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Progetto MEMO
PORTFOLIO DELL’INSEGNANTE
Brunella Blandini
[email protected]
Scuola secondaria di I grado “Cavani”
Serramazzoni (MO)
a.s. 2014/2015
Docenti
Prof. Nicolina A. Malara
Prof. Giancarlo Navarra
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Indice
1. Novembre 2014 (pag. 3)
Microepisodio 1: Tradurre dal linguaggio matematico al naturale; frase proposta: 2×(3×5+4).
2. Dicembre 2014 (pag. 6)
Microepisodio 2: Cerchiamo una regola per potere dire che un numero naturale è divisibile
per 2 e che il resto di questa divisione è zero
2
1. Novembre 2014
Microepisodio 1: Tradurre dal linguaggio matematico al naturale; frase proposta: 2×(3×5+4).
Commenti Insegnante di classe
Commenti Giancarlo Navarra
Commenti Nicolina Malara
.1
Viene proposta la frase: 2×(3×5+4).2
1. Azzurra: Due per tre per cinque più quattro.
2. Victoria: Se fai così moltiplichi il due solo per tre per cinque.
3. Stefano: Ma tre moltiplicato cinque più quattro?3
4. I: Chi vuole rispondere a Stefano?
5. Giulio: È sbagliato perché prima si fa la moltiplicazione e poi l'addizione.
6. I: Benissimo!4 Vediamo di leggere tutta la frase.
7. Dennis: Due per aperta tonda tre per cinque più quattro chiusa tonda.
8. Vittoria: Se faccio due per quindici più quattro va bene?
9. I: È corretto per la ricerca del risultato 5 ma noi vogliamo "leggere" quello che c'è scritto.
10. Giorgia: Due per aperta parentesi tonda tre per cinque più quattro chiusa parentesi tonda uguale.
11. Diego: Fa trentotto.
12. I: Bene, ma cerchiamo di leggere la frase, non di trovare il risultato. 6
13. Marouan: Due volte tre per cinque più quattro.
14. Davide: Moltiplico per due il tre per cinque poi aggiungo quattro.
15. I: Attenzione! È corretto quello che dice Davide?
16. Andrea: Come dice Davide è sbagliato perché il quattro resta fuori dalla moltiplicazione per due.
17. I: Siete d'accordo con Andrea? 7
18. Davide: Mi ero dimenticato che c'è la parentesi! Allora prima moltiplico tre per cinque poi al risultato aggiungo
quattro e alla fine moltiplico per due.
19. Giorgia: Io dico che si deve fare: due per aperta parentesi tonda, tre per cinque più quattro, chiusa parentesi tonda.
20. Rosy: Dici come Dennis.
1
Ipotizzo che la frase proposta sia: 2×(3×5+4). Qual è la consegna esatta? Sì, la frase proposta è quella indicata. In
realtà ero partita senza indicare l'uguale poi, sentendo alcuni studenti che proponevano la soluzione ho aggiunto anche
il simbolo di uguaglianza, solo a discussione avviata.
2
Sarebbe importante conoscere le competenze degli alunni per quanto concerne il tradurre una frase dal linguaggio
matematico a quello naturale e viceversa.
3
Non capisco come faccia Stefano a trascurare il ‘2×’. Sarebbe stato opportuno chiederglielo. Inoltre: suggerisco di
Inserire nel contratto con la classe che quando uno studente risponde non può rispondere con il tono della domanda
(che esprime una delega ad altri ad attribuire correttezza alla sua frase) ma dell’affermazione (che esprime
un’assunzione di responsabilità nei confronti di ciò che dice). Una domanda può essere certamente formulata, ma deve
possedere le caratteristiche di una questione posta alla classe. In questo caso non c’è nessuna ‘vera’ risposta da dare.
4
Non capisco il plauso dell’Insegnante: ‘Benissimo’ in che senso? La frase di Giulio (5) è identica nella sostanza a
quella di Stefano (3) che però dice ‘È sbagliato’.
