Claudio Ronin Messori
IL SOLE E LA LUNA
Sulla natura dei simboli e della mente umana
PROLOGO
Guardiamoci bene!
F. W. Nietzsche1
Guardiamoci bene dal pensare che il mondo sia un essere vivente. Dove dovrebbe
estendersi? Di che cosa dovrebbe nutrirsi? Eppure sappiamo, approssimativamente, che
cos’è l’organico:e noi dovremmo interpretare diversamente tutto ciò che di indicibilmente
derivato, tardo, raro, casuale percepiamo sulla superfice terrestre, come fanno coloro che
definiscono l’universo un organismo? La cosa mi dà nausea. Dobbiamo guardarci già dal
credere che l’universo sia una macchina;esso non è certo predisposto per un unico fine e,
definendolo macchina, gli facciamo troppo onore. Guardiamoci anche dal presupporre
sempre e dappertutto una caratteristica così formale come i movimenti ciclici delle stelle a
noi vicine: già un’occhiata alla via lattea fa sorgere il dubbio che, lassù, si verifichino
movimenti molto più rozzi e contraddittori, che vi siano astri le cui traiettorie di caduta sono
perpetuamente rettilinee, o qualcosa di simile. L’ordinamento astrale in cui noi viviamo è
un’eccezione; questo ordinamento e la durata approssimativa che esso determina ha a
sua volta permesso l’eccezione delle eccezioni:la costituzione dell’organico. La
caratteristica globale del mondo è invece, per l’eternità, il caos, non nel senso che manchi
la necessità, ma nel senso che mancano ordine, struttura, forma, bellezza, saggezza,
ovvero le nostre umanità estetiche. A giudicare dalla nostra ragione, i tiri mancati sono di
gran lunga la regola, le eccezioni non sono lo scopo segreto e tutto il meccanismo ripete
in eterno il suo motivo, che non può essere definito melodia e infine la stessa definizione
di tiri mancati è già una umanizzazione biasimevole. Ma come possiamo biasimare o
lodare l’universo! Guardiamoci dall’attribuirgli mancanza di cuore o irragionevolezza o i
loro contrari: non è né perfetto né bello né nobile; non vuole diventare niente di tutto ciò;
non mira assolutamente a imitare l’umano! Nessuno dei nostri giudizi estetici o morali può
coglierlo! Non possiede neppure l’istinto di conservazione, né altri istinti; non conosce
legge alcuna. Guardiamoci bene dal dire che in natura esistono leggi. Ci sono solo
necessità: non c’è nessuno che dà ordini, nessuno che obbedisce, nessuno che
oltrepassa un limite. Sapendo che non ci sono fini, sapete anche che non c’è un caso:
solo in un mondo di fini, infatti, la parola caso ha un senso. Guardiamoci bene dal dire
che la morte sarebbe contrapposta alla vita. Il vivente è soltanto una modalità del morto,
e una modalità assai rara. Guardiamoci bene dal pensare che il mondo crei
costantemente qualcosa di nuovo. Non esistono sostanze eternamente durature; la
materia è un errore pari al dio degli Eleati. Ma quando mai la smetteremo con la nostra
cautela e la nostra circospezione? Quando non saremo più oscurati da tutte queste ombre
di Dio? Quando avremo completamente dedivinizzato la natura? Quando potremo
cominciare a naturalizzare noi uomini, con la natura pura, ri-trovata, ri-redenta?
1
Da: La gaia scienza, Newton Compton Editori, 1996, pagg. 125- 126.
Pag.
2
Anche un viaggio di mille leghe
ha inizio da ciò che stà sotto ai piedi
Tao tè ching
a. Anticipazioni sul senso dell’esistenza umana
Lo spazio e il tempo sono concetti della mente umana. Concetti formulati molto
tardivamente nella storia dell’umanità, più esattamente da quando gli esseri umani, con
Homo sapiens, iniziarono a pensare e a sentire in termini di soggetto e oggetto,
distinguendo se stessi dalla natura e cessando di sentirsi e di essere un tutt’uno con
essa.
La dicotomia soggetto-oggetto è la fonte primigenia delle antinomie, ovvero delle coppie
di contrari, che rimandano ad una relazione polare tra una tesi e una antitesi, dalla cui
differenza di potenziale è generato il mondo2.
La coscienza umana, o funzione del reale, consiste appunto nella acquisizione della
capacità di differenziare la realtà in termini di soggetto e oggetto. Storicamente e
psicologicamente, la coscienza nasce, cioè viene data alla luce, quando il dualismo
soggetto-oggetto si costituisce come complesso psico-relazionale autonomo.
Recando in sè i germi della differenziazione, l’esercizio della coscienza feconda il mondo
dando vita a nuovi mondi, e feconda l’individuo dando vita a nuovi individui.
Infatti, porsi di fronte alla natura riconoscendosi come distinti da essa corrisponde a
nascere una seconda volta, cioè a rinascere. Il motivo della rinascita permea di sè tutte le
culture umane rette dall’esercizio della funzione del reale.
Con l’esercizio della coscienza il mondo cessa di essere vissuto, per essere interpretato.
L’interpretazione dell’alternanza della vita e della morte, del giorno e della notte, genera
un mondo retto da relazioni. L’antinomia relazionale posta a fondamento del tutto,
consiste di due modalità relazionali: l’una è data da una relazione di continuità, dove le
parti sono indifferenziate, assorbite le une alle altre senza soluzione di continuità; l’altra è
data da una relazione di contiguità, dove le parti sono differenziate, poste le une a
fianco delle altre.
La dicotomia maschio-femmina costituisce anch’essa una antinomia. La valenza
psicologica assunta da questa antinomia è bene espressa dal complesso edipico. Il
complesso edipico, cioè l’aspirazione ad una relazione incestuosa del figlio con la madre
e della figlia con il padre, esprime la reinterpretazione psicologica dell’inconscia
aspirazione all’autogenerazione. Storicamente e psicologicamente si costituisce come
complesso psichico autonomo solo quando l’individualità umana, riconoscendosi come
tale, cioè differenziandosi, cessa di identificarsi con il proprio inconscio3, interpretandolo.
2
Vedi ad es. la coppia YIN-YANG della tradizione taoista , la coppia PURUSHA-PRAKRITI del Sankhya nella
tradizione indù, il
concetto di enantiodromia in Eraclito, ecc.
3
L’inconscio, -- scrive C. G. Jung, in ‘Tipi psicologici’, Newton Compton Editori, 1993, pag. 140 -- quale sottofondo
storico della psiche, contiene, in forma concentrata, l’intera serie degli engrammi che condizionano la struttura psichica attuale fin
Pag.
3
Quanto questo tentativo di interpretazione sia difficile e pieno di insidie, lo prova il fatto
che pur condannando e disprezzando l’usanza ancestrale, poi divenuta rituale, di bere il
sangue-latte materno dei propri simili, come atto di autorigenerazione e di
autogenerazione, l’essere umano civile non fa che compiere lo stesso atto, amplificato,
ricorrendo all’istituzione della guerra, la legittimazione cosciente dell’autogenerazione
mediante spargimento di sangue.
L’acquisizione della capacità di differenziare la realtà in termini di soggetto-oggetto non fa
che introdurre un motivo critico di discontinuità nella naturale relazione di continuità della
madre con il figlio/a, della Terra con l’uomo/donna. Nella scissione trovano allora spazio
una nuova relazione filiale, ma anche un nuovo ruolo della sessualità.
Quando l’interpretazione della naturale aspirazione umana all’autogenerazione sfocia in
una incalzante volontà di potenza, la storia dell’umanità diviene una storia al maschile.
Infatti, per la donna-madre non sussiste alcun imperativo psicologico veramente capace di
muoverla verso una volontà di potenza. Essendo protagonista naturale della gestazione
della vita, la potenza è già in lei. La donna da alla luce la vita senza alcun bisogno di
ricorrere alla funzione del reale. Ecco perchè la competizione tra i due sessi cesserà, o
perlomeno cambierà totalmente prospettiva, solo quando sapremo come conciliare la
funzione adattiva del materiale psichico inconscio, con il suo carattere totopotente e
indifferenziato, con la funzione sovradattiva della coscienza, con il suo carattere parziale e
differenziato, senza confonderli.
Per più di due milioni di anni, la modalità comunicativa naturalmente privilegiata dagli
esseri umani, nella loro relazione col mondo e con i propri simili, fu la telepatia. La
telepatia comunica sensazioni. Senza il filtro della coscienza, le sensazioni sono
totopotenti, cioè letteralmente capaci di apparire come vere e proprie entità dotate di
carne e di ossa4. Tramite le sensazioni, gli esseri umani erano un’estensione della natura
e la natura di loro, come la corteccia al legno, senza soluzione di continuità, come in un
perenne e indissolubile sodalizio psichico5 e carnale.
La differenza tra essere il mondo e interpretare il mondo, è simile alla differenza tra la
notte e il giorno. Nella notte regnano le sagome e le ombre ma, soprattutto, i rumori e gli
odori. Ciò che regnò per oltre due milioni di anni, era un silenzio rotto solo dai rumori e
dai suoni della natura, di cui l’essere umano era parte integrante.
Per noi, uomini e donne coscienti, avvertire la presenza di qualcosa di invisibile e
inspiegabile può essere un’esperienza inquietante, a volte anche paurosa.
Oggi che il paranormale va di moda e che le psicosi sono più diffuse di quanto non
sembri, non abbiamo la più pallida idea di cosa vogliano dire due milioni di anni vissuti
all’insegna di una relazione di continuità con il mondo e con i propri simili. Eppure, fu
proprio questa la modalità esistenziale che consentì all’essere umano di adattarsi al suo
ambiente adattandolo a sè. Non sorprenda allora se la telepatia fu la naturale forma di
comunicazione allora vigente.
Dopo la telepatia, veniva la produzione sonora, vocale e strumentale, in forma
essenzialmente imitativa, il cui esercizio trovò la sua naturale e massima esplicazione nel
procacciamento del cibo attraverso la caccia.
dalla notte dei tempi. Gli engrammi non sono altro che tracce funzionali, segnalanti in quale modo la psiche umana ha funzionato,
mediamente e con la massima frequenza e intensità. Questi engrammi funzionali, si rappresentano come immagini e motivi
mitologici, che appaiono in parte identici, in parte molto simili, in tutti i popoli, ed è facile evidenziarli anche nei materiali inconsci
dell’uomo moderno. Quindi è logico che fra i contenuti dell’inconscio, oltre alle immagini sublimi che accompagnano da sempre
l’uomo nel cammino della vita, figurino anche tratti o elementi espressamente animaleschi.
4
Cfr. , C. G. Jung, La psicologia dell’inconscio, Newton Compton Editori, 1989, pagg. 143-144.
5
Cfr. , C. G. Jung, Tipi psicologici, Newton Compton Editori, 1993, pag. 234: . . . . per il primitivo gli oggetti sono
dinamicamente vivi, carichi di materia o forza psichica (non sempre animati, come vuole l’ipotesi animistica!), quindi esercitano un
effetto diretto perchè l’uomo è dinamicamente identico all’oggetto. Ecco perchè in alcuni linguaggi primitivi gli oggetti d’uso
hanno un genere grammaticale vivente (il suffisso dell’essere vivo).
Pag.
4
L’emergere della coscienza coincide con l’assestamento di nuove e più efficaci forme di
produzione alimentare, prima con la coltivazione cerealitica e poi con l’allevamento di
bestiame.
Impossessandosi della produzione alimentare, l’essere umano libera parte dell’energia
psichica impiegata per l’assolvimento delle esigenze legate alla sopravvivenza, e si
impossessa della potenza generatrice della natura .
La funzione nutrizionale di cui è naturalmente investito l’oro-faringe, cessa di essere la
sua funzione dominante. La differenziazione della realtà in termini di soggetto e oggetto
conduce alla differenziazione della produzione sonora, che da produzione di tipo
essenzialmente imitativo diviene una produzione di tipo progressivamente cognitivo.
L’articolazione della produzione vocale e strumentale non fa che trasferire parte della
potenza generatrice di cui è investito l’oro-faringe (funzione nutrizionale) all’oro-laringe, il
naturale strumento anatomico di cui l’essere umano dispone per la produzione di suoni. I
rumori e i suoni della natura diventano così voci di un linguaggio naturale, mentre la
donna viene privata del suo primato di naturale depositaria della potenza generatrice.
Infatti, attraverso l’orifizio orale, la bocca, il maschio potè assumere su di sè la potenza
generatrice della natura e della donna: nominando le cose, non solo se ne impossessa,
ma ne legittima l’esistenza, cioè le crea una seconda volta, le da alla luce6.
Ecco perchè con Homo sapiens et faber, e cioè da poco più di 20 mila anni, la storia non
documentata dell’umanità andò rapidamente trasformandosi da storia al femminile, retta
da una relazione di continuità con il mondo, in storia al maschile, retta da una relazione di
contiguità. Di fatto, la creazione del linguaggio articolato orale sancì l’ineluttabilità di
questo processo. Le culture e le società che sorsero da questo avvento, furono e sono
mosse dallo stesso movente: volontà di potenza, soggiogare e addomesticare la potenza
della natura e della donna, costi quel che costi.
In questa versione al maschile del mondo, l’orifizio orale viene interpretato come uterovagina, la funzione fonatoria entra in competizione con la funzione riproduttiva femminile,
e la coscienza assurge ad alveo della potenza generatrice della natura7.
La storia documentata di questa nostra umanità, è la storia di come l’essere umano
interpreta se stesso, nella tensione creata dalla differenza di potenziale tra una naturale
relazione di continuità e una culturale relazione di contiguità, col mondo e con l’altro
sesso. Nessuna elaborazione intellettuale o sentimentale potrà mai conciliare queste due
verità psichiche ed esistenziali8. L’unica possibilità di conciliazione risiede nella comune
E’ questo un tratto specifico -- scrive Mircea Eliade, in ‘Storia delle credenze e delle idee religiose’, Vol. I, Sansoni
Editore, 1999, nota a pag. 184 -- delle ontologie arcaiche: gli animali e le piante incominciano ad esistere realmente a partire dal
momento in cui si attribuisce loro un nome.
7
Per il neoplatonico Plotino, -- scrive C. G. Jung, in ‘Libido, simboli e trasformazioni’, Newton Compton Editori, 1993,
pagg. 123, 124 --, l’anima universale è l’energia dell’intelletto. Plotino paragona l’Uno (il principio primordiale creatore) con la
luce in generale, l’intelletto con il sole, l’anima universale con la luna. Plotino paragona inoltre l’Uno con il padre e l’intelletto con
il figlio. L’Uno, chiamato Urano, è trascendente. Il figlio, Crono, ha il governo del mondo visibile. L’anima universale 8indicata
come Zeus) appare a lui subordinata. (. . . . ) Come osserva Drews, questa è anche la formula della Trinità cristiana (Dio-padre,
Dio-figlio e Spirito Santo) come fu definita nei concilii di Nicea [325, n. d. r. ] e di Costantinopoli [381, n. d. r. ]. È superfluo
notare che certe sette paleocristiane attribuivano allo Spirito Santo (anima universale, luna) un significato materno. In Plotino,
l’anima universale ha una tendenza alla separazione e alla divisibilità, conditio sine qua non di ogni mutamento, creazione e
riproduzione (quindi qualità materna); essa è un tutto infinito di vita, tutta energia; è un organismo vivente di idee, che in essa
giungono alla realtà e alla efficacia. L’intelletto è il suo generatore, suo padre, e l’anima universale porta a sviluppo nel mondo
sensibile ciò che ha contemplato in lui. Ciò che è racchiuso nell’intelletto si manifesta nell’anima universale come Logos, la
riempie di contenuti e la inebria, per così dire, di nettare. Il nettare, come il soma [bevanda sacra presso molti popoli della
protostoria, di cui ‘il sangue di Cristo’ è la reinterpretazione in chiave cristiana, N. d. r. ], è bevanda di fecondità e di vita, quindi
sperma. L’anima viene fecondata dall’intelletto (quindi dal padre). Come anima superiore è chiamata Afrodite celeste; come anima
inferiore, Afrodite terrestre. Essa conosce i dolori del parto, ecc. Non per niente l’uccello di Afrodite, la colomba, è il simbolo dello
Spirito Santo.
8
Cfr. , C. G. Jung, Tipi psicologici, op. cit. , pag. 254: Ma la soluzione del conflitto tra gli opposti non è data nè da una
compromissione logico-intellettualistica, come nel concettualismo, nè da una valutazione pragmatica, del valore pratico di
concezioni logicamente inconciliabili, ma unicamente dalla creazione o azione positiva che accoglie in sè i contrasti come elementi
6
Pag.
5
accettazione di un obiettivo parziale, quello di crescere psicologicamente, spiritualmente e
moralmente, come uomini e come donne, a beneficio dell’unica esistenza in forma umana
che ci è concessa: quella che noi stiamo vivendo oggi, e quella che le future generazioni
vivranno domani.
La mancanza di unità con l’inconscio -- scrive Jung9 -- è la fonte della sua pericolosità. Se
ci riesce di creare quella funzione (o atteggiamento) che io definisco trascendente, si
elimina la mancanza di unità e ci possiamo rallegrare dell’aspetto positivo dell’inconscio.
Allora l’inconscio ci fornisce tutto quell’incoraggiamento e aiuto che una natura benigna
può dare all’uomo in traboccante abbondanza. L’inconscio ha delle possibilità che sono
del tutto precluse alla coscienza, perchè esso dispone di tutti quei contenuti psichici al di
sotto del valore soglia (sub-liminali), di tutto ciò che è stato dimenticato e trascurato e, per
di più, della saggezza dell’esperienza derivante da innumerevoli millenni che è riposta nei
tracciati reali e possibile del cervello umano. L’inconscio è continuamente all’opera e crea
combinazioni del materiale a sua disposizione il quale serve a determinare i futuri sviluppi.
Crea combinazioni subliminali e in prospettiva, come la nostra coscienza, con la differenza
che sono decisamente superiori, per raffinatezza e portata, alle combinazioni della
coscienza. L’inconscio può quindi rappresentare per gli uomini una guida senza pari.
b. Posticipazioni sul senso del fenomeno biologico terrestre
Là dove la gola di una montagna era un tempo avvolta dal silenzio e dalla quiete, ora si
ode il rimbombo di una cascata. Nell’immobilità di quella montagna, nel vuoto afono di
quella gola, scivolando a valle con un carico di immagini l’acqua gorgogliante di un
ruscello plasma il fondo del suo corso e dalle immagini estrae ricordi.
Impercettibilmente e senza sosta il richiamo del mare sospende a tratti quel vortice
sognante e là, nella sospensione di quel turbinio di immagini e ricordi, sedimentano dei
segni, come isole relativamente stabili nel flusso caotico della corrente. Nell’immobilità di
quella montagna, dalla profondità di quella gola, germoglia la vita.
Sgorgato dalle insondabili profondità dell’universo, il fenomeno biologico presenta i
caratteri di un dominio fisico di coerenza, vibrante e multifrequenziale, che segna il passo
del proprio divenire con un processo di diversificazione non lineare, lontano dall’equilibrio
termodinamico10. In quanto sistemi aperti e dissipativi, i sistemi biologici si comportano
come filtri autopoietici , capaci di interferire con l’ambiente in modo plastico e selettivo,
sotto l’azione prescrittiva di punti o di regioni del loro spazio delle fasi, aventi la funzione
di attrattori11.
necessari della coordinazione, allo stesso modo in cui un movimento muscolare coordinato comprende sempre anche l’innervazione
degli antagonisti.
9
In La psicologia dell’inconscio, Newton Compton Editori, 1989, pag. 90.
10
Glossario:
- Dominio di coerenza: Sistema fisico governato dalla concordanza di fase (risonanza) tra i modi oscillatori dei suoi
componenti e il modo oscillatorio del campo elettromagnetico in cui sono immersi (vedi Capitolo Terzo).
- Vibrante e multifrequenziale: Nella visione prospettata dalla fisica delle particelle ed elaborata dalla elettrodinamica
quantistica, la realtà fisica fondamentale viene descritta come una distribuzione spazio-temporale di onde-particelle (oggetti
quantistici intrinsecamente ambivalenti, noti alla fisica delle particelle come quanti, insiemi di pacchetti di energia e impulso capaci
di manifestarsi sia come fenomeni ondulatori che come fenomeni corpuscolari), la cui rappresentazione più appropriata è quella di
campo esteso, o campo quantistico. Le correlazioni di fase del campo esteso, innescano il processo di autoorganizzazione
dell’energia e della materia. La configurazione oscillatoria del dominio di coerenza biologico, è contraddistinto da una frequenza
portante (la direttrice) e dai suoi armonici (vedi Capitolo Terzo).
- Non lineare: Non prevedibile, non riproducibile, irreversibile.
11
Glossario:
Pag.
6
c. Considerazioni preliminari sulla fisica della realtà
Dal momento che alla domanda “Qual’è l’origine ultima della vita?” le risposte non
possono essere che verità parziali -- ”. . . tutti i concetti che usiamo per descrivere la
natura sono limitati; non sono aspetti della realtà, come tendiamo a credere, ma creazioni
della mente; sono parti della mappa, non del territorio”12 --, anzichè interrogarci sulla
causa prima del fenomeno biologico ci chiediamo: in quale contesto si verifica?
Secondo il fisico David Bohm13 la realtà è descritta da un altalenante intreccio di funzioni
d’ordine implicate e funzioni d’ordine esplicate,
una fantasmagorica danza di
concentrazioni e dissoluzioni di energia e di processi che vanno e vengono da un
enigmatico e bizzarro continuum spazio-temporale14.
Immaginiamo uno stagno fangoso --scrive Augusto Sabbadini15-- in cui stiamo pescando.
Nello stagno nuota un pesce, ma non siamo in grado di vederlo perchè l’acqua è torbida.
A un certo punto il pesce abbocca. Solleviamo la canna e lo vediamo attaccato all’amo. In
una situazione del genere supponiamo naturalmente che, un attimo prima di abboccare,
sia venuto a trovarsi precisamente nel punto in cui c’era l’amo. Fino a un attimo fa non
eravamo in grado di dire dove si trovasse: la sua posizione era per noi in un certo senso
indeterminata. Ma non si trattava di una indeterminazione intrinseca, irriducibile. Essa era
legata soltanto a una incompleta informazione da parte nostra su una realtà che era in se
stessa determinata. (. . . . . )
Possiamo immaginare un gran numero di stagni identici con dentro l’identico pesce in tutte
le posizioni possibili. Finché il pesce non abbocca, non sappiamo precisamente con quale
degli stagni possibili abbiamo a che fare. Ma ciò non toglie che in ciascuno stagno
possibile il pesce occupi una posizione ben definita. L’insieme degli stagni possibili si
ripartisce in sottoinsiemi di stagni in cui il pesce occupa la stessa posizione. Quando il
pesce abbocca, sappiamo a quale sottoinsieme appartiene lo stagno reale in cui stiamo
pescando. Tutto questo è molto naturale. Immaginiamo ora che il pesce sia una particella
quantistica e la canna, la lenza e l’amo siano un apparecchio che ne misura la posizione.
Anche in questo caso, finchè non eseguiamo la misura, la posizione del pesce è
indeterminata. Ma si tratta di una indeterminazione diversa e più radicale. Piuttosto che a
un pesce normale, la particella assomiglia a un pesce solubile, che, prima di abboccare,
- Sistemi aperti: Sistemi termodinamici liberi di scambiare sia energia che materia con l’ambiente. L’apporto di energia non
caotica e coerente (cioè capace di produrre interferenza), produce correlazioni di fase, strutturazione della materia, ritmo (l’indice
degli accoppiamenti di fase di un sistema oscillante), nel moto delle particelle, degli atomi, delle molecole, degli aggregati di
molecole. Si producono tutte le combinazioni immaginabili, come gradienti e inomogeneità, fluttuazioni, strutture spaziali
relativamente stabili, oscillazioni, figure e forme.
- Sistemi dissipativi: Stati ordinati macroscopici della materia, lontani dall’equilibrio termico. Dissipano energia, sono
autocatalitici ed irreversibili. Sono trasformazioni di regime non riproducibili ma in grado di ricorrere a funzioni di memoria (Cfr. :
Fritz-Albert Popp, Nuovi orizzonti in medicina, IPSA Editore, 1985, pagg. 25-26).
- Filtri autopoietici: I sistemi autopoietici sono organizzazioni autonome di componenti, in grado di stabilire legami
interattivi, sono capaci di autorinnovarsi, di autoripararsi e di mantenere l’unità. L’organizzazione autopoietica, può essere definita
come una rete di processi interrelati, che producono componenti in modo che i componenti (per mezzo della loro reciproca
interazione), generano la stessa rete di procesi, come una unità identificabile nello spazio in cui i componenti esistono.
- Spazio delle fasi: O anche spazio degli stati. La risoluzione grafica (orbite e traiettorie) che visualizza l’andamento nel
tempo di un sistema dinamico.
- Attrattori: Punti o regioni dello spazio delle fasi, verso cui l’andamento del sistema o di suoi sottosistemi sono attratti.
12
F. Capra, Il Tao della fisica, Adelphi, 1982, pag. 186.
13
D. Bohm, Universo mente materia, Red Edizioni, 1996.
14
A una certa scala di investigazione della materia il concetto di distanza e di alternanza, di spazio e di tempo, perdono
completamente significato, dissolvendosi in qualcosa del tutto indefinibile, che la fisica contemporanea chiama continuo spaziotemporale.
15
In Universo mente materia, op. cit. , pagg. 11-12-15-16.
Pag.
7
si trova diffuso in tutto lo stagno, più densamente in certi punti, meno densamente in
altri. L’indeterminazione della sua posizione non è soltanto una carenza di informazione da
parte nostra.
Se (. . . . . ) immaginiamo un insieme di stagni identici, questa volta non c’è modo di
ripartire l’insieme in sottoinsiemi di stagni con una posizione del pesce ben determinata.
L’insieme è assolutamente omogeneo, rappresenta uno stato puro: in ciascuno degli
stagni possibili il pesce è disciolto in tutto lo stagno. La situazione non è ulteriormente
riducibile. Dove è più addensato abbiamo più probabilità di pescarlo, dove è meno
addensato ne abbiamo meno. Ma la sua posizione è intrinsecamente indeterminata
[come un pensiero o qualsiasi altro operatore mentale, n. d. r. ]. Ciononostante,
miracolosamente, nel momento in cui il pesce solubile [pensiero indeterminato, n. d. r. ]
viene pescato la sua natura diffusa istantaneamente si condensa e precipita in un pesce
reale [pensiero determinato, n. d. r. ], perfettamente localizzato, appeso all’amo [. . . dei
dominii della coscienza, n. d. r. ].
(. . . . ) In questa visione [carattere indiviso della realtà, n. d. r. ] l’esistenza separata di
oggetti e soggetti, osservatori e sistemi osservati, è solo un’approssimazione pratica, che
vale esclusivamente a un certo livello ed entro certi limiti. Già la teoria della relatività per
certi versi suggeriva una visione unitaria della realtà, in termini di campi estesi attraverso
tutto lo spaziotempo. La fisica quantistica rafforza questa visione, in quanto in essa
sistemi che abbiano interagito fra loro a un certo istante restano per sempre
inseparabilmente accoppiati. Nella teoria di Bohm la visione unitaria della realtà diviene
ancora più radicale: i singoli sistemi, le particelle o gli insiemi di particelle, non esistono
affatto. Essi non sono pensabili come enti separati interagenti fra loro. Sono piuttosto
simili a immagini che si formano e si disfano in un caleidoscopio, o a vortici che si
formano e si disfano nella corrente di un fiume. I vortici esistono solo temporaneamente e
sono solo una realtà in una certa misura fittizia e arbitraria ritagliata nel flusso continuo
della corrente. La sola realtà ultima è la corrente indivisibile del movimento universale.
In seno a questo movimento esistono vari livelli di ordine, in generale implicati, ripiegati
all’interno della corrente, non percettibili dai nostri sensi. Ma il flusso ininterrotto del
movimento porta continuamente alcuni aspetti a dispiegarsi, a divenire esplicati o
manifesti, percettibili, per poi tornare a immergersi nel tutto, mentre altri aspetti implicati
emergono e divengono esplicati. La fisica classica, quella che studia gli oggetti
macroscopici, percettibili dai nostri sensi, prende in considerazione solo il livello esplicato
o manifesto del movimento della realtà. Questo livello non è ovviamente autonomo, non è
retto da una legge propria: esso dipende in primo luogo dal livello sottostante, che è
quello studiato dalla fisica quantistica. Ma neppure quest’ultimo, dice Bohm, rappresenta
una descrizione autonoma della realtà, poichè dipende da livelli implicati ancora più
profondi. Il passaggio da pesce solubile a pesce reale, per esempio, è incomprensibile
al livello della fisica quantistica perchè entrambe le forme, pesce solubile e pesce reale,
sono soltanto aspetti emergenti di una realtà implicata sottostante ed è in questa realtà
implicata sottostante che va cercata la legge del loro movimento.
d. La ridondanza adattiva
Quella che viene comunemente interpretata come lotta per la sopravvivenza, altro non è
che una proiezione del nostro problematico incedere,
sulla via che porta,
inesorabilmente, a quel punto di partenza e di arrivo: la propria finitezza e impermanenza,
Pag.
8
l’unica certezza di cui disponiamo16. Una proiezione tutto sommato irritante, in parte
giustificata dal timore o dal terrore di finire inghiottiti nelle fauci di un ingrato e inquietante
nulla. Ma se è vero che dal nulla non può scaturire nulla --neppure un dio --, è altrettanto
vero che un qualcosa non può dissolversi nel nulla.
Processi e sistemi di processi che si scombinano e si ricombinano, che sfruttano la non
linearità e la problematizzazione delle soluzioni17 come procedimento operativo per la
engrammazione e la diversificazione dei sistemi di energia e di materia. Che pur esibendo
un significativo grado di disordine, creano al loro interno come delle isole d’ordine
relativamente stabili e indipendenti -- le direttrici della coerenza oscillatoria --, con
funzione attrattiva sulla evoluzione del sistema , qualificano la dinamica adattiva di tutti i
sistemi biologici.
Anche se perturbato, anzi proprio in ragione di ciò, un sistema non lineare e dissipativo
tende sempre -- entro un valore minimo e massimo di tolleranza --, a ritrovare una relativa
stabilità18, esibendo un grado di adattabilità maggiore rispetto ad un sistema lineare,
attraverso un procedimento operativo basato sulla problematizzazione delle soluzioni,
anzichè sulla loro soluzione.
In conformità con l’esigenza adattiva19, i sistemi biologici trasformano proprietà di
separazione in proprietà di riunione, ricombinano e trascendono con coerenza i confini dei
loro processi energetici, dando forma e spessore a strategie adattive tanto più
diversificate e integrate, quanto più differenziate e restrittive sono le variabili adattive
geneticamente ed epigeneticamente prescritte per la loro sussistenza.
Qualora venga reso disponibile un idoneo surplus di energia -- il che accade quando il
grado di competenza o di libertà esibito dal sistema, nell’assolvimento di una o più
esigenze adattive, supera efficacemente il grado di competenza o di libertà richiesti --, il
sistema organismo-ambiente diviene suscettibile di mutazione. Chiamiamo questo stato
di surplus di energia -- fisica e/o psichica -- ridondanza adattiva, e lo definiamo come
stato critico della efficacia raggiunta dalla consonanza tra procedimento operativo di
problematizzazione delle soluzioni, richiesta di guadagno energetico complessivo del
sistema -- massimo risultato col minor dispendio di energia --, e richiesta di compatibilità
tra funzione e struttura20.
. . . . la fuga dinanzi alla vita non ci libera dalla legge dell’invecchiare. Il nevrotico che cerca di sottrarsi alle necessità
della vita non ne ottiene nulla e si carica soltanto del terribile fardello di una vecchiaia e di una morte assaporate in anticipo, che
deve risultare particolarmente crudele per la totale mancanza di senso e di contenuto della sua vita. Se non si facilita alla libido [ =
l’energia psichica - N. d. r. ] una via tesa in avanti, che accetti anche tutti i pericoli e il fatale destino, allora essa imbocca l’altra
via e scava nel proprio profondo, calandosi verso l’antica speranza dell’immortalità di tutta la vita, verso la nostalgia per la
rinascita. (In: Carl Gustav Jung, La libido, simboli e trasformazioni, op. cit. , 1993, pag. 348)
17
La vita biologica anzichè risolvere problemi, problematizza le soluzioni.
18
Un sistema lineare se deve sopportare una lieve perturbazione, tende a restare leggermente alterato. Un sistema non
lineare, anche se perturbato, tende a tornare sempre verso una propria stabilità: ha in pratica una migliore adattabilità alle variazioni
indotte dall’ambiente.
