Agenzia FIDES – 8 agosto 2007
DOSSIER FIDES
SCHEDA SULLA
REPUBBLICA ISLAMICA DEL PAKISTAN
Dopo l’indipendenza dall’India, nel 1947, nasce il Pakistan come Stato
indipendente diviso geograficamente tra West Pakistan e East Pakistan. La questione dell’Islam è
alla base della separazione dall’India dopo il periodo coloniale britannico: per trovare una
soluzione alla paura dei musulmani di vivere schiacciati dalla maggioranza indù viene scelta la
soluzione della divisione geografica e amministrativa con la creazione di due Stati. Tutto questo
fu fatto per evitare i conflitti e le rivalità fra indù e musulmani. La questione islamica, dunque, è
una delle ragioni fondamentali che hanno portato alla nascita dello Stato pakistano. Ma Ali
Jinnah (1876-1948), fondatore dello Stato e primo presidente, è convinto di poter dare
un’impronta secolare alla nuova nazione senza porre condizioni all’identità musulmana.
Ma che cosa significa per uno Stato islamico, che utilizza i simboli dell’Islam,
essere secolare? Il movimento islamico “Jamaat-i- Islami”, fondato da Abu Ala al-Mawdudi
(1903-1979), difende l’applicazione delle norme giuridiche basate sulla sharia o legge islamica.
Nel 1956 viene approvata la Costituzione dello Stato e il Pakistan diventa ufficialmente una
Repubblica islamica. Era l’ideale che doveva prendere corpo nelle istituzioni del Paese.
Il governo del generale Muhammad Ayub Khan (1958-1969), però, prende una
strada diversa con una marcata tendenza secolarista. Tre sono le mosse principali del generale
Ayub Khan: controllo dell’insegnamento nelle madrasa, nazionalizzazione delle fondazioni
religiose (awqaf) e difesa di un sistema legale fondato sulla legislazione civile. Sale subito la
tensione politica e lo scontro religioso con gli islamisti che non volevano che l’Islam diventasse
una religione controllata dalle leggi dello Stato. Con l’arrivo di Zulfikar Ali Bhutto (1971-1977)
iniziano, senza grande successo, le concessioni fatte agli islamisti: proibizione dell’alcol e del
gioco d’azzardo. Ma questo non basta davanti alle domande di un’islamizzazione piu profonda
della società musulmana. Il generale Zia al-Haqq prende il potere nel 1977 e guida una politica
di trasformazione nazionale ispirata all’Islam e a una nuova Costituzione che stabilisce la
supremazia della legge islamica: abiti musulmani, tribunali islamici, istruzione religiosa nelle
madrasa, identità nazionale pakistana ispirata all’Islam. Ma l’attentato del 1988, che mise fine al
governo di Zia al-Haqq, segna un nuovo periodo dell’Islam in Pakistan: con le rivalità etniche e
dinastiche nel campo politico e con il controllo dell’Islam da parte dei nuovi partiti politici. Un
abbinamento tra identità islamica e governo secolare. Come quello guidato da Benazir Bhutto
(1988-1990) che solo venti mesi dopo è vittima di un nuovo colpo di Stato militare capeggiato
dal presidente Ghulam Ishhaq Khan. Le nuove elezioni portano al governo Nawas Sharif (19901993) che si schiera apertamente per una politica di islamizzazione. Ma la politica di Nawaz non
convince e di nuovo la Benazir è pronta a guidare il governo con un secondo mandato (19931996). Sono anni difficili per il Pakistan con l’ascesa al potere dei talebani nel vicino Afganistan
e la rinascita dell’Islam fondamentalista con l’appoggio finanziario dell’ideologia qaedista. C’è
un nuovo dinamismo delle scuole islamiche nelle città pakistane e un risveglio
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dell’insegnamento nelle madrasa coraniche della campagna. Perciò Bhutto non riesce a vincere
le elezioni nazionali con il suo partito, “Pakistan’s Peoples Party” (Ppp).
