La Libertà n° 43 del 04 dicembre ‘04 EDITORIALE L’IMMACOLATA - IL PERCORSO SICURO DI MARIA CHE DONA INCREMENTO ALLA PACE SEMINARIO, MARTEDÌ 30 NOVEMBRE: IL VESCOVO INCONTRA GLI INSEGNANTI CATTOLICI SU "PROFESSIONALITÀ DEL DOCENTE E TESTIMONIANZA CRISTIANA NELLA SCUOLA" - VIVERE A SCUOLA DA EDUCATORI LA SFIDA FEDE-CULTURA - NEL SOLCO DELL'ANTROPOLOGIA E DELLA PEDAGOGIA CRISTIANA. L'ANNUNCIO DEL VANGELO A SCUOLA FERRARA - UN'ENORME FOLLA ACCOGLIE FESTANTE L'ARCIVESCOVO RABITTI - CON I TANTI FEDELI DELLA NOSTRA DIOCESI, ERA PRESENTE UNA TRENTINA DI SACERDOTI REGGIANI SUOI AMICI - OMELIA: L'ANNUNCIO DI CRISTO E LA CURA DELLE VOCAZIONI GLI IMPEGNI PIÙ URGENTI PRENOTARE LE REGISTRAZIONI DEL CARD. RUINI A REGGIO L'OMELIA DI RUINI - LE SUE INATTESE, TOCCANTI CONFESSIONI - CHIEDO PERDONO A DIO E A VOI PER I MIEI PECCATI - SU DI ME, FIDATEVI DEI VOSTRI RICORDI, NON DELLA TV 50° DI SACERDOZIO LA FIGURA DEL CARDINALE CAMILLO RUINI NELLE PAROLE DI MONS. MONARI - RUINI: "LAICO", "REALISTA", UOMO "DI CULTURA" - IL PROFILO TRACCIATO AL TEATRO VALLI LA SERA DI MARTEDÌ 23 NOVEMBRE DON CAMILLO DEMOCRATICI EDUCATORE - L’ESPERIENZA D EG LI STUDENTI 50 ANNI DI SACERDOZIO - DON CAMILLO TORNA FRA I "SUOI" - A 50 ANNI ESATTI DALLA PRIMA MESSA, RUINI CELEBRERÀ L'EUCARISTIA ANCORA IN S. GIORGIO DOMENICA 12 DICEMBRE ALLE 11. CON LE AUTORITÀ CI SARÀ TUTTA LA CITTÀ AD ACCOGLIERLO - A SASSUOLO IL CARDINALE NACQUE, STUDIÒ E SI APRÌ ALLA VOCAZIONE 8 DICEMBRE - FESTA DELL'IMMACOLATA, GIORNATA PARROCCHIALE DELL'ADESIONE ALL'AZIONE CATTOLICA - UN SERVIZIO QUALIFICATO ALLA CHIESA - DA FEDELI LAICI, RESPONSABILI NELLA CHIESA E NEL MONDO LE PAROLE-CHIAVE DEL PAPA - CONTEMPLAZIONE, COMUNIONE, MISSIONE 150 ANNI FA LA PROCLAMAZIONE DEL DOGMA DELL'IMMACOLATA CONCEZIONE DI MARIA - "TOTA PULCHRA ES, MARIA": LA BELLEZZA SINGOLARE DELLA MADRE DI GESÙ ESPRESSA IN SUBLIMI MANIFESTAZIONI DELL'ARTE SACRA L'ICONOGRAFIA DELL'IMMACOLATA CONCEZIONE - IPOTESI DI UN ITINERARIO DEVOTO - NELLE CHIESE DI REGGIO EMILIA E DINTORNI LA PROCLAMAZIONE DEL DOGMA - 8 DICEMBRE 1854 UCRAINI DI REGGIO E. IN PIAZZA PER PROTESTARE NELLA LEGALITÀ E PER LA LEGALITÀ - "NON ACCETTIAMO VIKTOR YANUKOVYCH, RAPPRESENTANTE DEL GIOGO DELLA RUSSIA" L'INCONTRO - ANTONIO LANZONI, DIRETTORE DEI PROGRAMMI DI RECUPERO DEL CE.I.S. DI REGGIO - I TOSSICODIPENDENTI? SOLITARI E "INVISIBILI" - "AUMENTANO I CONSUMATORI OCCASIONALI DI PIÙ SOSTANZE" QUALE ETICA PER IL COMPENSO - DOPO L'INCONTRO PROPOSTO DA GIURISTI E IMPRENDITORI CATTOLICI - QUANDO L'AMORE FINISCE IN PARCELLA - MONS. MONARI: "LA PROFESSIONE È UN MODO PER RENDER GLORIA A DIO" EDITORIALE L’IMMACOLATA IL PERCORSO SICURO DI MARIA CHE DONA INCREMENTO ALLA PACE L'8 dicembre 1854 Pio IX, proclamando il dogma della "Immacolata Concezione", affermava come verità di fede che "la beatissima Vergine Maria nel primo istante di sua concezione, per singolare grazia e privilegio di Dio onnipotente, in riguardo dei meriti di Gesù Cristo Salvatore del genere umano, fu preservata immune da ogni macchia di colpa originale". Era la formulazione ufficiale di una verità presente nella tradizione della Chiesa e che, lungo i secoli, i sommi pontefici avevano via via confermato e chiarito. Quattro anni dopo, a Lourdes, il 25 marzo 1858, a Bernadette che le chiede chi sia, Maria risponde: "Io sono l'Immacolata Concezione". Anche la scelta del 25 marzo ha un profondo significato. In quel giorno la tradizione della Chiesa colloca, con l'annuncio dell'Angelo a Maria, il concepimento di Gesù alla vita terrena. Cioè, la ragione che spiega la grazia singolare concessa a Maria in vista della redenzione del genere umano dalle conseguenze del peccato originale. Questo richiamo sottolinea come il culto di Maria non ci svia in devozionalismi marginali, ma ci riporta al fatto principale del nostro credere: la nascita, la morte e la risurrezione di Gesù figlio di Dio. Fatto di cui Maria è protagonista, perché proprio lei, con il suo libero assenso, si fa tramite e strumento dell'incarnazione. Giustamente, perciò, viene chiamata, nei più antichi testi liturgici, "porta del Cielo": porta dalla quale scende il Salvatore e attraverso la quale noi pure, risorti con Gesù, risaliremo. In questo mistero mariano la Chiesa ha sempre trovato motivo di gioia somma, tanto da attribuire a Maria gli appellativi della più alta bellezza che le lingue e le culture umane abbiano mai saputo esprimere: soavità, purezza, candore, letizia, benedizione, lode, pienezza di grazia; le immagini più sante della verginità e della maternità; le invocazioni più rassicuranti della clemenza, della misericordia e della salvezza. Tutte le liturgie mariane, orientali e occidentali, ne ridondano e per questo la loro celebrazione diventa contemplazione e riflessione. Penso al "Tota pulchra" e al "Magnificat": ci sono altri inni che dicano in ugual misura bellezza e salvezza? Non virtuosismo letterario, ma speranza concreta perché ciò che Maria è, noi pure saremo. La "bellezza" di Maria è per noi un invito a quella contemplazione che ci aiuta a ritrovare la bellezza di Dio in noi e in ogni altra creatura umana, tanto più se sofferente per la malattia, per la povertà, per l'abbrutimento causato da quelle situazioni di ingiustizia e di violenza che proprio oggi vediamo moltiplicarsi nel mondo. L'Immacolata ci assicura che il principe del male finirà schiacciato sotto il suo tallone. Ma quest'assicurazione è un invito a diventare noi stessi, al suo seguito, protagonisti dell'amore ogni giorno della nostra vita. Questo è il "percorso sicuro" che Maria ci indica e che, stando anche alla più antica liturgia mariana, "dona incremento alla pace", contrariamente al mondo che invano cerca la pace altrove e, addirittura, nelle armi e nei conflitti. don Guiscardo Mercati SEMINARIO, MARTEDÌ 30 NOVEMBRE: IL VESCOVO INCONTRA GLI INSEGNANTI CATTOLICI SU "PROFESSIONALITÀ DEL DOCENTE E TESTIMONIANZA CRISTIANA NELLA SCUOLA" VIVERE A SCUOLA DA EDUCATORI LA SFIDA FEDE-CULTURA NEL SOLCO DELL'ANTROPOLOGIA E DELLA PEDAGOGIA CRISTIANA. L'ANNUNCIO DEL VANGELO A SCUOLA Un grande bisogno di ritrovarsi, come insegnanti e operatori della scuola, per riflettere insieme sul compito che li attende in questa difficile stagione della scuola. Così si spiega la partecipazione tanto numerosa (circa 250 i presenti) all'incontro di spiritualità di martedì 30 novembre, in Seminario, col Vescovo Mons. Caprioli. Partecipazione che non dice solo l'attaccamento a un tradizionale momento di spiritualità d'Avvento, ma che esprime un bisogno più forte, oggi, dell'associazionismo scolastico e di un impegno di testimonianza cristiana non da soli. Il tema - "Professionalità del docente e testimonianza cristiana nella scuola" - era di quelli che prendono al cuore il ruolo e l'identità degli insegnanti cristiani. "La sapienza pedagogica cristiana", ha sottolineato il Vescovo, "ha sempre considerato il processo educativo non in astratto, ma nella prospettiva del magister, cioè nell'ottica di una relazione interpersonale serena e sicura, affidata all'amore e alla sapienza di colui che ha il mandato di educare e perciò di essere un'amorevole guida dell'altro". Sulla linea, ha spiegato Mons. Caprioli, dell'antropologia cristiana: che mette la scienza e la tecnica a servizio dell'uomo, che ne fissa i limiti quando si tratta di definire l'uomo e il suo destino, che ricompone l'unità dell'atto educativo, chiamando a convergere famiglia, scuola, territorio, la stessa comunità cristiana. "Se non appare chiara alla coscienza dei giovani", ha ribadito, "questa ragione di coerenza tra i modelli proposti dalle