19
Parafrasando L. A. Feuerbach: La natura agisce e forma ovunque, solo in e con una connessione - una connessione che
per la funzione del reale è ragione, poichè ovunque essa percepisca una connessione, trova un senso, materia di pensiero, ragione
sufficiente, sistema - solo però a partire dalla necessità e con necessità. Ma anche questa necessità della natura non è cosciente,
cioè non è logica, metafisica o matematica, nè, in genere, astratta - poichè gli esseri naturali non sono entità di pensiero, nè figure
logiche o matematiche, bensì esseri reali, sensibili, individuali; è una necessità sensibile, e quindi eccentrica, eccezionale,
irregolare, che a causa di queste anomalie appare alla coscienza contaminata da materiale psichico inconscio persino come libertà,
o almeno come un prodotto della libertà. La natura può essere compresa in generale solo per mezzo di se stessa; essa è l’essere il
cui concetto no dipende da alcun altro essere; soltanto per essa è valida la distinzione tra quel che una cosa è in sè e quel che è per
noi; soltanto ad essa non si può e non si deve applicare alcuna misura della coscienza, anche se noi, per renderli comprensibili,
definiamo e confrontiamo i suoi fenomeni con fenomeni umani analoghi, e, in genere, applichiamo ad essi espressioni e concetti
desunti per il tramite della coscienza, quali ordine, scopo, legge e dobbiamo farlo per la natura stessa del nostro linguaggio, che è
fodato soltanto sull’apparenza soggettiva delle cose. (Cfr. : L. A. Feuerbach, L’essenza della religione, Newton Compton Editori,
1994, pagg. 72-73)
20
Cfr. : L. Gedda e G. Brenci, Cronogenetica, EST Mondadori, 1980, pag. 31 e segg.
16
Pag.
9
L’emergere di una nuova specie biologica, di una nuova facoltà o struttura adattiva o di
una nuova competenza sovra-adattiva, è resa possibile proprio dalla disponibilità di
energia --fisica e/o psichica -- concessa dalla ridondanza adattiva. Ci sono voluti, ad
esempio, più di due milioni di anni perchè l’essere umano potesse liberare, dal
complesso di energia psicofisica impiegato per l’assolvimento delle esigenze di
sopravvivenza imposte dall’ambiente, l’energia psichica necessaria, per la messa in atto
delle strategie neurocomportamentali che hanno permesso alla sua innata e singolare
facoltà relazionale, che chiamiamo facoltà acustico-musicale -- vedi Cap. II --, di
approdare alla codificazione del linguaggio orale articolato, con tutto ciò che questo ha
comportato per la storia della nostra umanità21.
e. Alla ricerca di uno scopo
Le configurazioni di energia relativamente autonome e indipendenti, rese disponibili nella
relazione di continuità-contiguità tra organico e inorganico, e tra autoorganizzazione22
biologica e selezione naturale , vengono sottoposte all’azione discriminante delle leggi
dell’interferenza, e qui trasformate in bacini di attrazione capaci di orientare il divenire
biologico verso l’autorinnovamento23 e l’autotrascendenza24,
secondo linee di
discendenza diversificate e interdipendenti (ecosistemi). Durante il Periodo Cambriano
dell’Era Paleozoica -- l’arco di tempo compreso tra circa 600 e 440 milioni di anni fa -l’andamento della diversificazione biologica approda alla formazione di una grande varietà
di linee di discendenza, tra cui quella degli organismi neurologici, cioè provvisti di Tessuto
Nervoso. In questa nuova linea di discendenza, dalla ridondanza di specifici flussi di
informazione-energia-materia si sviluppano dei bacini di attrazione la cui azione
ordinatrice, oltre che essere estrovertita per la sussistenza dell’organismo, viene anche
introvertita, resa disponibile e spesa per l’assolvimento di un curioso ordine di esigenze,
apportatore di una linea di demarcazione paradossale tra organismo e ambiente. Una
linea di demarcazione che immette nella relazione di continuità del reale, un singolare
elemento di contiguità e qui, nella sospensione di un turbinio di segni, sedimentano degli
operatori neurologici, elementi prescrittivi e descrittivi capaci di regolare il comportamento
filo e ontogenetico oltre che sul reagire, anche e soprattutto sul sentire. Con ciò, il mondo
viene per così dire scisso in almeno uno stato che sente e perlomeno uno stato che è
sentito, ma, anche, in uno stato che può essere sentito -- tesi -- e uno stato che sfugge
21
Cfr. , C. G. Jung, La libido, simboli e trasformazioni, op. cit. , pagg. 124-125: Il processo evolutivo consiste quindi
principalmente in una crescente limitazione della libido primordiale, i cui prodotti erano unicamente destinati alla procreazione,
alle funzioni secondarie del corteggiamento e della protezione della prole. Questa evoluzione presuppone ora un rapporto con la
realtà completamente diverso e molto più complicato, una vera e propria funzione del reale funzionalmente inseparabile dai bisogni
della riproduzione, vale a dire, il mutato modo di riproduzione porta con sè, come correlato, un adattamento alla realtà
proporzionalmente maggiore. In questo modo giungiamo a comprendere certe condizioni originarie della funzione del reale.
Sarebbe fondamentalmente errato affermare che la sua forza pulsionale è di carattere sessuale: essa era in gran parte sessuale. Il
processo di esaurimento della libido primaria in attività secondarie avvenne sempre sotto forma di una sovvenzione libidica; vale a
dire, la sessualità venne privata del suo scopo originario e applicata, come importo parziale, alle attività, filogeneticamente
gradualmente ascendenti, dei meccanismi di corteggiamento e di protezione della prole. Questo trasferimento della libido sessuale
dalla sfera sessuale in senso stretto a funzioni secondarie avviene ancor sempre. Quando questa operazione riesce senza pregiudizio
per l’adattamento dell’individuo, si parla di sublimazione; quando fallisce, di rimozione.
22
La capacità dei sistemi non lineari e coerenti di creare spontaneamente al proprio interno delle isole di ordine - dominii di
coerenza - con funzione di attrattori.
23
La capacità dei sistemi biologici di rinnovare e riciclare di continuo i loro componenti, conservando l’integrità della
struttura complessiva (autopoiesi).
24
La capacità dei sistemi biologici di superare creativamente confini fisici e mentali nei processi di apprendimento, sviluppo
ed evoluzione.
Pag.
10
alla sensazione -- antitesi --, che rimane come oscurato, non accessibile alla
discriminazione sensoriale.
Districandosi nell’esercizio della peculiare facoltà di ricavare e assegnare significati dalla
e alla sua realtà, l’essere umano crea e continuerà a creare ancora per un lungo tempo,
un universo in cui possa riconoscersi, stigmatizzando la matrice dei fenomeni naturali -- di
cui è e sarà comunque parte integrante e subordinata --, con connotazioni e moventi di
ordine psicologico, attribuendole oltre che un senso, anche uno scopo. A nulla vale il fatto
che nella realtà del divenire fenomenologico manchi tanto un senso quanto uno scopo. Se
così non fosse, se il mondo dovesse languire entro criteri di bene e male, giusto e
ingiusto, utile e dannoso, di tesi e antitesi, né noi né altri esseri senzienti abiterebbero lo
spazio compreso tra la Terra e il Cielo, né esisterebbe alcuno spazio da abitare.
Relazionarsi in modo da eccedere la realtà dell’esistere: questo sì allude a competenze
distintamente umane!Questo sì rende problematico lo scarto tra una relazione priva di
senso e di scopo, e una relazione dotata di senso e di scopo. E non è affatto detto che il
modo di relazionarsi debba essere necessariamente di ordine intellettuale o sentimentale,
tutt’altro! Nell’assunzione dei principii di ordine semantico che da un certo punto in poi -dopo più di due milioni di anni di storia dell’umanità --, qualificano l’inclinazione umana ad
amministrare la propria rappresentazione interna della realtà esterna con cognizione di
causa ed effetto, fluisce -- vivificante e minacciosa -- l’esigenza di riconciliarsi con una
prospettiva governata dall’eccedenza di senso, la prospettiva del simbolo: riconoscere il
significato della propria finitezza ed ammettere la possibilità di una misteriosa e
insignificante infinitezza, al di là del bene e del male, al di là di tesi e antitesi, appunto.
Storicamente, l’emergere di questa esigenza coincide con l’avvio della scissione del
mondo in soggetto e oggetto. Quel primo porsi di fronte alla natura, quel primo affrancarsi
da essa, che non è possibile senza presupporre una dolorosa separazione dell’animale
homo da una parte di se stesso. Il momento del sorgere della coscienza, della scissione
della realtà in bianco e nero, corrisponde ad una nascita psicologica colma di speranze,
ma anche di incognite. Prima fra tutte, l’incognita di un orizzonte che si schiude al di là
dell’utero e del seno materno, al di là dell’unica fonte di generazione e di sopravvivenza
che per centinaia di migliaia di anni, ed in modo pressochè esclusivo, ha nutrito l’intera
umanità: la Madre Terra ancestrale, la Dea Madre primordiale, con il suo menarca e i suoi
cicli mestruali. Affrancandosi dalla madre, l’umanità esce dal suo enigmatico ciclo lunare,
per interpretare se stessa in un problematico ciclo solare.
Dall’Insegnamento del Maestro Ch’an Hui Hai25:
Domanda: Come possiamo percepire la nostra natura?
Risposta: Ciò che percepisce è la nostra natura;senza di essa non potrebbe esserci percezione.
Domanda: Allora cos’è la coltivazione di se stessi?
Risposta: L’astensione dallo sporcare la propria natura e dall’ingannare se stessi è (la pratica d
della) coltivazione di sé. Quando la potente funzione della propria natura si manifesta
questo è la ‘Realtà imperturbabile al di là della nascita e della morte’ senza uguali.
Domanda: La nostra natura comprende il male?
Risposta: Non comprende nemmeno il bene!
Domanda: Se non contiene né il bene né il male, dove dobbiamo dirigerla quando la usiamo?
Risposta: Disporre la mente sull’uso è un grande errore.
Domanda: Allora cosa dobbiamo fare per essere nel giusto?
25
L’insegnamento Zen di Hui Hai, Ubaldini Editore, 1977, pagg. 99-100.
Pag.
11
Risposta: Non c’è niente da fare, e nulla che può essere chiamato giusto.
CAPITOLO PRIMO
SULLA NATURA DEI SIMBOLI
- parte prima -
1. Gli itinerari della rappresentazione interna della realtà esterna
Paillard distingue due sorgenti -- scrive L. Lurcat26 -- esterne nella postura del corpo e
dei suoi segmenti: le forze di gravità ed i segnali significativi provenienti dal mondo
esterno. Nel primo caso, si tratta di una posizione antigravitazionale che orienta il
corpo in rapporto alla direzione della forza di gravità e permette l’atteggiamento
eretto, caratteristica fondamentale di tutte le specie per le quali la posizione della testa
nello spazio sembra avere un ruolo essenziale.
Nel secondo caso, si tratta di un atteggiamento direzionale assicurato dal gioco
coordinato di tre operazioni di modificazione dell’atteggiamento fondamentale:
l’alzare e l’abbassare la testa sul piano sagittale, spostamento laterale destra-sinistra sul
piano orizzontale, e rotazione nei due sensi intorno all’asse del corpo 27.
(. . . . )Nello spazio circostante, Leroi-Gourhan28 fa una distinzione tra spazio itinerante e
spazio raggiante o radiale. La percezione del mondo circostante si realizza per due
strade, l’una dinamica che consiste nel percorrere lo spazio prendendone coscienza,
l’altra statica, che permette, immobile, di ricostruire intorno a sé dei circoli successivi
che continuano fino ai limiti dell’ignoto. Una delle strade dà l’immagine del mondo su
un itinerario, l’altra integra l’immagine delle due superfici opposte, quella del cielo e
quella della terra che si congiungono all’orizzonte.
26
Il bambino e lo spazio, La Nuova Italia Editrice, 1980, pagg. 23-24-25.
Cfr. , Mircea Eliade, Storia delle credenze e delle idee religiose, op. cit. , pag. 13: Basti ricordare che la posizione
verticale segna già il superamento della condizione dei primati. Si può rimanere in piedi, eretti, solo in stato di veglia. Grazie alla
posizione verticale lo spazio è organizzato in una struttura inaccessibile ai pre-ominidi: in quattro direzioni orizzontali progettate a
partire da un asse centrale alto-basso. In altre parole, lo spazio può essere organizzato intorno al corpo umano come se si
estendesse davanti, dietro, a destra, a sinistra, in alto e in basso, rispetto a tale corpo. A partire da questa esperienza originaria -sentirsi gettati in mezzo ad un’estensione apparentemente illimitata, sconosciuta, minacciosa -- si elaborano i vari mezzi di
orientatio; infatti non si può vivere a lungo nella vertigine provocata dal dis-orientamento. Questa esperienza dello spazio
orientato intorno a un centro spiega l’importanza delle divisioni e delle partizioni esemplari di territori, agglomerati e abitazioni, e
il loro simbolismo cosmologico. (L’esperienza dello spazio orientato è ancora familiare all’uomo delle società moderne, sebbene
egli non sia più cosciente del valore esistenziale di essa. )
28
I gesti e la parola: la memoria e i ritmi, Ed. Einaudi, 1977.
27
Pag.
12
Queste due modalità di approccio esistono congiuntamente o separatamente in tutti gli
animali, il modo itinerante negli animali terrestri, ed il modo raggiante negli uccelli. Il primo
è legato alle percezioni muscolari ed olfattive dominanti, il secondo interessa
principalmente le specie dotate di vista sviluppata. Nell’uomo i due modi sono
essenzialmente legati alla vista e coesistono;hanno dato luogo a una duplice
rappresentazione del mondo con modalità simultanee.
(. . . . . )La motricità implica, per soddisfare il mantenimento alimentare, la polarizzazione
anteriore degli organi di relazione che assicurano l’orientamento, l’identificazione
spaziale, la coordinazione degli organi di prensione e di preparazione alimentare. Si
crea così, dice Leroi-Gourhan, con la polarizzazione dei differenti organi, un campo
anteriore nel quale si svolgono le operazioni complesse della vita degli animali con
simmetria bilaterale29. Questo campo anteriore evolve, viene diviso in due territori
complementari, l’uno delimitato dall’azione degli organi facciali, l’altro dall’estremità
delle membra anteriori. Il campo anteriore comporta dunque un polo facciale e un polo
manuale che agiscono in stretta relazione nelle operazioni tecniche più complesse30.
Tanto la percezione umana del mondo, quanto la sua rappresentazione interna della
realtà esterna, si realizzano per due strade, l’una estroversa (mitologicamente associata
alla fase lunare crescente e all’alba, all’est ), centrifuga, che predilige il canale percettivo
del conscio (il simbolo del Sole che risiede a destra è l’altro occhio, quello che vede
quando gli occhi sono chiusi, il Cristo cosmico della tradizione giudaico-cristiana, che
siede alla destra del Padre ), proiettata sugli oggetti esterni, che consiste nel percorrere lo
spazio circostante prendendone coscienza --differenziandolo e nominandolo31--, predilige
il movimento, l’attività, il pensiero speculativo e formale, il sentimento. L’altra introversa
(mitologicamente associata alla fase lunare calante e al tramonto, all’ovest ), centripeta,
che predilige il canale percettivo dell’inconscio, ( il simbolo della Luna che risiede a
sinistra è l’altro orecchio, quello che ode quando tutti i canali percettivi vengono trascesi,
lo Spirito Santo della tradizione giudaico-cristiana, che sta alla sinistra del Padre ),
proiettata sull’ombra degli oggetti interni, che consiste nel ri-costruire dentro di se dei
circoli concentrici che continuano fino ai limiti dell’ignoto 32, predilige il silenzio e
l’immobilità, il pensiero sensibile, intuitivo e simbolico 33. Una delle due strade raccoglie
l’immagine del mondo su un itinerario di incontri-scontri, l’altra integra l’immagine delle
due superfici opposte, quella del Cielo e quella della Terra, che si congiungono
all’orizzonte.
2. Dal conteggio al calcolo
L’anno indù (360 giorni) si compone di 6 stagioni (Ritu) ciascuna di due mesi (Masas). Un
mese (di 30 giorni) rappresenta un ciclo
della Luna, composto di due fasi, una
progressiva e l’altra regressiva, ognuna di 15 gg. (Pakshya)34. In origine, prima della
coagulazione dell’Oceano -- l’Uovo Cosmico, capace di assicurare la continuazione del
29
Cfr. : CaoticaMente, Claudio Messori, Federico Ceratti Editore, 1996, Capp. 7 e 8.
Le evidenziazioni all’interno del testo sono del redattore.
31
Di qui il ruolo centrale, spesso esclusivo, della vocalizzazione e degli organi fonatori nelle comunità umane rette dalla
funzione del reale.
32
Cfr. : Marius Schneider, Gli animali simbolici, Rusconi Ed. , 1986, pag. 326.
33
Sulla dicotomia estroversione-introversione vedi: C. G. Jiung, Lo sviluppo dei tipi nel processo analitico, in La
psicologia dell’inconscio, Newton Ed. , 1989, pag. 86 e segg. ; C. G. Jung, , Tipi psicologici, Newton Ed. , 1993; M. Schneider,
op. cit. , pagg. 196-197-198 (il simbolo della spirale).
34
Cfr. : M. Schneider, op. cit. , pagg. 225-226-227.
30
Pag.
13
ciclo ininterrotto delle morti e delle rinascite --, le due facce-fasi ( tesi e antitesi ) della
Luna formavano un solo Essere, tagliato poi in due da Mohini (Visnù).
La statua bifronte del dio Giano -- riferisce Plinio il Vecchio (24-79 d. C. ) nella Storia
naturale (XVI, trad. Nisard, pag. 434) --, recava sulle dita il numero dei giorni dell’anno:
perché? Era forse il dio Giano, dio dell’anno e delle quattro stagioni nonché del tempo ( il
tempo reattivo o tempo esogeno ) e dell’età ( il tempo-durata, o tempo endogeno, il
chronon dei genetisti35), avvezzo al gioco della morra? Era forse un assiduo calcolatore
ancora ignaro dell’uso del pallottoliere?
La parola calcolo proviene dal termine latino calculus, cioé sassolino. Calcolare, equivale
ad un processo di trasformazione delle proprietà di separazione in proprietà di riunione e
viceversa;ma significa anche ricombinare e trascendere i confini dei. . . . sassolini, vale a
dire ricombinare e trascendere i confini del nostro potere di separazione diretta -contaredelle quantità concrete.
L’avarizia mi ha insegnato a contare e a mettere le dita al servizio della mia passione, dice
Seneca (ca. 4 a. C. - 65 d. C. ) in una delle sue epistole (LXXXVII). Contare significa
esercitare il potere di separazione diretta delle quantità concrete ed equivale, anche, a
cor-rompere36.
L’essere umano! Con la sua posizione antigravitazionale, che ne orienta il corpo in
rapporto alla direzione della forza di gravità e permette l’atteggiamento eretto, evoca
l’immagine di un segmento di retta proteso tra la Terra e il Cielo, dal piano terreno al
piano celeste, dal basso verso l’alto. L’alzare e l’abbassare la testa sul piano sagittale, lo
spostamento laterale destra-sinistra sul piano orizzontale, la rotazione nei due sensi
intorno all’asse del corpo,
sono le tre operazioni elementari di modificazione
dell’atteggiamento fondamentale, quello antigravitario, che gli consentono di relazionarsi
adattivamente con i segnali provenienti dall’ambiente. La relazione segue due strade,
una ricava l’immagine del mondo in un processo di conteggio e di calcolo, creando
manufatti dall’oggetto grezzo; l’altra integra l’immagine dei due poli verticali contrapposti,
quello sottostante e quello soprastante, nell’incalcolabile e irraggiungibile orizzonte del
simbolo. Da pochi, elementari moduli di base ( a rigore potremmo definire la mente
come una possibilità della materia, o, viceversa, la materia come una possibilità della
mente37 ), ecco allora lo gnomone, a scandire il ritmo della finitezza universale, ed ecco il
menhir -- la pietra38 -- a celebrare il ritmo della misteriosa infinitezza cosmica: dove va a
finire l’ombra dello gnomone che si proietta al suolo, quando il sole si trova allo Zenit. . . .
o al Nadir? Cos’è più reale: lo gnomone o la sua ombra?
La polarizzazione degli organi di senso -- mente inclusa --, crea un campo psicorelazionale anteriore che, evolvendo, viene suddiviso in due territori distinti ma
Cfr. : Gedda-Brenci, Cronogenetica. L’eredità del tempo biologico, EST Mondadori, 1980.
Dal latino rationem putare, stabilire un rapporto, con-rompere. In termini di ‘numerazione’ propriamente detta, contare gli
oggetti di un insieme significa assegnare a ciascuno dei suoi costituenti un ‘segno-metafora’ - verbale, gestuale, grafico ecc. corrispondente a un numero posto nella serie naturale degli interi, cominciando dall’unità e procedendo nell’ordine fini a
compimento degli elementi di questo insieme che assume così, arbitrariamente, i caratteri di una sequenza. ’Contare’ equivale allora
ad introdurre un ordine di separazione sequenziale in un insieme altrimenti indiviso (non c’è ambito della nostra scienza che non
applichi questo metodo operativo nella risoluzione del suo materiale di indagine e che non vi si attenga nella attribuzione di
significato alla realtà, si pensi, ad esempio, alle sequenze degli avvenimenti filogenetici cui fa riferimento il darwinismo, o alle
sequenze geniche cui fa riferimento la moderna microbiologia), mentre calcolare equivale a sottoporre a ricombinazione una
sequenza.
37
Cfr. con il concetto junghiano di unus mundus.
38
Cfr. : Gli animali simbolici, op. cit.
35
36
Pag.
14
complementari (come la faccia bifronte del dio Giano e le due facce-fasi della Luna indù),
l’uno delimitato dall’azione degli organi facciali ( gli occhi per la vista, l’oro-faringe per
l’alimentazione e l’oro-laringe per l’emissione circostanziata di suoni ), l’altro dall’estremità
delle membra anteriori -- mani e dita39 --, per la coordinazione oculo-manuale ma, anche,
per celebrare l’ombra della misteriosa e incalcolabile infinitezza cosmica: l’Uno ha
prodotto il due, il Due ha prodotto il tre, ilTre ha prodotto il Quattro. Cinque sono le dita di
una mano, e nell’atto di congiungere la mano sinistra alla mano destra Tutto è compiuto: il
Nord, il Sud, l’Ovest, e l’Est sono un tutt’uno nell’assenza d’ombra dello Zenit (tesi) e del
Nadir (antitesi).
3. La storia dall’uno al quattro
Prima della missione colonizzatrice dell’uomo civilizzato, i popoli tribali dell’Africa,
dell’Oceania e delle Americhe afferravano chiaramente, ed esprimevano con precisione
nel loro linguaggio articolato, solo i numeri uno, due, tre e quattro 40, gli altri restando
nozioni globali, indicanti essenzialmente la pluralità materiale. Certi popoli tribali
dell’Oceania declinavano e coniugavano al singolare, al duale, al triale, al quadriale e, in
ultimo, al plurale. I membri della tribù australiana aranda usavano solo due nomi di
numero: ninta per l’unità e tara per il paio; tre e quattro erano detti rispettivamente: tara mi
ninta (due-e-uno) e tara ma tara (due-e-due). Oltre tara ma tara essi impiegavano una
parola che significa molti. Gli indigeni delle isole Murray, nello stretto di Torres -- tra Nuova
Guinea e penisola australiana di Capo York -- usavano la parola netat per uno, neis per
due, neis-netat per tre (due-e-uno) e neis-neis per quattro (due-e-due). Oltre, essi
impiegavano un termine che significava moltitudine. Altri popoli tribali occidentali dello
stretto di Torres usavano i termini urapun per uno, okosa per due, okosa-urapun per tre e
okosa-okosa per quattro, poi usavano il termine ras cioé una folla. Del pari facevano i
botocudas del Brasile, gli indiani della Terra del Fuoco, gli abiponi che abitavano il Chaco
del Paraguay, i boscimani e i pigmei d’Africa.
Presso i romani, solo i primi quattro nomi di numeri sono declinabili, mentre a partire dal
cinque non hanno né declinazione né genere. Così solo i primi quattro mesi dell’anno
romano hanno nomi veri e propri: Martius, Aprilis ecc. ; a partire dal quinto, Quintilis, sono
solo numeri d’ordine fino all’ultimo mese dell’anno arcaico: December. Si è notato ancora
che i prenomi che i romani davano ai figli, erano appellativi generici fino al quarto figlio
incluso; dal quinto si limitavano a chiamarli Quintus, Sextus, . . . . Octavius, . . . Decimus,
mentre Quartus, per esempio, non esiste.
Fatto ben noto agli storici e agli etnologi, la storia delle numerazioni scritte conferma un
dato importante: uomini distanti nel tempo e nello spazio -- egizi, antichi elamiti, cretesi,
hittiti, aztechi dell’America centrale precolombiana, sumeri, romani, etruschi, greci, i
popoli antichi dell’Arabia meridionale e del continente asiatico, quelli del continente
australe e dell’Africa centro-meridionale, insomma i diecimila esseri umani che abitavano
questo pianeta molto prima dell’avvento della nostra Era cristiana --, percorsero, senza
avere avuto necessariamente contatti, né diretti né indiretti, strade psico-relazionali e
adattive simili, se non proprio identiche.
Perché ciò possa accadere, noi sosteniamo esservi una stretta connessione prescrittiva
tra, da una parte, la posizione antigravitaria fondamentale, con i suoi tre gradi di libertà
(due più uno) , da cui derivano le innumerevoli possibilità relazionali umane, e, dall’altra
parte, la presenza di un contenuto o materiale psichico inconscio comune, grezzo,
operante, non condizionato o condizionato solo in misura subliminale da fattori di luogo, di
39
40
Cfr: M. Schneider, Gli animali simbolici, op. cit. , pagg. 344-345-346-347.
Cfr. : Georges Ifrah, Storia universale dei numeri, Mondadori Editore, 1983.
Pag.
15
tempo, di causa e di effetto41. Un bacino psico-energetico ancestrale, filogenetico, che
rimane indifferenziatamente simile a sé stesso in tutti gli esseri umani, che prescrive i
pochi elementari moduli di base sui quali si innesca il nostro comportamento adattivo e
sovra-adattivo.
Il contingente, l’accidentale, il variabile e il condizionato appartengono all’ambito delle
molteplici modalità della percezione del mondo, contemplano l’esercizio di una operazione
di calcolo e l’ambito entro il quale tale operazione ha luogo: la rappresentazione interna
della realtà esterna. Al contrario, le linee prescrittive fondamentali di questo bacino psicoenergetico ancestrale restano sempre sostanzialmente identiche a se stesse, incalcolabili
e immutabili, al di là del bene e del male, insignificanti e totopotenti.
Le componenti strutturali primigenie della psiche -- scrive C. G. Jung42 -- hanno la stessa
sorprendente uniformità di quelle del corpo visibile. Gli archetipi sono in certo qual modo
organi della psiche pre-razionale. Sono strutture basilari caratteristiche eternamente
ereditate, prive dapprima di contenuto specifico, che si manifesta solamente nella vita
individuale, dove l’esperienza personale è rintracciabile proprio in queste forme. (. . . . )
Perciò ho chiamato gli archetipi anche dominanti dell’inconscio. Ho chiamato inconscio
collettivo lo stato della psiche inconscia che consiste in queste forme dinamiche
universalmente diffuse.
Per il fatto di operare come propulsore prescrittivo della rappresentazione interna della
realtà esterna, senza ricorrere all’uso dei mezzi speciali ed esteriori propri del calcolo e
della progettazione, di tale bacino psico-energetico diciamo che trascende la forma del
conoscere, assegnando alla radice della conoscenza un carattere essenziale ed
universale: tutto ciò che è suscettibile di essere conosciuto al di là di tesi e antitesi, può
esserlo stato e continuerà ad esserlo in egual modo da uomini diversi in tutte le epoche 43.
La conoscenza formale e speculativa, si confronta con la sua radice e qui, nell’esercizio
della facoltà di eccedere le linee di demarcazione tracciate dai significati e dai sentimenti
-- la facoltà acustico-musicale44 -- , sedimenta il simbolo.
3.1. Dall’Uno al Due passando per il Tre: le dinamiche del Quattro
In origine, prima della coagulazione dell’Oceano, le due facce-fasi della Luna formavano
un solo Essere, tagliato poi in due, cioè contato. Ovvero: Uno ha prodotto due, Due ha
prodotto tre, Tre ha prodotto i diecimila esseri45.
41
Cfr. Con il concetto junghiano di inconscio collettivo.
In: La saggezza orientale, Bollati Boringhieri Ed. , 1992, pagg. 22-23.
43
Cfr. , C. G. Jung, La psicologia dell’inconscio, op. Cit. , pagg. 83-84: . . . . i contenuti dell’inconscio assoluto [il
materiale psichico indifferenziato presente in ogni singolo individuo, indipendentemente da esso, N. d. r. ] non sono solo residui di
funzioni arcaiche specificamente umane, bensì anche residui di funzioni degli antenati animaleschi dell’uomo, la cui durata è stata
infinitamente maggiore dell’epoca relativamente breve che riguarda l’esistenza specificamente umana. Questi residui, se attivi, sono
quanto mai adatti non solo a bloccare il progresso dell’evoluzione, ma a portare ad una regressione, finchè non è consumata la
quantità di energia che l’inconscio assoluto ha attivato. L’energia può però essere riutilizzata poichè, attraverso un confronto
consapevole con l’inconscio assoluto, diventa disponibile. Le religioni hanno creato in modo concreto questo ciclo energetico
attraverso il culto degli dèi (i dominanti dell’inconscio assoluto).
44
Cfr. con la junghiana funzione trascendente.
45
Tao te ching, traduzione di J. J. L. Duyvendak, Ed. Adelphi, 1981, cap. XLII.
42
Pag.
16
Uno è la Realtà indifferenziata, la Relazione originaria indivisa, il Non-nato, ciò che viene
impropriamente tradotto come Non-Essere.
Due è il Principio della Polarità, la Tensione tra gli opposti, tra Tesi e Antitesi46.
Tre è il Principio del Moto,
Opposti.
il Flusso orientato -- polarizzato -- della Tensione tra gli
I diecimila esseri, la moltitudine dei molti, è Tutto ciò che è stato, che è e che sarà nato,
differenziato in unità concrete, ricongiunto all’Uno nel Quattro, nel Quadrante che
ripristina -- e secondo la tradizione giudaico-cristiana redime47 -- l’Ordine tra il Nato e il
Non-nato, tra lo Specchio dei mutamenti e lo Specchio incontaminato dai mutamenti,
senza-macchia.
Dall’unione del Principio della Polarità con il Principio del Moto scaturisce l’Essere, la
Sostanza della realtà differenziata;cosicché è detto: Il cielo e la terra e i diecimila esseri
sono generati dall’Essere; l’Essere è generato dal Non-Essere48.
Malgrado questo: Vacuità (Tao) 49.
L’Uno il Due il Tre e i diecimila esseri -- la moltitudine dei molti in rapporto a ciò che è
Uno nell’essenza (la Via taoista) e Trino nell’esistenza (la Virtù)50 -- sono, parafrasando
Jung, interpretazioni dei contenuti della psiche pre-razionale. Orbite descrittive proprie
dello spazio delle fasi del territorio psico-energetico umano, filogeneticamente prescritte.
Creano veri e propri vortici, che si organizzano in simboli mitologici, in sé privi di contenuto
univoco -- insignificanti --, ma capaci di prescrivere l’orizzonte del campo psicorelazionale anteriore e qui, nel vortice sognante di pochi elementi psicosimbolici primigeni,
sedimentano dei numeri-mistici e dei numeri-idea.
Il Tutto differenziato, allora, è inviluppato nella misteriosa intersezione del Nato con il
Non-nato, dell’Essere con il Non-Essere, nell’infinita intersezione di due segmenti di retta
46
Cfr. , Mircea Eliade, op. cit. , nota a pag. 185: La bisessualità divina è una delle molteplici formule della totalità/unità
espressa con l’unione di coppie di opposti: femminile-maschile, visibile-invisibile, Cielo-Terra, luce-tenebre, ma anche bontàcattiveria, creazione-distruzione, ecc. La meditazione su queste coppie di opposti, ha condotto in diverse religioni a conclusioni
ardite a proposito tanto della condizione paradossale della divinità, che della rivalutazione della condizione umana.
47
Il messia, cioè il Quattro, ha una missione ben precisa da compiere: redimere l’umanità inconscia che ha aperto gli occhi
della coscienza, dalla tentazione-volontà (di potenza) di voler assomigliare in tutto e per tutto alla Coscienza di Dio, in modo da
ripristinare l’Ordine, profanato con il peccato originale, tra il Nato e il Non-nato, cioè tra l’Incoscienza dell’Uomo e la Coscienza di
Dio. Infatti, Jahvè diede all’uomo questo comandamento: Tu puoi mangiare di ogni albero del giardino. Ma dell’Albero della
Conoscenza del bene e del male non ne mangerai, perchè il giorno in cui ne mangiassi, di certo moriresti (Antico Testamento, 2:1617). Tuttavia il serpente riuscì a tentare Eva: No, voi non morrete. --disse--. Anzi, Dio sa che il giorno in cui ne mangerete, vi si
apriranno gli occhi e sarete come Dio: conoscitori del bene e del male (A. T. , 3:4-5). Mangiando dall’Albero della Conoscenza,
Adamo divenne onniscente, cioè simile agli dèì. Se avesse mangiato anche dall’Albero della Vita, sarebbe divenuto anche immortale,
cioè uguale a Dio. Il testo è chiaro e categorico: Poi il Signore Iddio disse:”Ecco, l’uomo è diventato come uno di noi nella
conoscenza del bene e del male. Ora dunque, che egli non stenda la mano e non colga anche dell’Albero della Vita e ne mangi e
viva in eterno” (A. T. , 3:22). E Dio scacciò la coppia primigenia dal Giardino dell’Eden (con il suo fiume che si divideva in quattro
rami e portava la vita a quattro regioni della terra) e la condannò a lavorare per vivere.
