Diocesi Piacenza-Bobbio Ufficio Stampa: documenti Cattedrale

Diocesi Piacenza-Bobbio
Ufficio Stampa: documenti
Cattedrale
I Domenica di Quaresima
Messa Episcopale
Mons. Luciano Monari, Vescovo
24 febbraio 2002
Letture: Genesi (12,1-4a); 2 Timoteo (1,8b-10); Matteo (17,1-9).
Introduzione
Seguendo Gesù, che riconosciamo come Signore e Maestro, continuiamo il nostro cammino
quaresimale, e chiediamo al Signore che apra il nostro cuore a contemplare e riconoscere la sua
gloria, a rinnovare la decisione di essere discepoli autentici nell’obbedienza e nell’imitazione di
Lui.
Per questo chiediamo, come sempre, il perdono dei nostri peccati, dell’infedeltà e dei nostri
egoismi.
Omelia
1. La Trasfigurazione
L’esperienza della Trasfigurazione costituisce un tornante, un punto centrale della narrazione del
Vangelo.
1.1. La Trasfigurazione avviene pochi giorni dopo che Gesù ha annunciato la sua passione e
morte
La Trasfigurazione avviene pochi giorni dopo che Gesù ha annunciato la sua passione e morte
(cfr. Mt 16,21-23). Insieme con l’annuncio anticipato della risurrezione, Gesù ha indicato quale
dovrà essere il suo cammino; e non solo il suo, Gesù ha aggiunto: «Se qualcuno vuol venire dietro
di me rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua» (Mc 8,34). Dunque, ha presentato la legge
della croce come caratteristica della sua vocazione, ma anche di ogni discepolo.
Il racconto della Trasfigurazione si lega con questo annuncio: Gesù ha iniziato un cammino di
sofferenza, che costituisce una specie di ostacolo per la reazione istintiva dell’uomo.
1.2. Gesù riceve la testimonianza diretta del Padre
 Perché questo cammino possa essere percorso, «Gesù prende con sé alcuni discepoli, sale su un
monte alto in disparte» (Mt 17,1), e lì riceve la testimonianza del Padre. Perché chiaramente il
centro del brano sta nelle parole che escono dalla «nube»: «Questi è il Figlio mio prediletto, nel
quale mi sono compiaciuto. Ascoltatelo» (Mt 17,5).
Dicevo, sono il centro del brano perché sono parole direttamente di Dio, e questo non succede
frequentemente. Nel Vangelo, mettendo insieme tutti i Vangeli, ci sono solo tre episodi in cui si
sente la testimonianza diretta del Padre:
1
 Il primo episodio è il “battesimo”, quando Gesù va da Giovanni Battista e si sottomette ad un
“battesimo di penitenza”. È cosa evidentemente sorprendente, tanto che Giovanni Battista avrebbe
voluto evitare di dare il battesimo a Gesù; ricordate le sue parole: «Sono io che ho bisogno di essere
battezzato da te e tu vieni da me?» (Mt 3,14). Ma Gesù, contro ogni attesa, si sottomette a quel
battesimo.
 La terza volta è nelle immediate vicinanze della passione, quando Gesù ha parlato della sua
morte come “la morte del chicco di grano”: «se il chicco di grano caduto in terra non muore,
rimane solo; se invece muore, produce molto frutto» (Gv 12,24). In quella occasione è ancora il
Padre che rende testimonianza a Gesù, dicendo: «L'ho glorificato e di nuovo lo glorificherò!» (Gv
12,28).
1.3. La testimonianza di Dio a favore di Gesù si lega all’obbedienza di Gesù
 Ed è significativo, perché in tutti e tre i casi la testimonianza di Dio a favore di Gesù si lega
all’obbedienza di Gesù, alla sottomissione di Gesù ad un cammino di sofferenza e di morte.
Voglio dire: il Padre non ha reso testimonianza a Gesù dopo un miracolo, per esempio, dopo la
resurrezione di Lazzaro; un miracolo più grande di quello non si poteva immaginare, che
manifestasse la gloria e la potenza di Dio come quello che vince la morte è evidentemente difficile
da immaginare; ma lì non c’è una testimonianza del Padre. La testimonianza avviene tutte le volte
che Gesù percorre un cammino di obbedienza al Padre, di umiliazione, di sofferenza e di morte.
 Non solo, le parole che il Padre pronuncia: «Questi è il Figlio mio prediletto, nel quale mi sono
compiaciuto», sono accompagnate di un imperativo: «Ascoltatelo!».
