La Parrocchia e il territorio Proposta del Consiglio Pastorale Diocesano al Sinodo diocesano Premessa L’argomento della parrocchia e della sua relazione al territorio è stato affrontato dal Consiglio Pastorale Diocesano nelle riunioni del I ottobre e del 3 dicembre 2004, del 4 febbraio, dell’11 marzo, del 3 giugno e del 7 ottobre 2005. Lo svolgimento della riflessione non è stato di tipo teoretico sistematico, ma ha voluto porsi in ascolto di coloro che, nella Diocesi di Bergamo, si sono resi protagonisti di esperienze significative di collaborazione e di cooperazione tra persone e realtà operanti in un territorio. Il lavoro svolto ha permesso al Consiglio di acquisire la consapevolezza dell’importanza pastorale assunta dal territorio, inteso come realtà antropologica di fondo per persone e strutture sociali. Esso, infatti, fornisce le condizioni di riferimento per la progettazione e per l’individuazione delle finalità operative ed esistenziali delle persone e quindi è alla base della formazione dell’identità culturale sia a livello personale, sia a livello sociale. Una delle conseguenze di questo lavoro è stata l’introduzione della tematica del territorio nel lavoro del Sinodo Diocesano, in particolare nella determinazione del lavoro della Commissione sinodale n. 1, corrispettivo alle questioni contenute nella scheda n. 1 per le parrocchie. Dopo il lungo lavoro di ascolto delle esperienze è emersa la necessità di operare alcune sintesi, pur parziali, ma necessarie alla riflessione avviata, con la consapevolezza di essere comunque approdati a un risultato parziale e incompleto. Tale frutto, però, si vuole consegnare al vescovo e al lavoro del Sinodo, con la convinzione che in sede sinodale esso troverà puntuale completamento. Il presente documento, approvato dall’assemblea, non intende proporre la creazione di sovrastrutture, ma fornisce orientamenti per valorizzare le diversità e coordinare le attività che provengono dalle diverse forme di vita cristiana esistenti. 1. Interpretazione e lettura critica Le ragioni complessive del superamento dell’autarchia della parrocchia sono da ricercare principalmente nelle mutate condizioni di vita della nostra società e nel profondo cambiamento culturale in atto. Il Sinodo diocesano, ma anche forti pronunciamenti della CEI indicano nella parrocchia un’istituzione forte e centrale, ma bisognosa di profondo ripensamento, che deve prendere le mosse dal cuore stesso della parrocchia, individuato appunto nella missione. La parrocchia esiste per annunciare il Vangelo di Gesù Cristo, inteso non come dottrina da imparare a memoria, ma come evento di salvezza che si traduce nella testimonianza della carità e nella memoria Jesu dell’atto di fede ecclesiale. La dimensione comunitaria e istituzionale della fede è perciò centrale ed essenziale, ma le forme in cui essa si esprime sono da trovare e decidere in forma storica nella fedeltà alla Traditio. La rilettura della figura della parrocchia postridentina a Bergamo proposta dal Quaderno del Sinodo e le istanze del suo superamento ivi descritte ci dispensano da questa analisi e ci consentono di ritenerle acquisite. Ponendo la riflessione pastorale nel solco delle indicazioni che provengono dalla natura teologica della parrocchia e delle condizioni storiche che la individuano nell’oggi, essa si pone tra due polarità: la fedeltà al Vangelo e la fedeltà all’uomo nella storia. Le ragioni principali della problematica in esame sono da attribuirsi ai cambiamenti storici, sociali e culturali sopravvenuti negli ultimi tempi, ma non possono essere disgiunti da un recupero organico e profondo del rinnovamento teologico e pastorale proposto dal Concilio Vaticano II, che pone al centro della riflessione pastorale la storia della salvezza e quindi la libertà dell’uomo come elementi non accessori al mistero della salvezza di Gesù Cristo. L’incarnazione del Verbo costituisce il culmine più alto e la novità più assoluta dell’umanità. Al di là delle considerazioni più fondamentali circa la cultura attuale, i cambiamenti da prendere in considerazione per le questioni