48
Tao te ching, op. cit. , cap. XL.
49
Cfr. , Meister Eckhart, Sermoni tedeschi, Ed. Adelphi, 1997, pagg. 204-205: Dio è un nulla, e Dio è un qualcosa. Cosa è
qualcosa, è anche niente. (. . . . ) Se tu vedi qualcosa, o qualcosa cade nel tuo sapere, questo non è Dio, proprio per questo, egli
non è questo nè quello. Chi dice che Dio è qui o là, a quello non dovete credere. La luce che è Dio, splende nella tenebra (Gv 1, 5).
Dio è una vera luce: chi deve vederlo, deve essere cieco, e deve tenere Dio fuori da ogni qualcosa. Un maestro dice: chi parla di
Dio con qualsiasi comparazione, parla impropriamente di Lui. Ma chi parla di Dio tramite il nulla, parla propriamente di Lui. Se
l’anima giunge nell’Unità, e là perviene ad un puro annientamento di se stessa, là essa trova Dio come in un nulla. Parve ad un
uomo, come in un sogno - ma era un sogno ad occhi aperti -, di diventare gravido del nulla come la donna lo è di un bambino, ed
in questo nulla fu generato Dio; era il frutto del nulla. Dio fu generato nel nulla.
50
Tao te ching: Il Libro della Via e della Virtù.
Pag.
17
orientati, polarizzati: una croce51 di coordinate psico-simboliche che avvolgendosi su se
stessa in guisa di spirale descrive l’eterno vortice dei mutamenti, il ciclo cosmico di morti
e rinascite. L’una e l’altra stanno ad indicare gli orientamenti52 di una relazione gerarchica,
di una polarizzazione implicata nella relazione tra il Nato e il Non-nato, nella cui
intersezione risiede l’origine del Tutto differenziato, esplicato. Intersezione che divide la
rappresentazione cosmica -- simbolico-mitologica -- della Realtà fenomenica -- metaforica
--, in Quattro settori: una coppia di antinomie di ordine spaziale -- sopra-sotto, davantidietro, dentro-fuori --, e una coppia di antinomie di ordine temporale -- prima-dopo, staticodinamico, mutevole-immutevole --, dalla cui combinazione scaturiscono tutte le
rappresentazioni interne della realtà esterna consentite dalla investigazione e dalla
conoscenza formale, finita.
Uno ha prodotto due, Due ha prodotto tre, Tre ha prodotto Quattro: così è il Cristo
cosmico della tradizione cristiana.
Cristo sulla Croce rappresenta il segreto fattore che ri-unisce l’uomo finito all’Uomo
infinito, la Terra al Cielo. Lui, la pietra filosofale degli alchimisti.
Raggiunto e compiuto il Quattro la numerazione mistico-simbolica s’arresta: il Quattro
segue al Tre (Uno-e-Due) per contare la distinzione tra l’Uno manifesto, Nato, e l’Uno
immanifesto, Non-nato.
L’Uno-non-nato ha prodotto il Due come conseguenza del Tre, dalla cui unione scaturisce
l’Uno-nato, cioé il Quattro, ovverosia: Uno-e-Tre produce Quattro attraverso il Due, dove
la e -- particella di congiunzione -- lega Tesi-e-Antitesi nell’eccedenza di senso di un
vincolo vuoto, misterioso.
Con il Quattro, o moltitudine dei molti nell’Uno, la numerazione psico-simbolica s’arresta,
basta, non c’è altra lecita operazione di calcolato conteggio necessaria alla realizzazione
di una compiuta rappresentazione interna della realtà esterna: in accordo con il principio
del massimo risultato con il minimo sforzo, il sistema psico-energetico umano ricava dalla
funzione catalizzatrice del simbolo vivo,
un guadagno energetico complessivo
impareggiabile e insostituibile.
3.2. Morte e rinascita nella Croce
In un segmento di retta inciso su, o ricavato da, un oggetto concreto -- legno, pietra,
osso, carta, terra, gesto, pensiero. . . schermo --, che assumendo su di sè il segno53
di un legame54 indelebile e supremo con la Realtà, lo affermi, Homo sapiens investe la
propria volontà di potenza e lo nomina, chiamandolo il Grande Ente Primordiale, il FalloTotem cosmico, il Dio (uno-e-trino: Padre-Figlio-Spirito Santo) Creatore del Cielo e della
Terra, Ishwara (uno-e-trino: Brahma-Vishnu-Shiva), l’Elemento maschile, lo Scettro che,
ripiegato su se stesso (la croce ansata)55 in guisa di spirale-circolare (la sommità del
bastone papale), Tutto avvolge e contiene. Il Grande Utero, la Madre cosmica,
l’Elemento femminile, la Vuota-Oscurità che in sé custodisce e preserva i germi della
luminescenza (la cronologia, o era della luce56 , vale a dire l’età, di cui è custode il dio
Sul significato mitologico della croce vedi anche: Marie-Louise Von Franz, L’ombra e il male nella fiaba, Bollati
Boringhieri, 1995, pag. 39 e segg.
52
Cfr. : M. Schneider, Gli animali simbolici, op. cit. , pag. 326.
53
Sul significato simbolico di segno/segnare/in-segnare vedi: Giovanni Schembari, Scienza orientale e tradizione
occidentale, Fratelli Melita Editori, 1988, pag. 186 e segg.
54
Ibid. , pagg. 31-32-33, 182.
55
Cfr. : C. G. Jiung, La libido, simboli e trasformazioni, op. cit. , pagg. 242-243.
56
Ibid. , pag. 224 e segg.
51
Pag.
18
Giano e, forse, anche la radiazione luminosa inviluppata nel corpo nero della fisica di
inizio secolo), della segreta conoscenza, unica e universale.
Un segmento di retta, un dito orientato tra la Terra e il Cielo che, ripiegandosi su se
stesso, si dispone a Cerchio: le due facce-fasi della Luna ri-unite nella intersezione di due
segmenti di retta (l’asse orizzontale e l’asse sagittale dell’atteggiamento direzionale
umano), la quadratura del cerchio (combinazione dinamica del movimento di flessoestensione con quello latero-laterale, intorno all’asse longitudinale, da cui scaturisce
l’avvolgimento e lo svolgimento del movimento rotazionale), la Croce. Ovvero: le due
Maria del Nuovo Testamento57, l’una immacolata, senza macchia, non-nata, predestinata
per l’Immacolata Concezione, Maria la Madre di Gesù, il lato vuoto-e-oscuro della Luna;
l’altra segnata, vale a dire in-segnata dalla Parola di Dio, dal Logos Redentore, ri-nata nel
sacrificio iniziatico battesimale, Maria Maddalena, il lato illuminato della Luna. Loro, la
Madre e al tempo stesso il Seme dell’Auto-Concepimento, che accoglie in sé la Morte e la
Resurrezione del Figlio. Lei, Madre dell’Abisso, del Burrone del Mondo, del Quattro, Lei:
Uno nell’essenza, la Via, cioé Dio 58, che regolandosi sulla Virtù, il Trino nella sostanza,
Padre-Figlio-Spirito Santo, dona il suo Frutto al Mondo sino al giorno della Sua
Resurrezione. In Lei e da Lei il Quattro ri-sorge al Cielo, al Non-nato59.
3.3. Il Ventre cosmico e il ventre umano
Come nei calcoli le dita di quelli che contano possono valere diecimila o l’unità -- scrive
Plutarco60 -- così i favoriti del re possono essere tutto o quasi niente.
È forse il Cristo storico un seminatore di zizzania che s’intende solo di divisioni da uno a
cinque quando dice61 (Luca:12, 49):
Io sono venuto a portare fuoco sulla terra, e come sono contento che già sia acceso. Ho
da ricevere un battesimo, e come non vedo l’ora che si compia. Credete che io sia venuto
a portare pace sulla terra? No, no, vi dico; divisione, invece. Infatti d’ora innanzi cinque in
una sola famiglia saranno divisi: tre contro due e due contro tre saranno divisi, il padre
contro il figlio e il figlio contro il padre, la madre contro la figlia e la figlia contro la madre, la
suocera contro la propria nuora e la nuora contro la suocera.
Infatti, non c’è peggior sordo di chi non vuole ascoltare, ammonisce Cristo.
Quando la rappresentazione interna della realtà esterna, si affranca dall’umanità che
eccede se stessa nel ventre cosmico del simbolo, l’inconscio, ciò che subentra
all’orizzonte è l’umanità rastrellata dal concretismo del ventre umano -- troppo umano -del significato e del sentimento, l’apparato digerente del conscio: ognuno diventa quello
che pensa e, troppo spesso, quello che mangia.
Conciliare il ventre del simbolo
con il ventre del significato e del sentimento,
subordinando questo a quello in un processo esperienziale che ecceda la trasformazione
delle proprietà di separazione in proprietà di riunione e affermi la centralità del primo nella
relazione con la vita, e quella del secondo nella relazione con la sussistenza, costa fatica
e sacrificio, anzi, può comportare un vero e proprio dramma -- iniziatico -- di morte e
57
Cfr. : il motivo delle due madri, in C. G. Jung, La libido, simboli e trasformazioni, op. cit. , pagg. 285-286.
Dio si forma e si dissolve, dice Meister Eckhart (in: ‘Sermoni tedeschi’, op. cit. , pag. 79), ovvero: Dio è il principio
energetico primordiale, psico-fisico, il Principio di Potenza.
59
Secondo i canti della Vergine conservati nella letteratura etiopica, Cristo è nato dalla Voce del Padre come le api nascono
dalla voce della regina (notazione tratta da M. Schneider, Gli animali simbolici, op. cit. , pag. 230).
60
Plutarco, Vite degli uomini illustri (citazione tratta da Storia universale dei numeri, op. cit. , pag. 90).
61
I Vangeli, Orsa Maggiore Editrice, 1993.
58
Pag.
19
rinascita. Fu proprio questo il dramma che l’uomo chiamato Gesù di Nazareth, volle
vivere perché fosse lasciato in eredità a quella parte di umanità che solo un sacrificio
esemplare, il martirio sulla croce di un uomo miracoloso compiuto nel nome di un Dio
illimitatamente misericordioso, poteva risvegliare dall’ottundimento e dalla superstizione
del cinque. Là, nel varco aperto attraverso il costato dalla lancia di un centurione romano,
si riaccende la speranza di intravvedere l’orizzonte dell’umanità, il suo ventre cosmico, lo
specchio senza macchia, la grotta dalla quale il Cristo cosmico -- la Croce, il Quattro, la
Dea Madre -- ri-sorge al Cielo, al Non-nato. Lui: un Re dei re che l’Uno nell’essenza e
Trino nella sostanza sospende tra la Terra e il Cielo.
Attenendosi al Non-nato, di costoro si dice che agiscano come la prua di uno scafo che
solca la superficie increspata dell’acqua lasciando l’Oceano inalterato dietro di sé: wu-wei,
la pratica della non-azione, la Via dell’azione in cui tutto è compiuto, senza essere
contato.
Lucide acque profonde
luna d’autunno
Sul lago del Sud si colgono bianche ninfee
I fiori a festuca flessibili
pare che vogliano dirci qualcosa
Ahimé che li uccide la nostra barchetta oscillante.
.
Li Po (701-762 d. C. )62
Contare significa esercitare il potere di separazione diretta delle quantità concrete ed
equivale, anche, a cor-rompere.
Li Po, poeta e scrittore cinese della Dinastia dei T’ang (618-905 d. C. ), visse in un periodo di guerre fratricide che
costarono la vita a circa trenta milioni di persone. La poesia riportata è intitolata Canto del lago , tratta da: Liriche cinesi, a cura di
Giorgia Valensin, Einaudi Editore, 1974.
62
Pag.
20
CAPITOLO SECONDO
SULLA NATURA DEI SIMBOLI
- parte seconda -
1. Che cosa sono, in fondo, le verità degli uomini?Sono gli errori inconfutabili degli
uomini63
Oggi nessuno metterebbe in dubbio la sfericità del pianeta che abitiamo: la Terra, una
volta piatta, oggi è sferica. Le culture rette dalla volontà di potenza di Homo sapiens
sapiens,
pullulano di queste come di altre proposizioni assiomatiche,
spesso
64
tautologiche, variamente dimostrate e variamente accettate come verità assolute . Solo a
posteriori arrivano, malgrado tutto, le smentite, parziali o totali. Errare umano est,
perseverare è diabolico , la coercizione a ripetere a lungo andare ha sempre fatto dei
danni . Affermare che la Terra è sferica, come se l’essere sferica fosse un fatto
incontestabilmente indipendente da chi lo stabilisce e dai parametri da lui fissati per
desumerlo, ha la sua utilità, ma nasconde anche un certo grado di subdola megalomania
che, se non mi inganno, invidia a Dio il suo primato sulla creazione del mondo.
Qual’è allora il giusto ruolo -- scrive il fisico David Bohm65 --, dell’incorporare fatti in ordini,
misure e strutture di teorie preesistenti? Qui è importante notare che i fatti non vanno
considerati come oggetti indipendentemente esistenti, che troviamo nei nostri laboratori.
Un fatto è piuttosto ‘ciò che è stato fatto’: in un certo senso siamo noi che ‘facciamo’ il
63
F. W. Nietzsche, La gaia scienza, Newton Compton Editore, 1996, pag. 160.
Più in generale, concordiamo con Aldo Carotenuto - dalla sua introduzione a Elementi di Psicologia, di C. G. Jung,
Newton Compton Ed. , 1995, pag. 10 - nel ritenere che: Chiunque affermi di aver trovato leggi assolute per un sistema di
comprensione del mondo, dice in realtà semplicemente di aver compreso se stesso rappresentato in una inconsapevole proiezione
sul mondo.
65
Universo mente materia, op. cit. , pag. 196.
64
Pag.
21
fatto. Vale a dire che, a partire dalla percezione immediata di una situazione reale, la
trasformiamo in fatto dandole un ordine, una forma e una struttura con l’aiuto dei nostri
concetti teorici. Per esempio, servendosi dei concetti d’ordine dominanti nell’antichità, gli
scienziati furono portati a ‘fare’ il fatto delle orbite planetarie, descrivendole e misurandole
in termini di epicicli. I fatti della fisica classica sono invece ‘fatti’ sul modello di ordine delle
orbite planetarie descritte in termini di posizioni e di tempi. I fatti della relatività generale
sono ‘fatti’ in base all’ordine della geometria riemaniana e alla misura che risulta da
concetti come quello di curvatura dello spazio. Nella teoria quantistica, i fatti sono ‘fatti’ in
base all’ordine dei livelli energetici, dei numeri quantici, dei gruppi di simmetria, e così via,
insieme con opportune misure (per esempio, sezioni d’urto, masse e cariche di particelle,
eccetera). I cambiamenti di ordine e misura nella teoria portano in ultima analisi a nuovi
modi di sperimentare e a nuovi strumenti, che a loro volta portano a ‘fare’ fatti di nuovo
tipo corrispondentemente ordinati e misurati.
Assolutizzare un paradigma investigativo e interpretativo, per poi argomentare a sostegno
della veridicità dei postulati o dei fatti desunti, è deleterio. Tanto deleterio che intere
generazioni votate all’infallibilità della scienza esatta, pur stabilendo la sfericità della Terra
continuano a percorrerla in lungo e in largo tornando immancabilmente al punto in cui
inciampano nelle trappole, spesso letali, che hanno disseminato strada facendo. A cosa
gli è servito stabilire che la Terra è sferica? Per questi cultori dell’infallibilità scientifica,
investigare la realtà è un comportamento talmente radicato nella volontà di potenza, che
non capiscono più dove si trovano quando investigano, probabilmente al di là, un luogo
posto da qualche parte in alto perché, pare, dall’alto si ha una veduta più ampia. Un volo
ad alta quota che ha dei costi disastrosi. In nome del miracolo economico, ad esempio, -così scientificamente e tecnologicamente impregnato di narcisistico benessere --, nel giro
di una manciata di decenni il pianeta è stato trasformato in una gigantesca pattumiera
tossica galleggiante nello spazio -- presto dissemineremo spazzatura anche lì, anzi lo
stiamo già facendo --, ed entro pochi anni anche la manipolazione scientifica e
tecnologica della nascita e della morte trasformerà il miracolo della vita in un mitico
miracolo economico.
Di altre tendenze dovettero essere i molti rappresentanti umani che in tempi assai remoti
-- in un periodo di tempo compreso tra circa 150 e 20 mila anni fa, dalle tarde culture
totemiche alla cultura megalitica --, e per migliaia di generazioni abitarono il pianeta, ben
prima dell’avvento di una qualsiasi era di redenzione o civiltà di lumi e di scienza 66.
Per loro non c’erano fatti ma solo ritmi e suoni.
Secondo l’antropologo F. B. Livingstone (1973)67 , ad esempio, i membri della specie
Homo sapiens, molto prima di parlare , cantavano.
2. Ciò che gli uomini odiano è di essere orfani, abbandonati, indigenti
68
L’assurdità dell’ipotesi di un remoto contatto con forme di vita extraterrestri, apportatori dei rudimenti di una civiltà
tecnologica altamente avanzata, non merita commenti.
67
Citato in: Il bipede barcollante, di P. V. Tobias, Einaudi Editore, 1992, pag. 61.
68
Tao te ching, op. cit. , cap. XLII.
66
Pag.
22
Le cronospecie o specie consecutive umane vengono ordinate, da quella più antica a
quella attuale, come: Homo abilis, H. erectus, H. sapiens.
La comparsa della famiglia umana viene fatta risalire al Pliocene con il genere H. abilis,
tra 2. 5 e 1. 3 milioni di anni fa, l’epoca più recente del Periodo Terziario dell’Era
Cenozoica: ma da dove proviene H. abilis?
La discussione tutt’ora in corso circa il grado di parentela da assegnare ai due generi
classificati rispettivamente come Australopithecus -- ominoidei vissuti tra 4-5 milioni di
anni fa, sul finire del Miocene e l’inizio del Pliocene --, e come Homo, verte a favore di una
quasi unanime concordanza di opinioni: Australopithecus andrebbe considerato come
genere ancestrale a Homo, ovvero i due generi stanno in una stretta relazione di parentela
come specie filogeneticamente consecutive, della stessa linea di discendenza filiale.
Un’altra considerazione che affascina -- scrive il paleoantropologo P. V. Tobias69--, [oltre
quella secondo la quale la famiglia Homo poteva aver compreso anche membri provvisti di
un encefalo più piccolo, n. d. r. ] e che dovrebbe renderci più umili, è che i nostri
progenitori furono palesemente ominidi sotto altri aspetti prima di esserlo sotto quello
dell’espansione encefalica. Con i suoi denti simili all’uomo, il sorriso di un australopiteco
era essenzialmente un sorriso umano, ben diverso dal ghigno pauroso cui si atteggia il
volto delle antropomorfe. Ancor più impressionante era la somiglianza della pelvi di
‘Australopithecus africanus’ con quella dell’uomo: era, senza dubbio, la pelvi di una
creatura che camminava eretta, e non quella di un animale che camminava piegato in
avanti, prevalentemente appoggiandosi sulle nocche, come quasi tutte le antropomorfe.
C’è da domandarsi se il nostro antropocentrico Io non rimarrà troppo offeso dalla
constatazione che siamo stati umani nei nostri lombi - e nel nostro sorriso - prima ancora
di esserlo nel nostro cervello, per non parlare di quanta acqua al mulino di Freud ciò
avrebbe portato. Alcuni potrebbero anche dire: “Fortuna che queste cose non le ha mai
sapute, perché, anche senza queste, con le sue speculazioni sul funzionamento del
nostro cervello ci ha già cacciato tutti quanti in un bel vicolo cieco!”.
Dal momento che le. . . . speculazioni avanzate da P. V. Tobias sono largamente
condivise, per gran parte degli studiosi di filogenesi contemporanei -- direi piuttosto per
questi ortopedici della filogenesi --, gli antenati in questione -- essendo così incerti e
animaleschi ognuno li sceglie ad immagine e somiglianza di ciò che emerge dal proprio
inconscio --, sarebbero dunque delle antropomorfe evolute70 .
La rappresentazione interna della realtà esterna da cui scaturiscono queste come altre
speculazioni e fatti, correntemente accettati come veri, attribuisce al divenire filogenetico
una successione di tipo causale, progressivo, lineare e misurabile di fasi o tappe o
traguardi evolutivi. Una visione -- darwiniana -- ben lontana dalla nostra, che è invece
basata sulla diversificazione frequenziale e non lineare, dei sistemi energetici biologici
intesi come sistemi oscillanti. Qui, il divenire filogenetico è esperito, per un verso, nella
diversificazione non-lineare di accadimenti evolutivi, prescritti dall’esigenza adattiva e
descritti dalla relazione tra auto-organizzazione e pressione ambientale -- selezione
naturale --, e, per l’altro verso, da relazioni di interferenza tra configurazioni energetiche
coerenti, o domini biologici di coerenza oscillatoria.
L’evoluzione biologica -- scrive Fritz-Albert Popp71 -- sarebbe la continuazione
dell’evoluzione della materia, la quale comincia con le perticelle elementari, passa per gli
atomi e le molecole e coinvolge organuli, cellule, aggregati, organismi, esseri viventi,
società, in regioni di volta in volta diverse e sempre più ampie dello spettro
69
70
71
Il bipede barcollante , op. cit. , pag. 82-83.
Sul concetto di evoluzione vedi: David Bohm, Universo mente materia , op. cit. , pag 278.
In: Nuovi orizzonti in medicina, op. cit. , pag. 106.
Pag.
23
elettromagnetico ed in spazi di tempo defferenti. [Inserire qui di seguito il diagramma
con didascalia tratto da pag. 107 del libro di F. A. Popp]
In un mondo fatto di cause e di effetti ordinati linearmente e perturbati casualmente,
invece, non poteva mancare una teoria evoluzionista,
-- quella darwinista e neodarwinista appunto --, che alla mano demiurgica della fede creazionista opponesse la
mano arboricola -- le ramificazioni genotipiche e fenotipiche dell’albero genealogico
evoluzionista -- della fede scientista: ma da dove scaturisce questo rifiuto viscerale e
comune all’ipotesi che il pianeta terrestre accolga, in fin dei conti, degli orfani. Individui e
generazioni di individui la cui discendenza filiale a un certo punto viene assorbita,
irrimediabilmente, come una goccia nell’oceano, da una radice insignificante e
incalcolabile? Cosa si oppone al sospetto che qualsiasi espressione -- esplicazione -della realtà fenomenica,
possa essere una condizione prescrittivamente e non
descrittivamente latente -- implicata -- nella dinamica relazionale posta a fondamento di
questo universo? Può la famiglia umana considerarsi favorevolmente imparentata tanto
con un lombrico quanto con un buco nero, riconoscendo ai propri diretti antenati ciò che è
di una relazione filiale e al proprio Universo ciò che è di una relazione, tutto sommato
vacua e oscura, ma decisamente capace?
Se la nostra linea di discendenza deve essere strutturata sul fatto di una somiglianza tra
lombi -- o tra denti --, illudiamoci che assomiglino a quelli della Naomi Campbell di turno:
fatto più fatto meno, meglio un antropocentrico Io ispirato a lei che ad Australopithecus
africanus e a quella schiera di emeriti scienziati, così realisticamente aggirati dalla loro
volontà di potenza, da non trovare niente di meglio da fare che assumerlo come nostro
antenato.
3. La più grande musica ha il suono più sottile
72
Con H. abilis, dunque, la specie umana fa il suo ingresso nel panorama del vivente. Nel
periodo di transizione tra Pliocene e Peistocene, in un lasso di tempo che va dal Periodo
Terziario dell’Era Cenozoica al Periodo Quaternario dell’Era Neozoica -- tra 1. 5 e 1
milione di anni fa circa --, il genere H. abilis -- i cui resti fossili sono stati rinvenuti in
Kenia, Etiopia, Tanzania e Sudafrica -- lascia il passo a quello di H. erectus, i cui resti
fossili sono stati rinvenuti in Africa, Asia, Europa. Successivamente, in un periodo di
tempo compreso tra 150 e 100 mila anni fa, a H. erectus succede il genere H. sapiens,
di cui si ha traccia in tutto il mondo. La fase di insediamento e di espansione di H.
sapiens sapiens, il tipo umano attuale, viene collocata in un periodo di tempo compreso
tra 50 e 40 mila anni fa, durante il Pleistocene recente.
È opinione unanimamente condivisa che i caratteri distintivi della specie umana siano
sostanzialmente tre:
- la stazione eretta e la deambulazione bipodalica;
- l’ideazione e la fabbricazione di utensili;
- la produzione e la modulazione circostanziata del suono vocale e strumentale, da cui
discende la sua articolazione in linguaggio orale e musicale.
Di queste tre aree di competenza umana, la terza è quella su cui intendo richiamare
l’attenzione del lettore di queste pagine.
72
Tao te ching, op. cit. , cap. XLI.
Pag.
24
Parlando di produzione e modulazione del suono orale e strumentale, non solo parliamo
di una emissione circostanziata di progressioni sonore ma, fatto ben più rilevante,
alludiamo alla presenza di una innata facoltà acustico-musicale, che fa dell’essere
umano un essere polifonico e poliritmico, dotato cioé di una attitudine all’uso del registro
acustico-musicale,
nella relazione adattiva e sovradattiva col mondo,
talmente
ridondante da renderla quasi equivoca.
La vasta gamma di suoni riproducibili dalla voce umana, è il risultato di un sorprendente
intreccio di correlazioni anatomofunzionali tra cavità addominale, diaframma, cassa
toracica, laringe, faringe, naso, palato, arcate dentarie, lingua, guance, labbra. Il tutto
presieduto da una raffinata competenza neuropsicologica per la vocalizzazione, la
modulazione della ventilazione, l’articolazione dei suoni, la fonazione, l’intonazione, la
progressione melodica, la qualità acustica, la scansione sonora, il ritmo e il timbro del
suono emesso, la sua estensione, l’enfasi, e così via.
Se è noto che la motricità extrauterina con la quale si cimenta il neonato, trae dalla
motricità fetale parte della competenza necessaria per l’organizzazione antigravitaria della
stazione eretta e della deambulazione bipodalica -- lasciando all’incontro con il terreno73 e
alla via imitativa74, il compito di rendere operativo l’esercizio delle funzioni locomotorie
geneticamente accreditate per l’assolvimento di tale esigenza adattiva --, più incerta è
l’identificazione dei patterns e degli eventi ontogenetici, che in ambiente intrauterino
preparano il nascituro al futuro esercizio di quella emissione circostanziata di suoni, che
chiamiamo vocalizzazione e lallazione.
In particolare, essendo accertato che tanto l’esercizio neonatale della vocalizzazione e
della lallazione, come quello della esordiente motricità extrauterina, godono di
presupposti e di facilitazioni filogenetiche troppo ridondanti e pronte all’uso per non
rispondere ad esigenze adattive essenziali, la domanda che ci poniamo è la seguente: a
quali esigenze adattive devono rispondere i presupposti filogenetici, sui quali si innesta
l’esercizio della vocalizzazione e della lallazione?
Non certo alla produzione linguistica propriamente detta o, se così fosse, dovremmo
convenire che oltre a beneficiare dell’indubbio vantaggio di non dovere imparare a
camminare -- così come gli uccelli non devono imparare a volare e cinguettare --, l’essere
umano non debba nemmeno imparare a destreggiarsi in discipline come il pattinaggio
artistico, il salto con l’asta o la danza acrobatica, il che è notoriamente falso: l’acquisizione
di una competenza neuro-psico-motoria per la trasformazione della emissione
circostanziata del suono -- vocalizzazione e lallazione --, in linguaggio orale articolato -semanticamente, lessicalmente, sintatticamente --, presuppone un processo di ideazione,
integrazione e apprendimento, che deve necessariamente realizzarsi ben oltre il puro e
semplice esercizio imitativo, eccellentemente prescritto ed espletato senza l’intervento di
alcuna coscienza che calcoli la rappresentazione interna della realtà esterna, nei termini
di soggetto-oggetto e di causa-effetto.
Respirare, deglutire, produrre e modulare suoni in modo circostanziato, muoversi
autonomamente e adeguatamente, sono funzioni che non possono essere, di norma,
subordinate all’iter dell’apprendimento cognitivo, ai tempi della ideazione e
73
Nella specie umana , il tempo endogeno o tempo-durata o chronon, geneticamente prescritto per la strutturazione
ontogenetica della competenza antigravitaria necessaria alla stazione eretta e alla deambulazione bipodalica, è di circa sette anni
dalla nascita: se durante i primi sette anni di vita, l’individuo non avrà avuto modo di relazionarsi opportunamente con il terreno ,
la competenza motoria per il cammino non potrà più essere conseguita e l’individuo non camminerà mai.
74
La straordinaria importanza del modulo comportamentale imitativo -- geneticamente indotto e prescritto per esigenze di
economia del sistema psico-energetico umano --, nella relazione con l’ambiente, risulta evidente, ad esempio, in sede riabilitativa,
quando il soggetto alle prese con un certo deficit neuropsicomotorio, deve faticosamente destreggiarsi nella difficile impresa di
imparare come eseguire un compito, semplice o complesso -- respirare, stare in piedi, camminare, parlare, manipolare, vestirsi,
orientarsi, eccetera -, che l’individuo normale -- lui stesso prima del danno neurologico --, esegue automaticamente, o dopo il
semplice esercizio imitativo, eventualmente seguito da opportuna elaborazione e integrazione.
Pag.
25
discriminazione raziocinante -- se così non fosse la specie umana non esisterebbe
neppure --. Il loro esercizio si realizza nella semplice interazione con l’ambiente, sulla
base di prescrizioni genotipiche e fenotipiche proprie della specie umana, hic et nunc.
Cosa dire dunque dell’esigenza adattiva filogeneticamente ascritta alla nostra facoltà
acustico-musicale -- o prerequisito neuropsicomotorio, per l’emissione e la trasposizione
sonora, vocale e strumentale, di una Gestalt di scansioni acustiche, che fa dell’essere
umano un essere poliritmico e polifonico --, e fenotipicamente evidenziata dalla
disponibilità di un sistema fonatorio tanto raffinato quanto versatile? Cosa dire del fatto
che solo in campo matematico e musicale è dato avere dei ‘bambini prodigio’75? Cosa dire
del fatto che non è indispensabile possedere il senso dell’udito, né per ascoltare né per
fare musica?
Se svincoliamo l’identificazione del fatto musicale, dal pregiudizio che per essere tale
debba essere ordinato entro una metrica tonale codificata, né che possa essere
conseguito al di fuori di un calcolato esercizio di solfeggio, la risposta alla nostra
perplessità ce la suggerisce Marius Schneider76 : la funzione adattiva filogeneticamente
ascritta alla straordinaria facoltà acustico-musicale umana, consiste precisamente nel
poter ridurre le dimensioni dello spazio sul piano acustico -- la musica conosce l’altezza, la
profondità, l’ampiezza, il movimento, l’armonia --, ed esprimere tutte le proprietà
qualitative, intensive ed estensive dei fenomeni senza ricorrere all’uso del pensiero
speculativo.
L’innata attitudine acustico-musicale umana, non solo accoglie in sé, ma in più consente
l’ideazione (pre-razionale), la produzione e la riproduzione (imitazione) sonora di tutte le
scansioni acustiche e matrici ritmiche che, come diremo, configurano l’intrinseca qualità
dinamica della realtà fenomenica. L’individualità umana, molto prima di esibire una
competenza per il linguaggio calcolato nell’ABC o nel solfeggio, incarna un essere
polifonico e poliritmico, capace di relazionarsi adattivamente con l’ambiente facendo
ricorso ad una attitudine fortemente ed efficacemente autonoma dalla relazione di
contiguità con l’ambiente stesso, una attitudine essenzialmente intuitiva e imitativa, prerazionale, che si svolge precisamente sul piano acustico, il piano naturale del simbolo,
inteso
come la eco (l’inconscio assoluto) dell’intrinseca capacità di risonanza -relazioni di fase (vedi Cap. III) --, del reale (il conscio).
Sebbene l’eco sembri figlia del suono -- scrive M. Schneider77 --, la sostanza del suono si
realizza e si percepisce solo nell’eco. Essendo l’universo una unità binaria (una diade),
ogni fenomeno o ogni tesi si limita e si determina con la sua antitesi. Ogni tesi riceve
anche la sua realtà cosmica dalla sua antitesi. Tesi e antitesi [i due fattori dell’antinomia,
n. d. r. ] costituiscono due fattori analoghi, ma invertiti78 l’uno rispetto all’altro. In un modo
generale, l’antitesi è lo specchio o il complemento necessario della tesi, salvo se si tratta
del suo aspetto puramente acustico. Nell’ambito acustico, tesi e antitesi - suono ed eco si riflettono senza essere invertite, mentre su tutti gli altri piani l’antitesi si riflette rovesciata
rispetto alla tesi.
