Iter DL Liberalizzazioni-Addio tariffe professionali, per gli avvocati impatto imminente-Ipsoa.it di Antonio Ciccia, Alessio Ubaldi Con l'abrogazione delle tariffe e con l'obbligo di preventivo scritto, il decreto legge liberalizzazioni del governo Monti e' destinato a produrre forti ripercussioni sul terreno di lavoro dei liberi professionisti e, piu' in particolare, degli avvocati. Specie per quanto concerne l'aspetto finanziario. Diversi sono, infatti, gli interventi che vanno ad incidere sulle modalita' di quantificazione dei corrispettivi dovuti per le prestazioni effettuate dai legali. Entrando nel dettaglio il vero e proprio colpo di spugna sulle tariffe professionali ha già stimolato la fantasia imprenditoriale di chi saluta con favore la riforma. Riecheggiano, infatti, le prime proposte su pubblicità, preziari, offerte sul web per assistenze di ogni tipo piuttosto che partnership con società spiccatamente commerciali per aumentare il giro d'affari dei professionisti. Ma gli ordini insorgono e richiamano l'attenzione dei loro componenti difendendo a spada tratta il contenuto dei codici deontologici. Le disposizioni in tema che pesano maggiormente sono quelle contenute agli artt. 7 e 8 della bozza del decreto legge, rispettivamente rubricati “Disposizioni sulle tariffe professionali” e “Obbligo di comunicazione del preventivo”. Il primo dei citati articoli contiene una dizione chiara: “Sono abrogate tutte le tariffe professionali, sia minime che massime, comprese quelle di cui al capo V, titolo III, legge 16 febbraio 1913, n. 89”. Tutto ciò che segue nei commi successivi non è altro che la specificazione del precetto di apertura. Eliminati tutti i riferimenti alle tariffe professionali, occorre soffermarsi sulla ratio della norma e sugli intenti perseguiti dal legislatore. La norma si prefigge di rendere la contrattazione tra il professionista e il cliente completamente libera. La cancellazione del riferimento a tariffe prestabilite dovrebbe favorire, secondo il governo, lo sviluppo della concorrenza tra i professionisti e, parallelamente, avvantaggiare l'utente, il quale sarebbe maggiormente propenso ad usufruire del servizio. La abrogazione delle tariffe rappresenta una cancellazione dell'effetto normativo delle tariffe stesse; è tuttavia, evidente, che le tabelle riportate nei decreti ministeriali, potranno essere rivestite di una dignità contrattuale, mediante un loro recepimento nel contratto con il cliente. Non è da escludersi, quindi, la possibilità di mantenere le tariffe in vigore tramite accordi contrattuali con il cliente, purchè vi sia stata estrema chiarezza in ordine al fatto che non c'è norma cogente e che quelle tariffe estinte come “norma” rivivono quale “accordo”. Quanto ai risvolti giova, anzitutto, dare atto del nuovo sistema di determinazione della parcella che si verrà a creare in sede processuale. Con l'abrogazione dell'art. 2233 del codice civile (cfr. comma 2 dell'art. 7 della bozza del decreto legge), che regola la determinazione giudiziale del compenso per le attività svolte dal professionista, il parametro di riferimento per la quantificazione della parcella non sarà più quello delle tariffe, e, quindi, occorrerà fare riferimento, innanzi tutto agli usi e in ultima istanza al prudente apprezzamento del giudice degli usi, e cioè all'equità e in assenza della previa acquisizione del parere dell'ordine professionale a cui appartiene il professionista. In altri termini sarà il giudice a decidere, secondo il suo giudizio equitativo, l'ammontare del compenso da riconoscersi al professionista. Il terzo comma dell'art. 7 della bozza in analisi interviene su uno dei capisaldi che da sempre interessano il recupero delle somme per prestazioni professionali. Il decreto ingiuntivo, richiamato dall'art. 636 del codice di rito civile, con l'approvazione della bozza, non necessiterà più del parere della associazione professionale teso a comprovare il giudizio favorevole di quest'ultima sul quantum da recuperare. É chiaro il significato “istituzionale” di un tale precetto: affieviolire il potere di azione degli ordini, che non avrebbero più voce in capitolo, lasciando la determinazione dei compendi alle dinamiche contrattuali o alle dinamiche giudiziali. Il comma quarto dell'art. 7 è circoscritto alla professione notarile. Anche in questo caso, viene declassato il peso della nota degli onorari e snellita la procedura per il recupero. La nota, inoltre, dovrà essere presentata al “giudice competente che decide ai sensi dell'art. 2233 del codice civile”. Anche in questo caso si cancella il riferimento alla liquidazione e all’approvazione della nota da parte del presidente