3° lezione 28.10.2008
SCHEDA 5
LA STORIA UMANA COME CREAZIONE
Il 1° momento del progetto salvifico di Dio che da sempre ha nella mente, è il mistero della
creazione.
La dottrina della creazione è un tema essenziale della fede cristiana, ben presto accolto nei simboli.
Questi ultimi ripropongono il nucleo della fede di Israele e della primitiva comunità cristiana
ovvero: Dio è creatore di ogni cosa (cielo e terra, visibile e invisibile) e tutto è stato fatto per mezzo
di Cristo, nella forza dello Spirito.
Noi quindi svilupperemo questo assunto di carattere trinitario, tutto è stato fatto da Dio, per mezzo
di Cristo, nella forza dello Spirito Santo.
I primi 11 capitoli della Bibbia non sono una storia, una cronologia storica ma sono una eziologia
storica ovvero sono racconti di fede, sono stati scritti alla fine della Bibbia per cui riflettono in
sostanza la fede di Israele che vuole darsi una idea delle origini.
1 IL PRIMO TESTAMENTO
1.1 LE NARRAZIONI DELLE “ORIGINI” (PREMESSE METODOLOGICHE).
La prima permessa metodologica la troviamo nei primi 2 capitoli della Bibbia dove si dice che Dio
crea le cose (Gn 1, 2-4a e Gn 2,4b e ss.)
a- La prima premessa è il rapporto che esiste tra il testo biblico e le antiche tradizioni culturali
circostanti.
L’istanza di dover chiarire, di illustrare il rapporto tra testo biblico e le tradizioni antiche dei popoli
circostanti Israele nasce dal fatto che prima dei testi biblici abbiamo dei racconti (es. racconti
babilonesi, egiziani…) che contengono una narrazione delle origini, quindi i racconti delle origini
non sono originalmente biblici ma ne abbiamo altri già prima che la Bibbia fosse scritta.
Ma c’è una dipendenza del racconto biblico con questi racconti?
Dobbiamo dire che ci sono delle affinità tra i due tipi di racconti, alcune cose per esempio
compaiono in ambedue i racconti. Di conseguenza a ciò possiamo fare una affermazione ovvero
l’idea di un’origine di tutte le cose da qualcun altro o da qualcos’altro è una idea in comune tra i
popoli antichi e Israele. Questa comunanza deriva non solo dal fatto che sia Israele sia questi popoli
più antichi hanno dei racconti ma deriva dalle somiglianze che esistono tra i testi. Sono così simili
quasi a voler significare che ci sia una tradizione comune a questi popoli antichi. Tra i testi biblici e
i testi extrabiblici ci sono delle somiglianze che fanno intuire come l’idea di un’origine sia comune
sia ad Israele che ai popoli circostanti.
Tra questi testi c’è quindi dipendenza, sul piano formale tra di loro si scambiamo dei termini, delle
forme narrative.
Israele quando ha voluto narrare il racconto delle origini ha preso in prestito dalle altre culture le
forme letterarie. Il racconto ovviamente indipendentemente dall’uso della terminologia, riflette la
propria esperienza quindi se hanno in comune lo stesso linguaggio non hanno in comune la stessa
esperienza. L’utilizzo dello stesso linguaggio da una parte dice la dipendenza ma dall’altra sul piano
dei contenuti dice la discontinuità. Il rapporto che c’è tra i testi biblici e i testi delle antiche
tradizioni è quindi di continuità sul piano formale del linguaggio e di discontinuità sul piano
contenutistico.
b- la seconda premessa è il genere letterario delle narrazioni.
I racconti delle origini sia biblici che non, sono sostanzialmente dei racconti mitici, utilizzano il
mito come forma narrativa. Il mito è una forma di linguaggio che traduce con riferimenti
dell’esperienza comune un contenuto trascendentale, questi racconti traducono con linguaggio
umano una esperienza superiore (io non riesco a dire perché non trovo le parole giuste, l’esperienza
che ho fatto e la traduco con un linguaggio che si riferisce all’esperienza comune, uso un
simbolismo. Es. Dio mi è apparso come un raggio luminoso). Questa è la dipendenza.