Da L’insegnamento Zen di Hui Hai79 :
Il lettore troverà degli interessanti esempi di questa relazione tra matematica e musica nel libro di Oliver Sacks: L’uomo
che scambiò sua moglie per un cappello, Adelphi Edizioni, 1991, in particolare, I gemelli, cap. XXIII.
76
Gli animali simbolici , op. cit. , pag. 23 e segg. (modificato).
77
Ibid, pag. 328.
78
Sul processo di inversione vedi: Marie-Louise Von Franz, L’ombra e il male nella fiaba, Bollati Boringhieri, 1995; della
stessa autrice, Il mito di Jung, Bollati Boringhieri, 1990, in particolare ai capitoli 4 e 8.
79
Op. Cit. , pagg. 35-36-37.
75
Pag.
26
Domanda: Su cosa deve stabilirsi e dimorare la mente?
Risposta: Deve stabilirsi sul non-dimorare e là dimorare.
D. : Cos’è questo non-dimorare?
R. : Significa non lasciare che la mente dimori su nessuna cosa di alcun genere.
D. : E cosa significa questo?
R. : Dimorare su nulla significa che la mente non si fissa sul bene o sul male, sull’essere o
sul non-essere, sul dentro o sul fuori o da qualche parte tra i due, sul vuoto o sul nonvuoto, sulla concentrazione o sulla distrazione. Questo dimorare su nulla è lo stato in cui
essa deve dimorare; di coloro che lo raggiungono si dice che hanno la mente che non
dimora. . .
D. : A cosa somiglia la mente?
R. : La mente non ha colore, come verde o giallo, rosso o bianco; non è lunga né corta;
non svanisce né appare; è libera dalla purezza e dall’impurità allo stesso modo; e la sua
durata è eterna. È assoluta quiete. Questa, quindi, è la forma e l’aspetto della nostra
mente originale, che è anche il nostro corpo originale. . . .
D. : Con quali mezzi questo corpo o questa mente percepiscono? Possono percepire con
gli occhi, con le orecchie, il naso, il senso del tatto e la coscienza?
R. : No, non ci sono diversi mezzi di percezione come questi.
D. : Allora di che tipo di percezione si tratta, se è diversa da tutte quelle già menzionate?
R. : È la percezione per mezzo della vostra natura. Come può essere? Perché essendo la
vostra natura essenzialmente pura ed assoluta quiete, la sua ‘sostanza’ immateriale e
immobile è capace di questa percezione.
D. : Ma, poiché questa pura ‘sostanza’ non può essere trovata, da dove giunge questa
percezione?
R. : Possiamo paragonarla a uno specchio luminoso che, pur non contenendo alcuna
forma, può allo stesso modo ‘percepire’ tutte le forme. Perché? Proprio perché è libero
dall’attività mentale. Se voi, allievi della Via, aveste la mente senza macchia, essa non
darebbe origine a falsità e il suo attaccamento all’io soggettivo e agli oggetti esterni
oggettivi svanirebbe; allora la purezza sorgerebbe da sé e voi sareste quindi capaci di
questa percezione.
d. L’anima acustica
Dopo circa due milioni di anni -- la stima approssimata per difetto del periodo di
transizione tra le cronospecie H. abilis e H. sapiens, giunto a compimento intorno ai 100
mila anni fa circa --, la ridondanza adattiva e sovra-adattiva conseguita da vasti
insediamenti umani in buona parte del mondo innescò un enorme processo di
trasformazione delle dinamiche relazionali e sociali sino ad allora incontrastate, che
raggiunse il suo apice intorno ai 20 mila anni fa con H. sapiens et faber.
Possiamo immaginare -- scrive D. Bohm80 -- che forse in tempi antichi quegli esseri umani
che erano abbastanza saggi per cogliere il fatto che l’immisurabile è la realtà primaria
fossero anche abbastanza saggi per accorgersi che la ‘misura’ rappresenta una forma di
percezione di un aspetto secondario e dipendente, ma tuttavia necessario, della realtà.
Perciò questi antichi saggi concordavano forse con i Greci sul fatto che la misura potesse
introdurre ordine e armonia nella nostra vita, pur vedendo contemporaneamente, e forse
80
Universo mente materia , op. cit. , pag. 58.
Pag.
27
in maniera più profonda, che essa non può essere il fondamento ultimo della realtà. Quel
che forse questi saggi hanno detto è che quando la misura viene identificata con l’essenza
della realtà, questo è illusione.
Con H. abilis e H. erectus, molto tempo prima che il suono venisse contato e calcolato in
un linguaggio pensato , articolato e codificato secondo una metrica sempre più statica e
speculativa -- causale -- e sempre meno dinamica e imitativa -- acausale --, e molto tempo
prima che una valanga di vicessitudini dell’intelletto facesse il resto, migliaia di generazioni
umane si sono verosimilmente affidate alla loro attitudine acustico-musicale -- al registro
del simbolo --, nella individuazione e nella messa in atto delle loro strategie relazionali,
adattive e sovra-adattive, senza necessità o motivo alcuno di ricorrere all’ingiunzione di un
dio uno-e-trino, o di una idea significato-significante-referente, giacché ogni angolo del
cielo e della terra possedeva un’anima acustica -- invero anch’essa una-e-trina --, ed
ogni anima era posta in relazione reciproca da un qualche grado -- morfologico o mistico - di parentela81.
In questa visione antropomorfologicamente simbiotica-e-simbolica della realtà, l’anima
acustica presenta tre aspetti o tre gradi di ordine82 :
- un aspetto concreto, visibilmente finito e impermanente, il corpo fisico;
- un aspetto ambiguo, indirettamente tangibile, l’immagine allo specchio del corpo fisico,
l’ombra dello gnomone, il corpo psichico;
- un aspetto propriamente acustico-sonoro, esente da ordini di spazio-tempo, la matrice
tensoriale (vedi Cap. III) che assegna allla realtà fenomenica una qualità essenzialmente
vibrazionale, dotata di timbro e di ritmo -- nel linguaggio della elettrodinamica quantistica
parliamo di configurazioni di fase -- ; l’ordine fondamentale implicato nell’oggetto e nella
sua immagine, a loro superiore, il luogo dove dimora l’ombra dello gnomone quando il
Sole è allo Zenit-Nadir; essenza dell’ombra come la eco è essenza del suono.
Quest’anima acustica -- una nell’essenza-e-trina nell’esistenza83 --, costituzionalmente
rappresentata da due gradi di ordine, uno implicato nel ciclo spiroidale di trasformazione
energia-materia e tuttavia indipendente da fattori di tempo e di spazio -- il carattere
atemporale e non-locale della matrice tensoriale --, e l’altro essenziato e prescrittivamente
sostanziato dal primo ma, al contrario di questo, finito e impermanente -- il corpo fisico e
il corpo psichico --, ci rimanda al carattere indiviso della realtà proposto da David Bohm
nella sua distinzione tra ordine implicato e ordine esplicato.
Nell’ordine implicato o inviluppato, lo spazio e il tempo non sono più fattori dominanti che
determinano i rapporti di dipendenza o indipendenza dei vari elementi costitutivi della
realtà.
È invece possibile una connessione fondamentale fra gli elementi, un ordine
irriducibilmente implicato , di tipo completamente diverso, una connessione prescrittiva e
nascosta che fa da base ai nostri concetti ordinari di spazio e tempo, e dalla quale questi
concetti sono derivabili come forme astratte in un ordine descrittivo che Bohm chiama
ordine esplicato o sviluppato, una ‘forma particolare e notevole’ contenuta e derivata dalla
totalità generale degli ordini implicati . Secondo la sua concezione generale della realtà,
ciò che è è il movimento, e la totalità del movimento di inviluppo e sviluppo è da lui definita
olomovimento, il fattore veramente fondamentale, irriducibilmente implicato, da cui tutti
gli oggetti e gli accadimenti costitutivi della realtà derivano come subtotalità di
movimento relativamente autonome o indipendenti. Ciò che rende difficoltoso
l’impiego di questa proposizione, rileva Bohm, è che correntemente il movimento viene
L’anima acustica altro non è che la matrice vibrazionale, dotata di ritmo e timbro propri, di ogni fenomeno energetico.
Cfr. , C. G. Jung, La psicologia dell’inconscio, op. cit. , pagg. 61-62-63.
82
Cfr. : M. Schneider, Gli animali simbolici , op. cit. , pagg. 10-11-12.
83
Cfr. , C. G. Jung, La libido, simboli e trasformazioni, op. cit. , pag. 153 e pag. 184.
81
Pag.
28
inteso come relazione di posizione di un oggetto rispetto ad un altro, nel contesto di uno
spazio-mondo esteso tra ciò-che-è (tesi) e ciò-che-non-è (antitesi), tra un essere inteso
come qualcosa di esistente contrapposto a un non-essere concepito come qualcosa di
inesistente, un nulla, il che porta a considerare il movimento come attributo necessario e
sufficente a definire ciò-che-è. . . diverso dal nulla. Nel contesto dell’ordine implicato
bohmiano, invece, il movimento indica una relazione tra certe fasi di ciò-che-è e altre fasi
di ciò-che-è, a diversi stadi di inviluppo, esculdendo l’idea del nulla dalla visione della
realtà, così come la fisica delle particelle ha escluso l’idea di spazio-vuoto della fisica
newtoniana dalla nozione di assenza di materia. La sostanza della realtà, intesa come
totalità indivisa, risiede allora proprio in questa dinamica relazionale tra ciò-che-è
implicato e ciò-che-è esplicato,
nel contesto di uno spazio-mondo essenziato
dall’olomovimento. Qui, nel turbinio di innumerevoli fasi e stadi di inviluppo e di sviluppo,
la realtà acquisisce un carattere multidimensionale e una qualità multiritmica essenziale.
Sul piano della trasposizione sonora di una scansione acustica, il carattere
multidimensionale e la qualità multiritmica della realtà emergono con evidenza, ad
esempio, nell’ascolto della musica.
In un certo momento -- scrive Bohm84 -- viene udita una certa nota: ma nello stesso tempo
alcune delle note precedenti continuano a ‘riverberare’ nella coscienza. Facendo
attenzione, scopriamo che proprio alla simultanea presenza e attività di questi ‘riverberi’
dobbiamo il senso immediato e direttamente percepito di un movimento fluido e continuo.
Se ascoltiamo una sequenza di note tanto staccate l’una dall’altra che non c’è questo
riverbero, va perduto anche il senso di movimento vivente e indiviso che dà forza e
significato alla musica. È chiaro che non percepiamo l’effettiva realtà di questo
movimento unitario ‘trattenendo’ il passato, ricordando una sequenza di note e
confrontandola con il presente. Facendo ulteriormente attenzione, scopriamo che i
‘riverberi’ che rendono possibile questa esperienza non sono ricordi, bensì trasformazioni
attive di ciò che è venuto prima, in cui sono presenti non solo un diffuso senso dei suoni
originari, con un’intensità che decresce con il passare del tempo trascorso dal momento in
cui sono stati uditi, ma anche varie risposte emotive, sensazioni corporee, movimenti
muscolari incipienti e l’evocazione di un’ampia gamma di ulteriori significati, spesso molto
sottili. Possiamo così formarci un’impressione diretta di come una sequenza di note venga
inviluppata in molti livelli di coscienza e come, in qualsiasi momento, le trasformazioni che
emanano da varie note così inviluppate si compenetrino e si mescolino dando luogo ad un
senso immediato e primario di movimento. (. . . . )In questa esperienza c’è un senso
simultaneamente di tensione e di armonia fra le varie trasformazioni compresenti; e
questa tensione [simile a un arco voltaico in cui si trovi sospesa la scintilla della
sensazione, n. d. r. ] è in effeti il fenomeno primario nella percezione della musica come
fluido e indiviso movimento.
Ascoltando musica perciò percepiamo direttamente un ordine implicato. E quest’ordine è
evidentemente attivo, nel senso che fluisce continuamente in risposte emotive, fisiche e di
altro genere che sono inseparabili dalle trasformazioni che lo costituiscono.
[In ciò anche risiede]85 il concetto di una realtà di dimensione più alta che si proietta in
elementi di dimensione inferiore, i quali non solo presentano una relazione non-locale e
acausale fra loro, ma anche esattamente quel tipo di mutuo inviluppo [che intercorre tra,
n. d. r. ] la mente e il corpo. Perciò siamo condotti a proporre ulteriormente che la realtà
più ampia, profonda e interna non sia né mente né corpo, ma piuttosto una realtà di
dimensione più alta, che è il loro fondamento comune e la cui natura li trascende
entrambi. Mente e corpo sono allora soltanto delle subtotalità relativamente indipendenti,
84
85
Universo mente materia, op. cit. , pagg. 262-263.
Ibid. , pag. 274.
Pag.
29
la cui relativa indipendenza deriva dal fondamento di dimensione più alta in cui essi sono
in senso ultimo una cosa sola (così come la relativa indipendenza dell’ordine esplicato ha
il suo fondamento nell’ordine implicato).
(. . . . )Perciò non diciamo che mente e corpo esercitano influenze causali l’una sull’altra,
bensì che i movimenti di ambedue sono effetto di ‘proiezioni correlate’ di un fondamento
comune di dimensione più alta.
4. Ritmo e timbro tra simbolo vivo e simbolo difettivo
Da un lato la visione del mondo come sistema di campi vibranti o insiemi di proiezioni
acustiche correlate, contraddistinte da ritmi e timbri propri, (da cui le forme e gli
accadimenti della realtà fenomenica vanno e vengono, esibendo ora un carattere
corpuscolare
-- morfologico -- e ora un carattere ondulatorio -- sonoro --), e
dall’altro lato l’essenzialità del movimento nelle forme e il carattere fluttuante dei
fenomeni, costitiscono il motivo centrale e portante dei sistemi relazionali delle tarde
culture totemiche di H. erectus e delle successive culture megalitiche di H. sapiens.
Dall’esperienza quotidiana del dualismo permanente della vita e della Natura, così
evidente nell’esistenza dei due sessi e nello scambio perpetuo della luce e dell’oscurità, ai
nostri lontanissimi progenitori -- che per quanto siano lontani nel tempo vivono in noi --,
dovette sembrare istintivamente necessario il fatto che nessun fenomeno determinato può
costituire una realtà intera, ma solo una parte o la metà di una totalità indivisa. Là dove il
tardo pensiero formalista e speculativo degli insediamenti stanziali di H. sapiens -- culture
paleolitiche --, tende ad accentuare l’aspetto statico delle forme86 e il loro profilo
ideologico puro e strettamente geometrico87, guardando al movimento dentro una forma
come ad un aspetto accidentale della idea pura -- simbolo difettivo --, o del segno
geometrico corrispondente -- feticcio --, nel tardo pensiero totemico di H. erectus ed in
quello megalitico di H. sapiens -- secondo il quale non c’è oggetto o accadimento in
questo mondo che non abbia voce, suono, vibrazione, eco --,
l’instabilità e
l’impermanenza delle forme e delle loro ombre non permette di considerarle come reali,
bensì come quasi reali: solo il ritmo del movimento che le penetra le eleva alla realtà, e la
manifestazione più alta ed essenziale di questo ritmo, il ritmo sonoro, si svolge sul piano
acustico. In questa viscerale relazione simbiotica, intuitiva e imitativa tra uomo e ambiente
-- dove esistere è vibrazione --, i ritmi dei movimenti implicati ed esplicati negli oggetti
producono le sensazioni nell’uomo, che questi trasforma in forme sonore in una relazione
acustico-musicale che anziché essere elaborata-e-codificata in una metrica lineare e
predicativa, è solo vissuta, tramandata per via diretta, non-lineare e imitativa: il ritmo
(ritmo-simbolo) impresso imitativamente al suono emesso (grido-simbolo) per essere
quella determinata forma o fenomeno -- relazione di continuità --, rappresenta, anzi è
l’essenza stessa di quella forma o fenomeno (il ritmo del movimento-suono-voce che
penetrandolo lo eleva alla realtà), il cui aspetto concreto, grossolano, formale risulta
espresso, anzi è nel timbro assegnato al suono emesso.
Ecco come si esprime Schneider88 a proposito di questa singolare trasposizione di tutte le
proprietà del reale sul piano acustico:
L’antico ritmo-simbolo rappresenta un istante psicologico assolutamente univoco, un
gesto chiaro, che cristallizza il ritmo della verità plastica di un movimento determinato,
86
I megaliti e i dolmen sono espressioni concrete e tangibili di questa tendenza.
Spirali, losanghe, linee a zig-zag, , cerchi e altri motivi geometrici incisi sulla roccia, rinvenuti e tutt’ora visibili in molti
luoghi sacri delle tarde società megalitiche (10000-5000 anni fa), testimoniano proprio di questa svolta culturale nella relazione col
mondo.
88
Gli animali simbolici , op. cit. , pagg. 41-42.
87
Pag.
30
mentre il simbolo difettivo (il feticcio), per la sua stessa origine e per il suo materiale, è
destinato ad essere solo l’espressione statica di un’idea. Il grido-simbolo è un ritmo
vissuto ed uno specchio della Natura; il feticcio è un ritmo pensato che riflette
un’intenzione. Il simbolo difettivo, confrontato con il simbolo vero, è un oggetto morto, al
quale l’intelligenza umana può solo ispirare un’apparenza di vita o investirlo di un
significato intellettivo.
(. . . . )Il deviare dalla imitazione realistica produce una delle crisi spirituali più gravi della
storia umana, perchè, invece di continuare a conoscere il proprio ambiente grazie
all’imitazione dei ritmi naturali, l’essere umano, per mezzo di ritmi artificiali, si volge verso il
pensiero speculativo. Lo sviluppo dell’intelligenza discorsiva comincia a distruggere la
percezione di una serie di insiemi naturali e la riflessione speculativa si pone a selezionare
determinati elementi della forma totale, sperando, dall’estrema accentuazione o dalla
soppressione di alcune parti individuali della forma totale, un aumento specifico delle forze
naturali.
L’uomo-mago della tarda cultura megalitica di H. sapiens, invece di operare dentro la
Natura si pose di fronte ad essa, sfidandola; invece di conformarsi alle leggi della Natura,
tentò di sottometterla e dominarla; invece di vivere i ritmi e i tempi della vita, cominciò a
pensare la vita, dividendo il tempo e portando a conoscere l’ordine della successione dei
valori brevi e lunghi di un movimento, mediante l’applicazione di una metrica codificata;
invece di cantare o di emettere suoni-simbolo, fabbricò strumenti raffinati con forme o
ornamenti di animali per fare musica e fare divinazione, trasformando il simbolo vivo in
simbolo difettivo, in metafora, unità concreta asservita al calcolo.
Ogni simbolo -- scrive Schneider 89 -- è un insieme ritmico che comprende i ritmi comuni
ed essenziali di una serie di fenomeni, i quali rimangono sparsi su piani differenti grazie ai
loro ritmi secondari.
(. . . )Essendo il ritmo essenziale, il simbolo costituisce la più alta realtà dei fenomeni; ma
tale simbolo non rappresenta un valore, bensì è un valore. Non costituisce l’oggetto
completo che esso rappresenta, ma emette solo l’occulto ritmo essenziale (acustico) di
questo oggetto. La realtà del simbolo si basa sull’idea che l’ultima realtà di un oggetto sta
nel suo ritmo ideale e non nel suo aspetto materiale. La riduzione di tutti i fenomeni ad
una serie di ritmi-simboli costituisce forse il tentativo più antico di giungere al pensiero per
generalizzazioni; ma occorre notare che codesto genere di generalizzazioni , nel suo
orientamento, non ha niente in comune con ciò che ordinariamente si intende per
‘generalizzazione’ nella storia della evoluzione dell’intelligenza umana. Questa nozione di
logica esprime abitualmente una comunanza di caratteri morfologici; mentre la
generalizzazione di cui trattiamo qui indica una parentela mistica. Le nozioni generali suono, colore, animale, pianta, strumento - indicano unità morfologiche. Se, al contrario, la
mistica primitiva pone in relazione quell’individuo con quella pianta o quell’animale
determinato mediante una nozione generale, è perché questi tre fenomeni sono invasi
nello stesso momento dallo stesso ritmo-simbolo. Così si incrociano costantemente le due
parentele possibili, una generale, formale e orizzontale, costituita dall’ordine morfologico
che è usuale anche a noi, e un’altra perpendicolare, che riunisce i tipi misticamente
imparentati.
5. Dove vivere ed esistere si incrociano
89
Ibid, pagg. 37-38.
Pag.
31
Essendo morta la moglie di Tchouang tseu, Houei tseu andò a prestargli le sue condoglianze. Trovò
Tchouang tseu seduto con le gambe divaricate a forma di van che cantava, battendo il tempo su una
scodella. Houei gli disse:
- Che non piangi la morte di colei che fu la compagna della tua vita e che allevò i tuoi figli è già
molto, ma che canti percuotendo la scodella è veramente troppo!
– Affatto, disse Tchouang tseu. Al momento della sua morte, naturalmente fui afflitto per un
momento, ma pensando all’inizio, scoprii che all’origine lei non aveva vita: non solo ma
neppure aveva forma, e non solo nessuna forma ma neppure respiro. Qualcosa di sfuggente e di
inafferrabile si trasforma in respiro, il respiro in forma, la forma in vita ed ora ecco la vita si
trasforma in morte. Tutto ciò assomiglia al succedersi delle quattro stagioni dell’anno. In
questo momento mia moglie dorme tranquillamente nella grande Casa. Se io mi lamentassi
singhiozzando rumorosamente, questo significherebbe che non capisco il corso del Tao. Ecco
perché non lo faccio.
–
Tchouang tseu, cap. XVIII
A differenza degli altri animali, il cui comportamento è univoco (ricorsivo, stereotipato),
dominato dall’imperativo esistere -- senza necessità alcuna di ricorrere all’ingiunzione del
giudizio --, l’essere umano è un animale tendenzialmente equivoco, costituzionalmente
imprevedibile, capace di eccedere se stesso, determinato dalla necessità di conciliare
l’esistere con il vivere, conciliare ciò che non dipende da lui, o dipende da lui solo
prescrittivamente -- quasi accidentalmente,
come l’assolvimento dell’esigenza
90
riproduttiva --, con ciò che invece dipende da lui, che è di sua competenza, come
assegnare alla propria esistenza una collocazione discriminante in termini di
rappresentazione interna della realtà esterna, di significati, di finalità e di priorità
comportamentali. In seguito a ciò, l’assunzione di un sistema di parentele e di
connessioni transpersonali e transgenerazionali,
costituisce una condizione
indispensabile perché l’umano incedere sulla via della ri-conciliazione dell’esistere con il
vivere si compia, dacché non la solitudine, bensì la privazione o l’assenza di una
vivificante relazione di continuità col mondo, può negare all’esistenza le risorse
necessarie perché possa essere vissuta e trascesa: Vi è forse una qualsiasi altra verità -scrive Jung91 -- sui fini ultimi migliore di quella che ci aiuta a vivere?
E a quali risorse, adattive e sovra-adattive, poteva fare ricorso la vita dei nostri lontani
progenitori, se non a quelle provenienti dalla loro anima acustica (una-e-trina)? Su quali
rapporti di parentela avrebbero potuto fare affidamento, le migliaia di generazioni umane
che per decine di migliaia di anni hanno transmigrato su questo pianeta -- al tempo in cui
le orme degli insediamenti umani non erano ancora impronte --, se non su quelli
provenienti dalla loro relazione di continuità col mondo? Di loro si potrà dire di tutto tranne
che non seppero ascoltare e vivere il suono del silenzio, la cui eco riverbera nell’assenza
d’ombra dello Zenit-Nadir.
90
Il processo di civilizzazione - scrive Aldo Carotenuto nella sua introduzione a Elementi di psicologia, op. cit. ,
pag 12 - ha portato l’uomo a dominare la sua natura attraverso la volontà, la ragione, la logica. Ma tale natura messa a tacere
continua a lavorare dall’interno con la sua sete di libertà [dalla ‘moralità’ - n. d. r. ]. L’uomo moderno e civilizzato ha rinunciato a
gran parte del suo istinto procreativo per il quale è provvisto di enorme energia, ha massificato ed appiattito il suo lavoro e si è
allontanato da quelle che sono le necessità materiali, contingenti, come le carestie o il bisogno di un riparo. La grande energia
rimasta a disposizione dell’individuo è stata incanalata nello sforzo pressante di accumulare denaro e privilegi personali. La
frattura provocata dalla nevrosi dipende proprio dal fatto che la coscienza umana presta ascolto a un ideale morale, mentre
l’inconscio lavora a favore della propria immoralità.
91
In: Marie-Louise Von Franz, Il mito di Jung, op. cit. , pag. 145.
Pag.
32
L’anima -- scrive Jung92 -- è la personificazione dell’inconscio. La forza determinante che
opera da queste profondità è rappresentata dall’anima, cioé crea simboli, immagini, ed
essa stessa non è che immagine. In queste immagini essa trasmette alla coscienza la
forza dell’inconscio. Quindi l’anima è un organo che contiene e trasmette, un organo di
percezione per contenuti inconsci. L’anima percepisce simboli. Ma i simboli sono energie
(forze) formate, cioé idee determinanti che hanno un valore nella stessa misura intellettivo
e affettivo.
Ecco perché diciamo che oltre due milioni di anni di generazioni umane, non sono
trascorsi nella trepidante attesa che la bacchetta ideologica del calcolo speculativo di H.
sapiens et faber trasformasse uomini bestie in uomini umani, finalmente baciati dalla
grazia divina o dalla capricciosa lungimiranza della ratio-ratio.
Conciliare l’esistere con il vivere: così si incrociano le due parentele possibili, una
orizzontale, immanente, morfologica, lineare, finita, e l’altra verticale, simbolica, acusticovibrazionale, non-locale e acausale, che dando vita ad una croce relazionale93 tesa tra
Est (sinistra) e Ovest (destra) sul piano orizzontale, Zenit (sopra) e Nadir (sotto) sul piano
verticale, colloca (quadratura del cerchio) l’essere umano al cospetto di un disegno
incalcolabile la cui immagine, nella tarda cultura megalitica, è la spirale una-e-trina94, il
cui motivo ricorre nei reperti archeologici e paleoarcheologici di tutto il mondo 95.
Quale probabilità di prosperare avrà l’essere umano che anziché vivere la propria umanità
si pone al di fuori di essa dedicandosi a fare la vita?
L’uomo-scienziato della tarda cultura teocentrica e tecnocentrica di H. sapiens sapiens
(culminata ieri nel concretismo positivistico), anziché operare dentro l’umanità si pone
fuori di essa, sfidandola; invece di accordarsi con la voce della natura umana, tenta di
redimerla e dominarla; invece di ri-conciliare l’esistere con il vivere, dedica il suo tempo e
le sue energie ad esorcizzare la sua caducità, a fabbricare strumenti in grado di
catapultarlo alla conquista dello spazio, quando l’unica conquista su cui dovrebbe
concentrarsi è la conquista di se stesso.
Quante probabilità di prosperare avrà una umanità condannata alla felicità, alla rimozione
della sofferenza e della vulnerabilità, resa malaticcia e sterile dalla sistematica assunzione
degli antidoti di turno, allergica alle polveri e ai pollini, allergica all’imprevedibilità della
vita?
Dove si sta dirigendo questa nostra umanità moderna, che avvelena il proprio corpo, la
propria anima e i propri affetti con l’imperativo dell’usa e getta, dell’abuso e del sopruso
quotati in borsa (il dominio delle leggi della finanza: che enorme fregatura per l’umanità!)?
Verso l’Era dell’Acquario, tra i lombi di Australopithecus africanus, diritta in culo al mondo
virtuale inscenato dall’infame rifiuto di accettare il rischio della vita: solo una vita contorta
e avvizzita dalla centralità del calcolo e del profitto, può pascolare nel tratto che dai denti
porta ai lombi!
6. L’idea di un principio creatore universale: il sogno si ripete
92
In: Tipi psicologici, Newton Compton Editori, 1993, pagg. 201-202.
Cfr. : Marie-Louise Von Franz, L’ombra e il male nella fiaba, Bollati Boringhieri, 1995, da pag. 39 a pag. 44.
94
Esemplare, a questo proposito, è la tripla spirale incisa sull’enorme masso (lungo 3. 2 m e alto 1. 6) posto davanti
all’ingresso del luogo sacro di epoca neolitica a Newgrange (Irlanda).
95
Cfr. : Atlante dei luoghi misteriosi, Istituto Geografico De Agostini (Novara), 1988, trad. di Daniela Maschera.
93
Pag.
33
L’uno diventa due, il due tre, e dal tre esce l’uno come quarto, così recita l’assioma di
Maria la profetessa, che attraversa come un leitmotiv il periodo di millesettecento anni di
storia dell’alchimia.
Ovvero: Il Regno dei Cieli è come il lievito che una massaia ha affondato in tre misure di
farina. Ed ecco che tutta la pasta fermenta. (Matteo: 13. 33)
Se in ciò risiede il mistero della creazione, il Padre il Figlio e lo Spirito Santo della
tradizione giudaico-cristiana sono solo simboli difettivi e feticci di una decadenza etica e
spirituale che, nel calcolato conteggio di una epocale spartizione di interessi tra esattori di
un’anima immortale ed esattori di un corpo mortale, recide alla radice l’incalcolabile
relazione di continuità tra Cielo-Uomo-Terra, decretando la rimozione di una umanità -quella capace di eccedere se stessa96 --, per amplificarne un’altra, quella feticistica e
tecnologico-mercantile così cara alla nostra modernità97.
Come nel linguaggio e nel pensiero primitivo, la progressione musicale non costituisce
una densa successione di idee diverse in una frase, -- scrive M. Schneider98 -- ma si
riduce a ripetere la stessa idea in forme variate. I temi nuovi si formano per evoluzione o
trasformazione lenta del tema iniziale o derivano dai temi precedenti in virtù della legge di
tesi e antitesi. I movimenti si raggruppano e si succedono nel tempo, senza che nessuno
di essi sia la causa dell’altro. Tesi e antitesi hanno origine dalla forza creativa e spontanea
dell’insieme ritmico, i cui elementi non determinano successivamente l’andamento
dell’insieme ma, al contrario, l’insieme stesso determina l’andamento delle parti singole.
Trasferito nel contesto dell’universo fenomenico -- della pasta che fermenta, del
Sangsara99--, il profilo della forza creativa e spontanea dell’insieme ritmico affiora dal
principio di auto-organizzazione della materia, ovvero dalla dinamica prescrittiva, che
intercorre tra le relazioni di fase dell’insieme ritmico, inviluppato nel sistema oscillante
energia-materia, quell’insieme di oggetti fisici fondamentali (onde-particelle), che la fisica
contemporanea descrive come sempre fluttuanti, dotati di movimento intrinseco, che li fa
vibrare con un certo ritmo e con un certo timbro100 .
Sarebbe cioè pensabile -- scrive C. G. Jung, in ‘La libido, simboli e trasformazioni’, op. cit. , pag. 212 -- che l’uomo
non volesse più bene al suo prossimo per “amore di Cristo”, ma perchè comprende che l’umanità, e quindi lui stesso, non potrebbe
sopravvivere se, nel gruppo, l’uno non fosse disposto a sacrificarsi per l’altro. Sarebbe la via dell’autonomia morale, della
completa libertà, se l’uomo volesse, senza coercizione esterna, ciò che egli deve fare, e questo in base all’insight, senza illudersi
attraverso la fede nei simboli religiosi. (. . . . . . ) Io penso che la fede dovrebbe essere sostituita dalla comprensione, in modo da
conservare la bellezza del simbolo ma allo stesso tempo essere liberi dalla conseguenza negativa della sottomissione a una
credenza. Questa sarebbe la guarigione psicoanalitica della credenza e della miscredenza.
97
Nel nome di una Verità rivelata, l’anima cessa di essere una-e-trina per diventare una e trina, e l’individualità umana,
sospinta alla deriva di un oceano prosciugato nella pretesa di legittimare l’esistenza del mondo nominandolo, arena nella
pozzanghera dei suoi totem-tabù: il prezzo del benessere.
98
Gli animali simbolici , op. cit. , pag. 124.
99
Nella tradizione indo-asiatica, il Sangsara o Samsara indica l’Esistenza Fenomenica, la Catena delle Rinascite, il Ciclo
delle esistenze, la Tesi, in opposizione alla sua Antitesi: il Nirvana, lo Stato di Emancipazione o di Liberazione dal Sangsara, il
Regno dei Cieli, il Quattro che attenendosi alla sua radice (l’Uno-non-nato) dimora in uno stato di beatitudine esente dal divenire.
Secondo l’Insegnamento del Maitri Upanishad (VI. 34):
Il Sangsara [come il Nirvana, n. d. r. ] non è altro che il proprio pensiero.
Con lo sforzo, perciò, si dovrebbe purificare il pensiero.
