accordo-disciplinare_dd_09-10-2015 - APRaN

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AGENZIA PROVINCIALE
PER LA RAPPRESENTANZA NEGOZIALE
A seguito della deliberazione di Giunta provinciale n. 1381 di data 10 agosto 2015, ai
sensi della quale l'A.P.Ra.N. è stata autorizzata a sottoscrivere in via definitiva il testo
concordato dell'accordo di modifica del CCPL 2002-2005 di data 25 settembre 2006 per il
personale dell'area della dirigenza sanitaria, professionale, tecnica e amministrativa del
Servizio Sanitario Provinciale. Introduzione del nuovo codice disciplinare, il giorno 9
ottobre 2015, l'Agenzia provinciale per la rappresentanza negoziale ai sensi della legge
provinciale n. 7/97 rappresentata da:
prof. Giorgio Bolego – Presidente
e la delegazione sindacale, composta dai rappresentanti delle Organizzazioni sindacali:
per l’ANAAO ASSOMed – Settore Dirigenza
Sanitaria SDS Snabi
firmato
per la Federazione FASSID:
(AREA AUPI - AREA SINAFO)
firmato
per la CIDA SIDIRSS
firmato
per la CGIL FP (sanità)
non firmato
per la CISL FP (sanità)
non firmato
per la UIL FPL – Coordinamento dirigenza SPTA .
firmato
CONVENGONO E SOTTOSCRIVONO
l’accordo di modifica del CCPL 2002-2005 di data 25 settembre 2006 per il personale
dell'area della dirigenza sanitaria, professionale, tecnica e amministrativa del Servizio
Sanitario Provinciale. Introduzione del nuovo codice disciplinare.
ACCORDO DI MODIFICA DEL CCPL 2002-2005 DI DATA 25 SETTEMBRE 2006 PER IL
PERSONALE DELL'AREA DELLA DIRIGENZA SANITARIA, PROFESSIONALE,
TECNICA E AMMINISTRATIVA DEL SERVIZIO SANITARIO PROVINCIALE.
INTRODUZIONE DEL NUOVO CODICE DISCIPLINARE.
TITOLO I
NORME DISCIPLINARI
CAPO I
DIRIGENTI DEL RUOLO SANITARIO
Art. 1
Norme disciplinari
dirigenti ruolo sanitario
1.
Ai dirigenti del ruolo sanitario (esclusi medici, odontoiatri e veterinari), nonché delle
professioni sanitarie, con rapporto di lavoro a tempo indeterminato e determinato,
dipendenti dall’Azienda provinciale per i servizi sanitari, di cui all’art. 4, comma 1, punto 1),
del D.P.P. 20 novembre 2003, n. 44-7/Leg., si applicano le norme disciplinari contenute
nell’Allegato 1) a questo Accordo, che introduce l’Allegato D) al CCPL 2002-2005 di data
25 settembre 2006 e s.m..
CAPO II
DIRIGENTI DEL RUOLO PROFESSIONALE, TECNICO E AMMINISTRATIVO
Art. 2
Norme disciplinari
dirigenti ruolo professionale, tecnico e amministrativo
1.
Ai dirigenti del ruolo professionale, tecnico e amministrativo, con rapporto di lavoro
a tempo indeterminato e determinato, dipendenti dall’Azienda provinciale per i servizi
sanitari, di cui all’art. 4, comma 1, punto 1), del D.P.P. 20 novembre 2003, n. 44-7/Leg., si
applicano le norme disciplinari contenute nell’Allegato 2) a questo Accordo, che introduce
l’Allegato D1) al CCPL 2002-2005 di data 25 settembre 2006 e s.m..
TITOLO II
RECEPIMENTO DEL CODICE DI COMPORTAMENTO
PER L’AREA DELLA DIRIGENZA SPTA
Art. 3
Recepimento del codice di comportamento
1.
Al presente accordo si allega altresì il "Codice di comportamento dei
dipendenti dell’Azienda provinciale per i servizi sanitari" – Allegato 3) – adottato con
deliberazione del Direttore generale dell’Azienda n. 494 di data 30 dicembre 2014 che
sostituisce l’Allegato B) “Codice di comportamento” al CCPL di data 25 settembre 2006.
ALLEGATO 1)
Introduzione dell'Allegato D) al CCPL 2002-2005
di data 25 settembre 2006 e s.m.
ALLEGATO D)
NORME DISCIPLINARI DIRIGENZA RUOLO SANITARIO
Art. 1
Principi generali
1.
In considerazione degli specifici contenuti professionali, delle particolari
responsabilità che caratterizzano la figura del dirigente, nel rispetto del principio di
distinzione tra le funzioni di indirizzo e controllo spettanti agli organi di governo e le
funzioni di gestione spettanti alla dirigenza, nonché della giurisprudenza costituzionale in
materia ed al fine di assicurare una migliore funzionalità ed operatività dell’Azienda
provinciale per i servizi sanitari, sono stabilite specifiche fattispecie di responsabilità
disciplinare per i dirigenti, nonché il relativo sistema sanzionatorio con la garanzia di
adeguate tutele al dirigente medesimo, nel rispetto di quanto stabilito dal D.Lgs. 150/2009.
2.
Costituisce principio generale la distinzione tra le procedure ed i criteri di
valutazione dei risultati e quelli relativi alla responsabilità disciplinare, anche per quanto
riguarda gli esiti delle stesse. La responsabilità disciplinare attiene alla violazione degli
obblighi di comportamento, secondo i principi e le modalità di cui al presente CCPL e
resta distinta dalla responsabilità dirigenziale, disciplinata dall’art. 15/ter del d.lgs. n. 502
del 1992, che invece riguarda il raggiungimento dei risultati in relazione agli obiettivi
assegnati, nonché la capacità professionale, le prestazioni e le competenze organizzative
dei dirigenti. Quest’ultima viene accertata secondo le procedure e mediante gli organismi
previsti nell’ambito del sistema di valutazione di cui agli artt. 84 e segg. del CCPL del 25
settembre 2006.
3.
Restano ferme le altre fattispecie di responsabilità di cui all’art. 55 del d.lgs. n.
165 del 2001, che hanno distinta e specifica valenza rispetto alla responsabilità
disciplinare.
4.
Per la responsabilità disciplinare, la tipologia delle infrazioni e delle relative
sanzioni, individuate dal presente allegato al CCPL, sono applicate secondo i principi e i
criteri definiti dal presente allegato al CCPL medesimo, nel rispetto di quanto previsto
dagli artt. 55 e seguenti del d.lgs. 165/2001, come modificato dal d.lgs. 150/2009, con
particolare riferimento alla regolamentazione del procedimento disciplinare. L’irrogazione
della sanzione deve basarsi su elementi certi ed obiettivi, deve essere tempestivamente
comunicata al dirigente e, al fine di garantire la certezza delle situazioni giuridiche, non
può essere applicata una sanzione di specie diversa da quella prevista dalla legge o dal
contratto collettivo.
Art. 2
Obblighi del dirigente
1.
Il dirigente conforma la sua condotta ai principi di diligenza e fedeltà di cui agli
artt. 2104 e 2105 del Codice Civile e contribuisce alla gestione della cosa pubblica con
impegno e responsabilità.
2.
Il comportamento del dirigente è improntato al perseguimento dell’efficienza e
dell’efficacia dei servizi istituzionali nella primaria considerazione delle esigenze dei
cittadini utenti, operando costantemente nel pieno rispetto del Codice di comportamento
dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni adottato dal Direttore generale dell’Azienda
provinciale per i servizi sanitari con deliberazione n. 494 di data 30 dicembre 2014, di cui
si impegna a osservare tutte le disposizioni, e di quanto stabilito nelle Carte dei Servizi.
3.
Il dirigente, tenuto conto della necessità di garantire la migliore qualità del
servizio, deve, in particolare:
a) assicurare il rispetto della legge, con riguardo anche alle norme regolatrici del rapporto
di lavoro, nonché delle disposizioni contrattuali, nonché l’osservanza delle direttive
generali e di quelle impartite dall’Azienda e perseguire direttamente l’interesse pubblico
nell’espletamento dei propri compiti e nei comportamenti che sono posti in essere dando
conto dei risultati conseguiti e degli obiettivi raggiunti;
b) non utilizzare a fini privati le informazioni di cui disponga per ragioni d'ufficio;
c) nello svolgimento della propria attività, mantenere una condotta uniformata a principi di
correttezza e di collaborazione nelle relazioni interpersonali, all’interno dell’Azienda con gli
altri dirigenti e con gli addetti alla struttura, astenendosi, in particolare nel rapporto con gli
utenti, da comportamenti lesivi della dignità della persona o che, comunque, possono
nuocere all’immagine dell’Azienda;
d) nell’ambito della propria attività, mantenere un comportamento conforme al proprio
ruolo, organizzando ed assicurando la presenza in servizio correlata alle esigenze della
propria struttura ed all’espletamento dell’incarico affidato, nel rispetto della normativa
contrattuale e legislativa vigente;
e) astenersi dal partecipare, nell’espletamento delle proprie funzioni, all'adozione di
decisioni o ad attività che possano coinvolgere direttamente o indirettamente interessi
finanziari o non finanziari propri, del coniuge, dei parenti e degli affini fino al quarto grado
e dei conviventi;
f) sovrintendere, nell’esercizio del proprio potere direttivo, al corretto espletamento
dell’attività del personale, anche di livello dirigenziale, assegnato alla struttura cui è
preposto, nonché al rispetto delle norme del codice di comportamento e disciplinare, ivi
compresa l’attivazione dell’azione disciplinare, secondo le disposizioni vigenti;
g) informare l’Azienda di essere stato rinviato a giudizio o che nei suoi confronti è
esercitata l’azione penale, quando per la particolare natura dei reati contestati al dirigente
si possono configurare situazioni di incompatibilità ambientale o di grave pregiudizio per
l’Azienda;
h) astenersi dal chiedere o accettare omaggi o trattamenti di favore, se non nei limiti delle
normali relazioni di cortesia e salvo quelli d’uso, purché di modico valore;
i) garantire, per quanto nei suoi poteri e nei suoi obblighi, il massimo rispetto dei compiti di
vigilanza, operatività e continuità dell’assistenza al paziente nell’arco delle 24 ore,
nell’ambito delle funzioni assegnate al dirigente, nel rispetto della normativa contrattuale
vigente;
j) assicurare la massima diligenza nella compilazione e tenuta e controllo delle cartelle
cliniche, referti e risultanze diagnostiche;
k) rispettare le norme di legge, contrattuali ed aziendali in materia di espletamento
dell’attività libero professionale;
l) rispettare le leggi vigenti in materia di attestazione di malattia e di certificazione per
l’assenza per malattia;
m) assolvere diligentemente e prontamente agli obblighi a lui ascrivibili in merito alla
certificazione delle assenze per malattia.
4.
Il dirigente è tenuto comunque ad assicurare il rispetto delle norme vigenti in
materia di segreto d’ufficio, riservatezza e protezione dei dati personali, trasparenza ed
accesso all’attività amministrativa, informazione all’utenza, autocertificazione, protezione
degli infortuni e sicurezza sul lavoro, nonché di divieto di fumo.
5.
In materia di incompatibilità, resta fermo quanto previsto dall’art. 53 del d.lgs.
n. 165 del 2001, anche con riferimento all’art. 1, comma 60 e segg. della legge 662 del
1996.
Art. 3
Sanzioni e procedure disciplinari
1.
Le violazioni, da parte dei dirigenti, degli obblighi disciplinati nell’art. 2 (obblighi
del dirigente), secondo la gravità dell’infrazione, previo procedimento disciplinare, danno
luogo all’applicazione delle seguenti sanzioni:
a) censura scritta
b) sanzione pecuniaria
c) sospensione dal servizio con privazione della retribuzione, secondo le previsioni dell’art.
4 (codice disciplinare)
d) licenziamento con preavviso
e) licenziamento senza preavviso.
2.
Per l’individuazione dell’autorità disciplinare competente per i procedimenti
disciplinari della dirigenza e per le forme e i termini del procedimento disciplinare, trovano
applicazione le previsioni dell’art. 55 bis del d.lgs. 165/2001.
3.
Per le infrazioni di minore gravità fino alla sospensione dal servizio non
superiore a dieci giorni, il titolare del potere disciplinare è, ai sensi dell’art. 55 bis, comma
2, il dirigente responsabile della struttura cui l’interessato è formalmente assegnato che si
avvale obbligatoriamente, per la fase istruttoria, dell’ufficio competente per i procedimenti
disciplinari. Per le infrazioni punibili con sanzioni più gravi della sospensione dal servizio
per più di dieci giorni, il procedimento disciplinare viene svolto dall’ufficio competente per i
procedimenti disciplinari ai sensi dell’art. 55 bis, comma 4.
4.
Nei casi stabiliti dall’art. 55, comma 4, del d.lgs. n. 165 del 2001, il soggetto
competente ad assumere le determinazioni conclusive del procedimento disciplinare è il
direttore generale o chi da lui delegato.
5.
Nell’ambito del procedimento disciplinare previsto dall’art. 55 bis del d.lgs.
165/2001 come introdotto dal d.lgs. n. 150/2009, la contestazione dell’addebito deve
essere specifica e tempestiva, nel rispetto dei termini temporali previsti dalla legge,
nonché contenere l’esposizione chiara e puntuale dei fatti in concreto verificatisi, al fine di
rendere edotto il dirigente degli elementi a lui addebitati e consentire all
o stesso di esercitare il diritto di difesa.
6.
Non può tenersi conto, ai fini di altro procedimento disciplinare, delle sanzioni
disciplinari, decorsi due anni dalla loro applicazione.
7.
I provvedimenti di cui al presente articolo non sollevano il dirigente dalle
eventuali responsabilità di altro genere nelle quali egli sia incorso, compresa la
responsabilità dirigenziale, che verrà accertata nelle forme previste dal sistema di
valutazione.
Art. 4
Codice disciplinare
1.
L’Azienda è tenuta al rispetto dei principi di gradualità e proporzionalità delle
sanzioni in relazione alla gravità della mancanza. A tale fine sono fissati i seguenti criteri
generali riguardo il tipo e l’entità di ciascuna delle sanzioni:
- l’ intenzionalità del comportamento;
- il grado di negligenza dimostrata, tenuto anche conto della prevedibilità dell’evento;
- la rilevanza della infrazione e dell’inosservanza degli obblighi e delle disposizioni violate;
- le responsabilità connesse con l’incarico dirigenziale ricoperto, nonché con la gravità
della lesione del prestigio dell’Azienda;
- entità del danno provocato a cose o a persone, ivi compresi gli utenti;
- l’eventuale sussistenza di circostanze aggravanti o attenuanti, anche connesse al
comportamento tenuto complessivamente dal dirigente o al concorso nella violazione di
più persone.
2.
La recidiva nelle mancanze previste ai commi 4, 5, 6, 7 e 8 già sanzionate nel
biennio di riferimento, comporta una sanzione di maggiore gravità tra quelle individuate
nell’ambito del presente articolo.
3.
Al dirigente responsabile di più mancanze compiute con unica azione od
omissione o con più azioni od omissioni tra loro collegate ed accertate con un unico
procedimento, è applicabile la sanzione prevista per la mancanza più grave se le suddette
infrazioni sono punite con sanzioni di diversa gravità.
4.
La sanzione disciplinare dal minimo della censura scritta fino alla multa da €
200 a € 500 si applica, graduando l’entità della stessa in relazione ai criteri del comma 1,
nei casi di:
a) inosservanza della normativa contrattuale e legislativa vigente, nonché delle direttive,
dei provvedimenti e delle disposizioni di servizio, anche in tema di assenze per malattia,
nonché di presenza in servizio correlata alle esigenze della struttura ed all’espletamento
dell’incarico affidato ove non ricorrano le fattispecie considerate nell’art. 55 quater, comma
1, lett. a) del D.Lgs. 165/2001;
b) condotta, negli ambienti di lavoro, non conforme ai principi di correttezza verso i
componenti della direzione aziendale, gli altri dirigenti, i dipendenti o nei confronti degli
utenti o terzi;
c) alterchi negli ambienti di lavoro, anche con utenti o terzi;
d) comportamento negligente nella compilazione, tenuta e controllo delle cartelle cliniche,
referti e risultanze diagnostiche;
e) violazione dell’obbligo di comunicare tempestivamente all’azienda di essere stato
rinviato a giudizio o di avere avuto conoscenza che nei suoi confronti è esercitata l’azione
penale quando per la particolare natura dei reati contestati al dirigente si possono
configurare situazioni di incompatibilità ambientale o di grave pregiudizio per l’Azienda;
f) violazione dell’obbligo di astenersi dal chiedere o accettare, a qualsiasi titolo, compensi,
regali o altre utilità in connessione con l'espletamento delle proprie funzioni o dei compiti
affidati, se non nei limiti delle normali relazioni di cortesia e fatti salvi quelli d’uso, purché
di modico valore;
g) inosservanza degli obblighi previsti in materia di prevenzione degli infortuni o di
sicurezza del lavoro, nonché del divieto di fumo, anche se non ne sia derivato danno o
disservizio per l’azienda o per gli utenti;
h) violazione del segreto d'ufficio, così come disciplinato dalle norme dei singoli
ordinamenti ai sensi dell’art. 24 della legge 7 agosto 1990, n. 241, anche se non ne sia
derivato danno all'azienda.
L’importo delle multe sarà introitato nel bilancio dell’Azienda ed è destinato alle attività
formative.
5.
La sospensione dal servizio con privazione della retribuzione fino ad un
massimo di 15 giorni, si applica nel caso previsto dall’art. 55 bis, comma 7, del d.lgs.
165/2001.
6.
La sospensione dal servizio con privazione della retribuzione fino ad un massimo di
3 mesi, con la mancata attribuzione della retribuzione di risultato per un importo pari a
quello spettante per il doppio del periodo di durata della sospensione, si applica nei casi
previsti dall’art. 55 sexies, comma 3 e dall’art. 55 septies, comma 6 del d.lgs. 165/2001.
7.
La sospensione dal servizio con privazione della retribuzione da un minimo di
3 giorni fino ad un massimo di 3 mesi, si applica nel caso previsto dall’art. 55 sexies,
comma 1 del d.lgs. 165/2001.
8.