E’ ancora una volta il turno di Nawas Sharif che con il suo partito politico, la “Lega
musulmana pakistana” (Pml), fortemente appoggiato dall’Arabia Saudita, vince le elezioni
generali e inizia il suo secondo mandato (1997-1999) come primo ministro. Ma un elemento
nuovo entra nello scacchiere politico del Pakistan e anche in India: la bomba atomica e i test
nucleari. Il generale Pervez Musharraf arriva al potere con un colpo di Stato, in uno dei periodi
più difficili della storia del Pakistan. Dopo la strage delle Torri Gemelle a New York, la
rimozione dei Talebani in Afganistan e la lotta al terrorismo islamico, Musharraf diventa un
protagonista sulla scena mondiale. Ma il generale pakistano continua a trovarsi al bivio:
accontentare le richieste degli islamisti che vogliono accelerare l’islamizzazione e appoggiare i
talebani, oppure ascoltare i governi occidentali che stanziano i fondi per piegare l’influenza
delle madrasa islamiche. Musharraf, essendo un mohajir (immigrati dall’India al momento
dell’indipendenza), è in grado di capire i problemi sia dell’integralismo islamico che di quello
indù. Ma il Pakistan arriva ancora una volta ai ferri corti con l’India nel 2002. I due Paesi hanno
ammassato le loro truppe nella regione del Kashmir.
Ma sembra che più che volere la guerra le due nazioni si contendono gli aiuti di
Washington. Il Pakistan cerca un equilibrio tra la collaborazione con l’Occidente e la solidarietà
musulmana con la “umma”. Tuttavia i guerriglieri islamici del Kashmir continuano la guerra
santa contro gli infedeli ovunque essi si trovino e chiunque essi siano: cristiani, musulmani sciiti,
musulmani ahmadiyya o indù. Per le autorità indiane i gruppi islamici combattono gli indù
mentre per il governo pakistano sono la punta di diamante di al-Qaeda, che è diventata la forza
destabilizzante del Pakistan.
Oggi il Parlamento, chiamato “Majlis-e-Shoora”, conta 100 membri eletti nelle
assemblee provinciali e territoriali che rappresentano le quattro province e un territorio autonomo
dello Stato. L’assemblea nazionale è composta di 342 membri: 272 eletti dal popolo, 60 riservati
alle donne e 10 per i non-musulmani. Ma dietro un sistema elettorale e democratico si
nascondono gli interessi delle grande famiglie, dei gruppi etnici, della classe militare e dei
commercianti. Un fattore di controversia è l’appartenenza etnica e la divisione tra quelli che
hanno radici pakistane e quelli che sono diventati pakistani arrivando da altre parti del
subcontinente indiano. E’ interessante notare che per marcare questa distinzione viene utilizzato
un termine, “mojahir”, di connotazione e contenuto decisamente islamico. Così sono designati,
infatti, gli immigrati diventati cittadini dello Stato dopo la proclamazione dell’ indipendenza il
14 agosto del 1947.
