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COMPUTAZIONALITÀ DI UNA MENTE IN
APPRENDIMENTO E VARIABILI COGNITIVE
SPECIALIZZATE
[abstract] La prospettiva cognitiva e le sue interpretazioni del processo di
apprendimento a partire dagli anni 60 alle teorie di fodor [fine abstract]
Francesco Augello
Sul
concludersi
degli
anni
'50,
con
una
delimitata
contrapposizione alla psicologia comportamentale1, ma accogliendone
il rigore metodologico, il cognitivismo cerca di tratteggiare
l’apprendimento come processo legato a differenti variabili cognitive
deputate a trattare dati cognitivi nelle sue diverse fasi: acquisizione,
elaborazione, archiviazione e recupero. Tuttavia, il cognitivismo rimane
ancorato ad una visione dell’apprendimento e dunque di acquisizione di
nozioni/informazioni
come
semplice
rappresentazione
(Tolman,
Ritchie, Kalish 1946), sebbene il soggetto non è più considerato come
parte inoperosa del processo di apprendimento, poiché quest’ultimo
viene legato ad una variabile previsionale, ossia alla idoneità della
persona di enunciare ipotesi e, dunque, meta-riflettere in un virtuoso
circolo di elaborazione e manipolazione mentale delle esperienze
vissute e ponendo in relazione queste con il presente contesto ove ogni
segno o avvenimento si realizza.
Già a partire dagli anni ’60 il cognitivismo impernia la propria
corrente di studi sull’analogia mente-computer, meglio nota come
corrente Human Information Processing (HIP), un paradigma che pone
la mente come un'istanza che filtra, isola, riaccomoda e muta i dati che
le provengono dall’ambiente esterno attraverso processi cognitivi per la
1
Un approccio alla psicologia, sviluppato dallo psicologo John Watson agli inizi del
Novecento, basato sull'assunto che il comportamento esplicito è l'unica unità di analisi
scientificamente studiabile della psicologia.
1
maggior parte di tipo computazionale, dunque di mero calcolo. Questo
paradigma
ci
permette
tuttavia
di
cogliere
una
importante
trasformazione - evoluzione del cognitivismo, dapprima l’elaborazione
dell’informazione nel paradigma HIP è presentata come rigidamente
collocata all’interno di una elaborazione cognitiva di tipo seriale
seguendo la logica del step by step, dunque il completamento
dell’elaborazione dell’informazione è subordinato ad ogni singolo
stadio del processo di elaborazione. Questa prima versione del
paradigma degli anni ’60, nota anche come modello “ad oleodotto”
postula l’esistenza di un flusso di elaborazione basato su “blocchi” di
operazione di elaborazione. Solo nel decennio a seguire il modello HIP
prevede una elaborazione dell’elaborazione illimitata basandola su un
flusso “a cascata” o i diversi livelli ove si svolgono le elaborazioni
cognitive interagiscono tra di loro.
Nella produzione di paradigmi di matrice cognitivista, senz’altro
va ricordato John Anderson (1983), che ha sviluppato il modello ACT
(Adaptive Control of Thoughts), ovvero controllo adattativo della
mente, volto alla riproduzione simulata e alla descrizione della facoltà
cognitiva. In tale modello l’autore distingue tre tipi di strutture di
memoria: memoria dichiarativa, procedurale o di produzione e di
lavoro.
Memoria
dichiarativa
Archivio
Recupero
2
Memoria
procedurale
Confronto
Memoria di
lavoro
Codifica
Esecuzione
Performance
MONDO
esterno
(Fig.1)
Uno dei punti di forza del paradigma ACT è che esso
comprende sia una proposizione sia la rappresentazione
processuale della conoscenza intesa come attività computazionale
per il perseguimento di obiettivi, fini o di un risultato, più
semplicemente si parla di sistemi di produzione.
Infatti, secondo Anderson nello svolgere un compito o nel
trovare una soluzione, la rappresentazione della conoscenza si
basa su un sistema di produzioni che comprende un insieme di
regole (produzioni) finalizzate ad eseguire il compito o a gestire
una determinata abilità. Ad esempio: Se il passaggio a livelli è
chiuso, Allora non è possibile proseguire.