La sanzione disciplinare della sospensione dal servizio con privazione della
retribuzione da un minimo di tre giorni fino ad un massimo di sei mesi, si applica,
graduando l’entità della sanzione in relazione ai criteri di cui al comma 1, per:
a) recidiva nel biennio delle mancanze previste nei commi 4, 5, 6, e 7 oppure quando le
mancanze previste dai medesimi commi si caratterizzano per una particolare gravità;
b) minacce, ingiurie gravi, calunnie o diffamazioni verso il pubblico oppure nei confronti
dell’Azienda o dei componenti della direzione aziendale, degli altri dirigenti o dipendenti
ovvero alterchi con vie di fatto negli ambienti di lavoro, anche con utenti;
c) manifestazioni offensive nei confronti dell’Azienda o dei componenti della direzione
aziendale, degli altri dirigenti, dei dipendenti o di terzi, salvo che non siano espressione
della libertà di pensiero, ai sensi dell’art. 1 della legge n. 300 del 1970;
d) tolleranza di irregolarità in servizio, di atti di indisciplina, di contegno scorretto o di abusi
di particolare gravità da parte del personale dipendente, ove non ricorrano le fattispecie
considerate nell’art. 55 sexies, comma 3, del D.Lgs. 165/2001;
e) salvo che non ricorrano le fattispecie considerate nell’art. 55-quater, comma 1, lett. b)
del D.Lgs. 165/2001, assenza ingiustificata dal servizio o arbitrario abbandono dello
stesso; in tali ipotesi l’entità della sanzione è determinata in relazione alla durata
dell’assenza o dell’abbandono del servizio, al disservizio determinatosi, alla gravità della
violazione degli obblighi del dirigente, agli eventuali danni causati all’azienda, agli utenti o
ai terzi;
f) occultamento da parte del dirigente di fatti e circostanze relativi ad illecito uso,
manomissione, distrazione o sottrazione di somme o beni di pertinenza
dell’amministrazione o ad esso affidati;
g) mancato rispetto delle norme di legge e contrattuali e dei regolamenti aziendali in
materia di espletamento di attività libero professionale;
h) comportamenti omissivi o mancato rispetto dei compiti di vigilanza, operatività e
continuità dell’assistenza al paziente, nell’arco delle ventiquattro ore, nell’ambito delle
funzioni assegnate e nel rispetto della normativa contrattuale vigente;
i) comportamento negligente od omissivo nella compilazione, tenuta e controllo delle
cartelle cliniche, referti e risultanze diagnostiche, da cui sia derivato un danno per
l’azienda o per i terzi;
j) inosservanza degli obblighi, a lui ascrivibili in merito alla certificazione medica
concernente assenze di lavoratori per malattia;
k) qualsiasi comportamento negligente, dal quale sia derivato grave danno all’azienda o a
terzi, fatto salvo quanto previsto dal comma 7;
l) atti o comportamenti aggressivi, ostili e denigratori nei confronti di dirigenti o altri
dipendenti.
m) atti, comportamenti o molestie, anche di carattere sessuale, lesivi della dignità della
persona.
9.
Nei casi di sospensione di cui al presente articolo, l’Azienda, in relazione a
documentate esigenze organizzative e funzionali dirette a garantire la continuità
assistenziale, può differire, per un massimo di 30 giorni, rispetto alla conclusione del
procedimento disciplinare, la data di esecuzione della sanzione.
10.
In relazione alla specificità della funzione sanitaria, anche con riferimento alla
garanzia della continuità assistenziale, l’Azienda, con provvedimento motivato e previo
consenso del dirigente, può trasformare la sospensione dal servizio con privazione della
retribuzione in una sanzione pecuniaria corrispondente al numero dei giorni di
sospensione dell’attività lavorativa, tenendo presente la retribuzione giornaliera di cui
all’art. 95 del CCPL 2002-2005 di data 25 settembre 2006. Tale clausola non si applica ai
casi di sospensione previsti dagli artt. 55 bis, comma 7 del d.lgs. 165/2001, dall’art. 55
sexies, comma 3 e dall’art. 55 septies, comma 6 del d.lgs. 165/2001.
La relativa trattenuta sulla retribuzione è introitata dal bilancio dell’Azienda ed è destinata
alle attività formative.
11.
Ferma la disciplina in tema di licenziamento per giusta causa o giustificato
motivo, la sanzione disciplinare del licenziamento si applica:
1. con preavviso, per
a) le ipotesi considerate dall’art. 55 quater, comma 1, lett. b) e c) del D.lgs. 165/2001 e 55,
septies, comma 4;
b) recidiva plurima, in una delle mancanze previste ai commi 4, 5, 6, 7 e 8, anche se di
diversa natura, o recidiva, nel biennio, in una mancanza che abbia comportato
l’applicazione della sanzione massima di 6 mesi di sospensione dal servizio o, comunque,
quando le mancanze di cui ai commi precedenti si caratterizzino per una particolare
gravità;
c) mancato rispetto delle norme di legge e contrattuali e dei regolamenti aziendali in
materia di espletamento di attività libero professionale, ove ne sia seguito grave conflitto di
interessi o una forma di concorrenza sleale nei confronti dell’azienda;
2. senza preavviso, per:
a) le ipotesi considerate dall’art. 55 quater, comma 1, lett. a, d), e) ed f) del D.lgs.
165/2001 e dall’art. 55 quinques, comma 3;
b) gravi fatti illeciti di rilevanza penale, ivi compresi quelli che possono dar luogo alla
sospensione cautelare, secondo la disciplina dell’art. 6 (Sospensione cautelare in corso di
procedimento penale), fatto salvo quanto previsto dall’art. 7, comma 1 (Rapporto tra
procedimento penale e procedimento disciplinare);
c) condanna, anche non passata in giudicato, per:
a. i delitti già indicati nell’art. 58, comma 1, lett. a), b) limitatamente all’art. 316 del codice
penale, lett. c), d) ed e), e nell’art. 59, comma 1, lett. a), limitatamente ai delitti già indicati
nell’art. 58, comma 1, lett. a) e all’art. 316 del codice penale, lett. b) e c), del D. Lgs. n.
267 del 2000;
b. gravi delitti commessi in servizio;
c. delitti previsti dall’art. 3, comma 1 della legge 97/2001;
d) recidiva plurima di sistematici e reiterati atti o comportamenti aggressivi, ostili e
denigratori che assumano anche forme di violenza morale o di persecuzione psicologica
nei confronti di dirigenti o altri dipendenti;
e) recidiva plurima in atti, comportamenti o molestie, anche di carattere sessuale, lesivi
della dignità della persona;
f) per gli atti e comportamenti non ricompresi specificamente nelle lettere precedenti,
seppur estranei alla prestazione lavorativa, posti in essere anche nei confronti di terzo, di
gravità tale da non consentire la prosecuzione neppure provvisoria del rapporto di lavoro,
ai sensi dell’art. 2119 del codice civile.
12.
Le mancanze non espressamente previste nei commi da 4 a 8 e dal comma
11 sono comunque sanzionate secondo i criteri di cui al comma 1, facendosi riferimento,
quanto all’individuazione dei fatti sanzionabili, agli obblighi dei dirigenti di cui all’art. 2
(Obblighi del dirigente), nonché quanto al tipo e alla misura delle sanzioni, ai principi
desumibili dai commi precedenti.
13.
Al codice disciplinare di cui al presente articolo, nonché al codice di
comportamento e alle carte dei servizi, ove emanate, deve essere data la massima
pubblicità mediante pubblicazione sul sito istituzionale dell’azienda, secondo le previsioni
dell’art. 55, comma 2, ultimo periodo del D.lgs. 165/2001. Tale pubblicità equivale a tutti gli
effetti all’affissione all’ingresso della sede di lavoro.
14.
In sede di prima applicazione del presente allegato, il codice disciplinare deve
essere obbligatoriamente reso pubblico nelle forme di cui al comma 13, entro 5 giorni
dalla data di stipulazione del presente Allegato e si applica dal giorno successivo a quello
della sua affissione o dalla pubblicazione nel sito web dell’amministrazione. Resta fermo
che le sanzioni previste dal D.Lgs. 150/2009 si applicano dall’entrata in vigore del decreto
stesso.
15.
I commi 3 e 5 dell’art. 67 (Recesso dell’Azienda) e l’art. 72 (procedure di
conciliazione in caso di recesso) del CCPL di data 25 settembre 2006 sono abrogati.
Art. 5
Sospensione cautelare in corso di procedimento disciplinare
1.
L’Azienda, qualora ritenga necessario espletare ulteriori accertamenti su fatti
addebitati al dirigente, in concomitanza con la contestazione e previa puntuale
informazione al dirigente, può disporre la sospensione dal lavoro dello stesso dirigente,
per un periodo non superiore a trenta giorni, con la corresponsione del trattamento
economico complessivo in godimento. Tale periodo potrà essere prorogato a sessanta
giorni nei casi di particolare gravità e complessità.
2.
Qualora il procedimento disciplinare si concluda con la sanzione disciplinare
della sospensione dal servizio con privazione della retribuzione, il periodo
dell'allontanamento cautelativo deve essere computato nella sanzione, ferma restando la
privazione della retribuzione limitata agli effettivi giorni di sospensione irrogati.
3.
Il periodo trascorso in allontanamento cautelativo, escluso quello computato
come sospensione dal servizio, è valutabile agli effetti dell'anzianità di servizio.
Art. 6
Sospensione cautelare in caso di procedimento penale
1.
Il dirigente colpito da misura restrittiva della libertà personale o da
provvedimenti giudiziari inibitori che impediscono la prestazione lavorativa, è
obbligatoriamente sospeso dal servizio, con sospensione dell’incarico dirigenziale
conferito e privazione della retribuzione, per tutta la durata dello stato di restrizione della
libertà, salvo che l’azienda non proceda direttamente ai sensi dell’art. 4 (codice
disciplinare), comma 11.
2.
Il dirigente può essere sospeso dal servizio con privazione della retribuzione e
con sospensione dell’incarico, anche nel caso in cui venga sottoposto a procedimento
penale, che non comporti la restrizione della libertà personale o questa sia comunque
cessata, secondo quanto previsto dall’art. 55 ter del d.lgs. 165/2001, salvo che l’Azienda
non proceda direttamente ai sensi dell’art. 7, comma 2 (Rapporto tra procedimento
disciplinare e procedimento penale) del presente allegato.
3.
Resta fermo l'obbligo di sospensione del dirigente in presenza dei casi già
previsti dagli artt. 58, comma 1, lett. a), b), limitatamente all'art. 316 del codice penale,
lett. c), d) ed e), e 59, comma 1, lett. a), limitatamente ai delitti già indicati nell'art. 58
comma 1, lett. a) e all'art. 316 del codice penale, lett. b), e c), del D. Lgs .n. 267 del 2000
e fatta salva l’applicazione dell’art. 4 (codice disciplinare), comma 11, qualora l’azienda
non disponga la sospensione del procedimento disciplinare fino al termine di quello
penale, ai sensi dell’art. 55 ter del d.lgs. 165/2001, nonché dell’art. 7 (Rapporto tra
procedimento disciplinare e procedimento penale) del presente allegato.
4.
Nel caso dei delitti previsti all’art. 3, comma 1, della legge n. 97/2001, trova
applicazione la disciplina ivi stabilita. Per i medesimi delitti, qualora intervenga condanna
anche non definitiva, ancorché sia concessa la sospensione condizionale della pena, trova
applicazione l’art. 4, comma 1, della citata legge n. 97/2001. E’ fatta salva l’applicazione
dell’art. 4 (codice disciplinare), comma 11, punto 2, qualora l’azienda non disponga la
sospensione del procedimento disciplinare fino al termine di quello penale, ai sensi
dell’art. 55 ter del d.lgs. 165/2001 nonché dell’art. 7 (Rapporto tra procedimento
disciplinare e procedimento penale) del presente allegato.
5.
Nei casi indicati ai commi precedenti si applica, comunque, quanto previsto
dall’art. 55 ter del d.lgs. 165/2001, comma 1, ultimo periodo.
6.
Ove l’azienda intenda procedere all’applicazione della sanzione di cui all’art. 4
(codice disciplinare), comma 11, punto 2, la sospensione del dirigente disposta ai sensi
del presente articolo conserva efficacia fino alla conclusione del procedimento disciplinare.
Negli altri casi, la sospensione dal servizio eventualmente disposta a causa di
procedimento penale conserva efficacia, se non revocata, per un periodo non superiore a
cinque anni. Decorso tale termine, essa è revocata ed il dirigente è riammesso in servizio,
salvo i casi nei quali, in presenza di reati che comportano l’applicazione dell’art. 4 (codice
disciplinare) comma 11, punto 2, l’azienda ritenga che la permanenza in servizio del
dirigente provochi un pregiudizio alla credibilità della stessa a causa del discredito che da
tale permanenza potrebbe derivarle da parte dei cittadini e/o comunque, per ragioni di
opportunità ed operatività dell’amministrazione stessa. In tal caso, può essere disposta,
per i suddetti motivi, la sospensione dal servizio, che sarà sottoposta a revisione con
cadenza biennale. Ove il procedimento disciplinare sia stato eventualmente sospeso, fino
all’esito del procedimento penale, ai sensi dell’art. 55 ter del d.lgs. 165/2001, tale
sospensione può essere prorogata, ferma restando in ogni caso la possibilità di ripresa del
procedimento disciplinare per cessazione di motivi che ne avevano determinato la
sospensione, ai fini dell’applicabilità dell’art. 4 (codice disciplinare).
7.
Al dirigente sospeso dal servizio ai sensi del presente articolo sono corrisposti
un’indennità alimentare pari al 50% dello stipendio tabellare, la retribuzione individuale di
anzianità o il maturato economico annuo, ove spettante, e gli eventuali assegni familiari,
qualora ne abbiano titolo.
8.
Nel caso di sentenza penale definitiva di assoluzione, pronunciata con la
formula “il fatto non sussiste” o “l’imputato non lo ha commesso”, quanto corrisposto,
durante il periodo di sospensione cautelare, a titolo di assegno alimentare verrà
conguagliato con quanto dovuto al dirigente se fosse rimasto in servizio, tenendo conto
anche della retribuzione di posizione in godimento all'atto della sospensione. Ove il
procedimento disciplinare riprenda per altre infrazioni, ai sensi dell’art. 7 (Rapporto tra
procedimento disciplinare e procedimento penale), il conguaglio dovrà tener conto delle
sanzioni eventualmente applicate.
9.
In tutti gli altri casi di riattivazione del procedimento disciplinare a seguito di
condanna penale, ove questo si concluda con una sanzione diversa dal licenziamento,
quanto corrisposto al dirigente precedentemente sospeso viene conguagliato quanto
dovuto se fosse stato in servizio, tenendo conto anche della retribuzione di posizione in
godimento all’atto della sospensione; dal conguaglio sono esclusi i periodi di sospensione
del comma 1 e quelli eventualmente inflitti a seguito del giudizio disciplinare riattivato.
Art. 7
Rapporto tra procedimento disciplinare e procedimento penale
1.
Nell’ipotesi di procedimento disciplinare che abbia, in tutto o in parte, ad
oggetto fatti in relazione ai quali procede l’autorità giudiziaria, trovano applicazione le
disposizioni dell’art. 55ter, del D.Lgs.n.165/2001.
2.
L’Azienda, nei casi di particolare complessità dell’accertamento del fatto
addebitato al dirigente e, quando all’esito dell’istruttoria, non disponga di elementi
sufficienti a motivare l’irrogazione della sanzione, può sospendere il procedimento
disciplinare attivato.
3.
Nel caso del procedimento disciplinare sospeso, ai sensi dell’art. 55ter del
D.Lgs.n.165/2001, qualora per i fatti oggetto del procedimento penale, interviene una
sentenza penale irrevocabile di assoluzione che riconosce che il fatto addebitato non
sussiste o non costituisce illecito penale o che “l’imputato non l’ha commesso”, l’autorità
disciplinare procedente, nel rispetto delle previsioni dell’art. 55ter, comma 4, del D.Lgs. n.
165/2001, riprende il procedimento disciplinare ed adotta le determinazioni conclusive,
applicando le disposizioni dell’art. 653, comma 1, del codice di procedura penale. In
questa ipotesi, ove nel procedimento disciplinare sospeso, al dirigente, oltre ai fatti
oggetto del giudizio penale per i quali vi sia stata assoluzione, siano state contestate altre
violazioni, oppure i fatti contestati, pur non costituendo illeciti penali, rivestano comunque
rilevanza disciplinare, il procedimento riprende e prosegue per dette infrazioni, nei tempi e
secondo le modalità stabilite dell’art. 55ter, comma 4 del D. Lgs. n. 165/2001.
4.
Se il procedimento disciplinare non sospeso si sia concluso con l’irrogazione
della sanzione del licenziamento, ai sensi dell’art. 4 (codice disciplinare) comma 11, punto
2, e, successivamente, il procedimento penale sia definito con una sentenza penale
irrevocabile di assoluzione, che riconosce che il fatto addebitato non sussiste o non
costituisce illecito penale o che “l’imputato non l’ha commesso”, ove il medesimo
procedimento sia riaperto e si concluda con un atto di archiviazione, ai sensi dell’art. 55ter, comma 2, del D.Lgs.n.165/2001, il dirigente ha diritto dalla data della sentenza di
assoluzione alla riammissione in servizio presso l’ente, anche in soprannumero nella
medesima sede o in altra sede, nonché all’affidamento di un incarico di valore equivalente
a quello posseduto all’atto del licenziamento. Analoga disciplina trova applicazione nel
caso che l’assoluzione del dirigente consegua a sentenza pronunciata a seguito di
processo di revisione.
5.
Dalla data di riammissione di cui al comma 4, il dirigente ha diritto a tutti gli
assegni che sarebbero stati corrisposti nel periodo di licenziamento, tenendo conto anche
dell’eventuale periodo di sospensione antecedente, nonché della retribuzione di posizione
in godimento all’atto del licenziamento. In caso di premorienza, gli stessi compensi
spettano al coniuge o al convivente superstite e ai figli.
6.
Qualora, oltre ai fatti che hanno determinato il licenziamento di cui al comma
1, siano state contestate al dirigente altre violazioni, ovvero nel caso in cui le violazioni
siano rilevanti sotto profili diversi da quelli che hanno portato al licenziamento, il
procedimento disciplinare viene riaperto secondo le procedure previste dal presente
Allegato.
7.
E’ abrogato l’art. 56 “Effetti del procedimento penale sul rapporto di lavoro” del
CCPL di data 25/9/2006.
Art. 8
La determinazione concordata della sanzione
1.
L’autorità disciplinare competente ed il dirigente, in via conciliativa, possono
procedere alla determinazione concordata della sanzione disciplinare da applicare fuori
dei casi per i quali la legge ed il contratto collettivo prevedono la sanzione del
licenziamento, con o senza preavviso.
2.
La sanzione concordemente determinata in esito alla procedura conciliativa di
cui al comma 1 non può essere di specie diversa da quella prevista dalla legge o dal
contratto collettivo per l’infrazione per la quale si procede e non è soggetta ad
impugnazione.
3.
L’autorità disciplinare competente o il dirigente può proporre all’altra parte
l’attivazione della procedura conciliativa di cui al comma 1, che non ha natura obbligatoria,
entro il termine dei cinque giorni successivi alla audizione del dirigente per il
contraddittorio a sua difesa, ai sensi dell’art.55bis, comma 2, del D.Lgs.n.165/2001. Dalla
data della proposta sono sospesi i termini del procedimento disciplinare, di cui all’art.55bis
del D.Lgs.n.165/2001. La proposta dell’autorità disciplinare o del dirigente e tutti gli altri
atti della procedura sono comunicati all’altra parte con le modalità dell’art.55-bis, comma
5, del D.Lgs.n.165/2001.