KASHMIR
Un rebus politico, quello del Kashmir, continua ad essere motivo di contesa politica
tra India e Pakistan. I due Stati indipendenti si contendono la sovranità della regione del Kashmir
che è parte dello Stato conosciuto con il nome di Jammu, Ladahk e Kashmir. Jammu e Ladakh
sono sotto la sovranità dell’India. Due conflitti armati segnano la storia del Kashmir nei suoi
rapporti con Pakistan e India. La prima guerra scoppia nel 1947 quando il maharaja induista del
Kashmir decide, al momento della separazione geografica, di unirsi all’India nonostante la
popolazione dello Stato sia a maggioranza musulmana. Il sentimento popolare dei musulmani è
di annessione al Pakistan per evitare di far parte dell’India degli indù. A partire da questo
momento si sviluppa il movimento indipendentista contro l’occupazione dell’esercito indiano
con numerosi movimenti di ispirazione islamica. Le Nazione Unite intervengono per porre fine
al conflitto. Viene istituita la “Linea di controllo” e l’immediata smilitarizzazione. I governi
indiano e pakistano optano per un referendum di autodeterminazione che non sembra, però, la
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soluzione migliore per una regione di grande interesse strategico nel constesto geopolitico
dell’Asia. Nel 1965 scoppia un nuovo conflitto indo-pakistano. Nuove trattative di pace portano
agli accordi di Tashkent: evitare la guerra e prendere la via del dialogo fra i due Paesi. Un
elemento importante che ha contribuito al negoziato bilaterale tra India e Pakistan è stato la
dichiarazione della Cina di abbandonare le sue pretese territoriali. Ma dal punto di vista storico
due eventi fondamentli del 1979 contribuiscono alla rinascita islamica e al movimento islamista
della regione. Il primo è la nascita della Repubblica islamica dell’Iran nel febbraio del 1979 e
l’altro è l’invasione sovietica dell’Afganistan nel dicembre dello stesso anno. Il Kashmir diventa
il retroterra dei combattenti mujahidin contro l’occupazione militare dell’Armata rossa. Il
secondo fatto storico è la nascita di al-Qaeda a Srinagar, nel Kashmir. Il movimento di Osama
bin Laden nasce come un ufficio per registrare i combattenti mujahiddin in Afganistan sotto la
guida dello sceicco saudita. Da queste umili origini si svilupperà al-Qaeda come movimento
islamista globale di lotta contro gli americani, gli ebrei e i cristiani. Due movimenti islamisti,
ispirati dal discorso jihadista di Bin Laden, si sviluppano nel Kashmir: “Jaishi-i-Mohamed”
(L’esercito di Maometto) e “Laskar-i-Toiba” (L’armata dei puri) Sono tre gli scopi principali di
questi due gruppi di milizie musulmane. Il primo è quello di combattere le istituzioni dello Stato
sia in India che in Pakistan e di stabilire governi islamici in tutti i Paesi asiatici, comprese Russia
e Cina. Questo obiettivo è in armonia con i principi di al-Qaeda che considera l’attuale governo
pakistano nemico dell’Islam e alleato dell’Occidente. Il secondo è diffondere la religione
musulmana, con la guerra e la violenza se sono necessarie, perché la jihad è la volontà di Allah
rivelata nel Corano. In linea con questa scelta si moltiplicano gli attacchi terroristici. La terza
finalità è quella di lottare contro le minoranze religiose, in particolare i cristiani, gli indù e gli
ebrei in Pakistan e in India e in tutta l’Asia. In questo modo i due gruppi, “Jaishi-i-Mohamed” e
“Lashkar-i-Toiba”, si uniscono al movimento islamico globale che è quello di imporsi in tutto il
mondo seguendo l’ispirazione e le direttive di Bin Laden. Gli sviluppi recenti in Afganistan
hanno dimostrato che il Kashmir, e non solo, è diventato un territorio chiave nella
riorganizzazione della guerra dei talebani contro il governo centrale afgano. Ma la questione
fondamentale resta sempre la stessa: che cosa rappresentano i gruppi islamici nel Kashmir?
Provare a dare una risposta non è facile. Tuttavia, è fuori dubbio l’importanza e il ruolo delle
scuole coraniche nella preparazione dei combattenti musulmani. Gli studenti del Corano
vogliono tradurre in azione quello che hanno imparato a scuola dai maestri e dagli sceicchi
musulmani. In questo senso l’Islam nel Kashmir viaggia su due corsie parallele: quella dell’Islam
tradizionale, con un profondo senso religioso, e quella delle nuove milizie islamiche,
militarmente addestrate e sempre disposte a morire sul campo nel nome di Allah.