istituzioni (in primis la scuola) e la verità annunciata dall'esperienza relazionale primaria della famiglia, l'appropriazione di quei modelli rimarrà solo un fatto esteriore e non darà luogo a un processo di identificazione". Qui si colloca anche l'impegno della comunità cristiana (e dei docenti credenti in quanto ne sono anch'essi espressione). Impegno che deve partire da un giudizio sulla cultura del nostro tempo: "Pur essendo pienamente aperti e cordialmente partecipi agli sviluppi della cultura e della scienza", ha puntualizzato il nostro Vescovo, "non possiamo adattarci a una mentalità scientista e, nello stesso tempo, agnostica e relativista"; così come non possiamo aderire a tendenze, oggi così diffuse anche in occidente, che hanno la loro matrice nelle religioni e culture orientali, fondate su un senso del divino inteso come realtà impersonale e, alla fine, identificato con le forze intrinseche dell'universo (lo diceva anche il Card. Ruini nella sua prolusione al Convegno del Teatro Valli, lo scorso 23 novembre). "Al loro confronto", ha aggiunto il Vescovo, "il cristianesimo può mantenere intatta anche oggi la rivendicazione di verità" e riproporre con forza, nel comandamento dell'amore, "la legge suprema e il senso profondo dell'esistenza, sia personale che sociale". Si tratta, ha proseguito, di una sfida che ha una forte valenza culturale, fondata sulla centralità della persona: "Si avverte l'esigenza di ricuperare la dimensione educativa e culturale dell'annuncio della salvezza, in quanto centrato sulla persona". La pedagogia cristiana ha pertanto ancora molto da dire, in una cultura che sembra aver perso i suoi riferimenti. C' è dunque un compito specifico per i docenti cristiani: la "realizzazione, anche all'interno dell'universo scolastico, del compito proprio della Chiesa, e dunque l'annuncio del Vangelo". Compito da "laici": da uomini e donne che non temono il confronto della fede con la ragione, che anzi traggono dalla fede "un di più di conoscenza, perché attinge alla conoscenza divina". Compito immane, tuttavia. Da affrontare insieme, nella forma di quell'associazionismo cattolico nel mondo della scuola che, dopo una fase di difficoltà, si ripropone oggi come una modalità e una strategia operativa non più eludibile. Una lezione, a prima vista, più che una meditazione spirituale, questa del Vescovo: come a voler mettere subito in pratica l'invito a immettere nella propria maturazione di fede i contenuti culturali e professionali del ruolo docente. A. M. FERRARA CON I TANTI FEDELI DELLA NOSTRA DIOCESI, ERA PRESENTE UNA TRENTINA DI SACERDOTI REGGIANI SUOI AMICI UN'ENORME FOLLA ACCOGLIE FESTANTE L'ARCIVESCOVO RABITTI OMELIA: L'ANNUNCIO DI CRISTO E LA CURA DELLE VOCAZIONI GLI IMPEGNI PIÙ URGENTI Con l'ingresso del nuovo Arcivescovo Mons. Paolo Rabitti come Pastore e guida della Chiesa di Ferrara-Comacchio, quella diocesi non poteva avere una ripresa migliore e più significativa. Ripresa, perché l'annuncio di Cristo è la sola presenza vera e la speranza autentica che può rendere sempre nuovi i cuori di tutti gli uomini e di tutti i tempi. "Gesù, Figlio di Dio, si è fatto uomo perché l'uomo iniziasse l'avventura divina", ha dichiarato l'Arcivescovo Rabitti in un passaggio dell'Omelia. E così sembra essere, da questo inizio, per l'Arcidiocesi di Ferrara-Comacchio. Il pomeriggio di domenica 28 novembre è stato vissuto dalla città di Ferrara con vivo entusiasmo e come esperienza forte di Chiesa, di fraternità e di vera festa. Numerose le persone che sono venute dalla diocesi di S. Marino - Montefeltro, da Bologna e da Reggio Emilia. I reggiani erano veramente tanti: col Vicario generale Mons. Francesco Marmiroli, erano giunti una trentina di sacerdoti, tre diaconi permanenti e un pullmann di fedeli di Correggio, dove nel 1960 don Paolo Rabitti aveva celebrato la sua prima messa. C'era anche, naturalmente, una nutrita schiera di familiari, parenti e amici. Come già per il Card. Ruini, così domenica per l'Arcivescovo Rabitti i reggiani sentivano che "sono dei nostri": con la loro vicinanza hanno voluto far sentire la loro solidarietà e la condivisione della loro missione di dilatare il Vangelo con la forza continua della loro preghiera. Il programma intenso dell'ingresso prevedeva, per Mons. Rabitti, la sosta nella Basilica di S. Giorgio, patrono della città, per un momento di preghiera e un particolare saluto ai giovani della diocesi. Il momento culminante era però, alle 17, la Concelebrazione Eucaristica, preceduta dalla processione dal Palazzo Arcivescovile alla Cattedrale. Erano circa 200 i concelebranti, fra Vescovi e sacerdoti. Una folla strabocchevole, a stento trattenuta dalle transenne, accompagnava con un applauso ininterrotto il passaggio del nuovo Arcivescovo fin quasi all'altare. Davanti alla Cattedrale spiccava, sotto il protiro addossato alla facciata romanica, l'immagine della B.V. addobbata a festa e illuminata. Il pomeriggio sereno e non rigido ha permesso alla folla di seguire la celebrazione anche dall'esterno, sulla piazza. L' omelia dell'Arcivescovo ha toccato le corde dei cuori dei fedeli, che ne hanno sottolineato con frequenti applausi, dentro e fuori della Cattedrale, i passaggi più significativi. Come quando, ad esempio, Mons. Rabitti ha fatto cenno al significato dell'evento per Ferrara e per tutta la diocesi: "Passi in questa Arcidiocesi", ha detto, "un formidabile entusiasmo di essere Chiesa"; e ancora, quando ha invocato sui sacerdoti "un impulso dello Spirito Santo a rinverdire la freschezza del vostro sacerdozio", perché "da questo ministero", ha aggiunto, "dipende l'auspicato rinnovamento della Chiesa". Particolare emozione ha provocato il cenno al Seminario, che il nuovo Arcivescovo ha definito "palazzo dei diamanti": "Come l'Arcivescovo Caffarra", ha detto rivolto ai seminaristi, "vi aveva cari come figli, così vi avrò cari anch'io e farò tutto il possibile perché siate come Iddio vi vuole". "Ho avuto la grazia di vedere la Chiesa tutta", ha poi osservato, "avendo potuto lavorare con e per i sacerdoti e con e per i laici", ricordando gli anni in cui era stato rettore del Seminario Maggiore di Bologna e Assistente nazionale degli Adulti di Azione Cattolica. "Perciò", ha concluso, "se uno è in Cristo è una creatura nuova: Dio affida a ciascuno un dono e tale dono, collegato e connesso con ogni altro, edifica il Corpo di Cristo. Né uno senza gli altri, né gli altri senza ciascuno possono essere il tutto, ma solo tutti costituiscono tutto e solo l'Amore di tutti forma il tutto: questa è la Chiesa Cattolica". Emanuele Rabitti PRENOTARE LE REGISTRAZIONI DEL CARD. RUINI A REGGIO È possibile fin da ora prenotare le registrazioni dei momenti più significativi delle celebrazioni, a Reggio, del 50° di Ordinazione Sacerdotale del Cardinale Camillo Ruini. In particolare, le registrazioni riporteranno l'intero Convegno di studio tenuto al Teatro Valli, la sera di martedì 23 novembre, sul tema "Il Vangelo nella nostra storia: da cristiani per quale futuro?", con l'intervento del Vescovo Mons. Caprioli, la prolusione del Card. Ruini, la relazione del Rettore della Cattolica prof. Ornaghi, le testimonianze di Mons. Monari e della prof.ssa Lampanti e la presentazione del dipinto di Nani Tedeschi. Le registrazioni conterranno anche gli interventi di mercoledì 24 novembre, festa di S. Prospero, nella Basilica a lui dedicata: il saluto del Sindaco Delrio al Cardinale, l'intervento introduttivo del Vescovo alla Celebrazione eucaristica e l'Omelia del Card. Ruini. Le registrazioni, tratte dalle dirette di