4.
La proposta di attivazione deve contenere una sommaria prospettazione dei
fatti, delle risultanze del contraddittorio e la proposta in ordine alla misura della sanzione
ritenuta applicabile. La mancata formulazione della proposta entro il termine di cui al
comma 3 comporta la decadenza delle parti dalla facoltà di attivare ulteriormente la
procedura conciliativa.
5.
La disponibilità della controparte ad accettare la procedura conciliativa deve
essere comunicata entro i cinque giorni successivi al ricevimento della proposta, con le
modalità dell’art.55bis, comma 5, del D.Lgs.n.165/2001. Nel caso di mancata accettazione
entro il suddetto termine, da tale momento riprende il decorso dei termini del
procedimento disciplinare, di cui all’art.55bis del D.Lgs.n.165/2001. La mancata
accettazione comporta la decadenza delle parti dalla possibilità di attivare ulteriormente la
procedura conciliativa.
6.
Ove la proposta sia accettata, l’autorità disciplinare competente convoca nei
tre giorni successivi il dirigente, con l’eventuale assistenza di un procuratore ovvero di un
rappresentante dell’associazione sindacale cui il lavoratore aderisce o conferisce
mandato.
7.
Se la procedura conciliativa ha esito positivo, l’accordo raggiunto è
formalizzato in un apposito verbale sottoscritto dall’autorità disciplinare e dal dirigente e la
sanzione concordata dalle parti, che non è soggetta ad impugnazione, può essere irrogata
dall’autorità disciplinare competente.
8.
In caso di esito negativo, questo sarà riportato in apposito verbale e la
procedura conciliativa si estingue, con conseguente ripresa del decorso dei termini del
procedimento disciplinare, di cui all’art.55bis del D.Lgs.n.165/2001.
9.
In ogni caso la procedura conciliativa deve concludersi entro il termine di
trenta giorni dalla contestazione e comunque prima dell’irrogazione della sanzione. La
scadenza di tale termine comporta la estinzione della procedura conciliativa
eventualmente già avviata ed ancora in corso di svolgimento e la decadenza delle parti
dalla facoltà di avvalersi ulteriormente della stessa.
Art. 9
Norme finali relative alla responsabilità disciplinare
1.
Al fine di monitorare e verificare l’applicazione delle norme contrattuali definite
dal presente Allegato, l’Azienda è tenuta ad inviare, con cadenza annuale, alla Giunta
provinciale un rapporto informativo sui procedimenti disciplinari effettuati anche con
riferimento ai risultati degli stessi sia in termini di sanzioni erogate che di archiviazioni
effettuate.
Art. 10
La reintegrazione del dirigente illegittimamente licenziato
1.
L’Azienda, a domanda, reintegra in servizio il dirigente illegittimamente o
ingiustificatamente licenziato dalla data della sentenza che ne ha dichiarato l’illegittimità o
la ingiustificatezza, anche in soprannumero nella medesima Azienda, con il conferimento
allo stesso di un incarico di valore equivalente a quello posseduto all’atto del
licenziamento. I dirigenti con incarico di struttura sono reintegrati in servizio con il
medesimo incarico, ove disponibile, oppure con incarico, anche di natura professionale, di
valore economico corrispondente a quello precedentemente ricoperto. Ai dirigenti spetta,
inoltre, il trattamento economico che sarebbe stato corrisposto nel periodo di
licenziamento, anche con riferimento alla retribuzione di posizione in godimento all’atto del
licenziamento
2.
Qualora, oltre ai fatti che hanno determinato il licenziamento di cui al comma
1, siano state contestate al dirigente altre violazioni, ovvero nel caso in cui le violazioni
siano rilevanti sotto profili diversi da quelli che hanno portato al licenziamento, il
procedimento disciplinare viene riaperto secondo le procedure previste dalle vigenti
disposizioni.
Art. 11
Indennità sostitutiva della reintegrazione
1.
L’Azienda o il dirigente possono proporre all’altra parte, in sostituzione della
reintegrazione nel posto di lavoro, di cui all’art. 10 (Reintegrazione del dirigente
illegittimamente licenziato), il pagamento a favore del dirigente di un’indennità
supplementare determinata, in relazione alla valutazione dei fatti e delle circostanze
emerse, tra un minimo pari al corrispettivo del preavviso maturato, maggiorato dell'importo
equivalente a due mensilità, ed un massimo pari al corrispettivo di ventiquattro mensilità.
2.
L'indennità supplementare di cui al comma 1 è automaticamente aumentata,
ove l'età del dirigente sia compresa fra i 46 e i 56 anni, nelle seguenti misure già previste
per analoghe finalità nel CCPL del 25 settembre 2006:
7 mensilità in corrispondenza del 51esimo anno compiuto;
6 mensilità in corrispondenza del 50esimo e 52esimo anno compiuto;
5 mensilità in corrispondenza del 49esimo e 53esimo anno compiuto;
4 mensilità in corrispondenza del 48esimo e 54esimo anno compiuto;
3 mensilità in corrispondenza del 47esimo e 55esimo anno compiuto;
2 mensilità in corrispondenza del 46esimo e 56esimo anno compiuto.
3.
Nelle mensilità di cui ai commi 1 e 2 è ricompresa anche la retribuzione
minima unificata già in godimento del dirigente al momento del licenziamento, con
esclusione della variabile aziendale e di quella di risultato e delle atre indennità connesse
all’incarico precedentemente ricoperto.
4.
Il dirigente che accetti l’indennità supplementare in luogo della reintegrazione
non può successivamente adire l’autorità giudiziaria per ottenere la reintegrazione. In caso
di pagamento dell’indennità supplementare, l'Azienda non può assumere altro dirigente
nel posto precedentemente coperto dal dirigente cessato, per un periodo corrispondente
al numero di mensilità riconosciute, ai sensi dei commi 1 e 2.
5.
Il dirigente che abbia accettato l’indennità supplementare in luogo della
reintegrazione, per un periodo pari ai mesi cui è correlata la determinazione dell'indennità
supplementare e con decorrenza dalla sentenza definitiva che ha dichiarato l’illegittimità o
la ingiustificatezza del licenziamento, può avvalersi della disciplina di cui all'art. 30 del
d.lgs. n. 165 del 2001. Qualora si realizzi il trasferimento ad altra Azienda, il dirigente ha
diritto ad un numero di mensilità pari al solo periodo non lavorato.
6.
La presente disciplina trova applicazione dalla data di definitiva sottoscrizione
del presente Allegato.
Art. 12
Successione di norme in materia disciplinare
1.
In caso di successione di norme contrattuali in materia di procedimento e di
responsabilità disciplinare, si applicano, se non diversamente disposto, i seguenti principi:
1. i procedimenti disciplinari già avviati alla data di entrata in vigore della nuova disciplina
proseguono secondo le norme procedurali e i termini vigenti al momento dell’avvio del
procedimento;
2. non è sanzionabile il fatto non previsto quale infrazione disciplinare al tempo in cui è
stato commesso;
3. in pendenza di procedimento disciplinare si applicano le norme precettive e
sanzionatorie modificative sopravvenute rispetto alla commissione dell’illecito disciplinare
se più favorevoli all’incolpato;
4. in caso di sopravvenuta soppressione di una infrazione disciplinare posteriormente
all’inflizione della sanzione, non si dà luogo all’esecuzione della stessa che, se ancora in
corso, è interrotta. Cessano altresì gli ulteriori effetti accessori della sanzione nell’ambito
del rapporto di lavoro previsti dalla normativa vigente.
ALLEGATO 2)
Introduzione dell'Allegato D1) al CCPL 2002-2005
di data 25 settembre 2006 e s.m.
ALLEGATO D1)
NORME DISCIPLINARI DIRIGENZA
RUOLO PROFESSIONALE, TECNICO E AMMINISTRATIVO
Art. 1
Principi generali
1.
In considerazione degli specifici contenuti professionali, delle particolari
responsabilità che caratterizzano la figura del dirigente, nel rispetto del principio di
distinzione tra le funzioni di indirizzo e controllo spettanti agli organi di governo e le
funzioni di gestione amministrativa spettanti alla dirigenza, nonché della giurisprudenza
costituzionale in materia, ed al fine di assicurare una migliore funzionalità ed operatività
dell’Azienda provinciale per i servizi sanitari, sono stabilite specifiche forme di
responsabilità disciplinare per i dirigenti nonché il relativo sistema sanzionatorio, con la
garanzia di adeguate tutele per il dirigente medesimo.
2.
Costituisce principio generale la distinzione tra le procedure ed i criteri di
valutazione dei risultati e quelli relativi alla responsabilità disciplinare, anche per quanto
riguarda gli esiti delle stesse. La responsabilità disciplinare attiene alla violazione degli
obblighi di comportamento, secondo i principi e le modalità di cui al presente CCPL e
resta distinta dalla responsabilità dirigenziale, disciplinata dall’art. 18, l.p. n. 7/1997, che
viene accertata secondo le procedure e mediante gli organismi previsti nell’ambito del
sistema di valutazione di cui agli artt. 85 e segg. del CCPL del 25 settembre 2006 e nel
rispetto della normativa vigente.
3.
Restano ferme le altre fattispecie di responsabilità civile, penale e amministrativa
che hanno distinta e specifica valenza rispetto alla responsabilità disciplinare.
4.
I dirigenti si conformano al codice di comportamento adottato dall’Azienda
provinciale per i servizi sanitari con deliberazione del Direttore generale n. 494 di data 30
dicembre 2014.
Art. 2
Obblighi del dirigente
1.
Il dirigente conforma la sua condotta al dovere costituzionale di agire con impegno
e responsabilità e di rispettare i principi di buon andamento, imparzialità e trasparenza
dell'attività amministrativa, nonché quelli di leale collaborazione, di diligenza e fedeltà di
cui agli artt. 2104 e 2105 del codice civile, nel rispetto della legge e dell'interesse pubblico.
2.
Il comportamento del dirigente è improntato al perseguimento degli obiettivi di
innovazione e di miglioramento dell’organizzazione dell’Azienda e di conseguimento di
elevati standard di efficienza ed efficacia delle attività e dei servizi istituzionali, nella
primaria considerazione delle esigenze dei cittadini utenti.
3.
Ai dirigenti spetta l'adozione degli atti e provvedimenti amministrativi, compresi tutti
gli atti che impegnano l'ente verso l'esterno, nonché la gestione finanziaria, tecnica e
amministrativa mediante autonomi poteri di spesa, di organizzazione delle risorse umane,
strumentali e di controllo. Essi sono responsabili in via esclusiva dell'attività
amministrativa, della gestione e dei relativi risultati, secondo quanto previsto dall’art. 18,
l.p. n. 7/1997.
4.
In tale specifico contesto, tenuto conto dell'esigenza di garantire la migliore qualità
del servizio, il dirigente deve in particolare:
a) assicurare il rispetto della legge, nonché l’osservanza delle direttive generali e di quelle
impartite dall’Azienda e perseguire direttamente l’interesse pubblico nell’espletamento dei
propri compiti e nei comportamenti che sono posti in essere dando conto dei risultati
conseguiti e degli obiettivi raggiunti;
b) non utilizzare a fini privati le informazioni di cui disponga per ragioni d'ufficio;
c) nello svolgimento della propria attività, stabilire un rapporto di fiducia e di collaborazione
nei rapporti interpersonali con gli utenti, nonché all’interno dell’Azienda con gli altri dirigenti
e con gli addetti alla struttura, mantenendo una condotta uniformata a principi di
correttezza e astenendosi da comportamenti lesivi della dignità della persona o che,
comunque, possono nuocere all’immagine dell’Azienda;
d) nell’ambito della propria attività, mantenere un comportamento conforme al ruolo di
dirigente pubblico, organizzando ed assicurando il tempo di lavoro e la presenza in
servizio correlata alle esigenze della struttura ed all’espletamento dell’incarico affidato;
e) astenersi dal partecipare, nell’espletamento delle proprie funzioni, all'adozione di
decisioni o ad attività che possano coinvolgere direttamente o indirettamente interessi
finanziari o non finanziari propri, del coniuge, dei parenti e degli affini fino al quarto grado
e dei conviventi;
f) sovrintendere, nell’esercizio del proprio potere direttivo, al corretto espletamento
dell’attività del personale, anche di livello dirigenziale, assegnato alla struttura, nonché al
rispetto delle norme del codice di comportamento e disciplinare, ivi compresa l’attivazione
dell’azione disciplinare, secondo le disposizioni vigenti;
g) informare l’Azienda di essere stato rinviato a giudizio o che nei suoi confronti è
esercitata l’azione penale nonché dei successivi sviluppi del procedimento penale;
h) astenersi dal chiedere e dall’accettare omaggi o trattamenti di favore, se non nei limiti
delle normali relazioni di cortesia e salvo quelli d’uso, purché di modico valore.
5.
Il dirigente è tenuto comunque ad assicurare il rispetto delle norme vigenti in
materia di segreto d’ufficio, riservatezza e protezione dei dati personali, trasparenza ed
accesso all’attività amministrativa, informazione all’utenza, autocertificazione, nonché
protezione dagli infortuni e sicurezza sul lavoro.
Art. 3
Sanzioni e procedure disciplinari
1. Le violazioni, da parte dei dirigenti, degli obblighi disciplinati nell’art. 2 secondo la
gravità dell’infrazione ed in relazione a quanto previsto dal presente contratto danno luogo
all’applicazione delle seguenti sanzioni:
a. sanzione pecuniaria da un minimo di € 200,00 ad un massimo di € 500,00;
b. sospensione dal servizio con privazione della retribuzione;
c. licenziamento con preavviso;
d. licenziamento senza preavviso.
2.
Il soggetto competente per l’espletamento del procedimento disciplinare e
l’irrogazione della sanzione è individuato nel Direttore generale dell’Azienda, che si avvale
dell’ufficio competente per i procedimenti disciplinari.
3.
Il responsabile, con qualifica dirigenziale, della struttura in cui il dirigente lavora,
entro 5 giorni dalla notizia, segnala al soggetto competente, indicando la data di relativa
acquisizione, i fatti da contestare al dirigente, opportunamente circostanziati e
documentati, per l’istruzione del procedimento disciplinare. In caso di mancata
segnalazione entro il termine predetto si darà corso all’accertamento della responsabilità
del soggetto tenuto alla comunicazione.
4.
Salvo il caso di archiviazione della segnalazione per manifesta infondatezza degli
addebiti, inesistenza dei fatti addebitati o carenza dei presupposti, il soggetto competente
procede alla contestazione scritta dell’addebito, che deve basarsi su riscontri obiettivi,
entro 40 giorni dalla data di ricezione della segnalazione del responsabile ovvero dalla
data in cui abbia altrimenti acquisito la notizia dell’avvenuta infrazione. A seguito della
contestazione dell’addebito, il dirigente interessato è convocato, per iscritto e con un
preavviso di almeno 20 giorni, per l’audizione.
5.
Il dirigente può farsi assistere da un procuratore o da un rappresentante
dell’associazione sindacale cui egli aderisce o conferisce mandato. Ove il dirigente, in
caso di grave ed oggettivo impedimento, tempestivamente comunicato, non possa essere
presente all’audizione, lo stesso, entro il termine fissato dal soggetto competente, può
tempestivamente chiedere un rinvio. Il dirigente che non intenda presentarsi all’audizione
può inviare una memoria scritta con le proprie controdeduzioni entro il giorno stabilito per
l’audizione.
6.
Il soggetto competente, sulla base degli accertamenti effettuati e delle
controdeduzioni addotte dal dirigente interessato in sede di audizione o nelle proprie
memorie, irroga la sanzione applicabile nel rispetto dei principi e criteri di cui all’art. 4. Nel
caso in cui sia accertata l’infondatezza o l’irrilevanza degli addebiti ovvero l’inesistenza dei
fatti a fondamento degli stessi, il soggetto competente dispone motivatamente
l’archiviazione del procedimento, dandone tempestiva comunicazione all’interessato. In
ogni caso il procedimento disciplinare si conclude entro 120 giorni dalla data di prima
acquisizione della notizia dell’infrazione, anche se avvenuta da parte del dirigente
generale.
7.
Qualora, per grave e oggettivo impedimento del dirigente, si sia verificato un
differimento superiore ai 10 giorni del termine fissato per l’audizione, il termine per la
conclusione del procedimento disciplinare è prorogato in misura corrispondente al
differimento. Il differimento può essere disposto per non più di due volte nell’ambito dello
stesso procedimento disciplinare.
8.
La violazione dei termini previsti dal presente articolo, ad eccezione di quello
indicato al comma 3, comporta, per l’Azienda, la decadenza dall’azione disciplinare,
ovvero, per il dirigente, la decadenza dall’esercizio del diritto di difesa.
9.
Nell’ambito del procedimento disciplinare, le comunicazioni destinate al dirigente
sono effettuate tramite la posta elettronica certificata, se il dirigente dispone di idonea
casella di posta, la consegna a mano, ovvero tramite l’utilizzo di un numero fax, di cui egli
o il suo procuratore abbia la disponibilità, per le comunicazioni successive alla
contestazione d’addebito o, infine, attraverso la raccomandata postale con ricevuta di
ritorno.
10.
Al dirigente o, su espressa delega al suo difensore, è consentito l'accesso a tutti gli
atti istruttori riguardanti il procedimento a suo carico. Si applicano, in quanto compatibili, le
disposizioni sul diritto di accesso ai documenti amministrativi di cui alla l.p. n. 23/1992 e
relativo regolamento di attuazione.
11.
Nel corso dell’istruttoria, il soggetto competente può acquisire da altre
amministrazioni pubbliche informazioni o documenti rilevanti per la definizione del
procedimento. La predetta attività istruttoria non determina la sospensione del
procedimento né il differimento dei relativi termini.
12.
Non può tenersi conto delle sanzioni disciplinari decorsi due anni dalla loro
applicazione.
13.
I provvedimenti di cui al comma 1 non sollevano il dirigente da eventuali altre
responsabilità nelle quali egli sia incorso.
14.
In caso di dimissioni del dirigente, se per l’infrazione commessa è prevista la
sanzione del licenziamento o se comunque è stata disposta la sospensione cautelare dal
servizio, il procedimento disciplinare ha egualmente corso secondo le disposizioni del
presente articolo e le determinazioni conclusive sono assunte ai fini degli effetti giuridici
non preclusi dalla cessazione del rapporto di lavoro.
15.
