Introduzione alla storia della filosofia

HEGEL, INTRODUZIONE ALLA STORIA DELLA FILOSOFIA
La storia della filosofia come cumulo di opinioni
A prima vista la storia comprende come suo compito la narrazione degli avvenimenti accidentali
relativi ad età, popoli e individui: essi sono accidentali tanto per il loro svolgersi cronologico
quanto per il loro contenuto. Il concetto che vogliamo trattare riguarda l'accidentalità del
contenuto, cioè il concetto delle azioni accidentali. Sennonché il contenuto della filosofia non è
costituito né da azioni esteriori, né dagli avvenimenti esteriori delle passioni e della fortuna,
bensì dai pensieri. Ma i pensieri accidentali non son altro che opinioni, e si chiamano appunto
opinioni filosofiche quelle che concernono gli argomenti propri della filosofia: cioè Dio, la
natura io spirito. Qui subito c'imbattiamo nella concezione assai comune della storia della
filosofia come esposizione delle opinioni filosofiche, quali si sono presentate e si son svolte nelle
diverse epoche. Ma un tale materiale [...] si può chiamare tutt'al più un complesso di opinioni;
che se poi si pretende di dare un giudizio più profondo, lo si chiama un'esposizione delle pazzie,
o almeno dei traviamenti degli uomini che si inabissano nel pensiero e nei puri concetti. Una tale
opinione la si può sentire non solo da coloro che ammettono la loro ignoranza in filosofia (ed
essi l'ammettono, perché secondo l'opinione comune questa loro ignoranza non impedisce loro
di sentenziare in merito alla filosofia; che anzi ognuno si ritiene capace di giudicare sul valore e
l'essenza della filosofia, senza capirne nulla), ma è accolta anche da persone che scrivono o
hanno scritto una storia della filosofia. Una simile storia, che altro non è se non una filastrocca
di opinioni differenti, non può esser che oggetto di una curiosità inutile o, se si vuole, un
interesse di pura erudizione. Giacché l'erudizione consiste appunto nel conoscere una quantità di
cose inutili, cioè tali che non hanno alcun interesse intrinseco all'infuori di quello di esser
conosciute. Ma se la storia della filosofia non fosse altro che una galleria di opinioni, per quanto
siano opinioni che riguardano Dio e l'essenza delle cose naturali e spirituali, essa sarebbe in ogni
caso una scienza del tutto superflua e noiosa, per quanto profitto si possa trarre dall'esercizio del
pensiero e dall'erudizione. Che cosa vi può essere di più inutile che l'apprendere una serie di
semplici opinioni? Che cosa di più noioso? [...] Un'opinione è una rappresentazione soggettiva,
un pensiero accidentale, una fantasia che io posso formarmi in un modo e altri in un altro;
un'opinione vale solo per me, non è un pensiero universale, che sia in sé e per sé. Perciò la
filosofia non contiene opinioni poiché non vi sono opinioni filosofiche [...]. La filosofia è
scienza oggettiva della verità, è la scienza della sua necessità, è conoscenza concettuale, non un
opinare o un tessere opinioni. L'ulteriore significato proprio di un tal punto di vista è che noi
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abbiamo soltanto conoscenza di opinioni: e si vuol accentuare il fatto che si tratta solo di
opinioni. Ora, ciò che si contrappone all'opinione è proprio la verità: dinanzi ad essa l'opinione
impallidisce. Ed è appunto la parola verità quella che si rifiuta di pronunziare colui che cerca
nella storia della filosofia soltanto delle opinioni, o crede comunque che in essa si possano
trovare soltanto opinioni. [...]
Se nella storia della filosofia si parte da questo modo di vedere, tutto il compito di questa
disciplina si riduce a far conoscere le idee particolari di ogni autore, tra cui uno ne ha una, un
altro un'altra. Ma queste peculiarità singole sono secondo me qualcosa di estraneo e in esse la mia
ragione pensante non è libera, ma rimane assente; esse sono puro materiale storico, esteriore,
morto, una massa in sé priva di contenuto. E il contentarsi così di cose vane non è che una
vanità soggettiva. Ma per l'uomo onesto la verità avrà sempre un grande valore e sarà sempre una
cosa che fa battere il cuore […] la verità non può essere conosciuta per intuizione o
immaginazione immediata, sia essa sensibile o intellettuale (infatti ogni intuizione in quanto tale è
sensibile), ma soltanto attraverso la fatica del pensiero.
Chiarimenti sulla diversità delle filosofie
E’ ormai senz'altro un fatto indiscutibile che vi furono e vi sono molte filosofie; ma la verità
tuttavia è una sola e l'istinto della ragione mantiene questa fede o questo sentimento
invincibile. «In tal caso soltanto una filosofia dev'essere la vera e poiché le filosofie sono
così diverse, tutte le altre - si conclude - devono essere false; sennonché ognuna di esse
assicura, sostiene e dimostra di essere la vera». Questo è il solito ragionamento ed è una
concezione apparentemente giusta, propria di chi ragiona freddamente col buon senso. [...]
Per esaminare poi più precisamente queste riflessioni, si può subito notare che, per quanto le
filosofie siano così diverse, tuttavia hanno pur sempre questo in comune, di esser filosofie.
Perciò chi ha studiato e compreso una filosofia, se pur questa è solo una delle filosofie, ha
tuttavia con ciò compreso la filosofia. [...] Ma occorre invece essenzialmente avere un
concetto più profondo di ciò che sia questa diversità dei sistemi filosofici. La conoscenza
filosofica di ciò che sono la verità e la filosofia ci fa riconoscere che questa diversità riveste
un significato ben diverso da quello di un'opposizione astratta tra la verità e l'errore. Le mie
spiegazioni su questo punto ci sveleranno il significato dell'intera storia della filosofia.