Forse l’insegnante dice “Benissimo” per l’entrata in scena delle operazioni aritmetiche. Dovrebbe esplicitare
l’obiettivo dell’attività. In questo caso potrebbe essere lo spostamento di attenzione verso la lettura relazionale
dell’espressione. È importante portare i ragazzi a comprendere che, pur restando ferma la regola che nel computo di
una espressione composita si eseguono prima le moltiplicazioni e poi le addizioni, nell’interpretazione relazionale
dell’espressione le operazioni chiave sono quelle che si eseguono per ultime. Nel caso in esame l’espressione
aritmetica si legge: la moltiplicazione di 2 per la somma di 4 con il prodotto di 3 per 5. Questa lettura è più generale
della lettura “il doppio della somma di 3×5 e 4” perché questa dipende dall’essere il primo fattore il numero 2.
5
Manca il soggetto della frase: cosa è ‘corretto per la ricerca del risultato’?
6
Più che parlare di ‘leggere’ la frase riproporrei ‘tradurre’.
7
Invito l’Insegnante ad essere più esigente sul piano linguistico. La frase di Andrea (16) “il quattro resta fuori dalla
moltiplicazione” è decisamente gergale, e più che chiedere alla classe se siano d’accordo, suggerirei di invitare
Andrea a riformularla, chiedendo che il ‘resta fuori’ non significa nulla sul piano matematico.
3
21. Giulio: Il doppio della somma fra cinque per tre e quattro 8.
22. I: Molto bene! Qualcuno vuole aggiungere qualcosa? 9
23. Rosy: Sì, il doppio della somma fra il prodotto di tre per cinque e quattro.
24. I: Molto bene! 10
25. Giulio: Allora si può usare triplo, cioè: il doppio della somma del triplo di cinque e quattro.
26. Sonia: Se faccio i conti viene due per diciannove perché tre per cinque fa quindici e poi sommo quattro.
27. I: Certo Sonia, ma noi vogliamo tradurre dal "matematichese11" all'italiano12.
28. Filippo: La scritta dice: due per.
29. Xhiraldo: Allora è il doppio.
30. Filippo: È la stessa cosa.
31. Xhiraldo: Il doppio del triplo... è uno scioglilingua!
32. Lisa: Sì però c'è scritto il doppio del triplo di cinque più quattro.
33. I: Tutti d'accordo?
34. Giulio: Così resta fuori il quattro.
35. I: In che senso resta fuori?
36. Giulio: Detto così il quattro non è raddoppiato.
37. Lisa: Volevo dire che sommo il triplo di cinque e quattro e poi lo raddoppio.
38. Giulio: Prof, posso chiedere una cosa?
39. I: Dimmi pure.
40. Giulio: Lei ci ha detto che le operazioni di somma e sottrazione sono operazioni interne ai numeri naturali.
41. I: Esatto!
42. Giulio: Posso scrivere 2•(3•a+b)=?13
43. I: Bravo Giulio! Cosa ne pensate ragazzi?
44. Alessia: Secondo me così va bene perché è vera per tutti i numeri.
45. Marouan: È proprio il doppio di una somma di due numeri con il primo triplo di un numero sommato con il
secondo.
46. Demetrio: Però se lo scrivo così devo dire che il risultato è una lettera.
47. I: Se vogliamo scrivere un risultato che rappresenti il doppio della somma del triplo di a con b useremo una nuova
lettera c. Che numero è c?
48. Giulio: Un numero naturale.
. 14
Non è questione di come si deve fare ma di controllare ed esplicitare il significato aritmetico dell’espressione. Si
dovrebbe alla fine arrivare a cogliere lo schema operativo … × (… × … + …) che emerge quando si introducono le
lettere per rappresentare le varie occorrenze numeriche al posto dei puntini: a×(b×c+d).
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La frase di Giulio (21) sposta completamente l’attenzione verso gli aspetti relazionali della rappresentazione del
numero. Siccome questo dovrebbe essere l’obiettivo dell’Insegnante sarebbe necessario che, invece che proseguire, lei
esaltasse la novità della frase di Giulio guidando gli alunni verso il confronto fra essa e le frasi precedenti e invitando
gli alunni a cogliere la differenza. Non mi è chiaro se le scritture venivano riportate alla LIM o alla lavagna (cosa che
permetterebbe il confronto) o se venivano dette e basta. In questo secondo caso un confronto approfondito sarebbe
molto difficile.
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L’Insegnante dovrebbe gradualmente porre in evidenza le sfumature importanti legate alla dualità proceduralerelazionale. Per esempio, in questo caso, la frase di Giulio (21) è mista procedurale-relazionale, mentre quella di Rosy
(23) è relazionale perché anche il ‘5 per 3’ è stato raffinato in un ‘prodotto di 3 per 5’ e favorisce il passaggio al
successivo intervento di Giulio (25) che introduce il termine ‘triplo’.
