Comenius Multilateral Project E.A.R. Education And Relation to fight against drop out November 2005 – November 2007 Il modello di training per insegnanti A cura di Francesca Moiraghi1 Il progetto E.A.R., Education And Relation è nato come progetto di lotta alla dispersione scolastica e al disagio in classe ed è finito, rovesciando il lato della stessa medaglia, per promuovere l’inclusione sociale, la motivazione allo studio e la buona relazione. In parte, questo “cambiamento” di prospettiva è dovuto alla natura del progetto stesso ed ai suoi naturali sviluppi in termini di dibattito, discussione, dinamiche di gruppo interne al partenariato. Non si può, o per lo meno non si dovrebbe, parlare di “gruppo” e insegnare “gruppo” senza averne mai sperimentato in prima persona le potenzialità e le energie. “Dove c’è gruppo c’è cambiamento”, si potrebbe dire, prendendo in prestito i concetti base delle teorie sui gruppi ed il loro funzionamento di nostro riferimento (K. Lewin, E. Spaltro). Il prototipo di corso per insegnanti che è stato ideato, testato, monitorato e perfezionato durante i due anni di implementazione del progetto si può identificare come il prodotto, o out-put per dirlo in termini internazionali, principale dell’intero lavoro. 1 Francesca Moiraghi si è laureata in Scienza politiche, ha un diploma di Master in Progettazione Europea e una specializzazione in Tecniche di Conduzione di Gruppo, è trainer di T-Group. E’ iscritta all’ ultimo anno di Scienza Psicologiche presso L’Università degli Studi di Pavia. E’ stata project manager del progetto E.A.R. per conto del Comune di Venezia dal 2005 al 2007. E’ coordinatrice del progetto Comenius S.o.B., School on Border, per lo stesso Comune di Venezia. Insegna italiano L2 e conduce laboratori sulle Tecniche di Conduzione di Gruppo. E’ socio fondatore di “Bridges for Europe” (www.bridgesforeurope.org) e dell’ “Associazione Conduttori di Gruppo” (www.associazioneconduttoridigruppo.it). Il prototipo E.A.R. : un modello di formazione per insegnanti e educatori sulle dinamiche relazionali Prima sessione di training 3 giorni di laboratorio esperienziale sulle dinamiche di gruppo. Seconda sessione di training 4 giorni , a distanza di un mese circa dalla prima sessione, di laboratorio esperienziale sulle “buone pratiche”* riguardanti: - Alfabeto morale - Alfabeto emotivo - Circle Time Work - Tecniche Yoga applicabili in classe Servizio di Help Desk Creazione e coordinamento di un Help Desk per l’ implementazione e sperimentazione delle buone pratiche in classe durante il percorso verranno utilizzati degli strumenti di monitoraggio e valutazione, sia delle attività svolte durante il training dei docenti che delle esperienze testate in classe con i ragazzi Terza sessione di training 1 giorno – FEEDBACKS – discussione guidata sui risultati delle applicazioni delle strategie in classe La prima parte del percorso: sperimentare il gruppo La prima parte di training è fondamentale perché apre il percorso formativo esperienziale proprio facendo vivere il gruppo ai partecipanti. Abbiamo visto quali sono le caratteristiche del gruppo di apprendimento, ora possiamo assumere che sia i ragazzi che gli adulti vanno incontro alle stesse dinamiche e sviluppano gli stessi tipi di difese. Il presupposto è quindi che si possa “insegnare gruppo” nel senso che “fare gruppo significa imparare a stare il meglio possibile con le persone che non si scelgono, valorizzando le risorse e accettando le debolezze di ognuno”2. Questo è il requisito base per la costruzione di un clima di benessere. Nell’ideazione di questa prima fase di training si prende spunto dalle teorie e dalle ricerche di autori che hanno dato un contributo vitale rispetto agli studi e le applicazioni delle tecniche di conduzione di gruppo e che si sono occupati, in primis, dello studio delle dinamiche relazionali e degli effetti pratici della comunicazione umana. Si tratta di Kurt Lewin, la sua Teoria del Campo, di Bateson e Watzlawick con la Scuola di Palo Alto3 e l’importante modello della “Pragmatica della Comunicazione umana”, gli studi e esperienze di Enzo Spaltro4 e alla sua “Teoria del Benessere”, fino al contributo trasversale offerto dalla Teoria dei Sistemi5 e dall’approccio della Scuola della Gestalt6. Naturalmente il lavoro teorico che sta dietro a questi autori e a queste scuole è molto complesso e articolato e non sarà trattato in questa sede. E’ importante però esplicitarne i principi ispiratori per il lavoro del progetto E.A.R. Secondo Lewin il comportamento deve essere dedotto e spiegato da una totalità di fatti coesistenti che hanno il carattere di un “campo dinamico” nella misura in cui ciascuna parte di questo campo dipende dalle altre parti. Ciò implica, a livello psico-sociale, che si ha a che fare con una serie di fenomeni interrelati rappresentabili, secondo Lewin, in uno “spazio”. Così introduce il concetto di “spazio psicologico”, e cioè sostiene che lo spazio di vita comprende sia la persona in quanto tale sia l’ambiente entro il quale si muove e interagisce. Il comportamento risulta una funzione della persona e del suo ambiente : C = f (P, A). Flavio Montanari in “Relazione sul Gruppo”, Scuola Conduttori di Gruppo, Voghera. La Scuola di Palo Alto è la scuola di psicoterapia statunitense che trae il suo nome dalla località californiana dove sorge il Mental Research Institute, centro di ricerca e terapia psicologica fondato da Don D. Jackson negli anni '50 del Novecento, a sua volta largamente ispirata dalla Terapia della Gestalt di Fritz Perls. 4 Enzo Spaltro è stato docente universitario di psicologia del lavoro presso varie università, in Italia e all’estero. Ha scritto e pubblicato molti innumerevoli contributi teorici e scientifici nel campo della psicologia del lavoro, psicologia e dinamiche di gruppo, psicologia del benessere. Si veda http://www.ttgonline.it/italiano/soci/spaltro.html. 5 La Teoria dei Sistemi è un'area di studi interdisciplinari che si occupa delle proprietà di un sistema nella sua interezza. Essa fu fondata negli anni 1950 da Ludwig von Bertalanffy, William Ross Ashby ed altri, basandola sui principi dell'ontologia, della filosofia della scienza, della fisica, della biologia e dell'ingegneria, trovando poi applicazioni e nuove idee in tutte le scienze, tra cui geografia, sociologia, scienze politiche, teoria delle organizzazioni, management, psicoterapia, economia, etica, virtualità, didattica e sistemi intelligenti. La Cibernetica è una disciplina strettamente correlata. 6 Scuola della Gestalt, detta anche psicologia della forma, è una corrente psicologica riguardante la percezione e l'esperienza che nacque e si sviluppò agli inizi del XX secolo in Germania (nel periodo tra gli anni '10 e gli anni '30), per poi proseguire la sua articolazione negli USA, dove i suoi principali esponenti si erano trasferiti nel periodo delle persecuzioni naziste. 