Ordinazioni Presbiterali Stefano Buccione

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ORDINAZIONI PRESBITERALI
Stefano Buccione - Iagnesh Shantappa Kanganawor - Emanuele Marconi
Cattedrale di San Giuliano - 12 maggio 2012
Omelia di S. E. Mons. Claudio Giuliodori
(Atti 16,1-10 / Sl 99 / 2Cor 5,14 - 6,2 / Gv 15,16-21)
1.
«Non voi avete scelto me, ma io ho scelto voi e vi ho costituiti perché
andiate e portiate frutto e il vostro frutto rimanga» (Gv 15,16). In questa frase
del Vangelo di Giovanni è riassunto tutto il senso della celebrazione che stiamo
vivendo. Nella Chiesa non si assumono ministeri per concorso, per anzianità o
per meriti, ma solo per uno speciale dono di grazia. È il Signore che sceglie, o
meglio “elegge”, secondo il significato proprio del verbo greco utilizzato
dall’evangelista Giovanni. L’elezione, nel contesto biblico, non va confusa con le
nostre odierne tornate elettorali. Ai ministeri nella Chiesa non si accede per
votazione, ma solo per una scelta libera e gratuita da parte di Dio.
Voi avete dato la vostra disponibilità, certo, ma è il Signore che nella sua
infinita benevolenza e attraverso la Chiesa, e vi ha “eletti” perché ha trovato il
vostro cuore umile e aperto al suo disegno di amore. Questa elezione, anche alla
luce delle tante storie di chiamate che troviamo nella Bibbia, passa attraverso tre
momenti che segnano la maturazione di ogni cammino vocazionale finalizzato
alla consacrazione presbiterale.
In primo luogo l’iniziativa di Dio che, attraverso strade spesso inaspettate
e incomprensibili alla mente umana, conduce all’incontro con Cristo. Anche per
voi, cari Stefano, Ignazio ed Emanuele, è stato così. Il Signore Gesù è entrato
nella vostra vita in modo affascinante e totalizzante, forse anche inaspettato e
imprevedibile, chiamandovi a seguirlo per servire il suo disegno di salvezza.
Anche le vostre storie vocazionali confermano quanto sia singolare e
straordinario il modo di agire del Signore. Ha scelto voi, che siete così diversi per
provenienza, esperienze fatte, carattere e sensibilità, non perché siete migliori di
altri o più capaci, ma solo ed esclusivamente per una sapienza divina che non può
essere mai ridotta a categorie umane. Nessuna selezione umana potrà sostituire la
libera elezione da parte del Signore che passa e, fissando lo sguardo con
irresistibile intensità, dice «vieni e seguimi». E voi vi siete fidati, avete lasciato
tutto e lo avete seguito. Non dimenticate mai che non siete stati voi a scegliere
lui, ma lui ha “eletto” voi. E a ben vedere, non solo vi ha “eletti” ma anche
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“prediletti” invitandovi a lasciare tutto, ma ricolmandovi dei suoi doni di grazia e
promettendovi anche il centuplo e siate certi che il Signore è fedele.
In secondo luogo questa “elezione” passa attraverso il vaglio del suo corpo
che è la Chiesa perché il Signore ha lasciato alla comunità ecclesiale il compito
di verificare e formare coloro che ritengono di esser stati oggetto di questa
particolare elezione e predilezione del Signore. Per questo, come dice
l’evangelista Giovanni, dopo essere stati eletti, siete anche stati “costituiti”. Con
questa parola, che nella sua etimologia greca indica un fatto istituzionale e
formale, si sottolinea che l’elezione deve essere vagliata e confermata da una
specifica formazione e da una accurata preparazione.
Questo è il compito della Chiesa in modo tutto particolare del Vescovo,
che è chiamato ad operare un attento discernimento affinché la vocazione sia
autentica e non presunta o indotta, che la formazione sia approfondita ed
adeguata e, infine, che la disponibilità a servire il Signore e la Chiesa sia davvero
matura, libera e generosa. In questo il Vescovo si avvale della preziosa
collaborazione del Seminario e dell’Istituto Teologico, e nel caso specifico dei
nostri tre ordinandi, del Seminario Diocesano Missionario Redemptoris Mater e
dell’Istituto Teologico Marchigiano, sezione di Fermo. Ringrazio sentitamente
entrambe le realtà per il prezioso e qualificato lavoro svolto. Dopo aver ricevuto
il diaconato, oggi, con la consacrazione presbiterale questo itinerario di
“costituzione” nell’ordine sacro raggiunge il suo compimento. Costituiti
sacerdoti, nel grado del presbiterato siete chiamati a servire il Signore e la Chiesa
nei luoghi e nelle forme che il Vescovo vi indica. La fedeltà alla vocazione
ricevuta trova conferma solo nell’obbedienza al Vescovo della Chiesa in cui vi
siete incardinati, già a partire dall’ordinazione diaconale. Per il presbitero
diocesano, nessun altro riferimento, per quanto importante e significativo possa
essere, può interferire con l’autorità del vescovo diocesano, unico e
imprescindibile punto di riferimento per il ministero che oggi vi viene conferito.
