Laboratorio di Fisica 3
Spettrometria gamma e misura del coefficiente di assorbimento
con scintillatore NaI (Tl)
Introduzione
I nuclei radioattivi possono decadere in una varietà di modi, tra cui il decadimento alfa e beta.
Questi processi coinvolgono talvolta anche l’emissione di fotoni energetici (radiazione gamma). La
loro energia varia dalle decine di keV ad alcuni MeV. Un esempio è rappresentato dal decadimento
del 137Cs:
Cs -> 137Ba + β-
137
Nel 94% dei casi approssimativamente il nucleo di Ba rimane in uno stato eccitato, dal quale decade
rapidamente mediante emissione di un gamma da 662 keV. Nel rimanente 6% dei casi il nucleo
residuo di Ba rimane allo stato fondamentale.
Se si potesse misurare l’energia dei raggi gamma emessi da una sorgente di 137Cs si avrebbe un
singolo picco all’energia di 662 keV. La misura della radiazione gamma emessa da una sorgente
(137Cs, oppure 60Co,…) può essere effettuata con un rivelatore a scintillazione del tipo NaI (Tl),
accoppiato ad un fotomoltiplicatore, ad un’opportuna catena elettronica per la trattazione del
segnale e ad un sistema di acquisizione dati, in grado di misurare la distribuzione delle ampiezze
degli impulsi.
Sebbene i fotoni emessi dalla sorgente di 137Cs abbiano tutti la stessa energia (662 keV), lo spettro
delle ampiezze misurate nel rivelatore non presenta un unico picco, ma piuttosto uno spettro
continuo, che riflette i vari processi a cui può dar luogo un fotone che interagisce con un rivelatore
dalle dimensioni finite (in questo caso effetto fotoelettrico ed effetto Compton; se l’energia fosse
maggiore di 1.02 MeV anche produzione di coppie).
Nel caso di un processo Compton, l’energia h ν’ del fotone diffuso ad un angolo θ sarà:
h  

h

1  h / m0 c 2 1  cos 
(1)
dove hν è l’energia del fotone incidente e m0c2 la massa a riposo dell’elettrone. L’energia cinetica
dell’elettrone diffuso sarà data dalla differenza hν’ – hν, e dunque sarà massima quando l’angolo di
scattering del fotone è di 180º. Il processo di diffusione Compton in un rivelatore dalle dimensioni
finite (in cui il fotone o l’elettrone diffusi possono sfuggire alla rivelazione) dà luogo quindi ad uno
spettro continuo, ad energie più basse del picco “fotoelettrico” corrispondente all’energia del fotone
incidente.
Attività sperimentali da effettuare:
Materiale occorrente: Scintillatore NaI(Tl) con fotomoltiplicatore, alimentatore HV, amplificatore,
sistema di acquisizione dati (basato su una scheda MCA) con software di acquisizione e
visualizzazione.
1. Studio del coefficiente di guadagno del fotomoltiplicatore
Utilizzare la sorgente di 137Cs (che emette gamma da 0.662 MeV) per la valutazione del coefficiente
di tensione del fotomoltiplicatore. Due parametri importanti determinano il guadagno complessivo
del sistema: la tensione di alimentazione del fotomoltiplicatore e il guadagno dell’amplificatore. La
tensione di alimentazione del fotomoltiplicatore in particolare influenza fortemente – in modo non
lineare - il guadagno. Per valutare quantitativamente questo aspetto, acquisire per alcuni minuti
(fino a raggiungere una statistica sufficiente a stabilire la posizione del picco fotoelettrico) lo spettro
della sorgente di 137Cs (posta a breve distanza dallo scintillatore), con un valore fissato del
guadagno dell’amplificatore, a varie tensioni di alimentazione del fotomoltiplicatore, e riportare la
posizione del picco (in canali) in funzione della tensione. Determinare il coefficiente di guadagno:
ΔC/ (C ΔV)
che esprime la variazione percentuale della posizione del picco rispetto alla variazione di tensione
di alimentazione del fotomoltiplicatore.
Condizioni tipiche da utilizzare per il sistema in esame: Uscita anodica inviata ad un amplificatore
Mod.571 (Coarse Gain x 100, Fine Gain 5, Shaping time 0.5 microsecondi), tensione alimentazione
fotomoltiplicatore: 1240 – 1330 V.
2. Calibrazione in energia dello spettro
Dopo queste prove, scegliere opportunamente un valore di guadagno, in modo da poter vedere il
picco fotoelettrico della sorgente ad un canale dell’ordine di 200-300, e registrare uno spettro con
una statistica sufficiente per misurare con precisione la posizione di questo picco.
Senza modificare né il guadagno dell’amplificatore né la tensione di alimentazione del
fotomoltiplicatore, ripetere la procedura con la sorgente di 60Co (che emette gamma di energia 1.17
e 1.33 MeV). Anche in questo caso registrare uno spettro con statistica sufficiente a stabilire con
precisione la posizione dei due picchi corrispondenti alle energie in questione.