2 3 Lewin, i cui studi si estendono in modo ampio anche e soprattutto alle leggi della fisica e della matematica, sostiene che il comportamento umano non dipende né dal passato, né dal futuro ma bensì unicamente dal campo presente, cioè dalla forza di una totalità di fatti coesistenti nel “qui ed ora”. Rispetto all’applicabilità della Teoria del Campo al lavoro con i piccoli gruppi, categoria che comprende anche il gruppo di apprendimento, nella prima sessione del modello E.A.R. si è considerato di particolare interesse lo studio dei processi psicologici rispetto ai problemi relativi all’ “atmosfera” (o clima) del gruppo. Assumono particolare rilevanza i concetti di “conflitto” e “negoziazione”, lo studio delle difese e delle forze contrapposte che agiscono sui membri del gruppo (attrazione e repulsione). Seguendo la funzione di Lewin, C = f (P, A) , ci è facile sostenere che è quantomeno possibile individuare alcune delle ragioni per l’ abbandono scolastico (o per i comportamenti devianti a scuola) all’interno del gruppo inteso come campo Lewiniano, cioè come “spazio” entro il quale i comportamenti sono da considerare in funzione della persona e della sua interazione con l’ambiente. Non a caso si assiste a miracolosi e inaspettati cambiamenti di condotta di studenti se spostati in una classe nuova, o se dalla classe originale viene “allontanato” un elemento piuttosto che un altro. Il più ampio, e direi trasversale, approccio teorico di base per il modello E.A.R. (a sua tempo adottato da Lewin e dalla Scuola di Palo Alto), è la “Teoria dei sistemi” che nasce come risposta alle nuove conoscenze che la biologia cominciò a sviluppare all’inizio del ventesimo secolo. Secondo Fritjof Capra, fisico e divulgatore di questa teoria: “gli organismi vivono in gruppi formanti sistemi sociali che vanno poi a formare, attraverso l’interazione con altre specie, gli ecosistemi”. Secondo Buckey, “il sistema è un’ unità complessa organizzata che comprende le interazioni delle sue parti, componenti interdipendenti, e la sua relazione con l’esterno”. Un sistema risulta quindi essere un qualcosa di diverso della mera somma delle sue parti. Esso è caratterizzato soprattutto dalla sua organizzazione, dal modo in cui le componenti sono in relazione fra loro. Nel modello E.A.R. il gruppo viene considerato come un “sistema di relazioni” avente una certa “struttura di comunicazione”. È proprio l’importanza della struttura della comunicazione all’ interno di un gruppo e lo studio degli effetti pratici della comunicazione sui comportamenti e, quindi, sulle relazioni dei membri che caratterizza il lavoro di Bateson e Watzlavick e della Scuola di Palo Alto a cui non si può non fare riferimento. La Scuola di Palo Alto si dedica allo studio della “pragmatica” della comunicazione umana. Per effetti pragmatici della comunicazione si intende il comportamento che essa scaturisce. L’approccio della Scuola di Palo Alto è di origine, appunto, sistemica e affronta i problemi dell’ interazione nel senso più esteso del termine. L’assunto base è che “è possibile pensare che i rapporti interattivi tra individui siano determinati essenzialmente dai tipi di comunicazione che essi adoperano fra loro”.7 Sostengono che, l’essere umano, in quanto facente parte di un ordinamento sociale, fin da piccolo impara delle regole che riguardano la comunicazione rispetto alle quali però poco consapevole. “Un fenomeno resta inspiegabile finché il campo di osservazione non è abbastanza ampio da includere il contesto in cui il fenomeno si verifica”8. Viene così nuovamente a risultare in primo piano l’importanza che ha l’interconnessione tra un evento e il contesto in cui l’evento si verifica, tra un organismo e il suo ambiente. Anche il caso di un evidente problema di comportamento di uno studente a scuola, il comportamento poco amichevole di un partecipante ad un corso rispetto al resto del gruppo, non va P. Watzlawick, J. H. Beavin, D. D. Jackson “La pragmatica della comunicazione umana, studio dei modelli interattivi delle patologie e dei paradossi”, Ed. Astrolabio 8 ibidem 7 considerato quindi come evento separato dal contesto ma come elemento in rapporto con “l’ecologia del suo ambiente” considerando tale il gruppo classe e le reti di relazioni e forze coesistenti. Per prevenire il disagio scolastico, va da sé, che ci si debba occupare di tutti gli effetti che un determinato comportamento ha sugli altri membri del gruppo, sulle loro relazioni e sul contesto entro cui tutto avviene. Occorre, secondo Watzlawick, “spostare l’ attenzione dall’ analisi deduttiva della mente di un singolo soggetto all’analisi delle manifestazioni osservabili nella relazione: il veicolo di tali manifestazioni è la comunicazione”9. Vitale importanza assume il concetto di feedback, o principio di retroazione, introdotto dal modello della pragmatica. Il postulato recita: “il comportamento è, in primo luogo, la conseguenza di un’ ipotizzata azione reciproca di forze intrapsichiche che si ritiene seguano strettamente le leggi della fisica sulla conservazione e sulla trasformazione dell’ energia”10. L’idea di retroazione introduce una maggiore complessità nel trattamento dei fenomeni fisici e relazionali, perché offre un nuovo punto di osservazione del funzionamento dei sistemi di interazioni. I gruppi classe possono essere così considerati circuiti di retroazione perché il comportamento di ogni persona influenza, ed è influenzato, dal comportamento di ogni altra persona. Pensiamo che lavorando sulle forze del campo e sulle relazioni e interconnessioni presenti si possa alzare la soglia di consapevolezza e favorire l’abbassamento delle difese. Una volta abbassate le difese il campo è libero per la valorizzazione delle risorse e l’accettazione dei limiti delle persone. Se si alza la soglia della consapevolezza sui meccanismi di comunicazione, nostri e degli altri si può pensare di creare un clima favorevole alla “bella relazione” grazie anche allo sviluppo della capacità meta-comunicative (il comunicare sulla comunicazione). La direzione di questo lavoro è la creazione del gruppo e l’accrescimento del benessere. Citando due dei dieci principi del benessere di Enzo Spaltro, siamo convinti che “in compagnia si sta meglio che da soli”, che “il malessere esiste e va scoperto, il benessere non esiste e va inventato” e che, infine, si possa imparare a comunicare in modo consapevole stare bene in gruppo11. Perché “gruppo”? Un approfondimento sul “gruppo di apprendimento”, esperienze, considerazioni e teorie Che importanza ha il gruppo nel contesto di apprendimento? E , soprattutto, come e perché può essere