Ogni comportamento, umano o animale, è determinato da un complesso di influenze
genetiche e apprese.
La cultura è un ambiente che creiamo noi stessi. D'altra parte è la selezione naturale che
ha prodotto la nostra specie, incluse le nostre capacità culturali.
La cultura è un modificatore estremamente potente, ma può funzionare solo in
connessione con la natura.
Il concetto di cultura è stato a lungo attribuito alla sola specie umana.
[La cultura è] quel tutto complesso che include la conoscenza, la fede, l'arte, la morale, i
costumi e tutte le altre capacità ae abitudini acquisite dall'uomo in quanto membro della
società (Edward Tylor, 1871).
Gli psicologi dell'apprendimento sostengono che, per poter parlare di cultura, debbano
esservi imitazione, insegnamento e linguaggio.
Al contrario, in biologia il termine cultura si utilizza in senso lato, a prescindere dal suo
modo di propagazione. I fenomeni vengono infatti definiti nella loro sostanza e non
attraverso i meccanismi con cui si realizzano. Es. Respirazione = scambio di molecole di
gas tra organismo e ambiente (branchie, polmoni); locomozione = movimento
autopropulsivo (arti, ali).
Le teorie guidano la nostra attenzione e rendono afferrabile una grande quantità di dati,
ma inducono anche una forma di cecità selettiva.
Spesso infatti l'inaspettato sfugge all'attenzione.
La nostra cultura e la religione dominante hanno legato la dignità e il valore umani alla
nostra separazione dalla natura e alla distinzione dagli altri animali.
La filosofia orientale è invece tradizionalmente adatta ad ottenere i migliori risultati nella
primatologia:


è sempre stato assente il concetto di scala naturae. Non esiste una netta separazione
tra uomo e animali, ma anzi l'anima umana può incarnarsi in tante forme diverse.
esiste il contatto con i primati (i racconti popolari sono ricchi di riferimenti alle scimmie
come specchio dell'umanità).
L'istinto è un comportamento ereditato e quindi è qualcosa di opposto alla cultura, che
rappresenta invece il comportamento acquisito. Se è dogmatico considerare tutto il
comportamento animale come istintivo, è parimenti dogmatico considerare tutto il
comportamento umano come culturale. (Kinji Imanishi, 1952)
Mentre gli studiosi occidentali esigevano la più stretta neutralità negli studi sugli animali, gli
orientali utilizzavano il concetto di individuo nella sua società. Documentavano per ciascun
componente del gruppo (identificato con un nuome proprio) le relazioni di parentela, di
amicizia, di rivalità, di rango. Inoltre avevano l'uso di distribuire cibo agli animali.
Prima che qualcuno osasse vedere nell'infanticidio un modello ricorrente di
comportamento, molti giovani animali sono stati uccisi dai loro conspecifici. L'uccisione di
nuove vite non trovava una spiegazione plausibile in termini di adattamento e selezione
darwiniana. Le prime osservazioni rislagono al 1967 (Y. Sugiyama). Il fenomeno si realizza
nel caso di introduzione di un nuovo maschio dominante nel gruppo, dove l'uccisione dei
piccoli induce le femmine a disporsi a un nuovo accoppiamento in minor tempo.
Verso una definizione di cultura
La cultura è un modo di vivere condiviso dai membri di un gruppo, ma non
necessariamente dai membri di gruppi diversi della stessa specie. Copre la conoscenza,
gli usi, le abilità, incluse le tendenze e le preferenze sottostanti, che derivano da
un'esposizione agli altri e dall'apprendimento dagli altri. Qualsiasi variazione sistematica
nella conoscenza, negli usi e nelle abilità tra gruppi, che non può essere attribuita a fattori
genetici o ecologici, è probabilmente una variazione culturale.
La cultura è la diffusione non genetica di capacità e informazioni.
La cultura deve avere avuto inizi semplici che possono essere trovati al di fuori della
nostra specie.
Gli umani sono i più culturali di tutti gli esseri culturali. Grazie ai simboli, al linguaggio, alle
idee, ai significati, all'istruzione, all'imitazione, l'umanità ha fatto fare alla cultura un passo
che non ha precedenti.
Costruire nuove invenzioni su quelle più vecchie è un processo unicamente umano e porta
ad un'accumulazione dei miglioramenti nel corso della storia (effetto di irreversibilità).
Cultura animale
La cultura intesa come trasmissione sociale di capacità e informazioni è molto diffusa in
natura. Gli animali mancano di simboli e linguaggio; ma non c'è dubbio che essi sviluppino
nuove tecnologie, preferenze per i cibi, gesti comunicativi e altre capacità che i giovani
apprendono dai vecchi (o viceversa).
Imanishi definisce la cultura animale come:
comportamento flessibile trasmesso socialmente, una forma di trasmissione del
comportamento che non poggia su basi genetiche.
Ci vuole un villaggio per allevare un bambino
(proverbio africano)
La domanda del biologo è se i processi culturali siano visibili dal punto di vista della
selezione, se cioè contribuiscano alla sopravvivenza.
L'apprendimento sociale è ampiamente diffuso tra gli animali e presenta enormi vantaggi.
1. L'immagine del predatore (serpente, leopardo, aquila) viene tramandata e affiancata da
uno specifico richiamo di allarme che richiede una specifica risposta comportamentale.
2. Il cibo. Gli animali imparano gli uni dagli altri cosa mangiare e cosa non mangiare.
L'imitazione è un fenomeno molto complesso ed è considerata una delle più raffinate
imprese cognitive.
Ogni imitazione è una combinazione di un'idea generale presa dagli altri e di una pratica
individuale con cui tale abilità viene affinata.
Essa necessita che l'input visivo sia convertito in output motorio.
Gli umani imparano dagli altri con più facilità e precisione di qualsiasi altro animale.