Ciascuno diventa quello che pensa.
Questo è il mistero eterno,
100
Il ritmo , è l’indice temporale di quello stato di un sistema oscillante multifrequenziale, che si realizza quando la
dinamica delle frequenze costitutive del sistema è accordata --per accoppiamento di fase-- sul periodo di una frequenza
fondamentale. Il timbro , è il prodotto delle relazioni di interferenza, tra le intensità delle frequenze secondarie -- armonici -- e
l’intensità della frequenza fondamentale.
96
Pag.
34
Visto in un contesto cosmogonico, il profilo della forza creativa e spontanea del nostro
Universo potrebbe rivelarsi nel big-bang , sotto forma di principio induttore delle relazioni
di fase di una quantità di moto originaria.
Nel nostro approccio, -- scrive Bohm101 -- il big bang va considerato soltanto come
un’increspatura. Un’interessante immagine è fornita dal fatto che a volte in mezzo a uno
degli oceani terrestri una miriade di piccole onde si incontrano casualmente con ‘relazioni
di fase’ tali da concentrarsi tutte in una regione spaziale ristretta, producendo una grande
onda che emerge improvvisamente come dal nulla. Forse una cosa del genere può essere
accaduta nell’immenso oceano dell’energia cosmica, creando un impulso improvviso che
ha dato origine al nostro ‘universo’. L’impulso sarebbe esploso verso l’esterno,
rompendosi in increspature minori che continuano a espandersi, formando il nostro attuale
‘universo in espansione’.
Sul piano del simbolo, infine, la forza creativa e spontanea di questo insieme ritmico, che
è l’universo -- dove non vi è oggetto o evento che non sia essenziato di suono, voce,
vibrazione, eco --, risiede nella intersezione del Due (il Principio della Polarità, la
Tensione fra gli Opposti), con il Tre ( il Principio del Moto ), la cui radice affonda
nell’irriducibile dinamismo di una unità polare bisessuata e totopotente : l’Uno-nato non
ancora diviso nel Quattro.
L’idea di un principio creatore universale -- scrive Jung102 -- è una proiezione della
percezione dell’essenza che vive nell’uomo stesso. Per escludere fin d’ora tutti gli equivoci
vitalistici la cosa migliore è concepire astrattamente questa essenza come energia. Però è
necessario respingere anche la ipostatizzazione del concetto di energia introdotto dagli
energologi moderni. Il concetto di energia definisce anche il concetto di antinomia, perché
l’attività energetica presuppone l’esistenza di un’antinomia, cioé di due stati diversi senza i
quali nulla può aver luogo. Ogni fenomeno energetico (e non esiste fenomeno che non sia
energetico) ha un inizio e una fine, un’arsi e una tesi, un punto caldo e un punto freddo,
un prima e un dopo, un’origine e un traguardo ecc, è caratterizzato cioé da coppie di
opposti. Il concetto di antinomia è inscindibile dal concetto di libido. Perciò i simboli
mitologici o filosofici [come quelli scientifici, n. d. r. ] sono rappresentati direttamente da
opposti o sono interpretabili come opposti.
Le manifestazioni di ciò che è Trino nell’esistenza procedono unicamente da ciò che è
Uno nell’essenza: ed ecco che tutta la pasta fermenta.
Ma perché? Perché l’Universo appare come una diade di Tesi e Antitesi se la sua
essenza le trascende entrambe? Perché deve darsi un Uno che si manifesta nella
moltitudine dei molti, che soffia sulla sofferenza di ciò che essendo composito e finito -- il
cinque103 --, è destinato a disgregarsi, a deperire? Perché gli uomini devono affidarsi a un
Dio Padre onnipotente creatore del Cielo e della Terra -- Geova, Ishvara, Allah, ecc. --,
quando l’anelito ad un principio creatore universale può solo giovarsi dell’accorta rinuncia
a travestimenti teocentrici104?
Cos’è meno reale: la realtà dei sogni o la realtà del soggetto che li sta sperimentando
come reali?Cos’è più reale: la realtà di un corpo o la realtà di un pensiero?
101
Universo mente materia , op. cit. , pag. 254.
In: Tipi psicologici, op. cit. , pag. 165.
103
I cinque colori accecano l’occhio dell’uomo. Le cinque note assordano l’orecchio dell’uomo. I cinque sapori guastano la
bocca dell’uomo. (Tao te ching, , op. cit. , cap. XII)
104
Il concetto di Dio -- scrive C. G. Jung, in ‘La psicologia dell’inconscio’, op. cit. , pag. 64 -- è infatti una funzione
psicologica assolutamente necessaria di natura irrazionale, che non ha niente a che vedere col problema dell’esistenza di Dio.
Poichè quest’ultimo problema è uno dei più stupidi che si possa porre.
102
Pag.
35
Note conclusive
Le manifestazioni della grande Virtù [la Trinità, la Trimurti, l’anima trina -n. d. r. ]
procedono unicamente dalla Via [‘e dal tre esce l’uno come quarto’-n. d. r. ]. La Via è
qualcosa di assolutamente vago e inafferrabile. Benché inafferrabili e vaghe, all’interno di
essa vi sono delle immagini. Benché impenetrabili e oscuri, all’interno di essa vi sono dei
germi. Questi germi sono molto reali, all’interno di essi risiede l’infallibilità.
Tao te ching, cap. XXI
Causa, effetto, verità, interno-esterno, pieno-vuoto, realtà e sogno sono solo categorie
mentali, sono parti della mappa non del territorio, sono aggregati del nostro corpo fisicocorpo psichico così caparbiamente avvezzo al calcolo, da non poter fare a meno di
considerarli come dati di fatto assoluti. Ma ciò di cui possiamo e dovremmo fare a meno,
è proprio cadere nell’errore di identificare la mappa con il territorio, confondere il senso
della nostra rappresentazione interna della realtà esterna con l’eccedenza di senso della
nostra anima acustica. Per quanto sofisticata possa essere la misura da noi adottata
nell’investigazione della realtà, dovremmo essere abbastanza pragmatici da attenerci al
fatto che l’immisurabile è la realtà primaria e irriducibile a coltello e forchetta. Per quanto
ardite e avveniristiche possano essere le nostre invenzioni e le nostre scoperte,
dovremmo essere abbastanza accorti da avvederci del fatto che il nostro universo di
oggetti separati, di relazioni, di tesi e antitesi, di morti e rinascite, equivale al sogno
tangibilmente significativo e percettibilmente reale del soggetto che lo sperimenta come
tale: Un universo capace di produrre osservatori è un universo scisso. . . . . Il mondo è
certamente se stesso (vale a dire, in-distinto da se stesso), ma, ogni qualvolta tenta di
vedersi come oggetto, deve, altrettanto certamente, fare in modo di rendersi diverso da (e,
perciò, falso rispetto a) se stesso. In questa condizione sempre sfuggirà in parte da se
stesso. 105
Se in se stesso l’universo non può neppure essere concepito come composto di unità
discrete -- quantizzate --, senza incorrere nel principio di indeterminatezza di
Heisenberg106 e sfuggire in parte da se stesso, e se in se stesso l’essere umano non può
neppure essere concepito come composto di solo spirito -- divinizzato --, senza incorrere
nel rischio di sbattere il muso contro a un muro e farsi male, un universo come diade di
tesi e antitesi, di causa ed effetto, è sì falso rispetto a se stesso -- non più di quanto non lo
sia un universo di padri onnipotenti o di spirali acustiche --, ma non rispetto al soggetto
che lo sperimenta come tale: tolto il soggetto che sta sperimentando l’oggetto del suo
sogno, cosa rimane?
Non si tratta perciò di vedere qualcosa d’altro da questo mondo -- rileva Luigi Aurigemma
nell’introduzione al libro di C. G. Jung La saggezza orientale107 -- nella sua profusione
infinita di esseri e di avvenimenti piccoli e grandi, ma di vedere diversamente, di vedere
dal luogo stesso interiore in cui s’apre l’infinito presente della creazione. ‘Odi il mormorio
105
G. Spencer-Brown, cit. in Caoticamente, op. cit. , pag. 83.
Werner Heisenberg , premio Nobel per la fisica nel 1932, dimostrò che non è possibile trovare un metodo per determinare
rigorosamente la posizione di una particella subatomica senza che resti una totale incertezza sul suo moto. Reciprocamente, non è
possibile determinare con precisione il moto di una particella senza che resti una notevole incertezza sulla sua posizione. Calcolare
entrambe esattamente, nello stesso istante, è impossibile.
107
Op. cit. , pag. XV.
106
Pag.
36
del ruscello?’, domanda il maestro. Questo è infatti quello che conta, udire veramente,
udire altrimenti. 108
CAPITOLO TERZO
SULLA NATURA DELLA MENTE UMANA
dimensione psichica - psichismo - mente
- parte prima -
1. Accoppiamenti di fase e dominii di coerenza: la genesi della materia
Educando l’uomo all’ascolto della sua parte in ombra -- scrive A. Carotenuto nella introduzione a Elementi di
psicologia, op. cit. , pag. 13 -- lo si aiuta a comprendere e ad amare anche gli altri, a capire che una maggiore tolleranza e una
minore ipocrisia nei confronti di se stessi impediscono alla fine di proiettare sul mondo le proprie miserie quali l’ingiustizia e la
violenza di cui siamo vieppiù circondati e che traspaiono con manifestazioni sempre più cruente e al di là di ogni presunto
progresso civile.
108
Pag.
37
Ho evitato il termine razionalismo -- scrive C. G. Jung109 --, perché il pensiero concreto,
empirico, è razionale quanto il pensiero attivo, ideologico. Entrambe le forme di pensiero
sono governate dalla ratio. Inoltre non esiste solo un razionalismo logico, esiste anche un
razionalismo affettivo, perché il razionalismo è un atteggiamento psicologico generale
basato sulla razionalità del pensare e del sentire. Questa mia concezione del concetto di
razionalismo è di proposito in contrasto con quella storico-filosofica, che usa il termine
razionalistico nel senso di ideologico o concepisce il razionalismo come primato dell’idea.
Nell’attuale stato di comprensione della biologia e delle neuroscienze, ci si trova di fronte
ad un punto di crisi, un punto di non ritorno analogo a quello maturato nel dualismo tra
atomi e onde elettromagnetiche, che all’inizio del secolo portò la fisica a scindersi in una
fisica dei sistemi meso e macroscopici -- fisica newtoniana o classica o delle medie
dimensioni --, ed una fisica dei sistemi ultramicro e ultramacroscopici -- fisica delle
particelle o quantistica, fisica relativistica e astrofisica --.
Da un lato, esiste una indiscutibile evidenza a sostegno dell’esistenza di una specifica
base atomico-molecolare per ogni funzione biologica e neuropsicologica, con specifici
processi e sequenze, ordinati secondo una logica non lineare, di reazioni chimiche.
Dall’altra parte esiste anche l’evidenza teorica e l’indizio sperimentale, che questa
dinamica molecolare possa interagire con campi elettromagnetici di frequenza specifica.
In particolare, l’ambito teorico-sperimentale da cui questa prospettiva ricava maggiore
spessore e impulso, è dato dalla elettrodinamica quantistica, quella sezione della fisica
contemporanea, nata dallo sforzo di incorporare fisica quantistica e fisica relativistica in
una teoria unitaria quantistico-relativistica dei campi, che introduce e applica il concetto di
campo quantistico -- l’equivalente fisico dello scenario matematico ottenuto dalla
descrizione unitaria di tutte le interazioni elettromagnetiche tra particelle subatomiche,
oltreché dalla assegnazione di una particolare identità di campo ad ogni particella --, nella
costruzione di una teoria completamente quantistica della materia (gas, liquidi, solidi).
Nella visione prospettata dalla elettrodinamica quantistica, la realtà fisica fondamentale
viene descritta come una distribuzione spazio-temporale di onde-particelle -- di oggetti
quantistici intrinsecamente ambivalenti noti alla fisica delle particelle come quanti, insiemi
di pacchetti di energia e impulso capaci di manifestarsi sia come fenomeni ondulatori che
come fenomeni corpuscolari --, la cui rappresentazione più appropriata è quella di campo
esteso -- concetto fisico-matematico introdotto dalla teoria della relatività --, il campo
quantistico appunto, immagine quadridimensionale di una perturbazione di energia e
impulso che associa il campo a due ordini di grandezza: l’intensità -- il cui equivalente è
per l’acustica il timbro --, rappresentata dal numero dei quanti che lo compongono e quindi
dall’intensità delle loro frequenze unitarie di oscillazione; e la sua modalità oscillatoria,
rappresentata dalla fase, grandezza matematica che fornisce il ritmo dell’oscillazione.
Tra tutti i modelli fisico-matematici proposti per la spiegazione della genesi della materia,
quello del campo quantistico è attualmente il più promettente. In breve, esso consiste di
110 :
- due campi correlati: a) un campo di materia, associato alle fluttuazioni spaziali dei
quanti in veste di particelle prive di carica; e b) un campo di onda, associato alle
fluttuazioni elettromagnetiche dei quanti in veste di particelle cariche;
- due regimi o stati fisici correlati: a) uno stato quantistico di minima energia - detto
anche vuoto quantistico -, associato ad un campo di materia relativamente inerte e ad un
109
In: Tipi psicologici, op. cit. , pag. 244.
Cfr. : Omeopatia e bioenergetica: le medicine alternative dalla stregoneria alla scienza, di Nicola ed Emilio Del Giudice,
Cortina International, Verona, 1999, cap. 6.
110
Pag.
38
campo di onda composto da insiemi poco densi di particelle cariche; e b) uno stato
quantistico eccitato, associato ad un campo di materia internamente agitato da moti di
turbolenza sovraliminali e/o ad un campo di onda eccitato da insiemi particolarmente
densi di particelle cariche.
Nella configurazione quantistica di minima energia, gli unici moti oscillatori ad interessare
il campo sono descritti come oscillazioni spaziali ed elettromagnetiche di punto zero, autooscillazioni dei pacchetti di energia e impulso -- quanti -- relativamente indipendenti le une
dalle altre. Perché le configurazioni eccitabili del campo quantistico, o meglio di porzioni
spazio-temporali di esso, possano autoeccitarsi innescando quella distribuzione di
transizioni di fase -- transizioni di regime -- che spiegano la costituzione della materia,
deve realizzarsi almeno una delle condizioni seguenti: un flusso di turbolenza (ricordate i
vortici spiroidali?) avente idonea intensità, o un insieme di particelle cariche avente
idonea densità (potenziale polare di idonea intensità).
Senza entrare nel merito degli eventi che in questi casi accompagnano e intervengono a
modificare la struttura granulare del campo , ci limitiamo a rilevare che il fenomeno
centrale di questa modificazione è l’accoppiamento di fase, operato dal campo
elettromagnetico su una lunghezza d’onda portante, tra le oscillazioni spaziali ed
elettromagnetiche complessivamente coinvolte nell’evento.
Il risultato di questa
risonanza oscillatoria è la costituzione della struttura particellare e coerente della
materia, la sua strutturazione atomica e molecolare.
A questo punto, per spiegare la diversa strutturazione della materia dallo stato di gas a
quello di materia condensata (liquidi e solidi), il gruppo di fisici delle alte energie
dell’Università di Milano, guidato da Giuliano Preparata 111, introduce il concetto di
dominio di coerenza in opposizione a quello di dominio di non coerenza.
Un sistema atomico-molecolare è detto coerente -- liquidi e solidi --, quando il dominio
fisico della sua strutturazione -- associata alle leggi della termodinamica --, è governato
dalla concordanza di fase -- risonanza -- tra i modi oscillatori dei suoi componenti -- atomi
e molecole -- e il modo oscillatorio del campo elettromagnetico in cui sono immersi (su
una lunghezza d’onda portante). Al contrario, un sistema atomico-molecolare è detto non
coerente -- gas --, quando il dominio fisico della sua strutturazione -- associata alle leggi
della termodinamica --, è contrassegnato dalla discordanza di fase tra i modi oscillatori
complessivamente coinvolti.
In sintesi: ogni varietà elettrodinamica -- campi di materia e campi di onda -- e
termodinamica -- gas, liquidi, solidi --, corrisponde ad una configurazione oscillatoria
coerente -- suono -- di specifica frequenza -- quella fondamentale più i suoi armonici --, e
le transizioni tra una varietà e l’altra corrispondono alla soppressione di certi modi
oscillatori -- ritmi --, che da esplicati diventano implicati, e alla amplificazione di altri, che
da implicati diventano esplicati.
Ai nostri fini, la rilevanza che il modello fisico-matematico introdotto dalla elettrodinamica
quantistica conferisce alla concordanza di fase o risonanza , nella spiegazione della
genesi della materia112 , ci porta ad evidenziare la presenza di un interessante
parallelismo tra l’ambito di pertinenza dell’acustica e l’ambito di pertinenza della
elettrodinamica quantistica: l’acustica sta alla generazione e propagazione delle
perturbazioni -- variazioni di pressione -- in un fluido, come l’elettrodinamica quantistica
sta alla generazione e distribuzione delle perturbazioni -- variazioni e transizioni di fase -in un campo granulare e particellare.
Sul piano dell’acustica, allora, l’equivalente di una configurazione di pacchetti di energia e
impulso ordinati dalla concordanza oscillatoria -- dominio di coerenza --, è precisamente
111
Giuliano Preparata, QED Coherence in Matter, Ed. World Scientific, 1995; dello stesso autore: Dai Quark ai cristalli Breve storia di un lungo viaggio attraverso la materia, inedito.
112
Della genesi dell’energia ci occuperemo nelle pagine seguenti.
Pag.
39
un suono, una voce di coerenza il cui spettro di frequenza è composto da righe -- la
frequenza fondamentale più i suoi armonici, ovvero, la frequenza della lunghezza d’onda
elettromagnetica portante più i modi oscillatori accoppiati --; al contrario, l’equivalente di
una configurazione di pacchetti di energia e impulso in uno stato di discordanza
oscillatoria è un rumore, una voce non coerente il cui spettro di frequenza è continuo, cioé
privo di quella approssimazione al canto corale che solo la risonanza -- con i suoi
accoppiamenti e i suoi armonici --, può infondere.
2. Dice un koan: Mostrami il tuo volto di prima della nascita
Trasferendoci sul piano del mito, le considerazioni sin qui esposte ci portano a suggerire
che la risonanza -- l’equivalente del prana nel pensiero indiano , del ch’i nel pensiero
cinese e dello spirito santo nella tradizione giudaico-cristiana, idee-simbolo che la
versione sentimentale e fallocentrica associa al concetto di virilità-fertilità cosmica , e che
la mania vitalistica occidentale traduce come forza vitale --, emergendo dall’oscurità del
vuoto quantistico dà alla luce le innumerevoli sembianze dell’essere, del nato: il cinque.
Nel tratto, breve o lungo che sia, che va dal campo quantistico alla individualità umana,
questa nascita non corrisponde affatto alla nascita di individualità distinte, almeno non nel
senso di nascita di significati da un significato originario comune: nella genesi della
materia lo scopo manca proprio perché manca questo significato, manca tanto il
significato della causa quanto la causa del significato. Ovvero: l’attribuzione di significato,
causa e scopo, è una prerogativa distintamente ed esclusivamente umana, il cui impiego
contraddistingue e qualifica le attitudini e le consuetudini relazionali e comportamentali,
cioé culturali e sociali, dell’individualità umana, la sua rappresentazione interna della
realtà esterna, la sua nascita psicologica.
Nella genesi della materia, al contrario, ciò che fa la differenza non è il significato ma la
risonanza, non ci sono altre implicazioni al di qua o al di la di una alterna discordanza e
concordanza di fase , di rumore e suono: un regime fisico non coerente -- rumore -apparirà come un insieme di elementi -- quanti, atomi, molecole --, che oscillano
separatamente gli uni dagli altri, e che proprio per il fatto di non dar luogo ad
accoppiamenti di fase si presentano ognuno come se fosse un elemento distinto dagli
altri, in una relazione di contiguità. Un dominio fisico coerente, invece, corrisponde a un
campo classico dotato di una legge di oscillazione ben definita -- suono --, dove gli
elementi costituenti (quanti, atomi, molecole), annegando in esso la loro individualità
oscillatoria sono un tutt’uno con il loro dominio di coerenza, in una relazione di continuità.
In altre parole, la struttura quantizzata -- discreta -- e particellare di un sistema coerente -la sua composizione atomico molecolare --, riappare solo quando la configurazione di
coerenza viene a mancare e i suoi componenti (quanti, atomi, molecole) estratti da essa
al di fuori dell’oscillazione collettiva. Da ciò si evince che la relazione di contiguità -rumore -- e di continuità -- suono --, propria di un sistema di energia e materia, dipende
dai modi oscillatori che caratterizzano il sistema stesso: ogni qualvolta indaghiamo la
realtà, allora, non facciamo altro che distruggere -- corrompere -- la sua relazione di
continuità per estrarre da essa dei componenti.
Nell’interminabile ventaglio di sistemi fisici -- sistemi di energia, impulso e concordanzadiscordanza di fase -- fluttuanti tra dominii di coerenza e dominii di non coerenza
oscillatoria, vige l’alternanza tra le leggi della elettrodinamica quantistica e quelle della
termodinamica, e il ruolo magico di indurre risonanza tra i modi oscillatori -- ritmi -- degli
eventi; il compito di trasformare gli assolo in vibrazioni corali, è universalmente assolto dal
campo elettromagnetico.
Pag.
40
Nei sistemi biologici, le leggi della elettrodinamica quantistica e della termodinamica sono
affiancate e integrate da quelle biologiche dell’adattamento, sopravvivenza e riproduzione,
e lì si confrontano con la possibilità di essere minimizzate. La funzione ordinatrice svolta
dal campo elettromagnetico sciama fino a confondersi nella funzione ordinatrice della
necessità, dove il potere magico della risonanza affiora sotto forma di univocità, di
monoritmia oscillatoria, di stereotipia adattiva:il potere di ordinare le relazioni di contiguità
nell’accoppiamento e nell’integrazione delle diverse necessità -- ecosistemi --, senza
ricorrere al giudizio.
Negli organismi neurologici, vertebrati e invertebrati, le leggi biologiche dell’adattamento,
sopravvivenza e riproduzione vengono a loro volta affiancate e integrate dalle leggi della
sensazione e qui, nella ineluttabile acquisizione di una sensibilità verso gli accadimenti,
matura la possibilità di associare un senso alla necessità (la sensazione sta alla
percezione come il senso sta al significato): nasce la necessità di un soggetto dominante,
di un individuo, di un comportamento o anche solo di una condizione il cui suono, le cui
qualità vibrazionali, il cui potere di risonanza siano al tempo stesso rappresentative di
quel dato dominio di coerenza biologica, e insieme capaci di garantirne al meglio la
continuità in ordine ad esigenze di adattamento, sopravvivenza e riproduzione.
Qualora il soggetto dominante decadesse senza essere sostituito da altro soggetto
equivalente, il destino di quel dominio -- individuo, gruppo, specie -- biologico di coerenza
sarebbe segnato e i suoi componenti estratti e sospinti alla deriva: le balene, i dinosauri o
altra categoria animale capace di autonomia motoria viene allora indotta, dal potere
ordinatore della risonanza, a dirigersi verso zone dove il potenziale magnetico terrestre è
più intenso e lì si lasciano morire, lasciano cioé che la loro configurazione di energia e
impulso risuoni -- come per un effetto biologico analogo all’effetto Bohm-Aharonov113 --,
per l’ultima volta, nel ventre del soggetto transbiologico dominante, il potenziale
magnetico terrestre appunto.
Nell’individualità umana la centralità della legge di necessità, l’univocità direzionale, la
monoritmia oscillatoria e la stereotipia adattiva -- con tutte le sue molteplici e straordinarie
‘variazioni sul tema’ --, proprie degli altri esseri senzienti , vengono affiancate e integrate
dalla disponibilità e dalla possibilità di accedere ad altri livelli eccitabili di energia e
impulso, ad altre configurazioni bioenergetiche e qui, nella ridondanza del grado di libertà
oscillatoria umana, l’univocità sfocia nella equivocità, nella poliritmia oscillatoria e nella
polifonia comportamentale.
Il senso diviene significato e l’attitudine biologica a modificare l’ambiente per necessità di
adattamento, sopravvivenza e riproduzione si fa strada sino ad assumere i toni e le forme
di una volontà di potenza, che grazie ad un calcolato conteggio aspira ad addomesticare
la potenza della natura e della donna, il fuoco della libido.
Il potere della risonanza, per decine di migliaia di anni custodito e cantato nell’oscurità
delle grotte -- dove i suoni e i rumori rimbombano114, e dove l’intensità del campo
magnetico terrestre è maggiore --, lentamente ma inesorabilmente viene affrancato dalla
relazione di continuità a cui risponde il comportamento imitativo per incagliarsi nel potere
del Verbo-Metafora -- il fuoco sottomesso alla volontà del dispensatore di significati --, e
qui l’essere umano, dimentico dell’unico soggetto dominante in grado di eccedere la sua
L’effetto Bohm-Aharonov, un tipico effetto quantistico, predetto teoricamente nel 1959 e verificato sperimentalmente solo
nel 1980, consiste nel fatto -- inosservabile in fisica classica -- che un potenziale, ad es. elettrico o magnetico, è capace di interagire
con un sistema particellare modificandone la fase di oscillazione senza esercitare alcuna forza su di esso e quindi senza scambio
di energia.
114
Cfr. , Marius Schneider, Gli animali simbolici, op. cit. , pag. 393: [Nella cultura megalitica] La pietra è la materia (la
potenza) e la matrice del mondo che risponde alla parola creatrice (l’atto). Per questo, gli antichi santuari (India, Egitto) e le
tombe erano caverne nelle quali ogni suono produceva un gran rimbombo.
113
Pag.
41
umanità, il simbolo vivo115, gradualmente cessa di attenersi alla propria facoltà adattiva
acustico-musicale per mettersi prima a fare la musica e poi, miracolo illuministico della
tecnologia dei significati, a fare la vita116.
Quando Tchouang tseu stava per morire, i suoi discepoli manifestarono l’intenzione di
fargli dei funerali sontuosi.
- Inutile, disse il morente, perché il cielo e la terra saranno la mia doppia bara; il sole e la
luna i miei due dischi di giada; le stelle e la stella Polare le mie perle; tutti gli esseri il mio
corteo. Il mio arredo funerario non è del tutto pronto? Cosa vi aggiungereste?
- Ma noi temiamo, dissero i discepoli, che i corvi e i nibbi vi divorino.
- In alto, ribatté Tchouang tseu, rischio di essere divorato dai corvi e dai nibbi; in terra
dalle formiche e dai grilli: che ingiustizia il volermi strappare ai primi per darmi ai secondi!
(Tchouang tseu, cap. XXXII)
3. L’Uomo tra la Terra e il Cielo
Significato dopo significato, verbo dopo verbo, il fuoco vivificante dell’irrazionalismo
simbologico viene domato e sottomesso -- nel processo di rimozione -- alla funzione
ordinatrice del razionalismo e del sentimentalismo ideologico e tecnologico -- l’ideologia e
la tecnologia laica, e l’ideologia e la tecnologia religiosa hanno radici comuni --, che
prende a fare e a disfare un soggetto dominante dopo l’altro, designandolo ora nelle vesti
di un dio, ora in quelle di un faraone o di un monarca, per molti sarà il mercato finanziario,
per altri l’amore, ieri poteva essere la palla di un cannone, domani potrà essere il sesso
virtuale, oggi è tutto e niente.
L’essere umano è un animale notoriamente intelligente ma non di meno stupido -- spesso
il ritornello errare umano est è un luogo comune che ha il sapore dell’alibi --, anche per
questo è un animale equivoco. Gli esempi della sua intelligenza sono innumerevoli
almeno quanto quelli della sua proverbiale coercizione a ripetere, inutile farne un elenco
per vedere da che parte penda la bilancia, il risultato sarà sempre equivoco.
Rimane l’antinomia ideasegno-simbolo a fare da sfondo al carosello umano. A differenza
dell’ideasegno, la cui funzione è circoscrivere e definire, differenziare la realtà nella
attribuzione di significati distinti -- ricavare una relazione di contiguità da una relazione di
continuità, estrarre manufatti dall’oggetto grezzo --, il simbolo rimanda ad un contenuto
psichico indeterminato e indifferenziato in cui prevale l’ambivalenza e l’eccedenza di
senso. Psichicamente, ideasegno e simbolo coesistono ma rispondono a leggi
completamente diverse e indicano approcci relazionali e comportamentali diversi: il primo
è destinato a tracciare dei confini, il secondo a trascenderli.
Sta di fatto che oltre due milioni di anni di preistoria umana non sono trascorsi nell’attesa
che la bacchetta magica del razionalismo sentimentale e ideologico di Homo sapiens et
faber trasformasse uomini-bestie -- dediti al sacrificio carnale --, in uomini-umani -- dediti
al sacrificio orale --.
Paradossalmente, nella tensione psichica creata dalla
115
Cfr. , C. G. Jung, , Tipi psicologici, op. cit. , pag. 190: Il simbolo vive grazie alla ritenzione di certe forme di libido e a
sua volta ne provoca la ritenzione. La dissoluzione del simbolo equivale allo sfogo della libido per via diretta o, quanto meno, a
una spinta pressoché irrefrenabile alla sua utilizzazione diretta. Mentre il simbolo vivente esorcizza questo pericolo. Un simbolo
perde la sua forza magica o, se vogliamo, salvifica, appena ne viene riconosciuta la dissolubilità. Quindi per essere efficace,
operante, un simbolo deve configurarsi in un dato modo, cioé deve avere le seguenti caratteristiche: dev’essere la migliore
espressione possibile della concezione del mondo e della vita, deve essere inafferrabile dall’intelletto affinché esso non possa
dissolverlo, e infine deve avere una forma estetica convincente per la sfera affettiva.
116
L’attuale corsa alla globalizzazione dei mercati finanziari include anche un mercato degli organi e un mercato della
procreazione!!
Pag.
42
contrapposizione tra le verità degli uni e le verità degli altri o, ma è la stessa cosa, tra la
verità di prima e la verità di adesso, in nome del sacrificio orale -- e qui l’efficacia che il
nostro processo di civilizzazione attribuisce al trasferimento del rito sacrificale sul piano
della metafora117 appare tutt’altro che scontata --, nell’arco di poche migliaia di anni di
storia documentata è stato mietuto un numero tale di vite umane, da poter sfamare anche
gli appetiti più atavici dell’intera serie generazionale di ‘antropofagi’ che avrebbero
popolato il pianeta per oltre due milioni di anni.
Ideasegno o simbolo, razionalismo o irrazionalismo, sentimentalismo o no, il grosso guaio
per l’essere umano è che in un battibaleno il fardello della sua equivocità può farlo
precipitare dalle stelle alle stalle. Ironia della sorte ha voluto che madre natura gli fornisse
due gambe per camminare senza indicargli da che parte andare. Niente da eccepire
allora sul fatto che di tanto in tanto spunti qualcuno al quale fonte certa abbia rivelato la
direzione giusta da seguire118, l’importante è non perdere il senso dell’umorismo: vi è forse
una qualsiasi altra verità sui fini ultimi migliore di quella che oltre ad aiutarci a vivere ci
aiuta, anche, a riderci sopra?
Accreditando il potere magico della risonanza del simbolo al potere intellettuale e
sentimentale del Verbo-Metafora,
il razionalismo ideologico e tecnologico ha
progressivamente allontanato i dispensatori di significati e di emozioni dalla certezza
dell’esistenza di una inequivocabile relazione gerarchica di continuità tra la Terra e il Cielo,
sostituendola con l’incertezza di una realtà fittizia, fatta e disfatta a immagine e
somiglianza dell’idea dominante. Una realtà sostanziata e regolata nell’ordine dei
significati (ciò che è può esserlo solo dopo aver ricevuto la legittimazione del battesimo
semantico), dei ruoli (tra ciò che è intercorre una relazione di contiguità lessicale e
sintattica), e dei sentimenti (di ciò che è si può dire solo che è piacevole o spiacevole).
L’essenza indescrivibile e insignificante del simbolo mal si presta ad essere inglobata in
questa erudita quadratura del cerchio, è giocoforza epurarne la sostanza e rimuoverne
l’essenza: nasce una rappresentazione interna della realtà esterna incentrata su ciò che
può essere direttamente o indirettamente commestibile, domato e addomesticato
dall’Uomo che nomina -- tesi --, in opposizione a ciò che non lo è -- antitesi --, il nulla.
La gara che l’uomo moderno supercivilizzato sta disputando è precisamente questa:
ricavare profitto proprio dal nulla, trasferendo la relazione col mondo dal piano
dell’esperienza al piano dell’apparenza, la metafora della realtà, la realtà virtuale appunto,
dove tutto è possibile, programmabile, pianificabile, vendibile.