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Invito a parlare di ‘linguaggio matematico’ e di abbandonare il ‘matematichese’.
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Interpretare l’espressione ed esprimere in italiano lo schema di questo processo di calcolo.
13
Leggere le moltiplicazioni come operazioni esterne ossia come multipli inibisce la generalizzazione della espressione
nello schema a×(b×c+d).
14
L’insegnante ha inteso favorire l’aspetto del tradurre rispetto a quello del risolvere, ma mi sembra che manchi un
aspetto molto importante: una conclusione a livello metacognitivo che permetta di inquadrare i concetti legati al
‘procedurale’ e al ‘relazionale’ e di classificare in questo senso le varie definizioni. Altrimenti c’è il rischio, mancando
una prospettiva unificatrice, che rimanga nella mente degli alunni un Iieme indifferenziato di frasi differenti senza però
che ci sia un criterio per individuare caratteristiche e qualità di ciò che viene detto. Per esempio: Filippo (28) fa un
riferimento procedurale, Xhiraldo (29) uno relazionale e Filippo (30) conclude che è la stessa cosa. Anche questo
sarebbe stato un episodio utile per affrontare i due nodi della questione. È vero che sono tutte parafrasi (invitiamo pure
gli alunni ad usare anche questo termine) ma, stabilito questo, bisogna affinare la capacità di interpretarle cogliendo
analogie e differenze.
Un’ultima osservazione: Demetrio (46) parla di ‘risultato’ ma nella frase algebrica che propone Giulio (42) è evidente
che il ‘?’ non ha questo significato. L’Insegnante però non lo rileva e continua a parlare di ‘risultato’ (47) rimanendo
in una prospettiva aritmetica invece che favorire quella algebrica. Invece che proporre lei la nuova lettera c (47),
8
4
sarebbe stato più produttivo che fosse la classe stessa a suggerirla. Ma non è un caso che sia comparso il punto di
domanda: lavorando in una prospettiva aritmetica, per gli alunni a e b sono cose diverse da ‘?’, considerato il numero
‘che si deve trovare’. È necessario che gli alunni imparino a vedere a, b e c come enti fra i quali esistono delle
relazioni (che vanno fatte evidenziare): moltiplicativa fra 3 e a, additiva fra 3a e b, ancora moltiplicativa fra 2 e (3+b)
e di equivalenza fra 2(3a+b) e c.
Ripeto che l’attività è molto interessante, ma bisogna che si concluda con una chiara e riconoscibile individuazione dei
riferimenti teorici in ragione dei quali essa viene sviluppata.
5
2. Dicembre 2014
Microepisodio 2: Cerchiamo una regola per potere dire che un numero naturale è divisibile per 2
e che il resto di questa divisione è zero
Commenti Insegnante di classe
Commenti Giancarlo Navarra
Commenti Nicolina Malara
dicembre 2014
Microepisodio 2
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La classe prima B è composta da 23 studenti di cui due ripetenti.
Sono inoltre presenti 4 alunni segnalati per disturbi specifici di apprendimento.
TESTO PROPOSTO:
Cerchiamo una regola per potere dire che un numero naturale è divisibile per 2 e che il resto di questa divisione è zero.
In pratica vogliamo trovare la regola per scrivere un numero naturale in modo che sia esattamente divisibile per 215.
. 16
49. I: Vediamo quali sono i numeri naturali divisibili per 2.
50. Giulio: Sono i numeri pari.
51. Rosy: Sono 2, 10, 20, ...
52. I: Bene, ne hai elencati alcuni, ma quanti sono?
53. Azzurra: Sono tanti.
54. I: Esatto, tanti, riesci a precisare?
55. Victoria: Si dice che sono infiniti, come i numeri.
56. I: Molto bene, ora cerchiamo un modo per "dirli tutti" senza elencarli 17.
57. Giraldo: Secondo me sono tutti quelli che finiscono per 2.
58. Demetrio: Vanno bene anche se finiscono per zero.
59. Lisa: Allora vanno bene tutti quelli che finiscono per zero, 2 ma anche 4, 6, 8 e 10.
60. I: Secondo voi è corretto quello che ha detto Lisa?
61. Dennis: Un po' sì è un po' no perché 10 e zero finiscono per zero.
62. I: Esatto, allora, riassumendo possiamo dire che sono divisibili per 2 e che il resto è zero, tutti i numeri che
terminano con zero, 2, 4, 6, 8. Se ora volessimo scrivere, senza conoscerlo, un numero, che fosse divisibile per 2
esattamente, cosa potremmo osservare?