Oltre ad essi, solo le grandi scimmie riescono bene a imitare. Copiano meglio se l'azione
lega due oggetti, così come spesso avviene nell'uso di utensili in natura, piuttosto che se
lega un oggetto con il corpo.
Alcuni scimmiottamenti
segare legna, piantare chiodi, indossare una t-shirt, ripararsi gli occhi dal sole, legare
un'amaca, spaccare noci di cocco;
camminare come altri, strofinare le pietre l'una contro l'altra, bere da una bacinella
immergendovi il braccio e poi leccandolo.
Le scimmie allevate in famiglia sono risultate imitatrici altrettanto brave dei bambini di due
anni. Alcune di queste inseriscono la loro foto tra quelle degli uomini, separandosi dal
resto degli altri animali.
All'interno del proprio gruppo, le scimmie giovani tendono ad imitare gli anziani.
Negli animali in cattività e nella colonia di macachi sull'isola di Koshima nessuna maschio
alfa è stato mai spodestato: il trasferimento del potere è sempre avvenuto dopo la morte
naturale. Nei gruppi in natura, al contrario, i giovani maschi sfidanti provengono
dall'esterno e sono del tutto privi di impedimenti dovuti al rispetto.
L'isola di Koshima
La prima esplorazione dell'isola di Koshima da parte di Imanishi fu nel 1948.
Subito dopo cominciò la distribuzione di grano e patate dolci per abituare i macachi al
contatto.
Furono quindi identificate individualmente le scimmie e descritte le loro connessioni
sociali.
Nel 1953 venne documentato per la prima volta il lavaggio spontaneo delle patate da parte
di Imo, una scimmia di diciotto mesi. Più tardi migliorò la tecnica.
Il lavaggio delle patate si diffuse all'inizio orizzontalmente, da Imo ai suoi compagni di
gioco. Dopo tre mesi, due dei suoi compagni e la madre presentavano il comportamento.
Si estese quindi ad altre scimmie giovani, ai fratelli e alle sorelle maggiori, e alle rispettive
madri. I maschi più vecchi non adottarono mai questo comportamento. La trasmissione
sembrava seguire la quantità di tempo che le scimmie trascorrevano insieme. Anche la
trasmissione lungo le linee di parentela, da giovane a giovane, e da giovane a adulto.
Successivamente le patate vennero lavate nell'acqua e a questo comportamento si
attribuisce il valore di ottenere un 'condimento'.
Nel 1956 Imo imparò a separare il grano dalla sabbia portando una manciata del miscuglio
vicino all'acqua e gettandocela dentro.
Nel 1965 comparve l'articolo dal titolo: Newly-acquired pre-cultural behavior of the natural
troop of Japanese monkeys on Koshima islet (Kawai, 1965; Primates, 6: 1-30).
Le condizioni necessarie per l'imitazione sono state così definite dagli psicologi
sperimentali:

Identificazione

Comprensione dell'obiettivo

Conoscenza di sfondo
Al contrario, secondo Frans de Waal, è dubbio se vi sia la comprensione degli obiettivi e
se i comportamenti imitativi debbano essere finalizzati alla risoluzione di problemi.
BIOL (Bonding- and Identification-based Observational Learning).
Le motivazioni sottostanti l'apprendimento sociale affondano le radici nelle emozioni sociali
e nel conformismo ai desideri più che nell'aspettativa di una ricompensa o nel timore di
una punizione. Gli animali guardano gli altri e copiano il loro comportamento solo per
inserirsi nel gruppo e comportarsi come i loro simili.
Il risultato (vantaggio)
popolazione.
finale è la diffusione di tecniche e abitudini all'interno di una
Il desiderio di agire come gli altri e l'abilità di riprodurne i comportamenti si sono evoluti
insieme.
Del resto anche nell'uomo, non esiste un obiettivo preciso per giustificare la tendenza degli
adolescenti a parlare con un gergo simile e non producono un risultato tangibile nemmeno
la moda, la religione, la cucina, l'arte, lo stile sociale.
Le culture degli scimpanzé
Il termine cultura si usa per descrivere alcuni comportamenti
degli animali che vengono trasmessi di generazione in
generazione attraverso l'apprendimento anziché attraverso i
geni. La cultura non riflette un semplice comportamento della
specie, ma esprime tradizioni regionali. Ne sono esempi il
foggiare e utilizzare arnesi, cacciare, mangiare carne, spartire il
cibo, combattere con altre comunità.
Perché si tratti di cultura, l'apprendimento deve avvenire per
imitazione e non per un procedimento di prove ed errori.
Gli esperimenti, in laboratorio e in natura, mostrano che negli
scimpanzé l'apprendimento avviene per imitazione.
1.
2.
3.
Gruppi diversi di individui apprendono per imitazione
diverse tecniche per lo stesso scopo.
In cattività gli individui mostrano una più vasta gamma di
compoartmenti e attività.
In natura esistono numerose varietà di tradizioni locali. Di
recente, nove specialisti di scimpanzé hanno confrontato le
proprie osservazioni sul campo ed hanno elencato 39
comportamenti di origine culturale. La standardizzazione
delle osservazioni prevedeva l'attribuzione di una delle
seguenti qualifiche al comportamento:
comune: presente nella maggior parte degli individui;
abituale: ripetutamente osservato;
presente: osservato, ma non abituale;
assente: mai rilevato
assente (eco): assente per ragioni ecologiche.
Il completo bipedismo si è realizzato oltre 2.5 m.a. fa.
L’encefalizzazione si è invece realizzata gradualmente: è
cominciata circa 1.8 ed è stata seguita da una relativa
stasi fino a 600.000, quando ha cominciato ad aumentare
rapidamente, con un trend proseguito fino a 100-75.000
anni fa.