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Mi propongo di mostrare che questa molteplicità di diverse filosofie non solo non pregiudica
la filosofia stessa, cioè la possibilità della filosofia, ma che anzi essa sia e sia stata
assolutamente necessaria all'esistenza della scienza della filosofia e che è ad essa essenziale.
Certo in questa considerazione noi partiamo dal presupposto che la filosofia, pensando la
verità, abbia lo scopo di comprenderla concettualmente e non di constatare che non v'è nulla
da conoscere, o anche che non è possibile conoscere l'autentica verità, ma soltanto una verità
transitoria, finita (cioè una verità che è al tempo stesso non vera); inoltre partiamo dal
presupposto che nella storia della filosofia abbiamo a che fare con la filosofia stessa.
Possiamo comprendere tutto ciò che riguarda questo punto nell'unica idea dello «sviluppo».
Se essa ci sarà chiara, tutto il resto non sarà che una conseguenza e un risultato di quell'idea.
Giacché i fatti che costituiscono la storia della filosofia non sono avventure, allo stesso modo
che la storia universale non è un romanzo; non sono una collezione di fatti contingenti, di
viaggi di cavalieri erranti, che vadano intorno per conto proprio e si affatichino senza scopo e
la cui attività non lasci alcuna traccia. E neppure nella filosofia uno ha escogitato
arbitrariamente una cosa, un altro un'altra, ma vi è una connessione essenziale nel movimento
dello spirito pensante ed esso procede razionalmente. Con questa fede nello spirito universale
dobbiamo avvicinarci alla storia e in particolare alla storia della filosofia.
Filosofia e storia della filosofia
Così la filosofia è sistema in svolgimento e altrettanto la storia della filosofia: questo è il
punto fondamentale, è il concetto fondamentale, che la presente trattazione di questa storia
metterà in luce.
Per chiarire questo punto, occorre anzitutto mettere in evidenza le differenze che possono
sorgere nel modo di manifestarsi del pensiero filosofico. Il sorgere dei diversi gradi nel
processo del pensiero può manifestarsi con la coscienza della necessità, secondo cui l'uno
deriva dall'altro e secondo cui può sorgere solo questa determinazione e formazione; oppure
può manifestarsi senza questa coscienza, come un processo naturale e in apparenza
accidentale, cosicché il concetto opera bensì interiormente in forza della propria logica, ma
essa non è espressa. Così accade nella natura, dove ogni grado di svolgimento, dei rami delle
foglie, dei fiori, dei frutti si produce per sé, mentre però chi dirige e determina questa
successione è l'idea interna. Così nel bambino le facoltà fisiche e, soprattutto le attività
spirituali appaiono, l'una dopo l'altra, semplicemente e spontaneamente, cosicché i genitori,
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che sperimentano ciò per la prima volta, si chiedono con meraviglia donde provenga tutto ciò
che, mentre già esisteva interiormente ora si viene rivelando: poiché la serie di queste
manifestazioni ha soltanto l'aspetto di successione nel tempo. Una delle maniere di questo
processo, cioè quella che consiste nel rappresentare la derivazione delle formazioni, la
necessità pensata e riconosciuta delle determinazioni, è l'ufficio della filosofia stessa; e
siccome in filosofia si parla dell'Idea pura e non ancora della formazione ulteriormente
differenziata di questa come natura e come spirito, quest'ufficio spetta propriamente alla
filosofia logica. Invece la maniera secondo cui i diversi gradi e i diversi momenti dello
svolgimento sorgono nel tempo, nella forma della manifestazione, in un determinato luogo,
in questo o quel popolo, sotto date condizioni politiche e in particolare relazione con esse,
insomma, sotto forma empirica: questo è lo spettacolo offerto dalla storia della filosofia.
Questa prospettiva è l'unica che sia degna della scienza filosofica; essa è la sola vera in sé,
secondo il concetto della cosa; e che essa si dimostri tale anche nella realtà e in tal modo si
avveri, risulterà dallo studio di questa storia.
Secondo quest'idea, io affermo dunque che la serie dei sistemi filosofici, quale si presenta
nella storia, è uguale alla successione che si presenta nella deduzione logica delle
determinazioni concettuali dell'Idea.
Io sostengo che, se si spogliano i concetti fondamentali dei sistemi che apparvero nella storia
della filosofia di tutto ciò che riguarda la loro formazione, la loro applicazione al particolare,
ecc., si ottengono i diversi gradi della determinazione dell'Idea nel suo concetto logico.
Parimenti, se si prende per sé il processo logico, si trova in esso, nei suoi momenti
fondamentali, il processo delle manifestazioni storiche: ma bisogna riconoscere questi
concetti puri nella loro presentazione storica. E bensì vero che sotto un dato aspetto v'è
differenza tra la serie dei concetti presentata come successione nella storia e la loro serie
nell'ordine dei concetti: ma il trattare di questa differenza ci allontanerebbe troppo dal nostro
compito. [...] Solo una storia della filosofia concepita come sistema di svolgimento dell'Idea
merita il nome di scienza (e per questo io mi dedico ad essa e su di essa tengo lezioni) una
semplice raccolta di cognizioni non costituisce una scienza. Perciò questa storia può
mostrarsi come qualcosa di razionale solo se è intesa come una successione di manifestazioni
organizzate attraverso la ragione e che posseggono e rivelano come loro contenuto ciò che è
la ragione [...]. Già dovrebbe esservi questa fede razionale, che non il caso governi le cose
umane; il compito della filosofia è appunto il riconoscere che, per quanto il suo modo di
presentarsi sia anche storia, essa tuttavia è determinata solo dall'Idea.
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