Seguendo la logica riassunta in Fig.1 Anderson ha
sviluppato programmi informatici orientati alla didattica e
finalizzati a far eseguire allo studente procedure idonee a
comprendere e ad apprendere precise nozioni oltre che
correggerlo in situazione di errore.
3
Ecco che allora la simulazione dell’attività cognitiva
consente di evidenziare le modalità di interazione uomomacchina oltre agli errori commessi ed al tempo di interazione.
Inizialmente poco considerato per via dell’affermarsi della
teoria del connessionismo2 di Putnam, agli inizi degli anni ’80 un
nuovo paradigma venne proposto da Fodor sui processi cognitivi
(architettura della mente) e sull’apprendimento. Fodor delinea i
processi cognitivi subordinandoli a dei moduli che si presentano
come strutture verticali specializzate, questi avrebbero il compito
di elaborare gli input in entrata, decodificandoli sotto forma di
rappresentazioni destinate ad essere elaborate da un sistema
centrale deputato all’immagazzinamento e al tempo stesso alla
loro implementazione. Nel tentativo, inoltre, di esporre ancor più
chiaramente il paradigma della “mente modulare” Jerry Fodor
pone in netta analogia la mente umana alla macchina di Turing
partendo dall’assunto che la mente alla stregua di un calcolatore è
un “dispositivo” deputato ad elaborare simboli.
Fodor nella sua analisi osserva che essendo la macchina di
Turing un sistema computazionale chiuso, ove ogni calcolo è
determinato dalla condizione della macchina, invero dal
potenziale esterno di input alla stregua del mondo per la mente
umana, se vogliamo pensarla come modello per iprocessi
cognitivi, ha bisogno di un “mondo”, ecco perché egli pertanto
adotta per la macchina di Touring dei sistemi sussidiari che danno
alla macchina stessa delle informazioni esterne e degli input
2
Il connessionismo di Putnam presenta un’architettura cognitiva parallela e distribuita sul
modello delle reti neurali, per cui si ritiene impossibile la localizzazione di luoghi mentali dedicati
ad operazioni specifiche.
4
condizionali tali da influenzarla così come la mente è
suggestionata da ogni cosa o segno percepibile esternamente.
Fodor sottolinea come il vero output, frutto dell’interazione
tra sistema di elaborazione ed ambiente,
è costituito da una
rappresentazione legata solo alla forma del simbolo in quanto la
struttura cognitiva non fa riferimento alcuno al contenuto del dato
sottoposto ad operazione computazionale, ciò equivale a dire che
il tatto in quanto elemento che legge i segnali in entrata a partire
dai sensi opera una trasformazione in simboli, mentre gli stessi
segnali in ingresso mediano il dato analogico acquisito dal tatto al
fine di renderlo accessibile al sistema centrale. Fodor
nel
contrapporre alla teoria gerarchica l’esistenza di moduli periferici
che si comportano alla stregua di contenitori specializzati,
autonomi l’uno dall’altro, e che generano output per i sistemi
cognitivi centrali, afferma che la coscienza non può interferire
con le funzioni dei moduli preposti allo scambio delle
informazioni.
Ciò precisato, la coscienza dell’individuo, ossia quella parte
della mente che comprende il pensiero e che si trova a livello dei
sistemi centrali) può avere un accesso o modulazione solo di tipo
top down, dall’alto verso il basso: possono cioè accedere ai livelli
alti di rappresentazione e non a tutti quei livelli bassi ed intermedi
che si attuano a livello dei trasduttori e dei sistemi di input (nel
caso del riconoscimento di un volto, la coscienza ha accesso al
volto già riconosciuto, non a tutto quello che il modulo specifico
5
ha fatto per riconoscerlo)3. Questo vuol dire anche che per il
paradigma della modularità della mente la conoscenza e
l’apprendimento si realizzano ad un livello inferiore, ove
l’esclusione dell’esperienza cosciente viene definita da Fodor
come “impermeabilità cognitiva” o impenetrabilità dei sistemi
percettivi o, ancora, “incapsulamento informazionale”, asse
portante per qualsiasi sistema basato su concetto di modularità.
