Agenzia FIDES – 8 agosto 2007 DOSSIER FIDES SCHEDA SULLA REPUBBLICA ISLAMICA DEL PAKISTAN Dopo l’indipendenza dall’India, nel 1947, nasce il Pakistan come Stato indipendente diviso geograficamente tra West Pakistan e East Pakistan. La questione dell’Islam è alla base della separazione dall’India dopo il periodo coloniale britannico: per trovare una soluzione alla paura dei musulmani di vivere schiacciati dalla maggioranza indù viene scelta la soluzione della divisione geografica e amministrativa con la creazione di due Stati. Tutto questo fu fatto per evitare i conflitti e le rivalità fra indù e musulmani. La questione islamica, dunque, è una delle ragioni fondamentali che hanno portato alla nascita dello Stato pakistano. Ma Ali Jinnah (1876-1948), fondatore dello Stato e primo presidente, è convinto di poter dare un’impronta secolare alla nuova nazione senza porre condizioni all’identità musulmana. Ma che cosa significa per uno Stato islamico, che utilizza i simboli dell’Islam, essere secolare? Il movimento islamico “Jamaat-i- Islami”, fondato da Abu Ala al-Mawdudi (1903-1979), difende l’applicazione delle norme giuridiche basate sulla sharia o legge islamica. Nel 1956 viene approvata la Costituzione dello Stato e il Pakistan diventa ufficialmente una Repubblica islamica. Era l’ideale che doveva prendere corpo nelle istituzioni del Paese. Il governo del generale Muhammad Ayub Khan (1958-1969), però, prende una strada diversa con una marcata tendenza secolarista. Tre sono le mosse principali del generale Ayub Khan: controllo dell’insegnamento nelle madrasa, nazionalizzazione delle fondazioni religiose (awqaf) e difesa di un sistema legale fondato sulla legislazione civile. Sale subito la tensione politica e lo scontro religioso con gli islamisti che non volevano che l’Islam diventasse una religione controllata dalle leggi dello Stato. Con l’arrivo di Zulfikar Ali Bhutto (1971-1977) iniziano, senza grande successo, le concessioni fatte agli islamisti: proibizione dell’alcol e del gioco d’azzardo. Ma questo non basta davanti alle domande di un’islamizzazione piu profonda della società musulmana. Il generale Zia al-Haqq prende il potere nel 1977 e guida una politica di trasformazione nazionale ispirata all’Islam e a una nuova Costituzione che stabilisce la supremazia della legge islamica: abiti musulmani, tribunali islamici, istruzione religiosa nelle madrasa, identità nazionale pakistana ispirata all’Islam. Ma l’attentato del 1988, che mise fine al governo di Zia al-Haqq, segna un nuovo periodo dell’Islam in Pakistan: con le rivalità etniche e dinastiche nel campo politico e con il controllo dell’Islam da parte dei nuovi partiti politici. Un abbinamento tra identità islamica e governo secolare. Come quello guidato da Benazir Bhutto (1988-1990) che solo venti mesi dopo è vittima di un nuovo colpo di Stato militare capeggiato dal presidente Ghulam Ishhaq Khan. Le nuove elezioni portano al governo Nawas Sharif (19901993) che si schiera apertamente per una politica di islamizzazione. Ma la politica di Nawaz non convince e di nuovo la Benazir è pronta a guidare il governo con un secondo mandato (19931996). Sono anni difficili per il Pakistan con l’ascesa al potere dei talebani nel vicino Afganistan e la rinascita dell’Islam fondamentalista con l’appoggio finanziario dell’ideologia qaedista. C’è un nuovo dinamismo delle scuole islamiche nelle città pakistane e un risveglio 1 dell’insegnamento nelle madrasa coraniche della campagna. Perciò Bhutto non riesce a vincere le elezioni nazionali con il suo partito, “Pakistan’s Peoples Party” (Ppp). E’ ancora una volta il turno di Nawas Sharif che con il suo partito politico, la “Lega musulmana pakistana” (Pml), fortemente appoggiato dall’Arabia Saudita, vince le elezioni generali e inizia il suo secondo mandato (1997-1999) come primo ministro. Ma un elemento nuovo entra nello scacchiere politico del Pakistan e anche in India: la bomba atomica e i test nucleari. Il generale Pervez Musharraf arriva al potere con un colpo di Stato, in uno dei periodi più difficili della storia del Pakistan. Dopo la