utilizzato come strumento di lotta alla dispersione scolastica e all’esclusione sociale o, meglio, come motore per la promozione dell’ inclusione sociale e del benessere in classe? Poniamo, in primo luogo, l’attenzione su una struttura particolare di gruppo: il gruppo di apprendimento. Il gruppo di apprendimento ha, come qualsiasi tipo di gruppo, una struttura e da vita, attraverso l’interazione dinamica dei suoi membri, ad alcuni “fenomeni” che vale la pena di analizzare. Il gruppo di apprendimento è determinato da un compito originale scisso in due obiettivi coesistenti: aumentare le proprie competenze come insieme e favorire l’incremento delle competenze dei suoi membri. Quindi il gruppo è simultaneamente soggetto e contesto.12 Apprendere significa inserire qualcosa di nuovo nel campo mentale, psicologico e comportamentale e ciò implica un cambiamento. I comportamenti dei singoli e del gruppo dipendono dell’attivazione 9 ibidem ibidem, pagina 22 11 Enzo Spaltro “Qualità – psicologia del benessere e della qualità della vita” – Patron ed. 10 12 Guido Contessa “Psicologia di gruppo, modelli e itinerari per la formazione”, Editrice la Scuola, capitolo quinto. di forze, la creazione di conflitti, lo sviluppo di difese in un contesto, al momento presente, che risente dei processi e delle dinamiche delle forze del campo.13 All’ interno del gruppo che inizia un percorso di apprendimento si trovano i singoli membri che, al momento presente, apportano le loro esperienze, conoscenze e capacità stabilizzatesi nel tempo secondo il principio economico, dice Contessa, “del minimo costo e del massimo risultato”. L’equilibrio al tempo “t”, che chiamiamo quasi-stazionario, è il frutto della somma di tutti gli equilibri soggettivi precedenti, raggiunto dallo scontro di forze attrattive e repulsive. Ogni soggetto tenderà a salvaguardare il proprio equilibrio e le proprie certezze, a difendere la consapevolezza della propria condizione rispetto ad un cambiamento verso l’ignoto che spaventa. Da qui si capisce come la prospettiva di apprendere possa essere vissuta, a vari livelli di consapevolezza, come una vera e propria minaccia rispetto all’equilibrio quasi-stazionario raggiunto fino ad ora. Secondo Lewin, per apprendere bisogna prima disapprendere e ciò porta con sé dubbi e minacce: il dipendere da una nuova fonte di conoscenza, l’ ammettere di avere delle lacune e dei limiti da colmare ed accettare il senso di colpa che ne deriva, il mettere in discussione la propria autostima. Volendo esser sintetici, seguendo l’impostazione teorica Lewiniana, le fasi dell’apprendimento possono essere identificate come: - prima fase: curiosità e motivazione, nel senso di conflitto interiore che produce energia e tensione all’azione di avvicinamento rispetto ad un obiettivo considerato “appetitivo”14 - seconda fase: attivazione delle resistenze. L’equilibrio iniziale inizia ad essere minacciato e il campo deve cambiare forma per poter acquisire nuova conoscenza e trovare un nuovo equilibrio o, appunto, una nuova forma secondo un processo che Lewin chiama di “scongelamento e ricongelamento”. È il momento di maggior disequilibrio ed i costi del processo di scongelamento appaiono più visibili degli ipotetici risultati. Secondo Lewin, più ci si avvicina alla meta considerata “appetitiva” e più si iniziano a vederne le valenze negative e ciò porta ad una spinta verso l’allontanamento - terza fase: il nuovo “tassello” dell’apprendimento viene acquisito e collocato nel campo soggettivo. Entrano qui in campo le difese più estreme. È in questa fase, ad esempio, in cui si può assistere all’ interruzione del percorso di studi ad un passo dalla laurea. Ciò risente della difficoltà di ricomposizione e riassestamento dei confini del proprio campo soggettivo - quarta fase: “ricongelamento”, ovvero riconfigurazione del campo con l’inclusione del nuovo apprendimento. Possono apparire ulteriori difese (dopo aver imparato una nuova lingua smetto di utilizzarla o rimuovo l’apprendimento) ma si tende normalmente a ritrovare un nuovo equilibrio. In questo panorama, si può notare, assumono un ruolo fondamentale le “difese” che i soggetti sviluppano per far fronte allo stress da cambiamento, o da apprendimento. Queste difese hanno il compito di preservare il soggetto da tutta la serie di pericoli e “attentati” alla propria autostima e al proprio equilibrio personale. Le difese più comuni rispetto all’ apprendimento sono: - la chiusura e il rifiuto che tendono a cristallizzare l’esistente impedendo l’ingresso di qualsiasi novità: non mi interessa, sto bene come sto, non ho nulla da imparare ecc; - delega di responsabilità a fattori esterni indipendenti dalla nostra volontà: non ho tempo, non ho gli strumenti, oppure “quali garanzie può darmi la fonte di apprendimento?” ecc; - il senso di colpa che deriva dall’ammettere di avere dei limiti: “perché devo imparare?”, “non sono già abbastanza bravo?” 13 Ho utilizzato lo schema del campo Lewiniano secondo il quale C = f (A, P), il comportamento ( C ) è una funzione e risente delle caratteristiche della persona (P) e dell’ ambiente (A) 14 Faccio qui riferimento agli studi di Kurt Lewin sulla motivazione e, in particolare al concetto di “conflitto appetitivo”. Si veda De Beni e Moè “Motivazione e apprendimento”, Edizioni il Mulino, capitolo quarto. sfiducia espressa nei confronti della fonte di apprendimento: “chi sei tu per insegnarmi qualcosa?” - efficientismo estremo: interpreto il ruolo del bravo allievo, prendo tanti appunti, “riempio la cartella” in una sorta di bulimia conoscitiva ma non metto in gioco le mie personali creative, riflessive e di autonomia e autocritica - la ricerca della conferma: voglio solo confermare ciò che già so e, cioè, considero apprendimento come conferma del campo di forze esistenti15. Il gruppo ha dunque una funzione e un’importanza nel processo di apprendimento e può essere pesante vincolo o, al contrario, acceleratore di dinamiche e processi. Il gruppo è uno spazio di appartenenza, nel bene e nel male. Il senso di appartenenza e l’amore per il gruppo spingono l’individuo ad apprendere. Per inciso, la forza creata dal desiderio di appartenenza e dall’amore per il gruppo può favorire comportamenti giudicabili “devianti” ma comprensibili proprio in questa dimensione. Ad esempio, lavorando con i ragazzi delle superiori, sia per esperienza diretta che ampiamente riportata, si è osservato un fenomeno, che Flavio Montanari16 ha chiamato “sindrome dei ragazzi della via Pàl”17. Si è visto infatti che, essendo la classe una regione con dei sottogruppi, a volte per il soggetto è più importante appartenere ad un sottogruppo che alla classe stessa, soprattutto se il sottogruppo in questione ha una forte leadership negativa. Il soggetto, per