del Consiglio notarile o di una Commissione delegata dal Consiglio stesso. Le altre novità arrivano con l'art. 8 della bozza in esame. Con il primo comma si inserisce l'obbligo della redazione del preventivo per le prestazioni che vengano richieste ai professionisti. Quest'ultimo, è gioco forza sostenerlo, verrà costretto a dotarsi di un preziario, peraltro dai confini incerti. L'attenzione e l'importanza riconosciuta all'innesto normativo traspare dalla seconda parte del comma, laddove si precisa che “la redazione del preventivo è un obbligo deontologico e l'inottemperanza costituisce illecito disciplinare”. Il legislatore ritiene di intervenire anche sul contenuto dello stesso, imponendo al professionista di indicare tutti gli estremi (durata e massimale) della (eventuale) copertura assicurativa, della quale il professionista ha deciso di dotarsi per far fronte agli obblighi risarcitori che potrebbero presentarsi nel corso della sua attività. Il che potrebbe essere un utile strumento idoneo ad incoraggiare tutti i professionisti a dotarsi della citata copertura, aumentando il livello generale di affidabilità degli stessi. Dell'incombente del preventivo vengono sollevati i professionisti che svolgono attività nell'ambito del servizio sanitario nazionale o in convezione con questo. L'articolo 8 chiude, poi, con l'ordine rivolto ai redattori dei codici deontologici di uniformarsi entro il termine di 90 giorni dalla entrata in vigore del (futuro) decreto, apportando le necessarie modifiche. Quanto al preventivo già il codice deontologico forense, all'articolo 40, prevede una sorta di comunicazione, anche se si limita a onerare l'avvocato “se richiesto (di) informare la parte assistita sulle previsioni di massima inerenti alla durata e ai costi presumibili del processo”. È intuitivo che “preventivo” e “costi presumibili” non sono affatto espressioni sinonimiche. Naturalmente l'avvocato cercherà di inserire nel preventivo clausole, che gli consentano di chiedere successive integrazioni. Un'altra tecnica potrebbe essere quella di formulare uno schema di parcella, posta a base del preventivo, così da poter individuare le attività ulteriori, oggetto di separata remunerazione. In ogni caso l''inserimento dell'obbligo del preventivo è necessario, a detta del legislatore, al fine di favorire la trasparenza, la certezza e l'affidabilità del rapporto contrattuale (sotto il profilo economico), che si consuma tra consumatore e professionista. Il professionista, viene, in tal senso gravato di una serie di obblighi informativi (da porre nero su bianco) con la precipua finalità di rendere il più possibile consapevole la scelta del consumatore. Anche in questo caso, l'obiettivo di più ampio respiro, è quello di favorire lo sviluppo del mercato concorrenziale. Occorre, tuttavia, rilevare come, se da una parte viene colmata l'asimmetria informativa tra il consumatore e il professionista, dall'altra ci si dimentica completamente della sovente impossibilità, per il secondo, di quantificare, ab initio, l'esatto ammontare della sua prestazione, specialmente se si parla di mandato a difendere. La lacunosità delle informazioni ricevute dall'assistito, le sopravvenienze processuali e tutte le variabili che condizionano tutte le attività di impresa, generano un'incertezza che difficilmente può essere gestita da un preventivo. Dal che l'introduzione dell'obbligo del preventivo potrebbe addirittura portare i professionisti a stabilire ingenti forfait a scopo precauzionale, neutralizzando le finalità per le quali la norma è stata introdotta con un vero e proprio “effetto boomerang”. Naturalmente gli aspetti molteplici su cui batte il testo del decreto in fieri (determinazione negoziale dei compensi e obbligo di preventivo scritto) sono legate a doppio filo e produrranno effetti diretti e indiretti. Si pensi al tema della pubblicità. Ricordando quanto prescritto dall'articolo 3, comma 5, lettera g) del decreto 138/2011 (la pubblicità informativa, con ogni mezzo, avente ad oggetto i compensi delle prestazioni, e' libera”) non parrebbe sussistere ostacolo normativo a una comunicazione che metta in evidenza costi particolarmente contenuti delle prestazioni. Altro tema su cui riverbererà la innovativa portata del decreto è quello della collaborazione del professionista con società che vendono servizi professionali: non è detto che l'abolizione delle tariffe implichi l'automatica ammissibilità di tali iniziative, anche perchè occorrerà comprendere quanto questa modalità di svolgimento della professione contrasti con i principi generali di “dignità e decoro” (lasciate intatte dalla manovra su tariffe e preventivi).