Suor Laura

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Se il chicco muore porta molto frutto
Ecco il testo completo dell’omelia pronunciata da mons. Alessandro Maggiolini lo scorso
15 ottobre a Chiavenna, in occasione della benedizione della croce posta sul luogo del
martirio di suor Maria Laura Mainetti, assassinata il 6 giugno 2000.
“Abbiamo pianto il giorno del funerale di Suor Maria Laura Mainetti.
Il cuore era in subbuglio per l’orrore provocato dall’uccisione di
questa Religiosa. Sentimenti contrastanti si agitavano nell’animo e
rimaneva ignota la dinamica del fatto, la responsabilità del gesto;
rimaneva sospeso l’interrogativo di che cosa volesse il Signore da noi
e dalla nostra Diocesi di fronte a un evento tanto feroce e pressoché
assurdo.
Ora le emozioni si sono almeno un poco attutite e composte.
Avvertiamo l’esigenza di tener vivo in noi il ricordo di questa donna
di Dio che è vissuta tra noi ed è morta in una maniera tanto crudele,
e ci si staglia davanti, fragile e forte, come un modello. Nella vita
non si incontrano impunemente persone come Suor Maria Laura. Non si
può continuare l’esistenza come se non le si fossero viste. Esse sono
richiamo e stimolo a una conversione sempre più profonda. Adesso lo
possiamo
forse
riconoscere:
tali
persone
sono
benedizioni
straordinarie del Signore.
1) Non sfugga il particolare - che poi è un aspetto centrale -: l’uccisa
era una Religiosa.
Forse anche per questo motivo ella è stata sfigurata e trucidata
in maniera inumana, spietata, orrenda. Una Suora che non si vergogna
e non nasconde la sua totale appartenenza a Dio costituisce sempre
un richiamo all’impegno supremo di decidere il nostro destino
eterno. Lo voglia o no, ella è inevitabilmente allusione alla Verità
ultima e al Valore supremo, e appello alla responsabilità con cui
si gioca irrivedibilmente il proprio destino davanti al Signore.
Accogliere o rifiutare la tenerezza con cui Dio ci chiama e
l’affezione dolce e potente con cui vuole trasformarci. Il discepolo
che appartiene a Cristo, senza riserve e senza termine, poco o tanto,
si erge umilmente e risolutamente quale segno di contraddizione.
C’è dell’altro. C’è che l’essere e l’agire di Suor Maria Laura non
si spiegherebbero senza una comunione profonda e quasi un nascosto
ma realissimo affondamento nel terribile e soavissimo Mistero di
Dio. Tolta la contemplazione, negata una dipendenza amorosa e
intensa da Dio, non si capirebbe nulla della vita di questa Suora:
né il suo sorriso, né la dolcezza vigorosa con cui accostava le
persone, né la capacità di regalare pace e di infondere speranza.
2) Suor Maria Laura non era una di quelle figure un po’ esibizionistiche
e caricaturali che si mostrano quali pretese eccezioni nel Popolo
di Dio per la loro vicinanza ai casi umani estremi paradossali e
alle situazioni eccezionali di povertà di mezzi umani, di affetto
e di grazia. Non era una Suora che esigesse il proscenio
dell’eroicità o, almeno, della inconsuetudine. Non era una Suora
che volesse dar spettacolo di sé perfino con qualche eccentricità:
non chiedeva né pretendeva di essere notata con attenzione singolare
e quasi controvoglia. Amava nascondersi.
Curava con sentimenti materni i bimbi della scuola ai quali maternamente, appunto - trasmetteva i lineamenti di una fisionomia
spirituale: tratti di stupore, di preghiera attonita, di
familiarità lieta che la contraddicevano. Partendo dai fanciulli,
giungeva ai genitori che spesso hanno bisogno di essere consolati
e incoraggiati nel loro aspro ed esaltante lavoro educativo.
Giungeva agli ammalati, agli anziani, alle persone sole che
tacitamente invocavano la vicinanza di una persona cara.