amore del sottogruppo dal quale è attratto e per il desiderio di appartenervi, è spinto ad abbandonare una regione18, quella delle regole ad esempio, per poter essere parte di un'altra regione, cioè dell’altro gruppo con altre regole. Una seconda funzione del gruppo è quella di fungere da normatore alternativo. Il gruppo ha sue regole che comprendono anche la struttura di ruoli. La presenza di una regolazione facilita l’abbassamento delle difese, individuali e collettive perché funge da nuovo super-Io del gruppo. Quindi se le regole sono funzionali all’apprendimento le difese rispetto al cambiamento saranno ridotte. Ciò porta alla terza funzione e cioè alla diminuzione dei sensi di colpa e dell’ insicurezza che vengono alimentati dal cambiamento. Il gruppo poi, secondo Jacop Moreno, svolge una fondamentale funzione di “rispecchiamento” 19, grazie al quale i soggetti, vedono parti di se stessi negli altri e parti degli altri in se stessi. Così ognuno si rende conto che anche gli altri possono avere le stesse paure e le stesse difficoltà e che certe difese sono comuni a tutti. Questa scoperta facilita il superamento delle difese e delle difficoltà che derivano dal non sentirsi adeguati o abbastanza bravi. La quinta funzione è quella di poter essere, in quanto microcosmo o spaccato di società, uno spazio di sperimentazione, come palestra di comportamenti e nuovi apprendimenti. - Nel progetto E.A.R. ci si approccia al problema dell’ abbandono scolastico come un qualcosa che ha le sue cause forti all’interno della sfera relazionale del gruppo classe. Il disagio, la spinta al disinvestimento sulla scuola e sull’apprendimento e, per riprendere Lewin il passare da una “regione” (la classe, la scuola) all’altra (le cattive compagnie, il lavoro facile, il non fare nulla) si può prevenire lavorando sul gruppo. Utilizzando cioè il gruppo e le sue dinamiche come strumento per la creazione di conflitti a valenze “appetitive”, che attraggano i ragazzi verso il gruppo stesso Guido Contessa “Psicologia di gruppo, modelli e itinerari per la formazione”, Editrice la Scuola, capitolo quinto. Flavio Montanari è docente presso l’Università degli Studi di Bologna, Scienza della Formazione, è fondatore e Presidente dell’Associazione Conduttori di Gruppo e responsabile scientifico, insieme ad Enzo Spaltro, della Scuola per Conduttori di Gruppo di Voghera, Trapani, Verona, è conduttore di Tgroup e laboratori L.A.R.A. 17 Ferenc Molnàr “I ragazzi della via Pàl”. Il riferimento è all’episodio in cui il piccolo Nemecsek, per amore del gruppo, rimane a lungo immerso in una vasca di acqua fredda per poter spiare le mosse della banda di avversari. Il piccolo, in seguito a questo episodio, si ammalerà gravemente e morirà. 18 Lewin chiama “regioni”, o sistemi, le parti in cui si suddivide il campo psicologico di un soggetto. Ogni regione rappresenta una “meta d’azione” della persona e possiede una certa energia che produce tensione per essere liberata (carica energetica motivazionale). 19 Jacop. L. Moreno “ Principi di sociometria, psicoterapia di gruppo e sociodramma” Etas Kompass Ed. 15 16 quindi, la premessa del progetto è che sia possibile lavorare sulla creazione di un più alto livello di benessere a scuola.20 Per K. Lewin la motivazione del soggetto deriva da un conflitto che ha origine nel momento in cui l’individuo ha davanti due scelte. Il soggetto, dovendo decidere e scaricare l’energia e la tensione generata dal conflitto interiore, propenderà per la soluzione considerata più “appetitiva”, cioè a valenza più positiva. Per esempio, se il conflitto dello studente è fra l’andare o meno a scuola, in termini di appartenere al gruppo classe o no, egli tenderà ad avvicinarsi alla “soluzione” che gli si mostra più carica di aspetti positivi. Si presume che un buon gruppo, portatore cioè di stimoli e di valenze positive per l’individuo a livello di buon clima relazionale, possa fungere da forte attrattore ostacolando quantomeno il processo di disimpegno e allontanamento dalla sfera scolastica. 20 La seconda parte del percorso: un approccio cognitivista Nella seconda parte del training E.A.R. il gruppo di lavoro internazionale, dopo una lunga e partecipata condivisione di opinioni e soprattutto di esperienza e buone pratiche del gruppo di lavoro del dipartimento di Psicologia dell’ Università di Pavia coordinato dalla Prof.ssa Zanetti21, ha deciso di adottare un approccio di stampo cognitivo. Come per l’approccio sistemico relazionale, anche per la vastità e complessità del background teorico della psicologia cognitiva, in questa sede limitiamo i cenni a questa disciplina, estrapolandone un’ introduzione generale per dare l’inquadramento scientifico alle pratiche presentate nel progetto E.A.R. La psicologia cognitiva, come è noto, è una branca della psicologia che ha come obiettivo lo studio dei processi mediante i quali le informazioni vengono acquisite dal sistema cognitivo, trasformate, elaborate, archiviate e recuperate. Essa studia la percezione e l’apprendimento, il linguaggio e le emozioni considerandoli, appunto, processi mentali. Per la psicologia cognitiva il funzionamento della mente è assimilato, metaforicamente parlando, a quello di un computer che elabora informazioni (input) provenienti dall’esterno, restituendo a sua volta informazioni (output) sotto forma di rappresentazione della conoscenza, organizzata in reti semantiche e cognitive. Sia il cognitivismo, che nasce alla fine degli anni ’50, che il comportamentismo, al quale il primo parzialmente si contrappone, hanno il comune intento di assimilare lo studio della mente umana alle scienze fisiche. Grazie al modello cognitivo, dove originariamente l’elaborazione dell’informazione era concepita come un processo che avviene per stadi consecutivi, si è potuto porre maggior attenzione sul carattere finalizzato dei processi mentali. Il comportamento veniva quindi concepito come una serie di atti guidati dai processi cognitivi ai fini della soluzione del problema, con continui aggiustamenti. Anche per il cognitivismo, come per l’ approccio sistemico, il concetto di retroazione feedback, ha importanza centrale, anche il cognitivismo attinge alla cibernetica. Oggi infatti la psicologia cognitiva si avvale dei metodi e degli apparati teorici e empirici di molte altre discipline come, la linguistica, le neuroscienze, le scienze sociali e della comunicazione, la biologia, l’intelligenza artificiale e l’informatica, la matematica, la filosofia e la fisica. È dunque una scienza fortemente multidisciplinare22. Si afferma, grazie agli studi della psicologia cognitiva, l’idea che il comportamento umano sia il risultato di un processo cognitivo di elaborazione delle informazioni articolato e variamente strutturato (Human Information