I resti materiali dell’encefalizzazione sono le innovazioni
culturali e la cultura tecnologica sempre più sofisticate,
grazie alle quali l'uomo ha modificato la propria vita
materiale e sociale, è divenuto capace di adattarsi ad
ambienti
molto
diversi,
ha
potuto
diventare
progressivamente più efficiente nel procurarsi cibo e nel
difendersi dai predatori, riuscendo a sopravvivere anche
in situazioni estreme, dove le proprie potenzialità
biologiche, da sole, non sarebbero riuscite a sostenerlo.
In questa sua capacità, l'uomo si distingue e si distacca
dalle altre specie animali.
Le prove dell'evoluzione culturale possono essere
individuate in:
1. la creazione e l’uso di strumenti litici
2. sistemi di comunicazione
3. nuovi patterns di sussistenza
4. l’occupazione di nuove aree
Strumenti litici
Anche gli scimpanzé usano strumenti come bastoni o pietre, ma la loro
capacità di progettarli è molto limitata.
E’ verosimile che l’Australopithecus possedesse capacità simili a quelle
delle attuali antropomorfe, ma le prove archeologiche sono molto scarse.
I più antichi ritrovamenti di industria litica coincidono con la comparsa di
Homo habilis.
Fattori che favorirono la lavorazione della pietra:
liberazione dell’arto superiore dalla funzione locomotoria;
diminuzione del volume dei denti e riduzione del prognatismo facciale
totale;
complesse capacità psichiche, quali la capacità di astrazione, di previsione,
e di comunicazione comuni.
Conseguenze dell’uso di utensili litici:
miglioramento delle tecniche di macellazione e scarnificazione delle
carcasse;
aumento della varietà ed efficacia dei sistemi di procacciamento del cibo;
diminuzione del volume e della robustezza dell’apparato masticatorio;
potenziamento di culture più raffinate.
Morfologia di Homo sapiens
Gli uomini anatomicamente moderni che hanno abitato il vecchio mondo
negli ultimi 100.000 mostrano, rispetto agli ominidi precedenti, una
variabilità molto superiore.
Cranio
 "Modernizzazione" nella struttura craniale: frontale relativamente
verticale, volta cranica alta e arrotondata, con lati paralleli e
rigonfiati all'esterno, occipitale rotondo;
 aumento del cervello (capacità media superiore a 1350 cc) e
differenze strutturali.
 Faccia relativamente piatta, per una riduzione delle dimensioni dei
denti anteriori. Regione sopraccigliare sempre cospicua ma con
accenno ad un'incisura mediale. Mandibola di robustezza variabile,
ma dotata di mento sporgente, a forma di T invertita, e priva di
spazio retromolare.
Scheletro postcraniale
 Diminuizione delle dimensioni e della robustezza corporea (minore
dipendenza dalla forza corporea); la corticale del femore e della
tibia sono più sottili.
 La scapola presenta un solco sulla faccia ventrale.
 Le falangi terminali della mano possiedono punte piccole e allungate.
 I segmenti distali degli arti sono lunghi rispetto all'arto intero
(regola di Allen).
 L'osso pubico è breve e spesso, il canale del parto presenta un
diametro più piccolo che in passato, forse per differenze di
locomozione.
[Caratteri derivati di Homo sapiens, secondo Tattersall (2000)]
Origine dell'uomo moderno
I primi fossili sono pochi e frammentari.


125 kyr valle dell'Omo, Etiopia: un cranio frammentario di aspetto moderno;
100 Kyr Skhul e Qafzeh, Israele: primi uomini di morfologia moderna (con strumenti di tipo
musteriano).
Sull'origine dell'uomo moderno si contrappongono due teorie:
Origine multiregionale
Viene sostenuta l'evoluzione locale delle popolazioni umane, la cui variabilità dipende dall'adattamento
ad ambienti diversi (Widenreich, anni '40; Wolpoff, anni '80). Si sottolinea il ruolo della deriva (oltre
che della selezione) nel creare le differenze tra gruppi, ed il ruolo del flusso genico nell'appianarle, nel
prevenire la speciazione, e nel favorire un'evoluzione di tipo clinale.
Il modello è quasi del tutto privo di riscontri sperimentali.
Viene citata la continuità morfologica tra H.erectus di Giava e alcuni fossili australiani, oltreché la
continuità osservabile in Cina. Tuttavia tali fossili sono molto variabili e spesso privi di datazioni sicure.
In Europa, dove la documentazione è ampia e approfonditamente studiata, vi sono forti prove contro la
continuità.
Out of Africa
Viene sostenuta l'origine recente africana, e la sostituzione delle specie preesistenti. Esistono
numerose prove: paleontologiche, archeologiche, genetiche.
Prove paleontologiche
L'inizio dell'ultimo interglaciale, circa 125.000 anni fa, avrebbe favorito l'origine dell'uomo moderno. I
reperti scheletrici di aspetto moderno compaiono in Africa tra 130.000 e 50.000 anni fa, quando nel
resto del mondo erano presenti solo i Neandertaliani e i loro contemporanei asiatici. In Africa si ha
anche la migliore testimonianza di evoluzione locale. I primi europei moderni avevano dimensioni
scheletriche proprie di popolazioni africane.
Prove archeologiche
I primi strumenti di tecnologia moderna (lame, punte) e rare testimonianze di attività artistica (gusci di
uovo incisi, perline) compaiono in Africa intorno a 80-100.000 anni fa.
Il Paleolitico superiore, o l'età della Pietra recente (LSA), compare nel Levante circa 40.000 anni fa,
cioè almeno allo stesso momento che in qualsiasi altra regione. Comprende lame, grattatoi e bulini. Oltre
alla pietra sono comuni oggetti in osso, avorio e corno (punte, scalpelli, aghi e ornamenti).
Prove genetiche
L'insieme dei marcatori genetici studiati indica, piuttosto uniformemente, un'epoca di divergenza
compresa tra i 180.000 e i 120.000 anni.
Gli alberi filogenetici ricostruiti sulla base delle somiglianze genetiche tra popolazioni attuali mostrano
un'origine africana.