Soltanto in rare circostanze e senza andarle a cercare, rispondeva
pure a invocazioni di aiuto che presentassero qualche aspetto
enigmatico e rischioso. E infatti. Aderì a una chiamata che faceva
leva sulla sua premura di offrire il soccorso di una persona amica:
una telefonata che invocava la carità di un lenimento di sofferenza
e della soluzione di una circostanza trepida e grave, mentre in
pericolo non era una eventuale vita al suo inizio, ma quella della
stessa Suora, sollecitata a un incontro furtivo e, per qualche
aspetto, ambiguo, la sera tardi. La carità tutto crede, tutto spera,
tutto sopporta. Come sospettare un tradimento dentro una ammissione
di debolezza che faceva affidamento sulla bontà sguarnita e
confidente di Suor Maria Laura? Del resto, la Religiosa si era
sufficientemente premunita per non esporsi avventatamente al
pericolo. Si può agire sempre sotto il peso del sospetto?
Il suo uscire di Convento, quella sera, altro non era che
l’aspirazione a comprendere una debolezza, ad alleviare un dolore
e a sciogliere un groviglio di violenze che non potevano non
intenerire il cuore di una Suora tanto sensibile.
3) Ciò che avvenne poi, è ancora da appurare in tutta la sua chiarezza
e nei particolari più significativi.
Un
tocco
di
umanità
commovente
pare
affacciarsi
dalla
ricostruzione, pur ancora provvisoria, dei fatti. Quando Suor Maria
Laura si accorse che stavano sfigurandole il viso e colpendola alla
testa con una pietra o qualcosa di simile, promise che non avrebbe
fatto parola con nessuno dell’accaduto, se la furia aggressiva e
feroce si fosse arrestata per un ripensamento pur tardivo. Non
desiderò la morte cruenta. Non spasimò per andare incontro al
sacrificio della vita. Si sottomise - forse con paura domata - alla
volontà del Signore soltanto quando l’ira omicida si armò di
coltelli: diciannove pugnalate. E l’esile sussurro, pronunciato con
le labbra o nella concretezza dell’esistenza: “Signore, perdonale”.
Allora si accorse che Cristo le stava chiedendo non qualcosa o
qualche aspetto della sua vita. A Suor Maria Laura non rimaneva più
nulla da consegnare al Signore, se non se stessa. E si consegnò,
dolente e confidente e benefacente.
* * *
Lasciamo che sia il Signore a giudicare i grovigli tenebrosi di animi
inariditi e feroci. Preghiamo per chi ha tramato, ingannato e ucciso.
Forse, più che libertà perverse, si profilano vittime di una cultura
del nulla: vittime che si annoiano e si concedono ai giochi del male
in una frivolezza omicida forse atterrita e indomabile. Poi ci si rende
conto della atrocità consumata.
A noi il còmpito di tener viva la memoria di questa Suora che ha
offerto la vita a motivo della sua fede e dell’amore che la spingeva
a compiere il bene dei “piccoli” e dei poveri: con l’aspirazione a
lenire privazioni e angosce, ma, ancor prima, a testimoniare le
certezze di gioia e di speranza ricevute dal Signore Gesù. A stento
riusciamo a spremere dal cuore parole di suffragio. L’inclinazione più
spontanea è, forse, di invocare l’intercessione di Suor Maria Laura.
Suor Maria Laura, un passaggio di Dio tra noi.
Suor Maria Laura, un modello di esistenza evangelica a cui ispirarci.
Suor Maria Laura, la tentazione di una preghiera perché supplichi il
Signore
-
-
a favore di noi;
a favore delle nostre famiglie perché siano sempre più unite nel
Signore;
a favore dei nostri giovani perché accolgano e rinnovino la
tradizione di umanità e di Cristianesimo che è loro consegnata;
a favore della Valchiavenna;
a favore di una società cupa e barcollante come quella in cui
viviamo, spesso priva di ideali autentici e di entusiasmo genuino
e costante;
a favore della Diocesi di Como-Sondrio;
a favore della Chiesa intera.
La Madonna di Gallivaggio, Patrona della Valle, ci aiuti a
perseverare nel lavoro missionario e caritativo. Ci faccia davvero
cristiani. Ci renda fieri e lieti della storia di verità e di grazia
in cui siamo immersi”.
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