Processing)23. La Teoria Sociale Cognitiva fa un ulteriore passo e studia l’interazione fra cognizione e contesto sociale rivestendo così un ruolo importante sullo studio della personalità. Un’ importanza rilevante, sotto questo aspetto, viene riconosciuta agli studi di Albert Bandura 24; i concetti da lui elaborati hanno fatto da base per approfondimenti, ricerche e sviluppi teorici da parte 21 Maria Assunta Zanetti è docente di Psicologia dello Sviluppo e dell'Educazione all'Università di Pavia, direttore della 'Scuola online permanente di Educazione ai Media’ 22 Per la parte teorica generale sulla Psicologia cognitiva si veda: L.Camaioni: “La Teoria della mente, origini, sviluppo e patologia”, Laterza editori V. Macchi Cassia, E. Valenza, F. Simion: “Lo sviluppo cognitivo, dalle teorie classiche ai nuovi orientamenti”, edizioni il Mulino L. Camaioni, P. Di Blasio: “Psicologia dello sviluppo”, edizioni il Mulino L. Anolli, P. Legrenzi: “Psicologia generale”, edizioni il Mulino La “Human information processing theory” si occupa di studiare e spiegare il modo in cui I soggetti ricevono, immagazzinano, integrano, recuperano e usano le informazioni. Si vedano sempre i testi citati alla nota 25. 23 di altri studiosi, andando a creare una corrente di pensiero che, muovendosi dal cognitivismo e costruendo un’analisi dei processi cognitivo-emotivi, focalizza l’attenzione sui contesti sociali che vedono tali processi esprimersi attraverso le condotte. Gli studi di Bandura, con particolare riferimento alla descrizione del meccanismo del disimpegno morale, costituiscono la base teorica per le attività laboratoriali di educazione morale, o laboratori sul bullismo 25, attività ideata e da anni condotta nelle scuole Pavesi, dall’ Università di Pavia. Un altro autore da citare rispetto al background teorico di alcune delle attività proposte nella seconda sessione del training E.A.R. è Kohlberg26 con particolare riferimento al concetto di “conflitto cognitivo e morale” e ai suoi studi sulla nascita e sviluppo morale dell’individuo. Anche Gardner e i suoi studi e teorie sulle “intelligenze multiple” va citato come autore importante per l’aspetto socio-cognitivo del modello di training E.A.R. Collocando quindi le attività presentate e utilizzate in questa seconda parte del training E.A.R. sotto l’ampio ombrello della psicologia cognitiva, si può dire che si è trovato un punto di incontro e di fusione fra i due approcci teorici presentati, testimoniato dalle attività pratiche di seguito commentate. Anche l’approccio cognitivo, declinato rispetto allo studio dei gruppi, le loro dinamiche e i comportamenti che ne derivano è quanto mai coerente e centrato rispetto agli scopi e ai contenuti del progetto: lavorare sulla consapevolezza dei meccanismi comunicativi e relazionali degli individui che compongono il gruppo classe per poter favorire il miglioramento, o la creazione, di un clima classe che vada nella direzione del benessere. Tale benessere dovrebbe poi fungere da “attrattore” per gli studenti e favorire l’accoglienza, l’inclusione sociale, la diminuzione del disagio ed una crescita che abbia uno sviluppo comune e consapevole. Rispetto alle tecniche utilizzate nella prima parte del training E.A.R., in questa seconda fase il processo di acquisizione delle dinamiche relazionali passa ancora attraverso l’esperienza diretta dei partecipanti al training, ma l’accento si sposta decisamente sulla “mentalizzazione” di tale processo e sulla costruzione di un percorso, cognitivo e mata-cognitivo, per la comprensione delle proprie e altrui emozioni: una vera e propria alfabetizzazione emotiva e morale. Rispetto alle attività previste e all’ organizzazione pratica del training un problema sorto fin dall’inizio, e per tutti i partecipanti al progetto, è stata la “residenzialità” auspicata per i primi tre giorni di corso. Le difficoltà risiedono, per tutti, sia nella impossibilità dei docenti di sottrarsi dal lavoro, o da casa, per tre giorni a fila, sia nella difficoltà di reperire delle strutture adatte al lavoro residenziale. Questa caratteristica rimane dunque consigliata ma si è accettato il compromesso della semi-residenzialità e/o, comunque, della struttura temporale di lavoro concentrato e intensivo sui tre giorni di seguito, per almeno sei ore al giorno. In Italia, per esempio, il lavoro e le attività della prima sessione di training è stata condotta dal Prof. Montanari (vedi nota 5) ed ha ricalcato la struttura dei laboratori L.A.R.A. 27 con le dovute varianti applicate al lavoro con gli adulti. Albert Bandura (Mundare, 4 dicembre 1925) è uno psicologo canadese. Molto famoso per il suo lavoro sulla teoria dell'apprendimento sociale (e, nei suoi esiti più recenti sulla teoria sociale cognitiva). Ha trascorso la maggior parte della sua carriera alla Stanford University ed è stato eletto presidente della American Psychological Association. Ha ricevuto numerosi riconoscimenti e premi durante la sua carriera, incluso il William James Award dall’ Association for Psychological Science e il Distinguished Scientific Contributions Award dall'American Psychological Association. 24 Si veda “L’alfabeto dei bulli Prevenire relazioni aggressive a scuola” a cura di Maria Assunta Zanetti, Erickson Editore. 26 Lawrence Kohlberg (1927-1987) è uno psicologo americano, nato a New York, professore all’ Università di Chicago e di Harvard. É famoso per le sue ricerche sull’ educazione morale e per i suoi studi sugli stadi dello sviluppo morale. Il suo lavoro, che si basa sulle teorie cognitive di Piaget, crea una nuova branca della psicologia cognitiva: “lo sviluppo morale”. Il suo lavoro fu successivamente seguito e ulteriormente sviluppato da Elliot Turiel e da James Rest. Kohlberg è reputato uno degli psicologi più importanti del ventesimo secolo (http://en.wikipedia.org/wiki/Lawrence_Kohlberg). 