L’elezione e la consacrazione sono donate dal Signore affinché, come dice
ancora l’evangelista: «andiate e portiate frutto e il vostro frutto rimanga» (Gv
15,16). Siamo così al terzo aspetto: ogni vocazione sacerdotale è sempre, per sua
natura, missionaria. L’andare fa anche parte, in modo qualificante, della vostra
formazione e della vostra esperienza nel Cammino neocatecumenale, per cui
sono certo che non mancherà modo di dare piena visibilità a questo slancio
missionario che per altro già vivete con grande generosità. Infatti, oltre al periodo
di itineranza che fa parte dell’iter formativo, Stefano e Ignazio sono già in
missione fuori diocesi e vi resteranno per i primi tre anni di ministero. Stefano
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nella sua diocesi di origine Chieti-Vasto e Ignazio addirittura a Genova, su
richiesta del Card. Bagnasco. Emanuele è missionario in casa, dopo essere stato
in Cina, e si è già messo al lavoro con grande generosità nella parrocchia
dell’Immacolata e nella pastorale giovanile, assieme a Don Luca.
Ascoltando il brano degli Atti degli Apostoli, si resta stupiti di come lo
Spirito Santo abbia guidato la missione di Paolo e dei suoi collaboratori, sia
chiudendo delle porte, per ben due volte, sia dando precise indicazioni con il
sogno del Macedone che invoca aiuto. Il fatto che non sempre i nostri progetti
sono conformi ai disegni del Signore deve farci essere molto attenti ad ascoltare
la voce dello Spirito, sapendo che le vie del Signore non sono le nostre vie. Voi
non sapete che cosa il Signore vi chiederà, ma dovete essere sempre liberi e
disponibili, pronti ad intraprendere la strada che il Signore saprà indicarvi.
Seguiamo in questo l’esempio di P. Matteo Ricci che certamente non sapeva a
che cosa il Signore l’avrebbe chiamato entrando nella Compagnia di Gesù e finì
per diventare il grande apostolo della Cina. Come sapete la data dell’ordinazione
è legata strettamente alla data della nascita al cielo di P. Matteo Ricci. Proprio
ieri, infatti, 11 maggio, abbiamo celebrato tale ricorrenza che viene ricordata
nella nostra Diocesi con una Giornata dedicata alla nuova evangelizzazione.
Ogni chiesa particolare deve essere aperta alla missione, ma questa è la
Diocesi del Servo di Dio P. Matteo Ricci e come tale non può non essere aperta
in modo speciale alla missione, nelle forme e nei modi che lo Spirito di volta in
volta ci indica. A Macerata bussano molti “Macedoni” per chiedere aiuto. Non a
tutti riusciamo a dare risposte positive, ma in questi anni non sono pochi i
sacerdoti che si sono messi a servizio di altre diocesi e di territori particolarmente
bisognosi, come la Cina. Ci interpellano le parole che anche ieri Benedetto XVI
ha dedicato al tema della missione parlando i membri della Congregazione per
l’evangelizzazione dei popoli: «L’evangelizzazione - dice il Papa -, che ha
sempre carattere di urgenza, in questi tempi spinge la Chiesa ad operare con
passo ancora più spedito per le vie del mondo, per portare ogni uomo alla
conoscenza di Cristo. Solo nella Verità, infatti, che è Cristo stesso, l’umanità può
scoprire il senso dell’esistenza, trovare salvezza, e crescere nella giustizia e nella
pace. Ogni uomo e ogni popolo ha diritto a ricevere il Vangelo della verità».
L’andare non è fine a se stesso, ma deve portare frutto in abbondanza e il
frutto deve rimanere, per questo è necessario che si svolga sempre all’interno di
una effettiva comunione ecclesiale, garantita dall’accordo e dalla collaborazione
tra i Vescovi. Oggi preghiamo perché il dono di grazia che ricevete sia davvero
fruttuoso per la vostra santificazione e per la crescita del Regno di Dio. Con
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molto realismo, il Vangelo che abbiamo ascoltato ci ricorda anche che il successo
del ministero è tutt’altro che scontato. Gesù non ci ha nascosto i rischi a cui
andiamo incontro: odio e persecuzione. Questo è ciò che è accaduto a Gesù,
questo è ciò che accade alla Chiesa anche oggi, in vari luoghi e in varie forme,
dirette e indirette, è ciò che accadrà anche a voi nell’esercizio del ministero. Non
vi stupite e non vi scoraggiate. Anche le prove e le potature servono per portare
più frutto.
2.
Ma come resistere nella prova? Come possiamo far sì che il frutto
rimanga? La risposta possiamo trovarla nella seconda lettura: «L’amore di Cristo
ci possiede» o secondo l’efficace traduzione latina «Caritas Christi urget nos».