In caso di trasferimento del dirigente, a qualunque titolo, in altra amministrazione
pubblica, il procedimento disciplinare è avviato o concluso o la sanzione è applicata
presso l’amministrazione di destinazione. In tali casi i termini per la contestazione
dell’addebito o per la conclusione del procedimento, se ancora pendenti, sono interrotti e
riprendono a decorrere dalla data del trasferimento.
Art. 4
Codice disciplinare
1.
Nel rispetto del principio di gradualità e proporzionalità delle sanzioni, in relazione
alla gravità della mancanza, il tipo e l'entità di ciascuna delle sanzioni sono determinati in
relazione ai seguenti criteri generali:
a. intenzionalità del comportamento, grado di negligenza, imprudenza o imperizia
dimostrate, tenuto conto anche della prevedibilità dell'evento;
b. rilevanza degli obblighi violati;
c. responsabilità connesse con l’incarico dirigenziale ricoperto;
d. gravità della lesione del prestigio dell’Azienda nonché di ulteriori danni o pericoli causati
all'Azienda, agli utenti e a terzi ovvero del disservizio determinatosi;
e. sussistenza di circostanze aggravanti o attenuanti, con particolare riguardo al
comportamento del dirigente, ai precedenti disciplinari nell'ambito del biennio previsto
dalla legge, al comportamento verso gli utenti;
f. concorso nella mancanza di più persone in accordo tra di loro.
2.
La recidiva nelle mancanze previste ai commi da 4 a 8, già sanzionate nel biennio
di riferimento, anche se trattasi di infrazioni disciplinari non della stessa natura, comporta
una sanzione di maggiore gravità tra quelle previste nell'ambito dei medesimi commi.
3.
Al dirigente responsabile di più mancanze compiute con unica azione od omissione
o con più azioni od omissioni tra loro collegate ed accertate con un unico procedimento, è
applicabile la sanzione prevista per la mancanza più grave se le suddette infrazioni sono
punite con sanzioni di diversa gravità.
4.
La sanzione disciplinare pecuniaria da un minimo di € 200,00 ad un massimo di €
500,00, si applica, graduando l’entità della stessa in relazione ai criteri del comma 1, nei
casi di:
a. inosservanza delle direttive, dei provvedimenti e delle disposizioni di servizio, nonché
delle norme che disciplinano il rapporto di lavoro del dirigente e dei propri dipendenti;
b. condotta, negli ambienti di lavoro, non conforme ai principi di correttezza verso i
componenti degli organi di vertice dell’Ente, gli altri dirigenti, i dipendenti o nei confronti
degli utenti o terzi;
c. alterchi negli ambienti di lavoro, anche con utenti o terzi;
d. violazione dell’obbligo di comunicare tempestivamente all’Ente di essere stato rinviato a
giudizio o di avere avuto conoscenza che nei propri confronti è stata esercitata l’azione
penale nonché dei successivi sviluppi del procedimento penale;
e. violazione dell’obbligo di astenersi dal chiedere o accettare, a qualsiasi titolo, compensi,
regali o altre utilità in connessione con l'espletamento delle proprie funzioni o dei compiti
affidati, se non nei limiti delle normali relazioni di cortesia e fatti salvi quelli d’uso, purché
di modico valore;
f. violazione del segreto d'ufficio, così come disciplinato dalle norme dei singoli
ordinamenti ai sensi dell’art. 24 della legge 241/1990 e l.p. n. 23/1992, anche se non ne
sia derivato danno all'Azienda.
L'importo delle ritenute per sanzioni pecuniarie sarà introitato dal bilancio dell'Azienda e
destinato ad attività formative. La sanzione pecuniaria è detratta nella sua somma lorda
dalla retribuzione netta spettante e non riduce gli imponibili previdenziali e fiscali.
5.
La sospensione dal servizio con privazione della retribuzione fino ad un massimo
di quindici giorni si applica per ingiustificato rifiuto, da parte del dirigente a conoscenza,
per ragioni di ufficio o di servizio, di informazioni rilevanti per un procedimento disciplinare
in corso, della collaborazione richiesta dall’autorità disciplinare procedente, anche se di
amministrazione terza rispetto a quella di appartenenza, ovvero per resa di dichiarazioni
false o reticenti.
6.
La sospensione dal servizio con privazione della retribuzione fino ad un massimo di
tre mesi, con la mancata attribuzione della retribuzione di risultato per un importo pari a
quello spettante per il doppio del periodo di durata della sospensione, si applica per:
a) mancato esercizio o decadenza dall’azione disciplinare, dovuti all’omissione o al ritardo,
senza giustificato motivo, di atti del procedimento disciplinare o a valutazioni
sull’insussistenza dell’illecito disciplinare irragionevoli o manifestatamene infondate, in
relazione a condotte aventi oggettiva e palese rilevanza disciplinare;
b) omessa osservanza delle misure volte a prevenire e contrastare le condotte
assenteistiche.
7.
La sospensione dal servizio con privazione della retribuzione da un minimo di tre
giorni fino ad un massimo di tre mesi si applica nel caso di condanna dell’Azienda al
risarcimento del danno derivante dalla violazione, da parte del dirigente, degli obblighi
concernenti la prestazione lavorativa, stabiliti da norme legislative o regolamentari, dal
contratto collettivo o individuale, da atti e provvedimenti dell’Azienda di appartenenza o dai
codici di comportamento ove già non ricorrano i presupposti per l’applicazione di un’altra
sanzione disciplinare.
8.
La sanzione disciplinare della sospensione dal servizio con privazione della
retribuzione da un minimo di 3 giorni fino ad un massimo di sei mesi, si applica,
graduando l’entità della sanzione in relazione ai criteri di cui al comma 1, per:
a) recidiva nel biennio delle mancanze previste nei commi 4, 5, 6 e 7, quando sia stata già
comminata la sanzione massima oppure quando le mancanze previste dai medesimi
commi si caratterizzano per una particolare gravità;
b) minacce, ingiurie gravi, calunnie o diffamazioni verso il pubblico, altri dirigenti o
dipendenti ovvero alterchi con vie di fatto negli ambienti di lavoro, anche con utenti;
c) manifestazioni ingiuriose nei confronti dell’Ente salvo che siano espressione della
libertà di pensiero, ai sensi dell’art. 1 della legge n. 300 del 1970;
d) tolleranza di irregolarità in servizio, di atti di indisciplina, di contegno scorretto o di abusi
di particolare gravità da parte del personale dipendente;
e) salvo il caso previsto dal successivo comma 9, lett. aa), assenza ingiustificata dal
servizio o arbitrario abbandono dello stesso; in tali ipotesi l’entità della sanzione è
determinata in relazione alla durata dell’assenza o dell’abbandono del servizio, al
disservizio determinatosi, alla gravità della violazione degli obblighi del dirigente, agli
eventuali danni causati all’ente, agli utenti o ai terzi;
f) occultamento da parte del dirigente di fatti e circostanze relativi ad illecito uso,
manomissione, distrazione o sottrazione di somme o beni di pertinenza dell’Ente o ad
esso affidati;
g) qualsiasi comportamento dal quale sia derivato grave danno all’Ente o a terzi, salvo
quanto previsto dal comma 7;
h) atti o comportamenti aggressivi, ostili e denigratori che assumano forme di violenza
morale o di persecuzione psicologica nei confronti di dirigenti o altri dipendenti;
i) atti, comportamenti o molestie, anche di carattere sessuale, lesivi della dignità della
persona;
l) grave e ripetuta inosservanza dell’obbligo di provvedere entro i termini fissati per
ciascun provvedimento, ai sensi di quanto previsto dall’art. 3, comma 4, della legge
provinciale n. 23 di data 30 novembre 1992.
Il periodo di sospensione inteso quale sanzione disciplinare non è, in ogni caso,
computabile ai fini dell’anzianità di servizio, della progressione giuridica ed economica e
del trattamento di quiescenza e previdenza e riduce proporzionalmente le ferie.
9.
Ferma restando la disciplina in tema di licenziamento per giusta causa o
giustificato motivo, la sanzione disciplinare del licenziamento si applica:
A. con preavviso per:
a) le seguenti ipotesi:
aa) assenza priva di una valida giustificazione per un numero di giorni, anche non
continuativi, superiori a nove nel corso degli ultimi 10 anni, ovvero mancata ripresa del
servizio entro il termine fissato dall’Azienda;
ab) ingiustificato rifiuto del trasferimento disposto dall’Azienda per riconosciute e motivate
esigenze di servizio;
b) recidiva plurima, in una delle mancanze previste ai commi 4, 5, 6, 7 ed 8, anche se di
diversa natura, o recidiva, nel biennio, in una mancanza che abbia già comportato
l’applicazione della sanzione massima di sei mesi di sospensione dal servizio;
B. senza preavviso per:
a) le seguenti ipotesi:
aa) nei casi di cui al comma 4 dell’art. 29 del CCPL 2002/2005 di data 25 settembre 2006,
falsa attestazione, in più di una occasione, di presenza in servizio mediante alterazione
dei sistemi di rilevazione delle presenze o fatti e comportamenti fraudolenti tesi all’elusione
dei sistemi di rilevamento elettronici della presenza e dell’orario o manomissione dei fogli
di presenza o delle risultanze anche cartacee degli stessi. La stessa sanzione si applica
anche nei confronti di chi dolosamente avalli, aiuti o permetta tali atti o comportamenti;
certificazione medica falsa o attestante falsamente uno stato di malattia;
ab) falsità documentali o dichiarative ai fini o nell’occasione dell’instaurazione del rapporto
di lavoro in sede di assunzione ovvero di progressioni di carriera;
ac) reiterazione nell’ambiente di lavoro di gravi condotte aggressive o moleste o
minacciose o ingiuriose o comunque lesive dell’onore e della dignità personale altrui;
ad) condanna penale definitiva con la quale sia stata disposta l’interdizione perpetua dai
pubblici uffici ovvero l’estinzione del rapporto di lavoro, in particolare nelle ipotesi previste
dall’art. 32 quinquies c.p. vale a dire in caso di condanna non inferiore ai tre anni di
reclusione per i delitti di: peculato non momentaneo (art. 314, primo comma c.p.),
concussione (317 c.p.), corruzione (artt. 318, 319 e 320 c.p.), corruzione in atti giudiziari
(319 ter). In tali casi, ai sensi dell’art. 5, c. 4, l. n. 97/2001, dell’estinzione del rapporto di
lavoro è data motivata comunicazione scritta al lavoratore senza il rispetto delle forme
proprie del procedimento disciplinare;
b) commissione di gravi fatti illeciti di rilevanza penale, ivi compresi quelli che possono dar
luogo alla sospensione cautelare in corso di procedimento penale, fatto salvo quanto
previsto dall’art. 6;
c) condanna, anche non passata in giudicato, per delitti e applicazione misure di
prevenzione previsti dall’art. 15, lett. da a) ad f), l. n. 55/1990, dall’art. 94, c. 2, d. lgs. n.
267/2000 nonchè dall’art. 3, comma 1, della legge n. 97 del 2001, vale a dire:
associazione di tipo mafioso (art. 416-bis c.p.); delitto di associazione finalizzata al traffico
illecito di sostanze stupefacenti o psicotrope (art. 4, D.P.R. 309/1990), delitto di cui all’art.
73 del D.P.R. cit. concernente la produzione o il traffico di dette sostanze, delitto
concernente la fabbricazione, l’importazione, l’esportazione, la vendita o cessione,
nonché, se la pena irrogata non sia inferiore a 1 anno, il porto, il trasporto e la detenzione
di armi, munizioni o materie esplodenti nonchè il delitto di favoreggiamento personale o
reale commesso in relazione ai predetti reati; peculato non momentaneo (art. 314, primo
comma c.p.), peculato mediante profitto dell’errore altrui (art. 316 c.p.), malversazione a
danno dello Stato (316-bis), concussione (317 c.p.), corruzione (artt. 318, 319 e 320 c.p.),
corruzione in atti giudiziari (319 ter); delitto non colposo se sia stata inflitta la reclusione di
almeno 2 anni; applicazione di una misura di prevenzione con provvedimento definitivo per
presunta appartenenza ad una delle associazione di cui all’art. 1, l. n. 575/1965 e s.m..;
d) condanna, anche non passata in giudicato, per gravi delitti commessi in servizio;
e) recidiva plurima di sistematici e reiterati atti o comportamenti aggressivi, ostili e
denigratori che assumano anche forme di violenza morale o di persecuzione psicologica
nei confronti di dirigenti o altri dipendenti;
f) recidiva plurima in atti, comportamenti o molestie, anche di carattere sessuale, lesivi
della dignità della persona.
10.
Le mancanze non espressamente previste nei commi da 4 a 8 sono comunque
sanzionate secondo i criteri di cui al comma 1, facendosi riferimento, quanto
all’individuazione dei fatti sanzionabili, agli obblighi dei dirigenti di cui all’art. 2, quanto al
tipo e alla misura delle sanzioni, ai principi desumibili dai commi precedenti.
11.
I commi 3 e 5 dell’art. 67 (recesso dell’Azienda) e l’art. 72 (Procedure di
conciliazione in caso di recesso) del CCPL di data 25 settembre 2006 sono abrogati.
12.
Ai sensi e per gli effetti dell’art. 50, c. 2, l.p. n. 7/1997 e s.m., il codice disciplinare
di cui al presente articolo è pubblicato sul sito istituzionale dell’Azienda.
13.
Il codice disciplinare è pubblicato entro 5 giorni dalla data di stipulazione del
presente Allegato e si applica dal giorno successivo a quello della pubblicazione.
Art. 5
Determinazione concordata della sanzione
1.
La struttura competente in materia di personale e il dirigente, in via conciliativa,
possono procedere alla determinazione concordata della sanzione disciplinare da
applicare fuori dei casi per i quali la legge ed il contratto collettivo prevedono la sanzione
del licenziamento, con o senza preavviso.
2.
La sanzione concordemente determinata in esito alla procedura conciliativa di cui
al comma 1 non può essere di specie diversa da quella prevista dalla legge o dal contratto
collettivo per l’infrazione per la quale si procede e non è soggetta ad impugnazione.
3.
L’autorità disciplinare competente o il dirigente può proporre all’altra parte
l’attivazione della procedura nei cinque giorni successivi alla data fissata per l’audizione
del dirigente. Dalla data della proposta sono sospesi i termini del procedimento
disciplinare. La proposta dell’autorità disciplinare o del dirigente e tutti gli altri atti della
procedura sono comunicati all’altra parte con le modalità di cui all’art. 3.
4.
La proposta di attivazione della procedura deve contenere una sommaria
prospettazione dei fatti, delle risultanze del contraddittorio e la proposta in ordine alla
misura della sanzione ritenuta applicabile nei limiti previsti dal comma 2. La mancata
formulazione della proposta entro il termine di cui al comma 3 comporta la decadenza
delle parti dalla facoltà di attivare ulteriormente la procedura conciliativa.
5.
La disponibilità della controparte ad accettare la procedura conciliativa deve essere
comunicata entro i 5 giorni successivi al ricevimento della proposta, con le modalità di cui
all’art. 3. Nel caso di mancata accettazione entro il suddetto termine, dalla scadenza dello
stesso riprende il decorso dei termini del procedimento disciplinare. La mancata
accettazione comporta la decadenza delle parti dalla possibilità di attivare ulteriormente la
procedura conciliativa.
6.
Ove la proposta di attivazione della procedura conciliativa sia accettata, l’autorità
disciplinare competente convoca nei cinque giorni successivi il dirigente, con l’eventuale
assistenza di un procuratore ovvero di un rappresentante dell’associazione sindacale cui il
lavoratore aderisce o conferisce mandato.
7.
Se la procedura conciliativa ha esito positivo, l’accordo raggiunto è formalizzato in
un apposito verbale sottoscritto dal responsabile dell’ufficio procedente e dal dirigente e la
sanzione concordata dalle parti viene irrogata.
8.
In caso di esito negativo o di mancata comparizione, viene redatto relativo verbale
e la procedura conciliativa si estingue, con conseguente ripresa del decorso dei termini
del procedimento disciplinare.
9.
In ogni caso la procedura conciliativa deve concludersi entro il termine di trenta
giorni dal pervenimento della proposta e comunque precedere l’irrogazione della
sanzione. Fermo restando quanto previsto dai precedenti commi, la scadenza di tale
termine comporta l’estinzione della procedura conciliativa, la decadenza dalla facoltà di
avvalersi ulteriormente della stessa e la ripresa del decorso dei termini del procedimento
disciplinare.
Art. 6
Rapporto tra procedimento disciplinare e procedimento penale
1.
Nel caso vengano commessi in servizio illeciti di rilevanza penale perseguibili
d’ufficio, l’Azienda inizia il procedimento disciplinare e inoltra denuncia penale. L’obbligo di
denunzia penale può emergere anche successivamente, nel corso del procedimento
disciplinare già avviato. Il procedimento disciplinare che abbia ad oggetto, in tutto o in
parte, fatti in relazione ai quali procede l’autorità giudiziaria, è proseguito e concluso
anche in pendenza di procedimento penale. Per le infrazioni di minore gravità, sanzionabili
con la sanzione disciplinare pecuniaria da un minimo di € 200,00 ad un massimo di €
500,00 prevista dal comma 4 dell’art. 4, non è ammessa la sospensione del procedimento.
Per le infrazioni di maggiore gravità l’ufficio competente, nei casi di particolare complessità
dell’accertamento del fatto addebitato al dipendente e quando all’esito dell’istruttoria non
dispone di elementi sufficienti a motivare l’irrogazione della sanzione, può sospendere il
procedimento disciplinare fino al termine di quello penale, salva la possibilità di adottare,
nei confronti del dirigente, i provvedimenti cautelari previsti dall’ordinamento. La
sospensione del procedimento disciplinare si estende agli eventuali fatti di esclusivo rilievo
disciplinare ma connessi ai fatti di rilievo penale.
2.
Se il procedimento disciplinare non sospeso si conclude con l’irrogazione di una
sanzione e, successivamente, il procedimento penale viene definito, anche in sede di
revisione, con una sentenza irrevocabile di assoluzione che riconosce che il fatto
addebitato al dipendente non sussiste o non costituisce illecito penale o che il dipendente
medesimo non lo ha commesso, la struttura procedente, ad istanza di parte da proporsi
entro il termine di decadenza di sei mesi dall’irrevocabilità della pronuncia penale, riapre il
procedimento disciplinare per modificarne o confermarne l’atto conclusivo in relazione
all’esito del giudizio penale.
3.
Nei casi di cui ai commi 1 e 2 il procedimento disciplinare è, rispettivamente,
ripreso o riaperto entro sessanta giorni dalla comunicazione della sentenza
all’amministrazione di appartenenza del dirigente ovvero dalla presentazione, da parte
dell’interessato, dell’istanza di riapertura del procedimento ed è concluso entro centottanta
giorni dalla ripresa o dalla riapertura. E’ dovere del dirigente informare l’Azienda sullo stato
del procedimento penale e sulle condanne riportate. La ripresa o la riapertura del
procedimento disciplinare avvengono mediante il rinnovo della contestazione dell’addebito
salvo il caso di manifesta sussistenza di motivi per disporre l’immediata archiviazione del
procedimento. ll procedimento ripreso o riaperto deve concludersi entro 180 giorni. Ai fini
delle determinazioni conclusive, l’autorità procedente, nel procedimento disciplinare
ripreso o riaperto, applica le disposizioni dell’articolo 653, commi 1 ed 1-bis, del codice di
procedura penale.