25 In Italia il corso E.A.R. ha avuto luogo a Venezia e comunque, come negli altri paesi, non ha potuto avere la struttura residenziale ma le attività si sono svolte in modo serrato su tre giorni consecutivi, per 6/7 ore al giorno di lavoro. Rispetto a quanto concordato fra i partners sulle linee e la struttura generale di questa prima parte del training per insegnanti il laboratorio va condotto da un conduttore esperto in dinamiche di gruppo e, seguendo l’assetto teorico sopra descritto, deve avere una formazione adeguata sui temi citati ed aver fatto esperienze di lavoro in gruppo e sul gruppo. Ricordiamo, ad esempio, la tecnica del T-Group28 che è stata oggetto di discussione fra i partners di E.A.R. e considerata infine, con diverse sfumature, un valido esempio di tecnica di intervento sui gruppi e di lavoro sulle dinamiche sociali. Il T-Group rimane, tuttavia, una metodologia che usa un approccio molto “forte” e pertanto anche molto contestato in varie sedi scientifiche. Nell’ambito della creazione del prototipo di formazione E.A.R. ci si è limitati ad accoglierne gli spunti e a considerarla come una delle possibili tecniche da utilizzare per il lavoro sul gruppo ma, per vari motivi anche organizzativi, difficilmente proponibile, nella sua forma pura, in un corso di formazione per insegnanti29. Il gruppo di lavoro europeo del progetto E.A.R. ha concordato che, per la struttura della prima sessione di training, si adottasse un approccio sistemico relazionale con l’uso di una metodologia di lavoro di tipo interattivo ed esperienziale, che è stato mantenuto anche per il secondo gruppo di attività. Per l’implementazione del training si è stabilito che, pur rimanendo invariata la cornice teorica comune a tutti i paesi partner, ogni paese avrebbe potuto creare e sperimentare il percorso formativo con un ampio margine di flessibilità nell’applicazione pratica dei principi stabiliti di comune accordo. Questo perché si è preso atto della diversità dei sistemi scolastici e dei metodi di lavoro specifici per ogni paese. Per quanto riguarda quindi le attività proposte in questi primi giorni di training esse sono varie e comprendono giochi psico-pedagogici, esercizi di psicomotricità, simulazioni, giochi di ruolo. Il lavoro si svolge rigorosamente in cerchio per rimarcare il modello interattivo e non frontale di conduzione della sessione di lavoro. L’ attenzione è costantemente mantenuta sul “qui ed ora” e sull’ osservazione dei processi relazionali che avvengono i diversi membri del gruppo, al fine di 27 Il progetto L.A.R.A., Laboratori sulle Aggregazioni e Relazioni fra Adolescenti è di copyright della Fondazione Adolscere di Voghera, Pavia. Se ne trova una scheda descrittiva sul sito del progetto E.A.R., www.ear-eu.com, nella sezione “good practices”. 28 Carl Rogers ha definito il T-Group "la più potente tecnica di intervento sociale inventata nel XX° secolo". T-Group sta per Training Group, abbreviazione di Sensivity Training Group, cioè "gruppo di addestramento della sensibilità". La tecnica è stata inventata quasi per caso da Kurt Lewin e dai suoi allievi nel 1946 e, negli anni successivi, ha avuto diverse denominazioni: seminario di sensibilizzazione alle dinamiche di gruppo, laboratorio di dinamiche di gruppo, esperienza autocentrata di lavoro sul gruppo, ecc. Nel T-Group i partecipanti sono invitati a immergersi personalmente nella situazione, vivere e simultaneamente analizzare ciò che avviene nel gruppo , nel cosiddetto "qui ed ora". Il trainer ha un ruolo di stimolo e di interpretazione ma non pedagogico. Vi sono alcune regole che riguardano i due ruoli stabiliti - staff e partecipanti - , la scansione temporale delle unità di lavoro e lo spazio cioè il setting fissato per l'esperienza. Il resto viene deciso in gruppo. La partecipazione al T-Group serve a chi vuole incrementare le proprie abilità personali di osservazione, comunicazione, leadership e lavoro di gruppo/èquipe/team ed è particolarmente consigliata per ogni tipo di operatore che lavora con le risorse umane e per ogni conduttore di gruppo. Il T-Group, infatti, si propone di estendere la consapevolezza delle dinamiche che regolano la convivenza sociale, di incrementare gli skills personali relativi alla comunicazione, attraverso il confronto e lo sviluppo delle relazioni fra i partecipanti, e di imparare a condurre i gruppi in cui l'attività è fortemente incentrata sui processi, cioè sui modi in cui si sviluppano le interazioni di gruppo. La dimensione esplorata ed utilizzata è dunque quella dell’apprendimento di gruppo, legata alla capacità delle persone di scambiarsi informazioni, ascoltarsi, costruire regole di convivenza, e apprendere, attraverso tutto questo, dall’esperienza. Le singole caratteristiche personali e la capacità di interscambio, sono le più importanti risorse del TGroup e sono la base di partenza del confronto con gli altri. 29 Per un approfondimento in merito si veda l’articolo di Francesca Moiraghi “T-Group, teenagers and educators. From theory to practice”, sul sito www.ear-eu.com nella sezione theoretical contributions. promuovere e sviluppare una auto consapevolezza delle proprie risorse e limiti e sul proprio modo di comunicare e di essere e sentire nei confronti dell’ “altro” e nei confronti del gruppo. Imparare a stare bene con le persone con cui non si è scelto di stare (questo è il gruppo !) favorisce l’abbassamento delle difese e quindi la possibilità di indirizzare la propria energia per sviluppare le proprie potenzialità e risorse. Ciò crea un innalzamento dell’autostima ed una maggiore predisposizione a lavorare sui propri compiti di sviluppo30. Partendo da questo presupposto si è stabilito che durante il laboratorio, si debba cercare di sfatare per sempre l’idea che per fare gruppo “occorre essere tutti amici”. Il gruppo è una realtà transitoria, non lo sceglie e ci si trova a dover cercare di stare il meglio possibile con quello che c’è e con ciò che si ha. Gli amici ce li scegliamo e, si pensa, siano per sempre. Nella definizione di gruppo adottata in questo caso il gruppo è “un insieme di persone il cui modo di stare insieme tende a fare emergere le risorse individuali e di gruppo”. Ciò significa che il gruppo è caratterizzato da un modo di stare insieme, dalla comunicazione che viene usata, da come si sviluppano le relazioni e cioè dal cercare di individuare e capire i punti di forza e i punti di debolezza dell’altro. Il gruppo è proprio definito dal modo in cui le persone stanno insieme, da come comunicano fra loro. Un insieme di persone è potenzialmente un gruppo se riesce a valorizzare le risorse e ad accettare i limiti e debolezze dell’ altro, se la comunicazione è consapevole, se vi è gestione costruttiva del conflitto, se si negozia e se esiste una leadership diffusa e circolante. Se invece prevalgono stereotipi, pregiudizi, se vengono sottolineati solo i difetti o i punti di debolezza per competere o addirittura per sottomettere gli altri, questo non è un gruppo ma – tendenzialmente - un branco, una banda o gruppo regressivo. W. R. Bion lo chiama il “gruppo arcaico” caratterizzato da dinamiche che egli individua e classifica come di accoppiamento, dipendenza, attacco e fuga31. Il lavoro sul gruppo passa qui attraverso esercizi e attività che mirano a svelare i meccanismi della comunicazione esistente e che aiutano, attraverso simulazioni, a vivere le dinamiche di conflitto e negoziazione. Partendo dal presupposto che per realizzare un buon gruppo è necessaria una comunicazione consapevole che ti ponga serenamente in relazione con gli altri e che è pertanto fondamentale saper affrontare le divergenze di opinioni e di carattere e quindi sapere percepire la diversità non come un ostacolo ma come una risorsa. E’ fondamentale ricordare che vi sono varie attività da proporre ma che è importante, data la natura stessa del lavoro, che il conduttore del training abbia gli strumenti per cercare di adattare il percorso al gruppo che si ha di fronte (lavorare quindi sempre con ciò che c’è, nel momento presente, sul “qui ed ora”). Per quanto riguarda il laboratorio sperimentato in Italia due dei giochi più completi utilizzati sono stati “il dilemma del prigioniero”32 e il “bazar delle abilità”33. In entrambe le attività, Flavio Montanari “Relazione su cos’ è un gruppo” , Scuola per Conduttori di Gruppo, Voghera, 2006 Wilfred. R. Bion. “Esperienze nei gruppi”, collana di Psicologia e Psicologia Clinica, Armando Editore. 