Teletricolore, verranno realizzate nella forma di CD audio, Vhs (nastro video) e DVD e saranno disponibili solo se sarà fatto un congruo numero di prenotazioni (presso il Centro Giovanni XXIII o presso l'Azione Cattolica, in via Prevostura, tel. nn. 0522.437773 e 0522.434144, oppure con fax 0522.455138 o e-mail: [email protected]). L'OMELIA DI RUINI LE SUE INATTESE, TOCCANTI CONFESSIONI CHIEDO PERDONO A DIO E A VOI PER I MIEI PECCATI SU DI ME, FIDATEVI DEI VOSTRI RICORDI, NON DELLA TV Particolarmente toccante, per i forti tratti autobiografici, è stata l'Omelia del Cardinale Ruini, nella Celebrazione Eucaristica di San Prospero. Oltre ai ringraziamenti (ai Vescovi Caprioli e Gibertini, ai sacerdoti, alle autorità e ai fedeli presenti), Ruini ha voluto esprimere la sua gratitudine al Signore, che l'ha voluto sacerdote e poi Vescovo, e un commosso ricordo ai Vescovi del suo servizio sacerdotale a Reggio: Socche e, soprattutto, Baroni, che era solito dedicare l'Omelia di San Prospero "a illuminare con la fede la vita e i problemi della nostra città". Cosa che egli non si è sentito di fare, sia per i troppi anni di assenza da Reggio, sia soprattutto perché "oggi è per me il 50° di sacerdozio. Permettetemi dunque", ha subito aggiunto, "di concentrarmi sul nocciolo della chiamata che il Signore mi ha rivolto". Poi ha così proseguito. "Vorrei anzitutto chiedere perdono a Dio, e anche a voi, per il bene che non ho fatto e per i peccati che ho commesso, e rinnovare i propositi degli anni della mia formazione in seminario e specialmente del giorno della mia ordinazione. Riguardo agli anni che sono passati da quando ho lasciato questa città vorrei dirvi soltanto due cose: la prima è che non sono cambiato, o almeno ho cercato di non cambiare, di non dimenticare mai che una persona non è diversa, non vale di più, perché aumentano i titoli e gli incarichi, ma è sempre la stessa, con i suoi limiti e le sue miserie, davanti al Signore e nei suoi sentimenti e rapporti verso gli amici, i conoscenti, in genere le altre persone. Perciò, se i giornali o la televisione vi presentano un'immagine diversa da quella del don Camillo che avete conosciuto, fidatevi della vostra memoria piuttosto che di loro, nel bene e nel male. La seconda cosa che sento il bisogno di dirvi riguardo ai miei anni romani è che ho avuto certamente una grande fortuna, o meglio, ho ricevuto un grande dono: quello di poter essere vicino a un uomo così grande e così santo come il nostro Papa". Passando poi a commentare le letture della liturgia di San Prospero, ha sottolineato i due poli attorno cui esse ruotano: la vocazione e la missione. Da questi due poli il Cardinale ha tratto lo spunto per parlare anzitutto della sua personale vocazione. "Posso dirvi che, nel mio piccolo, ho anch'io il ricordo di qualcosa di abbastanza misterioso, e di imprevisto, che è nato in me quando avevo 17 anni e ha segnato la mia vita e caratterizzato la mia identità, o meglio, si è progressivamente fuso con me, è diventato parte di me. La Chiesa ci insegna che il sacerdozio è, con il battesimo e la cresima, uno dei tre sacramenti che imprimono il "carattere": ebbene, in certo senso ho potuto sperimentare, nella mia vita, che è proprio così. Di certo non ho alcun merito in questo: mi sono soltanto fidato e lasciato prendere". Quanto alla missione, prendendo spunto dal Vangelo di Marco ("Andate in tutto il mondo e predicate il Vangelo ad ogni creatura...”), Ruini ha sottolineato come da questo mandato nasca il ministero degli Apostoli, dei Vescovi e di tutta la Chiesa. Poi ha così proseguito. "Tutti noi, battezzati e credenti, e in particolare noi sacerdoti e ancor più noi Vescovi, siamo infatti responsabili della fede che salva: possiamo esserlo però soltanto fidandoci noi per primi del Signore che opera in noi con la potenza del suo Spirito, dello Spirito Santo, donatoci nel battesimo e nella cresima e poi nell'ordinazione sacerdotale ed episcopale. Questo fidarci di Dio, cari fratelli, e l'obbedire concretamente a Lui nella nostra vita, fanno di noi dei credenti autentici e quindi dei testimoni attendibili di Dio e di Gesù Cristo, nonostante tutti i nostri peccati e i nostri limiti". Al tema della missione si richiamava anche la seconda lettura (da 1Cor: "Guai a me se non predicassi il Vangelo!"): occasione di un'altra riflessione sulla propria vicenda personale. "Proprio qui, proprio nel ricordare queste cose a me stesso e a voi, sento più grande il mio peccato, peccato di omissione ma non soltanto di omissione. Certo, da 50 anni lavoro per il Vangelo e per la Chiesa con impegno, con un senso del dovere che ho ereditato dalla mia famiglia, e però sono ben consapevole di non aver mai dato tutto, di aver sempre conservato, anzitutto nel profondo del cuore, qualcosa per me stesso. Specialmente di questo domando perdono al Signore, e anche a voi. Vorrei dirvi, anche, che questa è un'insidia che ci riguarda tutti, che minaccia personalmente ciascuno di noi, e che però anche questa insidia Dio può superarla e vincerla, operando anzitutto dentro di noi. Il cinquantesimo del proprio sacerdozio è un momento particolarmente opportuno per rinnovare questa fiducia in Dio e il proposito di ubbidirgli, ma ogni occasione è buona per affidarci a Lui: cari fratelli, questo vale non solo per me ma per ciascuno di noi! Questa fiducia, però, ci spinge a pregare e si alimenta con la preghiera, cresce con la preghiera... Cari fratelli, dobbiamo tutti imparare meglio l'arte della preghiera cristiana, l'arte di lasciare che Dio entri nella nostra vita, l'arte di stare alla sua presenza, di rallegrarci di Lui e in Lui, di affidarci a Lui e di permettergli di cambiarci e farci nuovi di dentro, più capaci di amare Lui e il nostro prossimo. Tutto questo in realtà il Signore lo ha già fatto e continua a farlo, in tutta la lunga vicenda della famiglia umana sulla terra. Tutto questo Egli lo ha fatto e lo fa anche qui, in questa Chiesa di Reggio e Guastalla, oggi non meno di ieri. Nessuno di noi sa quale sarà il suo futuro sulla terra; sappiamo però che possiamo fidarci di Dio; anzi, ci fidiamo di Lui, non solo adesso ma per sempre, un "sempre" che va oltre la morte. E così abbiamo dentro di noi una grande gioia, gratitudine e pace, la pace che Egli solo può dare". 50° DI SACERDOZIO LA FIGURA DEL CARDINALE CAMILLO RUINI NELLE PAROLE DI MONS. MONARI RUINI: "LAICO", "REALISTA", UOMO "DI CULTURA" IL PROFILO TRACCIATO AL TEATRO VALLI LA SERA DI MARTEDÌ 23 NOVEMBRE In un Teatro Valli gremitissimo, la sera di martedì 23 novembre scorso, a tratteggiare le caratteristiche della personalità del Card. Ruini è stato Mons. Monari, vescovo di Piacenza-Bobbio, pure lui nativo di Sassuolo, amico e collega del Card. Ruini ai tempi dell'insegnamento in Seminario a Reggio. "Proverò a dire tre cose sul Card. Ruini che vorrebbero descrivere il suo stile... La prima è «laico». Naturalmente non voglio dire che il cardinale non sia e non si senta ecclesiastico, voglio dire che fa parte del suo stile confrontare e spendere il suo pensiero e le sue parole nel confronto con il pensiero laico. E questo non riguarda solo il tipo di linguaggio che usa, che non è il linguaggio di casta, non è il linguaggio formato nell'ambiente clericale chiuso e quindi comprensibile da pochi iniziati; ma soprattutto nel senso che non ritiene che il suo pensiero e le sue parole abbiano un sovrappiù di valore per il fatto che vengono da un ecclesiastico. Da questo vizio il cardinale è del tutto immune, probabilmente per la sua storia e per gli ambienti in cui ha vissuto negli anni dell'infanzia