4.
Al di fuori dei casi previsti dal precedente comma, laddove sia comunicata
all’Azienda sentenza irrevocabile di condanna per un delitto per il quale sia prevista la
sanzione del licenziamento, l’Azienda, ai sensi dell’art. 5, comma 4, l. n. 97/2001, avvia il
procedimento entro il termine di novanta giorni dalla comunicazione della sentenza. Il
procedimento disciplinare deve concludersi entro 180 giorni da tale termine.
5.
Il dirigente, licenziato per fatti di rilievo penale, rispetto ai quali sia stato
successivamente assolto in sede giudiziaria, anche a seguito di revisione del processo, ha
diritto, laddove il procedimento disciplinare riaperto si concluda con l’archiviazione o con
l’inflizione di una sanzione disciplinare diversa da quella del licenziamento, alla
riammissione in servizio nella medesima sede o, se disponibile, in altra su sua richiesta,
anche in soprannumero, nonché all’affidamento di un incarico di valore equivalente a
quello posseduto all’atto del licenziamento con decorrenza dell'anzianità posseduta all'atto
del licenziamento.
6.
Il dirigente riammesso ha diritto a tutti gli assegni che sarebbero stati corrisposti
nel periodo di licenziamento, tenendo conto anche dell’eventuale periodo di sospensione
antecedente nonché della retribuzione di posizione in godimento all’atto del licenziamento.
In caso di premorienza gli stessi compensi spettano al coniuge o al convivente superstite
e ai figli.
Art. 7
Sospensione cautelare in corso di procedimento disciplinare
1.
L'Azienda, laddove riscontri la necessità di espletare accertamenti su fatti
addebitati al dirigente a titolo di infrazione disciplinare punibili con la sanzione della
sospensione dal servizio e dalla retribuzione o sanzione più grave, può disporre, nel corso
del procedimento disciplinare, l'allontanamento dal lavoro per un periodo di tempo non
superiore a trenta giorni, con conservazione della retribuzione.
2.
Quando il procedimento disciplinare si conclude con la sanzione disciplinare della
sospensione dal servizio con privazione della retribuzione, il periodo dell'allontanamento
cautelativo deve essere computato nella sanzione, ferma restando la privazione della
retribuzione limitata agli effettivi giorni di sospensione irrogati.
3.
Il periodo trascorso in allontanamento cautelativo, escluso quello computato come
sospensione dal servizio, è valutabile agli effetti dell’anzianità di servizio.
Art. 8
Sospensione cautelare per misura restrittiva della libertà personale. Sospensione
facoltativa. Sospensione obbligatoria in pendenza di procedimento penale.
1.
Il dirigente che sia colpito da misura restrittiva della libertà personale è sospeso
d'ufficio dal servizio, con privazione della retribuzione per la durata dello stato di
detenzione o comunque dello stato restrittivo della libertà.
2.
L'Azienda, ai sensi del presente articolo, cessato lo stato di restrizione della libertà
personale, può prolungare il periodo di sospensione del dirigente fino alla sentenza
definitiva alle medesime condizioni del comma 3.
3.
Il dirigente può essere altresì sospeso dal servizio con privazione della
retribuzione, a prescindere dall’avvenuta adozione di provvedimenti restrittivi della libertà
personale, quando sia stato rinviato a giudizio per fatti direttamente attinenti al rapporto di
lavoro o comunque per fatti tali da comportare, se accertati, l'applicazione della sanzione
disciplinare del licenziamento. La sospensione è revocata nel caso di successiva
sentenza, anche non definitiva, di non luogo a procedere, di proscioglimento o di
assoluzione nonché nei casi di cui al comma 10.
4.
Nel caso sia disposto il giudizio per i seguenti reati previsti dall'art. 3, comma 1,
della legge n. 97 del 2001: peculato non momentaneo (art. 314, c. 1 c.p.), concussione
(art. 317 c.p.), corruzione (artt. 318, 319 e 320 c.p.) e corruzione in atti giudiziari (art. 319
ter c.p.), in alternativa alla sospensione obbligatoria dal servizio possono essere applicate
le misure previste dall’art. 3 cit. concernenti il trasferimento ad altra sede o l’attribuzione di
altro incarico. Per i medesimi reati, qualora intervenga sentenza di condanna, si applica
quanto previsto dal successivo comma 5. I provvedimenti sono revocati in caso di
successiva sentenza, anche non definitiva, di non luogo a procedere, di proscioglimento o
di assoluzione nonché nel caso di cui al comma 10. In tali casi il dirigente trasferito o
attributario di altro incarico può essere mantenuto nella nuova sede o nel nuovo incarico
su sua richiesta o per motivate esigenze di servizio.
5.
Fermo restando quanto previsto dai commi da 1 a 4, sussiste l'obbligo di
immediata sospensione dal servizio nel caso di condanna non definitiva o definitiva anche se a pena sospesa, nelle ipotesi previste dalla legge e in particolare per i reati e i
provvedimenti contemplati dall’art. 94, d. lgs. n. 267/2000, vale a dire: peculato non
momentaneo (art. 314, c. 1 c.p.), peculato mediante profitto dell’errore altrui (art. 316
c.p.), malversazione a danno dello Stato (art. 316 bis c.p.), concussione (art. 317 c.p.),
corruzione (artt. 318, 319 e 320 c.p.), corruzione in atti giudiziari (art. 319 ter c.p.), delitto
non colposo per il quale sia stata irrogata la pena non inferiore a 2 anni di reclusione
confermata in appello, applicazione di misura di prevenzione con provvedimento non
definitivo per presunta appartenenza ad una delle associazioni di cui all’art. 1, l. n.
575/1965 e s.m.. La sospensione è revocata nel caso di successiva sentenza, anche non
definitiva, di non luogo a procedere, di proscioglimento o di assoluzione nonché nel caso
di cui al comma 10.
6.
Fermo restando quanto previsto dai commi da 1 a 4, per i seguenti delitti o
provvedimenti previsti dall’art. 15, l. n. 55/1990 e dall’art. 94, d. lgs. n. 267/2000, è
disposta l’immediata sospensione obbligatoria dal servizio solo in caso di condanna
definitiva o provvedimento per: associazione di tipo mafioso (art. 416-bis c.p.); delitto di
associazione finalizzata al traffico illecito di sostanze stupefacenti o psicotrope (art. 4,
D.P.R. 309/1990), delitto di cui all’art. 73 del D.P.R. cit. concernente la produzione o il
traffico di dette sostanze, delitto concernente la fabbricazione, l’importazione,
l’esportazione, la vendita o cessione, nonché, se la pena irrogata non sia inferiore a 1
anno, il porto, il trasporto e la detenzione di armi, munizioni o materie esplodenti nonchè il
delitto di favoreggiamento personale o reale commesso in relazione ai predetti reati;
peculato momentaneo (art. 314, secondo comma c.p.), altri delitti commessi con abuso di
poteri o violazione di doveri inerenti a una pubblica funzione o a un pubblico servizio per i
quali sia stata irrogata la pena della reclusione complessivamente superiore a 6 mesi;
delitto non colposo se sia stata inflitta la reclusione di almeno 2 anni; applicazione di
misura di prevenzione, con provvedimento definitivo, per presunta appartenenza ad una
delle associazioni di cui all’art. 1, l. n. 575/1965 e s.m..
7.
Al dirigente sospeso ai sensi dei commi da 1 a 6 sono corrisposti un'indennità
alimentare pari al 50% dello stipendio tabellare, la retribuzione individuale di anzianità o il
maturato economico annuo, ove spettante, e gli assegni del nucleo familiare.
8.
Nel caso di sentenza definitiva di assoluzione o di proscioglimento, quanto
corrisposto nel periodo di sospensione cautelare a titolo di assegno alimentare verrà
conguagliato - tenendo conto delle sanzioni eventualmente applicate - con quanto dovuto
al dirigente se fosse rimasto in servizio, tenendo conto anche della retribuzione di
posizione in godimento all’atto della sospensione.
9.
In caso di condanna penale, ove il procedimento disciplinare si concluda con una
sanzione diversa dal licenziamento, al dirigente precedentemente sospeso quanto
corrisposto nel periodo di sospensione cautelare a titolo di indennità viene conguagliato tenendo conto delle sanzioni eventualmente applicate – con quanto dovuto se fosse stato
in servizio, tenendo conto anche della retribuzione di posizione in godimento all’atto della
sospensione.
10.
Quando vi sia stata sospensione cautelare dal servizio a causa di procedimento
penale, la stessa conserva efficacia, se non revocata, per un periodo di tempo comunque
non superiore a cinque anni o, se inferiore, al tempo di prescrizione del reato. Decorso
tale termine, la sospensione cautelare è revocata e il dirigente è riammesso in servizio. Il
procedimento disciplinare rimane, comunque, sospeso sino all'esito del procedimento
penale. In presenza di reati che comportano, ai sensi del presente contratto, il
licenziamento per giusta causa, laddove l’Azienda ritenga che la permanenza in servizio
del dirigente provochi un pregiudizio alla credibilità della stessa a causa del discredito che
da tale permanenza potrebbe derivarle da parte dei cittadini e/o comunque, per ragioni di
opportunità ed operatività dell’Azienda stessa, può disporre la sospensione dal servizio
oltre il predetto termine, che sarà sottoposta a revisione con cadenza biennale.
11.
Quanto previsto dai precedenti commi si applica, in quanto compatibile, anche nel
caso di esercizio dell’azione disciplinare in pendenza di procedimento penale ai sensi
dell’art. 6. In tale caso la sospensione è disposta fino alla conclusione del procedimento
disciplinare.
Art. 9
Reintegrazione del dirigente illegittimamente licenziato
1.
L’Azienda, a domanda, reintegra in servizio il dirigente illegittimamente o
ingiustificatamente licenziato dalla data della sentenza che ne ha dichiarato l’illegittimità o
la ingiustificatezza, anche in soprannumero nella medesima sede o in altra su sua
richiesta, con il conferimento allo stesso di un incarico di valore equivalente a quello
posseduto all’atto del licenziamento. Al dirigente spetta, inoltre, il trattamento economico
che sarebbe stato corrisposto durante il periodo di licenziamento, anche con riferimento
alla retribuzione di posizione in godimento all’atto del licenziamento stesso.
2.
Qualora, oltre ai fatti che hanno determinato il licenziamento di cui al comma 1,
siano state contestate al dirigente altre violazioni, ovvero nel caso in cui le violazioni siano
rilevanti sotto profili diversi da quelli che hanno portato al licenziamento, il procedimento
disciplinare viene riaperto secondo le procedure previste dalle vigenti disposizioni.”
Art. 10
Indennità sostitutiva della reintegrazione
1.
L’ente o il dirigente possono proporre all’altra parte, in sostituzione della
reintegrazione nel posto di lavoro, di cui all’art. 9 (Reintegrazione del dirigente
illegittimamente licenziato), il pagamento a favore del dirigente dell’indennità
supplementare determinata in relazione alla valutazione dei fatti e delle circostanze
emerse.
2.
L’indennità di cui al comma 1 è compresa tra un minimo, pari al corrispettivo del
preavviso maturato, maggiorato dell'importo equivalente a due mensilità, ed un massimo,
pari al corrispettivo di 24 mensilità.”
3.
L’indennità supplementare di cui al comma 6 è automaticamente aumentata, ove
l’età del dirigente sia compresa fra i 46 e i 56 anni, nelle seguenti misure già previste per
analoghe finalità nel CCPL del 25 settembre 2006:
7 mensilità in corrispondenza del 51^ anno compiuto;
6 mensilità in corrispondenza del 50^ e 52^ anno compiuto;
5 mensilità in corrispondenza del 49^ e 53^ anno compiuto;
4 mensilità in corrispondenza del 48^ e 54^ anno compiuto;
3 mensilità in corrispondenza del 47^ e 55^ anno compiuto;
2 mensilità in corrispondenza del 46^ e 56^ anno compiuto.
4.
Le mensilità di cui ai commi 6 e 7 sono formate dalle voci che costituiscono la
retribuzione individuale mensile di cui all’art. 95, comma 2, lett. c) del CCPL 25 settembre
2006.
5.
Il dirigente che accetti l’indennità supplementare non può successivamente
adire l’autorità giudiziaria o l’arbitro. In tal caso, l’Azienda non può assumere altro dirigente
nel posto precedentemente coperto dal ricorrente, per un periodo corrispondente al
numero di mensilità riconosciute ai sensi dei commi 2 e 3.
6.
Il dirigente che abbia accettato l’indennità supplementare in luogo della
reintegrazione, per un periodo di tempo pari ai mesi cui è correlata la determinazione
dell'indennità supplementare e con decorrenza dalla sentenza definitiva che ha dichiarato
l’illegittimità del licenziamento o la ingiustificatezza del licenziamento, ha facoltà di
presentare domanda di trasferimento ad altra Azienda od ente del comparto che vi abbia
dato assenso, senza obbligo di preavviso. Qualora si realizzi il trasferimento ad altra
Azienda, il dirigente ha diritto ad un numero di mensilità risarcitorie pari al solo periodo
non lavorato.
7.
La presente disciplina trova applicazione dalla data di definitiva sottoscrizione del
presente allegato.
Art. 11
Successione di norme in materia disciplinare
1.
In caso di successione di norme contrattuali in materia di procedimento e di
responsabilità disciplinare, si applicano, se non diversamente disposto, i seguenti principi:
1. i procedimenti disciplinari già avviati alla data di entrata in vigore della nuova disciplina
proseguono secondo le norme procedurali e i termini vigenti al momento dell’avvio del
procedimento;
2.
non è sanzionabile il fatto non previsto quale infrazione disciplinare al tempo in cui
è stato commesso;
3.
in pendenza di procedimento disciplinare si applicano le norme precettive e
sanzionatorie modificative sopravvenute rispetto alla commissione dell’illecito disciplinare
se più favorevoli all’incolpato;
4.
in caso di sopravvenuta soppressione di una infrazione disciplinare posteriormente
all’inflizione della sanzione, non si dà luogo all’esecuzione della stessa che, se ancora in
corso, è interrotta. Cessano altresì gli ulteriori effetti accessori della sanzione nell’ambito
del rapporto di lavoro previsti dalla normativa vigente.
Allegato 3)
CODICE DI COMPORTAMENTO
(adottato con del. Direttore generale dell’Azienda n. 494 dd. 30.12.2014 –
sostituisce l’Allegato B) al CCPL 25.9.2006)
Art. 1
Disposizioni di carattere generale
Regole generali
1. Il presente Codice di comportamento, di seguito denominato "Codice", definisce, ai fini
dell'articolo 54 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, i doveri minimi di diligenza,
lealtà, imparzialità e buona condotta che i pubblici dipendenti sono tenuti ad osservare.
Regole integrative
2. La struttura del presente Codice comprende il testo approvato con DPR n. 62/2013 che
viene riportato in forma integrale e senza modifiche anche laddove vi siano minime
dissonanze logiche, le Linee guida in materia di codici di comportamento della Autorità
Nazionale Anticorruzione e per la valutazione e la trasparenza delle amministrazioni
pubbliche, di cui alla Delibera n. 75 del 7.11.2013, e le integrazioni e le specificazioni
introdotte in sede aziendale.
3. Il Codice rappresenta una delle misure ed azioni principali di attuazione delle strategie
di prevenzione della corruzione a livello decentrato, secondo quanto indicato dal Piano
Nazionale Anticorruzione, approvato dall’Autorità Nazionale Anticorruzione (A.N.A.C.) con
deliberazione n.72/2013.
4. Il presente Codice è elemento essenziale del Piano Triennale per la Prevenzione della
Corruzione dell’Azienda provinciale per i servizi sanitari della Provincia Autonoma di
Trento (di seguito Apss).
5. I doveri indicati al comma 1 devono essere osservati dai dipendenti dell’Apss e dai
soggetti indicati all’art. 2 affinché siano garantiti il perseguimento e la realizzazione della
missione dichiarata nel Regolamento di Organizzazione.
6. A tal fine il presente Codice recepisce integralmente, i principi e le regole contenuti nei
vigenti Regolamenti aziendali e nei Codici deontologici di tutte le professioni presenti in
Azienda, dalla cui osservanza non si può prescindere nell’esercizio della professione.
7. I Contratti collettivi provvedono, a norma dell’art. 46, comma 7, della Legge provinciale
3 aprile 1997, n. 7, al recepimento del presente Codice di comportamento. Restano ferme
le disposizioni riguardanti le altre forme di responsabilità dei pubblici dipendenti.
Art. 2
Ambito di applicazione
Regole generali
1. Il presente Codice si applica ai dipendenti delle pubbliche amministrazioni di cui
all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, il cui rapporto di
lavoro è disciplinato in base all'articolo 2, commi 2 e 3, del medesimo decreto.
2. Fermo restando quanto previsto dall'articolo 54, comma 4, del decreto legislativo 30
marzo 2001, n. 165, le norme contenute nel presente Codice costituiscono principi di
comportamento per le restanti categorie di personale di cui all'articolo 3 del citato decreto
n. 165 del 2001, in quanto compatibili con le disposizioni dei rispettivi ordinamenti.
3. Le pubbliche amministrazioni di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo n.165
del 2001 estendono, per quanto compatibili, gli obblighi di condotta previsti dal presente
Codice a tutti i collaboratori o consulenti, con qualsiasi tipologia di contratto o incarico e a
qualsiasi titolo, ai titolari di organi e di incarichi negli uffici di diretta collaborazione delle
autorità politiche, nonché nei confronti dei collaboratori a qualsiasi titolo di imprese
fornitrici di beni o servizi o che realizzano opere in favore dell'amministrazione. A tale fine,
negli atti di incarico o nei contratti di acquisizioni delle collaborazioni, delle consulenze o
dei servizi, le amministrazioni inseriscono apposite disposizioni o clausole di risoluzione o
decadenza del rapporto in caso di violazione degli obblighi derivanti dal presente Codice.
Regole integrative
4. Il Codice reca i principi guida del comportamento dei dipendenti e dei soggetti che a
diverso titolo operano presso l’Apss e specifica i doveri cui sono tenuti.
5. L’attività dei soggetti che a diverso titolo operano nell’Apss deve essere conforme alla
posizione di autonomia e indipendenza riconosciuta nell’organizzazione, ai principi di
imparzialità e trasparenza dell’attività amministrativa, nonché al rispetto degli obblighi di
riservatezza.
