769913713
Stato moderno e stato nazionale
Accanto alla nozione generale di stato, l’espressione “stato moderno” ha una dimensione storica più
definita e si riferisce ai modi concreti con cui questo tipo di stato nacque nel XV secolo in Europa.
Il termine “stato” può essere usato in un significato più o meno generico. Sicuramente è un uso
improprio se non una contraddizione in termini quello che si trova nell’idea di “stato feudale”, data
la grande dispersione e sovrapposizione dei poteri esistente nel X e XI secolo (re, conti, duchi e
marchesi, ma anche vassalli minori, castellani e cavalieri indisciplinati o ribelli, senza contare il
papa e le molteplici autorità ecclesiastiche).
Lo stato moderno
Visto nel suo sviluppo storico, lo “stato moderno” fu in gran parte un prodotto delle guerre del
Trecento e Quattrocento. In queste guerre si dissanguarono le vecchie aristocrazie militari, mentre i
re concentrarono nelle proprie mani il potere militare, grazie alla capacità di finanziare truppe
mercenarie, acquisti di armi da fuoco, edificazione di fortezze. La nobiltà perse la capacità di
promuovere “guerre private” e le guerre dei re divennero le uniche legittime. Il monopolio della
guerra, e in genere dell’uso della forza, divenne il caso più rilevante fra le pretese di prerogativa
rivendicate dai re: sull’amministrazione della giustizia, la coniazione di monete, l’imposizione
fiscale, il controllo dell’ordine pubblico – a ciascuna delle quali corrispondeva lo sviluppo di un
settore della burocrazia.
Per molti aspetti una costruzione statale si identifica con la competenza e la fedeltà dei funzionari,
che agiscono in nome dell’ufficio e non a titolo personale. Da questo punto di vista lo stato europeo
del XV e XVI secolo possedeva ancora dei tratti non moderni. Ciò vale in particolare per la
confusione tra pubblico e privato determinata dal sistema della “venalità delle cariche”.
Monarchie e stati cittadini
Nello sviluppo delle strutture statali, le repubbliche italiane si trovarono in principio in una
condizione di notevole anticipo sulle monarchie europee, e lo stesso si può dire, successivamente,
per gli stati regionali. A fine Quattrocento le strutture amministrative della Lombardia, del Veneto,
della Toscana erano più avanzate di quelle francesi o spagnole, ma la loro scala territoriale era assai
più ridotta: quel che a lungo era stato un vantaggio e un anticipo si trasformò in uno svantaggio e in
un ritardo. Inoltre il grado di fusione delle vecchie tradizioni di autonomia cittadina in un’unica e
omogenea organizzazione amministrativa restò piuttosto imperfetto. Le monarchie europee, nelle
quali le città non avevano costituito proprie forme statali e non esercitavano poteri territoriali fuori
delle proprie mura, si dimostrarono meglio attrezzate per imporre dall’alto l’omogeneità fiscale e
burocratica. Nell’Europa moderna continuarono a esistere, fino al XVIII secolo, repubbliche e stati
cittadini: Venezia, Genova o Lucca in Italia, i membri della Confederazione svizzera, le città delle
Fiandre, quelle tedesche che avevano lo statuto di “città libere dell’impero” o quelle aderenti
all’Hansa germanica. Ma sul finire del XV secolo il futuro delle formazioni statali si trovava dalla
parte delle grandi monarchie.
Le monarchie nazionali
All’interno delle monarchie occorre distinguere quelle elettive, organicamente più deboli nei
confronti dei ceti nobiliari, da quelle ereditarie, che affrontavano periodi critici soprattutto nel caso
di estinzione della dinastia regnante. Nell’Europa del Quattrocento esistevano sei monarchie
elettive (Germania, Boemia, Ungheria, Polonia, Danimarca, Svezia); divennero via via anch’esse
ereditarie nei due secoli successivi, tranne la Germania, dove però la rielezione di un Asburgo era in
certo modo scontata, e la Polonia, che restò sempre elettiva.
Sono le cosiddette monarchie nazionali (tutte ereditarie) a costituire il tipo di stato più compatto e
potenzialmente più forte: la Francia, l’Inghilterra, il Portogallo e la Spagna (o, per essere più esatti,
la Castiglia, dato che la sua fusione con l’Aragona e la Catalogna risultò sempre problematica). In
1
769913713
tutti questi casi l’autorità dei sovrani si esercitava su un territorio non soggetto in seguito a
mutamenti davvero decisivi e su stati che presentano una più evidente continuità con gli stati
nazionali del XIX secolo.
Le differenze fra la monarchia nazionale e le altre forme di potere monarchico dell’epoca sono
molto significative. I sovrani europei si trovavano spesso alla testa di possessi ereditari che
costituivano però unioni eterogenee e territorialmente discontinue, che furono durature nel caso
degli Asburgo, ma risultarono precarie nel caso dei duchi di Borgogna e rischiarono di disfarsi nel
caso dei duchi di Savoia. Ancora più precarie erano le unioni personali, quando una stessa persona
otteneva la corona di più monarchie elettive.
2