Con l’ordinazione sacerdotale diventa ancora più profondo e intimo il legame
con il Signore Gesù, soprattutto nel momento della celebrazione eucaristica che
sarete chiamati a presiedere “in persona Christi capitis”. «La dottrina della
Chiesa - ricorda Benedetto XVI nell’Esortazione apostolica Sacramentum
caritatis - fa dell'ordinazione sacerdotale la condizione imprescindibile per la
celebrazione valida dell'Eucaristia. Infatti, nel servizio ecclesiale del ministro
ordinato è Cristo stesso che è presente alla sua Chiesa, in quanto Capo del suo
corpo, Pastore del suo gregge, Sommo Sacerdote del sacrificio redentore» (cfr n.
23). In voi si realizza una profonda opera di assimilazione a Cristo, una specie di
“trasformazione ontologica”. Scelti e posseduti da lui per sempre, tutto siete
chiamati a fare in lui e per lui. È questa, certamente, una condizione
assolutamente nuova per la vostra vita. Si avverano a titolo speciale le parole di
San Paolo: «se uno è in Cristo è una nuova creatura; le cose vecchie sono
passate; ecco, ne sono nate di nuove» (2Cor 5,17). La consacrazione che ricevete
vi rende persone nuove e diverse, capaci di operare nella Chiesa rendendo
presente la grazia salvifica di Gesù Cristo. Oltre che nella presidenza della
celebrazione
Eucaristica,
questo
speciale
potere
si
manifesta
nell’amministrazione della misericordia divina. A voi come dice San Paolo,
viene “affidato il ministero della riconciliazione”. Dedicate attenzione e spazio al
sacramento della penitenza, non lesinate il tempo dedicato alle confessioni. C’è
un estremo bisogno di sacerdoti che sappiano riconciliare gli uomini e le donne
con Dio, ascoltando, consolando, incoraggiando e guidando ogni persona verso
una vita nuova in Cristo.
3.
Infine vorrei concludere sottolineando che oggi voi con l’ordinazione
entrate a far parte del presbiterio diocesano della Chiesa di Macerata - Tolentino
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- Recanati - Cingoli - Treia. Siete chiamati pertanto ad essere segno di
comunione e di condivisione con il Vescovo e con gli altri presbiteri. Questo è
anche il fondamento della spiritualità del presbitero diocesano, come insegna
Giovanni Paolo II nella Pastores dabo vobis: «il rapporto con il Vescovo
nell'unico presbiterio, la condivisione della sua sollecitudine ecclesiale, la
dedicazione alla cura evangelica del Popolo di Dio nelle concrete condizioni
storiche e ambientali della Chiesa particolare sono elementi dai quali non si può
prescindere nel delineare la configurazione propria del sacerdote e della sua vita
spirituale. In questo senso - afferma ancora il Papa - la incardinazione non si
esaurisce in un vincolo puramente giuridico, ma comporta anche una serie di
atteggiamenti e di scelte spirituali e pastorali, che contribuiscono a conferire una
fisionomia specifica alla figura vocazionale del presbitero» (cfr n. 31).
Che cosa significa, del resto, per un sacerdote il comandamento del
Signore che ci viene ricordato nel Vangelo: «amatevi gli uni gli altri come io vi
ho amato» (Gv 15,12.17) se non che occorre sviluppare vincoli di vera
comunione e condivisione, in primo luogo, con i confratelli nel sacerdozio? C’è
molta strada da fare in questa direzione e mi auguro che in qualunque luogo vi
troverete ad operare sappiate essere riconoscibili e credibili per l’amore verso i
confratelli e il Vescovo.
Vi sostenga e vi guidi il Santo formatore Giovanni d’Avila (1500-1569),
annunciato dal Papa a Madrid quale prossimo Dottore della Chiesa, maestro di
vita sacerdotale e guida insigne di tanti santi. La liturgia ce lo ha fatto ricordare
proprio l’altro giorno, 10 maggio giorno della sua morte, e Benedetto XVI
ricevendo in udienza i sacerdoti del Collegio spagnolo lo ha indicato come
modello da seguire: «La sua profonda conoscenza della Sacra Scrittura, dei Padri,
dei Concili, delle fonti liturgiche e della retta teologia, assieme al suo amore
fedele e filiale alla Chiesa, lo hanno reso - ha detto Benedetto XVI - un vero
innovatore in tempi difficili della storia della Chiesa. Incoraggiati dalle virtù e
dall’esempio di San Giovanni d’Avila, vi invito dunque a esercitare il vostro
ministero sacerdotale con lo stesso zelo che lo caratterizzò, con la sua medesima
vita austera e con lo stesso affetto filiale che nutriva verso la Beata Vergine
Maria, Madre dei sacerdoti». Mi auguro che tutto questo possa valere anche per
voi. La patrona della nostra diocesi, la madonna della Misericordia, vi protegga e
vi sostenga.
Sia lodato Gesù Cristo.
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