e dell'adolescenza. In ogni modo questo gli permette di stare di fronte al mondo e al pensiero laico, dando e ottenendo rispetto... Seconda parola «realista». Intendo con questo l'inclinazione a veder le cose così come sono e non come vorrebbero desideri o sogni o illusioni... Egli prende atto realisticamente della realtà, delle possibilità che la realtà offre e fa le sue scelte all'interno di queste possibilità. Non si illude di potere cambiare le cose semplicemente pensandole o desiderandole o volendole diverse. Questo non significa non avere desideri o ideali o mete elevate che motivano o dirigono i comportamenti. Terza parola «cultura». Non prima di tutto in senso di cultura accademica, anche se evidentemente ha tutti i titoli di una cultura da specialista; ma mi riferisco alla cultura come al complesso di idee esperienze, giudizi, comportamenti, desideri, progetti che danno una forma umana al vivere sociale. È del Card. Ruini il programma pastorale che va sotto il titolo di "Progetto culturale", che da alcuni anni sta dando un colore particolare al cammino della chiesa italiana. All'origine di questo progetto c'è la convinzione che la fede diventa significativa quando comincia a cambiare, a dare forma alla vita concreta delle persone quando si incarni in progetti concreti in scelte, in comportamenti ripetuti e cumulati di molte persone. In questo Ruini si è trovato in perfetta consonanza con la visione pastorale di Giovanni Paolo II.... L’ESPERIENZA DEGLI STUDENTI DEMOCRATICI DON CAMILLO EDUCATORE Dell'esperienza degli "Studenti Democratici", il gruppo di studenti delle scuole superiori di Reggio, che don Camillo Ruini fondò nel 1974 per animarne la partecipazione agli Organi Collegiali della scuola, ha parlato, la sera di martedì 23 novembre, al Teatro Valli, la prof. ssa Elena Lampanti, che allora fu tra i protagonisti del gruppo di studenti del Bus, all’epoca l'unico Istituto sperimentale della città. "Don Camillo", ha sottolineato, "non volle che fosse un gruppo confessionale, anche se la gran parte di quei ragazzi veniva dalle parrocchie e dalle associazioni cattoliche". Il collante, ha poi spiegato, erano i valori della democrazia, del pluralismo, dell'educazione alla legalità, del rispetto dello Stato di diritto. E, ancor prima, del riconoscimento della dignità della persona e dei suoi diritti-doveri in campo sociale. Fu quindi un'esperienza educativa umana e civile, prima che un'attività finalizzata alla promozione di una presenza organizzata alle elezioni e alla partecipazione studentesca. Di più, ha sottolineato, è stata un'esperienza di amicizia, in cui don Camillo ha rappresentato il punto di riferimento, la guida spirituale, l'amico adulto di cui fidarsi. 50 ANNI DI SACERDOZIO A 50 ANNI ESATTI DALLA PRIMA MESSA, RUINI CELEBRERÀ L'EUCARISTIA ANCORA IN S. GIORGIO DOMENICA 12 DICEMBRE ALLE 11. CON LE AUTORITÀ CI SARÀ TUTTA LA CITTÀ AD ACCOGLIERLO DON CAMILLO TORNA FRA I "SUOI" A SASSUOLO IL CARDINALE NACQUE, STUDIÒ E SI APRÌ ALLA VOCAZIONE Al mistero inatteso di quella improvvisa vocazione che nacque dentro di lui alla soglia dei diciott'anni e che nel volgere di pochi mesi lo aveva già condotto in Seminario a Roma, il Cardinale Camillo ha accennato nella intensa e toccante omilìa in San Prospero a Reggio. Della sua prima Messa Solenne, celebrata a Sassuolo in San Giorgio il 12 dicembre del 1954, verrà a fare memoria nell'Eucaristia di domenica 12 dicembre 2004, esattamente 50 anni dopo: con lui, figlio mai dimenticato e mai diméntico di questa Chiesa e di questa terra, renderanno grazie al Signore la parrocchia di San Giorgio in primis (trattasi di un "sangiorgino" d.o.c.) e tutta la comunità ecclesiale sassolese. La celebrazione avrà inizio alle 11 e sarà preceduta, alle 10.30, dal saluto alle Autorità locali. "La Chiesa fa l'Eucarestia, ma è l'Eucarestia che fa la Chiesa": questo appuntamento sarà sì festa grande di affetti tra il Cardinale e la sua gente, ma soprattutto vorrà andare oltre e farsi evento di Chiesa. È in questa direzione che sta lavorando la comunità parrocchiale di San Giorgio, in cui si respira già aria di grande vigilia, perché con questa comunità, in cui è maturata la sua vocazione, Don Camillo ha sempre mantenuto affettuosi contatti. I legami con la terra di origine sono come il primo amore: non si scordano mai. E se Don Camillo afferma di non essere cambiato nonostante i diversi lidi e gli alti incarichi, Sassuolo sottoscrive e gli riconosce una "sassolesità" mai affievolita, nonostante la lontananza fisica. Sassolesità anagrafica: quanti, dei sassolesi di origine, ricorsero alla chirurgia del papà, Dottor Francesco, e ne sperimentarono la rettitudine e la professionalità; quante signore, avanti negli anni, ricordano la mamma, Signora Iolanda, "così gentile e così distinta"; quanti ebbero come prof. la sorella Donata, insegnante di lettere presso la locale Scuola Media. Sassolesità di formazione e di crescita nella fede: è nato e ha vissuto gli anni dell'infanzia e dell'adolescenza in questa Chiesa particolare e con questi sacerdoti: nell'ambiente ecclesiale lo abbiamo sempre sentito come "uno dei nostri", anche se non ne avevamo la conoscenza diretta e personale perché per età eravamo più vicini a quelli" piccoli" dell'Oratorio cui Lui, assieme agli altri "grandi", aveva passato il testimone. Credete che Lui e gli amici, che ogni tanto incontra, abbiano dimenticato i momenti e le esperienze al piccolo Oratorio delle Carandine, alloggiato in piccoli limitati ambienti annessi alla Canonica di San Giorgio? Credete che abbia dimenticato la gioia, condivisa con gli amici di allora, di trasferirsi in una sede più spaziosa? Erano gli anni 1947-'48 e Monsignor Pellati, che durante la guerra aveva fatto voto di procurare ai ragazzi ambienti più decorosi, riuscì ad acquistare (non senza pesanti sacrifici finanziari) la vecchia palazzina dei Conti Pignatti Morano in Via Menotti. Don Camillo ricorda ancora che, per avere a disposizione un bel campo in cui giocare, lui e gli amici riuscirono ad ottenere il permesso di abbattere due alberi... Ha avuto modo di raccontarlo ai ragazzi, quando è venuto per i festeggiamenti del 50° dell'attuale Oratorio Don Bosco. Ma a dire tutto il restante affetto e la gratitudine della nostra Comunità al Cardinale Ruini, Vicario del Papa per la diocesi di Roma e Presidente dei Vescovi italiani, saranno, domenica 12 dicembre, Don Romano, parroco di San Giorgio, e Don Erio, uno dei compagni di ordinazione, assieme agli altri confratelli e agli amici di vecchia data. Come pure tutte quelle persone, e non saranno poche, che vorranno testimoniare, con la partecipazione alla Concelebrazione eucaristica di domenica 12 dicembre, il grazie più sincero e più... "sassolese" al Signore e a Don Camillo per questi 50 preziosi anni di ministero. Pellegrina Pinelli 8 DICEMBRE FESTA DELL'IMMACOLATA, GIORNATA PARROCCHIALE DELL'ADESIONE ALL'AZIONE CATTOLICA UN SERVIZIO QUALIFICATO ALLA CHIESA DA FEDELI LAICI, RESPONSABILI NELLA CHIESA E NEL MONDO La data dell'8 dicembre, festa di Maria Immacolata, ha un significato particolare per i membri di Azione Cattolica: esprimere liberamente davanti al Signore e alla comunità cristiana la propria adesione alla proposta, offerta dall'Associazione, di formazione personale, di collaborazione alla missione della Chiesa e di testimonianza nelle realtà temporali. È il gesto che persone adulte e anziane, ma anche un considerevole gruppo di giovani e un crescente numero di ragazzi, in ben 85 parrocchie della nostra diocesi, compiranno in quella data durante la