‘Garbage in, garbage out’ dicono gli anglosassoni. Va da sé che da questa realtà
legittimata dai significati, non si può sperare di cavar fuori qualcosa di molto diverso dal
significato che le è stato assegnato. Se questo mondo significa eterno conflitto tra Bene e
Male, ecco i depositari del Bene ed ecco i depositari del Male. Se significa peccato
originale, ecco gli untori ed ecco l’innato fardello del senso di colpa. Se significa tutto il
mondo è spettacolo, ecco gli attori ed ecco gli spettatori. Se significa il pesce più grande
mangia il pesce più piccolo, ecco il più forte ed ecco chi soccombe alla sua
prevaricazione. Se significa legittimazione di una autorità costituita, ecco il potere ed ecco
la competizione per il potere. Se significa Amore e Felicità, ecco i beati ed ecco gli sfigati.
Se significa Civiltà e Progresso, ecco gli interessi ed ecco la conflittualità di interessi. Se
significa siamo la reincarnazione delle nostre vite precedenti, ecco l’eredità karmica ed
117
Chi mangia il corpo e beve il sangue di Cristo lo fa solo metaforicamente, salvo poi spargere fiumi di corpi e di sangue
dei nemici di turno. Come scrive Jung (ibid. , pag. 119): Nell’uomo civilizzato le forze istintuali represse sono estremamente
distruttive e molto più pericolose che nel primitivo, che vive sempre limitatamente le proprie pulsioni negative. Ecco percé nessuna
guerra del passato può rivaleggiare come atrocità con le guerre delle nazioni civilizzate.
118
Cfr. , C. G. Jung, , ibid. , pag. 212: La nascita del Redentore equivale a una grande catastrofe, perché una poderosa
vita nuova erompe da dove non si supponeva esistesse una vita, una forza e una possibilità di sviluppo. Essa scaturisce
dall’inconscio, cioé da quella parte della psiche che tutti i razionalisti, di proposito o no, trascurano completamente. Da questa
parte misconosciuta e rimossa della psiche viene il nuovo apporto di forza, il rinnovamento della vita.
Pag.
43
ecco l’eredità mondana. Se significa la società è basata sul lavoro, ecco gli sfruttati ed
ecco gli sfruttatori. Se significa per essere degno di essere preso in considerazione deve
servire a qualcosa, ecco il diritto di cittadinanza di ciò che è utile -- produttivo -- ed ecco la
rimozione di ciò che è inutile -- improduttivo --.
Una conoscenza (e una coscienza) legiferata sul principio dell’utilità produttiva, sfama e
affama i popoli, costruisce e demolisce palazzi, dà e tolglie benessere, sostituisce
l’oggetto con il predicato e la causa con l’effetto, oggi dice di una cosa che è buona,
domani della stessa cosa dice che è cattiva. Questo è il mondo quando è retto dalla
commestibilità dei significati: Non considerare il sapere come sapere è il colmo. Considerare il
non sapere come sapere è una peste. (Tao te ching -cap. LXXI)
Il potere del Verbo-Metafora sigilla il cervello con uno spesso strato di fonemi e cuoce il
contenuto psichico a pressione. Le democrazie plasmano modelli, leggi, normative,
regolamenti valvole di sfogo e al grido di ‘gli elettori non sono stupidi’ macinano
consensi119. I totalitarismi fanno sfoggio di denti e becerità, indossano la divisa del
sopruso e dopo un lauto banchetto si ingozzano con gli avanzi. Gli imperialismi attizzano
fuochi qua e la in giro per il mondo, regolano la temperatura e quando la pentola deve
essere rovente la fanno esplodere nel punto giusto al momento giusto, il solito vecchio
trucco escogitato per fini tutt’altro che pacifici e disinteressati, oggi ringiovanito nel look dal
tocco magistrale di una avanzata operazione di marketing: i tempi della guerra fredda
sono tramontati, si consolida l’era degli interventi umanitari armati120. Le monarchie si
stringono attorno alle vestigia dei sigilli reali e compiaciute mummificano le glorie degli
eletti nel gioco consunto degli scacchi. I sistemi di casta abbassano il fuoco e senza
modificare la chimica degli eventi lasciano che chi riceve continui a ricevere e chi non
riceve continui a non ricevere. I sistemi comunisti sono sistemi capitalisti dove il capitale
anziché essere privatizzato è statalizzato. I sistemi tribali tolgono dove c’è abbondanza e
aggiungono dove c’è carenza, accordano la vita della tribù alla sacralità del suo territorio
d’appartenenza e dall’esperienza ricavano le leggi della Tradizione. Danno per scontato
Al di fuori delle campagne elettorali gli ‘elettori’ si chiamano ‘cittadini’, appellativo settecentesco che sta per coloro che
non sono stupidi, che non sono contadini, che sono istruiti e inseriti nel tessuto socio-economico della comunità che produce beni
economici e beni ideologici, i diritti e i doveri del cittadino appunto. La misura di quanto questo modello del come l’individuo deve
essere per essere adeguato abbia condizionato la vita di generazioni e generazioni di ‘cittadin-elettori’, e di come questo modello
abbia trasferito la nostra identità dal piano dell’umanità al piano del mercato che fa il mondo, ce la fornisce, anche se non è questo il
suo intento, Ignacio Ramonet, direttore di Le Monde Diplomatique (in: Geopolitica del caos , Asterios Editore, 1998, pagg. 35-37),
nell’attribuire ai ‘cittadini’ il ruolo naturale, neo-illuministico, di protagonisti e artefici della ricostruzione del mondo (!):
L’ambizione principale della democrazia è quella di lottare contro la povertà, l’ingiustizia e l’iniquità, di denunciare
instancabilmente le congreghe di mentitori. Quando queste lotte falliscono, i cittadini contestano la democrazia in nome di un
sentimento politico profondamente radicato nel progetto repubblicano: l’aspirazione all’uguaglianza dei diritti e dei doveri. I
cittadini sentono confusamente la necessità di conquistare dei nuovi diritti umani [cioé delle nuove ‘metafore’ sociali - n. d. r. ]. Alla
generazione dei diritti politici (XVIII secolo) e a quella dei diritti sociali (XIX e XX secolo) deve succedere una generazione di diritti
nuovi, ecologici, che garantiscano ai cittadini il diritto all’informazione, alla pace, alla sicurezza ma anche alla purezza dell’aria e
dell’acqua e alla protezione ambientale [figuriamoci cosa può venire fuori dall’involucro metaforico ‘cittadino’: attività motoria
all’aria aperta, giri in bicicletta, escursioni domenicali guidate ‘alla scoperta del territorio’, dove la ‘guida’ è guardacaso l’esperto che
sa nominare scientificamente una flora e una fauna altrimenti estranea-e-anonima ; e poi programmi scolastici di ‘educazione
ambientale’, campagne per ‘la difesa degli animali’, pionieristici progetti di ‘raccolta differenziata’, ecc. - n. d. r. ]. (. . . . ) Alla
società degli sprechi deve succedere in maniera naturale una società della spartizione [della ‘raccolta differenziata’ appunto - n. d.
r. ]. Dopo anni di euforia finanziaria, di disinvoltura e di soverchierie, i cittadini provano un forte desiderio di ritorno ad attività
virtuose: l’etica, il lavoro fatto bene, il sentimento del valore del tempo, la competenza, il merito, l’onestà. . . . Sebbene
confusamente, ciascuno [noi no - n. d. r. ] percepisce che è l’unica via per preservare il pianeta, risparmiare la natura e salvare
l’uomo. È possibile altrimenti salvare il mondo?
120
Dal dopoguerra sino alla caduta del muro di Berlino -- 1989 --, regnava lo spettro delle due grandi superpotenze, Stati
Uniti d’America e Unione Sovietica, ad incentivare la rivalsa guerrafondaia degli uni e degli altri (Vietnam, Cambogia, Laos, Cuba,
Salvador, Nicaragua, ecc. ). Oggi c’è lo spettro del mostro psicopatico sanguinario di turno -- l’arabo Saddam Hussein per ragioni di
petrolio, il serbo Milosevic per ragioni di egemonia nei balcani --, a mascherare le strategie di ingerenza dell’unica superpotenza
rimasta, l’America -- la Cina ha altro a cui pensare, per ora --, la quale, sotto il cartello dell’intervento armato umanitario -collaudato con successo per mietere democraticamente consensi durante l’Intervento Umanitario Internazionale nel Golfo --, fa la
conta degli alleati europei e contemporaneamente raffredda gli animi più velleitari: Unione Europea o no, Russia o non Russia, chi
fa le regole del gioco sono sempre io e, comunque, l’ultima parola che conta è la mia.
119
Pag.
44
che queste e quella siano tutto ciò che splende sotto il Sole e qui si sbagliano, finendo
prima o poi appesi al collo dei missionari e dei turisti civilizzati , con o senza l’uso della
forza.
Dove l’autorità costituita è sinonimo di privilegiata ignoranza, lì vige il Diritto della pena di
morte. Chi cerca il sistema sociale ideale rimarrà confuso dai mille volti della equivocità
umana, ma chi non si accorge o sottovaluta la propria equivocità, confonderà il suo volto
tra quello dei propri fantasmi, e lì si sentirà abbandonato e mortificato, vittima o carnefice.
Fatto pressoché incomprensibile ai giorni nostri, nei tempi antichi -- tanto e tanto tempo fa
come nella preistoria dei miti --, lo scienziato doveva essere anche maestro di spirito e il
sacerdote maestro di scienza. La conoscenza aveva a che vedere con la misurazione e
l’attribuzione di significati solo molto marginalmente, quasi accidentalmente, e comunque
come conferma al grande mistero della vita. Ciò che importava era assolvere al ruolo di
collegamento e di intermediazione tra la Terra e il Cielo121, nel modo migliore possibile e
nel totale rispetto di un ordine gerarchico tanto ovvio quanto prescrittivo: il Cielo sta sopra,
la Terra sta sotto, in mezzo è l’Uomo. Vale a dire: l’Uno sta sopra, il Tre sta sotto, in
mezzo è il Quattro (Due-e-due).
La marcia imperiosa del Verbo-Metafora ha catapultato lo scienziato da una parte e il
sacerdote da un’altra, ognuno a pascolare nel proprio orticello di anime e di atomi, e la
conoscenza si è affermata come scienza della separazione e del profitto.
4. Introduzione all’ipotesi di una natura insignificante della materia: dimensione
psichica, psichismo, mente
La tesi secondo la quale qualche cosa dirige la creazione,
è una tesi della realtà. La tesi secondo la quale
niente agisce nell’universo è una tesi del vuoto.
Ciò che è di competenza dei nomi e delle realtà
rimane nel campo degli esseri. Tutto ciò che
può esprimersi con parole e formarsi con idee
si defila dalla prima verità.
Tchouang tseu122 , Cap XXV
La psicologia come la fisica non studiano affatto l’una la psiche l’altra la materia.
Psicologia e fisica fanno, letteralmente, l’oggetto della loro investigazione, stabilendone i
caratteri in base a criteri generali prefissati, preposti all’osservazione del loro oggetto di
studio, valida e oggettiva solo rispetto al sistema di riferimento e di misurazione impiegati.
Il comportamento duale della materia -- corpuscolare e ondulatorio --, ad esempio, è
rimasto ignoto alla scienza dei significati sino agli inizi di questo secolo, quando si scoprì
che le previsioni della meccanica newtoniana diventano sempre meno esatte man mano
che la velocità si avvicina a quella della luce -- 300 mila chilometri al secondo nel vuoto --,
e che anzi la realtà fisica fatta dalla meccanica newtoniana è solo un caso particolare,
molto particolare, di una realtà fisica ben più strana e intollerante alle misurazioni ed ai
121
Cfr. , Tipi psicologici, op. cit. , pag. 176: Cielo, Terra e Uomo sono i tre principali elementi del mondo, i San-tsai. Questa
immagine è un’idea antichissima che ritroviamo anche altrove, per esempio nel mito africano-occidentale di Obatala e Odudua, la
coppia di progenitori (Cielo e Terra) che giacciono insieme in una zucca finché tra loro nasce un figlio, l’uomo. Pertanto l’uomo,
quale microcosmo che riunisce in sé gli opposti del mondo, corrisponde al simbolo irrazionale che riunisce opposti psicologici.
122
In: I maestri del Tao, op. cit. , pagg. 156-157.
Pag.
45
significati della tridimensionalità euclidea. Parimenti, è inevitabile, anzi direi quasi
necessario,
ammettere che la nostra dimensione psichica sia soltanto un caso
particolare, molto particolare, di una dimensione psichica ben più ampia e intollerante alle
misurazioni ed ai significati della quadridimensionalità quantistica, figurarsi se può
tollerare i parametri della fisica classica. Una dimensione psichica che di primo acchito si
connota come un modo di essere dell’energia-materia, un modo di essere ovviamente
spogliato delle sue implicazioni e delle sue allusioni antropocentriche, precisamente
insignificante, decisamente estraneo all’ideasegno di psiche che ci facciamo ricavandolo
dall’esperienza di una rappresentazione interna della realtà esterna, che riduce il mondo
ad un insieme di elementi più o meno commestibili.
Così come lo stato grezzo della nostra dimensione psichica, non può essere ridotto al
livello di un inconscio incolto e selvaggio che attende di essere arato e seminato dal
demiurgo Verbo-Metafora, prima domato e poi addomesticato dalla capacità di
programmare interventi significativi rispetto alla capacità di formulare scopi significativi -pensiero cognitivo --, così la postulata dimensione psichica dell’energia-materia , al pari
della dimensione quadridimensionale di una particella subatomica o del campo
quantistico, non è uno stato oggettivabile, riducibile a coltello e forchetta, ma una
dimensione dell’essere, del nato, del cinque, intrinsecamente irriducibile: cos’è una zolla
di terra per un lombrico?
La natura della nostra psiche è insignificante, è risonanza-senza-suono, è quantità di moto
senza energia-massa.
La tesi qui sostenuta, allora, è che la nostra complessità psichica non si identifichi affatto
né con uno stato filogenetico di presunta compiutezza psichica, né tantomeno con la
dimensione psichica dell’energia-materia, pur condividendone la natura,
vacua,
irriducibilmente prescrittiva e insignificante. Parafrasando Nietzsche: la mente umana è
soltanto una modalità della dimensione psichica dell’energia-materia, e una modalità assai
rara.
Al contrario, le diverse opinioni e i diversi fatti contemplati dalle neuroscienze convergono
nella tesi secondo la quale la psiche umana, che d’ora in poi designeremo come
mente, è un traguardo filogenetico ed un epifenomeno neurologico consolidato nella
neocorteccia -- considerata come la parte filogeneticamente e ontogeneticamente più
significativa dell’encefalo --, e nella complessità123 neurofisiologica dell’individualità
umana. Ammettendo tuttalpiù che tracce o versioni incomplete, mutilate, di essa siano
presenti anche in altri animali, in particolare nei primati.
Pensare è un requisito giudicato imprescindibile dallo stato di compiutezza psichica: dove
c’è qualcuno in grado di esibire la facoltà di pensare -- pensiero cognitivo --, lì è presente
la psiche nella sua compiutezza -- mente --. Gli esseri umani pensano, quindi, in essi il
miracolo mentale è compiuto. Nei gatti no.
Da bravi felini la loro esistenza è fatta di istinti, sensazioni e comportamenti genetici ed
epigenetici stereotipati e reiterativi. Se a volte sembra che stiano pensando, non stanno
pensando affatto, il che è ovvio (ragione di più, sostengono , per considerare i miti
teriomorfici come frutto di una mente incolta, e gli animali parlanti come personaggi di
favole per bambini, salvo poi dedicarsi ad estrarre ‘antropomorfe evolute’ dal berretto del
nostro albero genealogico,
e dal brefotrofio dei moderni incubi antropocentrici,
personaggi e storie animalesche,
implementabili nella testa infantile degli adulti
supercivilizzati sotto forma di farse extraterrestri o, ipocrisia omicida, sotto forma di
tragedie umanitarie terrestri, dove ai protagonisti, uomini donne vecchi e bambini in carne
e ossa, viene prima fatto giocare il ruolo degli animali braccati, bisognosi di aiuto, e poi
123
Va notato che il termine complessità viene solitamente utilizzato per due ragioni diverse: o per sottolineare la difficoltà di
lettura della materia trattata, o per giustificare l’insufficienza della chiave di lettura utilizzata.
Pag.
46
quello degli animali in fuga, bisognosi di rifugio), stanno solo relazionandosi con la realtà
-- la loro --, in modo anche plastico e curioso ma comunque stereotipato, in forte misura
significativamente coatto. Infatti, scelgono inevitabilmente di andare a quattro zampe
anziché prendere l’autobus;si passano ripetutamente la lingua sul pelo -- non pensano ma
sono puliti --, e ‘vanno in calore’ solo nei periodi comandati. Di quando in quando
sviluppano una qualche forma di nevrosi -- specie in ambiente domestico --, tuttavia sono
egregiamente adattati al loro ambiente, né più né meno. Inoltre sognano solo a occhi
chiusi? O non sognano affatto? E se i gatti non pensassero e non sognassero come fanno
gli umani supercivilizzati, o non pensassero e non sognassero affatto, solo perché per
essere in accordo con il loro dominio psichico di coerenza e col mondo fanno
tranquillamente a meno di significati, simboli e reti booleane stocastiche? Generazioni e
generazioni di felini si sono avvicendate e si avvicenderanno -- salvo imprevisti --, senza
necessità alcuna -- nemmeno vibrazionale -- di esistere come esseri umani: cosa
avrebbero da invidiarci?
L’Uomo, suo malgrado, non è lo scopo del fenomeno biologico terrestre. Non è curioso
tutto ciò! È vero. Spesso nell’attraversare la strada i gatti sono fatalmente imprudenti, ma
se è solo per questo, gli umani supercivilizzati non sono proprio da meno. Eppure noi
pensiamo, male finché si vuole ma pensiamo.
Che relazione può esserci tra il nostro modo di pensare, la nostra mente, e la postulata
dimensione psichica dell’energia-materia?
Poiché la pianta è formata, tenuta in vita e dissolta dallo scambio di materia e di energia
con l’ambiente, -- scrive David Bohm124 -- a che punto possiamo tracciare una netta
distinzione fra ciò che è vivente e ciò che non lo è? Chiaramente una molecola di anidride
carbonica che attraversa i confini di una cellula per entrare in una foglia non diventa
improvvisamente viva, né una molecola di ossigeno improvvisamente muore quando viene
liberata nell’atmosfera. Piuttosto, la vita stessa va considerata come appartenente in
qualche modo a una totalità che comprende la pianta e l’ambiente. In verità si può dire
che la vita sia inviluppata nella totalità e che, anche quando non è manifesta, sia in
qualche modo implicata in quella che solitamente chiamiamo una situazione priva di vita.
Possiamo illustrare questo fatto considerando l’insieme di tutti gli atomi che sono
attualmente nell’ambiente, ma che un giorno costituiranno la pianta che crescerà da un
certo seme.
Per approssimarci ad una qualificazione descrittiva -- valida solo come metafora --, della
dimensione psichica dell’energia-materia, non possediamo indicatori morfologici come
atomi e molecole su cui operare. Tuttavia facciamo notare, che la genesi della pianta dal
seme, del seme da una configurazione di fase di molecole e delle molecole da una
configurazione di fase di atomi, non si arresta agli indicatori morfologici atomi ma
prosegue, da qui alle particelle subatomiche e dalle particelle subatomiche alla
distribuzione oscillante di configurazioni di energia e impulso o quanti -- campo granulare -, dove il carattere morfologico della realtà perde totalmente di significato per divenire
irriducibilmente matematico, inconsistente, surreale, come l’immagine riflessa da uno
specchio che c’è e non c’è.
La vita e la materia, allora, sono solo prescrittivamente e non descrittivamente inviluppate
in una surrealtà fisico-matematica -- il campo esteso o quantistico --, che appare come
prodotta dal riverbero di una superfice riflettente irriducibilmente vacua: designamo la
riflettenza di questa vacuità con il termine di dimensione psichica e il suo riverbero
124
Universo mente materia , op. cit. , pagg. 256-257.
Pag.
47
come psichismo, la sottile, insignificante disposizione tensoriale della dimensione
psichica.
Approssimandole -- con un azzardo palesemente speculativo --, ad una connotazione dai
caratteri fisici:
- della dimensione psichica diciamo che assomiglia, o meglio rimanda, al profilo di un
dinamismo originario che reca in sé i germi della risonanza -- per l’esattezza del Principio
di Risonanza inteso come induttore di un impulso di moto primordiale (l’equivalente
dell’impulso sonoro sillaba sacra OM della tradizione bramanica125, evocato anche dal
concetto di stringa quantistica della teoria omonima126) --;
- dello psichismo diciamo che rimanda ai caratteri di un campo tensoriale oscillante
(inteso come l’ombra di quel campo unificato che attende di essere matematicamente
derivato dalla integrazione tra campo quantistico e interazione gravitazionale ).
Quando la teoria quantistica viene applicata ai campi -- scrive David Bohm127 --, si trova
che i possibili stati energetici del campo sono discreti (o quantizzati). Un tale stato è per
certi versi come un’onda diffusa su un’ampia regione spaziale. Ma esso è anche
caratterizzato da un’energia e da una quantità di moto discrete, proporzionali alla
frequenza dell’onda, cosicché per altri versi è anche come una particella (per esempio, un
fotone). Se si considera per esempio il campo elettromagnetico nello spazio vuoto, la
teoria quantistica attribuisce a ciascuna di queste eccitazioni ‘onda-particella’ del campo
una certa ‘energia di punto zero’, sotto la quale non può scendere neppure quando la sua
energia è la minima possibile. Se si sommano allora le energie di tutti i modi di eccitazione
‘onda-particella’ in una qualsiasi regione spaziale il risultato è infinito, perché c’è un
numero infinito di lunghezze d’onda. Tuttavia ci sono buone ragioni per ritenere che non si
debba continuare indefinitamente a sommare le energie corrispondenti a lunghezze
d’onda sempre più piccole. Può darsi che ci sia una certa lunghezza d’onda minima
ammissibile e che perciò il numero totale di eccitazioni e di conseguenza l’energia totale
siano finiti.
Accogliamo il suggerimento di Bohm e diciamo che, sino a quando la superfice riflettente
dimora nel suo stato irriducibilmente vacuo (l’Uno-non-nato , la Notte senza sogni di
Brahman128 ), ciò che è è solo pura vacuità.
Ma quando la sua riflettenza risuona129 (l’Uno-nato, il Sogno di Brahman), lo stato di
quiete assoluta della sua vacuità viene come perturbato da un riverbero, invocato dal
Principio di Risonanza, e l’Uno-nato si manifesta nel punto di intersezione (il Quattronato-dall’Uno), tra il Principio del Moto (il Tre) e il Principio della Polarità (il Due).
Il precipitato dell’intersezione si manifesta sotto forma di impulso di moto primordiale
(impulso vibrazionale-sonoro su una lunghezza d’onda fondamentale) che, come in un
Nella tradizione bramanica, l’Universo fenomenico -- il Samsara --, procede dalla eco -- una entità assimilabile
all’ombra vibrazionale della costante energetica di Planck, la più piccola entità di divisibilità di energia del mondo fisico --, di un
suono originario, la sillaba sacra OM (=aum), in realtà composta da due vocali (la a e la u) in una (la o), più la consonante m, con
la sua risonanza: il mistico fattore della creazione -- il respiro di Brahman --, che manifestando il suo potere ordinatore produce il
Quattro nella forma di quattro elementi cosmici: Aria-e-Fuoco-e-Acqua-e-Terra.
126
La teoria delle stringhe, formulata verso la fine degli anni ‘60 dal fisico-teorico Gabriele Veneziano come ipotesi
riguardante la struttura originaria dell’Universo, postula l’esistenza di piccoli strappi unidimensionali nel tessuto uniforme dello
spazio-tempo, chiamati appunto ‘stringhe quantistiche’, dotati di una certa estensione, che vibrano entro una gamma infinita di modi
vibratori possibili. Il modo vibratorio di questi strappi, o stringhe, corrisponde a particelle puntiformi dotate di energia e impulso
propri: le particelle del modello standard della meccanica quantistica -- protoni, neutroni, elettroni, fotoni, quark, ecc. --,
corrisponderebbero ai modi vibrazionali più bassi delle stringhe.
127
Universo mente materia , op. cit. , pagg. 251-252.
128
Cfr. : Yoghi Ramacharaka, Le religioni dell’India misteriosa, Fratelli Melita Editori, 1990.
129
Cfr. , Maestro Eckhart: Qui sono ciò che ero, né più né meno, perché io sono l’immobile che muove tutte le cose. (In: Tipi
psicologici, op. cit. , pag. 205)
125
Pag.
48
gioco di luci e di specchi, viene prima introflesso e poi estroflesso dal riverbero della
superficie riflettente130 : alterandone lo stato in sé privo di struttura -- senza macchia,
insignificante appunto --, ma senza modificarne la natura, la superfice riflettente viene così
increspata da una distribuzione ondosa e uniforme di quantità di moto
(l’equivalente
dell’olomovimento bohmiano allo stato potenziale) che, istantaneamente, precipita in
una diastole-sistole cosmica, la fase di contrazione-espansione del big-bang.
Così esplicato, l’olomovimento trasforma il proprio modo vibrazionale fondamentale -sulla direttrice di una certa lunghezza d’onda minima ammissibile --,
in una
configurazione di energia e impulso che attira su di sé l’immagine surreale di un campo
esteso -- l’immagine riflessa da uno specchio che c’è e non c’è --, la distribuzione di
correlazioni di fase che va assumendo le sembianze del nostro universo di energia e
materia, in cui nulla si crea nulla si distrugge tutto si trasforma: il cinque 131.
Affrancandosi dalla dimensione della sua gestazione -- il riverbero della superficie
riflettente --, ma conservandone la natura -- immobile e vacua --, l’universo fenomenico
appare sì nella esplicazione dell’olomovimento, ma rimane tuttavia come implicato nella
sottile, insignificante disposizione tensoriale della dimensione psichica, assimilabile ad
una disposizione di campi o zone o dominii psichici di risonanza, la eco degli
innumerevoli modi vibrazionali
dell’olomovimento: ogni modo vibrazionale
dell’olomovimento in esso disciolto, corrisponde a un suono che reca in sé l’immagine
risonante, la eco, del dominio psichico di appartenenza.
Parafrasando David Bohm: poiché anche la disposizione psichica umana -- la mente -emana, è sostenuta, tenuta in vita e dissolta nella relazione di continuità tra un certo
dominio psichico di risonanza e la distribuzione ondosa -- campo esteso -dell’olomovimento, a che punto possiamo tracciare una netta distinzione tra ciò che è
psichico e ciò che non lo è?
5. La dimensione duale dell’universo e la dimensione trina della materia
In questo nostro azzardo, lo psichismo (il campo tensoriale oscillante descritto da una
disposizione di campi o zone o dominii psichici di risonanza), è un modo d’essere della
dimensione psichica (o riflettenza, o dinamismo originario che reca in sè i germi della
risonanza), così come il ghiaccio è un modo d’essere dell’acqua, e la massa un modo
d’essere dell’energia 132.
130
Cfr. , Marius Schneider, Gli animali simbolici, op. cit. , pagg. 331-332: Nella creazione tutto emana dal suono creatore,
che, abbandonando l’elemento aria, va materializzandosi negli altri elementi. La sua prima materializzazione si verifica nella
pietra, nella quale il ritmo creatore genera l’elemento fuoco, le anime e gli astri. La pietra è la prima materializzazione dei mistici
ritmi iniziali della creazione, cioé del suono e dell’eco. Essendo l’eco l’antitesi del suono, il mondo terrestre può essere stato
considerato come una creazione che deriva dall’eco di una parola creatrice lanciata contro le pareti di pietra della montagna
celeste.
131
Misticamente -- scrive M. Schneider (ibid, pagg. 349-350) --, la sezione aurea (simmetria pentagonale) corrisponde al
numero-idea 5 e ad Afrodite, mentre il pensiero astratto si esprime con il numero 6 di Pallade Atena. L’organizzazione della
materia organica è funzione della crescita naturale degli esseri vivi, che producono forme successive omotetiche, cioé forme che
continuano sempre ad essere simili a se stesse [cfr. : autopoiesi - n. d. r. ], sebbene il processo della crescita le trasformi
continuamente. ”La simmetria pentagonale introduce sia nel piano (prolungamento delle linee del pentagono) sia nello spazio una
pulsazione in progressione geometrica, una periodicità dinamica veramente ritmata”. Questa pulsazione geometrica rappresenta
uno schema della spirale logaritmica, la curva ideale di ogni crescita omotetica. Tale espressione dinamica della sezione aurea ci
offre la qualità più trascendentale del numero-idea: il numero è una crescita, un fluire continuo. Sulla spirale hanno il loro simbolo
più adeguato sia la crescita fisica sia l’evoluzione dell’estasi mistica, mentre il pensiero intellettuale corrisponde alle forme
cubiche. Il ritmo sonoro che meglio corrisponde alla spirale è l’accelerando, il quale regge quasi tutte le antiche danze del culto. Il
segreto della spirale consiste nel fatto di ordinare e rivelare proporzioni irrazionali tra fenomeni la cui legge di continuità ci
sfugge, se ci limitiamo a ritmi con progressioni strettamente razionali. Per questo, le proporzioni irrazionali che esprimono la
continuità dei fenomeni, tanto complicati nel loro aspetto calcolatorio, si captano con la maggiore facilità nel ritmo musicale.
132
Bernard Haisch, Alfonso Rueda e Harold Puthoff - 1994 - hanno fornito una dimostrazione matematica del fatto che la
massa -- e l’inerzia -- potrebbe essere un prodotto dell’interazione del vuoto quantistico, una struttura condensata dall’energia del
Pag.
49
In questo azzardo, l’universo appare allora come:
- l’estensione vibrazionale (olomovimento-campo esteso),
- di una superfice riflettente (che reca in sé i germi della risonanza),
- autoperturbata dal proprio riverbero (la riflettenza entra in risonanza con se stessa),
- induttore di un impulso di moto primordiale coerente (capace di generare interferenza),
- che produce una certa disposizione tensoriale della dimensione psichica (il campo o
. sistema tensoriale che abbiamo chiamato psichismo),
- e la associa ad una certa disposizione fisica della dimensione energia-massa (il sistema
. frequenziale che chiamiamo olomovimento-campo esteso).
In quanto 1) propulsore originario della capacità di generare interferenza, 2) induttore di
un campo tensoriale oscillante, e 3) vettore del sistema frequenziale olomovimento-campo
esteso, l’impulso di moto originario ingenera il fenomeno energetico.
Là dove il quid energetico dato dalla costante di Planck assegna all’universo una unità
energetica fondamentale diversa da zero, il quid tensoriale-vibrazionale dato dall’impulso
di moto originario -- o da altra grandezza equivalente --, assegna all’universo una unità di
interferenza anch’essa diversa da zero, che chiamiamo costante di risonanza133.
L’ambivalenza del comportamento della materia (onda-particella), viene allora ad essere
sostituita da una trivalenza: il suo comportamento corpuscolare, il suo comportamento
ondulatorio, più il suo comportamento tensoriale esente da ordini di grandezza come
energia-massa, che chiamiamo psichismo.
Analogamente, anche il principio di equivalenza tra energia e massa viene ad essere
sostituito da un principio trivalente: la massa è un modo di essere dell’energia che è un
modo di essere della intrinseca capacità di generare interferenza.
Nella nostra ipotesi, la dimensione fisica è solo un modo d’essere, in verità assai raro,
della dimensione psichica: se concepiamo un esperimento che forzi un oggetto -- o, ma è
equivalente, un pensiero -- a rivelare il suo carattere fisico, il suo carattere psichico sarà
sempre intrinsecamente confuso; se modifichiamo l’esperimento per mettere in evidenza il
suo carattere psichico, il carattere fisico diventa necessariamente confuso.
In ciò troviamo espressa quella che chiamiamo la dimensione duale, psico-fisica
(tensoriale-frequenziale) dell’universo, e la dimensione trina (corpuscolare-ondulatoriatensoriale) della materia: ad ogni configurazione di fase del sistema frequenziale
olomovimento-campo esteso, corrisponde una configurazione di fase del sistema
tensoriale psichismo(mente).
In questo scenario ipersurrealistico, in cui ci permettiamo di collocare il concetto junghiano
di unus mundus134, ad ogni configurazione fisica di interferenza dell’energia-materia
campo quantistico di punto zero, piuttosto che un elemento fondamentale dell’universo [vedi: Ervin Laszlo, Nuovi concetti di
materia e mente, in Pluriverso, n°5, 1996, pagg. 47-48].
133
Nel sistema frequenziale definito dalla costante di Planck -- la più piccola entità di divisibilità di energia della dimensione
fisica --, l’impulso di moto è dato dal prodotto della massa per una velocità pari o inferiore alla velocità della luce nel vuoto ( p=mv ,
cioè l’impulso di moto p di un’onda-particella, è dato dal prodotto della sua massa per la sua quantità di moto v). Nel sistema
tensoriale definito dalla costante di risonanza -- la più piccola entità di divisibilità della capacità di generare interferenza della
disposizione della dimensione psichica --, l’impulso di moto è invece dato dal prodotto di una grandezza che indica la distribuzione
(ricavata dallo spazio delle fasi del campo tensoriale) della capacità di generare interferenza, che chiamiamo densità di risonanza, per
una grandezza che descrive la potenza della capacità di generare interferenza, cioè la sua capacità di perturbare altre porzioni dello
spazio delle fasi, e che chiamiamo potenziale di risonanza.