legate all’organizzazione pastorale delle parrocchie sono da riferirsi soprattutto alla diversa dinamica dei servizi sociali, all’organizzazione educativa, economica 1 e finanziaria e all’amministrazione politica da cui dipendono le interazioni sociali. Le nuove condizioni della vita sociale si riferiscono fortemente al benessere, alla sicurezza e alla tutela delle persone e dei gruppi e quindi comportano diverse figure di realizzazione umana che non risultano indifferenti alle questioni della fede e della carità. La proposta pastorale deve incrociare la cultura e interpretarla, nel senso che deve risultare significativa per ciò che l’uomo desidera per vivere e per ciò che consente all’uomo di riconoscersi nelle azioni della vita, proprio attraverso il superamento di ogni altra risposta di salvezza che non sia il Signore. Poiché la salvezza non può che passare attraverso l’opera dell’uomo con la quale egli costruisce la sua identità, allora anche le condizioni identitarie e l’attività dell’uomo devono confrontarsi con il compito di costruire figure di testimonianza comunitarie e missionarie adeguate ai tempi. Gli elementi da prendere in considerazione nel nostro lavoro devono fare riferimento a due esigenze fondamentali della programmazione pastorale. La prima è che la parrocchia è e resta comunità cristiana e quindi deve salvaguardare le caratteristiche di gratuità, di servizio disinteressato e di vicinanza caritatevole e premurosa che direttamente esprimono l’atto di fede su cui essa si fonda e in cui essa, alla fine, si costituisce. Da questo ricaviamo che la parrocchia dovrà essere sempre luogo in cui si esprime e si alimenta la fede delle persone nell’accoglienza della Parola, sia nel suo annuncio, sia nella sua celebrazione, sia nella sua testimonianza. La seconda è che la parrocchia, pur non essendo semplicemente luogo di servizi socio-religiosi, tuttavia si esprime in essi e da essi viene condizionata. La strutturazione e il governo di queste attività sociali, religiose, culturali, assistenziali, organizzative e istituzionali diviene espressione della qualità testimoniale della comunità cristiana. 2. Alcune proposte pastorali Il Consiglio Pastorale Diocesano intende volgere la sua attenzione soprattutto su questo secondo aspetto. Più in particolare si è sforzato d’investigare le condizioni della territorialità in cui la parrocchia vive come esperienza umana di senso a partire dalla fede e come insieme di condizioni che la rendono possibile. Ne formuliamo alcune significative. 1. Dal racconto delle esperienze abbiamo ricavato che non c’è buona qualità pastorale senza un serio e condiviso cammino di fede, di scambio spirituale e pastorale e senza una profonda amicitia in Christo. Le attività di riappropriazione della fede a partire dalla vita, ma anche l’attivazione di competenze pedagogiche e pastorali adatte agli operatori pastorali esigono, almeno per alcune categorie di persone e in particolare per i preti, un’organizzazione ormai non più rinvenibile nel territorio della parrocchia. L’elaborazione e la gestione di percorsi formativi di questo tipo costituiscono un significativo campo di collaborazione tra parrocchie e di rinnovato riferimento a strutture formative diocesane centrali. 2. L’organizzazione educativa e scolastica supera il più delle volte l’ambito territoriale della parrocchia e richiede competenze nuove di coordinamento e di ricerca. Questo settore della pastorale risulta sempre più difficilmente riconducibile alla responsabilità e all’efficacia della parrocchia. 3. L’organizzazione parrocchiale, intesa come insieme strutturato di proposte, di attività e di dinamiche operative, può trovare in riferimenti pastorali che coinvolgono più organicamente il territorio vicariale e diocesano una proficua modalità di dialogo e di collaborazione con le associazioni, i movimenti e le aggregazioni laicali cristiane presenti nella nostra diocesi. 