Un plot delle 3 coppie (canale, energia) e un corrispondente fit lineare consentirà di stabilire una
retta di calibrazione in energia per gli spettri acquisiti successivamente (nelle stesse condizioni di
guadagno). Se disponibili, usare anche altre sorgenti gamma per ulteriori punti di calibrazione (vedi
Tabella seguente):
Isotope
Activity
Half-Life
Peaks of interest  (MeV)
Sodium-22
Cesium-137
Manganese- 54
Zinc-65
Cobalt-60
1 Ci
1 Ci
1 Ci
1 Ci
1 Ci
2.6 y
30.2 y
313 d
244 d
5.27 y
0.511, 1.275
0.662
0.835
1.115
1.17, 1.33
3. Analisi degli spettri gamma del 137Cs e del 60Co
Lo scopo di questa misura è di interpretare la forma e le caratteristiche dello spettro gamma
misurato. Nel caso dello spettro del 137Cs (unico picco fotoelettrico ad un’energia di 0.662 MeV) lo
spettro (in condizioni ideali) misurato da uno scintillatore a NaI(Tl) potrebbe presentarsi come in
figura:
Tipico spettro gamma del 137Cs misurato con uno scintillatore NaI(Tl)
Oltre al picco fotoelettrico si può notare la presenza di una “spalla Compton” (“Compton edge”) e
di un picco di “backscattering”. La posizione del picco di backscattering può essere calcolata
dall’equazione (1), imponendo un angolo di diffusione pari a 180º. Nel caso di fotoni da 0.662 MeV
questo valore sarà di 0.184 MeV. La posizione della “spalla Compton” corrisponde all’energia degli
elettroni diffusi quando l’angolo di diffusione del fotone è di 180º. L’energia corrispondente a
questo picco sarà data nel caso del 137Cs dalla differenza (0.662 – 0.184) = 0.478 MeV. La visibilità
di questi picchi dipende tuttavia dalla risoluzione del sistema e dal rumore di fondo (conteggi
misurati anche in assenza della sorgente). Se i picchi sono visibili, provare a confrontare i valori di
energia attesi con quelli osservati, utilizzando la calibrazione già effettuata.
Per quanto riguarda la posizione del picco fotoelettrico, determinare la posizione del centroide e la
larghezza a metà altezza (FWHM), oppure effettuare un fit con una funzione Gaussiana o
Lorentziana per estrarre la larghezza. Valutare la risoluzione percentuale (larghezza a metà altezza
del picco/centroide del picco).
Se lo spettro gamma acquisito presenta un notevole fondo al di sotto del picco, procedere
preliminarmente alla sottrazione del fondo, acquisendo uno spettro in assenza di sorgente (per la
stessa durata della misura con la sorgente, o in ogni caso opportunamente normalizzato per il
rapporto tra i due tempi di misura) e sottrarre lo spettro di fondo da quello misurato con la sorgente.
4. Valutazione dell’attività della sorgente
L’attività di una sorgente radioattiva, espressa come numero di disintegrazioni al secondo (Bq) o
talvolta in Curie (1 Curie = 3.7 x 1010 disintegrazioni/s), può essere stimata in base al numero di
conteggi al secondo misurati dal rivelatore (R) , all’efficienza intrinseca di rivelazione del rivelatore
( ε ), alla sua accettanza geometrica (εgeo) e al Branching Ratio B per quel particolar modo di
decadimento:
A = R / (B ε εgeo)
Efficienza assoluta (rapporto tra numero di eventi nel picco fotoelettrico e numero di fotoni
emessi dalla sorgente, per un rivelatore 3” x 3” di NaI, al variare della distanza sorgenterivelatore (calcoli GEANT)
L’accettanza geometrica può essere valutata in relazione alle dimensioni e alla forma sia della
sorgente che del rivelatore. Usualmente è necessario adoperare tecniche di simulazione Monte
Carlo per valutare questa quantità, date le dimensioni finite sia della sorgente che del rivelatore.
L’efficienza intrinseca del rivelatore può essere misurata utilizzando sorgenti esattamente calibrate
(una volta nota l’accettanza geometrica). Tuttavia l’uso di sorgenti calibrate non è molto diffuso, ed
è preferibile adoperare anche in questo caso, se disponibili, calcoli di simulazione basati
sull’interazione della radiazione con la materia (GEANT). Se il tempo morto durante l’acquisizione
dati non è trascurabile, bisogna tener conto anche di questo fattore.
5. Misura del coefficiente di assorbimento
Il coefficiente di assorbimento della radiazione gamma (ad esempio per i gamma da 662 keV del
137
Cs) in un materiale può essere determinato dalla misura dei conteggi nel picco fotoelettrico al
variare dello spessore interposto tra la sorgente e il rivelatore. La legge di Lambert prevede un
assorbimento di tipo esponenziale:
I = I0 e-μx
dove x è lo spessore interposto (in g/cm2) e μ il coefficiente di assorbimento di massa (espresso in
cm2/g). Per la misura si possono adoperare dischi di alluminio o di ottone, con vari spessori. Il
coefficiente di assorbimento dipende dall’energia incidente e dal numero atomico del materiale. La
figura allegata mostra un sommario relativo a vari materiali.
Argomenti di approfondimento/analisi
Interpretazione quantitativa degli spettri misurati
Determinazione dell’area dei picchi mediante best-fit
Valutazione e sottrazione del fondo
Studio della risoluzione in energia
Calcoli di simulazione Monte Carlo per la valutazione accettanza geometrica
Calcoli GEANT per valutazione forma dello spettro e sviluppo dello sciame elettromagnetico