Lo studio del DNA ha mostrato che sono distinguibili due rami principali: africani sub-sahariani e alcuni
africani con il resto del mondo.
Una sequenza di regione ipervariabile di mtDNA del Neandertal ha mostrato che non esiste una
maggiore somiglianza con il DNA del gruppo europeo, smentendo l'ipotesi di continuità regionale.
Esiste maggiore variabilità genetica nelle popolazioni africane (mtDNA, DNA microsatellite, vari loci
del cromosoma Y).
Cultura dell'uomo moderno
I modelli comportamentali di tipo moderno si originarono molto dopo le prime
testimonianze di modernità anatomica.
Il Paleolitico superiore nasce nel tardo Pleistocene in Nord Africa, nel vicino oriente
e nell'Europa sud-orientale; si diffonde poi da Oriente verso Occidente.
Le industrie sono variabili nello spazio e nel tempo, sia per funzioni, sia per stili.
Si distinguono quattro fasi:

l'Aurignaziano (da 34-33.000 a 27.000 anni fa): lame ritoccate, bulini,
grattatoi, punte d'osso;

il Gravettiano (da 27 a 21.000 anni fa): lamelle a dorso erto, arnesi domestici
e oggetti artistici in osso, tra cui figure umane;

il Solutreano (da 21 a 16.500, soprattutto in Francia e Spagna): punte a forma
di foglia;

il Maddaleniano (da 16.5 a 11.000): arte domestica, ornamenti personali,
figure animali, utensili e armi in corno e osso.
Le materie prime venivano trasportate per 100-200 km.
Esiste un resto di argilla cotta di 28.000 anni fa, ma solo dopo 13-12.000 si ritrovano
vasi di ceramica in Giappone.
A partire dall'ultimo glaciale, verificatosi 18.000 anni fa, si distinguono differenze
tecniche e culturali fra Europa occidentale e orientale, nonché faune diverse.
Le tracce di attività simboliche sono successive alle innovazioni tecnologiche. Sono
tuttavia frequenti le testimonianze di attività artistiche e musicali.
Migrazioni dell'uomo moderno
Lo sviluppo culturale permise un sfruttamento più efficace delle risorse la colonizzazione di habitat
estremi, come ad esempio i territori freddi dell'estremità nord orientale europea. Ciò provocò
l'aumento di densità della popolazione, che durante l'ultimo milione di anni la linea in Africa sarebbe
oscillata tra 40.000 e 100.000 individui.
Nel tardo Pleistocene, furono colonizzate la Siberia, l'Australia e l'America.
Europa
Non è noto attraverso quale via (o vie) l'uomo moderno abbia raggiunto l'Europa. Si suppone che piccoli
gruppi umani abbiano lasciato l'Africa per colonizzare l'Europa, in ripetute migrazioni successive. La
conquista dell'Europa non fu un un processo rapido e la completa estinzione dei Neandertaliani si
concluse solo dopo una dozzina di millenni.
In Siberia le più antiche tracce della presenza umana sono rappresentate da manufatti risalenti a un
periodo tra 35.000 e 20.000 anni fa, di fattura simile a quella del Paleolitico superiore europeo.
Numerosi siti sono documentati tra 20.000 e 10.000 anni fa.
Australia
Sono state individuate tracce di presenza umana da 30 e forse 40.000 anni fa. Le prime sono
concentrate sulle coste, mentre tra 25 e 20.000 anni si osservano anche nell'interno. La colonizzazione
dell'Australia deve essere avvenuta via mare, traversando almeno 60 miglia di oceano apero, perché il
continente è rimasto isolato negli ultimi 70 milioni di anni. In concomitanza con il popolamento umano, si
ebbe l'estinzione di 50 specie di grandi vertebrati.
America
La diminuzione del livello del mare del tardo Pleistocene lasciò emergere un ponte terrestre tra la
Siberia e l'Alaska, largo fino a 100 km. Il processo fu caratterizzato da più fasi, corrispondenti a
diversi livelli di estensione e retrazione dei ghiacciai. Le ipotesi di datazione per il popolamento
dell'America si distinguono per essere intorno ai 30.000 o intorno ai 15.000 anni. Tra 25.000 e 14.000
anni fa, infatti, l'Alaska era separata da ghiacciai dal resto del continente.
Ipotesi delle tre migrazioni (Greenberg et al., 1986)
 una prima migrazione ad opera degli amerindiani (collocata ad un'età minima di 11.000 anni),
 una seconda ad opera dei Na-Dene (oggi insediati in Alaska e nel Canada occidentale, con
l'eccezione dei Navajo e degli Apache che sono migrati nel sud-ovest degli Stati Uniti),
 una terza ad opera degli Eschimesi e degli Aleutini, che oggi vivono in Alaska, Canada e
Groenlandia.
Prove linguistiche, dentali e genetiche. Inoltre:
I siti la cui datazione è più accreditata sono posteriori a 12.000 anni.
Tra 12 e 10.000 si ebbe una grande estinzione (33 generi di grandi mammiferi, 70% delle specie).
Ipotesi di occupazione più antica. Prove archeologiche e molecolari:
In America centro-meridionale esistono vari siti di età antica: Pedra Furada, in Brasile, ha fornito resti
litici datati tra 40.000 e 10.000 anni; Monte Verde, in Cile, ha restituito manufatti datati intorno a
33.000 anni.
L'analisi degli aplotipi del mtDNA in un campione di 130 Na-Dene e 500 Amerindi stima per le tre
migrazioni un'epoca, rispettivamente di 26.000-34.000, 12.000-15.000, 10.000-7.000 anni fa.