Nel sistema frequenziale, l’impulso di moto è l’indice della distribuzione frequenziale delle subtotalità di fase
(relativamente autonome o indipendenti) dell’olomovimento-campo esteso. Nel sistema tensoriale, invece, l’impulso di moto è
l’indice della distribuzione tensoriale delle subtotalità di fase (relativamente autonome o indipendenti) dello psichismo.
134
Vedi: Marie-Louise von Franz, La scienza e l’inconscio, in L’uomo e i suoi simboli, TEADUE, 1991, pagg. 314-315.
L’insospettato parallelismo delle idee nel campo della fisica e in quello della psicologia, suggerisce, come ha ben visto
Jung, la possibilità di una fondamentale unicità dei due campi reali che formano oggetto degli studi della fisica e della psicologia -
Pag.
50
corrisponde una certa configurazione psichica di interferenza. L’ambiente macrocosmico
e microcosmico, appaiono come implicati ed esplicati in insiemi e sottoinsiemi di zone o
dominii di coerenza psico-fisica, distribuiti tra una condizione di massima capacità di
generare interferenza -- suono --, e una condizione di minima capacità di generare
interferenza -- rumore --.
L’esistere attivamente nel mondo, avviene con dinamiche relazionali diverse perché
derivate dalla amplificazione di campi di risonanza psicofisica diversi, dal vincolo a zone o
dominii di interferenza diversi.
Pensare e sognare come fanno gli umani, è una condizione psicofisica che non qualifica
affatto la natura della disposizione della dimensione psichica -- dice un aforisma cinese:
cavallo bianco non è cavallo --, tantomeno la natura di quella che abbiamo indicato come
psiche-riflettenza. La nostra mente è solo una esplicazione particolare,
per noi
vincolante, dello psichismo dell’energia-materia.
Allo stesso modo di come il ghiaccio non è né l’acqua, né il ruscello ghiacciato, né
l’inverno, così lo psichismo -- e a maggior ragione la dimensione psichica --, non è né la
mente umana, né chi la percepisce come tale, né la stagione della percezione.
Se abitassimo all’interno di un cubetto di ghiaccio e non avessimo alcun motivo o facoltà
di dubitare del fatto che l’unico modo di essere dell’acqua è il ghiaccio, allora entrambi
verrebbero percepiti non come stati derivati ma identici. L’acqua allo stato liquido o
gassoso sarebbe un’eresia e le leggi della termodinamica una favola per bambini.
6. Uno sguardo al paradigma delle neuroscienze (prima parte)
Nell’ambito delle neuroscienze, l’approccio al territorio della percezione -- la mente -rispecchia questo stato di congelamento. Secondo questo approccio, la strutturazione
neurologica della materia biologica, avrebbe fatalmente e inspiegabilmente insignito il
territorio del pensiero con il titolo ambito di compiutezza psichica, riservandolo all’essere
umano e non ad altri, vuoi sotto forma di epifenomeno neurologico -- mente incarnata --,
vuoi sotto forma di grazia divina -- mente disincarnata135 --, comunque come alterego del
soma. Un postulato talmente miope che non riesce a intravedere nemmeno lontanamente
alcuna ipotesi plausibile e coerente, del come e del se -- per non parlare del perché -- i
processi neuromolecolari si trasformino o no in processi mentali e viceversa. In questo
stato congelato dalla ratio-ratio, ritroviamo la versione esasperata di un mondo diviso tra
due avversari -- ciò che è, la realtà semantica creata dalla volontà di potenza, opposta a
ciò che non è, il nulla semantico --, dove nulla si crea, nulla si distrugge ma tutto è stabilito
dalle leggi del battesimo semantico, dagli orizzonti della volontà di potenza del
dispensatore di significati, dalla legge di una ratio affetta da elefantiasi.
Ciascuno diventa quello che pensa, avverte il Maitri Upanishad. Ed ecco che in questo
stato di congelamento della ratio-ratio, ciascuno diventa quello che mangia. L’esasperata
scissione geometrica e narcisistica del mondo, tra un soggetto agente che manipola e un
oggetto della sua manipolazione, corrisponde alla nevrosi di un Io (analisi della realtà),
convulsamente agitato dalla perenne minaccia di un altro dall’Io, dall’ombra di quella
parte di materiale psichico che non riuscirà mai ad eliminare (l’inconscio impersonificato
dal nulla). Un Io perennemente indaffarato a tracciare confini, a tenere alta la guardia,
cioé, una unicità psicofisica di tutti i fenomeni della vita. Jung era convinto del fatto che ciò che egli chiama inconscio è in qualche
modo connesso con la struttura della materia inorganica - una connessione alla quale sembra riferirsi il problema della cosiddetta
malattia psicosomatica. Il concetto di una idea unitaria della realtà (che è stato seguito da Pauli e da Erich Neumann) era
definito da Jung il concetto dell’unus mundus (il mondo unico, nel quale psiche e materia non si differenziano, o non si attuano
separatamente).
135
Sulla dicotomia mente incarnata-mente disincarnata vedi: George Lakoff, Il sé neurocognitivo, e Mark Johnson, Il ruolo
della linguistica in tre rivoluzioni cognitive; in : Pluriverso, n° 5, 1996.
Pag.
51
cronicamente agitato, insaziabilmente affamato, esattamente il contrario della natura
umana: immobile e vacua.
L’occidentale -- scrive Jung136 -- non ha bisogno di superiorità sulla natura all’esterno e
all’interno, le possiede entrambe con perfezione quasi diabolica. È incapace invece di
riconoscere coscientemente la propria inferiorità verso la natura che è in lui e intorno a lui.
Quello che dovrebbe imparare è che non può fare come vuole; se non imparerà questo, la
sua propria natura lo distruggerà; egli infatti ignora la sua anima, che gli si rivolta contro
con atto suicida.
Nella visione così eruditamente tautologica del mondo, sventolata dalla nostra volontà di
potenza, i fatti scientificamente rilevati conducono a leggi probanti che non spiegano
niente o punto di essenziale. Niente o quasi niente di irriducibile a coltello e forchetta.
Niente o quasi niente di diverso da principi come il principio antropico, secondo il quale le
leggi naturali devono prevedere e consentire l’esistenza di esseri intelligenti capaci di
interrogarsi su di esse.
Ma, come scrive Jung137: La ragione cerca sempre la soluzione seguendo la via del raziocinio, della consequenzialità, della logica,
quindi è nel giusto in tutte le situazioni e questioni di portata normale, però in quelle molto grandi e decisive è insufficiente. È incapace
di creare l’immagine, il simbolo; il simbolo è irrazionale. Quando la via razionale diventa un vicolo cieco - cosa che dopo qualche tempo
avviene sempre - la soluzione arriva da dove nessuno se lo aspetta.
CAPITOLO QUARTO
SULLA NATURA DELLA MENTE UMANA
dimensione psichica - psichismo - mente
- parte seconda -
136
137
In: La saggezza orientale, op. cit. , pag. 38.
Ibid. , pag. 209.
Pag.
52
Quelli che parlano non sanno niente,
Quelli che sanno son silenziosi.
Queste parole, così mi dicono,
Furono scritte da Lao Tzu.
Se dobbiam credere che Lao Tzu
Fosse egli stesso uno che sa,
Come sarà che scrisse un libro138
Che conta cinquemila parole?
Po Chu-I (772-846 d. C. )139
1. Uno sguardo al paradigma delle neuroscienze (seconda parte)
L’incognita che circonda la natura della mente umana, porta gli esperti a concepirla ora
come un prodotto computazionale di fattori neuromolecolari e neuroanatomici eccellenti,
ora come il contenitore di una scala gerarchica di attributi neuropsicologici descrittivi,
spesso maldefiniti e insoddisfacenti.
Flechsig, per esempio, noto neurologo dei primi del ‘900, attenendosi al modello
adultometrico, secondo il quale un bambino è un adulto incompleto, sosteneva che il
neonato umano è un essere decerebrato dotato di riflessi. Quello di Flechsig, è il classico
esempio, molto diffuso in ambito accademico e scientifico, di come la comune volontà di
potenza possa mimetizzarsi nei panni di una colta erudizione, spacciando ciò che è
nevrosi per obiettività scientifica.
Per inciso, se in questo preciso istante il pianeta che coabitiamo con miliardi di altri esseri
senzienti, fosse disintegrato da un immane cataclisma, non andrebbe in fumo la
realizzazione di alcun disegno naturale o divino di compiutezza biologica o neurologica.
Dovremmo dire semplicemente addio alle nostre rispettive vite con annessi e connessi (la
morte, d’altra parte, è l’unica certezza che abbiamo).
A Flechsig, comunque, fanno seguito molti altri colleghi non meno brillanti di lui: da Hekel
(lo sviluppo ontogenetico del bambino è la riepilogazione delle principali tappe
filogenetiche dalla comparsa della vita sulla terra alla cronospecie umana attuale), a
Temple-Fay (se per triste sorte del destino un trave mi centrasse il cranio catapultandomi
al livello neurocomportamentale dei pesci, sarà già un passo avanti se riuscirò a
recuperare il livello degli anfibi); da Doman (lo strisciamento riflesso del neonato è un tipo
di locomozione che testimonia di come eravamo prima di essere uomini eretti), a Vojta
(dal livello mesencefalico in su, i progressivi livelli di mielinizzazione dell’encefalo
rappresentano i progressivi stadi filogenetici), e così via.
L’ultima ciliegina in fatto di genialità neurologiche filodarwiniste arriva dal Prof. Paul
McLean, neuroscienziato statunitense, secondo il quale -- ispirandosi a Vojta --, il cervello
umano è costituito dalla sovrapposizione di tre distinti ‘cervelli’: un cervello mesencefalico,
associato allo stadio evolutivo dei rettili; un cervello diencefalico o limbico, associato allo
stadio evolutivo dei mammiferi; un cervello corticale -- neocorteccia - associato allo stadio
dei primati.
Neodarwinisti o meno, i vari tentativi neurologici di stratificare e standardizzare le funzioni
mentali in chiave adultometrico-evoluzionista non rappresentano tutta la neuroscienza. In
particolare, nella concezione dinamica e cognitiva delle funzioni neuropsicologiche e dei
processi neuromolecolari ad esse associati, l’organizzazione encefalica è caratterizzata
138
139
IlTao te king.
In: Liriche cinesi, op. cit. , pag. 222.
Pag.
53
da una rappresentazione della genesi mentale di tipo sistemico, o reticolare, o multicomposto. Questa organizzazione -- che differisce sia da un mosaico di centri che da una
monade --, è il prodotto dello sviluppo, dell’esperienza e dell’apprendimento, che via via
modellano le connessioni entro e fra i sistemi neuroassiali. L’interazione tra maturazione
encefalica e fattori ambientali spiega -- molto approssimativamente -- le variazioni
individuali nella organizzazione delle funzioni neuropsicologiche, e, in particolare, nei
comportamenti complessi. I sistemi encefalici possiedono anch’essi la proprietà di
autoregolarsi140 , e costituiscono dei dispositivi per l’elaborazione e l’integrazione degli
accadimenti neurologici e neuropsicologici a vari livelli e a differenti stadi.
Benché questo paradigma sia più accettabile degli altri di cui si è fatto cenno, rimane
ancora ottenebrato da un madornale equivoco di fondo: le funzioni neuro-mentali
continuano ad essere indagate come se fossero il prodotto dell’attività neurofisiologica, o,
come amano dire i cognitivisti, come se fossero un software implementato nell’hardware
delle reti neurali.
Qual’è dunque la natura della relazione esistente tra processi neuromolecolari e processi
mentali? Come dove quando e perché avverrebbe questa misteriosa trasformazione degli
impulsi neuroelettrochimici in sensazione, percezione, pensieri, coscienza, memoria,
emozioni? Ma esiste veramente questo punto caldo di biforcazione filosofale che tramuta
la materia in mente e la mente in materia?
1.2. Il telaio incantato
. . . Rebecca illustrò, con esempi concreti, con il suo stesso essere, le due forme,
diversissime e separate, del pensiero e della mente, la paradigmatica e la narrativa (per
usare la terminologia di Bruner). Entrambe sono ugualmente naturali e innate nella mente
umana nel suo sviluppo, ma quella narrativa viene per prima, ha una priorità spirituale. . . .
È questo potere narrativo o simbolico che dà un senso del mondo - una realtà concreta
racchiusa nella forma immaginativa del simbolo e della storia - quando il pensiero astratto
non può fornire assolutamente nulla. . . . . . . ”Sono come un tappeto, un tappeto vivente.
Ho bisogno di un motivo, di un disegno come questo sul suo tappeto. Se non c’è un
disegno, vado in pezzi, mi disfo”. Guardai il tappeto e mi tornò in mente la famosa
immagine di Sherrington: il cervello/mente come un telaio incantato, che tesse disegni
sempre diversi. . . .
Oliver Sacks141
Nel nostro azzardo, la dimensione psichica, lo psichismo e la mente, sono stati derivati
dello stesso principio originario, che abbiamo chiamato superfice riflettente irriducibilmente
vacua: sopra è la dimensione psichica, il territorio della riflettenza che reca in sé i germi
del moto e della risonanza; sotto è lo psichismo, il territorio del riverbero e dell’antinomia
che reca in sé i germi dell’olomovimento e dell’energia; in mezzo è la mente, il territorio
della sensazione che reca in sé i germi del simbolo e del segno.
Con ciò, alludiamo al fatto che nello stato fondamentale di ogni territorio mancano i
contenuti concreti, esplicati, rispettivamente del moto e della risonanza, dell’olomovimento
e dell’energia, del simbolo e del segno, ma non mancano le condizioni che rendono
possibile la loro esplicazione, ovvero: la loro esplicazione è condizionata a priori dalla
140
141
Vedi la sezione Prologo all’inizio del libro.
Da: L’uomo che scambiò sua moglie per un cappello, Adephi, 1986, pagg. 242-244.
Pag.
54
disposizione delle configurazioni di fase (nello spazio delle fasi), del loro territorio di
appartenenza.
Con la parola germi, allora, vogliamo indicare come necessaria -- dal nulla nulla si crea -l’esistenza di condizioni ante rem, linee fondamentali aprioristiche implicate -- disciolte -nel loro territorio di germinazione (gli stagni a cui allude Augusto Sabbadini), che
imprimono alla materia della esplicazione una determinata configurazione di fase. Sono
schemi o possibilità funzionali prescrittive che escludono o limitano in forte misura altre
possibilità alla esplicazione del materiale germinativo142.
Dato che allo stato attuale del nostro azzardo, tanto il concetto di dimensione psichica
quanto quello di psichismo e di mente sembrano ‘abitare’ in uno spazio delle fasi,
potremmo assimilare il concetto di germi a quello di attrattori e dire che lo spazio delle fasi
della dimensione psichica, lo spazio delle fasi dello psichismo e lo spazio delle fasi della
mente, sono il territorio di una disposizione di attrattori prescrittivi e di orbite aleatorie 143,
rispettivamente per il moto e la risonanza, l’olomovimento e l’energia, il simbolo e il segno.
Con un passo indietro, torniamo alla distinzione effettuata -- vedi Cap. III -- tra territorio
d’azione della costante di risonanza originaria (sistema tensoriale) e territorio d’azione
della costante energetica di Planck (sistema frequenziale), ed evidenziamo la diversità
intercorrente tra questi due stati della risonanza, vale a dire tra i caratteri del sistema
tensoriale psichismo-mente associato al primo, e quelli del sistema frequenziale
olomovimento-campo esteso associato al secondo.
Nel sistema tensoriale psichismo-mente, lo spazio delle fasi a cui facciamo ricorso per
qualificarne la dinamica -- anche se in realtà il nostro sistema tensoriale è come se fosse
privo sia di dinamica che di struttura --, non deve essere inteso come la risoluzione grafica
di una distribuzione di segnali (sotto forma di attrattori e di orbite) ma, al contrario , come
la configurazione di un veicolo di segnali (contenente) e di segnali (contenuto) latenti,
disciolti nel territorio d’azione della costante di risonanza originaria, sotto forma di
possibilità funzionali prescrittive, di attrattori prescrittivi che descrivono orbite aleatorie,
insignificanti, inconsistenti, proprio come magici arabeschi emergenti da un telaio
incantato144.
1.3. Il vettore sintropico campo elettromagnetico
142
Cfr. : C. G. Jung, Tipi psicologici, op. cit. , pag. 241.
Cfr. : Claudio Messori, Caoticamente, Federico Ceratti Editore, 1996, Cap. 2.
144
Questo -- scrive M. Schneider (Gli animali simbolici , op. cit. , pagg. 325-326) -- ci porta a sottolineare il carattere
artigianale e sobrio del pensiero mistico, secondo il quale il compito determina la posizione mistica di un essere umano, cioé,
sociologicamente, la sua casta. Il ritmo, la forma e l’uso dei propri strumenti di lavoro determinano la posizione mistica della sua
personalità, perché, con questa proiezione dei suoi talenti e dei suoi organi naturali, l’uomo amplia, accentua, mostra e assicura la
sua individualità. . . . . . il pensiero mistico aspira alla penetrazione intellettuale e conseguente della vita intera per mezzo delle sue
formule artigianali, mentre il pensiero pratico è molto più ridotto ed empirico. La differenza fra la concezione pratica e quella
mistica sta solo nel grado dell’estensione, dato che, mentre la mistica considera la Natura intera, la vita pratica tiene in conto
soltanto una parte di essa. La mistica comprende l’albero intero, con radici, tronco, fronde;la vita pratica si occupa soltanto del
tronco. La mistica antica aveva per meta di fissare esattamente la posizione di ogni fenomeno nella gerarchia dell’universo. Nella
costruzione di un telaio il punto più importante è quel luogo dove sono fissate con una vite le due sbarre che si intrecciano. Questa
vite fissa l’angolo di incrocio rispetto alla base che sostiene le sbarre. Nel telaio del macrocosmo, i cui angoli determinano la
posizione relativa del cielo e della terra, la vite centrale attraversa il fiume (la-mi) e corrisponde al “chiodo” del mondo. In quanto
ogni posizione mistica è un incrocio di due linee, l’universo costituisce una gerarchia di incroci, cioé di tamburi a forma di
clessidra, di inversioni e di sacrifici reciproci. Ciascuna delle viti è una freccia ardente che assicura la costanza delle relazioni
espresse dagli angoli che mantengono l’intelaiatura cosmica.
143
Pag.
55
Nel sistema frequenziale olomovimento-campo esteso invece, le cose vanno in un modo
totalmente diverso (almeno dal livello delle cariche elettriche prive di massa -- i bosoni -che costituiscono il campo superfluido di punto zero -- vuoto quantistico --, in su). Qui sì
che possiamo correttamente parlare di una struttura e di una dinamica del sistema che,
come abbiamo visto nel secondo capitolo, trova la sua migliore formulazione nel concetto
fisico-matematico di campo esteso, dotato di struttura (granulare) e di fase (ritmo) .
Nel sistema frequenziale olomovimento-campo esteso, il campo -- ma anche
l’olomovimento, in quanto generatore di subtotalità di movimento relativamente autonome
o indipendenti --, è per il sistema un veicolo di segnali sia prescrittivi che descrittivi.
Sulla dimostrazione di un campo come veicolo di segnali non ci soffermeremo, la realtà
delle telecomunicazioni è fin troppo eloquente.
Sulla qualificazione delle proprietà che definiscono un veicolo di segnali , daremo di
seguito solo alcune indicazioni di massima 145:
- un segnale indica qualcosa e possiede un significato;
- la propagazione di un segnale è un tipo di comunicazione;
- l’informazione è solo una parte del contenuto o significato di una comunicazione;
- un segnale è una modulazione ordinata di un veicolo;
- l’ordine della modulazione non è separabile dal significato del segnale: cambiare l’ordine
. equivale a cambiare il significato;
- possiamo correttamente parlare di propagazione di un segnale solo in contesti in cui il
movimento del veicolo è tanto regolare e continuo da non perturbare l’ordine della
modulazione.
Inoltre146:
- l’informazione viene definita, dalla cibernetica, come l’incertezza che viene tolta dalla
realizzazione di un evento e della quale, ad evento compiuto, possiamo misurarne la
quantità, che sarà tanto più grande quanto più piccola era la sua probabilità di
realizzazione (che probabilità di realizzazione vogliamo assegnare al fenomeno
biologico?);
- la quantità di informazione, essendo legata a una probabilità, è un valore astratto,
indipendente dal contenuto dell’informazione.
La quantità d’informazione -- scrivono Gedda e Brenci147 -- si presta ad un suggestivo
confronto con il concetto fisico di entropia nel senso che queste due grandezze, data
l’uguaglianza delle formule che le esprimono, potrebbero rappresentare due aspetti uguali
e contrari di una medesima realtà. Un’applicazione di questa concezione unitaria è stata
fatta da J. Prigogine -1967- ai sistemi aperti dissipativi e cioé a quei sistemi fisici che
meglio rappresentano i sistemi viventi. Secondo Prigogine, un aumento del tasso di
entropia globale [che tasso di entropia vogliamo assegnare a un ‘buco nero’? - n. d. r. ],
associato a una diminuzione dell’entropia locale in sistemi aperti e dissipativi [coerenti - n.
d. r. ], si traduce nella formazione di strutture, mentre il decadimento di strutture comporta
un aumento di entropia locale [sino eventualmente alla perdita definitiva e irreversibile
del. . . ’soggetto dominante’ - n. d. r. ]. Nel settore biologico, più che in ogni altro, è chiaro
che l’informazione crea delle strutture e quanto occorre per mantenerle. Perciò si può
avanzare l’ipotesi che, tra entropia e informazione non corra soltanto un parallelo casuale,
ma un’alternativa causale nel senso che l’informazione genica rappresenta, secondo il
linguaggio dell’informatica, una sintropia o neghentropia che si oppone, anche se in una
regione spazio-temporale limitata [subtotalità di movimento/dominio di coerenza, n. d. r. ],
al disordine crescente della materia, ossia all’entropia.
145
146
147
Cfr. : D. Bohm, Universo mente materia, op. cit. , pag. 173 e segg.
Cfr. : Luigi Gedda e Gianni Brenci, Cronogenetica, EST Mondadori, 1980, pag. 40.
Ivi, pag. 42.
Pag.
56
In un sistema frequenziale coerente, le proprietà che deve esibire un campo (inteso come
veicolo di segnali) , per poter rivestire il ruolo di vettore sintropico (induttore di ordine e
coerenza) del sistema, devono essere proprietà come: identificabilità, trasparenza,
trasporto di impulso senza perdite, capacità regolativa e trasmissione di segnali a
breve/media/lunga distanza.
In linea di principio, ogni campo annesso o connesso con un sistema frequenziale
generico (come possono essere il campo d’onda e il campo di materia associati al campo
esteso), potrebbe diventare vettore sintropico per uno o più livelli di strutturazione
dell’impulso/dell’energia/della materia.
La capacità del campo di trasmettere segnali a distanza, con funzione regolatrice,
verrebbe ad essere così distinta in una sintropia trasversale, o capacità di indurre ordine e
coerenza a più livelli, ed una sintropia orizzontale, o capacità di indurre ordine e coerenza
in regioni estesamente maggiori dello stesso livello.
In pratica, però, questa tendenza di un campo ad occupare il ruolo di vettore sintropico del
sistema, è regolata (sul principio del ‘massimo risultato con il minor dispendio di energia’)
dalla relazione di competitività -- diadicasia -- intercorrente tra gli aspiranti al ruolo, che
seleziona super partis un solo candidato, escludendo gli altri.
Il carattere sintropico dell’azione svolta dal candidato prescelto ha un duplice significato:
- rispetto alla strutturazione e alla dinamica del livello o dei livelli entro i quali agisce, è sia
descrittivo (porta ad esplicazione i caratteri della fisica del componente) che prescrittivo
(prescrive l’ordine della sua modulazione, compatibilmente con la fisica dell’ambiente);
- rispetto alla strutturazione e alla dinamica dei livelli o degli stati derivati (dove agisca
ancora lo stesso o altri vettori sintropici) , è solo prescrittivo, nel senso che prescrive i
presupposti alla loro strutturazione e dinamica.
Per definizione, allora, il vettore sintropico originario costante di risonanza ha solo
carattere prescrittivo, stabilisce le linee fondamentali (le direttrici irriducibilmente implicate)
che prescrivono le possibilità di esplicazione del nostro universo psico-fisico.
Sul piano d’azione della costante energetica di Planck, l’informazione della materia (gas,
liquidi solidi) ha come vettore sintropico a breve/media/lunga distanza, il campo (di
risonanza) elettromagnetico.
L’informazione biologica, ha come vettore sintropico a corto raggio la molecola di DNA,
come segnali i nucleotidi e come canali di trasmissione dell’informazione i processi di
trascrizione e di traduzione del codice genetico (o di duplicazione dell’informazione
ereditaria)148.
L’azione del vettore sintropico DNA , tuttavia, essendo limitata allo spazio degli incontri
molecolari149, non è in grado di indurre ordine e coerenza sulle medie e lunghe distanze,
né in senso orizzontale né in senso trasversale.
148
Cfr. : Fritz-Albert Popp, Nuovi orizzonti in medicina, op. cit. , pagg. 19-20.
Un primo punto da sottolineare -- scrive Emilio Del Giudice, op. cit. , Cap. 6 -- è l’esistenza, all’interno dell’essere
vivente, e in particolare dell’essere umano, di una scala gerarchica di livelli di coerenza, ognuno dotato di un grado di autonomia e
completezza interna, ma ciascuno capace, attraverso le proprie eccitazioni energetiche, di dar vita ai livelli superiori. (. . . . ) La
materia vivente appare essere caratterizzata da un intreccio di coerenza chimica e coerenza elettromagnetica. Il livello
organizzativo più fondamentale sembra essere quello dell’acqua a cui appartengono il 99% del numero totale di molecole della
materia vivente e circa il 70% del suo peso (almeno nell’essere umano). Le molecole d’acqua, alla densità del liquido ed a
temperatura ambiente, si organizzano spontaneamente in domini di coerenza, ognuno delle dimensioni di circa un decimo di
micron, all’interno dei quali le configurazioni molecolari oscillano tra due stati ben definiti [uno di minima energia e uno eccitato n. d. r. ] dello spettro della molecola isolata in fase con un campo elettromagnetico coerente, avente la sua frequenza
149
Pag.
57
Per superare la barriera spazio-temporale delle reazioni chimiche, occorre un vettore
sintropico con le caratteristiche di un campo radiativo, e il campo (di risonanza)
elettromagnetico risponde ai requisiti richiesti: l’informazione biologica ha come vettore
sintropico a media e lunga distanza il campo di risonanza elettromagnetico, come segnali
le onde di interferenza elettromagnetiche e come canali di trasmissione le linee e i siti
(nodi e ventri) di forza del campo150.
1.4. Le alternative sulla natura della mente
Chuang Tzu livella tutte le cose
E le riduce alla stessa monade;
Ma, dico io, in questa identità
Possono sorgere diversità:
S’anche nel cedere alla natura
Mostrano entrambi tendenze simili,
Pure mi sembra che in qualche modo
Una fenice sia più d’un rettile.
Po Chu-I (772-846 d. C. )
Nella prospettiva del nostro azzardo, la relazione , gerarchica, che intercorre tra il territorio
d’azione della costante di risonanza originaria e il territorio d’azione della costante
energetica di Planck, è la seguente:il sistema tensoriale psichismo-mente sta sopra,
l’olomovimento sta sotto, in mezzo è il campo quantistico di punto zero o vuoto
quantistico151.
nell’infrarosso. Questo campo è capace di attrarre sui bordi dei domini di coerenza macromolecole organiche capaci di risuonare
sulla stessa frequenza. Queste molecole sono presenti e si muovono nella frazione incoerente dell’acqua, negli interstizi tra i domini
di coerenza. È concepibile che l’intervallo di temperatura, relativamente ristretto, a cui la vita è possibile sia proprio quello per cui
simultaneamente i campi elettromagnetici dei vari domini di coerenza dell’acqua siano ancora capaci di toccarsi ed assicurare
quindi una coerenza di fase su distanze più vaste e, nello stesso tempo, gli interstizi tra i domini siano sufficientemente ampi da
consentire la presenza del materiale macromolecolare sui bordi di ogni dominio. Le macromolecole attirate sulla superficie dei
domini di coerenza, al di là di una certa soglia di densità, possono a loro volta dar luogo ad attrazioni coerenti al loro interno in
fase con nuovi campi elettromagnetici dotati di frequenza specifica, capaci a loro volta di attirare altre specie molecolari risonanti.
Tra queste ultime molecole e le precedenti possono aver luogo reazioni chimiche, la cui velocità grazie ai meccanismi di attrazione
collettiva fondati sull’elettrodinamica, è molto maggiore della velocità delle reazioni chimiche verificantesi tra molecole
indipendenti sulla base di meccanismi diffusivi fondati sulle collisioni. Siccome questi meccanismi rapidi e veloci operano soltanto
in caso di risonanza tra le oscillazioni delle strutture collettive che fanno da substrato e le oscillazioni delle molecole ambientali, è
assicurata una elevata selettività delle interazioni chimiche. Mentre all’interno di un ambiente non coerente, privo di una fase ben
definita dei campi presenti, le varie specie molecolari possono interagire con uguale probabilità sulla base degli urti, l’ambiente
biologico dà luogo ad un sistema chimico completamente catalitico [ nei sistemi catalitici la reattività dei processi e delle
trasmutazioni biologiche è accelerata da elementi reattivi, come enzimi o neuroregolatori, propri del sistema-n. d. r. ], in cui la
sequenza e la velocità delle varie reazioni chimiche è completamente determinata dall’ordine elettromagnetico ivi esistente.
D’altra parte le reazioni chimiche svolgentesi in modo ordinato danno luogo a rilasci di energia che, siccome avvengono
in ambiente coerente, non si propagano diffusamente in forma di calore ma si propagano in forma di onde. (. . . . ) Il fatto che le
reazioni chimiche diano luogo a rilasci di energia, che avvengono in forma di eccitazioni collettive, rende possibile modifiche delle
strutture permanenti preesistenti e può rappresentare il punto di partenza di ulteriori livelli organizzativi della materia vivente.
150
Cfr. : Fritz-Albert Popp, 1983;H. Frohlich, 1968;Franco Bistolfi, 1989;Emilio Del Giudice, 1999.
151
Per quanto riguarda la gamma completa di interazioni tra il vuoto quantistico e il mondo micro come quello macro -scrive Ervin Laszlo, in Pluriverso, cit. , pagg. 49-50 -- ha particolare rilevanza il lavoro di un gruppo di fisici russi. Anatoly
Akimov (1991), G. I. Shipov (1995), V. N. Binghi e collaboratori hanno sviluppato una sofisticata teoria di ciò che chiamiamo il
vuoto fisico. Nella loro teoria il vuoto è un campo fisico reale che si estende per tutto l’universo: esso registra e trasmette le tracce
sia delle particelle elementari che degli oggetti macroscopici. Akimov e colleghi, sviluppando un vecchio lavoro di Albert Einstein e
di Elie Cartan considerano il vuoto come un mezzo fisico che può assumere vari stati di polarizzazione [o stati tensoriali orientati in
Pag.
58
Il dilemma che ci si para d’avanti è il seguente: ammettiamo o non ammettiamo la
possibilità di una dimensione psichica che ecceda, di fatto, la dimensionalità fisica del
territorio d’azione della costante di Planck?
Per millenni -- scrive Ervin Laszlo152 -- i filosofi si sono interrogati sulla posizione della
mente nella natura. Sono state formulate molte teorie, ma le alternative prese in
considerazione si contano sulle dita di una mano. (. . . )
- Alternativa 1. La mente è un prodotto del cervello, o più esattamente un sottoprodotto
delle funzioni di sopravvivenza che il cervello realizza per l’organismo. Man mano che gli
organismi diventano più complessi, richiedono ‘computer’ più complessi per dirigersi nel
procurarsi il cibo, il partner e le varie risorse necessarie per sopravvivere e riprodursi. A un
certo punto di questo sviluppo appare la mente. Dunque la mente non costituisce il dato
primario del mondo reale: è un ‘epifenomeno’ che si manifesta realmente solo in quelli che
possiedono cervelli sufficientemente complessi (materialismo).
- Alternativa 2. La mente è una realtà fondamentale: la materia non è altro che
un’illusione creata dalla mente umana. Nell’evoluzione dell’universo la mente è stata la
prima realtà, ed è ancora la prima (e forse la sola) realtà. L’universo materiale non è altro
che la creazione della mente umana quando contempla, nella sua vera natura mentale, il
mondo che ci circonda (idealismo).
- Alternativa 3. Mente e materia sono entrambe fondamentali ma completamente diverse:
negli esseri umani sono associate attraverso il cervello. Le manifestazioni della mente non
possono essere spiegate per mezzo dei sistemi che la manifestano, e neppure per mezzo
dei cervelli straordinariamente complessi degli esseri umani. Nel caso degli esseri umani,
la mente è associata a un cervello materiale, ma questo cervello è solo la sede della
mente e non si identifica con essa (dualismo).