celebrazione eucaristica. Si qualifica, pertanto, quale momento che segna il cammino dell'Associazione, stimolato in questi ultimi anni da alcuni fatti, come il rinnovamento dello Statuto, la lettera dei Vescovi all'Associazione, l'evento di Loreto con l'incontro con il Papa, la consegna del Progetto formativo e la formulazione dell'Atto Normativo diocesano. La nostra Associazione ha vissuto questi momenti con senso di responsabilità, partecipando con intensità di intenti, donando la propria disponibilità di tempo, di studio e di energie, sostenuta dalla lettera che il nostro Vescovo, fin dall'inizio di questo cammino, ha rivolto in modo esplicito e chiarificatore. Indubbiamente non si tratta di perdere la memoria di quanto è stata l'AC in passato, ma di guardare avanti. Si aprono nuovi orizzonti, la realtà sociale e religiosa è mutata, la stessa Chiesa italiana in questi anni si è data o sta dando alla propria azione pastorale una nuova forma articolata in diverse strutture. All'Associazione è richiesto, pertanto, se vuole essere fedele al suo carisma, un nuovo modo di presenza che esprima lungimiranza, creatività, incisività. Davanti ad essa si prospettano nuovi luoghi o ambiti di azione. Per questo più attento dovrà essere l'ascolto dello Spirito, perché più urgente si farà sentire la necessità di discernere quali vie percorrere. In un simile contesto è importante ricordare, innanzitutto, che l'Azione cattolica è un'associazione di laici, meglio di christifideles laici, come dice l'esortazione pontificia, cioè di laici che sanno sicuramente avere il respiro del mondo e la capacità di impregnare di Vangelo la vita quotidiana, ma sanno anche portare nella comunità cristiana il senso della loro appartenenza al mondo. Ma la domanda che proviene da diversi parti riguarda lo specifico servizio che l'AC, in quanto associazione di laici, offre alla Chiesa, per non confondere i ruoli, per non considerarsi i primogeniti, per evitare molteplici appartenenze che non facilitano una vera educazione alla fede. Si potrebbe formularla così: qual è la ragion d'essere dell'AC e ciò che configura il suo profilo associativo? Stando ai documenti sopra citati, la risposta emergente è che l'AC è un'associazione di laici che si fonda su un preciso carisma: quello del legame con la Chiesa e con la Chiesa particolare. Certo tutti per il battesimo debbono vivere un legame con la propria Chiesa, tuttavia non a tutti è chiesto di vivere questo legame con l'intensità con cui l'AC sceglie di viverlo, cioè di sentirsi appartenenti alla propria Chiesa prima che alla propria associazione; di avere una disponibilità al servizio che si traduca nel coinvolgimento e collaborazione non ad un proprio piano pastorale, ma a quello della propria parrocchia e diocesi, realizzato con lo specifico metodo associativo dell'AC: un mettere in atto iniziative o itinerari che siano di approfondimento o di completamento o di servizio alla formazione cristiana propria di ogni comunità. E non è un legame occasionale, di qualche periodo della vita, ma è continuativo. E neppure un legame selettivo. Per questo l'AC è un'associazione non di élite ma popolare: ne fanno parte persone di diverse generazioni e condizioni sociali e culturali. Un legame che diventa anche un compito speciale: assumersi la responsabilità di "tessitura della comunione ecclesiale". I Vescovi nella loro lettera (al n. 4) sono espliciti: "All'AC chiediamo di farsi carico di tale sensibilità, promuovendo dialogo e collaborazione tra le diverse realtà, nel rispetto della varietà dei carismi ma anche nella ricerca di un'effettiva comunione nel quadro della pastorale diocesana". In questa prospettiva a qualcuno può sembrare che l'AC, allora, accetti di avere un'identità debole, una presenza poco visibile, un profilo non ben delineato. Al contrario, di fatto la sua specificità diventa fortissima nella coscienza di coloro che fanno maturare questo tipo di amore alla Chiesa e che scelgono questo stile di stare nella Chiesa e nel mondo. Lo ha sintetizzato molto bene il Papa a Loreto, presentandolo quasi come un programma d'azione: "Vi stia a cuore ciò che sta a cuore alla Chiesa". Certo, non è facile per l'AC vivere il proprio carisma oggi, in un contesto così diverso dai "tempi gloriosi" dell'Associazione. Ma se viene dallo Spirito, è ancora una ricchezza per la Chiesa. Per questo i Vescovi, nel documento "Comunicare il Vangelo in un mondo che cambia" (n. 61), chiedono all'AC di offrire ancora "quell' esemplarità formativa" di cui le comunità cristiane avvertono l'esigenza. Saranno questi i prossimi passi del cammino che l'AC si appresta a compiere. don Giancarlo Gozzi assistente unitario AC diocesana DA FARE PREFERIBILMENTE AL TERMINE DELLA S. MESSA, PRIMA DELLA BENEDIZIONE FINALE LA BENEDIZIONE DEI SEGNI DELL’ADESIONE ALL’AC Canto Vieni, Santo Spirito manda a noi dal cielo un raggio della tua luce. Vieni, padre dei poveri, vieni, datore dei doni, vieni, luce dei cuori. Consolatore perfetto; ospite dolce dell'anima, dolcissimo sollievo. Nella fatica, riposo, nella calura riparo, nel pianto, conforto. O luce beatissima, invadi nell'intimo il cuore dei tuoi fedeli. Senza la tua forza nulla è nell'uomo, nulla senza colpa. Lava ciò che è sordido, bagna ciò che è arido, sana ciò che sanguina. Piega ciò che è rigido, scalda ciò che è gelido, drizza ciò che è sviato. Dona ai tuoi fedeli che solo in te confidano i tuoi santi doni. Dona virtù e premio, dona morte santa, dona gioia eterna. Celebrante Il nostro aiuto è nel nome del Signore. Assemblea Egli ha fatto cielo e terra. Celebrante Il Signore sia con voi. Assemblea E con il tuo spirito. Preghiamo O Signore, nella Tua misericordia verso tutte le creature, manifesti la tua onnipotenza nel mistero di grazia di Maria Immacolata: il Tuo verbo in Lei si è fatto carne per offrirsi sulla croce e rendere anche noi puri, senza ruga e senza macchia; con la Sua Resurrezione ci ha meritato la grazia di essere Tuoi figli e di costruire la Tua Santa Chiesa in Lui Capo, quali membra di uno stesso corpo, dotate di carismi e ministeri. Effondi, Signore, la Tua benedizione (+) su questi segni di adesione all'Azione Cattolica; concedi a quanti accettano questi segni esteriori di saper vivere un forte impegno per onorarTi nel loro cuore e di servire i fratelli vicini e lontani con generosa testimonianza di opere: possa la tua Santa Chiesa rallegrarsi per la santità della vita di questi tuoi figli. Per il Nostro Signore Gesù Cristo, Tuo Figlio, che è Dio e vive e regna nei secoli dei secoli. Assemblea Amen. PREGHIERA DELL’ADERENTE O Signore, Via Verità e Vita, accogli la nostra preghiera, unisci i nostri cuori nella fede e rendili operosi nella carità. Guida i nostri passi sulla via del bene. Donaci volontà di comunione, fedeltà e generosità di servizio, docilità agli insegnamenti e amore grande per la tua Chiesa, per fiorire insieme là dove ci hai piantati. Per intercessione di Maria. Amen. CONTEMPLAZIONE, COMUNIONE, MISSIONE LE PAROLE-CHIAVE DEL PAPA "Gratuitamente avete ricevuto, gratuitamente date" è il tema formativo per il prossimo anno associativo 2004-'05. Questo invito lo troviamo nel Vangelo di Matteo al capitolo 10, all'interno delle istruzioni che Gesù impartisce agli apostoli prima di mandarli in missione. È molto bello notare che l'evangelista, prima di riportare gli insegnamenti di Gesù, riporta uno per uno i nomi dei dodici apostoli, come volesse sottolineare che la chiamata alla missione è una chiamata personale e non generica. Noi laici di AC con la missione giochiamo il nostro futuro di