Paleolitico
E’ il più lungo periodo culturale, che va dall’inizio dell’umanità fino a 12.000 anni
b.p. Durante questo periodo l’uomo ha utilizzato strumenti litici, ossa animali,
legno, ecc., ha vissuto in caverne e ripari. Si è procurato cibo attraverso la caccia
e la raccolta. Durante questo periodo è stato scoperto il fuoco, che veniva
utilizzato per la cottura degli alimenti, per riscaldamento e illuminazione, per
protezione contro animali selvatici. Si distinguono tre fasi: Paleolitico Inferiore,
Medio e Superiore. Il periodo Epipaleolitico corrisponde al momento in cui gli
uomini hanno cominciato a controllare la natura, appena prima dell’avvento
dell’agricoltura. In Anatolia e Tracia sono stati scoperti 212 siti del
Palaeolitico/epipalaeolitico.
Neolitico
In questo periodo l’uomo ha attraversato la transizione tra l’attività di caccia e raccolta
alla produzione di cibo, da uno stile di vita nomadico ad uno residenziale. Il Neolitico
comincia circa 10.000 BC e viene considerato un periodo rivoluzionario nella storia
della cultura umana. Durante questo periodo, sono state addomesticate molte piante ed
animali, la raccolta è stata sostituita dall’agricoltura e la caccia dall’allevamento. La vita
stanziale che è derivata dall’agricoltura ha provocato la formazione dei primi villaggi, e
più tardi delle città. Gli archeologi dividono il Neolitico in pre-ceramica e post-ceramica
in dipendenza della tecnologia di utensili utilizzati per la raccolta e la preparazione del
cibo. Sono noti 257 siti in Anatolia e Tracia.
Età dei metalli (protostoria):
Eneolitico, o età del Rame
Età del Bronzo
Età del Ferro
Storia
DEFINIZIONE DI ECONOMIA DI SUSSISTENZA
La nozione di economia di sussistenza è stata utilizzata per
definire un livello di produzione ristretto al soddisfacimento delle
esigenze basilari dell’esistenza di un gruppo umano, quindi
l’economia delle società in cui gli individui non producono
surplus e non praticano alcuna forma di mercato né di scambio.
Questo modello economico, anche detto di autoconsumo –
elaborato in base alla distinzione tra produzione per l’uso e
produzione per lo scambio -, si considerano proprio delle società
tecnicamente semplici come quelle di cacciatori-raccoglitori, o in
genere si riteneva che coincidesse con le economie primitive,
contrapposte a quelle monetarie. Di fatto, non esistono società che
non producono una sia pur minima eccedenza destinata a consumi
rituali o collettivi o allo scambio, come hanno dimostrato studi
successivi, nei quali pertanto per economia di sussistenza si
intende un’economia la cui produzione sia orientata al
sostentamento e alla riproduzione dei produttori e non al profitto.
La definizione di modo di produzione domestico coincide con una
società nella quale il gruppo domestico (l’unità di produzione) non
sfrutta il massimo potenziale, rimanendo al di fuori di una logica
accumulatrice che richiederebbe una quantità di lavoro maggiore.
Tratto da U.Fabietti, F. Remotti, Dizionario di Antropologia. Zanichelli, 2001
COMPRENDERE LE STRATEGIE DI SUSSISTENZA DEI DIVERSI GRUPPI UMANI E DEI
NOSTRI ANTENATI FACILITA L’INTERPRETAZIONE DELLA DIVERSITÀ PASSATA E
ATTUALE
 Quando e perché i primi ominidi hanno cominciato a praticare la caccia
 Quando e perché ha avuto origine l’agricoltura
 Perché alcuni gruppi si sono dedicati all’agricoltura e alla pastorizia,
mentre altri sono restati cacciatori-raccoglitori
 Che conseguenze ebbero le diverse attività di sussistenza sulla
struttura sociale e demografica
I primi Australopiteci erano prevalentemente vegetariani.
Inizialmente gli Ominidi si procuravano carne soprattutto attraverso lo
sciacallaggio.
L’attività di caccia sistematica è iniziata successivamente, probabilmente
con la comparsa di Homo ergaster.
L’attività di caccia e raccolta ha caratterizzato la maggior parte della
storia degli Ominidi.
In Africa si hanno le più antiche testimonianze, risalenti a circa 90.000
anni fa, dell’uso di risorse costiere.
40-35.000 anni fa si ha un periodo di notevole incremento della varietà
comportamentale e una straordinaria espansione in aree precedentemente
disabitate.
Da 15.000 anni è diventata comune la pesca.
Tra 12.000 e 9.000 anni fa, in alcuni punti di tutti i maggiori territori
geografici ebbe origine l’agricoltura.
In poche migliaia di anni, l’agricoltura si diffuse quasi fino alla sua
distribuzione attuale.
Ipotesi sulle prime economie di sussistenza
La teoria dell'uomo cacciatore è antica e gradita al nostro
immaginario: la caccia viene considerata il motore dell'evoluzione
sociale e intellettuale umana. Essa rende vantaggiose le qualità di
previsione e destrezza, favorendo un cervello più grande e mani più
abili, migliorando la capacità di produrre tecnologia, aumentando il
vantaggio e la pressione selettiva a favore dell'intelligenza.
 Darwin fu il primo promotore di tale ipotesi.
 Dart propose la cultura osetoedontocheratica per spiegare la
presenza di ossa animali associate ad Australopithecus.
 Brain dimostrò che le ossa animali erano associate a quelle di
Australopithecus perché entrambi erano stati vittime di leopardi.
 Lee e De Vore, nel loro libro 'Man the Hunter' degli anni'60,
traslarono quindi l'idea dell'uomo cacciatore a uno stadio
successivo dell'evoluzione: il genere Homo.
 L'archeologo Isaac ipotizzò che i primi ominidi avessero dimore
stabili e una divisione sessuale dei ruoli: i maschi sarebbero
andati in cerca di carne saccheggiabile o di prede, le femmine
avrebbero raccolto frutti o tuberi vicino a casa. Il
comportamento altruistico avrebbe favorito la selezione
dell'intelligenza e del linguaggio.