6. Il Codice è disponibile sul sito istituzionale dell’APSS. Per i neo assunti o nel caso di
affidamento di incarichi e collaborazioni il Servizio/U.O. procedente deve indicare nella
comunicazione di assunzione o affidamento il link al Codice con l’obbligo di prenderne
visione da confermare, successivamente, al momento della firma del contratto, con
sottoscrizione e accettazione.
7. Le disposizioni del presente Codice si applicano, salva diversa espressa futura
previsione, al Direttore Generale, ai Direttori Amministrativo, Sanitario, e dell’Integrazione
Socio Sanitaria, al Presidente ed ai componenti del Collegio Sindacale.
8. Le disposizioni del presente Codice si applicano, per quanto compatibili, ai collaboratori
e consulenti incaricati dall’Azienda e, comunque, al personale che
presta la propria attività a vario titolo (es. i c.d. lavoratori somministrati) i quali devono
prenderne visione secondo quanto indicato al precedente comma 6. Il Servizio/U.O.
procedente è tenuto ad inserire nell’atto di conferimento dell’incarico apposita disposizione
sul rispetto degli obblighi derivanti dal Codice nonché la clausola di risoluzione del
rapporto in caso di violazione degli stessi.
9. Le disposizioni del presente Codice si applicano, per quanto compatibili, ai dipendenti e
collaboratori a qualsiasi titolo di imprese che forniscono beni o prestano servizi o
realizzano opere in favore dell’Apss. A tal fine i Servizi e le UU.OO. che
affidano lavori, servizi, forniture sono tenuti ad inserire apposite disposizioni nei testi dei
bandi e dei contratti o di altra documentazione relativa, rispetto all’obbligo dell’osservanza
del Codice (indicando il link al sito istituzionale) e ad inserire la clausola che, in caso di
violazione, saranno applicate le sanzioni graduate a seconda della gravità, che possono
arrivare sino alla risoluzione contrattuale.
10. Le norme contenute nel Codice di comportamento aziendale si estendono altresì a
tutti coloro che operano in azienda a vario titolo in qualità di medici in formazione
specialistica, tirocinanti, titolari di borse di studio, specialisti convenzionati,personale
comandato, personale di strutture sanitarie esterne sulla base di convenzioni, stagisti,
volontari e frequentatori.
11. In prima applicazione le norme del Codice non estendono la loro efficacia nei confronti
dei Medici di Medicina Generale, Pediatri di Libera scelta, Medici di Continuità
Assistenziale.
12. Le presenti disposizioni potranno a regime essere confermate o modificate in
presenza di direttive specifiche dell’Autorità Nazionale Anticorruzione.
Art. 3
Principi generali
Regole generali
1. Il dipendente osserva la Costituzione, servendo la Nazione con disciplina ed onore e
conformando la propria condotta ai principi di buon andamento e imparzialità dell'azione
amministrativa. Il dipendente svolge i propri compiti nel rispetto della legge, perseguendo
l'interesse pubblico senza abusare della posizione o dei poteri di cui è titolare.
2. Il dipendente rispetta altresì i principi di integrità, correttezza, buona fede,
proporzionalità, obiettività, trasparenza, equità e ragionevolezza e agisce in posizione di
indipendenza e imparzialità, astenendosi in caso di conflitto di interessi.
3. Il dipendente non usa a fini privati le informazioni di cui dispone per ragioni di ufficio,
evita situazioni e comportamenti che possano ostacolare il corretto adempimento dei
compiti o nuocere agli interessi o all'immagine della pubblica amministrazione.
Prerogative e poteri pubblici sono esercitati unicamente per le finalità di interesse
generale per le quali sono stati conferiti.
4. Il dipendente esercita i propri compiti orientando l'azione amministrativa alla massima
economicità, efficienza ed efficacia. La gestione di risorse pubbliche ai fini dello
svolgimento delle attività amministrative deve seguire una logica di contenimento dei costi,
che non pregiudichi la qualità dei risultati.
5. Nei rapporti con i destinatari dell'azione amministrativa, il dipendente assicura la piena
parità di trattamento a parità di condizioni, astenendosi, altresì, da azioni arbitrarie che
abbiano effetti negativi sui destinatari dell'azione amministrativa o che comportino
discriminazioni basate su sesso, nazionalità, origine etnica, caratteristiche genetiche,
lingua, religione o credo, convinzioni personali o politiche, appartenenza a una minoranza
nazionale, disabilità, condizioni sociali o di salute, età e orientamento sessuale o su altri
diversi fattori.
6. Il dipendente dimostra la massima disponibilità e collaborazione nei rapporti con le altre
pubbliche amministrazioni, assicurando lo scambio e la trasmissione delle informazioni e
dei dati in qualsiasi forma anche telematica, nel rispetto della normativa vigente.
Regole integrative
7. Tutti i dipendenti e i soggetti indicati al precedente art. 2 sono tenuti ad osservare
norme, misure ed azioni indirizzate a prevenire il rischio di corruzione, contenute nel Piano
Triennale per la Prevenzione della Corruzione, nel Programma Triennale per la
Trasparenza e l’Integrità, nel presente Codice ovvero in altri atti e documenti aziendali
emanati in attuazione dei predetti documenti. A tal fine l’Azienda si impegna a garantire la
massima diffusione, a fornire adeguati strumenti di informazione e ad attivare idonee
azioni di formazione.
8. Tutti i dipendenti e i soggetti indicati al precedente art. 2 nell’esercizio delle proprie
funzioni, delle attività affidate e in relazione al ruolo ricoperto, si attengono ai seguenti
principi, per altro non esaustivi:
a. rispetto delle norme contenute nei rispettivi Codici Deontologici delle professioni
presenti in Azienda;
b. osservanza delle regole finalizzate alla correttezza ed ammissibilità etica e scientifica,
nonché trasparenza in tutte le fasi, delle attività di ricerca;
c. attuazione dei fini istituzionali di tutela e promozione della salute degli individui e della
collettività, nel rispetto dei principi generali di uguaglianza e pari dignità umana;
d. perseguire la funzione di “servizio al cittadino”, anche tramite l’ascolto delle istanze di
privati ed organizzazioni, in un’ottica di promozione della qualità dei servizi offerti.
9. I rapporti con i cittadini utenti devono tendere alla qualità del servizio in conformità alla
Carta dei servizi e nel rispetto degli impegni assunti nella medesima.
10. Nei rapporti con i cittadini utenti ciascun operatore si attiene ai principi della solidarietà
umana, dell’accoglienza e della umanizzazione dell’assistenza, ed evita ogni disparità di
trattamento, astenendosi altresì da qualsivoglia discriminazione.
11. I dipendenti ed i collaboratori dell’Apss si impegnano a tutelare la privacy,
assicurando, in particolare, il rispetto della riservatezza nello svolgimento delle attività
sanitarie, nella corrispondenza, nelle relazioni interpersonali tra dipendenti ed in quelle
attinenti la sfera privata e le opinioni espresse.
12. Ogni dipendente, e ogni soggetto indicato all’articolo 2, è tenuto ad astenersi
dall’arrecare danno all’azienda, sia attraverso la indebita appropriazione di beni di
proprietà dell’azienda stessa o ad essa riconducibili, sia attraverso il danneggiamento di
beni aziendali, sia utilizzando beni e spazi aziendali al fine di svolgere attività non
autorizzate.
13. Al fine di procedere alle verifiche campionarie sul rispetto della compatibilità del
rapporto di lavoro con incarichi esterni di cui alla L. 662/96 il dipendente fornisce, ai
competenti Servizi aziendali, copia della propria dichiarazione dei redditi o
autocertificazione di quanto in essa dichiarato.
14. I dipendenti che, negli ultimi tre anni di servizio, hanno esercitato poteri autoritativi o
negoziali non possono svolgere, nei tre anni successivi alla cessazione del rapporto di
pubblico impiego, attività lavorativa o professionale presso i soggetti privati destinatari
dell'attività della pubblica amministrazione svolta attraverso i medesimi poteri. I contratti
conclusi e gli incarichi conferiti in violazione di quanto previsto dal presente comma sono
nulli ed è fatto divieto ai soggetti privati che li hanno conclusi o conferiti di contrattare con
le pubbliche amministrazioni per i successivi tre anni con obbligo di restituzione dei
compensi eventualmente percepiti e accertati ad essi riferiti (comma introdotto dall'art.
1,comma 42, legge n.190/ 2012).
Art. 4
Regali, compensi e altre utilità
Regole generali
1. Il dipendente non chiede, né sollecita, per sé o per altri, regali o altre utilità.
2. Il dipendente non accetta, per sé o per altri, regali o altre utilità, salvo quelli d'uso di
modico valore effettuati occasionalmente nell'ambito delle normali relazioni di cortesia e
nell'ambito delle consuetudini internazionali. In ogni caso, indipendentemente dalla
circostanza che il fatto costituisca reato, il dipendente non chiede, per sé o per altri, regali
o altre utilità, neanche di modico valore a titolo di corrispettivo per compiere o per aver
compiuto un atto del proprio ufficio da soggetti che possano trarre benefici da decisioni o
attività inerenti all'ufficio, né da soggetti nei cui confronti è o sta per essere chiamato a
svolgere o a esercitare attività o potestà proprie dell'ufficio ricoperto.
3. Il dipendente non accetta, per sé o per altri, da un proprio subordinato, direttamente o
indirettamente, regali o altre utilità, salvo quelli d'uso di modico valore. Il dipendente non
offre, direttamente o indirettamente, regali o altre utilità a un proprio sovraordinato, salvo
quelli d'uso di modico valore.
4. I regali e le altre utilità comunque ricevuti fuori dai casi consentiti dal presente articolo, a
cura dello stesso dipendente cui siano pervenuti, sono immediatamente messi a
disposizione dell'Amministrazione per la restituzione o per essere devoluti a fini
istituzionali.
5. Ai fini del presente articolo, per regali o altre utilità di modico valore si intendono quelle
di valore non superiore, in via orientativa, a 150 euro [100 euro annui per Apss], anche
sotto forma di sconto. I codici di comportamento adottati dalle singole amministrazioni
possono prevedere limiti inferiori, anche fino all'esclusione della possibilista di riceverli, in
relazione alle caratteristiche dell'ente e alla tipologia delle mansioni.
6. Il dipendente non accetta incarichi di collaborazione da soggetti privati che abbiano, o
abbiano avuto nel biennio precedente, un interesse economico significativo in decisioni o
attività inerenti all'ufficio di appartenenza.
7. Al fine di preservare il prestigio e l'imparzialità dell'amministrazione, il responsabile
dell'ufficio vigila sulla corretta applicazione del presente articolo.
Regole integrative
8. Tutti i dipendenti e i soggetti indicati al precedente art. 2, non chiedono, non accettano
per sé o per altri, né offrono regali o altre utilità salvo quelli d’uso di modico valore; in ogni
caso è esclusa e vietata l’accettazione per sé o per altri di somme di denaro per
qualunque importo o regali o altra utilità, anche di modico valore, a titolo di corrispettivo
per l’attività inerente il proprio ufficio.
9. Il modico valore è rideterminato in 100 euro complessivi annui e comunque solo in via
del tutto occasionale e nell’ambito di relazioni di cortesia.
10. il dipendente o il soggetto che a diverso titolo opera nell’Azienda è comunque tenuto a
non accettare e a dare immediata notizia al proprio superiore gerarchico della proposta di
regalo e/o altre utilità che superano il modico valore per valutare la possibilità di
accettazione da parte dell’Amministrazione secondo la procedura aziendale sulle
donazioni, lasciti ed eredità (Delibera D.G. 50/2014).
11. Le donazioni in denaro di valore inferiore a € 500,00 possono essere versate
direttamente sul conto della banca tesoriere dell’APSS indicando causale ed
eventualmente la destinazione vincolata (es. ad un reparto o uno scopo).
12. Il dipendente non può svolgere incarichi di collaborazione anche gratuiti se conferiti da
soggetti privati che abbiano, o che abbiano avuto nel biennio precedente, un interesse
economico superiore a 30.000,00 euro in decisioni o attività inerenti all’ufficio di
appartenenza.
13. Stante l’esclusività del rapporto presso l’Apss, per lo svolgimento di incarichi e attività
esterni i dipendenti devono far riferimento al “Regolamento in materia di autorizzazione
allo svolgimento di attività ed incarichi compatibili con il rapporto di lavoro presso l’APSS”
disponibile in intranet.
Art. 5
Partecipazione ad associazioni e organizzazioni
Regole generali
1. Nel rispetto della disciplina vigente del diritto di associazione, il dipendente comunica
tempestivamente al responsabile dell'ufficio di appartenenza la propria adesione (in caso
di nuova iscrizione) o appartenenza (in caso di adesioni già avvenute) ad associazioni od
organizzazioni, a prescindere dal loro carattere riservato o meno, i cui ambiti di interessi
possano interferire con lo svolgimento dell'attività dell'ufficio. Il presente comma non si
applica all'adesione a partiti politici o a sindacati.
2. Il pubblico dipendente non costringe altri dipendenti ad aderire ad associazioni od
organizzazioni, ne' esercita pressioni a tale fine, promettendo vantaggi o prospettando
svantaggi di carriera.
Regole integrative
3. La comunicazione deve essere effettuata al Responsabile del Servizio amministrazione
della struttura di appartenenza entro 60 giorni dall’approvazione del presente Codice per il
personale già in servizio ovvero entro 60 giorni dalla data di assunzione per i neoassunti.
Nel caso di nuova adesione il dipendente è tenuto a darne comunicazione almeno 30
giorni prima. La comunicazione viene inserita nel fascicolo personale.
4. La comunicazione di cui al comma 1 riguarda l’adesione o appartenenza a qualsiasi
associazione od organizzazione (riservata o meno, esclusa l’adesione a partiti politici o
sindacati) che per ambito d’interesse e tipologia di attività possa interferire con lo
svolgimento dell'attività di servizio presso l’Apss. A titolo esemplificativo, ma non
esaustivo, si citano l’appartenenza o l’assunzione di cariche in organizzazioni o
associazioni operanti in ambito sanitario o socio assistenziale, farmaceutico, scientifico,
tecnico, ecc. che hanno attinenza con il lavoro svolto presso l’APSS.
Art. 6
Comunicazione degli interessi finanziari e conflitti d'interesse
Regole generali
1. Fermi restando gli obblighi di trasparenza previsti da leggi o regolamenti, il dipendente,
all'atto dell'assegnazione all'ufficio, informa per iscritto il dirigente dell'ufficio di tutti i
rapporti, diretti o indiretti, di collaborazione con soggetti privati in qualunque modo retribuiti
che lo stesso abbia o abbia avuto negli ultimi tre anni, precisando:
a) se in prima persona, o suoi parenti o affini entro il secondo grado, il coniuge o il
convivente abbiano ancora rapporti finanziari con il soggetto con cui ha avuto i predetti
rapporti di collaborazione;
b) se tali rapporti siano intercorsi o intercorrano con soggetti che abbiano interessi in
attività o decisioni inerenti all'ufficio, limitatamente alle pratiche a lui affidate.
2. Il dipendente si astiene dal prendere decisioni o svolgere attività inerenti alle sue
mansioni in situazioni di conflitto, anche potenziale, di interessi con interessi personali, del
coniuge, di conviventi, di parenti, di affini entro il secondo grado. Il conflitto può riguardare
interessi di qualsiasi natura, anche non patrimoniali, come quelli derivanti dall'intento di
voler assecondare pressioni politiche, sindacali o dei
superiori gerarchici.
Regole integrative
3. Per conflitto d’interessi reale o potenziale, s’intende qualsiasi relazione intercorrente tra
un dipendente/collaboratore/consulente e soggetti, persone fisiche o giuridiche, non in
grado di garantire l’imparzialità nella decisione o nello svolgimento dell’attività o che generi
pregiudizio per l’Azienda o nei confronti dei soggetti destinatari degli effetti anche indiretti
dell’attività.
4. Entro 60 giorni dalla data di assegnazione al Servizio è tenuto a comunicare al Servizio
Amministrazione della struttura di appartenenza i rapporti di cui al comma 1, intercorsi
negli ultimi tre anni. La comunicazione è inserita nel fascicolo personale del dipendente.
Il dipendente è comunque tenuto a comunicare tempestivamente ogni variazione ed a
fornire tali informazioni anche in caso di assegnazione ad altro Servizio.
5. I Direttori, Dirigenti, il Responsabile del procedimento e i dipendenti degli uffici
competenti ad effettuare ispezioni, controlli e sanzioni o ad adottare pareri, valutazioni,
altri atti intra procedimentali o il provvedimento finale, e comunque tutti i dipendenti,
collaboratori, consulenti, hanno l’obbligo di astenersi in caso di conflitto di interesse e il
dovere di segnalare al proprio responsabile gerarchico ogni situazione di conflitto anche
potenziale.
6. Tutti i dipendenti/collaboratori/consulenti nei loro rapporti esterni con clienti/
fornitori/contraenti e concorrenti, devono curare gli interessi dell’Azienda rispetto ad ogni
altra situazione che possa concretizzare un vantaggio per sé o altri anche di natura non
patrimoniale ed astenersi dal prendere decisioni o svolgere attività inerenti alle proprie
mansioni in situazioni di conflitto, anche potenziale.
7. Tra le situazioni che possono ingenerare conflitti d'interesse sono ricomprese, per i
dipendenti, le attività e gli incarichi extra-istituzionali ai sensi dell’art. 53 del D.Lgs. 165/01
e s.m.i. o del “Regolamento aziendale in materia di autorizzazione allo svolgimento di
attività ed incarichi compatibili con il rapporto di lavoro presso l’APSS” disponibile in
intranet.
8. Non è consentita la partecipazione del dipendente come discente a convegni, attività di
aggiornamento e formazione sponsorizzate da soggetti esterni privati (es. ditte
farmaceutiche, ditte venditrici di prodotti o servizi, ecc.) o con momenti conviviali se l’invito
è nominativo ed è quindi rivolto direttamente ad un dipendente, anche nel caso in cui la
partecipazione venga effettuata a titolo personale (ferie, recupero ore).
La partecipazione deve seguire la procedura stabilita dalle Linee guida operative per la
formazione esterna dell’Apss e dal Piano triennale di prevenzione della corruzione.
9. Non è consentita la partecipazione del dipendente in qualità di relatore e/o docente ad
eventi formativi e divulgativi di qualsiasi genere – retribuiti e non – qualora gli stessi siano
organizzati direttamente da Ditte Farmaceutiche o produttori/distributori di presidi, ausili o
attrezzature medico sanitarie senza l’intervento di provider accreditati ECM o società
scientifiche
Art. 7
Obbligo di astensione
Regole generali
1. Il dipendente si astiene dal partecipare all'adozione di decisioni o ad attività che
possano coinvolgere interessi propri, ovvero di suoi parenti, affini entro il secondo grado,
del coniuge o di conviventi, oppure di persone con le quali abbia rapporti di frequentazione
abituale, ovvero, di soggetti od organizzazioni con cui egli o il coniuge abbia causa
pendente o grave inimicizia o rapporti di credito o debito significativi, ovvero di soggetti od
organizzazioni di cui sia tutore, curatore, procuratore o agente, ovvero di enti, associazioni
anche non riconosciute, comitati, società o stabilimenti di cui sia amministratore o gerente
o dirigente. Il dipendente si astiene in ogni altro caso in cui esistano gravi ragioni di
convenienza.
