troppe cose contemporaneamente
-NAR focus attentivo ristretto:più è alto il punteggio e più l’atleta si percepisce capace
di restringere il focus attentivo quando è necessario
-RED focus attentivo ridotto:un alto punteggio indica che l’atleta commette errori dovuti
ad una restrizione eccessiva del focus attentivo
L’esito del test permetterà all’operatore di modulare l’allenamento mentale direzionando
correttamente il focus in riferimento alle fasi di gioco calcio (E . Macci in www.
calciatori.com)
“nemmeno la matematica esisterebbe senza il corpo di un matematico”…
Le neuroscienze ci insegnano che migliori prestazioni saranno la conseguenza della
ottimale e adeguata gestione del sistema forza, o della catena cinetica che sottende alla
velocità e non solo del quantitativo di VO2 che l’atleta si ritrova nei polmoni, grazie alla
genetica e al training: potrebbe essere utile spostare l’obiettivo su “come” il calciatore
saprà controllare e utilizzare, in situazione, i grandi e piccoli sistemi che ha a disposizione:
non sarà quindi così importante per il calciatore un training capace di dotarlo di un
quantitativo “massimale” di capacità condizionali, ma essenziale sarà la capacità di
utilizzarle, nei tempi e nei modi adeguati, richiesti dalla prestazione. Attorno a queste
tematiche, negli anni, molti degli addetti ai lavori si sono interrogati e hanno messo a
disposizione le loro convinzioni. Grazie a tali contributi, oggi possiamo dire che sarebbe
più corretta ad esempio l’accezione di forza coordinativa, giusto impulso al momento
giusto, fortemente condizionata dalla percezione dettagliata del tempo, dello spazio, delle
tensioni muscolari. Ineluttabilmente collegata quindi alla differenziazione, al ritmo e,
superfluo dirlo, alle restanti capacità coordinative. Credo che non sia tanto utile, qualora
controproducente in termini di economia di gioco esercitare a secco singoli tratti della
muscolatura, sperando poi che, per magia, il nostro calciatore ricomponga il puzzle
durante le azioni della partita. La velocità, ormai ce lo hanno detto in tanti, non è
esclusivamente un dato genetico; naturalmente la genetica è fondamentale ma “essere”
rapidi rimane un’abilità da insegnare, sviluppare e migliorare: tecnici specializzati negli
sprint lineari possono dire, ma solo attuando un violento transfer in uno sport multidirezionale che prevede un cambio di movimento ogni 4 secondi, uno sport che negli anni
ha preso atto di un incremento del numero degli sprint inversamente proporzionale alla
lunghezza degli stessi, uno sport in cui il modello biomeccanico prevede il contatto con la
palla: lavorare quindi sui rapidi ed esplosivi cambi di direzione, ma con l’attrezzo che ci è
proprio, capace di creare situazioni variabili. Considerando che l’anticipo è tutto, quindi
una gestione del sé che preveda una visione esterna ampia, una percezione interna
istantanea e un’immediata risposta. Lì dentro c’è il mondo universo. (De Paoli)
“Nonostante il cuore e il diaframma siano particolarmente sensibili, essi non hanno nulla a
che fare con le operazioni della comprensione. Per tutte queste la causa è il cervello”.
Un confronto opportuno
Le neuroscienze ci insegnano inoltre che i meccanismi feed-back sono essenziali ai fini
della prestazione, ma che, in una situazione open-skill quale il calcio, grande importanza
rivestono i meccanismi feed-forward, anticipatori, di controllo, e che il successo spesso si
determina in sottili differenze in termini di coordinazione, di visione, di percezione (come
dimenticare l’intervista rilasciata da Andrew Howe riguardo la questione stiffness al
termine della sua gara nei recenti Europei di Atletica leggera?). La competenza del
calciatore si giocherà tutta nella capacità di gestire al meglio le sue energie nello spazio e
nel tempo e si concretizzerà nel fornire la migliore abilità energetica mentale tecnica e
tattica possibile al momento giusto al posto giusto. Tale armoniosa orchestrazione viene
definita timing. Il concetto di equilibrio è fortemente correlato al concetto di timing.