 Nel 1981, Binford affermò che né la caccia né la spartizione di
cibo si erano evolute con Homo habilis né fino all'epoca dei primi
sapiens africani. Gli ominidi si sarebbero limitati a ottenere carne
sfruttando gli avanzi di grandi animali abbandonati da carnivori
più capaci, spaccando le ossa per raggiungerne il midollo. La caccia
sarebbe servita a procurarsi animali di piccole dimensioni. Binford
riteneva che il rovistamento fosse un'attività poco impegnativa e
quindi non responsabile dell'evoluzione psichica dell'uomo.
 Blumenschine e Cavallo (1992) propongono una revisione critica
dei dati per confutare quest'ultima opinione.
Il rovistamento alimentare (scavenging)
 Gli Australopiteci e i membri arcaici del genere Homo non
avevano fisici imponenti: i maschi pesavano circa 45 chili e
avevano una statura di circa 1,6 m.
 Le lunghe braccia fanno pensare che cercassero ancora rifugio
sugli alberi.
 I primi utensili non sono vere armi.
Tuttavia:
 Le ossa rinvenute nei siti di olduvai presentano ammaccature e
tracce di tagli prodotte con utensili in pietra. Le ossa
appartengono ad animali piccoli e grandi, come gazzelle ed
elefanti.
Pertanto, gli Ominidi:
 avrebbero utilizzato le carcasse di animali annegati o morti per
malattia e le prede dei grandi felini abbandonate nella boscaglia
che costeggia i fiumi, frequenti soprattutto nella stagione secca.
Tale habitat, idoneo alla deambulazione bipede e più sicuro delle
pianure aperte, avrebbe nascosto le prede alla vista degli
avvoltoi.
 Sarebbero inoltre state disponibili tutto l'anno le prede dei
leopardi abbandonate sugli alberi, anche per 8-12 ore durante il
giorno.
 Per le abitudini diurne, avrebbero preceduto le iene nella
conquista delle carogne (alcune specie di iene si sono estinte
circa due milioni di anni fa).
 Avrebbero quindi ricavato nutrimenti dai resti di carne e da quelli
ossei, ricchi di midollo e quindi di grasso (le carcasse conservano
parti commestibili fino a 48 ore prima della putrefazione).
Considerazioni
 La dentatura poco specializzata è indicativa di dieta onnivora
 L'attività di rovistamento sarebbe energeticamente più
vantaggiosa della caccia e della raccolta di vegetali (più del
fabbisogno giornaliero con mezz'ora di attività).
 Sarebbe inoltre stata meno rischiosa della caccia.
 L'uso di carogne è stato osservato negli scimpanzé e babbuini e
descritto nelle comunità di cacciatori-raccoglitori Hadza e San
dell'ASfrica sub-sahariana.
 Rovistare in cerca di cibo non è un'attività semplice. Per
localizzare le carogne è necessario conoscere gli indizi:
 il volo rettilineo di un avvoltoio,
 la presenza di avvoltoi nella chioma degli alberi,
 ciuffi di pelo o segni di artigli ai piedi di un albero,
 il verso di animali aggrediti e la risata delle iene.
 Il rovistamento avrebbe quindi anche favorito la cooperazione
sociale e il modello di Isaac potrebbe essere ancora valido.
DEFINIZIONE DI CACCIATORI- RACCOGLITORI
Termine designante i gruppi etnici che sfruttano risorse alimentari fornite
direttamente dalla natura, senza un preventivo intervento di trasformazione. Si
calcola che questo sistema di sussistenza rappresenti la più stabile e storicamente
persistente modalità di adattamento all’ambiente e che le società di cacciatoriraccoglitori abbiano dominato la scena planetaria per circa il 90 per cento della storia
umana. Il passaggio all’economia produttiva, seguito alla rivoluzione neolitica, segna
l’inizio della marginalizzazione e della trasformazione (ma non della scomparsa) di
queste società. Nel mondo moderno le società che si fondano su questa attività
economica di acquisizione e non di produzione, costituiscono una parte infima della
popolazione mondiale, distribuita generalmente in ambienti periferici: PIGMEI
dell’Africa centrale, ANADAMANESI, SEMANG della Malacca, ATEA delle
Filippine, ABORIGENI australiani, BOSCIMANI del deserto del Kalahari ecc.
La categoria ”cacciatori-raccoglitori” (poiché si fonda sulla somiglianza delle
tecniche di sussistenza) classifica in una singola entità concettuale un insieme di
società, a dispetto delle differenze di densità demografica, degli ambienti e delle
risorse, delle forze produttive, dei rapporti sociali, delle forme di autorità e delle
rappresentazioni ideologiche. Le tribù australiane sono così classificate insieme agli
INDIANI delle pianure e praterie, agli Indiani CREE e OJIBWA della foresta boreale
circumpolare, agli ESCHIMESI delle zone artiche (INUIT). La specializzazione
sviluppatasi storicamente su differenti prodotti naturali rende infatti difficile
un’analisi riassuntiva delle popolazioni di cacciatori e raccoglitori, al di là della
comune suddivisione evoluzionistica per livelli. Lo stesso tentativo operato dal
neoevoluzionismo per unificare e ridurre le forme di organizzazione sociale dei
cacciatori-raccoglitori a una sola forma “tipica” – la banda patrilineare o patrilocale–
ignora o contraddice la reale diversità di queste società.
L’aver considerato il principio di sussistenza come modello classificatorio ha portato
a ignorare parecchi ordini di esistenza sociale diversi dalla sfera economica. Si
registrano numerose società (di cui abbiamo testimonianza storica, etnografica e
archeologica) che, sebbene senza agricoltura, possiedono diverse modalità di
organizzazione sociale. Sulla costa nordoccidentale del Pacifico, in California, nel
Sud-Est siberiano, nel Nord del Giappone, vi sono popolazioni che differiscono dal
livello della banda sia sul piano demografico, sia per complessità e stratificazione
sociale, e che tuttavia non praticano né l’agricoltura né l’allevamento. In molti casi lo
stoccaggio intensivo delle abbondanti risorse stagionali ha permesso la
sedentarizzazione e quindi la base materiale per lo sviluppo delle ineguaglianze
economiche. Le differenze di struttura sociale esistenti tra cacciatori-raccoglitori
possono essere connesse alla diversa “produttività” delle loro tecniche di
sfruttamento della natura, che non dipende tanto dai diversi gradi di complessità fra le
rispettive tecniche, quanto dalla diversa disponibilità e abbondanza delle risorse
naturali.