Sull'astensione decide il responsabile dell'ufficio di appartenenza.
Regole integrative
2. L’obbligo di astensione si applica a tutti i soggetti indicati all’art. 2 di cui sopra.
3. La segnalazione del conflitto deve essere comunicata al direttore della struttura o
servizio di appartenenza, specificando le ragioni e in tempo utile per la trattazione della
pratica o lo svolgimento dell’attività. Il direttore, esaminate le circostanze, valuta se
sussista un conflitto di interesse idoneo a ledere l’imparzialità dell’agire amministrativo e
risponde per iscritto al dipendente sollevandolo dall’incarico o motivando espressamente
le ragioni che consentono comunque l’espletamento dell’attività.
4. Nel caso in cui sia necessario sollevare il dipendente dall’incarico esso dovrà essere
affidato dal direttore ad altro dipendente ovvero, in carenza di dipendenti
professionalmente idonei, il direttore dovrà avocare a sé ogni compito relativo a quel
procedimento. Qualora il conflitto riguardi il direttore a valutare le iniziative da assumere
sarà il responsabile superiore in via gerarchica, secondo gli assetti organizzativi aziendali.
Art. 8
Prevenzione della corruzione
Regole generali
1. Il dipendente rispetta le misure necessarie alla prevenzione degli illeciti
nell'amministrazione. In particolare, il dipendente rispetta le prescrizioni contenute nel
piano per la prevenzione della corruzione, presta la sua collaborazione al Responsabile
della prevenzione della corruzione e, fermo restando l'obbligo di denuncia all'autorità
giudiziaria, segnala al proprio superiore gerarchico eventuali situazioni di illecito
nell'amministrazione di cui sia venuto a conoscenza.
Regole integrative
2. Tutti i dipendenti e tutti i soggetti indicati al precedente art. 2 sono tenuti a conoscere e
a rispettare le norme, misure ed azioni indirizzate a prevenire il rischio di corruzione,
contenute nel Piano Triennale per la Prevenzione della Corruzione Aziendale, nel presente
Codice ovvero in altri atti e documenti aziendali disponibili sul sito istituzionale area
Amministrazione trasparente/altri contenuti-corruzione.
3. Tutti i dipendenti e tutti i soggetti indicati al precedente art. 2 forniscono il proprio
apporto collaborativo al Responsabile della prevenzione della corruzione per l’attuazione
Piano per la prevenzione della corruzione, non solo nella considerazione che l’art.1
comma 14 della legge 190/2012 prevede che “la violazione, da parte dei dipendenti
dell’amministrazione, delle misure di prevenzione previste dal piano costituisce illecito
disciplinare”, ma quale impegno personale nel contribuire a creare un contesto
sfavorevole ai fenomeni corruttivi e per contribuire a garantire il miglior uso delle risorse
della comunità.
4. I dipendenti, i soggetti di cui al precedente art. 2 o qualunque soggetto esterno
segnalano le situazioni di illecito di cui siano venuti a conoscenza, informando il superiore
gerarchico
o
il
Responsabile
della
prevenzione
della
corruzione
([email protected]) secondo quanto previsto dalla “Politica per la promozione e la
tutela delle segnalazioni di rischi e irregolarità nell’interesse pubblico” (disponibile sul sito
istituzionale) che ne garantisce la tutela e la riservatezza.
5. Nel caso in cui le segnalazioni vengano effettuate al superiore gerarchico, lo stesso
provvederà a valutarle con il Responsabile della prevenzione della corruzione.
Qualora dagli accertamenti risulti la fondatezza dei fatti si procederà secondo la normativa
vigente.
6. I dipendenti che ricevono la segnalazione o che per ragioni d’indagini ne vengono a
conoscenza sono tenuti agli obblighi di riservatezza.
7. Le segnalazioni pervenute dall’esterno, anche in forma anonima, sono trasmesse anche
al Responsabile aziendale per la prevenzione della corruzione.
8. Ai fini della tutela del dipendente che effettua segnalazioni di illecito (cd. Whistleblower
o informatore) si applica l’art. 54 bis del decreto legislativo n. 165/2001, introdotto dall’art.
1, comma 51, della legge n. 190/2012, la cui disciplina dei commi 1, 2, 4:
“1- Fuori dei casi di responsabilità a titolo di calunnia o diffamazione, ovvero per lo stesso
titolo ai sensi dell’art. 2043 del Codice civile (risarcimento per fatto illecito), il pubblico
dipendente che denuncia all’autorità giudiziaria o alla Corte dei Conti, ovvero riferisce al
proprio superiore gerarchico condotte illecite di cui sia venuto a conoscenza in ragione del
rapporto di lavoro, non può essere sanzionato, licenziato o sottoposto ad una misura
discriminatoria, diretta o indiretta, avente effetti sulle condizioni di lavoro per motivi
collegati direttamente o indirettamente alla denuncia.
2- Nell’ambito del procedimento disciplinare, l’identità del segnalante non può essere
rivelata, senza il suo consenso, sempre che la contestazione dell’addebito disciplinare sia
fondata su accertamenti distinti e ulteriori rispetto alla segnalazione.
Qualora la contestazione sia fondata, in tutto o in parte, sulla segnalazione, l’identità può
essere rivelata ove la sua conoscenza sia assolutamente indispensabile per la difesa
dell’incolpato.4- La denuncia è sottratta all’accesso previsto dagli artt. 22 e seguenti della
legge n. 241/1990”.
Art. 9
Trasparenza e tracciabilità
Regole generali
1. Il dipendente assicura l'adempimento degli obblighi di trasparenza previsti in capo alle
pubbliche amministrazioni secondo le disposizioni normative vigenti, prestando la
massima collaborazione nell'elaborazione, reperimento e trasmissione dei dati sottoposti
all'obbligo di pubblicazione sul sito istituzionale.
2. La tracciabilità dei processi decisionali adottati dai dipendenti deve essere, in tutti i casi,
garantita attraverso un adeguato supporto documentale, che consenta in ogni momento la
replicabilità.
Regole integrative
3. Il dipendente si informa con diligenza sulle azioni e strumenti contenuti nel Programma
per la trasparenza, assicurando piena collaborazione al Responsabile della Trasparenza ai
fini dell’attuazione del Programma stesso.
4. I dati, le informazioni ed i documenti oggetto di pubblicazione, a fini di trasparenza,
devono essere messi a disposizione in modo preciso e completo e nei tempi previsti,
secondo le indicazioni contenute nel predetto Programma Triennale per la Trasparenza,
dal Responsabile aziendale per la Trasparenza.
5. Ciascun Direttore è tenuto al monitoraggio periodico circa il rispetto dei termini dei
procedimenti di propria competenza e ne dà comunicazione al Responsabile della
Trasparenza.
Art. 10
Comportamento nei rapporti privati
Regole generali
1. Nei rapporti privati, comprese le relazioni extralavorative con pubblici ufficiali
nell'esercizio delle loro funzioni, il dipendente non sfrutta, né menziona la posizione che
ricopre nell'amministrazione per ottenere utilità che non gli spettino e non assume nessun
altro comportamento che possa nuocere all'immagine dell'amministrazione.
Regole integrative
2. Nei rapporti privati, il dipendente non diffonde informazioni né commenta fatti idonei a
ledere l’immagine o l’onorabilità di colleghi, di superiori gerarchici, degli utenti, in generale,
dell’APSS.
3. Il dipendente è tenuto al segreto d’ufficio.
Art. 11
Comportamento in servizio
Regole generali
1. Fermo restando il rispetto dei termini del procedimento amministrativo, il dipendente,
salvo giustificato motivo, non ritarda né adotta comportamenti tali da far ricadere su altri
dipendenti il compimento di attività o l'adozione di decisioni di propria spettanza.
2. Il dipendente utilizza i permessi di astensione dal lavoro, comunque denominati, nel
rispetto delle condizioni previste dalla legge, dai regolamenti e dai contratti collettivi.
3. Il dipendente utilizza il materiale o le attrezzature di cui dispone per ragioni di ufficio e i
servizi telematici e telefonici dell'ufficio nel rispetto dei vincoli posti dall'amministrazione. Il
dipendente utilizza i mezzi di trasporto dell'amministrazione a sua disposizione soltanto
per lo svolgimento dei compiti d'ufficio, astenendosi dal trasportare terzi, se non per motivi
d'ufficio.
Regole integrative
4. Più in generale, il dipendente si attiene alle disposizioni diramate dall’Azienda in merito
all’utilizzo di ogni risorsa messa a disposizione, utilizzabile unicamente per finalità
istituzionali.
5. Il dipendente non accede ad informazioni riservate o dati sensibili (stato di salute, ecc.)
se non per ragioni connesse allo svolgimento dell’attività lavorativa ed esclusivamente
nell’interesse della persona assistita o dell’Apss.
6. Il dipendente osserva ogni accorgimento idoneo a garantire il corretto utilizzo di
materiali, attrezzature e risorse e servizi aziendali garantendo la massima efficienza ed
economicità d’uso.
7. Il dipendente osserva le disposizioni vigenti in materia di rilevazione delle
presenze/assenze. E’ dovere del dipendente utilizzare il lettore badge più vicino alla
propria sede di lavoro all’atto dell’ingresso o uscita dal servizio, fatte salve ipotesi in cui vi
siano ragioni di servizio con specifiche autorizzazioni che consentano di derogare
all’obbligo.
8. Durante l’orario di lavoro non sono consentiti momenti conviviali o celebrativi che non
siano autorizzati dal dirigente o responsabile del Servizio/U.O..
9. In materia di cultura della sicurezza, il dipendente ha l’obbligo di documentarsi e di
adeguare il proprio comportamento agli specifici sistemi aziendali in essere per la gestione
dei rischi e la prevenzione di errori.
10. In particolare si richiama l’osservanza di comportamenti corretti nell’ambito delle
seguenti materie e rischi:
a. salute e sicurezza dei lavoratori/rischio lavorativo;
b. sicurezza dei pazienti/rischio clinico;
c. privacy e sicurezza dei dati/rischio informativo;
d. correttezza amministrativa e contabile/rischio amministrativo e contabile;
e. trasparenza etica e integrità/rischio corruttivo e da conflitti di interesse.
11. Ogni dipendente è tenuto ad osservare norme e disposizioni dell’Azienda e del
dirigente o responsabile del Servizio/U.O. di appartenenza in ragione dell’attività e delle
funzioni cui è chiamato.
12. Ogni dipendente è tenuto a garantire l’affiancamento e il “passaggio di consegne” nei
confronti dei soggetti neo assegnati o indicati dal proprio responsabile al fine di assicurare
il buon andamento e l’efficienza dell’Apss.
13. Ogni sperimentazione o ricerca destinata a svolgersi nell’ambito delle strutture
assistenziali integrate dell’azienda deve avere preventivamente ottenuto il parere
favorevole del Comitato Etico per le sperimentazioni cliniche ai sensi della legislazione
vigente, nonché l’espressa autorizzazione del Direttore del Servizio Farmaceutico, fatto
salvo ogni altro assenso preventivo che sia richiesto dalla normativa vigente. E’ fatto
inoltre obbligo allo sperimentatore responsabile scientifico della sperimentazione clinica,
fornire al Comitato Etico rapporti sullo stato di avanzamento dello studio e garantire che i
documenti originali e altre registrazioni relative alla sperimentazione siano accurati,
completi, costantemente aggiornati e conservati.
Art. 12
Rapporti con il pubblico
Regole generali
1. Il dipendente in rapporto con il pubblico si fa riconoscere attraverso l'esposizione in
modo visibile del badge od altro supporto identificativo messo a disposizione
dall'amministrazione, salvo diverse disposizioni di servizio, anche in considerazione della
sicurezza dei dipendenti, opera con spirito di servizio, correttezza, cortesia e disponibilità
e, nel rispondere alla corrispondenza, a chiamate telefoniche e ai messaggi di posta
elettronica, opera nella maniera più completa e accurata possibile. Qualora non sia
competente per posizione rivestita o per materia, indirizza l'interessato al funzionario o
ufficio competente della medesima amministrazione.
2. Il dipendente, fatte salve le norme sul segreto d'ufficio, fornisce le spiegazioni che gli
siano richieste in ordine al comportamento proprio e di altri dipendenti dell'ufficio dei quali
ha la responsabilità od il coordinamento.
3. Nelle operazioni da svolgersi e nella trattazione delle pratiche il dipendente rispetta,
salvo diverse esigenze di servizio o diverso ordine di priorità stabilito dall'amministrazione,
l'ordine cronologico e non rifiuta prestazioni a cui sia tenuto con motivazioni generiche. Il
dipendente rispetta gli appuntamenti con i cittadini e risponde senza ritardo ai loro reclami.
4. Salvo il diritto di esprimere valutazioni e diffondere informazioni a tutela dei diritti
sindacali, il dipendente si astiene da dichiarazioni pubbliche offensive nei confronti
dell'amministrazione.
5. Il dipendente che svolge la sua attività lavorativa in un'amministrazione che fornisce
servizi al pubblico cura il rispetto degli standard di qualità e di quantità fissati
dall'amministrazione anche nelle apposite carte dei servizi. Il dipendente opera al fine di
assicurare la continuità del servizio, di consentire agli utenti la scelta tra i diversi erogatori
e di fornire loro informazioni sulle modalità di prestazione del servizio e sui livelli di qualità.
6. Il dipendente non assume impegni né anticipa l'esito di decisioni o azioni proprie o altrui
inerenti all'ufficio, al di fuori dei casi consentiti.
7. Fornisce informazioni e notizie relative ad atti od operazioni amministrative, in corso o
conclusi, nelle ipotesi previste dalle disposizioni di legge e regolamentari in materia di
accesso, informando sempre gli interessati della possibilità di avvalersi anche dell'Ufficio
per le relazioni con il pubblico.
8. Rilascia copie ed estratti di atti o documenti secondo la sua competenza, con le
modalità stabilite dalle norme in materia di accesso e dai regolamenti della propria
amministrazione.
9. Il dipendente osserva il segreto d'ufficio e la normativa in materia di tutela e trattamento
dei dati personali e, qualora sia richiesto oralmente di fornire informazioni, atti, documenti
non accessibili tutelati dal segreto d'ufficio o dalle
disposizioni in materia di dati personali, informa il richiedente dei motivi che ostano
all'accoglimento della richiesta. Qualora non sia competente a provvedere in merito alla
richiesta cura, sulla base delle disposizioni interne, che la stessa venga inoltrata all'ufficio
competente della medesima amministrazione.
Regole integrative
10. Il dipendente non divulga informazioni di cui sia a conoscenza per ragioni d’ufficio con
riferimento a qualsiasi ambito, osserva quanto disposto a tutela dell’immagine dell’Azienda
nei regolamenti e disposizioni aziendali, specie in materia di libera professione, gestione
delle liste d’attesa, sperimentazioni cliniche e di rapporti con le società farmaceutiche. Il
dipendente non esprime giudizi o apprezzamenti lesivi riguardo all’attività dell’Azienda.
11. Il dipendente non crea gruppi, pagine, profili o simili riconducibili o riferibili all’Azienda
e non rilascia dichiarazioni o pubblica commenti sui social networks (Facebook, Twitter,
Instagram, ecc.), qualora siano lesivi dell’immagine aziendale
o in violazione del segreto d’ufficio, della riservatezza, della privacy, denigratori nei
confronti di colleghi e/o superiori o in contrasto con le politiche aziendali.
12. La pubblicazione di notizie attinenti l’Azienda sui social network spetta al Servizio
Comunicazione Interna ed Esterna.
13. Inoltre il dipendente è tenuto ad osservare scrupolosamente quanto contenuto in
qualsiasi documento, regolamento o istruzione aziendale a tutela dell’immagine
dell’Azienda, in ogni ambito anche extralavorativo.
14. I rapporti tra l’Azienda e gli organi di informazione spettano al Servizio Comunicazione
interna ed esterna.
15. I dipendenti non possono fornire informazioni né rendere dichiarazioni ai
rappresentanti degli organi di informazione senza l’autorizzazione della Direzione
aziendale, fatto salvo il diritto di esprimere valutazioni e diffondere informazioni a tutela dei
diritti sindacali. In ogni caso, le informazioni e le comunicazioni destinate all’esterno
devono essere accurate, veritiere, complete, trasparenti e osservanti delle norme in
materia di tutela della riservatezza dei dati personali ed in particolar modo quelli di natura
sensibile.
16. E’ obbligo dei dirigenti, con riferimento agli ambiti di rispettiva competenza, segnalare
al responsabile del Servizio Comunicazione interna ed esterna articoli di stampa o
dichiarazioni/comunicazioni sui media che appaiono denigratori dell’organizzazione o
dell’azione dell’Azienda, affinché sia diffusa tempestivamente una risposta con adeguate
precisazioni o chiarimenti.
Art. 13
Disposizioni particolari per i dirigenti
Regole generali
1. Ferma restando l'applicazione delle altre disposizioni del Codice, le norme del presente
articolo si applicano ai dirigenti, ivi compresi i titolari di incarico a tempo determinato,
nonché ai funzionari responsabili di posizione organizzativa.
2. Il dirigente svolge con diligenza le funzioni ad esso spettanti in base all'atto di
conferimento dell'incarico, persegue gli obiettivi assegnati e adotta un comportamento
organizzativo adeguato per l'assolvimento dell'incarico.
3. Il dirigente, prima di assumere le sue funzioni, comunica all'amministrazione le
partecipazioni azionarie e gli altri interessi finanziari che possano porlo in conflitto di
interessi con la funzione pubblica che svolge e dichiara se ha parenti e affini entro il
secondo grado, coniuge o convivente che esercitano attività politiche, professionali o
economiche che li pongano in contatti frequenti con l'ufficio che dovrà dirigere o che siano
coinvolti nelle decisioni o nelle attività inerenti all'ufficio. Il dirigente fornisce le informazioni
sulla propria situazione patrimoniale e le dichiarazioni annuali dei redditi soggetti
all'imposta sui redditi delle persone fisiche previste dalla legge.
4. Il dirigente assume atteggiamenti leali e trasparenti e adotta un comportamento
esemplare e imparziale nei rapporti con i colleghi, i collaboratori e i destinatari dell'azione
amministrativa. Il dirigente cura, altresì, che le risorse assegnate al suo ufficio siano
utilizzate per finalità esclusivamente istituzionali e, in nessun caso, per esigenze personali.