LA NASCITA DEL BANGLADESH
Nella storia travagliata del Pakistan, la nascita del Bangladesh ha segnato uno dei
conflitti più sanguinosi fra i musulmani. Dall’indipendenza nel 1947 i bengali, o abitanti
dell’East Pakistan, erano praticamente abbandonati a se stessi, a parte il fatto che 1600 chilometri
separano i due territori dello Stato del Pakistan. Le autorità di Islamabad mostravano una grande
preoccupazione per il futuro del Kashmir, ma gli abitanti dell’antico Stato del Bengala ai tempi
della colonia britannica, erano tagliati fuori e marginalizzati. Quando i bangladeshi chiesero
l’indipendenza, lo sceicco Mujibur Rahman guidò la rivolta popolare fino ad ottenere
l’indipendenza dal Pakistan. Così nacque una nuova nazione che oggi conta più di 150 milioni di
abitanti: 83 % musulmani, 16% indù e 1 % cristiani e altre minoranze.
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Musulmani sunniti
Il sunnismo in Pakistan, come negli altri Paesi asiatici, ha sempre cercato la via
dell’ortodossia: da una parte, con l’allontanamento dalla corrente mistica (sufi), dall’altra,
cercando di riaffermare il percorso storico tracciato dai califfi. Ma in realtà gli ideali del
sunnismo trovano una grande varietà di espressioni alcune delle quali non sono sempre
considerate in linea con la via sunnita dell’Islam. Il rapporto maestro/discepolo ha molto
condizionato i musulmani sunniti in Pakistan. Varie correnti di pensiero musulmano sono nate
per fare fronte ai problemi dell’insegnamento nelle scuole coraniche, delle celebrazioni popolari
della nascita del Profeta, della legislazione, della traduzione del Corano e dei testi religiosi. Il
movimento barelwi inizia con Ahmad Raza Khan (1856-1921) ed è cosi chiamato perché il
fondatore nasce a Bareilly, in India. Lo scopo principale dei barelwi, ufficialmente conosciuti
come “Ahle Sunnat wa Jamaat” (la gente della tradizione e della comunità), è quello di difendere
i valori dell’Islam nel sud dell’Asia contro le pratiche delle confraternite che sono sotto la guida
spirituale dei maestri sufi. Tuttavia, i barelwi sono grandi difensori delle celebrazioni popolari
della nascita del Profeta per dare lustro e visibilità all’Islam sunnita. Ma un tale atteggiamento
dottrinale viene considerato innacettabile dalla scuola deobandi, istituita da un gruppo di esperti
musulmani sotto la guida di Mawlana Mohammed Qasim Nanautawi (1833-1877) per preservare
la tradizione musulmana in chiave nazionalista ed anticoloniale. La scuola fu chiamata “Darul
Uloom Deoband” (la sede delle scienze di Deobandi), dando nascita al movimento islamico
deobandi, di opposizione - nel nome dell’Islam - al potere dell’impero britannico. I leader
deobandi erano contrari alla subdivisione dell’India e alla creazione di una nazione musulmana
in Pakistan. La dottrina deobandi ha sempre difeso il pluralismo religioso dell’India e la
necessità per i musulmani di un posto in una nazione pluralista. Attraverso le organizzazione
islamiche deobandi “Jamiat Ulema-e-Hindi” (la società degli esperti in India) e “Tabligh” (la
propaganda islamica) i musulmani deobandi hanno propagandato l’Islam sunnita con la
creazione di migliaia di madrasa in Pakistan. E non solo, il fenomeno dell’immigrazione ha
portato le idee e la dottrina dei deobandi e dei barelwi in Gran Bretagna, in America, in Africa,
nei Paesi asiatici, arabi ed europei. Per gli studiosi dell’Islam c’è molta affinità tra il sunnismo
dei wahhabiti e il sunnismo dei deobandi. Un’altra organizzazione di ispirazione deobandi e di
grande influenza nel mondo islamico è il movimento chiamato “Tabligh”, fondato dal deobandi
Muhammad Ilyas (1885-1944) per diffondere e propagandare l’Islam come indica lo stesso