cristiani, perché essa non è solo una generica chiamata, ma è una delle tre consegne che il papa ci ha fatto a Loreto: contemplazione, comunione e missione. L'ordine delle tre consegne non è a caso: • contemplazione: solo da una vita di preghiera, da una vita capace di contemplare il volto di Dio, si può preparare un terreno fertile; • comunione: più precisamente, solo una formazione alla spiritualità della comunione fa della Chiesa la casa e la scuola della comunione; perciò il laico di AC, all'interno della propria parrocchia, deve essere un punto di riferimento di questa spiritualità; • missione: solo in un ambiente di formazione continua e ispirato alla spiritualità della comunione possiamo essere dei missionari incisivi, altrimenti portiamo solo noi stessi e non il Cristo risorto. Quello della gratuità non è solo un tema da vivere per un anno associativo, ma è molto di più: la gratuità è la caratteristica stessa di Dio e dunque anche dei suoi discepoli. La gratuità nasce dal radicarsi nella Grazia, per essere a nostra volta strumento della vita nuova che viene da Dio. Ecco che la missione, con queste premesse, prima che un dovere è un dono ricevuto, che ci mette in grado di generare novità di vita nella libertà e vicinanza profonda a ogni persona. Se volessimo individuare una icona della gratuità evangelica, il pensiero non potrebbe che fermarsi su Maria, la cui grandezza consiste, prima di tutto, nell'aver accolto il dono che Dio faceva a lei e a tutta l'umanità con un "eccomi" carico di stupore e di fiducia incondizionata. A rendere mariano l'anno associativo che sta per iniziare è certamente stato l'appuntamento di tutta l'Associazione a Loreto. Abbiamo bisogno di tornare ad ascoltare e pronunciare quel "si" gridato alla piana di Montorso. E vogliamo farlo insieme. Siamo certi che dopo il 5 settembre l'Azione Cattolica non sarà più la stessa. "Perché Cristo sia formato in noi" occorre mettersi in cammino, uscire, assaporare la serena vitalità del Vangelo nella fraternità che ci porta a far festa insieme guardando a Maria e accogliendo la parola del Papa. Paolo Sacchi 150 ANNI FA LA PROCLAMAZIONE DEL DOGMA DELL'IMMACOLATA CONCEZIONE DI MARIA "TOTA PULCHRA ES, MARIA": LA BELLEZZA SINGOLARE DELLA MADRE DI GESÙ ESPRESSA IN SUBLIMI MANIFESTAZIONI DELL'ARTE SACRA L'iconografia tesa a presentare Maria "concepita senza peccato" ha avuto una lunga ricerca figurativa. Nel processo evolutivo del tipo iconografico sono distinguibili almeno tre diversi modi figurativi. Una prima tipologia, la più antica, dipende dal Protovangelo di Giacomo (II sec.), dove è narrato l'incontro presso la Porta d'Oro di Gerusalemme tra gli anziani sposi Gioacchino e Anna fino ad allora sterili. Il momento dell'abbraccio/bacio tra i due sposi, secondo gli scrittori medievali, segnò il momento del concepimento di Maria ex osculo. In tal modo i commentatori medievali - che avevano del concepimento una visione meno scientifica della nostra e che vedevano nel rapporto sessuale, anche se coniugale, il veicolo del peccato originale - ritenevano salvaguardato lo speciale status di Maria, "concepita senza peccato". Questa tipologia iconografica sparirà definitivamente nel XVII secolo. Una seconda tipologia iconografica nasce a fine del Medioevo con riferimento all'antica festa della Conceptio sanctae Annae: è il tema di Maria seduta sul seno di sua madre, iconografia diffusasi proprio mentre il Concilio di Basilea (1438) si pronunciava a favore dell'Immacolata. La fede della Chiesa si espresse così nella rappresentazione delle tre figure (Anna, Maria e il Bambino) unite in un'unica immagine, iconografia che Leonardo presenterà nella Vergine delle rocce, oggi al Louvre, commissionatagli nel 1482 dalla milanese confraternita della Concezione. Il decreto tridentino De imaginibus, con il divieto di collocazione in chiesa di immagini che potessero trarre in errore i fedeli, relegò la tipologia dell'Anna-in-tre in una lettura di tipo "familiare" ai danni del suo significato originario che vedeva tale soggetto come riferimento all'Albero di Jesse (Is 11,1). Parallelamente si affermerà una ulteriore iconografia nel tipo dell'Hortus conclusus: la Madonna è in un giardino chiuso. Intorno a lei sono i simboli biblici e patristici che proprio nel XVI secolo confluiscono nelle Litanie lauretane (fontana sigillata, torre d'avorio, trono di Salomone, giglio tra i cardi, cedro cresciuto, olivo maestoso, pianta di rose). Questa tipologia evolverà tra il '400 e il '500 verso una nuova iconografia: la Vergine in piedi su una mezzaluna col capo coronato di stelle, circondata dai simboli litanici lauretani. La rappresentazione di Maria sommerà così in sé i riferimenti biblici alla bella sulamita del Cantico dei Cantici - come è spesso provato dai cartigli con il versetto Tota pulchra es, amica mea, et macula non est in te - e alla Donna dell'Apocalisse (Ap. 12). Sarà questa la tipologia iconografica "vincitrice", consacrata nei secoli anche dai capolavori di Caravaggio (Madonna dei Palafrenieri), Bernardo Cavallino, Guercino, Tiepolo, soprattutto Murillo. A codificare il soggetto mariano contribuirà l'opera Arte de la Pintura (1649) di Francisco Pacheco del Rio, pittore e censore artistico dell'Inquisizione, che prescriverà la rappresentazione della Vergine tra i 12 e i 13 anni di età. Il sole deve essere rappresentato come un diluvio di luce intorno a lei. La luna sotto i suoi piedi deve avere le punte rivolte verso il basso, perché illuminata dall'alto. I vestiti devono essere di un bianco assoluto; il manto o la stola blu. La testa del vinto e schiacciato dragone deve essere sotto i suoi piedi". Tale iconografia sarà tanto "forte" e "popolare" da condizionare tutt'oggi la produzione artistica, non di rado scaduta a mera ripetizione di vecchi modelli che hanno finito per alimentare spesso l'industria del kitsch. L'ICONOGRAFIA DELL'IMMACOLATA CONCEZIONE IPOTESI DI UN ITINERARIO DEVOTO NELLE CHIESE DI REGGIO EMILIA E DINTORNI Auspicando uno studio su devozione e iconografia dell'Immacolata nella diocesi di Reggio Emilia, si prova a tracciare un primo "itinerario reggiano" alla ricerca di quella che certamente è l'iconografia mariana mondialmente più diffusa. Un ideale "pellegrinaggio" potrà cominciare nella basilica della Ghiara, dove l'immagine dell'Immacolata è presente in controfacciata nella grande tela di Carlo Rizzi (1685-1759), già nella chiesa di S. Maria del Gonfalone; su una delle pile dell'acqua santa, con una deliziosa statuetta bronzea dell'Immacolata (1745) di Paolo Magnavacchi (a ricordare che l'acqua battesimale - di cui è "memoria" l'acqua lustrale - ha reso anche noi liberi dal peccato originale innestandoci nella famiglia di Dio); nella volta del braccio sud, sopra la cappella della Madonna della Ghiara, in un affresco di Lionello Spada (1615). Nella vicina chiesa di S. Stefano è un paliotto in scagliola che - riecheggiando il tema della Vergine circondata da simbolici elementi floreali - richiama l'amata Maria-Chiesa del Cantico dei Cantici. Teologicamente esatte le rappresentazione della Vergine (nella tipologia detta "Immacolata dei francescani") non casualmente presenti nella chiesa dei Cappuccini. Qui è un dipinto di Carlo Bensa (metà del XVIII secolo) con l'Immacolata con Gesù Bambino che schiaccia il dragone; un'opera (seconda metà sec. XVII) che presenta la Madonna con Cristo in gloria e san Domenico e un santo cappuccino; un quadro dalla più complessa iconografia: la Vergine seduta con il Bambino tra le braccia; sotto i suoi piedi è una falce di luna, mentre il suo