Pensare al timing non è la stessa cosa, dopo la scoperta dei neuroni specchio e le recenti
acquisizioni sull’attenzione e la discriminazione percettiva. Impossibile riflettere in questi
termini senza pensare ai contributi di Posner e Nideffer in relazione al Focus attentivo, o a
quelli di O’Keefe riguardo i “ neuroni di luogo “…
Neuroni specchio
Nel 1985, un gruppo di ricercatori dell’Università di Parma, diretto da Giacomo Rizzolatti e
composto da Vittorio Gallese, Luciano Fadiga, Giuseppe di Pellegrino, casualmente,
durante un esperimento sulla corteccia premotoria di macachi, notò una certa attivazione
cerebrale durante l’osservazione del compimento di atti motori, come il prendere un
oggetto, portarlo alla bocca…:i neuroni della scimmia, che fino a quel momento erano
stati considerati dei semplici neuroni motori, situati nella circonvoluzione frontale inferiore
(area F5) e nel lobo parietale inferiore si attivavano sia quando l’animale compiva
un’ azione, sia quando vedeva compiere da altri il medesimo movimento. Sembrava
infatti che l’animale interiorizzasse l’atto osservato e ne comprendesse i meccanismi,
come fosse lui stesso ad eseguirlo. La risonanza magnetica funzionale (fMRI), la
stimolazione magnetica transcranica (TMS) e l'elettroencefalografia (EEG), tecniche non
invasive, nel 1995 identificarono nell’uomo i neuroni specchio nella porzione rostrale
anteriore del lobo parietale inferiore, nel settore inferiore del giro pre-centrale, nel settore
posteriore del giro frontale inferiore, nella corteccia pre-motoria dorsale, ed in alcuni
esperimenti si osservarono attività anche in un' area anteriore del giro frontale inferiore, e
nell’ di Broca. Questi neuroni quindi, sarebbero capaci di attivarsi sia quando compiamo
un atto motorio in prima persona, sia quando vediamo l’azione compiuta da altri; si pensa
che contribuiscano a creare un’idea di movimento, una rappresentazione interna
dell’azione, svincolata dalla sua esecuzione, ma che potrebbe evocare un atto motorio
potenziale di risposta ( se vediamo qualcuno con in mano un pettine, siamo in grado di
anticipare
la
successiva
azione
motoria
che
andrà
a
compiere).
L’attivazione di tali neuroni, non deriva quindi da un imput sensoriale, ma prende
vita dalle personali conoscenze motorie, dal proprio bagaglio, nostro patrimonio.
Da bambina sorridevo quando mio padre, ex-pugile, guardando alla TV degli incontri di
boxe, schivava i colpi con la testa…non potevo immaginare certo che alla base di quel
bizzarro comportamento, ci fossero dei particolari neuroni, non potevo sapere che i
suoi“neuroni mirror” stavano riconoscendo un atto motorio dal suo patrimonio di pugile, e
stavano selezionando, dal suo vocabolario motorio, ricchissimo grazie alle esperienze
vissute in anni di palestra e sul ring, la “parola” che corrispondeva all’azione vista. Grazie
a Rizzolatti e alla sue equipe, oggi siamo in possesso di tali conoscenze, sappiamo con
estremo orgoglio che il riconoscimento degli altri, delle loro azioni ma soprattutto,
parlando di calcio, delle loro intenzioni, dipende, in prima istanza dal vissuto motorio dei
calciatori. Mai infatti si era attribuito ai neuroni motori più di quello a cui essi sembravano
eletti: il controllo di azioni meccaniche, prive di intenzionalità, di comprensione o, tanto
meno, cognizione. La scoperta, invece, si scaglia ferocemente contro queste convinzioni,
poiché i neuroni specchio sembrano deputati proprio a incarnare un livello astratto di
rappresentazione delle azioni finalizzate, codificandole in millesimi di secondo, attraverso
quei processi come la proiezione e l’introiezione, ritenuti processi speculativi superiori.
Ciascuno, ogni calciatore, è in possesso del sistema-specchio, ma, per attivarlo, il
suo vocabolario motorio dovrà essere molto ricco; solo in questo caso gli atti
osservati avranno un significato istantaneo, potranno suscitare una risposta senza
necessità di ragionamento…istanti preziosi se tradotti in termini di rapidità di azione. Di
conseguenza se contribuiremo all’arricchimento del corredo motorio del nostro calciatore,
l’attivazione del suo sistema specchio migliorerà. L’osservazione di un’azione di gioco, di
un gesto tecnico abilmente eseguito, di certe fasi degli incontri, diventerà una facilitazione
e un arricchimento del patrimonio motorio di ciascuno.