Tratto da U.Fabietti, F. Remotti, Dizionario di Antropologia. Zanichelli, 2001
Lo stile di vita dei cacciatori-raccoglitori comporta:









dieta varia ed equilibrata;
poche ore di lavoro al giorno;
dimensioni familiari ridotte (bassa fertilità);
bassa densità di popolazione (0,1-1 persona per Km2);
struttura sociale a bande (20-50 individui);
bande regionali legate da sistemi di scambio matrimoniale;
egalitarismo sociale;
suddivisione sessuale dei ruoli;
conoscenza delle specie selvatiche e dei loro cicli di crescita.
Questo modo di sussistenza ha consentito all’uomo di vivere in
quasi tutti gli ambienti terrestri, dai tropici al polo, con
adattamenti specializzati agli estremi di questo range. Alcuni
gruppi isolati la praticano tuttora. Tra questi i Pigmei Mbuti e
Efe della foresta Ituri dello Zaire.
Durante gli ultimi 10.000 anni in varie parti del mondo è iniziata la domesticazione di
piante e animali, i cacciatori-raccoglitori sono rimasti in quelle aree inospitali per
l’agricoltura e l’allevamento.
L’agricoltura, ovvero la capacità di produrre autonomamente cibo, ha
avuto un enorme impatto sulla vita sociale e culturale dell’uomo.
Ha infatti consentito:
 uno stile di vita sedentario e più sicuro che in passato;
 la realizzazione di nuovi utensili con nuovi materiali;
 la costruzione di strutture permanenti;
 la formazione di famiglie numerose;
 la formazione di un élite privilegiata;
 spazio libero per l’investimento nella cultura (arte, religione);
 l’espansione demografica;
 l’aumento della densità di popolazione (di 10-20 volte).
Ha però comportato:
 una dieta meno varia e quindi impoverita;
 scarsa igiene;
 diffusione di nuove malattie (es. carie) e nuovi problemi (malnutrizione,
carestie periodiche, epidemie);
 formazione di diverse entità etniche;
 maggiori rischi di conflitto;
 impatto ambientale (deforestazione, combustione, consumo delle
risorse in genere).
L’agricoltura ha creato problemi irreversibili attraverso l’erosione e
l’alterazione del paesaggio che a sua volta ha alterato l’equilibrio tra le
specie. Ha inoltre favorito un notevole incremento della popolazione e la
colonizzazione di aree sempre nuove. L’uomo si è però reso vulnerabile
rispetto a periodici disastri naturali.
La civiltà moderna è costruita sull’agricoltura e l’agricoltura dipende dalla sostenibilità
dell’ambiente naturale.
Ipotesi sull’origine dell’agricoltura
La stretta associazione tra aumento della popolazione e diffusione
dell’agricoltura lascia pensare che vi sia una relazione tra i due fenomeni,
ma quale sia da considerare la causa e quale l’effetto è ancora dibattuto.
 I cambiamenti ambientali avvenuti alla fine del Pleistocene avevano
alterato la qualità e la distribuzione geografica delle specie.
L’avanzamento delle linee di costa favorì la formazione di aree costiere
ricche di risorse nutritizie. La loro disponibilità, insieme alle
conoscenze ormai acquisite sulla natura e lo sviluppo delle piante e
degli animali, consentirono la produzione e il controllo delle risorse
alimentari. I cacciatori-raccoglitori divennero sedentari, adottarono
l’agricoltura, e quindi aumentarono le proprie dimensioni.
 L’equilibrio demografico del Paleolitico potrebbe essere stato
imperfetto e la popolazione potrebbe essere cresciuta sopra il livello di
tolleranza dell’economia di caccia e raccolta. Questo avrebbe stimolato
l’origine dell’agricoltura.
L’incremento demografico realizzatosi verso la fine del Paleolitico è
probabilmente dipeso più da un aumento della fertilità che da una
diminuzione della mortalità.
Caratteristiche dei primi addomesticamenti
Animale
Cane
Capra
Pecora
Bue
Maiale
Coniglio
Cavallo
Asino
Dromedario
Cammello
Lama
Alpaca
Cavia
Gatto
Faraona
Yak
Bufalo
Bue di Bali
Pollo
Tacchino
Pesce rosso
Progenitore
Origine
Periodo
Lupo (Canis lupus)
Asia occidentale
Asia occidentale
Asia occidentale
12.000
9.000
9.000
Asia occidentale
8.000
Asia occidentale
8.000
Ignoto
Romano
Capra aegagrus
Muflone asiatico
(Ovis orientalis)
Uro
(Bos primigenius)
Cinghiale (Sus scrofa)
Coniglio (Oryctogalus
cuniculus)
Cavallo (Equus ferus)
Ass (Equus africanus)
Cammello
(Camelus sp.)
Cammello
(Camelus ferus)
?Guanaco
(?Lama guanicoe)
?(Lama sp.)
Cavia (Cavia sp.)
Gatto (Felis silvestris)
Faraona
(Numidia meleagris)
Yak (Bos mutus)
Bufalo (Bubalus arnee)
Banteng
(Bos javanicus)
Pollo della giungla
(Gallus gallus)
Tacchino
(Meleagris gallopavo)
Carpa (Carassius sp.)
