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I Pacs tra libertà e responsabilità
(Cronaca del Laboratorio della partecipazione)
l’Azione Cattolica diocesana e l’Ufficio diocesano per la Pastorale
Sociale e del Lavoro hanno organizzato, per i giorni 24 e 25 gennaio in
Molfetta, un Laboratorio della Partecipazione sul tema I PACS tra libertà e
responsabilità, proponendo una duplice riflessione, giuridico-sociologica prima
e teologica dopo, in un momento di grande dibattito nazionale e regionale.
E’ noto che con i PACS una parte della società italiana, intendendo
allinearsi con altri Paesi d’Europa considerati all’avanguardia nel campo dei
diritti civili, intende recepire l’esigenza di numerose coppie, denominate “di
fatto”, di ottenere un riconoscimento dei loro rapporti personali e patrimoniali,
nonché di fruire di possibilità pratiche di vita come, ad esempio, l’assistenza
sanitaria o la reversibilità delle pensioni.
La Costituzione italiana sembra contenere numerosi spunti normativi per
giungere ad una piena legittimazione dei PACS: l’articolo 2 (sulla tutela delle
formazioni sociali ove si sviluppa la personalità dei cittadini), l’articolo 3
(sull’uguaglianza e sul dovere dello Stato di rimuovere eventuali condizioni
impeditive), gli articoli 29 e seguenti sui diritti correlati ad un nucleo familiare.
Altrettanto favorevole è la legislazione europea.
Seppure la cornice giuridica si dimostra idonea a sorreggere quegli
aggiornamenti interpretativi che il progresso civile e sociale esigono, diverse (e
più propriamente etiche) considerazioni attraggono l’opinione pubblica su due
quesiti fondamentali: se cioè i PACS costituiscano ragione di equiparazione tra
famiglia di fatto e famiglia fondata sul matrimonio. E se si debba ridefinire la
concezione di famiglia, sino a dover riferire tale termine a tutte le tipologie di
unione - anche omosessuali - nelle quali elemento preponderante diviene la
regolamentazione di rapporti al di là di implicazioni etiche.
La tesi emersa nella prima parte del Laboratorio è che i PACS non
debbono suscitare preoccupazione in quanto essi non attribuiscono status
giuridici e non pretendono di scardinare le convinzioni sul matrimonio. In altre
parole, una società che voglia considerarsi moderna deve consentire l’esercizio
di tutte le libertà e l’attuazione di qualsiasi persuasione ideologica; compito
della comunità cristiana diviene quello di investire le energie pastorali sul
matrimonio e sulla famiglia per arginare i fenomeni degenerativi degli
annullamenti, delle procreazioni irresponsabili e del vuoto religioso in
matrimoni celebrati in chiesa solo per facciata.
L’antitesi affermata nella seconda parte del Laboratorio è che, oggi più
di prima, urge riaffermare il principio secondo cui la famiglia nasce dal
matrimonio tra due persone di sesso diverso, essendo inequivocabile il fine non
soltanto sociale ma soprattutto dell’amore tra i coniugi e della procreazione,
rappresentazione del rapporto che lega Cristo alla Sua Chiesa per la promozione
della vita. Ecco che la distinzione diviene ordine ed il concetto di famiglia non
si confonde con quello di unione o di patto. Con l’imprescindibile responsabilità
della comunità ecclesiale di accogliere e di assistere, spiritualmente e
materialmente laddove ce ne sia bisogno spingendo in tal senso le istituzioni
pubbliche, quelle unioni tra uomini e donne che per disparate ragioni non hanno
maturato la scelta del matrimonio.
La sintesi tra le due tesi formulate nel Laboratorio è stata tratta dal nostro
Vescovo Mons. Luigi Martella, che ha ribadito la necessità di porre attenzione
sui doveri, oltre che sui diritti, che nascono dalla volontà di due persone di
condividere la vita, collocandosi nell’alveo del matrimonio. Il quale va distinto
da altre forme di unione perché la legge degli uomini sulla famiglia - secondo
un chiaro e persistente magistero della Chiesa – va letta secondo i principi della
legge di Dio. Altra sintesi, coralmente pervenuta dai partecipanti al
Laboratorio, è che il matrimonio cristiano vive le crisi d’identità proprio per
causa della famiglia cristiana, attratta dalle sirene della liberalizzazione dei
comportamenti così come le statistiche sulle opinioni degli Italiani dimostrano
che i cattolici - grazie anche a sponsorizzazioni politiche in atto - non
disdegnano i PACS, quando una coppia non si sente (momentaneamente o per
sempre) pronta per affrontare il matrimonio.
Vincenzo Zanzarella (Presidente diocesano)
Tommaso Amato (Direttore UPSL)
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