nome. Un vero movimento missionario musulmano con le sue madrasa sparse oltre i confini
dell’India, del Bangladesh e del Pakistan. La scuola “Tabligh” continua ad avere una grande
influenza nella diffusione e nell’insegnamento dell’Islam fra le comunità musulmane di
immigrati pakistani particolarmente in Gran Bretagna. Ma nell’epoca moderna è stato Abu Ala
al-Mawdudi (1903-1979), pensatore e scrittore, a dare un grande impulso al sunnismo nel
contesto indo-pakistano. Fondatore dell’associazione islamica “Jamiat-i-Islami” (la società
islamica), Mawdudi propugnava l’islamizzazione totale della società e dello stato, non
riconoscendo altra autorità che quella divina. Il suo modello si sviluppò fino all’approvazione
della Costituzione islamica del Pakistan, nel 1956. Mawdudi, teorico dello Stato islamico, ebbe
una grande influenza nel mondo musulmano con la sua presa di posizione a favore dell’Islam
wahhabita dell’Arabia Saudita. Con il governo di Zulfikar Bhutto il pensatore pakistano trovò
grandi difficoltà, ma alla fine vinse con Zia al-Haqq, difensore delle sue teorie islamiche. Il
braccio di ferro tra Islam e modernità, legislazione islamica e leggi civili, autorità secolare e
governo islamico, continua nel Pakistan di ogg. Non c’è dubbio che gli scritti di Mawdudi e la
sua traduzione del Corano hanno segnato il sunnismo in Pakistan e hanno influenzato la corrente
islamista in favore dell’Islam politico e dello Stato islamico.
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Musulmani sciiti
La vicinanza della Repubblica Islamica dell’Iran e 909 chilometri di frontiera
comune, hanno dato ai musulmani sciiti del Pakistan un grande dinamismo nel capo politico,
religioso e culturale. La rivoluzione khomeinista ha influenzato le minoranze musulmane sciite,
considerate contrarie e opposte al sunnismo istituzionale adottato dalla Repubblica Islamica del
Pakistan. L’emergere della “mezzaluna sciita”, come l’ha definita il re Abdallah II di Giordania
nel 2004, ha influenzato il discorso politico e religioso degli sciiti pakistani. Questi non si
considerano più come minoranza in una nazione a maggioranza musulmana, ma si sentono legati
alle comunità sciite, sia a quelle dell’area medio-orientale, come in Libano, sia a quelle dell’Asia
e dei Paesi arabi, come nel Bahrein, negli Emirati arabi e nel Kuwait. Perché in Pakistan il
fondatore della patria, Ali Jinnah, e il primo ministro, Zulfikar Bhutto, erano sciiti. C’è un altro
aspetto di grande importanza per gli sciiti pakistani ed è la teoria dello Stato islamico proposta da
Abu Ala Al Mawdudi. Infatti, il teorico pakistano viene considerato come l’ispiratore sunnita del
modello sciita di un governo islamico. Per gli sciiti pakistani l’Ayatollah Khomeini fu il
realizzatore politico delle dottrine di Mawdudi, considerato dai sunniti pakistani il massimo
interprete di un governo islamico che segue le orme del Corano e della tradizione musulmana.
Questa visione dei fatti storici è alla base dei conflitti fra le due comunità musulmane che hanno,
fuori dalle frontiere, i loro referenti dottrinali e i loro modelli islamici. Per i sunniti pakistani,
l’Arabia Saudita e per gli sciiti pakistani, la Repubblica Islamica dell’Iran. Ma un sentimento di
odio contro l’influenza americana e di avversione contro gli occidentali unisce sunniti e sciiti in
Pakistan dal tempo del Raj britannico. La guerra in Afganistan, Iraq e Libano non ha fatto altro
che rafforzare l’antiamericanismo e la convinzione che il Pakistan fa parte del dominio
dell’Islam (Dar al-Islam), dove non ci deve essere posto per le altre minoranze, specialmente
ebrei, cristiani e indù.