Il confronto tra i due tipi di testo fa emergere:
- la struttura mitica di solito porta con sé degli elementi politeistici, pagani. Nella struttura mitica
del racconto biblico invece emerge la convinzione che non sono diverse divinità all’opera nel
discorso creativo ma c’è un unico Dio che chiamano JHWH. Israele ha quindi eliminato tutti quegli
elementi che contrasterebbero la fede nell’unico Dio: il monoteismo. Quindi possiamo capire
perché i primi 11 capitoli della Bibbia sono stati scritti successivamente perché il monoteismo in
Israele non è professato dall’inizio ma è solo dopo un lungo percorso, nel post-esilio
- nei miti di solito non c’è attenzione alla storia, “all’incrocio” che esiste tra umani che creano
storia, il mito si mantiene in un contesto transumano, fuori dalla storia. I racconti biblici invece
fanno intuire che tutto si svolge all’interno di una cornice che è il fluire del tempo (es. il primo
giorno…). In questi racconti si può cogliere come la creazione è il primo momento di tutta la storia,
è dalla creazione che parte tutto il discorso che vede impegnati Dio e l’uomo. Inoltre c’è un discorso
di linearità del procedere storico al contrario dei racconti extrabiblici secondo cui le cose succedono
per caso. In conclusione in questi racconti si capisce che il genere letterario non va preso alla lettera
perché è solo una tradizione, sono racconti sapienziali, nel senso che Israele e l’agiografo ha già
un’idea teologica della storia e questa idea l’ha rimandata alle origini, c’è un rimando indietro nella
fissazione delle origini di questo rapporto. Se c’è un rimando indietro quindi l’agiografo non ci
vuole dire come è fatto il mondo ma ci vuole dire perché esiste tutto quello che ci circonda.
c- la relazione tra creazione e salvezza
La prima esperienza che Israele fa è il Sinai, l’uscita dall’Egitto e l’alleanza, ed è una esperienza di
tipo salvifico, alla luce della fede quindi Israele ritorna indietro fino a narrare le origini rielegge le
origini, le esperienze passate (dal momento in cui facciamo una esperienza particolare
fondamentale, alla luce di questa cerchiamo di rileggere il passato). Questo vuol dire che tra
creazione e salvezza c’è un forte legame, Israele ha fatto prima l’esperienza della salvezza e dopo
ha riletto tutto il passato giungendo fino alle origini. Questa tesi è sostenuta da Von Rad. Invece
Westerman afferma che le due nozioni creazione e salvezza sono due nozioni dipendenti, in quanto
Israele come tutti i popoli antichi aveva già l’idea di creazione, di un’origine di tutte le cose da
qualcun’altro o da qualcos’altro, poi Israele ha fatto l’esperienza della salvezza e ha capito chi è
questo qualcun altro.
Queste due posizioni sono esatte entrambe. Che rapporto c’è tra creazione e salvezza? Se mettiamo
insieme queste due posizioni possiamo dire che è vero che Israele aveva una idea di creazione di
un’origine e quindi l’esperienza della salvezza ha permesso di focalizzare al meglio chi è l’autore
ma è anche vero che l’esperienza della salvezza è stato importante per capire tutto il percorso
storico che dall’origine va fino alla fine.
I due punti di vista sono essenziali tutti e due, non si possono escludere.
1.2 LA CREAZIONE NELLE NARRAZIONI GENESIACHE
Se prendiamo la Bibbia notiamo che ci sono due racconti di creazione:
- il 1° racconto lo troviamo in Gn 1 fino al cap. 2, 4a
- il 2° racconto lo troviamo in Gn 2, 4b fino al versetto 25
Il 1° racconto appartiene alla tradizione P il 2° appartiene alla tradizione J.
A mio parere il 2° racconto non è vero e proprio racconto della creazione, parla si della creazione
ma il vero obiettivo della tradizione J è quello di raccontare perché esiste il male, è chiaro che per
rimandare l’origine della male all’uomo ha narrato anche il fatto che l‘uomo è stato creato buono, è
stato creato da Dio, al contrario del 1° racconto che narra solamente la creazione.