32 Dilemma del prigioniero: è citato in quasi tutti i manuali di sociologia, matematica ed economia, ma anche di psicologia e studi del comportamento umano. Si fonda sulla Teoria dei Giochi, uno strumento matematico per l’analisi dei rapporti sociali dell’ uomo; concepito da Von Neumann nel 1928 e originariamente applicato alla formulazione di strategie ottimali nel comportamento economico. Oggi è esteso a molti altri tipi di comportamento personale. L’ uso guidato e sotto forma ludica del Dilemma del Prigioniero durante un laboratorio sulle dinamiche di gruppo permette al conduttore di far affrontare al gruppo, prima a livello emotivo ed esperienziale, e poi attraverso una discussione guidata dei risultati, temi fondamentali quali: il conflitto, la negoziazione, la comunicazione, la fiducia, la mediazione, il tradimenti, la competizione, il concetto di “gioco a somma zero2 e “gioco a somma variabile” e le sue implicazioni e applicazioni al comportamento umano. Rispetto al suo utilizzo nei percorsi di formazione sui gruppi se ne può trovare la descrizione e le istruzioni per l’ uso su: E.Spaltro: “Conduttori; manuale per l’ uso dei piccoli gruppi”, collana Psicologia delle Organizzazioni, Franco Angeli Editore / E. Spaltro e U. Righi: “Giochi psicologici”, Celuc Libri. 33 Il Bazar delle Abilità, autore Prof Flavio Montanari: è un attività che si svolge in forma ludica, durante la quale ai singoli membri del gruppo viene richiesto di riflettere e scrivere alcune “abilità” ritenute necessarie per “fare gruppo”. L’attività procede poi con la distribuzione delle abilità individuate fra tutti membri del gruppo che colgono così, indirettamente, l’occasione per darsi dei rimandi personali. Lo scopo di questo gioco è di favorire la comunicazione e il circolare dei rimandi fra i membri del gruppo e di favorire il processo di negoziazione e di accettazione delle diversità. 30 31 completamente interattive, pratiche e esperienziali viene stimolata, nei partecipanti, la capacità di mettersi in gioco in prima persona, attraverso il coinvolgimento fisico ed emotivo, per poi riflettere sulle abilità proprie e degli altri e sui comportamenti e dinamiche intercorse a più livelli: individuale, di coppia, di gruppo. In Inghilterra e Portogallo la prima parte del training ha previsto l’utilizzo della tecnica del Circle Time Work34 mentre in Spagna il gruppo di lavoro ha preso spunto maggiormente dalle tecniche di lavoro corporeo e da alcuni presupposti dello psicodramma moreniano35, naturalmente non utilizzato come tecnica pura in questa sede. Rispetto alla seconda parte del training le attività pratiche proposte, discusse e accettate come “buone pratiche” esemplari condivisibili hanno una natura maggiormente strutturata. Le attività inserite nel programma di training sono principalmente le seguenti: - Alfabeto morale - Alfabeto emotivo - Circle Time Work - Tecniche Yoga applicabili in classe - Altre pratiche suggerite e utilizzate dai singoli partner (laboratori di psicomotricità, psicodramma ecc.)36. I laboratori sull’ alfabeto morale e l’alfabeto emotivo nascono dall’esperienza e dal know-how scientifico e accademico dell’ Università degli Studi di Pavia, supervisore scientifico, insieme all’ Università di Warwick, del progetto E.A.R. Il dipartimento di Psicologia dell’ Università di Pavia da anni ormai si occupa della formazione degli insegnanti sull’ alfabetizzazione emotiva, cercando di rendere gli stessi sempre più autonomi e indipendenti nel ripetere le attività laboratoriali con i propri studenti / alunni direttamente nelle classi, mantenendo la supervisione scientifica e il monitoraggio delle attività a cura delle psicologhe e delle ricercatrici del dipartimento stesso. Il laboratorio sull’ alfabetizzazione emotiva si articola quindi in due direzioni: la formazione degli insegnanti e le attività svolte direttamente in classe con gli studenti. Le singole attività laboratoriali che lo caratterizzano sono varie e vengono studiate ad hoc e adattate alla singola situazione del gruppo classe. Una descrizione delle stesse è reperibile sul sito del progetto E.A.R., www.ear-eu.com, sotto la voce “good practices”. Gli aspetti generali e le attività possibili sono stati oggetto e spunto di lavoro e discussione fra tutti i partner del progetto. Si è scoperto che, a vari livelli e con le singole particolarità di ogni caso, anche Spagna, Portogallo e, soprattutto, Inghilterra stavano già da tempo svolgendo attività aventi lo stesso presupposto teorico: lo studio e la sperimentazione guidata delle emozioni dei ragazzi nell’intento di favorire lo sviluppo e arricchire la loro capacità di capire se stessi e gli altri, attraverso il riconoscimento di un comune modo di sentire. Nel Regno Unito esiste, a tale proposito, 34 Circle Time Work: è una delle tecniche di lavoro con i gruppi e sulla comunicazione e relazione descritte fra le buone pratiche del progetto E.A.R. , si veda il DVD del progetto E.A.R. alla voce “training why and how – practical activities – children 3-11 years”. 35 Tecnica di approccio psicologico messa a punto da Jacob Levi Moreno nel 1921. Essa permette alla persona di esprimere, attraverso la drammatizzazione, i diversi aspetti della sua vita, aiutando a stabilire tra questi dei collegamenti costruttivi. Nello psicodramma, i protagonisti sono chiamati a improvvisare il loro ruolo partendo da una situazione passata, presente o riguardante un possibile futuro. Tutto ciò nel presupposto implicito che il soggetto tenderà a proiettare nella rappresentazione la sua reale condizione psicologica, con le relative difficoltà, problemi di rapporto con persone, attrazioni e repulsioni. Questo processo favorisce la presa di coscienza dei soggetti riguardo ai loro nodi irrisolti. Infatti, la rappresentazione scenica, assumendo la forma della finzione, permette una espressione più libera dei conflitti e dei comportamenti inadeguati, rendendoli maggiormente evidenti ed espliciti. Lo psicodramma facilita lo sblocco di situazioni psicologiche cristallizzate e ripetitive, la soluzione di problemi, portando al superamento di uno stato di crisi attraverso l'adozione di nuovi approcci e comportamenti nelle relazioni con gli altri. 