Nord Eurasia
Asia centrale
Arabia, Nord
Africa
Arabia
6.000
6.000
Asia centrale
5.000
Sud America
7.000
Sud America
Sud America
Asia occidentale
Nord Africa
7.000?
3.000?
5.000?
2.300
Himalaia
Asia meridionale
Asia meridionale
Ignoto
6.000
Ignoto
Asia meridionale
4.000
Nord America
Ad 500
Cina
Ad 960
5.000
Origine delle specie coltivate
Messico
(Zea mays)
(Phaseolus spp.)
(Cucurbita spp.)
(Lycopersicon esculentus)
Mais
Fagioli
Zucche
Pomodori
Ande
(Solanum spp.)
(Uxalis tuberosa) (tubero)
(Chenopodium quinoa) (cereale)
Patate
Oca
Quinoa
Amazzonia
(Manihot esculenta)
(Ipomoea batatas)
Manioca
patate dolci
Medio Oriente
Frumento
Orzo
legumi, uva, melone, pistacchi, mandorle
(Triticum)
(Hordeum)
Mediterraneo
Olive, uva, cerali, fichi
Africa tropicale
Yam
Sorgo
Miglio
(Dioscorea spp.)
Africa sub-sahariana
(Sorghum vulgare)
(Eleusine spp.)
Sud est asiatico
Yam
Frutto del pane
Noci
Banane
(Dioscorea spp.)
(Artocarpus altilis)
(Cocos nucifera)
(Musa spp.)
Cina
Soia
More
(Glycine)
(Morus alba)
Conseguenze fisiche dell’addomesticamento
Gli animali domestici sono esposti all’azione della selezione naturale e
artificiale. Sono riproduttivamente isolati dai loro simili selvatici, anche
se talvolta possono ancora reincrociarsi con essi.
L’addomesticamento può causare cambiamenti nei ritmi di sviluppo, che
procurano cambiamenti nelle proporzioni corporee. Questo può derivare
dallo stress e da scompensi ormonali causati dalla dipendenza fisica ed
emozionale dell’animale al padrone. Esistono alcuni effetti generalizzabili:
DIMENSIONI
I primi stadi dell’addomesticamento provocano una riduzione della taglia
dell’animale, dovuta probabilmente ad un’alimentazione inadeguata, combinata
con la selezione artificiale verso animali di minori dimensioni.
ASPETTO
Gli animali che appaiono differenti dalle forme selvatiche possono essere stati
selezionati perché potevano essere identificabili e aumentare così il prestigio
dei proprietari (ad es. un lupo nero, una pecora bianca).
Orecchie lunghe, coda arricciata, variazioni nella lunghezza e nel colore del
manto sono caratteri comuni a molte specie domestiche.
ANATOMIA INTERNA
In quasi tutti gli animali domestici lo scheletro facciale è ridotto. Anche i denti
si riducono e il loro numero diventa anomalo. Il cervello si riduce rispetto alle
dimensioni del corpo e gli organi sensitivi diventano meno acuti, sebbene gli
occhi e le orecchie siano di dimensioni maggiori.
Le stagioni di accoppiamento diventano irregolari e più frequenti. Aumenta la
numerosità della prole in ciascuna figliata. Aumenta la quantità di grasso e
talvolta la sua distribuzione.
COMPORTAMENTO
Tutti gli animali domestici, eccetto il gatto, discendono da specie selvatiche
sociali e i loro pattern di comportamento sociale risultano poco alterati
dall’addomesticamento. Molti cambiamenti comportamentali derivano dalla
conservazione di caratteristiche giovanili che rendono gli animali più affezionati
e remissivi.
L'agricoltura intensiva
 L'orticoltura e l'allevamento hanno risolto il problema delle
risorse per diverse migliaia di anni.
 Da circa 5.000 anni fa, in alcune regioni del mondo l'agricoltura
intensiva è diventata necessaria.
 Durante il 20° secolo, la maggior parte dell'umanità è stata
forzata ad adottare questo tipo di produzione del cibo.
Parallelamente alla transizione verso l'agricoltura intensiva si è
osservato lo sviluppo di città e del commercio internazionale.
 Le società di agricoltori intensivi hanno radicalmente modificato
il territorio: le montagne sono state pianeggiate, il corso dei
fiumi alterato, le foreste tagliate. Molte piante e animali
selvatici si sono estinti. Altri sono stati modificati geneticamente
attraverso migliaia di anni di selezione artificiale e,
recentemente, di modificazione genetica.
Alcuni confronti…
Con ciascun stadio successivo della transizione da foraggiamento ad agricoltura
intensiva, i popoli si sono fortemente allontanati dalla dipendenza passiva
dall'ambiente.
Le società diventano generalmente più complesse e compare la stratificazione
gerarchica.
Con l'incremento dell'efficienza agricola, è aumentata enormemente la
percentuale di individui non produttori di cibo. Tra i foraggiatori, il 100% degli
individui partecipa alla raccolta. In Bangladesh, Guatemala, e altri paesi poveri,
il 60-65% della popolazione sono produttori di cibo. Negli Strati Uniti, lo
0,84%.
Parallelamente, il carico lavorativo, in ore, della popolazione generale non è
diminuito.
La transizione agricola ha portato alla diffusione di malattie parassitarie, per la
maggiore densità di popolazione che ha facilitato il contagio. Le maggiori
epidemie (peste, influenza...) si sono diffuse più nelle città che nelle campagne.
È aumentata la frequenza dei conflitti, che aumentano anche nell'efficacia delle
armi.
Le conoscenze scientifiche e la durata della vita sono molto aumentate.
Il progresso corre a un ritmo molto superiore che in passato.
La densità della popolazione aumenta a un ritmo esponenziale.
Il cambiamento micro-climatico dovuto all'ambente modificato dall'uomo,
l'inquinamento di aria e acqua, lo sfruttamento di materie prime non facilmente
riciclabili (acqua, gas, olii) sono dovuti al progresso tecnologico ed all'aumento
della popolazione.