Musulmani ahmadiyya
I musulmani Ahmadiyya, chiamati ahmadi, furono fondati da Mirza Ghulam
Ahmad (1835-1908), nato nel villaggio di Qadian, nella regione del Punjab. Il fondatore del
movimento riformista si considerava come il Messia, lo stesso titolo dato a Gesù nel Corano, e
come la manifestazione vivente della seconda venuta di Cristo. Ahmad era convinto che Gesù fu
crocifisso e morì quattro ore dopo per essere sepolto nel Kashmir. Gesù (Yuz Asaf) era alla
ricerca delle tribù perdute di Israele. Innovatore spirituale, Ahmad è considerato dai suoi seguaci
come un riformatore musulmano. Secondo la sua visione, la rivelazione coranica non si era
fermata con Maometto, ma Allah continuava a comunicare le rivelazioni divine attraverso la sua
persona. Il Profeta dell’Islam non è più ‘il sigillo della rivelazione divina’, come difende la
ortodossia islamica. Le dottrine proposte e sviluppate da Ahmad, con toni molto polemici, erano
in parte mirate contro i missionari cristiani e in parte mirate ad accentuare l’identità dei
musulmani indiani nel contesto coloniale dell’India. La sua opera maggiore, “Barahin-iAhmadiyya” (le prove della Ahmadiyya), scritta negli anni 1880-1884, aveva come finalità
quella di dimostrare la superiorità dell’Islam sulle altri fedi, particolarmente il cristianesimo. In
questo senso, l’opera fu ben accetta negli ambienti musulmani come strumento di lotta
anticristiana. Nel 1889, Ahmad annuncia di aver ricevuto una rivelazione che lo invita a fondare
la comunità ahmadiyya (“Jamaat-i-Ahmadiyya”) per propagare le dottrine di Ahmad in tutto il
mondo. Si scontra con i sunniti e le sue dottrine vengono condannate come eretiche. Non solo.
Anche gli indù gli si oppongono, specialmente quelli del movimento Arya Samaj, dopo che
Ahmad si autoproclama “avatar”. Ahmad morì a Lahore e la sua tomba a Srinagar è un grande
luogo di pellegrinaggio. Il movimento dei musulmani ahmadi si divide nel 1914 dopo la morte di
Maulvi Noorddin (1841-1914), successore del fondatore. La maggioranza segue la “Jamaat-iAhmadiyya”, con sede a Rabwah, in Pakistan, e sotto la guida di Mirza Tahir Ahmad (nato nel
1928) con il titolo di “Khalifah IV”. Il movimento ancora oggi continua a difendere la visione
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messianica del fondatore, Mirza Ghulam Ahmad, continua con gli attacchi non soltanto contro
gli infedeli, i cristiani, gli indù e gli atei, ma anche contro i musulmani che non accettano la
realtà della comunità ahmadiyya. La minoranza si riunisce nella “Ahmadiyya Anjuman Ishaat-eIslam” (Società Ahmadiyya per la diffusione dell’Islam), con la sua sede principale a Lahore. La
Ahmadiyya Anjumann si impegna nel diffondere una versione dell’Islam più vicina all’Islam
tradizionale e con una minore insistenza sulle rivendicazioni del fondatore. Il programma
islamico degli Ahmadiyya è quello di tradurre il Corano nelle lingue del mondo, di diffondere
l’insegnamento del fondatore e di lottare contro gli infedeli. Il gruppo principale, “Jamaat-iAhmadiyya” è presente in 143 Paesi: dal Giappone agli Stati Uniti, dall’Indonesia alla Nigeria,
dall’Italia alla Germania, alla Gran Bretagna. Nel 1921 costruirono a Woking (Gran Bretagna) la
prima moschea ahmadi per la diffusione dell’Islam in Occidente. Tuttavia, malgrado l’opera di
proselitismo islamico, gli ahmadi vengono sistematicamente ancora oggi condannati come nonmusulmani dagli organismi islamici internazionali. Questi seguono la legislazione pakistana che,
con una modifica costituzionale (articoli 106 e 260), approvata sotto Zulfikar Bhutto, definisce
gli ahmadi “non-musulmani”. La presenza e l’organizzazione degli ahmadi, insieme ad altri
elementi, costituiscono oggi un punto di controversia, di lotta e di scontro all’interno delle
comunità musulmane in Pakistan.