sguardo si volge all'Eterno Padre che appare tra le nubi sovrastanti insieme allo Spirito Santo la adombra. Intorno sono le immagini bibliche interpretate dai Padri in chiave mariana e poi confluite nelle litanie lauretane. Questa stessa composizione (con l'aggiunta dei santi Francesco e Bernardino da Siena) è presente nel dipinto (fine sec. XVI), ascritto a Francesco Codeluppi, di proprietà del Comune di Guastalla. Nella chiesa di S. Francesco - il cui titolo originale ricorda quello della Concezione - è possibile vedere una statua della Vergine Immacolata dei Viappiani di Modena (sec. XIX) e una Madonna della Concezione (sec. XVII) copia da Elisabetta Sirani. Nei vicini Musei Civici è un'Immacolata del secentesco pittore bolognese Giovanni Andrea Sirani. Dipinti dell'Immacolata si possono vedere nella chiesa di Ospizio - dove il quadro con tale soggetto è stato recentemente attribuito a Paolo Emilia Besenzi (+ 1656) - nella chiesa parrocchiale di Bagno e nella chiesa di S. Donnino di Liguria. Nella chiesa di S. Prospero Strinati è una pala d'altare (1751) di Lucia Casalini Torelli: vi è raffigurata la Vergine Immacolata sospesa tra le nubi, mentre in basso sono i santi Giuseppe, Francesco da Paola e Lucia. L'itinerario ci porta nella chiesa di S. Giovannino in città (sede da più di un secolo della confraternita dell'Immacolata, custode di alcune immagini della Titolare del pio sodalizio), non senza aver prima fatto sosta in S. Prospero per la contemplazione di una delle più belle opere di Prospero Clemente, la statua della Mater Amabilis (1558), sublime e concettualmente densa interpretazione del dogma dell'Immacolata che il massimo scultore reggiano del Cinquecento produsse proprio per la locale confraternita della Concezione. LA PROCLAMAZIONE DEL DOGMA 8 DICEMBRE 1854 La celebrazione della festa dell'Immacolata è documentata in Oriente già prima dell'VIII secolo come "concezione di S. Anna". Almeno dal IX secolo la festa è celebrata dalla Chiesa partenopea; dal X secolo in Inghilterra. Nel secolo XIV la festa è già patrimonio della Chiesa universale. Il tema dell'Immacolata Concezione fu al centro di numerose dispute teologiche durante i secoli XIII e XVI: sostenuta da Duns Scoto e i francescani, non condivisa da Bernardo di Chiaravalle, Tommaso d'Aquino e dai domenicani. Il concilio di Basilea dichiarò ortodossa l'opinione secondo cui Maria non era stata soggetta al peccato originale (17 settembre 1438); ma la dichiarazione non venne accettata da tutti per il trasferimento del concilio a Ferrara già l'anno precedente. In seguito alla Riforma molti cattolici accettarono l'idea dell'Immacolata Concezione e i vescovi spagnoli si segnalarono per il loro ardore, tanto che nel XVII secolo venne proclamata la patrona di Spagna. La proclamazione dogmatica del 1854 è così il punto di arrivo di un secolare iter teologico conclusosi con un vero "plebiscito" - in risposta all'enciclica di Pio IX "Ubi primum" (1849) - da parte dei vescovi dell'Orbe. UCRAINI DI REGGIO E. IN PIAZZA PER PROTESTARE NELLA LEGALITÀ E PER LA LEGALITÀ "NON ACCETTIAMO VIKTOR YANUKOVYCH, RAPPRESENTANTE DEL GIOGO DELLA RUSSIA" Vicenda Ucraina: i suoi riflessi si fanno sentire anche in casa nostra e non potrebbe essere diversamente per una provincia che ospita oltre quattromila cittadini di questa repubblica ex sovietica. E proprio una gran parte di loro domenica scorsa, nel pomeriggio, hanno riempito Piazza della Vittoria per far sapere ai reggiani che cosa sta succedendo in Ucraina dopo l'esito del ballottaggio elettorale del 21 novembre. In poche parole: 11 mila gravi falsificazioni elettorali certificate dagli osservatori - per consentire la vittoria al candidato filosovietico Viktor Yanukovych contro il candidato d'opposizione Viktor Yushcenko. A chiamare gli ucraini di Reggio in piazza sono le due loro associazioni. Ma tutta particolare è stata la manifestazione organizzata - con tutti i permessi dell'autorità di pubblica sicurezza - dagli aderenti alla Associazione Cristiana degli Ucraini in Italia, la sigla ben nota anche ai nostri lettori. Essi si sono raccolti sotto il loro stendardo e hanno iniziato con una mezz'ora di preghiera. Si tratta di una manifestazione politica, ma questa connotazione dice subito lo spirito con cui questi cittadini la affrontano: una protesta decisa contro brogli e corruzione; una richiesta energica di trasparenza e di giustizia. Ma senza quella violenza cui troppo spesso le cronache recenti della contestazione politica ci hanno abituato. Sulla piazza di Kiev, sotto quello sfarfallio continuo di neve che non riesce a coprire i neri quadrati della polizia schierata, ci sono i loro mariti, i loro figli che non si piegano a un verdetto che ritengono manifestamente iniquo, negatore di un futuro democratico, pacifico e indipendente, e lo dicono a tutto il mondo, colorando la loro città di arancione. E proprio l'arancione domina anche questa manifestazione della "Piccola Ucraina" reggiana, in spirito di ideale continuità con i figli, i mariti, gli amici di Kiev. Alla intervistatrice che le chiede se tutti gli ucraini di Reggio hanno questi timori e queste speranze, la dottoressa Antonina Bota, presidente provinciale dell'Associazione cristiana, risponde: "Non posso dire che lo siano il cento per cento, ma sicuramente sono tanti". E sono tanti che, come lei, nei giorni scorsi hanno fatto un intenso passaparola chiedendo null'altro che preghiera per l'Ucraina. Perché Dio liberi dalla guerra civile o da pericolose divisioni questo "lungosofferente ma benedetto paese", donandogli di costruire, nella fraterna unità di tutti i suoi cittadini, un futuro di libertà e di serenità. Sono parole, queste, con le quali i Vescovi della Chiesa Greco-Cattolica Ucraina, a firma del cardinale Lubomyr Husar, concludono il messaggio ai fedeli e a tutti gli uomini di buona volontà, chiedendo chiarezza sugli abusi che chiunque ha visto. Il loro messaggio corre di mano in mano anche durante la manifestazione reggiana. All'occhio del cronista balza questa frase: "La vostra azione deve essere dentro i confini della legalità. Conseguiamo la vera libertà attraverso la croce e la sofferenza. Prepariamoci per questo, perché Cristo il Dio-Uomo ha liberato l'umanità con la sua passione e morte sulla croce". Il cronista può anche registrare, passando in rassegna gli ultimi lanci delle agenzie, che la speranza non delude perché le dichiarazioni dei più importanti protagonisti, passo dopo passo - mentre questa nota prende forma sul computer - sembrano allentare la pressione e orientarsi verso le prime forme di convergenza tra i due opposti schieramenti del ballottaggio. E l 'augurio è che sia tutto vero. L'INCONTRO ANTONIO LANZONI, DIRETTORE DEI PROGRAMMI DI RECUPERO DEL CE.I.S. DI REGGIO I TOSSICODIPENDENTI? SOLITARI E "INVISIBILI" "AUMENTANO I CONSUMATORI OCCASIONALI DI PIÙ SOSTANZE" Psicologo e psicoterapeuta, della parrocchia cittadina di San Luigi, Antonio Lanzoni ha una lunga esperienza nei servizi che si occupano di tossicodipendenze. Da 11 anni al Centro di Solidarietà di Reggio Emilia (Ce.I.S.), è il direttore dei progetti di recupero. Ragioniamo con lui di un fenomeno che giorno dopo giorno assume dimensioni sempre più ampie. E contorni sfumati, sfuggenti. Dottor Lanzoni, com'è cambiato nel tempo il problema "droga"? Dobbiamo guardare alle trasformazioni che la famiglia ha conosciuto in Italia negli ultimi tre decenni. La tossicodipendenza ha iniziato a svilupparsi dopo il '68, manifestandosi per lo più - fino agli anni Ottanta - come abuso di eroina. Sappiamo bene