Capitolo decimo La prevenzione dell’in-giustizia: esiste un margine? Il seguente capitolo tratta la “giustizia” come obiettivo da perseguire e si propone di individuare degli strumenti psicologici in grado di prevenire, addirittura, l’ingiustizia o piuttosto come la prevenzione possa promuovere giustizia. 10.2. La prevenzione dell’in-giustizia e la promozione della giustizia: quale approccio? Bell(2007) sostiene che la giustizia sociale abbia quale fine garantire “una piena ed equa partecipazione di tutti i gruppi che compongono una società, a sua volta mutuamente plasmata per incontrare i loro bisogni”. La giustizia sociale apre una visione della società in cui le risorse siano ripartite in una distribuzione equa e in cui tutti i membri non siano esposti a continui rischi per la loro salute fisica e psicologica, che siano, dunque, protetti. I processi più idonei per raggiungere tale assetto si sono rivelati quelli di partecipazione e cooperazione. Nella definizione di modelli di prevenzione, dobbiamo innanzitutto considerare il vasto ventaglio di possibilità che si diversificano in base all’obiettivo, rispetto al quale viene strutturato l’intervento (Kaplan, 2000). Molti ricercatori, nel tentativo di ridurre i fattori di rischio, come lo stress e l’oppressione, sintomi primari dell’ingiustizia, hanno privilegiato la prevenzione primaria che previene il disagio, sviluppando le risorse individuali e di gruppo per promuovere una società più giusta. Quattro possono essere considerate le dimensioni chiave, centrali per un approccio alla prevenzione dell’ingiustizia sociale. In primo luogo, il riconoscimento di condizioni sociali “tossiche”, quali la disponibilità di risorse sociali, fisiche e psicologiche inadeguate e di strutture sociali oppressive e ingiuste, alla base dell’eziologia di stati di disagio emotivo e fisico. In secondo luogo, riconoscere i contesti in cui siano maggiormente diffuse le condizioni sociali “tossiche”; sono contesti perlopiù caratterizzati da povertà, pressione sociale, disuguaglianze basate su razza, genere, orientamento sessuale (Albee, 1993). In terzo luogo, bisogna rivolgersi alla promozione di uno sviluppo adattivo, all’accrescimento del benessere mediante l’acquisizione di abilità e competenze da parte dei cittadini in modo che abbiano pieno accesso e partecipazione alla società (Prilleltensky, 2005). In quarto luogo, infine, alcuni autori (Prilleltensky e Nelson, 2009) rivolgono particolare attenzione alla giustizia procedurale, cioè offrire agli individui opportunità per delineare autonomamente i propri obiettivi, a prendere decisioni per sé, facilitare, dunque, il “self-empowerment” di tutti i partecipanti. 10.3. Prevenzione come strumento di giustizia sociale L’idea di promozione della giustizia sociale è basata sul lavoro di Gorge Albee, dei contributi teorici offerti dalla prospettiva ecologica, dalla psicologia positiva, dal muticulturalismo e dalla psicologia della liberazione. Albee propone un’idea di prevenzione come mezzo per ridurre l’incienza delle malattie mentali attraverso interventi mirati a porre fine alla povertà, alla discriminazione, all’oppressione e allo sfruttamento, dal momento che proprio le classi sociali più disagiate, poveri e marginalizzati, presentano problemi di salute mentale in un numero considerevolmente maggiore, oltre a dover affrontare una serie di difficoltà economiche. Egli propone di utilizzare, quindi, oltre agli approcci basati sulla persone, volti a cambiare le persone come individui, gli approcci basati sul contesto che cercano di ridurre o di eliminare condizioni sociali che risultano ingiuste. Albee sostiene che i disturbi mentali sono da considerare come risultato diretto delle condizioni ambientali di oppressione e iniquità in rapporto alla forza degli individui di resistere alla situazione di oppressione. Perché l’intervento sia efficace deve impicare lo sviluppo di compretenze personali e di capacità di coping. La psicologia della liberazione concorda con l’idea di liberare la società dall’oppressione, ma anche di identificare punti di forza per favorire il benessere individuale e contestuale con approcci a livello contestuale, a macrolivelli, e centrati sulla persona. La psicologia multiculturale si sofferma, nell’approntare interventi di prevenzione, soprattutto all’interno di contesti caratterizzati dalla presenza di persone di etnia differente. Risulta fondamentale, infatti, sviluppare da parte dei ricercatori competenze e conoscenze relative alle diverse culture per evitare la patologizzazione di gruppo di persone di persone di etnia differente e implementare progetti che promuovano una visione del mondo condivisa da tutta la comunità. La prevenzione, in questa prospettiva, potrebbe promuovere consapevolezza e coscienza critica anche all’interno del gruppo dominante, per sensibilizzarlne la mentalità discriminante e istituire quindi processi contro la deumanizzazione (povertà, razzismo). ? 