CONFLITTI TRA SUNNITI E SCIITI
Gli scontri tra musulmani sunniti e sciiti si sono accentuati dalla nascita della
Repubblica Islamica dell’Iran e dall’ascesa al potere degli ayatollah iraniani. Nelle zone del
Sindh, del Baluchistan e del Punjab, oltre che nella North West Frontier, si sono registrati il
maggior numero di episodi violenti e di scontri fra sunniti e sciiti specialmente nel 2004 e nel
2006. Ma l’antagonismo fra le due grandi correnti dell’Islam si basa su motivi religiosi, ha le sue
ragioni politiche e incide nelle relazioni internazionali del Pakistan. La rivoluzione
dell’Ayatollah Khomeini ebbe una grande influenza nel revival islamico degli sciiti pakistani,
nelle loro rivendicazioni politiche e nello sviluppo dell’identità sciita nel Paese. Il sostegno
americano e saudita alla lotta contro l’occupazione sovietica dell’Afganistan contribuì alla
crescita e al consolidamento del sunnismo radicale, particolarmente con l’insegnamento nelle
madrasa coraniche. Il regime autoritario di Zia al-Haqq portò alla repressione degli sciiti e al
rafforzamento del sunnismo. La condanna a morte e l’impiccagione di Zulfikar Bhutto, di fede
sciita, rimane una questione ancora da chiarire dal punto di vista dei rapporti fra sunniti e sciiti. Il
fatto che i conflitti fra le due comunità siano stati sottovalutati nel passato non aiuta a capire le
forze sotterranee che muovono la leadership islamica di ambedue gli schiarimenti. Le relazioni
fra sunniti e sciiti si fanno più tormentate e difficili per il rafforzamento sciita, per la guerra in
Iraq e per gli eventi nel Medio Oriente. Gli scontri e le violenze fra le due comunità, nell’aprile
del 2007, dimostrano il forte legame degli sciiti pakistani con le altre comunità sciite,
specialmente con quelle presenti in Iran, Iraq e Libano. La politica in Pakistan non è in grado di
controllare le decine di gruppi armati, sia quelli di ispirazione sciita che quelli di ispirazione
sunnita, talebana o wahhabita, che fanno delle guerre tra di loro l’elemento più destabilizzante
nella storia recente del Paese. Dietro i conflitti tra sciiti e sunniti si nasconde un Islam politico e
integralista (voluto dal governo e dai suoi sostenitori) che vuole a tutti i costi e con tutti i mezzi
l’islamizzazione della società pakistana e delle istituzioni dello Stato. Questo progetto globale di
islamizzazione della società pakistana è portato avanti dalle formazioni politiche e dai partiti di
ispirazione islamica: dalla “Lega musulmana pakistana” con Nawaz Sharif, dalla “Jamiat Ulemai-Pakistan” con Shah Faridul Haqq, dal “Muttahida Qaumi Movement” con Altaf Hussain e dal
“Pakistan Tehrik-e-Insaaf” con Imran Khan. Se l’Islam era l’elemento fondatore della nascita
della Repubblica Islamica del Pakistan, forte è la spinta ora per il controllo delle istituzioni dello
Stato. A cura di R.F.
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