5. Il dirigente cura, compatibilmente con le risorse disponibili, il benessere organizzativo
nella struttura a cui e' preposto, favorendo l'instaurarsi di rapporti cordiali e rispettosi tra i
collaboratori, assume iniziative finalizzate alla circolazione delle informazioni, alla
formazione e all'aggiornamento del personale, all'inclusione e alla valorizzazione delle
differenze di genere, di età e di condizioni personali.
6. Il dirigente assegna l'istruttoria delle pratiche [e/o l’organizzazione delle attività dei
propri collaboratori] sulla base di un'equa ripartizione del carico di lavoro, tenendo conto
delle capacità, delle attitudini e della professionalità del personale a sua disposizione. Il
dirigente affida gli incarichi aggiuntivi in base alla professionalità e, per quanto possibile,
secondo criteri di rotazione.
7. Il dirigente svolge la valutazione del personale assegnato alla struttura cui è preposto
con imparzialità e rispettando le indicazioni ed i tempi prescritti.
8. Il dirigente intraprende con tempestività le iniziative necessarie ove venga a
conoscenza di un illecito, attiva e conclude, se competente, il procedimento disciplinare,
ovvero segnala tempestivamente l'illecito all'autorità disciplinare,
prestando ove richiesta la propria collaborazione e provvede ad inoltrare tempestiva
denuncia all'autorità giudiziaria penale o segnalazione alla corte dei conti per le rispettive
competenze. Nel caso in cui riceva segnalazione di un illecito da parte di un dipendente,
adotta ogni cautela di legge affinché sia tutelato il segnalante e non sia indebitamente
rilevata la sua identità nel procedimento disciplinare, ai sensi dell'articolo 54-bis del
decreto legislativo n. 165 del 2001.
9. Il dirigente, nei limiti delle sue possibilità, evita che notizie non rispondenti al vero
quanto all'organizzazione, all'attività e ai dipendenti pubblici possano diffondersi.
Favorisce la diffusione della conoscenza di buone prassi e buoni esempi al fine di
rafforzare il senso di fiducia nei confronti dell'amministrazione.
Regole integrative
10. La comunicazione dei dati relativi alle partecipazioni azionarie e degli altri interessi
finanziari determinano un conflitto di interesse nel caso in cui siano riferibili ad ambiti di
interesse o a tipologia di attività che possano interferire con lo svolgimento dell'attività di
servizio presso l’Apss. La comunicazione è effettuata per iscritto all’atto dell’assunzione o
del rinnovo dell’incarico al Servizio procedente. Il dirigente è comunque tenuto a
comunicare tempestivamente ogni variazione.
11. In sede di verifiche campionarie di cui alla L. 662/96 sul rispetto della compatibilità del
rapporto di lavoro con incarichi esterni, il dirigente è tenuto a fornire copia delle
dichiarazioni dei redditi e le informazioni complete sulla propria situazione patrimoniale ai
fini del controllo della insussistenza di cause di incompatibilità o di conflitto di interessi.
12. Il dirigente, nell’ambito dei propri compiti di gestione delle risorse, individua il
fabbisogno di personale, beni e servizi in relazione alle effettive esigenze di funzionalità
del servizio al fine di garantire il più elevato livello di qualità, efficacia ed efficienza dello
stesso.
13. Il dirigente valuta il personale assegnato alla propria struttura nel rispetto del principio
del merito e tiene conto ai fini della valutazione anche della diligenza dimostrata nel
rispetto del Codice.
14. Il dirigente ha l’obbligo di osservare e vigilare sul rispetto delle regole in materia di
incompatibilità, cumulo di impieghi e incarichi di lavoro da parte dei propri dipendenti,
anche al fine di evitare pratiche illecite di “doppio lavoro”.
15. Il dirigente, ove venga a conoscenza di una irregolarità o illecito intraprende con
tempestività le iniziative necessarie ai sensi del comma 8. In caso di segnalazioni si
applica quanto integrato nel precedente art.8.
16. Il dirigente, in qualità di responsabile delle risorse pubbliche gestite, deve controllare in
particolare che:
a. l’utilizzo dei permessi di astensione dal lavoro comunque denominati avvenga
effettivamente per le ragioni e nei limiti previsti dalla legge, dai regolamenti e dai contratti
collettivi, evidenziando eventuali deviazioni;
b. la gestione delle presenze/assenze da parte dei rispettivi dipendenti avvenga
correttamente, attivando eventualmente l’azione disciplinare secondo le norme previste;
c. i propri dipendenti utilizzino materiali, attrezzature, servizi e più in generale risorse nella
prospettiva dell’efficienza ed economicità.
17. I dirigenti responsabili di ciascuna unità organizzativa sono tenuti a vigilare circa
l’attuazione e il rispetto delle norme del presente Codice di Comportamento.
18. I dirigenti promuovono e accertano la conoscenza dei contenuti del Codice sia
generale che delle regole integrative, da parte dei dipendenti della propria Struttura.
19. Il rispetto del Codice da parte dei dirigenti, nonché la mancata vigilanza da parte degli
stessi sull’attuazione e rispetto codici presso le unità organizzative di cui sono titolari, è
svolto dal soggetto sovraordinato in sede di assegnazione e valutazione degli obiettivi.
20. Agli incarichi dirigenziali interni ed esterni di struttura complessa o di struttura semplice
a valenza dipartimentale nonché agli incarichi di vertice si applica quanto previsto dal
D.Lgs. 39 dell’8 aprile 2013 “Disposizioni in materia di inconferibilità e incompatibilità di
incarichi presso le pubbliche amministrazioni e presso gli enti privati in controllo pubblico,
a norma dell'articolo 1, commi 49 e 50, della legge 6 novembre 2012, n. 190”.
Art. 14
Contratti ed altri atti negoziali
Regole generali
1. Nella conclusione di accordi e negozi e nella stipulazione di contratti per conto
dell'amministrazione, nonché nella fase di esecuzione degli stessi, il dipendente non
ricorre a mediazione di terzi, né corrisponde o promette ad alcuno utilità a titolo di
intermediazione, ne' per facilitare o aver facilitato la conclusione o l'esecuzione del
contratto. Il presente comma non si applica ai casi in cui l'amministrazione abbia deciso di
ricorrere all'attività di intermediazione professionale.
2. Il dipendente non conclude, per conto dell'amministrazione, contratti di appalto,
fornitura, servizio, finanziamento o assicurazione con imprese con le quali abbia stipulato
contratti a titolo privato o ricevuto altre utilità nel biennio precedente, ad eccezione di quelli
conclusi ai sensi dell'articolo 1342 del Codice civile. Nel caso in cui l'amministrazione
concluda contratti di appalto, fornitura, servizio, finanziamento o assicurazione, con
imprese con le quali il dipendente abbia concluso contratti a titolo privato o ricevuto altre
utilità nel biennio precedente, questi si astiene dal partecipare all'adozione delle decisioni
ed alle attività relative all'esecuzione del contratto, redigendo verbale scritto di tale
astensione da conservare agli atti dell'ufficio.
3. Il dipendente che conclude accordi o negozi ovvero stipula contratti a titolo privato, ad
eccezione di quelli conclusi ai sensi dell'articolo 1342 del Codice civile, con persone
fisiche o giuridiche private con le quali abbia concluso, nel biennio precedente, contratti di
appalto,
fornitura,
servizio,
finanziamento
ed
assicurazione,
per
conto
dell'amministrazione, ne informa per iscritto il dirigente dell'ufficio.
4. Se nelle situazioni di cui ai commi 2 e 3 si trova il dirigente, questi informa per iscritto il
dirigente apicale responsabile della gestione del personale.
5. Il dipendente che riceva, da persone fisiche o giuridiche partecipanti a procedure
negoziali nelle quali sia parte l'amministrazione, rimostranze orali o scritte sull'operato
dell'ufficio o su quello dei propri collaboratori, ne informa immediatamente, di regola per
iscritto, il proprio superiore gerarchico o funzionale.
Regole integrative
6. Tutti i dipendenti, collaboratori o incaricati che nell'esercizio delle funzioni e dei compiti
loro spettanti nell'ambito dell'organizzazione intervengono nei procedimenti relativi ad
appalti, negoziazioni e contratti, compresa l'esecuzione ed il collaudo, in ogni fase, devono
porre in essere i seguenti comportamenti, oltre a quelli già disciplinati dal presente Codice:
a. assicurare la parità di trattamento tra le imprese che vengono in contatto con l’Apss;
perciò astenersi da qualsiasi azione arbitraria che abbia effetti negativi sulle imprese,
nonché da qualsiasi trattamento preferenziale e non rifiutare né accordare ad alcuno
prestazioni o trattamenti che siano normalmente rifiutati o accordati ad altri;
b. mantenere con particolare cura la riservatezza inerente i procedimenti di gara ed i
nominativi dei concorrenti prima della data di scadenza di presentazione delle offerte;
c. nella fase di esecuzione del contratto, la valutazione del rispetto delle condizioni
contrattuali è effettuata con oggettività e deve essere documentata e la relativa
contabilizzazione deve essere conclusa nei tempi stabiliti.
Quando problemi organizzativi o situazioni di particolari carichi di lavoro ostacolino
l'immediato disbrigo delle relative operazioni, ne deve essere data comunicazione al
dirigente responsabile e l'attività deve comunque rispettare l'ordine progressivo di
maturazione del diritto di pagamento da parte di ciascuna impresa.
7. Nei provvedimenti di aggiudicazione o autorizzazione alla stipula dei contratti di cui al
precedente comma 2, il dirigente proponente o competente alla loro adozione attesta
l’insussistenza delle situazioni di incompatibilità previste dal presente articolo.
Art. 15
Vigilanza, monitoraggio e attività formative
Regole generali
1. Ai sensi dell'articolo 54, comma 6, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165,
vigilano sull'applicazione dei codici di comportamento adottati dalle singole
amministrazioni, i dirigenti responsabili di ciascuna struttura, le strutture di controllo
interno e gli uffici di disciplina.
2. Ai fini dell'attività di vigilanza e monitoraggio prevista dal presente articolo, le
amministrazioni si avvalgono dell'ufficio procedimenti disciplinari istituito ai sensi
dell'articolo 55-bis, comma 4, del decreto legislativo n. 165 del 2001 che svolge, altresì, le
funzioni dei comitati o uffici etici eventualmente già istituiti.
3. Le attività svolte ai sensi del presente articolo dall'ufficio procedimenti disciplinari si
conformano alle eventuali previsioni contenute nei piani di prevenzione della corruzione
adottati dalle amministrazioni ai sensi dell'articolo 1, comma 2, della legge 6 novembre
2012, n. 190.
4. L'ufficio procedimenti disciplinari, oltre alle funzioni disciplinari di cui all'articolo 55bis e
seguenti del decreto legislativo n. 165 del 2001, cura l'aggiornamento del Codice di
comportamento dell'amministrazione, l'esame delle segnalazioni di violazione dei codici di
comportamento, la raccolta delle condotte illecite accertate e sanzionate, assicurando le
garanzie di cui all'articolo 54-bis del decreto legislativo n. 165 del 2001. Il responsabile
della prevenzione della corruzione cura la diffusione della conoscenza dei codici di
comportamento nell'amministrazione, il monitoraggio annuale sulla loro attuazione, ai
sensi dell'articolo 54, comma 7, del decreto legislativo n. 165 del 2001, la pubblicazione
sul sito istituzionale e della comunicazione all'Autorità nazionale anticorruzione, di cui
all'articolo 1, comma 2, della legge 6 novembre 2012, n. 190, dei risultati del monitoraggio.
Ai fini dello svolgimento delle attività previste dal presente articolo, l'ufficio procedimenti
disciplinari opera in raccordo con il responsabile della prevenzione di cui all'articolo 1,
comma 7, della legge n. 190 del 2012.
5. Ai fini dell'attivazione del procedimento disciplinare per violazione dei codici di
comportamento, l'ufficio procedimenti disciplinari può chiedere all'Autorità nazionale
anticorruzione parere facoltativo secondo quanto stabilito dall'articolo 1, comma 2, lettera
d), della legge n. 190 del 2012.
6. Al personale delle pubbliche amministrazioni sono rivolte attività formative in materia di
trasparenza e integrità, che consentano ai dipendenti di conseguire una piena conoscenza
dei contenuti del Codice di comportamento, nonché un aggiornamento annuale e
sistematico sulle misure e sulle disposizioni applicabili in tali ambiti.
7. Le Regioni e gli enti locali, definiscono, nell'ambito della propria autonomia
organizzativa, le linee guida necessarie per l'attuazione dei principi di cui al presente
articolo.
8. Dall'attuazione delle disposizioni del presente articolo non devono derivare nuovi o
maggiori oneri a carico della finanza pubblica. Le amministrazioni provvedono agli
adempimenti previsti nell'ambito delle risorse umane, finanziarie, e strumentali disponibili a
legislazione vigente.
Regole integrative
9. L’Apss programma iniziative formative, in materia di integrità, etica e valori e Codice di
comportamento, rivolte a tutti i dipendenti, a cura del Responsabile aziendale della
prevenzione della corruzione in collaborazione con il Servizio di Formazione Aziendale,
fermi restando i compiti dei dirigenti con riguardo alla conoscenza ed applicazione del
presente Codice.
Art. 16
Responsabilità conseguente alla violazione dei doveri del Codice
Regole generali
1. La violazione degli obblighi previsti dal presente Codice integra comportamenti contrari
ai doveri d'ufficio. Ferme restando le ipotesi in cui la violazione delle disposizioni
contenute nel presente Codice, nonché dei doveri e degli obblighi previsti dal piano di
prevenzione della corruzione, dà luogo anche a responsabilità penale, civile,
amministrativa o contabile del pubblico dipendente, essa e' fonte di responsabilità
disciplinare accertata all'esito del procedimento disciplinare, nel rispetto dei principi di
gradualità e proporzionalità delle sanzioni.
2. Ai fini della determinazione del tipo e dell'entità della sanzione disciplinare
concretamente applicabile, la violazione è valutata in ogni singolo caso con riguardo alla
gravità del comportamento e all'entità del pregiudizio, anche morale, derivatone al decoro
o al prestigio dell'amministrazione di appartenenza.
Le sanzioni applicabili sono quelle previste dalla legge, dai regolamenti e dai contratti
collettivi, incluse quelle espulsive che possono essere applicate esclusivamente nei casi,
da valutare in relazione alla gravità, di violazione delle disposizioni di cui agli:
• art. 4 (Regali, compensi ed altre utilità), qualora concorrano la non modicità del valore
del regalo o delle altre utilità' e l'immediata correlazione di questi ultimi con il compimento
di un atto o di un'attività tipici dell'ufficio;
• art. 5 comma 2 (Partecipazioni ad associazioni e organizzazioni);
• art. 14, comma 2, primo periodo (contratti ed altri atti negoziali) valutata ai sensi del
primo periodo. La disposizione di cui al secondo periodo si applica altresì nei casi di
recidiva negli illeciti di cui agli articoli 4, comma 6 (incarichi di collaborazione con privati
che abbiano avuto interessi economici rilevanti con l’Apss), art. 6, comma 2 (astensione in
caso di conflitto di interesse), esclusi i conflitti meramente potenziali, e art. 13 (disposizioni
particolari per i dirigenti), comma 9, primo periodo.
3. I contratti collettivi possono prevedere ulteriori criteri di individuazione delle sanzioni
applicabili in relazione alle tipologie di violazione del presente Codice.
4. Resta ferma la comminazione del licenziamento senza preavviso per i casi già previsti
dalla legge, dai regolamenti e dai contratti collettivi.
5. Restano fermi gli ulteriori obblighi e le conseguenti ipotesi di responsabilità disciplinare
dei pubblici dipendenti previsti da norme di legge, di regolamento o dai contratti collettivi.
Regole integrative
6. Con riferimento al precedente comma 2, primo periodo, la determinazione del tipo ed
entità della sanzione è valutata, in ogni singolo caso, anche con riguardo:
a. alle aree a rischio e ai processi/procedure indicate nel Piano Triennale per la
Prevenzione della Corruzione (a titolo esemplificativo: gestione delle liste d’attesa; agli atti
contrari alle disposizioni in materia di esercizio dell’attività libero professionale; ai rapporti,
a qualsiasi titolo, con le società farmaceutiche, produttrici di dispositivi medici o fornitori di
beni, servizi, lavori; all’attività di reclutamento del personale, ecc.);
b. agli obblighi previsti nel Piano per la Trasparenza.
7. Fermo restando quanto previsto in tema di responsabilità e sanzioni, la violazione delle
regole contenute nel Codice, debitamente accertata dagli organi competenti, può
comportare conseguenze sui sistemi degli incentivi e dei premi previsti nell’ambito della
contrattazione collettiva a favore dei dipendenti.
Art. 17
Disposizioni finali e abrogazioni
Regole generali
1. Le amministrazioni danno la più ampia diffusione al presente decreto, pubblicandolo sul
proprio sito internet istituzionale e nella rete intranet, nonché trasmettendolo tramite e-mail
a tutti i propri dipendenti e ai titolari di contratti di consulenza o collaborazione a qualsiasi
titolo, anche professionale, ai titolari di organi e di incarichi negli uffici di diretta
collaborazione dei vertici politici dell'amministrazione, nonché ai collaboratori a qualsiasi
titolo, anche professionale, di imprese fornitrici di servizi in favore dell'amministrazione.
L'amministrazione, contestualmente alla sottoscrizione del contratto di lavoro o, in
mancanza, all'atto di conferimento dell'incarico, consegna e fa sottoscrivere ai nuovi
assunti, con rapporti comunque denominati, copia del Codice di comportamento.
2. Le amministrazioni danno la più ampia diffusione ai codici di comportamento da
ciascuna definiti ai sensi dell'articolo 54, comma 5, del citato decreto legislativo n. 165 del
2001 secondo le medesime modalità previste dal comma 1 del presente articolo.
3. Il decreto del Ministro per la funzione pubblica in data 28 novembre 2000 recante
"Codice di comportamento dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni",
pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 84 del 10 aprile 2001, e' stato abrogato
espressamente dal DPR n. 62 del 2013.
Regole integrative
4. Ad integrazione del comma 1 l’Apss assicura la massima diffusione del presente Codice
attraverso il periodico aziendale fast news e APSS notizie.
5. I dati e le informazioni forniti dai dipendenti per adempiere alle disposizioni normative
del presente Codice saranno trattati in conformità alle disposizioni del D.Lgs. n. 196/2003.
E’ possibile esercitare i diritti di cui all'art. 7 del citato d.lgs. che prevede, fra gli altri, il
diritto di accesso ai propri dati personali, il diritto di rettificare, aggiornare, completare o
cancellare i dati erronei o incompleti, nonché il diritto di opporsi al trattamento per motivi
legittimi nei confronti del titolare del trattamento.
Titolare del trattamento è l’Azienda Provinciale per i Servizi Sanitari.
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