E’ vero che nella Bibbia ci sono due racconti di creazione ma lo scopo del 1° racconto è quello di
narrare la creazione, invece lo scopo del 2° è quello di raccontare la caduta e per farlo deve narrare
anche chi l’ha fatta, la creazione, infatti il testo è molto più breve. Lo scopo dei due redattori era
diverso.
Leggendo il 1° capitolo della Genesi possiamo trarre alcune conclusioni di carattere teologico
biblico:
1- dal racconto emerge che il Dio che ha salvato Israele è lo stesso JHWH che ha creato Israele e
viceversa, il Dio che ha creato Israele è lo stesso che l’ha salvata. Tutto quello che Dio ha creato è
destinato alla salvezza alla compiutezza, da un punto di vista teologico esiste una protologia ovvero
un discorso sulle origini, che si orienta verso l’escatologia, ovvero il discorso sulla pienezza.
L’evento della creazione in pratica è già una proiezione verso la pienezza della vita sembra quasi
una profezia, sembra che descrive un’armonia compiuta tra Dio e cosmo che è pensato per la fine. Il
ragionamento dell’ebreo è quello di rileggere la storia e vede già all’inizio il progetto di Dio verso il
suo compimento.
2- questo Dio di Israele che ha creato e salvato Israele rispetto agli altri racconti è un Dio unico. In
questo racconto c’è già il monoteismo che non può appartenere alle origini, è una proiezione in
quanto questo racconto è stato scritto dopo l’esilio. Questo Dio unico è un Dio che trascende la sua
stessa creazione, è al di sopra della creazione questa è un’altra differenza con i racconti biblici (gli
dei hanno rapporti con gli umani). La creazione non gode di un carattere sacrale come nelle
teogonie nelle cosmogonie degli altri popoli ma ha un carattere mondano, storico. Non possiamo
confondere la creazione con Dio.
3- tutto quanto è stato creato gode di un ottimismo storico, antropologico, gode di una bontà
creaturale, tutta la creazione è buona. (Dio quando fece l’uomo disse: è cosa molto buona).
4- Dio ha creato tutto dal nulla “creatio ex nihilo” Gn 1 non afferma esplicitamente il concetto
teologico di “creatio ex nihilo”, non c’è una affermazione chiara ed evidente della creazione dal
nulla, in realtà Dio non crea da una materia preesistente anche se nel testo biblico troviamo che tutto
era informe, ma questo è da intendersi come un concetto di caos primordiale.
5- l’idea di creazione che emerge ci da l’idea di un tempo lineare, di un processo che ha un inizio,
uno svolgersi e una conclusione, l’idea di una storia che ne deriva è un’idea di una storia dove si
incrociano Dio e l’uomo, la storia è storia di salvezza.
L’idea lineare del tempo è tipico del mondo biblico invece i pagani avevano una concezione del
tempo in modo circolare dell’eterno ritorno. In realtà da alcune testimonianze bibliche emerge
anche una certa circolarità, ma non è una circolarità assoluta ma è una circolarità a spirale, le cose
ritornano.
1.3 LA CREAZIONE NEI PROFETI E NEGLI SCRITTI SAPIEZIALI
Oltre che ai due racconti della creazione di Gn, altri racconti li troviamo nei profeti e negli scritti
sapienziali.
I profeti presentano il tema della creazione come strettamente connesso al tema della salvezza,
soprattutto coloro che svolgono il proprio ministero in epoca esilica: Geremia (32, 17; 33,25-26) e
in particolare il Deuteroisaia (libro della consolazione. Is 40 ss.). Da tali testimonianze è possibile
cogliere come Israele possiede ovviamente l’idea che in Dio vi è l’origine di ogni realtà, ma
l’esplicitazione teologica di essa è determinata dall’esperienza della salvezza.
Anche la letteratura sapienziale pone il rapporto tra creazione e salvezza in collegamento con gli
interrogativi fondamentali dell’esistenza (origine, sofferenza, morte …) e rileggono queste
esperienze, alla luce della salvezza. In particolare emerge il ruolo della Sapienza, dai tratti
personificati, la quale è presente all’agire creatore di Dio. Nei libri della Sapienza sembra quasi che
Dio abbia creato tutto per mezzo della Sapienza che ci sia una sorta di mediatore nella creazione.