Ricordate che “ascoltare” è uno degli atteggiamenti fondamentali della religione. Al cuore delle
religione ebraica c’è quel versetto del Deuteronomio che dice: «4 Ascolta, Israele: il Signore è il
nostro Dio, il Signore è uno solo. 5 Tu amerai il Signore tuo Dio con tutto il cuore, con tutta l'anima
e con tutte le forze» (Dt 6,4-5). «Ascolta, Israele»!, perché l’esistenza d’Israele nasce dalla Parola di
Dio e dall’obbedienza a questa Parola.
Ora, l’“ascolto” è dovuto a Gesù; è il Padre che presenta Gesù come il mediatore, l’intermediario
attraverso cui la Parola di Dio raggiunge gli uomini e orienta la loro vita. Chiaramente
quell’«ascoltatelo» vuole dire: ascoltate le sue parole, fidatevi di quello che dice; ma vuole dire:
fate quello che lui vi chiede, andategli dietro, fidatevi di lui, anche quando le parole di Gesù sono
parole di croce e vi invita a prendere la vostra croce per seguirlo.
 Credo che tutto il cammino della Quaresima sia qui: nel nostro ascoltare Gesù con le orecchie,
con l’intelligenza, con il cuore e con l’obbedienza della vita, e fare sì che il nostro cammino diventi
una condivisione del cammino stesso del Signore.
1.4. Avere una fiducia radicale in Gesù
Si potrebbe dire: va bene ma quale garanzia abbiamo? Che cosa ci può spingere ad avere questa
fiducia radicale in Gesù? Si potrebbero dire molte cose:
1.4.1. Gesù è testimoniato dalla esperienza degli Apostoli e dei Santi
 Abbiamo la testimonianza degli Apostoli: s’intende, di Pietro, di Giacomo e di Giovanni che
hanno visto il Signore glorificato.
Nella seconda Lettera di Pietro c’è scritto: «16 Non per andare dietro a favole artificiosamente
inventate vi abbiamo fatto conoscere la potenza e la venuta del Signore nostro Gesù Cristo, ma
perché siamo stati testimoni oculari della sua grandezza. 17 Egli ricevette infatti onore e gloria da
Dio Padre quando dalla maestosa gloria gli fu rivolta questa voce: Questi è il Figlio mio prediletto,
nel quale mi sono compiaciuto. 18 Questa voce noi l'abbiamo udita scendere dal cielo mentre
eravamo con lui sul santo monte» (2Pt 1,16-18).
Dunque, abbiamo questa garanzia: la testimonianza degli Apostoli. Si potrebbero moltiplicare le
citazioni, perché: san Giovanni dice di avere visto la gloria di Gesù (cfr. Gv 1,14); Paolo dice di
2
avere visto la gloria del Padre sul volto di Gesù (cfr. At 22,6-16; 26,12-18). In qualche modo
l’esperienza dei discepoli diventa la nostra garanzia.
 Ma non solo l’esperienza dei discepoli. Anche l’esperienza dei santi, perché i santi, in qualche
modo, la trasfigurazione l’hanno vissuta anche loro. Un san Francesco è un uomo come me e come
voi, ma non c’è dubbio che in lui si vede qualche cosa della gloria di Dio, che la trasfigurazione di
Gesù ha trasfigurato anche lui; tutti i santi sono così, in qualche modo Gesù ha attaccato a loro la
sua gloria, la sua santità, il suo amore. Anche questo “diventa una testimonianza”, e vuole dire: se
qualcuno nella sua vita prende Gesù Cristo sul serio – e lascia che le parole di Gesù diventino la
guida delle sue scelte –, la sua vita diventa una trasfigurazione; forse non così luminosa come quella
di s. Francesco o di s. Agostino o di s. Teresa, ma sono trasfigurazioni vere, perché dentro
l’esperienza del discepolo entra qualche cosa della bellezza di Gesù.
1.4.2. La testimonianza delle Scritture parla di Gesù
Dicevo, abbiamo la testimonianza dei discepoli e dei santi. Poi abbiamo la testimonianza delle
Scritture. Ci sono Mosè ed Elia che “conversano con Gesù” e vuole dire: ritrovano in Gesù un
familiare, qualcuno che appartiene alla loro esperienza religiosa. Mosè ed Elia sono evidentemente
le Scritture, l’Antico Testamento; Mosè come legislatore ed Elia come rappresentante dei profeti.
Dio ha parlato attraverso di loro: i Comandamenti sono Parola di Dio attraverso Mosè.