strage delle Torri Gemelle a New York, la rimozione dei Talebani in Afganistan e la lotta al terrorismo islamico, Musharraf diventa un protagonista sulla scena mondiale. Ma il generale pakistano continua a trovarsi al bivio: accontentare le richieste degli islamisti che vogliono accelerare l’islamizzazione e appoggiare i talebani, oppure ascoltare i governi occidentali che stanziano i fondi per piegare l’influenza delle madrasa islamiche. Musharraf, essendo un mohajir (immigrati dall’India al momento dell’indipendenza), è in grado di capire i problemi sia dell’integralismo islamico che di quello indù. Ma il Pakistan arriva ancora una volta ai ferri corti con l’India nel 2002. I due Paesi hanno ammassato le loro truppe nella regione del Kashmir. Ma sembra che più che volere la guerra le due nazioni si contendono gli aiuti di Washington. Il Pakistan cerca un equilibrio tra la collaborazione con l’Occidente e la solidarietà musulmana con la “umma”. Tuttavia i guerriglieri islamici del Kashmir continuano la guerra santa contro gli infedeli ovunque essi si trovino e chiunque essi siano: cristiani, musulmani sciiti, musulmani ahmadiyya o indù. Per le autorità indiane i gruppi islamici combattono gli indù mentre per il governo pakistano sono la punta di diamante di al-Qaeda, che è diventata la forza destabilizzante del Pakistan. Oggi il Parlamento, chiamato “Majlis-e-Shoora”, conta 100 membri eletti nelle assemblee provinciali e territoriali che rappresentano le quattro province e un territorio autonomo dello Stato. L’assemblea nazionale è composta di 342 membri: 272 eletti dal popolo, 60 riservati alle donne e 10 per i non-musulmani. Ma dietro un sistema elettorale e democratico si nascondono gli interessi delle grande famiglie, dei gruppi etnici, della classe militare e dei commercianti. Un fattore di controversia è l’appartenenza etnica e la divisione tra quelli che hanno radici pakistane e quelli che sono diventati pakistani arrivando da altre parti del subcontinente indiano. E’ interessante notare che per marcare questa distinzione viene utilizzato un termine, “mojahir”, di connotazione e contenuto decisamente islamico. Così sono designati, infatti, gli immigrati diventati cittadini dello Stato dopo la proclamazione dell’ indipendenza il 14 agosto del 1947. KASHMIR Un rebus politico, quello del Kashmir, continua ad essere motivo di contesa politica tra India e Pakistan. I due Stati indipendenti si contendono la sovranità della regione del Kashmir che è parte dello Stato conosciuto con il nome di Jammu, Ladahk e Kashmir. Jammu e Ladakh sono sotto la sovranità dell’India. Due conflitti armati segnano la storia del Kashmir nei suoi rapporti con Pakistan e India. La prima guerra scoppia nel 1947 quando il maharaja induista del Kashmir decide, al momento della separazione geografica, di unirsi all’India nonostante la popolazione dello Stato sia a maggioranza musulmana. Il sentimento popolare dei musulmani è di annessione al Pakistan per evitare di far parte dell’India degli indù. A partire da questo momento si sviluppa il movimento indipendentista contro l’occupazione dell’esercito indiano con numerosi movimenti di ispirazione islamica. Le Nazione Unite intervengono per porre fine al conflitto. Viene istituita la “Linea di controllo” e l’immediata smilitarizzazione. I governi indiano e pakistano optano per un referendum di autodeterminazione che non sembra, però, la 2 soluzione migliore per una regione di grande interesse strategico nel constesto geopolitico dell’Asia. Nel 1965 scoppia un nuovo conflitto indo-pakistano. Nuove trattative di pace portano agli accordi di Tashkent: evitare la guerra e prendere la via del dialogo fra i due Paesi. Un elemento importante che ha contribuito al negoziato bilaterale tra India e Pakistan è stato la dichiarazione della Cina di abbandonare le sue pretese territoriali. Ma dal punto di vista storico due eventi fondamentli del 1979 contribuiscono alla rinascita islamica e al movimento islamista della regione. Il primo è la nascita della Repubblica islamica dell’Iran nel febbraio del 1979 e l’altro è