….le bestie sanno il tempo in tempo, quando serve saperlo. Pensarci prima è rovina di
uomini e non prepara alla prontezza. (Erri De Luca -“ Il peso della farfalla”)
Il mistero della percezione
“Quando due oggetti o due giocatori o due eventi si palesano ai nostri occhi, il cervello
elabora dei segnali e quindi non li vediamo simultaneamente, ma percepiamo per primo
quello che riteniamo più importante; sul piano temporale, quindi, hanno la meglio gli
eventi a cui prestiamo maggiore attenzione e, a differenza di quanto si credeva, non è la
velocità, ma l’intensità dei due stimoli ad essere diversa e a caratterizzare la
risposta. L’intensità è fortemente legata all’emotività”. Tale scoperta effettuata
dall’equipe del psicofisiologo Francesco di Russo della fondazione Santa Lucia di Roma,
specializzata nello studio dei meccanismi neurali che regolano attenzione e percezione, ci
avverte che il cervello non segue un ordine temporale o cronologico, ma opera una
discriminazione, e uno dei due stimoli avrà la meglio sull’altro: quello che avrà prodotto lo
stimolo più forte, il quale, “ingannando” la percezione, giungerà per primo ai nostri occhi.
Il cervello dunque non accelera, ma giudica. Tale acquisizione apre uno scenario
incredibile per il calcio: lavorando su questi meccanismi si potrebbe ipotizzare di stimolare
la capacità del calciatore a selezionare gli imput utili o le azioni essenziali (portiere in un
corner o in un punizione…) a focalizzare l’attenzione sullo “strettamente necessario” con
maggior spazio cerebrale libero all’ uopo di dar vita alla fantasia motoria.
Talking heads…ovvero…le capacità nel calcio
La mirabile mostra di capolavori “Talking heads” (teste che comunicano), ci offre lo spunto
per ribadire l’estrema plasticità della nostra natura (100.000 miliardi di neuroni nel nostro
cervello, ciascuno capace di stabilire 10.000 connessioni con altri neuroni, un numero
infinitesimale di cellule dalla punta dell’alluce a quella dei capelli). Superfluo dire che una
suddivisione dettagliata delle capacità in condizionali e coordinative serve esclusivamente
per un’organizzazione mentale di chi dovrà poi programmare, in quanto condizione e
coordinazione rappresentano due aspetti profondamente interdipendenti e quindi
inscindibili della capacità di prestazione sportiva, in sintonia profonda con tutte le altre
componenti tecniche, tattiche quindi cognitive, emotivo-affettive e socio-relazionali.
L’azione allenante dovrà sempre concentrarsi su tutti questi i fattori, anche se con
impegno e incisività variabile, in relazione all’età, al livello motorio e alle esigenze dei
campionati , degli incontri e dei calendari. Oltre a questi fattori, dovranno essere allenate
anche la mobilità articolare, capacità di eseguire i movimenti alla massima ampiezza e
l’elasticità, la flessibilità, capacità dei muscoli scheletrici di lasciarsi stirare recuperando
successivamente la lunghezza fisiologica usuale senza subire traumi, qualità condizionate
da fattori che non sono in stretta correlazione con i meccanismi di produzione energetica
e tanto meno con l’evoluzione e la funzionalità nervosa, ma da componenti congenite e
ormonali non stabili.
…per ottenere qualcosa che non hai mai avuto è necessario fare qualcosa che non hai
mai fatto..
Il gioco del calcio richiede prestazioni complesse, sempre diverse (OPEN SKILL). Per
questo motivo, anche l’insegnamento e l’apprendimento dei “fondamentali” tecnici e tattici
dovrà effettuarsi in un regime di plasticità e massima adattabilità alle situazioni prevedibili
e imprevedibili che il gioco stesso proporrà (pur partendo in alcuni casi da esercitazioni
closed-skill, tipiche cioè del repertorio tecnico del gioco). Determinante sarà quindi
possedere una base psicomotoria che doterà il giocatore di schemi di movimento che
dovranno stabilizzarsi; lo faranno grazie alle capacità coordinative generali apprendimento, controllo, adattamento, trasformazione, organizzazione-, e alle capacità
coordinative speciali, adeguate, quindi adatte, proprie della disciplina calcio. Diversi
autori (Blume 1984, Hirtz 1988, Meinel, Schnabel,1984) hanno affermato che le capacità
coordinative determinano in modo decisivo la velocità e la qualità di acquisizione delle
capacità tecniche e tattiche, nonché la loro stabilità.
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Feed-back e controllo motorio di Claudio Mantovani
L’allenamento propriocettivo ad orientamento funzionale Tibaudi A.,Sassi R.XiX congresso
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Equilibrio del primo passo di uno sprint in giovani calciatori,Boccolini G,Gualtieri D,Alberti
G. XiX congresso internazionale in riabilitazione e traumatologia dello sport,Bologna
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Ogni cervello ha le sue priorità A.M.Zaccheddu da “Il Mattino” .2005
Vittorio Gallese Dai neuroni specchio alla consonanza intenzionale Dipartimento di
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