che cosa la droga rappresentasse a quell'epoca anche in termini di gruppi, di legami, di "ideali". Ma negli anni Settanta le strutture familiari avevano caratteristiche molto diverse da quelle attuali: prevaleva il modello della famiglia "allargata" di origine contadina. Con un ritmo velocissimo si è passati alla famiglia ristretta, poi a quella nucleare e oggi anche monocomponente. Ciò ha avuto effetti sia sullo sviluppo ontogenetico delle persone che sul significato sociale (quindi diagnostico e trattamentale) di abuso di sostanze e soglia del dolore. Sarebbe? La "dipendenza" è qualcosa di connaturato con noi, tant'è vero che se un bambino appena nato non ha figure adulte da cui dipendere è destinato a morire. I cicli della sofferenza, tuttavia, sono influenzati dallo sviluppo sociale. È indubbio come la gestione del dolore sia cambiata profondamente dagli anni Settanta in avanti: nella famiglia tradizionale si tendeva a cercare in casa il rimedio per ogni problema; oggi, all'opposto, viviamo in una situazione "fisiologica" di dipendenza e deleghiamo continuamente a soggetti terzi le soluzioni a quanto ci fa soffrire. Ricordiamo che anche i farmaci sono sostanze. Così oggi è sempre più frequente, ad esempio, incontrare adolescenti che hanno una scarsa gestione della frustrazione. E va da sé come anche le risposte al disagio del crescere e del vivere vengano sempre di più cercate "fuori", magari con sostanze psicotrope. Perché in giro ci sono quantità enormi di cocaina ed ecstasy? Se ieri l'eroina - che è un deprimente - poteva costituire in sé un motivo di "aggregazione", oggi chi abusa di sostanze si serve in genere di eccitanti e non lo fa solitamente in gruppo, tantomeno per motivi "ideologici". Anche la cocaina, che pure in apparenza facilita le relazioni, viene assunta dalle persone per conto proprio, per lo più come disinibitore. Il che è funzionale all'immagine di individuo efficiente e sempre pronto al massimo della performance che la nostra società va costruendo. La cocaina può provocare la soppressione del sonno o un illusorio incremento delle capacità cognitive; per questo le è "riconosciuta" una certa capacità di migliorare le prestazioni, peraltro totalmente infondata sul piano scientifico. Anche l'ecstasy è consumata per raggiungere questi scopi. Mentre le pasticche sono diffuse tra adolescenti e giovani, la cocaina viene utilizzata anche da molti adulti. Entrambe sono considerate droghe "pulite" poiché non richiedono il ricorso alla siringa, con i connessi timori di malattie trasmissibili attraverso il sangue. Rispetto all'eroina, poi, sono più socialmente accettate. C'è altro, dell'identikit del nuovo tossicodipendente? Sì, aggiungerei l'abuso di psicofarmaci (ansiolitici) e alcol. Comunque più sostanze insieme. Oggi anche i tossicodipendenti di più lungo corso si sono convertiti al cosiddetto speedball, una miscela di eroina e cocaina: si assumono contemporaneamente sostanze eccitanti ed altre - come psicofarmaci o alcol - che ne abbassino l'effetto. L'offerta di droghe, si desume, è pervasiva: scuola, lavoro, casa... Un tempo le zone di spaccio erano note, tutt'al più si spostavano in seguito agli interventi delle forze dell'ordine. Ma la diffusione del telefono cellulare ha cambiato tutto: ci si dà appuntamento nei luoghi più disparati e là si compra la droga. Di fronte ad un quadro così composito, come intervenite? Dal punto di vista medico, disponiamo dei centri di disintossicazione di Castelmassa e Carpineti. Le percentuali di recupero vanno oltre l'80%. Ma il vero grande problema sta a monte ed è di tipo motivazionale: consiste cioè nel convincere tanti consumatori occasionali - che si drogano nei fine settimana per poi riprendere un'esistenza e una professione "normali" - a farsi carico del loro problema. Il numero di coloro che si presentano spontaneamente, se rapportato ai quantitativi di droga sequestrata, è irrisorio. Quasi tutti arrivano ai servizi perché costretti dalla legge (in seguito all'accertamento di reati: detenzione di stupefacenti, incidenti stradali causati dalle sostanze) o perché si sono "scompensati" - con deliri o gravi disturbi d'ansia - in seguito all'uso protratto della cocaina. Incontrare la grande maggioranza degli "altri" richiede strategie diversificate. Per intercettare i giovani abbiamo attivato www.drogaonline.it, un servizio di consulenza anonima via Internet: i contatti sono tantissimi, ma data anche la "a-territorialità" del mezzo, è difficile quantificare il ritorno in termini di accesso alla rete di assistenza pubblica e privata, che resta l'obiettivo ultimo. Nel mondo del lavoro il Ce.I.S. ha tentato la strada dei "delegati sociali", figure di riferimento aziendali in grado di orientare le richieste di aiuto relative all'uso di droghe. Non dimentichiamo il dato impressionante, emerso da una ricerca condotta nel 2000 dal Comune di Reggio, secondo cui circa il 75% dei giovani tra i 16 e i 24 anni ha fatto uso "almeno una volta" di sostanze psicotrope. E.T. QUALE ETICA PER IL COMPENSO DOPO L'INCONTRO PROPOSTO DA GIURISTI E IMPRENDITORI CATTOLICI QUANDO L'AMORE FINISCE IN PARCELLA MONS. MONARI: "LA PROFESSIONE È UN MODO PER RENDER GLORIA A DIO" "Etica del compenso: le professioni tra remunerazione, bisogni e deontologia", è il tema affidato a mons. Luciano Monari, vescovo di Piacenza, svolto nell'incontro di sabato 27 novembre all'Oratorio cittadino e proposto dall'Unione giuristi cattolici, dagli imprenditori cattolici in collaborazione con l'ufficio di pastorale sociale. Più di una persona, alla vigilia della conferenza, mi ha domandato: "Come può un biblista, per quanto insigne, dire qualcosa su un tema così particolare?". Se la perplessità era legittima, allo stesso modo le aspettative non sono state deluse. Mons. Monari, pur e ripetutamente riconoscendo la propria "incompetenza" in materia, ha saputo fornire, con grande lucidità e profondità, criteri ed indicazioni veramente preziosi. In primo luogo, ha affermato, occorre distinguere, senza separare, i "sistemi" quindi le logiche che determinano le scelte in ambito economico (beni e servizi contro moneta), politico (gestione del bene pubblico) e del "dono" (gli affetti). In ogni ambito il credente è comunque chiamato a declinare il comandamento dell'Amore, che assume, in ogni situazione e in ogni contesto, valenze e determinazioni specifiche. Si tratta allora di privilegiare equità, trasparenza, correttezza (anche il pagare le tasse è da considerarsi una forma di amore). Si è sottolineato e ripetutamente la dimensione "umana" di ogni transazione commerciale e di ogni prestazione professionale. I protagonisti nelle relazioni sociali sono sempre e comunque persone, con il loro carico di preoccupazioni, speranze, esperienze. I presenti hanno così potuto ricevere incoraggiamento ("l'esercizio della professione può essere un modo per rendere gloria a Dio" ha ricordato Mons. Monari citando S.Paolo) e raccogliere un invito, quello di ritrovarsi, confrontarsi, in altre parole, verificare e istruire insieme le indicazioni proposte. Da notare, in conclusione: la meditazione del vescovo di Piacenza si è rivelata come una brocca di acqua fresca versata sull'arsa solitudine di quei credenti che desiderano, nel lavoro e nell'impegno sociale, non ridurre la fede alla mera osservanza di regole. Non solo. Ancora una volta si è condivisa l'urgenza e la necessità di procedere secondo un'interdisciplinarità adeguata: fede, teologia e scienza sociali devono trovare all'interno delle comunità cristiane luoghi e linguaggi comuni. don Gianni Bedogni