l’invasione sovietica dell’Afganistan nel dicembre dello stesso anno. Il Kashmir diventa il retroterra dei combattenti mujahidin contro l’occupazione militare dell’Armata rossa. Il secondo fatto storico è la nascita di al-Qaeda a Srinagar, nel Kashmir. Il movimento di Osama bin Laden nasce come un ufficio per registrare i combattenti mujahiddin in Afganistan sotto la guida dello sceicco saudita. Da queste umili origini si svilupperà al-Qaeda come movimento islamista globale di lotta contro gli americani, gli ebrei e i cristiani. Due movimenti islamisti, ispirati dal discorso jihadista di Bin Laden, si sviluppano nel Kashmir: “Jaishi-i-Mohamed” (L’esercito di Maometto) e “Laskar-i-Toiba” (L’armata dei puri) Sono tre gli scopi principali di questi due gruppi di milizie musulmane. Il primo è quello di combattere le istituzioni dello Stato sia in India che in Pakistan e di stabilire governi islamici in tutti i Paesi asiatici, comprese Russia e Cina. Questo obiettivo è in armonia con i principi di al-Qaeda che considera l’attuale governo pakistano nemico dell’Islam e alleato dell’Occidente. Il secondo è diffondere la religione musulmana, con la guerra e la violenza se sono necessarie, perché la jihad è la volontà di Allah rivelata nel Corano. In linea con questa scelta si moltiplicano gli attacchi terroristici. La terza finalità è quella di lottare contro le minoranze religiose, in particolare i cristiani, gli indù e gli ebrei in Pakistan e in India e in tutta l’Asia. In questo modo i due gruppi, “Jaishi-i-Mohamed” e “Lashkar-i-Toiba”, si uniscono al movimento islamico globale che è quello di imporsi in tutto il mondo seguendo l’ispirazione e le direttive di Bin Laden. Gli sviluppi recenti in Afganistan hanno dimostrato che il Kashmir, e non solo, è diventato un territorio chiave nella riorganizzazione della guerra dei talebani contro il governo centrale afgano. Ma la questione fondamentale resta sempre la stessa: che cosa rappresentano i gruppi islamici nel Kashmir? Provare a dare una risposta non è facile. Tuttavia, è fuori dubbio l’importanza e il ruolo delle scuole coraniche nella preparazione dei combattenti musulmani. Gli studenti del Corano vogliono tradurre in azione quello che hanno imparato a scuola dai maestri e dagli sceicchi musulmani. In questo senso l’Islam nel Kashmir viaggia su due corsie parallele: quella dell’Islam tradizionale, con un profondo senso religioso, e quella delle nuove milizie islamiche, militarmente addestrate e sempre disposte a morire sul campo nel nome di Allah. LA NASCITA DEL BANGLADESH Nella storia travagliata del Pakistan, la nascita del Bangladesh ha segnato uno dei conflitti più sanguinosi fra i musulmani. Dall’indipendenza nel 1947 i bengali, o abitanti dell’East Pakistan, erano praticamente abbandonati a se stessi, a parte il fatto che 1600 chilometri separano i due territori dello Stato del Pakistan. Le autorità di Islamabad mostravano una grande preoccupazione per il futuro del Kashmir, ma gli abitanti dell’antico Stato del Bengala ai tempi della colonia britannica, erano tagliati fuori e marginalizzati. Quando i bangladeshi chiesero l’indipendenza, lo sceicco Mujibur Rahman guidò la rivolta popolare fino ad ottenere l’indipendenza dal Pakistan. Così nacque una nuova nazione che oggi conta più di 150 milioni di abitanti: 83 % musulmani, 16% indù e 1 % cristiani e altre minoranze. 3 Musulmani sunniti Il sunnismo in Pakistan, come negli altri Paesi asiatici, ha sempre cercato la via dell’ortodossia: da una parte, con l’allontanamento dalla corrente mistica (sufi), dall’altra, cercando di riaffermare il percorso storico tracciato dai califfi. Ma in realtà gli ideali del sunnismo trovano una grande varietà di espressioni alcune delle quali non sono sempre considerate in linea con la via sunnita dell’Islam. Il rapporto maestro/discepolo ha molto condizionato i musulmani sunniti in Pakistan. Varie correnti di pensiero musulmano sono nate per fare fronte ai problemi dell’insegnamento nelle scuole coraniche, delle celebrazioni popolari della nascita del Profeta, della legislazione, della traduzione