L’intervento del Vescovo sul significato del grande Polittico della Cattedrale
Una pagina di storia e di fede
Sul significato del Polittico si é espresso anche il Vescovo. Lo ha fatto sulla pubblicazione edita
dalla Tip.Le.Co e durante la cerimonia d’inaugurazione. Nella premessa del volume “La Maestà
del Duomo di Piacenza”, a firma di mons. Monari, leggiamo:
“Cielo e terra, Dio e l’uomo, il Creatore onnipotente e la debole creatura. Il grande polittico della
cattedrale sembra volere unire in una sintesi armonica quello che, di per sé, apparirebbe
infinitamente distante. Da una parte sta il richiamo fortissimo alla trascendenza: l’oro, profuso con
abbondanza, è il colore del cielo, della divinità; e le forme del gotico fiammeggiante, con la loro
proiezione vertiginosa verso l’alto, costringono a guardare in alto, a cercare “oltre”. Dall’altra parte
stanno le numerose sculture che riempiono lo spazio del polittico: figure umane, ciascuna con i
segni della sua identità e dell’attività terrena, concreta che ha svolto: il libro, il cappello, il saio, la
mitra. Le due dimensioni, insieme, trasmettono il senso dell’esistenza cristiana: un’esistenza umana
con tutta la sua dimensione di terra, ma chiamata a riflettere la bellezza e la santità di Dio: “Questa
è la volontà di Dio la vostra santificazione”, scriveva San Paolo ai Tessalonicesi (1 Ts 4, 3); e
Pietro, a sua volta: “La potenza di Dio ci ha fatto dono di ogni bene... perché diventaste partecipi
della natura divina” (2 Pt 1, 3.4).
“È per questo che la colonna centrale del polittico, più larga delle altre e vera origine ideale
dell’opera, contiene al vertice la figura di Dio che tiene nelle sue mani il mondo. Sotto di Lui
l’immagine di Gesù, Verbo di Dio fatto carne, nel quale Dio entra nella sfera del mondo. Sotto
ancora Maria, attraverso la quale l’incarnazione si è compiuta. L’incrocio tra cielo e terra si compie
nell’evento dell’incarnazione che il polittico pone in straordinaria evidenza con le due sculture
dell’angelo Gabriele e di Maria che dominano sui pinnacoli più alti a sinistra e a destra.
L’annunciazione è l’evento storico nel quale il cielo si è unito alla terra, la terra è diventata madre
del cielo. Non per nulla il 25 marzo era considerato l’inizio dell’anno.
“Il frutto perfetto di questo evento è il Verbo incarnato, Gesù Cristo. Ma non è un frutto isolato: da
Lui e attraverso di lui viene tutta la storia della Chiesa con la sua moltitudine di santi. Sono, i santi,
nient’altro che il frutto visibile dell’Incarnazione, pezzi del nostro mondo ma che sono stati toccati
dalla grazia di Dio e che, attraverso un cammino di fede e di amore al seguito di Gesù, hanno
assunto poco alla volta la forma di Dio e della sua grazia. Per questo stanno accanto alla Trinità e la
circondano come innumerevoli riflessi della sua bellezza.
“Insomma, meditare su un’opera come questo polittico, significa riscoprire il senso dell’amore di
Dio che si è fatto uno di noi, il senso della nostra vita che sta nel diventare immagine luminosa di
Dio. I santi appaiono come un’umanità portata a perfezione; Dio si rivela come amore fecondo che
si è inserito nella storia terrena dell’uomo e l’ha rinnovata”.
Mons. Monari é pure intervenuto personalmente alla cerimonia di inaugurazione: “Questa pagina
di arte è per me una pagina di fede: nella Incarnazione la bellezza di Dio si è stampata sulla natura
umana di Gesù. Oggi nel Vangelo della Messa leggevamo la “preghiera sacerdotale di Gesù il
giorno prima di morire”.
E tra le parole di quello che è il suo testamento rivolto ai discepoli, ci sono queste espressioni. Dice
Gesù rivolto al Padre: “La gloria che tu hai dato a me, io l’ho data a loro” (Gv 17, 22).
Credo sia il significato di quello che vediamo, perché vuole dire: nella Incarnazione la bellezza di
Dio si è stampata sulla natura umana di Gesù. Gesù è perfettamente uomo, ma la sua natura umana,
il suo corpo, la sua anima e i suoi sentimenti riflettono in modo straordinario la gloria di Dio, la
bellezza di Dio, la santità di Dio. E Dio si è fatto carne in Gesù Cristo (cfr. Gv 1, 14) perché questa
bellezza, che è la sua, diventi anche quella dell’uomo. E il senso della santità è tutto lì...”.