- Alternativa 4. Materia e mente costituiscono un tutt’uno che non può essere diviso, né
teoricamente né praticamente. La distinzione (introdotta nel pensiero occidentale da
Cartesio) tra mente e materia è completamente infondata: in ultima analisi mente e
una direzione privilegiata! -N. d. r. ]. Data una polarizzazione di carica, il vuoto si manifesta come campo elettromagnetico. Data
una polarizzazione di materia, si manifesta come campo gravitazionale. E data una polarizzazione di spin [una grandezza
matematica che indica il ‘momento angolare’ o ‘momento di torsione’ o ‘moto rotazionale di avvolgimento-svolgimento’
intrinsecamente posseduto da una particella. N. B. : la ‘chilarità’, o polarizzazione rotatoria nella strutturazione della materia
sovratomica, è un fenomeno universale direttamente derivato dalle proprietà di spin dell’universo subatomico. In vivo, ad esempio,
biomolecole come le proteine e gli acidi nucleici si avvolgono sempre in senso destroso, mentre gli zuccheri si avvolgono sempre in
senso sinistroso. Le stesse molecole, in vitro, presentano entrambe le chilarità, la qualcosa porta a concludere che la scelta di un
verso privilegiato di avvolgimento in vivo deve potersi ricondurre alle proprietà di spin di un vettore sintropico idoneo. Questa è
senza ombra di dubbio una ulteriore conferma al potenziale destrutturante-cancerogeno posseduto da tutte le biomolecole ottenute
per sintesi di laboratorio! - N. d. r. ], si manifesta come campo di spin. Tutti i campi fondamentali noti alla fisica trovano
corrispondenza in specifici stati di polarizzazione del vuoto. Secondo la teoria del campo di torsione del vuoto fisico tutti gli
oggetti, dai quanti alle galassie, creano vortici nel vuoto. Le onde di torsione possono durare nel tempo: fantasmi di torsione
metastabili, generati dalle interazioni di torsione di spin, possono persistere anche in assenza degli oggetti che li hanno generati.
L’esistenza di questi fantasmi nel caso di tessuti viventi è stata confermata dagli esperimenti di Vladimir Poponin e del suo gruppo
dell’Istituto di Fisica Biochimica dell’Accademia russa delle Scienze (P. P. Gariaev e V. P. Poponin, 1995; P. P. Gariaev, et alii,
1989). (. . . . . ) Le teorie dell’interazione del vuoto della nuova fisica suggeriscono che la vita sia una manifestazione della
costante, benché sottile, interazione dei pacchetti d’onda classicamente conosciuti come materia con il sottostante, fisicamente
reale, vuoto fisico. Questa interazione può essere descritta con precisione. Secondo l’ipotesi dell’interazione del vuoto quantistico, il
vuoto registra il comportamento e l’evoluzione spaziotemporale dei sistemi materia-energia sotto forma di fronti d’onda iterferenti.
Le figure di interferenza [. . . immagini - n. d. r. ] conservate formano un campo di informazione olografica [. . . ricordi - n. d. r. ],
accessibile a sistemi con una configurazione stereodinamica isomorfa rispetto ai sistemi che hanno prodotto le figure [. . . segni - n.
d. r. ]. Dato che i fronti d’onda si sovrappongono in molteplici dimensioni, il vuoto funziona come un campo olografico universale
[cfr. : D. Bohm, Universo mente materia, op. cit. , pag. 198 e segg. - n. d. r. ] che conserva e trasmette informazione, mettendo i
sistemi in collegamento tra loro, come pure con i loro sistemi sussidiari (parti interne) e con i sovrasistemi (ambienti esterni) [E.
Laszlo, 1993;1995;1996]. A questo punto è ragionevole ritenere che l’organismo vivente sia sottilmente, ma costantemente
collegato con il suo ambiente.
152
In Pluriverso, cit. , pagg. 51-52.
Pag.
59
materia formano un unico integrato. Dobbiamo accettarle e trattarle in quest’ottica, senza
preoccuparci del luogo e della forma in cui esse si manifestano (olismo).
- Alternativa 5. Materia e mente sono entrambe reali ma non sono fondamentali: evolvono
insieme partendo da un livello della realtà ancora più profondo. Le radici sia della materia
che della mente si estendono in uno strato più profondo della realtà che di per sé non è
né mentale né materiale. (. . . . ) La materia e anche la mente si sono evolute partendo da
un comune grembo cosmico: il campo energetico del vuoto quantistico.
Secondo il nostro azzardo, l’alternativa alla posizione della mente umana nel quadro
complessivo della natura, è la seguente:
- il nostro Universo è una totalità dinamica e indivisa, inviluppata in un sistema tensoriale
e sviluttata in un sistema frequenziale;
- là dove il sistema frequenziale crea configurazioni di interferenza (suoni e rumori), il
sistema tensoriale crea immagini risonanti (la eco dei suoni , il rimbombo dei rumori);
- nell’inviluppo dato dal sistema tensoriale, le immagini risonanti prescrivono la
esplicazione delle configurazioni di interferenza (la eco genera il suono);
- nello sviluppo dato dal sistema frequenziale questa relazione appare invertita: le
configurazioni di interferenza attirano su di sè delle immagini risonanti (il suono attira su di
sè la sua eco);
- metaforicamente, la eco corrisponde ad uno zero matematico tutt’altro che privo di
potenza;
- la mente umana è una particolare, unica e irripetibile subtotalità tensoriale risonante
relativamente autonoma e indipendente, prescrittivamente (e non descrittivamente)
inscritta nel bacino tensoriale (risonante) del zoologico, a sua volta prescrittivamente
inscritto nella zona tensoriale (risonante) degli organismi pluricellulari, a sua volta
prescrittivamente inscritta nel dominio tensoriale (risonante) del biologico, giacente sul
piano più generale dello psichismo, la disposizione tensoriale della dimensione psichica,
che prescrive le possibilità alla esplicazione dell’universo fisico, definito dalla costante di
Planck;
- la dimensione psichica e la dimensione fisica del nostro Universo sono l’una l’estensione
dell’altra, non sulla base di parametri temporo-spaziali, ma secondo una relazione
dinamica (di inviluppo e sviluppo) e gerarchica, che assegna alla prima una funzione
prescrittiva sulla seconda;
- implicata, la dimensione psichica corrisponde ad una riflettenza autoriverberante, tesa
verso un punto di crisi;
- esplicata, la dimensione psichica corrisponde ad un sistema tensoriale, cioè alla
distribuzione tensoriale , definita da una costante di risonanza, di campi, zone, e dominii
di risonanza, relativamente autonomi e indipendenti dalla dimensione fisica della costante
di Planck;
- ad ogni differente immagine risonante, inviluppata nel sistema tensoriale, corrisponde
una diversa possibilità di esplicazione frequenziale del campo esteso, ed una diversa
configurazione energetica (dominii di coerenza e di non-coerenza);
- negli organismi neurologici, è latente la possibilità di ricorrere ad immagini risonanti per
funzioni adattive ;
- l’organizzazione del tessuto nervoso in sistema nervoso corrisponde ad una diversa
organizzazione di questa possibilità, che nei primati diviene una vera e propria facoltà;
- la relazione intercorrente tra processi neuroelettrochimici e processi mentali è
imprescindibile dalla relazione filogenetica e ontogenetica intercorrente tra l’organismo
neurologico e il suo ambiente;
Pag.
60
- il divenire dei processi neuroelettrochimici da e verso l’ambiente, ingenera una Gestalt di
configurazioni frequenziali coerenti, che evocano delle immagini risonanti sotto forma di
immagini mentali, così come il suono evoca la sua eco;
- le immagini mentali sono la eco neurologica di immagini risonanti, disciolte nel bacino
tensoriale che prescrive le linee fondamentali alla esplicazione anatomo-fisiologica del
Sistema Nervoso;
- nei primati e nell’essere umano in particolare, l’organizzazione anatomo-fisiologica del
Sistema Nervoso corrisponde ad una distribuzione coerente di attrattori neurologici, cioè
ad un bacino di attrazione che presiede alla produzione di processi neuroelettrochimici in
funzione adattiva e sovra-adattiva;
- l’engrammazione delle configurazioni frequenziali neuroelettrochimicamente prodotte,
procede seguendo le dinamiche dei sistemi non-lineari, è vincolata alle leggi della
elettrodinamica quantistica (campo di materia e campo di onda) e della termodinamica dei
sistemi aperti, ed avviene sulla direttrice di una frequenza elettromagnetica portante
(vettore sintropico);
- il sistema neuro-frequenziale è efficace, quando la frequenza di ogni singolo attrattore
neurologico è accordata (armonici) sulla frequenza neuro-elettromagnetica portante;
- sotto il profilo neuro-psicologico, al sistema neuro-frequenziale corrisponde un sistema
neuro-tensoriale;
- l’organizzazione mentale del sistema neuro-tensoriale corrisponde ad una distribuzione
coerente di attrattori neuro-psicologici, cioè ad un bacino di attrazione che presiede alla
produzione di processi mentali in funzione adattiva e sovra-adattiva;
- l’engrammazione dei processi mentali avviene sulla direttrice di una immagine risonante
portante;
- il sistema neuro-tensoriale è efficace, quando l’immagine risonante di ogni singolo
attrattore neuro-psicologico è accordata (per assonanza) sull’immagine risonante
portante 153;
- l’ambito dell’immagine risonante portante che presiede alla esplicazione di quel
particolare, unico e irripetibile dominio biologico di coerenza che chiamiamo essere
umano, prescrive le linee fondamentali alla esplicazione della mente umana;
- l’organizzazione tensoriale e frequenziale di queste linee fondamentali, espletata
nell’interazione dell’individuo con il suo ambiente, traccia i percorsi neurologici e mentali,
adattivi e sovra-adattivi, dell’essere umano.
Cfr. , Meister Eckhart, Sermoni tedeschi, op. cit. , pagg. 191-192: L’immagine e l’immagine originaria sono così
completamente uno ed unite l’un l’altra, che non vi si può riconoscere alcuna distinzione. Si può ben pensare il fuoco senza calore e
il calore senza fuoco;si può anche pensare il sole senza luce e la luce senza il sole, ma non si può riconoscere alcuna distinzione tra
immagine ed immagine originaria. (. . . . ) Se sparisse l’immagine formata secondo Dio, se ne anderebbe anche l’immagine di Dio.
(. . . . ) L’intelletto volge il suo sguardo all’interno e penetra tutti gli angoli della divinità, e coglie il Figlio nel cuore del Padre e
nel fondo, e lo pone nel suo proprio fondo. L’intelletto si spinge avanti: non gli bastano la bontà, nè la saggezza, nè la verità, nè
Dio stesso. Sì, in piena verità: Dio non gli basta più di una pietra o di un albero. Mai egli ha tregua: penetra nel fondo, dove
erompono la bontà e la verità, e coglie l’essenza divina in principio, al principio, dove la bontà e la verità sono uscite, prima
ancora di prendere alcun nome, prima che erompa, la coglie in un fondo molto più nobile della bontà e della saggezza. Alla sua
sorella, la volontà, Dio invece basta in quanto è buono. L’intelletto divide tutto questo, va oltre, e penetra nelle radici da cui sgorga
il Figlio e si effonde lo Spirito Santo. [Cfr. , ibid, pag. 74-75: I maestri dicono che dalla parte superiore dell’anima sgorgano due
potenze. La prima è la volontà, la seconda l’intelletto. La perfezione maggiore di queste potenze, sta in quella più alta, che è
l’intelletto. Esso non può mai trovare requie. Esso non tende a Dio in quanto è Spirito Santo, e neppure in quanto è Figlio. Esso
non vuole neppure Dio in quanto Dio. Perchè? Perchè anche così ha un nome. E, se vi fossero mille dèi, esso anderebbe sempre
oltre, perchè lo vuole là dove egli non ha nome. Vuole qualcosa di più nobile, di migliore di Dio, in quanto ha nome. Cosa vuole
allora? Non lo sa: lo vuole secondo il suo esser Padre. (. . . . ) Ah, come è nobile quella potenza che sta elevata al di sopra del
tempo e senza luogo! Infatti, mentre sta elevata sopra il tempo, contiene ogni tempo racchiuso in sè, ed è tutto il tempo (e tutto lo
spazio, n. d. r. ). ]
Per un confronto con la Tradizione indù, vedi in proposito: René Guénon, L’uomo e il suo divenire secondo il Vedanta,
Adelphi, 1997.
153
Pag.
61
Nella nostra alternativa, allora, la mente non abita nel nostro cervello, o da qualche altra
parte, la mente non abita affatto: sapreste dire cosa significa la mente per la nostra massa
cerebrale?
Quando tentiamo di approssimarci ad una definizione esaustiva della realtà della mente,
non facciamo altro che approssimarci ai limiti della nostra capacità di eccedere la realtà e
di eccedere la mente.
Ciò che dovremmo ammettere, è che nella realtà non esiste un dentro e un fuori, un
prima e un poi, un vicino e un lontano: queste sono solo categorie semantiche della nostra
rappresentazione interna della realtà esterna, certamente significative, alle quali facciamo
ricorso per tracciare una utile e necessaria mappazione del territorio, ma non sono il
territorio.
Ciò che dovremmo ammettere, è che la nostra mappazione della realtà avviene per scopi
e con criteri che non hanno niente o punto a che vedere con la natura della realtà.
Quando contrapponiamo il concetto di relazioni di contiguità al concetto di relazioni di
continuità, non facciamo altro che contrapporre una parte della nostra umanità a un’altra
parte della nostra umanità, e non una parte della realtà a un’altra parte della realtà. Ma
esercitare il nostro potere di separazione della realtà in unità concrete, la nostra attitudine
al conteggio e al calcolo , non è l’unica modalità relazionale, adattiva e sovradattiva, di
cui disponiamo, e soprattutto non è affatto efficace quando applicata a contesti
intrinsecamente e irriducibilmente refrattari a coltello e forchetta.
Quando ci interroghiamo sulla natura della mente, non possiamo rimanere ancorati al
registro dell’indagine semantico-percettiva, del significato o della scienza dei significati,
ma dobbiamo fare necessariamente ricorso e attenerci alll’eccedenza di senso del
simbolo, alla nostra radice polifonica e poliritmica, pena l’esclusione dalla realtà e da noi
stessi, dalla nostra ‘anima’, che, come dice Jung, ci si rivolta contro con atto suicida 154.
Il sogno recondito di una verità assoluta, altro non è che l’illusione di quella volontà di
potenza che non vuole rassegnarsi all’evidenza: l’assoluto può essere solo ed
esclusivamente un assoluto semantico !
Ma la realtà non è composta di ‘assoluti’ e di ‘relativi’, nè di ‘veri’ e ‘falsi’. La realtà non è
‘composta’ affatto, se non nell’ordine della nostra ‘composizione’, fatta di soggetti e
oggetti, di cause e di effetti, ora percettivi, ora semantici, ora mistici, ora d’altro genere.
L’Universo non è che un’unica perla brillante, dice il maestro Zen.
154
La musica polifonica, come l’essere umano -- scrive Marius Schneider (1903/1982), in ‘Gli animali simbolici’, op. cit. ,
pag. 148 --, è una creazione poliritmica. Pensare per mezzo di ritmi acustici è captare l’essenza dei fenomeni. La percezione totale
dei fenomeni costituisce un insieme polifonico. La materia pura (nella dottrina scolastica, la potenza) è il timbro. Il timbro si deve
alla rispettiva posizione e relazione dinamica degli armonici rispetto al suono fondamentale. Ad ogni timbro corrisponde una
disposizione peculiare degli armonici. I ritmi determinanti del timbro sono ritmi costanti nel tempo; essi formano la base acustica
del fenomeno della consonanza e della sonorità specifica di ogni strumento. Il ritmo che, evolvendo progressivamente nel tempo,
cambia aspetto ad ogni istante è quello che determina la progressione melodica e metrica dentro il timbro dato. Il ritmo creativo
(nella terminologia scolastica, l’atto creativo) comincia a manifestarsi nel timbro (=materia) e solo quando è formato il ritmo
costante nel tempo si produce il materiale e la molteplicità dei fenomeni, cioé il timbro costante nel tempo e le linee melodiche
che evolvono nel tempo.
Il suono è la base del pensiero mistico e ha una qualità mistica quasi straordinaria. Una corda tesa è una forza latente e
silenziosa; comincia a suonare e a produrre suoni simpatici (armonici) che, nell’emanare da essa, risultano più alti del suono stesso
fondamentale, sempre che li richiami una forza che risvegli la corda nel momento che viene toccata. In tal senso, la corda è un
modello paradigmatico della creazione. Le forme alte derivano dalle forme basse, cioé evolvono dal basso all’alto, a condizione
che li richiami una forza superiore ad esse, che soffi loro la vita e che spieghi le loro possibilità materiali.
La musica è la più alta spiritualizzazione della Natura, perché esprime la Natura con un minimo di materia. Esalta e
nobilita tutto quanto esprime perché in essa tutto è forma e sostanza. Ma tutte le tradizioni mistiche convengono che per
comprendere questo linguaggio occorre abbandonarsi al ritmo creativo, e non con lo scopo di esaurirlo, ma solo per viverlo.
Agendo così, sappiamo quello che facciamo, ma non conosciamo quello che facciamo o in che modo lo facciamo.
L’abbandonarsi al ritmo prova, inoltre, che molto spesso possiamo captare meglio le cose, se non vogliamo conoscerle con
eccessiva esattezza formalistica.
Pag.
62
Riconoscere la propria finitezza e ammettere la possibilità di una misteriosa e
insignificante infinitezza,
nell’eccedenza di senso del simbolo ma,
soprattutto,
nell’eccedenza di senso della nostra umanità -- Umano troppo umano, ammonisce
Nietzsche --, di quella nostra umanità così oniricamente concreta e concretamente onirica,
che ci crolla addosso ogni volta che la solchiamo in lungo e in largo per stabilirne la
sfericità.
Ervin Laszlo, filosofo e cosmologo che gode della nostra stima e della nostra
ammirazione, propende per la quinta alternativa. Noi no. Noi l’immagine di Dio
preferiamo mantenerla qui davanti, evitando che ci colga alle spalle, nelle vesti di un Dio
apocalittico venuto dallo spazio siderale.
Secondo il nostro azzardo: il sistema tensoriale psichismo-mente sta sopra,
l’olomovimento sta sotto, in mezzo è il campo quantistico di punto zero, o di minima
energia, o vuoto quantistico.
Siamo anche prevenuti è vero , ma si dà il caso che nel contesto di una società così
opulentemente mercantile come la nostra, così prepotentemente protesa alla
globalizzazione dei mercati finanziari e alla pianificazione dei comportamenti, così
illuministicamente ipocrita da mascherare la propria -- ma sarebbe più onesto dire la
nostra, mia e tua -- volontà di potenza dietro eufemismi umanitari, e così scientificamente
proiettata verso la colonizzazione dello spazio extraterrestre -- gli avamposti sono già stati
saldamente installati dal mercato satellitare delle telecomunicazioni --; nel contesto di
questa società, la quinta alternativa (l’origine e l’evoluzione comune della mente e della
materia dal grembo cosmico vuoto quantistico), è la soluzione psicoscientifica -- o
psichedelica -- più ammaliante che possa essere data in pasto all’immaginario collettivo
degli attuali consumatori del nulla, e futuri conquistatori dello spazio155.
Direzione: espandere gli orizzonti del nostro progresso oltre i confini del provincialismo
terrestre, fecondando l’immaginario collettivo nel grembo dello spazio siderale, il grembo
cosmico appunto, dove tutto e di più, a partire dalla libera manipolazione genetica
(pianificazione delle nascite) al libero traffico di organi (pianificazione della morte), sarà
lecito, e produttivo.
Anziché imboccare percorsi diversi da quelli che hanno messo in ginocchio il bisogno di
umanità che dimora in ognuno di noi, e trasformato il pianeta che coabitiamo in una
enorme pattumiera di laboratorio, il grembo cosmico-vuoto quantistico alleggerisce il
carico dei danni provocati, rimuovendone le cause: la stessa coscienza calcolatrice
affetta da elefantiasi che fino a poco fa sosteneva l’espansione economica indiscriminata,
oggi si trastulla nell’edonismo demagogico e altisonante di una fantomatica coscienza
planetaria. Garbage in, garbage out: il re carnale è morto, viva il Re virtuale. E il sogno si
ripete.
L’ideologia e la teologia dell’incanto -- oggi assistiamo ad una vasta e alternativa
operazione di salvataggio delle immagini a rischio di estinzione, e di pescaggio di quelle
straripanti di pàthos --, e l’opulenza dell’usa e getta -- se la tossicodipendenza è sinonimo
di abuso, viviamo nella società della tossicodipendenza --, ci hanno abituati alle molte
persone che cambiano facilmente riferimenti e stili di vita -- gli onnivori diventano
vegetariani e i vivi diventano reincarnati --, ma mantengono sempre lo stesso sostanziale
atteggiamento, la stessa faccia, lo stesso volto, lo stesso sguardo, lo stesso imprinting
A questo porta la constatazione seguente (in: Geopolitica del caos , op. cit. , pag. 36): “L’energia è il motore
dell’economia ed è l’unico in assoluto; il denaro non è che il surrogato”. Ora, il consumo di energia è quanto mai ineguale.
Secondo un rapporto dell’Istituto mondiale per le risorse, i sette paesi più sviluppati dell’OCSE hanno consumato, nel 1995, il 43%
della produzione mondiale dei combustibili disponibili e una gran parte dei prodotti derivati dalle foreste. Tale cifra rende
letteralmente assurda l’idea di allineare tutto il mondo sulle norme di consumo dei paesi ricchi. Tutte le risorse del pianeta non
sarebbero sufficienti [ragione per cui le risorse verranno cercate in ambiente extraterrestre! - n. d. r. ].
155
Pag.
63
relazionale, lo stesso tipo di reazione immediata di fronte agli scarti che la vita presenta, la
stessa effimera illusione di poterla sottomettere, controllare, pianificare, lo stesso rifiuto
del rischio che ci accomuna, il rischio della nostra umanità e alterità, lo stesso penoso
tentativo di esorcizzarlo nell’estasi dell’illuminazione o della via verso l’illuminazione
predicata nella litania del guru di turno, nell’euforia di una nuova estrazione della lotteria,
nello stimolante incontro con una pratica esoterica, nell’adrenalina messa in circolo da
un’esperienza ad alto rischio, o nella insana coercizione a ripetere la pantomima di un
rassicurante equilibrio economico o di uno spensierato equilibrio psicofisico.
La psiche -- scrive C. G. Jung156 -- è la madre di tutti i nostri tentativi di comprendere la
natura, ma, diversamente da tutti gli altri, essa cerca di capire se stessa, grande
svantaggio da un lato e grande prerogativa da un altro!
Liberare parte dell’energia psichica impiegata per vivere, dall’eccesso di concretismo della
nostra epoca, è certo un fatto degno di nota (ma non si chiamava ri-creazione?). Ma tutto
fa prevedere che i tempi della nostra modernità, siano maturi solo perché il potere
ordinatore del Verbo-Metafora imprima un cambiamento apparente e non sostanziale al
nostro modus vivendi: anziché dedicarci ad esercitare il suo potere di separazione -prefigurato nelle invocazioni magiche dell’uomo stregone delle alte culture megalitiche e
sterilizzato nel mito del miracolo tecnologico, la moltiplicazione dei pani e dei pesci delle
moderne società superprofit157 --, oggi ci compensiamo nell’esercizio del suo potere di
riunione (addizione). La scissione del mondo e dell’uomo -- l’involucro semantico per
definizione e per eccellenza --, prodotta dal processo di rimozione, operato dal soggetto
che legittima l’oggetto nominandolo, non subisce alcuna modificazione di fondo, anzi, si
colora di un morboso gusto per l’alternativo.
Il potere attrattivo esercitato dalle tradizioni meditative orientali -- e dallo sciamanesimo --,
su larghe fasce della popolazione occidentale, ad esempio, quasi mai lascia i confini delle
nostre recondite viscere feticistiche.
Ciò che attrae non è il genuino pragmatismo della migliore Tradizione indoasiatica 158 , ma
la allettante prospettiva di poter corroborare la magica potenza della Mente-Metafora, nel
crogiuolo di una antica bottega di alchimia psichica, disseminata di assordanti trofei,
inneggianti all’occulto potere della mente.
Niente da fare. La prospettiva olistica, caldeggiata dai calcolatori alternativi, di un terzo
millennio disseminato di villaggi globali, harem di ragione purificata collegati via internet
da una fantomatica coscienza planetaria, è aria fritta, giusto quella che si respira nella
cucina di un fast food.
L’illuminismo settecentesco ci ha sfamati -- dopo che il medioevo ci aveva inquisiti -- nel
calcolato proselitismo eco-nomico.
Soffiando sul disastro eco-logico prodotto, il
neoilluminismo di fine millennio ci sta preparando per il grande salto nello spazio cosmico:
la corte dei miracoli cambia look, e tecno-landia si trasforma in cosmo-landia. E il sogno
si ripete.
156
In: Psicologia della malattia mentale, introduzione di Aldo Carotenuto, Ed. Newton, 1995, pag. 9.
Con i suoi leggendari miracoli, il Cristo storico, involontario capostipite della scienza della separazione, entra nella
leggenda degli spot pubblicitari: Prima di Cristo la moltiplicazione dei pani e dei pesci era solo un sogno. Con la venuta di Cristo il
sogno si è fatto realtà. Ma da quando è tornato per svelarci il suo segreto, la realtà ha un nome:Mc Donald! Lui li ha moltiplicati,
noi te li serviamo divinamente farciti!
158
Tutte le apparenze sono in realtà i concetti di ciascuno, autoconcepiti nella mente, simili ai riflessi di uno specchio. (. . . )
perciò, i vari aspetti delle cose sono dovuti semplicemente a differenti concetti mentali. (. . . . ) Le forme corporee nelle quali è
contenuto il mondo delle apparenze sono anche concetti della mente. (. . . ) La mente sta oltre la natura, ma è sperimentata nelle
forme corporee. (Da: Lo yoga della conoscenza della mente, trattato attribuito al Ven. Padma-Sambhava; in: Il libro tibetano della
grande liberazione, Newton Compton Editori, 1992, pagg. 224-225-239-240-243).
157
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2. La sottile leggerezza dell’essere
Nella nostra relazione col mondo, facciamo ricorso a punti di riferimento la cui definizione
oscilla tra l’individuazione di relazioni di contiguità e relazioni di continuità, dalla cui
dinamica scaturisce una scala di priorità relazionali e di valori che descrivono il corso della
nostra esistenza, prescrivendo quello delle generazioni future. Il ricorso a relazioni di
continuità e di contiguità col mondo, tuttavia, non può cogliere la realtà dell’immisurabile e
dell’indescrivibile, dell’insignificante appunto, sperimentato nelle forme corporee, ma
semplicemente il carattere e gli itinerari della nostra mappazione del mondo.
Nel nostro azzardo, la mente umana è solo un caso particolare, una esplicazione
suggestiva e incantevole dello psichismo del nato.
Lo psichismo prescrive le condizioni ante rem alla costituzione della materia. L’energia
descrive gli scenari della sua esplicazione. Le forme fenomeniche la sperimentano nel
confronto tra domini di coerenza e qui, nella sospensione indotta dall’incontro tra
selezione naturale e autoorganizzazione, emergono i confini entro i quali l’esistere
aquisisce la forma localizzata, solo metaforica, di una individualità distinta.
Dalle oscillazioni di punto zero ai domini di coerenza, da questi alle necessità prescrittive
del biologico, da queste al vettore sintropico soggetto dominante, da questo alla
equivocità dell’essere umano, la nascita energetica e psicologica di individualità distinte,
che accompagna la nostra esistenza formale, contraddice l’insignificanza posta a
fondamento del nato, l’ombra dello gnomone che scompare nello Zenit-Nadir.
Le increspature sulla superficie riflettente si sussegono, si rincorrono, si accoppiano,
diventano onde, si specchiano nei vortici del Principio del Moto creando campi di torsione
che modulano le frequenze dell’esistere in una instabile relazione di contiguità tra unità
concrete.
Esistere! L’esistere ha un’anima, un ritmo, un respiro, una voce, la eco del suono.
La natura della dimensione psichica è nuda, senza macchia; è fatta di niente,
insignificante, è il non-nato; chiara, vacua, senza dualità né moto, trasparente; senza
tempo, semplice, senza ostacoli, senza colore; non realizzabile come una cosa separata,
ma come l’unità di tutte le cose, anche se non è composta di esse; unità trascendente la
differenziazione, riconciliazione indifferenziata.
La disposizione della dimensione psichica gioca a dadi con l’olomovimento. Né causalità
né casualità, i dadi sono truccati. Truccati dal sodalizio tra il Principio del Moto e il
Principio della Polarità, dall’antinomia agitata dentro che crea la realtà dell’illusione e
l’illusione della realtà, lo spazio e il tempo newtoniano, lo spaziotempo relativistico, il vuoto
quantistico.
L’essere umano si confronta con la sua antinomia agitata dentro.
I fatti fatti nella elettrodinamica coerente e nella termodinamica dei sistemi aperti,
condizionano prescrittivamente gli orizzonti del nostro esistere biologico e neurologico. Il
vettore sintropico campo di risonanza elettromagnetico, la densità cellulare per unità di
volume, la valenza biochimica e biofisica dei componenti, le relazioni di fase, la
temperatura endo-esogena, l’ambiente, alternano caratteri prescrittivi a caratteri descrittivi
nella engrammazione di quell’insolito sistema frequenziale lontano dall’equilibrio
elettrodinamico e termodinamico, che conosciamo come individualità neurologica.
I fatti fatti nella disposizione della dimensione psichica , condizionano il territorio del nostro
esistere mentale, la nostra nascita psicologica.
Pag.
65
Il materiale psichico della nostra configurazione mentale, con la sua disposizione
funzionale ereditata dalla serie filogenetica ed energetica 159, alterna caratteri prescrittivi
(immagini risonanti) a caratteri descrittivi (immagini mentali), nella engrammazione di quel
curioso sistema neuro-tensoriale lontano dall’equilibrio esistenziale, che chiamiamo
equivocità umana.
I fatti fatti nella nostra attitudine relazionale, condizionano il territorio del nostro esistere
sociale. Simboli e significati alternano caratteri prescrittivi -- certezze come punti di
riferimento --, a caratteri descrittivi -- regole come condizioni del comportamento --, nella
engrammazione di quel dominio di perplessità lontano dall’equilibrio dei contenuti e dei
ruoli, che chiamiamo comunità umana.
I fatti fatti nell’immisurabile condizionano il territorio della nostra modernità ideologicospirituale.
Il riconoscere la propria finitezza ammettendo la possibilità di una misteriosa e
insignificante infinitezza, alterna caratteri prescrittivi -- mistico-simbolici -- a caratteri
descrittivi -- intellettuali e sentimentali --, nella engrammazione di quel miscuglio di
volontà di potenza e di ostinata umanità, che chiamiamo uomo moderno.
Agitati dentro dalla percezione, conscia o inconscia, sentimentale o intellettuale, della
nostra polifonica antinomia; dispiegati tra il fare la vita e il fare la morte; palleggiati tra la
più erudita cretinità e la più chiara nobiltà d’animo;non possiamo che incamminarci sulla
Via di una incondizionata riconoscenza verso ciò che il mondo è e ciò che noi stessi
siamo, l’unica Via capace di riconciliarci con l’alterità : la pratica della compassione e
del non attaccamento verso gli oggetti e le forme dei nostri punti di riferimento , delle
nostre preoccupazioni, delle nostre gioie e delle nostre sofferenze.
Quale beneficio possiamo aspettarci dall’esperienza, se non custodiamo la nostra anima
nella certezza di una disincantata umanità, ri-trovata, ri-redenta?
Epilogo
Non credere al valore delle tradizioni, anche se sono state rispettate da molte generazioni
e in molti luoghi;
non credere a nulla per il solo fatto che molta gente lo creda;
non credere nel valore delle antiche epopee;
non credere a ciò che tu stesso hai immaginato pensando di essere ispirato da un Dio.
Non credere a nulla che si basi solo sulla autorità dei tuoi maestri o dei sacerdoti.
Dopo aver compiuto un’esperienza, credi solo a ciò che tu stesso hai messo alla prova e
che ti è sembrato nobile, e a ciò che può contribuire al tuo bene e a quello degli altri.
Shakya-muni Siddhartha Gautama
159
. . . . persino la più libera delle attività mentali, -- scrive Jung (in: Tipi psicologici, op. cit. , pagg. 241, 242) -- la
fantasia, non può vagare e spaziare illimitatamente (benché il poeta lo creda), ma è ancorata a possibilità preformate, ad archetipi
o immagini primordiali. Tradiscono questo ancoramento a determinati modelli primordiali i racconti fiabeschi dei popoli
geograficamente più lontani fra loro, i cui motivi si assomigliano. Perfino nelle immagini su cui si basano le teorie scientifiche come l’etere, l’energia, le sue trasformazioni e la sua costanza, la teoria atomica, l’affinità ecc. - si evidenzia questa limitazione.
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