del Corano e dei testi religiosi. Il movimento barelwi inizia con Ahmad Raza Khan (1856-1921) ed è cosi chiamato perché il fondatore nasce a Bareilly, in India. Lo scopo principale dei barelwi, ufficialmente conosciuti come “Ahle Sunnat wa Jamaat” (la gente della tradizione e della comunità), è quello di difendere i valori dell’Islam nel sud dell’Asia contro le pratiche delle confraternite che sono sotto la guida spirituale dei maestri sufi. Tuttavia, i barelwi sono grandi difensori delle celebrazioni popolari della nascita del Profeta per dare lustro e visibilità all’Islam sunnita. Ma un tale atteggiamento dottrinale viene considerato innacettabile dalla scuola deobandi, istituita da un gruppo di esperti musulmani sotto la guida di Mawlana Mohammed Qasim Nanautawi (1833-1877) per preservare la tradizione musulmana in chiave nazionalista ed anticoloniale. La scuola fu chiamata “Darul Uloom Deoband” (la sede delle scienze di Deobandi), dando nascita al movimento islamico deobandi, di opposizione - nel nome dell’Islam - al potere dell’impero britannico. I leader deobandi erano contrari alla subdivisione dell’India e alla creazione di una nazione musulmana in Pakistan. La dottrina deobandi ha sempre difeso il pluralismo religioso dell’India e la necessità per i musulmani di un posto in una nazione pluralista. Attraverso le organizzazione islamiche deobandi “Jamiat Ulema-e-Hindi” (la società degli esperti in India) e “Tabligh” (la propaganda islamica) i musulmani deobandi hanno propagandato l’Islam sunnita con la creazione di migliaia di madrasa in Pakistan. E non solo, il fenomeno dell’immigrazione ha portato le idee e la dottrina dei deobandi e dei barelwi in Gran Bretagna, in America, in Africa, nei Paesi asiatici, arabi ed europei. Per gli studiosi dell’Islam c’è molta affinità tra il sunnismo dei wahhabiti e il sunnismo dei deobandi. Un’altra organizzazione di ispirazione deobandi e di grande influenza nel mondo islamico è il movimento chiamato “Tabligh”, fondato dal deobandi Muhammad Ilyas (1885-1944) per diffondere e propagandare l’Islam come indica lo stesso nome. Un vero movimento missionario musulmano con le sue madrasa sparse oltre i confini dell’India, del Bangladesh e del Pakistan. La scuola “Tabligh” continua ad avere una grande influenza nella diffusione e nell’insegnamento dell’Islam fra le comunità musulmane di immigrati pakistani particolarmente in Gran Bretagna. Ma nell’epoca moderna è stato Abu Ala al-Mawdudi (1903-1979), pensatore e scrittore, a dare un grande impulso al sunnismo nel contesto indo-pakistano. Fondatore dell’associazione islamica “Jamiat-i-Islami” (la società islamica), Mawdudi propugnava l’islamizzazione totale della società e dello stato, non riconoscendo altra autorità che quella divina. Il suo modello si sviluppò fino all’approvazione della Costituzione islamica del Pakistan, nel 1956. Mawdudi, teorico dello Stato islamico, ebbe una grande influenza nel mondo musulmano con la sua presa di posizione a favore dell’Islam wahhabita dell’Arabia Saudita. Con il governo di Zulfikar Bhutto il pensatore pakistano trovò grandi difficoltà, ma alla fine vinse con Zia al-Haqq, difensore delle sue teorie islamiche. Il braccio di ferro tra Islam e modernità, legislazione islamica e leggi civili, autorità secolare e governo islamico, continua nel Pakistan di ogg. Non c’è dubbio che gli scritti di Mawdudi e la sua traduzione del Corano hanno segnato il sunnismo in Pakistan e hanno influenzato la corrente islamista in favore dell’Islam politico e dello Stato islamico. 