63. Stefano: Diciamo che scriviamo un numero pari.
64. Francesca: Allora diciamo che finisce come prima con zero, 2, 4, 6, o 8.
65. I: Sì, però adesso il mio numero lo chiamo solo "numero" e quindi non vedo per che cifra termina.
La consegna poteva/doveva(?) essere più esplicita: Cerchiamo un modo (eviterei ‘regola’ perché troppo abusato e
con significato prescrittivo) di rappresentare in linguaggio matematico che un numero qualsiasi è divisibile per 2.
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Un’osservazione generale molto importante sul piano della formazione dal punto di vista del metodo: è fondamentale
che l’insegnante sia il primo commentatore di se stesso. Nel momento in cui l’insegnante redige il diario – che deve
essere trascrizione di una audioregistrazione, altrimenti risulta troppo ‘inquinato’ se è un semplice riporto di appunti
presi al volo – non è più un ‘semplice’ insegnante, ma si colloca su un piano diverso. La sua classe (di cui conosce tutto
– personalità degli alunni, metodi e strumenti impiegati nello svolgimento dell’attività, linguaggi non verbali usati
mentre essi spiegano) non è più soltanto ‘sua’, ma trasla verso una dimensione più ampia che coinvolge i ricercatori,
molti altri insegnanti appartenenti allo stesso ad altri istituti (che potrebbero avere interesse verso i suoi diari perché
sono impegnati in attività analoghe) e così via. In altre parole, l’autore diventa un insegnante sperimentatore e i suoi
diari assumono importanza a livello scientifico.
Bisognerebbe che, all’atto della stesura, avvenisse un distacco dall’attività, e l’autore si ponesse nella prospettiva di
rileggere criticamente ciò che è avvenuto in classe. Il diario non è solo una ‘narrazione’, ma dovrebbe diventare
soprattutto, anche prima degli altri commenti, un oggetto di autoformazione. D’altro canto, è proprio l’inserimento in
un quadro così articolato che conferisce significatività alla fatto di investire tempo ed energie intellettuali per
registrare le lezioni, redigere i diari, riflettere sui Commenti ed eventualmente replicare, scriverne di propri,
confrontare i diari con quelli di altri insegnanti/sperimentatori/ricercatori. In questo senso, i protocolli degli alunni (o
almeno una loro selezione) sono documentazioni utili perché tutto questo si possa realizzare (dalla voce Diario).
17
Anche qui sarebbe stato più opportuno usare il termine ‘rappresentazione’. L’insegnante poteva dire “Cerchiamo
una rappresentazione, cioè un modo di scrivere, i numeri divisibili per 2 che ne esprima il carattere, cioè quando
vediamo apparire questa scrittura capiamo che si sta parlando di loro e solo di loro”.
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6
66. Vittoria: Posso chiamarlo n come facevamo con le potenze.
67. I: Perfetto, chiamiamolo n, come si fa a dire che posso dividere esattamente n per 2?18
68. Giulio: Lo scrivo "n è pari".
69. I: Devo "scriverlo" in modo che sia vero qualunque sia il numero rappresentato da n 19.
70. Davide: Posso scrivere nel foglio che per me n vuole dire che è pari.
71. Nicole: Però non va bene! Non posso scrivere una pagina su come voglio che sia n!
72. Filippo: Ma si può scrivere solo che n è pari? Caso mai lo scrivo con la p così so che è pari.
73. I: Anche se cambi la lettera il problema rimane, come facciamo a dire che con la letterina n o p stiamo proprio
rappresentando un pari?