SCHEDA 5 A
GESU’ CRISTO MEDIATORE E COMPIMENTO DELLA CREAZIONE
Nel N.T. in modo chiaro ed esplicito Gesù Cristo viene visto viene visto come mediatore e
compimento della creazione.
Il N.T. collega la centralità dell’evento pasquale all’originario agire creatore di Dio. Il Cristo è il
riferimento di tutta la realtà creata (mediatore) e in lui tutta la realtà creata trova il suo compimento.
Per quanto riguarda il messaggio proprio di Gesù, che noi possiamo trarre soprattutto dai testi
sinottici, l’idea di creazione appare in esso scontata, cioè Gesù come tutti gli ebrei ha l’idea di
creazione, ed è testimoniata però attraverso allusioni di circostanza, Gesù non parla mai della
creazione ma si capisce che condivide la fede del suo popolo. Molto più significative sono le
testimonianze di Paolo e di Giovanni.
1. IL TEMA DELLA CREAZIONE NELLA TEOLOGIA PAOLINA
In Paolo in quanto ebreo fariseo ha condiviso e condivide l’esperienza religiosa del suo popolo, ci
sono motivi di continuità tra la sua dottrina e l’A.T.
I punti di partenza della sua evoluzione cristologia che propone sono:
- l’esistenza di tutto è dovuta a Dio 1 Cor 11-12
- in Paolo esiste il tema della creazione mediante la parola, “Dio disse facciamo …” 2 Cor 4-6
- Paolo ha l’idea che l’atto creativo di Dio si estende in un processo, la creazione ha le
caratteristiche di un processo salvifico: inizia, si sviluppa e vuole giungere a compimento. L’atto
creativo di Dio è un atto che accompagna il procedere, lo svolgersi della creazione, Rom 11
- Dio è conoscibile anche dalle cose create, l’atto creativo è anche un atto rivelativo, Rom 8, 20–21.
Tuttavia ci sono anche elementi di discontinuità rispetto all’A.T.
I motivi di discontinuità con la creazione precedente è dovuta all’esperienza di Gesù.
1 Cor 8, 5-6 - il titolo che possiamo dare a questo testo potrebbe essere: “Gesù Cristo mediatore
della creazione”.
Leggendo il brano Gesù appare affianco al Padre nel ruolo di creatore sembra quasi che la creazione
sia opere di tutti e due, tutti e due sono la causa, l’origine della creazione. Questa causalità si pone
però su due piani diversi perché il Padre sembra essere il principio e la fine di tutto invece Gesù
Cristo è mediatore. Il Padre prende iniziativa e realizza tutto mediante Cristo. Paolo dice che Cristo
è mediatore della creazione perché è mediatore della salvezza. Siccome è mediatore della salvezza,
la salvezza inizia con il 1° atto della predestinazione che è la creazione. Dal testo capiamo anche
che gli uomini sono vincolati ontologicamente al Padre e a Gesù Cristo, noi dipendiamo, siamo in
Lui.
Col 1, 15-20 - il titolo che possiamo dare a questo testo potrebbe essere: “Cristo principio, centro e
fine della creazione”.
Innanzitutto leggendo il brano notiamo che c’è un’idea centrale: Cristo è l’immagine di Dio, non la
fotocopia, in Lui risplende Dio stesso. Da questa idea di immagine scaturiscono tutte le altre, cioè
Cristo in quanto immagine di Dio è il primogenito della creazione, non nel senso ariano ma ha il
primato di supremazia protologico ed escatologico. In quanto primogenito Cristo presiede al
disegno creatore, è lui il riferimento di tutta la realtà creata, e il Padre crea in riferimento a Lui “in
Cristo tutto è stato creato” tutto quanto è stato creato tende ad una partecipazione vivificante al
Cristo, tutto gode della stessa vita di Cristo, la creazione è già un atto salvifico, se è stato fatto tutto
in Cristo gode già di quello che è l’elemento di Gesù Cristo, l’elemento salvifico, la salvezza per
tutti. La creazione è orientata già alla pienezza salvifica perché lo è dall’inizio ed è da portare a
compimento. In Gesù Cristo la creazione acquista non solo unità di origine ma anche di destino
tutto viene letto in Lui. In Gesù la creazione ha un inizio e una fine. La creazione è cristiforme.
