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Giovanni Paisiello l'inno nazionale del Regno delle Due
Sicilie
di Giovanni Greco
in :
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Giovanni Paisiello
L'Inno al Re è stato l'inno nazionale del Regno delle Due Sicilie, fu scritto e musicato da Giovanni Paisiello
e commissionato da re Ferdinando I delle Due Sicilie nel 1787; sarà poi adottato nel 1816. Il testo nel tempo
subì varie modifiche; venne ritrovata una partitura che conteneva il testo dell'inno datata tra il 1835 e il 1840. Il
nome riportato nel testo, cambiava ogni volta che veniva incoronato un nuovo sovrano. Qui è riportata la prima
versione dell'inno, del regno di Ferdinando I delle Due Sicilie. La seconda strofa fa intendere che l'inno deve
essere stato composto prima della formazione del Regno delle Due Sicilie (1816), quando i due regni (serbi al
duplice trono) erano separati in Regno di Napoli e Regno di Sicilia. La partitura prevede l'esecuzione con due
parti di canto: soprano e basso, gli strumenti utilizzati sono: flauti, clarinetti in do, oboi, corni in fa, trombe in
do, fagotto e serpentone.
Testo
Iddio conservi il Re
per lunga e lunga età
come nel cor ci sta
viva Fernando il Re!
Iddio lo serbi al duplice
trono dei Padri suoi
Iddio lo serbi a noi!
viva Fernando il Re!
Eppure Taranto pare abbia dimenticato il suo notissimo compaesano Giovanni Paisiello, il genio musicale del
regno delle Due Sicilie. Quest'anno (2016) ricorre infatti l'anniversario dei 200 anni dalla morte del musicista;
ma tuttora la sua casa natale versa in stato di completo abbandono. Accade così che, mentre all'estero il mondo
rappresenta le sue opere ricordando con affetto, cuore e sentimento celebrativo il nostro genio musicale (nato a
Taranto), la stessa casa natia in Taranto invece cade a pezzi nel dimenticatoio più assoluto e la città tarantina
pare abbia dimenticato completamente il suo notissimo compaesano. Giovanni Paisiello moriva Il 5 giugno 1816
e a 200 anni dalla sua morte, nel 2016 mentre il mondo celebrerà il grande compositore, come lo ricorderà la sua
città natale? O meglio: lo ricorderà? Taranto a dire il vero, non solo non ne fa memoria alcuna, ma medita anche
di abbattere la sua casa natale. Dopo il caso Ilva, affermare "Nemo Propheta in Patria" è anche fuori luogo. In
quanto, con l'abbandono anche del personaggio Paisiello - da parte della città di Taranto - bene, cancellando la
memoria del famoso compositore, allora qui si tratta solo di voler continuare ad affermare la negazione del
Regno pre unitario. Che tristezza la pochezza culturale e la miseria intellettuale ... che è stata depositata dai
savoia nel meridione; dopo quel 1861.
di Giovanni Greco
sulla casa natale del Paisiello è posta una Targa nella quale è scritto:
“Qui nacque Giovanni Paisiello, riformatore della musica. Trovò nel cuore la fonte dell'armonia e ne ebbe in
copia scorrevoli melodie d'amore e di piano. Onorato dai Re e dagl'Imperatori, Fe alto risonare fino
all'ultimo settentrione l'accento italiano raffermando all'attonita Europa come Italia si non sempre colle armi
almeno con l'ingegno è stata la Regina delle nazioni. Morì nel 1815 dopo 75 anni di vita. Il Municipio a
memoria di tanto illustre concittadino diede il nome di Paisiello alla strada. E questa pietra pose 14 marzo
1872“.
Taranto, la casa
natale di Giovanni Paisiello in completo abbandono
Paisièllo, Giovanni
cfr : Enciclopedie on line TRECCANI
http://www.treccani.it/
Paisièllo ‹-ʃ-›, Giovanni. - Musicista (Taranto 1740 - Napoli 1816). Tra i più noti operisti della fine del 18° sec.,
P. si formò a Napoli, dove visse e operò per la maggior parte della sua vita, eccetto due significative eccezioni:
i soggiorni a San Pietroburgo (1775-84) al servizio di Caterina II e a Parigi (1802-04) su esplicita richiesta di
Napoleone. Sebbene P. abbia praticato quasi ogni genere musicale del suo tempo (specie in ambito sacro), la sua
importanza storica è legata alla sua produzione teatrale, che annovera un centinaio di opere, sia serie sia buffe.
Vita e opereStudiò al conservatorio di S. Onofrio di Napoli con F. Durante, C. Cotumacci e G. Abos. Uscito dal
conservatorio nel 1763, scrisse opere per teatri dell'Italia settentrionale e centrale. Tornò a Napoli nel 1767 ed
ebbe subito un grande successo con L'idolo cinese, su libretto di G. B. Lorenzi; nella stessa città rimase sino al
1776, componendo molte opere, tra cui Il Socrate immaginario (1775), su libretto scritto da Lorenzi in collab.
con l'abate Galiani. Dal 1776 al 1784 fu a Pietroburgo, al servizio di Caterina II; tra le opere scritte in questo
periodo spiccano La serva padrona (1781), Il barbiere di Siviglia (1782) e Il mondo della luna (1782). Di nuovo
a Napoli, fu maestro di cappella e compositore della corte partenopea. Nel 1788 compose La bella molinara, su
libretto di G. Palomba, e nel 1789 Nina o la pazza per amore, su libretto ridotto da uno di B.-J. Marsollier, opera
di carattere elegiaco che ottenne un grande e duraturo successo. Dopo il 1790 coltivò soprattutto l'opera seria
(Elfrida, 1792, su testo di R. de' Calzabigi, e Proserpina, 1803, composta a Parigi per Napoleone). Scoppiata la
rivoluzione del 1799, gli si fece colpa di aver abbandonato la corte e simpatizzato per la repubblica. Riottenuta
la grazia dal sovrano, accettò l'invito di Napoleone, nel 1802. Richiamato a Napoli, riprese servizio a corte,
ottenendo anche altri uffici. Non seguì il Borbone in Sicilia, e, al ritorno della corte, nel 1815, fu punito con la
perdita di quasi tutte le cariche. ː Nelle sue opere teatrali, P. ebbe ricca la vena dell'ironia e del patetico: l'una era
capace di compiaciuta corrosività popolaresca, mirante specialmente allo spasso, e anche di arguzia sottilmente
aristocratica; l'altra di interpretazioni squisite e toccanti. Nitida è nei suoi lavori migliori la caratterizzazione dei
personaggi e quindi la vita drammatica. Oltre al teatro, P. coltivò abbondantemente anche la musica sacra e
quella strumentale, lasciando cantate, oratori, messe, sinfonie, concerti per clavicembalo e orchestra, quartetti,
sonate.
Ricerche a cura del dott Giovanni Greco
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Post date: 2016-05-14 16:01:57
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Post modified date: 2017-03-07 17:52:25
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