74. Maruan: Se è divisibile per 2.
75. Sonia: Se è pari.
76. Andrea: Posso scrivere che n:2 è un numero senza la virgola?
77. I: State dicendo tutti cose corrette dovete però precisare meglio.
78. Lisa: Se n:2 è un numero senza la virgola allora posso chiamarlo sv (senza virgola)?
79. I: Non è necessario usare sv, basta usare una lettera qualunque che non sia n.
80. Giulio: Allora lo chiamo h e dico che n:2=h.
81. I: Molto bene, quindi n a chi è uguale?
82. Giulio: n=2×h.
83. I: In conclusione quand'è che un numero è divisibile per 2?20
84. Tutti: Un numero è divisibile per 2 se è uguale ad un altro numero moltiplicato per 2 21
85. I: In base a quanto concluso sopra quand'è che un numero n è divisibile per 3?
86. Tutti: Quando lo scrivo come un numero per tre22.
. 23
. 24
‘Dire’ è improprio perché il ‘dire’ si svolge sul piano verbale, i ragazzi devono capire che si tratta di trovare una
scrittura che esprima il fatto che il numero è divisibile per 2. Ancora una volta diventa importante che docente e alunni
condividano il termine ‘rappresentazione’, già citato in commenti precedenti. Accanto a questo, diventano preziosi
anche i concetti di forma canonica e non canonica di un numero. Mi sembra invece che la questione, così come viene
posta (67), non indirizzi la riflessione in modo produttivo perché il punto di vista del’insegnante è procedurale (“Come
posso dividere?”) e proietta quindi nella dimensione del fare. Si pensi invece ad una domanda del tipo: “Come
rappresentereste in forma non canonica un numero pari?” Emergerebbero scritture come 8=4×2, 54=27×2, e simili, e
questo potrebbe far emergere definizioni di numero pari del tipo “Un numero pari è il doppio di un altro numero” e
favorire quindi la conquista di una scrittura generale riflettendo sull’analogia strutturale fra le scritture precedenti.
Queste mie osservazioni si collegano con quelle conclusive di Malara (Commento 20).
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Questo intervento non chiarisce molto, dobbiamo scriverlo in modo che rappresenti un qualunque numero divisibile
per 2.
20
Qui sarebbe stato meglio dire ‘Come possiamo rappresentare un numero che sia divisibile per 2?”
21
Qui si perde l’occasione di fare vedere che la scrittura n=2×h esprime un carattere del numero: quello di essere
divisibile per 2.
22
Qui andava esplicitato che c’è (esiste) un altro numero che moltiplicato per 3 dà il numero n. È importante questa
osservazione, per portare i ragazzi a capire dal contesto quando una lettera rappresenta un numero qualsiasi e quando
rappresenta un numero particolare. Qui andava proposto il problema della rappresentazione di un numero divisibile
per tre, ossia una scrittura che ci consente di vedere subito che si sta parlando di un numero divisibile per tre; poi dopo
l’esplorazione delle scritture di numeri divisibili per 7, 11, 9, 8, 15 ecc. in modo da portare la classe ad un’altra
generalizzazione. Come posso scrivere che un numero n è divisibile per un numero generico a? Si deve arrivare a dire
che esiste un altro numero h in modo che n=a×h.
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La consegna poteva (doveva?) essere più esplicita. Esempio: “Cerchiamo un modo (eviterei il termine regola perché
troppo abusato e con significato prescrittivo) di rappresentare in linguaggio matematico che un numero non precisato,
qualsiasi, è divisibile per 2”. Io sarei partita dalla domanda “Che cos’è per voi un numero pari?” per portarli a
collegare la parità con la divisibilità per 2. Questo poi consente ai ragazzi di capire che un numero con cifra delle
unità pari è un numero divisibile per 2 perché considerandolo come somma delle sue unità e delle sue decine (se è di
ordine di grandezza superiore si può sempre leggere in termini di decine) ciascun addendo è divisibile per 2 (il termine
costituito dalle unità perché è pari per ipotesi) il termine delle decine perché è divisibile per 10 e quindi per 2, essendo
10=2×5. In formule: an10n+an-110n-1+an-210n-2… +ai10i+… a110+ao=10×(an10n-1+an-110n-2+an-210n-3+ ... ai10i-1+…
a1)+a0. = 2×[5(an10n-1+an-110n-2+ an-210n-3+ ... ai10i-1+ …. a1)+2h con h = 1, 2, 3, 4.
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Non vedo nella modalità di conduzione dell’attività una prospettiva pre-algebrica. Suggerisco all’insegnante di
negoziare e condividere con la classe dei riferimenti teorici comuni, ossia di costruire poco alla volta un comune
background culturale nella prospettiva dell’early algebra. I termini chiave sono i soliti dei quali si è parlato più volte:
uguale, rappresentazione, forma canonica e non canonica, processo-prodotto, rappresentare-risolvere, trasparenteopaco (v. Glossario).
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