Gesù Cristo è il continuo fondamento della permanenza di tutte le cose nell’essere, tutto sussiste in
Lui, è Lui che con serenità concede coesione, armonia sussistenza alle cose. Paolo dice che tutto
quello che esiste ha la forma di Cristo.
Ef 1, 3-14: questo è il brano della predestinazione. Il testo ci parla anche del progetto eterno di Dio
in riferimento alla creazione, il disegno è quello di ricapitolare in Cristo tutte le cose.
2. IL TEMA DELLA CREAZIONE NELLA TEOLOGIA GIOVANNEA
Il testo giovanneo più significativo è costituito dal prologo (Gv 1) “tutto è stato fatto per mezzo di
Lui”, che costituisce la testimonianza più esplicita della fede cristiana nella creazione. Il testo di Gv
1 è una riscrittura di Gn 1 in chiave cristologia. Questo è il testo creazionista cristiano per
eccellenza, invece gli ebrei utilizzano Gn 1. Possiamo dire che noi leggiamo Gn 1 a partire da Gv 1.
Gesù illumina Gn 1 come Gn 1 da anche luce a Gv 1 c’è interdipendenza tra i testamenti.
L’intento dell’autore è quello di annunciare una nuova genesi alla luce dell’evento di Gesù Cristo.
Da ricordare anche Ap 1, 17 e 22, 13 dove Cristo è visto come causalità finale della creazione “il
primo e l’ultimo”, “l’alfa e l’omega”, “il principio e la fine” di tutto quanto è stato creato. La
cristiformità di tutta la creazione.
3. CONSIDERAZIONI CONCLUSIVE
Complessivamente il messaggio scritturistico sulla creazione si può riassumere ne seguenti termini:
a- la fede nella creazione non comporta alcuna considerazione fisica del mondo, (la fede nella
creazione non ci dice come è fatto il mondo ma perchè) poiché la cornice biblica del discorso è di
ordine soteriologico. Da ciò ne consegue che non è legittimo alcun discorso di tipo cosmologico e
ontologico. In particolare questa prospettiva è ancor più evidente e “unica” nel N.T., a causa della
concentrazione cristologia delle idee circa la creazione. Tutto proviene da Dio per mezzo Cristo
nello Spirito Santo e tutto ha un futuro.
b- il messaggio biblico sulla creazione è pervaso da grande ottimismo ed è quindi lontano dalle
tragiche e fatalistiche cosmovisioni dell’antichità. (le cosmovisioni antiche finiscono tutte male
invece noi guardiamo con ottimismo al futuro) Tuttavia la dottrina cristiana deve tenere in conto la
presenza del male, comprensibile e interpretabile in una prospettica soteriologico-escatologica che
solo il Dio di Gesù Cristo apre con la promessa di una salvezza già realizzata anche se non ancora
compita. Certo c’è il male c’è qualche cosa che disturba l’ottimismo.
c- la dottrina biblica della creazione non ammette la possibilità di dualismi ontologici ed etici. Tutto
è stato fatto da Dio non c’è un dualismo ontologico ma c’è un’etica della persona.
d- la corrispondenza biblica di creazione-salvezza è determinante sotto il profilo dell’etica “la
rilevanza cosmica di Cristo, la sua funzione creatrice, di sostegno e finalizzazione di tutto il creato,
costituiscono il più solido fondamento di una teologia della storia e del progresso umano, mentre
orientano in maniera decisiva il significato della prassi storica, sociale e politica dei cristiani” (Ruiz
de la Pena) proprio perché tutto è stato fatto per mezzo di Cristo, in Cristo e in vista di Cristo il
nostro agire nel mondo è proprio per essere solidali, partecipi al progetto creativo attraverso prassi
decisive per far si che la creazione giunga al suo compimento, a noi è chiesto di essere collaboratori
nella creazione non solo attraverso il lavoro ma anche attraverso la prassi sociale, polita. Questa è
l’etica cristiana.