10.4 CRITICITA’ DELL’APPROCCIO ALLA PREVENZIONE BASATO SULLA GIUSTIZIA SOCIALE Gli approcci teorici basati sulla giustizia sociale hanno in comune l’idea di prevenzione come strumento di prevenzione come strumento di promozione di giustizia sociale appunto; in questi approcci sono stati rilevati dei punti critici che rappresentano delle sfide che questi modelli devono risolvere se vogliono realmente raggiungere il loro obiettivo. Kenny e Romano hanno identificato alcune di queste criticità, rilevate nel corso dei loro tentativi di integrare le diverse prospettive teoriche che hanno affrontato il tema della prevenzione dell’ingiustizia sociale. Una prima area può essere identificata nell’attenzione alle variabili culturali; sebbene, sia la psicologia dello sviluppo che la psicologia positiva che la psicologia multiculturale enfatizzano un’idea di prevenzione orientata alla giustizia sociale, ci sono delle alcune incertezze. L’approccio multiculturale, per esempio, si concentra sull’importanza di riferirsi alla variabilità culturale nell’identificare le potenzialità da sviluppare, Kenny e Romano sottolineano, però, come molto spesso alcune pratiche culturali non siano salutari, vanificando così l’efficacia degli interventi. Una seconda area critica è rilevata nel fatto che l’esclusiva attenzione alla promozione delle potenzialità potrebbe favorire un atteggiamento che trascura i problemi della società che, al contrario, dovrebbero essere affrontati per ottenere giustizia sociale e multiculturalismo. La psicologia dello sviluppo e quella positiva enfatizzano gli interventi sulle potenzialità ed evitando di concentrarsi sui deficit, come avviene, invece, in molti interventi di cura; infatti, per favorire le potenzialità ci si deve concentrare sul cambiamento delle strutture sociali ingiuste. Questi interventi che si concentrano solo sulle emozioni positive, però, rischiano di sottovalutare il valore degli stati emotivi che motivano il cambiamento (ad esempio la rabbia può servire come forza per trainare movimenti collettivi). L’impiego simultaneo nel perseguire il multiculturalismo, la giustizia sociale e una pratica basata sulle evidenze rappresenta un ulteriore punto critico. Le ricerche scientifiche, infatti, pongono l’accento su parametri legati all’obiettività, alla standardizzazione, alla generalizzabiltà e alla neutralità nei valori; invece la giustizia sociale richiede l’attenzione al benessere di comunità, l’inclusione della prospettiva dei decisori e il rispetto della diversità; elementi questi difficili d valutare secondo i parametri della ricerca tradizionale, e questo è uno dei motivi per cui, forse si è trascurato il tema della giustizia sociale. Sebbene, quindi, venga raccomandato l’uso di procedure standardizzate, l’impegno a realizzare progetti che siano adeguati ai bisogni locali suggerisce che i ricercatori e i programmatori includano nella progettazione un punto di vista che si adatti alle caratteristiche del contesto locale. Ciò permette l’implementazione di interventi efficaci, giusti ed equi. L’American Psychological Association, per quanto riguarda l’aspetto del multiculturalismo della giustizia sociale, ha fornito le linee guida la progettazione e realizzazione di servizi che siano rivolti a popolazioni di diversa provenienza etnica; nonostante gli intervanti mirati ai macrolivelli siano considerati molto importanti, nella pratica quotidiana, però, gli psicologi hanno preferito applicare le indicazioni dell’APA nelle terapie individuali. 10.5 CONSIDERAZIONI CONCLUSIVE E UNA POSSIBILE PROSPETTIVA DI PREVENZIONE ALL’INGIUSTIZIA Il tema trattato nel presente capitolo ha certamente lasciato aperte molte questioni e molti interrogativi ancora senza risposta. Se perseguiamo lo scopo della prevenzione dell’ingiustizia possiamo facilmente renderci conto di come concentrarsi esclusivamente sul livello individuale non sia sufficiente; da un lato questo potrebbe portare le persone a smettere di percepire l’ingiustizia, nel senso che le persone dovrebbero evitare consapevolmente il processa mento e il riconoscimento dell’evento di ingiustizia. Anche se tale strategia fosse realizzabile, essa potrebbe comunque difficilmente essere sostenuta di fronte a circostanze oggettive di ingiustizia. L’alternativa è, quindi, quella di concentrare l’attenzione sul contesto sociale e su come esso possa influenzare il benessere e la salute. Jackson et al. propongono di approfondire gli aspetti teorici e coglierne le implicazioni pratiche, che, nel caso dell’ingiustizia sociale, si possono declinare in ricerche-intervento destinate a cogliere le strategie più efficaci nella promozione delle abilità di coping per la prevenzione dell’ingiustizia sociale. Tali ricerche, inoltre potrebbero fungere da incentivo per azioni collettive finalizzate alla promozione del benessere, così da poter essere utilizzate come fondamento per le politiche pubbliche. In conclusione, risulta necessario imparare a modulare i vari tipi di intervento nell’ottica della prevenzione dell’ingiustizia sociale, in modo da agire contemporaneamente su due piani temporali: agire a livello individuale a breve termine, per rendere gli individui in grado di metter in atto, sulla lunga distanza azioni volte al miglioramento della collettività.