Ebbene, Mosè ed Elia riconoscono in Gesù uno che appartiene a loro, in qualche modo continuano
la loro funzione nel mondo. Questo credo sia una testimonianza grossa per un cristiano: tutta la
Bibbia, dalla prima all’ultima pagina, parla di Gesù. Perché Gesù riassume la legge di Dio: tutto
quello che Dio vuole e chiede all’uomo, e che si trova dentro ai comandamenti di Mosè, è come
contenuto nella Parola di Gesù; e non solo nella Parola, ma nei gesti di Gesù; e nemmeno solo nei
gesti, ma nella sua persona.
Se voi volete sapere che cosa vuole Dio, “guardate Gesù Cristo”, e si capisce immediatamente;
quello che Dio vuole è che l’uomo sia com’è stato Gesù Cristo: con l’amore, la dedizione, la verità,
l’attenzione all’uomo e la capacità di donare se stesso che era proprio di Gesù; la legge di Dio è
tutta lì.
Se volete sapere che cosa vuole dire “stare davanti a Dio”, perché la caratteristica di Elia è stata
proprio questa, ci sono delle sue parole bellissime: «Per la vita del Signore degli eserciti, alla cui
presenza io sto» (1R 18,15). Vuole dire: io non ho paura di niente e di nessuno, né dei re né delle
regine che mi vogliono fare la pelle perché “io sto davanti a Dio”. È la mia relazione con Dio che
mi pone dentro il mondo nella libertà, di fronte a tutte le minacce: “Vive il Signore davanti al quale
io sto”.
Ebbene, se volete capire che cosa vuole dire “stare davanti al Signore” guardate Gesù Cristo, il suo
atteggiamento di obbedienza e la sua fiducia verso il Padre.
Insomma, abbiamo la testimonianza di Mosè e di Elia che ci aiutano a comprendere Gesù come
mediatore e rivelatore della Parola del Padre.
1.4.3. La testimonianza del Padre è nella coscienza dell’uomo
Poi abbiamo ancora chiaramente la testimonianza del Padre. Uno potrebbe dire: questa è un po’
complicata perché i santi li vediamo, la testimonianza degli apostoli sta dentro al Vangelo, la
testimonianza di Mosè ed Elia sta dentro a tutta la Scrittura dell’Antico Testamento; ma la
testimonianza del Padre dov’è? Chiaramente la risposta è: dentro di voi, al vostro cuore; lì è
questione della coscienza che percepisce nel suo profondo quello che Dio si aspetta e le sta
chiedendo da lei. La fede in Gesù Cristo alla fine diventa questione di coscienza, della
testimonianza che Dio pone dentro al nostro cuore; ci fa comprendere il valore e la grandezza di
Gesù, che vale la pena vivere e morire com’è vissuto e morto il Signore.
Nella Lettera agli Ebrei verso la fine c’è scritto: «12 Perciò anche Gesù, per santificare il popolo
con il proprio sangue, patì fuori della porta della città. 13 Usciamo dunque anche noi
3
dall'accampamento e andiamo verso di lui, portando il suo obbrobrio» (Eb 13,12-13); «usciamo
(…) dall’accampamento e andiamo verso di lui portando il suo obbrobrio», cioè la sua vergogna!
Credo che si possa dire questo: quando “l’obbrobrio di Gesù” dentro la nostra coscienza viene
riconosciuto come più vero, più giusto e più bello di tutto il resto, dove capiamo davanti a Dio con
la nostra coscienza che vale la pena sottomettersi all’“obbrobrio di Gesù” piuttosto che cercare altre
prospettive di vita; quando l’“obbrobrio di Gesù” ci attira di più che il “diventeranno famosi” o ci
attira di più che “i tuoi essere ricco” o ci attira di più che “il puoi fare liberamente quello che ti
pare”; quando l’“obbrobrio di Gesù” attira di più, allora significa che il Padre ha reso testimonianza
dentro di noi nella nostra coscienza, con una voce che non si sente forte al di fuori, ma dentro si fa
sentire e determina tutte le nostre scelte e comportamenti.
Conclusione
Il senso della trasfigurazione è qui:
 abbiamo la testimonianza degli Apostoli e delle Scritture che ci aiutano;
 abbiamo la testimonianza di Dio dentro al nostro cuore, ed è definitiva: «Questi è il Figlio mio
prediletto, nel quale mi sono compiaciuto. Ascoltatelo».
Quando la coscienza ci dice che Gesù è colui nel quale Dio si compiace ed è giusto ascoltare Gesù,
allora abbiamo la testimonianza definitiva, e il cammino della Quaresima può procedere con tutte le
nostre fragilità e debolezze, ma con una decisione definitiva e senza pentimento, perché dove c’è la
testimonianza di Dio non c’è nient’altro che possa valere allo stesso modo e possa cambiare questa
decisione.
* Documento rilevato dalla registrazione, adattato al linguaggio scritto, non rivisto dall’autore.
4