36 Per la descrizione delle singole applicazioni del modello di training si veda: www.ear-eu.com alla voce “output – E.A.R. training experiences”. un programma ministeriale chiamato S.E.A.L., Social and Emotional Aspect of Learning37, che viene da tempo implementato in scuole di vario ordine e livello, a partire dalla scuola d’infanzia. Questo programma ha proprio lo scopo e la finalità di promuovere, fin dalle prime passi del processo educativo, l’attenzione e la sensibilizzazione sia degli studenti / alunni ma anche degli insegnanti e delle famiglie, sugli aspetti socio-emotivi dello sviluppo e della crescita per favorire un modello di apprendimento multi-disciplinare e integrato che mantenga sempre un focus sull’ importanza della gestione delle emozioni e delle relazioni a scuola. Il lavoro sull’alfabeto morale ha lo scopo, ancora più preciso, di portare i ragazzi, attraverso la sottomissione di dilemmi morali che vanno a stimolare la natura conflittuale che sta alla base della presa di posizione morale di fronte ad una situazione, a riflettere sul loro livello o meno di “disimpegno morale” e di lavorare sul confronto fra i pari. L’idea si applica brillantemente alla diagnosi e gestione delle dinamiche del bullismo, crescente problema sia in Italia che nel resto d’Europa. Anche la presentazione dettagliata di questa pratica è reperibile sul sito del progetto E.A.R.. Il Circle Time Work è una pratica introdotta nel lavoro di progetto dal partner di Warwick e dal Portogallo ed è risultata avere un ampio e trasversale spettro di applicazioni. Il Circle Time si può applicare a gruppi di ogni età e provenienza e risulta particolarmente utile: - per favorire la conoscenza reciproca dei singoli membri del gruppo - per favorire l’assimilazione di regole democratiche di convivenza comune - per parlare di argomenti “difficili” da affrontare durante la lezione classica e nel normale setting scolastico - per sviluppare le capacità di osservazione, ascolto, meta-comunicazione - per permettere a tutti di esprimersi - per far esperire la forza del lavoro di gruppo. Questo stesso strumento di lavoro, la cui descrizione dettagliata è sempre reperibile sul sito DVD del progetto E.A.R., può avere uso trasversale; può essere infatti strumento e metodologia applicativa per un laboratorio sull’ alfabeto emotivo o morale, per un lavoro sul conflitto e la negoziazione, per una riflessione su un tema riguardante la comunicazione e la relazione, ecc. Il lavoro in cerchio è infatti alla base di quasi tutte le buone pratiche e le attività raccolte dal progetto E.A.R. ed è, pertanto, divenuto elemento riconosciuto come altrettanto essenziale nell’ applicazione del modello di training E.A.R., in contrapposizione alla tecnica classica di insegnamento frontale. Sia per il Circle Time che per i laboratori sull’ alfabetizzazione emotiva, un altro autore da citare è Goleman38, che di recente ha reso possibile la divulgazione al grande pubblico del concetto di “intelligenza emotiva”, affermando che la conoscenza di se stessi, la persistenza e l’empatia sono elementi che nascono dall’intelligenza umana e che spesso queste capacità sono state ignorate o sottovalutate, non considerate elementi rilevante nel computo del Quoziente di intelligenza (QI). Altre attività introdotte e accettate come possibili applicazioni, sia per il training E.A.R. agli insegnanti sia come buone pratiche in classe, si rifanno maggiormente alle tecniche yoga soprattutto 37 http://www.bandapilot.org.uk/ Daniel Goleman , California 1946, è uno dei più rinomati psicologi al mondo. L'opera più conosciuta di Goleman è "Intelligenza emotiva" (Emotional Intelligence). Goleman ha ricevuto molti premi e riconoscimenti per le sue ricerche: due nomination al Premio Pulizer per i suoi articoli, un premio alla carriera dall' "American Psychological Association" e l'elezione a membro dell'"American Association for the Advancement of Science". 38 mirate allo sviluppo delle capacità di ascolto e consapevolezza. Durante il training sperimentale E.A.R. svoltosi a Venezia, gli insegnati hanno potuto esperire direttamente ed in modo attivo alcune delle pratiche di “yoga in classe”; esercizi semplici ed efficaci per stimolare i bambini al rilassamento e all’ascolto di se stessi e delle proprie emozioni e sensazioni39. Per concludere e completare e, soprattutto, integrare il prototipo di training E.A.R., il gruppo di lavoro internazionale ha deciso di inserire un lavoro costante e trasversale di monitoraggio delle attività e di Help Desk. Questo strumento è stato pensato per poter assistere al meglio gli insegnanti, dei vari paesi e quindi diverse realtà scolastiche, nella fruizione guidata degli output del progetto nonché, soprattutto, nell’applicazione e sperimentazione delle buone pratiche suggerite con il loro gruppo classe. L’equipe di E.A.R. ha infatti riconosciuto l’importanza, data la complessità degli argomenti e le implicazioni delle pratiche suggerite, di offrire una sorta di accompagnamento e sostegno, un counselling a coloro i quali siano interessati a sperimentare il modello proposto. Il modello di training E.A.R., in sede di valutazione finale, è stato reputato uno strumento completo ed efficace di intervento didattico e pedagogico rispetto al lavoro sulla relazione, la comunicazione, le dinamiche di gruppo e l’alfabetizzazione emotiva e morale. Lo strumento, a parere del valutatore esterno, si veda a tal proposito la valutazione finale del Prof. Pietro Modini sul sito www.ear-eu.com sotto la voce”about the project – final evaluation”, rispecchia un connubio fra due approcci teorici della psicologia e pedagogia apparentemente dissimili, sistemico relazionale e cognitivo, ad estrapolarne le essenze e ad amalgamarne gli aspetti più pregnanti e significativi offrendo così un modello di formazione per operatori che risulta completo, articolato e ricco di spunti. Questa caratteristica, oltre a fornire la modello un elevato spessore teorico, fa sì che le singole realtà nazionali possano estrapolare e sviluppare gli spunti e le pratiche più adatte agli interventi necessari nel loro ambito particolare e nel loro specifico sistema scolastico. Questo risulta essere indubbiamente uno dei maggiori punti di forza del prototipo di training E.A.R. e ne sottolinea, non in ultima analisi, la replicabilità a ed il valore aggiunto a livello europeo. Si veda il contributo teorico della Dott.ssa Leonora Poli “Ascolto e relazione” sul sito www.ear-eu.com alla voce “theoretical contribution”. 39