Conclusioni
La scoperta dell’architettura cognitiva parallela del cervello
determina la sconfitta della metafora mente-computer. In fondo è
assai evidente come la stessa macchina di Turing o quella di von
Neumann basassero il processamento dei dati in modo
sequenziale ed a stati discreti, ciò significa produrre una sola
operazione alla volta, laddove invece la mente umana è in grado
di produrre e confrontarsi con elaborazioni cognitive parallele,
e, pertanto, governando miliardi di processi che si sviluppano in
simultaneità.
Tuttavia la metafora di cui sopra rappresenta per Anderson
un ottimo spunto per affermare come la mente umana è in grado
di eseguire calcoli computazionali così come un elaboratore di
dati esamina i fatti oggettivamente svincolato da qualunque
preconcetto, in tal modo secondo Anderson l’apprendimento e
l’acquisizione di nuove competenze sarebbe caratterizzato dal
passaggio dall’uso della conoscenza dichiarativa a una serie di
3
I sistemi percettivi operano in maniera automatica, vale a dire senza un controllo
cosciente, per evitare di monopolizzare le risorse attentive e così sottrarle ad altre importanti
6
procedure automatizzate che sorgerebbero proprio grazie
all’ausilio del PC.
“La memoria di lavoro contiene le informazioni che sono
accessibili al sistema al momento presente. Tra queste
informazioni ci sono le informazioni recuperate dalla memoria
dichiarativa a lungo termine e le strutture temporanee che sono
state depositate dai processi di codifica e dalle azioni delle
produzioni. Fondamentalmente, la memoria di lavoro si riferisce
a quella parte della conoscenza dichiarativa, permanente o
temporanea, che si trova in uno stato attivo” (Anderson, 1983).
In tal modo Anderson nella sua teoria pone in essere
un’importante distinzione tra memoria dichiarativa e procedurale
e di cui lo schema di fig. 1 ne mette in luce le relazioni esistenti.
Diversa è invece l’attenzione e il punto di vista del
modularismo di Fodor il quale è volto a dare risalto ai sistemi
modulari come uniche strutture che possono realmente essere
comprese. In una nota discussione animosa con chi ha sostenuto
tale teoria autolimitante delle funzioni cognitive dell’essere
umano, Fodor fa notare come tutte le psicologie dei processi
cognitivi
che
sono
state
presentate
alla
scienza,
indipendentemente dalla più o meno affinità con il modularismo
della mente, evidenziano comunque l'esistenza di limiti; gli stessi
limiti che ancora oggi gli studi sull’A.I. (Intelligenza Artificiale),
intesa come l'abilità di un computer di svolgere funzioni e
funzionalità quali, ad esempio, il ragionamento o la capacità decisionale
7
ragionamenti tipici della mente umana, risultano non vinti
giacché ancora distanti dallo spiegare ed emulare con rigore
l’attività elaborativa dei sistemi cognitivi centrali, impedendo di
mettere almeno nel presente, sotto scacco le dissertazioni di
Fodor.
Bibliografia
Anderson, J. (1976). Language, Memory and Thought.
Hillsdale (NJ): Erlbaum Associates.
Anderson, J. R. (1980). Cognitive psychology and its
implications. San Francisco: Freeman.
Anderson, J. (1983). The Architecture of Cognition.
Cambridge (MA): Harvard University Press.
Anderson, J. R. (1990). The adaptive character of thought,
Hillsdale (NJ): Lawrence ErlbaumAssociates.
Anderson, J. R. (2007). How can the human mind occur in
the physical universe? New York: Oxford University Press.
Fodor J. (1983). The Modularity of Mind, trad. it. La mente
modulare. Bologna: Il Mulino 1999.
Fodor J. (1998). Concepts: Where Cognitive Science Went
Wrong. Oxford: University Press.
Fodor J. (2000). The Mind Doesn't Work That Way: The
Scope and Limits of Computational Psychology, MIT Press, 2000
(Trad. it. La mente non funziona così. La portata e i limiti della
psicologia computazionale, Laterza, 2001).
8
Tolman, E C; Ritchie, B F; Kalish, D (1946), "Studies in
spatial learning", Journal of experimental psychology.
Francesco Augello,
informatico e pedagogo,
docente a contratto
in tecnologie della didattica
e didattica multimediale
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