4 Musulmani sciiti La vicinanza della Repubblica Islamica dell’Iran e 909 chilometri di frontiera comune, hanno dato ai musulmani sciiti del Pakistan un grande dinamismo nel capo politico, religioso e culturale. La rivoluzione khomeinista ha influenzato le minoranze musulmane sciite, considerate contrarie e opposte al sunnismo istituzionale adottato dalla Repubblica Islamica del Pakistan. L’emergere della “mezzaluna sciita”, come l’ha definita il re Abdallah II di Giordania nel 2004, ha influenzato il discorso politico e religioso degli sciiti pakistani. Questi non si considerano più come minoranza in una nazione a maggioranza musulmana, ma si sentono legati alle comunità sciite, sia a quelle dell’area medio-orientale, come in Libano, sia a quelle dell’Asia e dei Paesi arabi, come nel Bahrein, negli Emirati arabi e nel Kuwait. Perché in Pakistan il fondatore della patria, Ali Jinnah, e il primo ministro, Zulfikar Bhutto, erano sciiti. C’è un altro aspetto di grande importanza per gli sciiti pakistani ed è la teoria dello Stato islamico proposta da Abu Ala Al Mawdudi. Infatti, il teorico pakistano viene considerato come l’ispiratore sunnita del modello sciita di un governo islamico. Per gli sciiti pakistani l’Ayatollah Khomeini fu il realizzatore politico delle dottrine di Mawdudi, considerato dai sunniti pakistani il massimo interprete di un governo islamico che segue le orme del Corano e della tradizione musulmana. Questa visione dei fatti storici è alla base dei conflitti fra le due comunità musulmane che hanno, fuori dalle frontiere, i loro referenti dottrinali e i loro modelli islamici. Per i sunniti pakistani, l’Arabia Saudita e per gli sciiti pakistani, la Repubblica Islamica dell’Iran. Ma un sentimento di odio contro l’influenza americana e di avversione contro gli occidentali unisce sunniti e sciiti in Pakistan dal tempo del Raj britannico. La guerra in Afganistan, Iraq e Libano non ha fatto altro che rafforzare l’antiamericanismo e la convinzione che il Pakistan fa parte del dominio dell’Islam (Dar al-Islam), dove non ci deve essere posto per le altre minoranze, specialmente ebrei, cristiani e indù. Musulmani ahmadiyya I musulmani Ahmadiyya, chiamati ahmadi, furono fondati da Mirza Ghulam Ahmad (1835-1908), nato nel villaggio di Qadian, nella regione del Punjab. Il fondatore del movimento riformista si considerava come il Messia, lo stesso titolo dato a Gesù nel Corano, e come la manifestazione vivente della seconda venuta di Cristo. Ahmad era convinto che Gesù fu crocifisso e morì quattro ore dopo per essere sepolto nel Kashmir. Gesù (Yuz Asaf) era alla ricerca delle tribù perdute di Israele. Innovatore spirituale, Ahmad è considerato dai suoi seguaci come un riformatore musulmano. Secondo la sua visione, la rivelazione coranica non si era fermata con Maometto, ma Allah continuava a comunicare le rivelazioni divine attraverso la sua persona. Il Profeta dell’Islam non è più ‘il sigillo della rivelazione divina’, come difende la ortodossia islamica. Le dottrine proposte e sviluppate da Ahmad, con toni molto polemici, erano in parte mirate contro i missionari cristiani e in parte mirate ad accentuare l’identità dei musulmani indiani nel contesto coloniale dell’India. La sua opera maggiore, “Barahin-iAhmadiyya” (le prove della Ahmadiyya), scritta negli anni 1880-1884, aveva come finalità quella di dimostrare la superiorità dell’Islam sulle altri fedi, particolarmente il cristianesimo. In questo senso, l’opera fu ben accetta negli ambienti musulmani come strumento di lotta anticristiana. Nel 1889, Ahmad annuncia di aver ricevuto una rivelazione che lo invita a fondare la comunità ahmadiyya (“Jamaat-i-Ahmadiyya”) per propagare le dottrine di Ahmad in tutto il mondo. Si scontra con i sunniti e le sue dottrine vengono condannate come eretiche. Non solo. Anche gli indù gli si oppongono, specialmente quelli del movimento Arya Samaj, dopo che Ahmad si autoproclama “avatar”. Ahmad morì a Lahore e la sua tomba a Srinagar è un grande luogo di pellegrinaggio. Il movimento dei musulmani ahmadi si divide nel 1914 dopo la morte di Maulvi Noorddin (1841-1914), successore del fondatore. La maggioranza segue la “Jamaat-iAhmadiyya”, con sede a Rabwah, in Pakistan, e sotto la guida di Mirza Tahir Ahmad (nato nel 1928) con il titolo di “Khalifah IV”. Il movimento ancora oggi continua a difendere la visione 5 messianica del fondatore, Mirza Ghulam Ahmad, continua con gli attacchi non soltanto contro gli infedeli, i cristiani, gli indù e gli atei, ma anche contro i musulmani che non accettano la realtà della comunità ahmadiyya. La minoranza si riunisce nella “Ahmadiyya Anjuman Ishaat-eIslam” (Società Ahmadiyya per la diffusione dell’Islam), con la sua sede principale a Lahore. La Ahmadiyya Anjumann si impegna nel diffondere una versione dell’Islam più vicina all’Islam tradizionale e con una minore insistenza sulle rivendicazioni del fondatore. Il programma islamico degli Ahmadiyya è quello di tradurre il Corano nelle lingue del mondo, di diffondere l’insegnamento del fondatore e di lottare contro gli infedeli. Il gruppo principale, “Jamaat-iAhmadiyya” è presente in 143 Paesi: dal Giappone agli Stati Uniti, dall’Indonesia alla Nigeria, dall’Italia alla Germania, alla Gran Bretagna. Nel 1921 costruirono a Woking (Gran Bretagna) la prima moschea ahmadi per la diffusione dell’Islam in Occidente. Tuttavia, malgrado l’opera di proselitismo islamico, gli ahmadi vengono sistematicamente ancora oggi condannati come nonmusulmani dagli organismi islamici internazionali. Questi seguono la legislazione pakistana che, con una modifica costituzionale (articoli 106 e 260), approvata sotto Zulfikar Bhutto, definisce gli ahmadi “non-musulmani”. La presenza e l’organizzazione degli ahmadi, insieme ad altri elementi, costituiscono oggi un punto di controversia, di lotta e di scontro all’interno delle comunità musulmane in Pakistan. CONFLITTI TRA SUNNITI E SCIITI Gli scontri tra musulmani sunniti e sciiti si sono accentuati dalla nascita della Repubblica Islamica dell’Iran e dall’ascesa al potere degli ayatollah iraniani. Nelle zone del Sindh, del Baluchistan e del Punjab, oltre che nella North West Frontier, si sono registrati il maggior numero di episodi violenti e di scontri fra sunniti e sciiti specialmente nel 2004 e nel 2006. Ma l’antagonismo fra le due grandi correnti dell’Islam si basa su motivi religiosi, ha le sue ragioni politiche e incide nelle relazioni internazionali del Pakistan. La rivoluzione dell’Ayatollah Khomeini ebbe una grande influenza nel revival islamico degli sciiti pakistani, nelle loro rivendicazioni politiche e nello sviluppo dell’identità sciita nel Paese. Il sostegno americano e saudita alla lotta contro l’occupazione sovietica dell’Afganistan contribuì alla crescita e al consolidamento del sunnismo radicale, particolarmente con l’insegnamento nelle madrasa coraniche. Il regime autoritario di Zia al-Haqq portò alla repressione degli sciiti e al rafforzamento del sunnismo. La condanna a morte e l’impiccagione di Zulfikar Bhutto, di fede sciita, rimane una questione ancora da chiarire dal punto di vista dei rapporti fra sunniti e sciiti. Il fatto che i conflitti fra le due comunità siano stati sottovalutati nel passato non aiuta a capire le forze sotterranee che muovono la leadership islamica di ambedue gli schiarimenti. Le relazioni fra sunniti e sciiti si fanno più tormentate e difficili per il rafforzamento sciita, per la guerra in Iraq e per gli eventi nel Medio Oriente. Gli scontri e le violenze fra le due comunità, nell’aprile del 2007, dimostrano il forte legame degli sciiti pakistani con le altre comunità sciite, specialmente con quelle presenti in Iran, Iraq e Libano. La politica in Pakistan non è in grado di controllare le decine di gruppi armati, sia quelli di ispirazione sciita che quelli di ispirazione sunnita, talebana o wahhabita, che fanno delle guerre tra di loro l’elemento più destabilizzante nella storia recente del Paese. Dietro i conflitti tra sciiti e sunniti si nasconde un Islam politico e integralista (voluto dal governo e dai suoi sostenitori) che vuole a tutti i costi e con tutti i mezzi l’islamizzazione della società pakistana e delle istituzioni dello Stato. Questo progetto globale di islamizzazione della società pakistana è portato avanti dalle formazioni politiche e dai partiti di ispirazione islamica: dalla “Lega musulmana pakistana” con Nawaz Sharif, dalla “Jamiat Ulemai-Pakistan” con Shah Faridul Haqq, dal “Muttahida Qaumi Movement” con Altaf Hussain e dal “Pakistan Tehrik-e-Insaaf” con Imran Khan. Se l’Islam era l’elemento fondatore della nascita della Repubblica Islamica del Pakistan, forte è la spinta ora per il controllo delle istituzioni dello Stato. A cura di R.F. 6