4. La corresponsabilità nei servizi alla persona e il nuovo welfare interpellano gli enti ecclesiastici in logiche sinergiche, dettate dalle attribuzioni stabilite dalla legge e dall’esigenza di creare reti per un sistema integrato di servizi. In questo impegno le parrocchie hanno spesso il compito di dare spirito e vita di comunità a questi servizi, proponendo la cura delle persone con uno stile di gratuità, di servizio e di vicinanza. 5. Il diverso rapporto delle persone e dei gruppi con il territorio pone in modo pressante la necessità di ricollocare oltre i confini della parrocchia attività pastorali significative e importanti secondo 2 modalità nuove e con referenze istituzionali e organizzative nuove e adeguate. Ambiti d’intervento pastorale quali la formazione dei formatori, la pastorale di preparazione al matrimonio e di cura delle famiglie, la formazione dei catechisti, quella degli operatori della carità verso i poveri e in genere i deboli, la realizzazione di sussidi pastorali adeguati a un territorio e la condivisione tra operatori pastorali di progetti e programmi pastorali integrati per un territorio… possono costituire un campo di revisione profonda dei compiti e delle istituzioni pastorali sul territorio con diversa interazione con la Curia e il Vescovo e tra le parrocchie. 6. Il diminuito numero di preti e di religiose a servizio della parrocchia pone il problema delle sinergie per garantire i servizi religiosi essenziali, che però vanno ridefiniti oltre che ricollocati. 3. Strumenti pedagogici e organizzativi La realizzazione di collaborazioni tra parrocchie e il rapporto con il territorio chiedono un’attenzione metodologica che consenta condizioni, cioè luoghi e processi in cui la collaborazione possa attuarsi. Si pongono all’attenzione dell’assemblea del Consiglio Pastorale Diocesano tre snodi su cui riflettere, al fine di individuare soluzioni efficaci da proporre all’Assemblea Sinodale. 3.1. Primo snodo: Le strutture Se si parte dall’analisi dell’esistente, escludendo perciò le possibilità future, alcune delle quali sopra citate, le strutture ecclesiastiche che consentono un confronto sulla collaborazione tra le parrocchie sembrano essere, a diverso titolo, le seguenti: 1. Il Consiglio Pastorale: - Parrocchiale - Interparrocchiale - Vicariale 2. Il Consiglio dell’oratorio 3. La Caritas (come luogo di programmazione pastorale) Compito di tali strutture è quello di ripensare e riprogettare le strategie di lavoro e di formazione, secondo modalità collaborative (vedi § 3.3). I contenuti da ripensare ed elaborare sono: 1. a livello formativo: - scuola della Parola, - scuola di preghiera/ritiri/celebrazioni, - scuola-base per operatori pastorali, - Programmi pastorali, - Corsi per fidanzati (vicariali, zonali…), - Formazione / catechesi nei tempi forti (per genitori e adulti), - FISP (formazione socio-politica), - Incontri formativi tra e per sacerdoti; - Iniziative di pastorale vocazionale. 2. i Tavoli bilaterali tra enti locali e parrocchia (328: progetti per più parrocchie, collaborazione tra più parrocchie nello stesso comune), Parrocchia – Comune, Enti educativi (più parrocchie /un Istituto comprensivo). Per non perdere di vista l’obiettivo, il senso di queste collaborazioni, diventa indispensabile un richiamo alla identità della parrocchia, che entrando in relazione con l’esterno deve essere ben definita. Alcune domande provocatorie: Che cosa fare per rendere più cristiano il territorio? In cosa consiste la fede da comunicare? Cosa vuol dire vivere la fede? La parrocchia per che cosa lavora? A che cosa porta? Solo alla creazione di una comunità? Di che tipo? E per permettere alle persone di formarsi in quelle direzioni cosa si è fatto…? 3 3.2. Secondo snodo: Le istituzioni sovratterritoriali. Occorre prevedere alcuni elementi istituzionali che formalizzino la collaborazione tra parrocchie, indicando responsabili, potere, tempi, risorse… Un’istituzione sovrapparrocchiale più ampia del vicariato (che risulta troppo debole e insufficiente), ma istituzionalizzata e riconosciuta, dunque con funzione canonica istituita e ben definita, consentirebbe più facili gestioni. Il caso della Città potrebbe essere esemplificativo perché chiede una riorganizzazione diversa. La presenza di tre Vicariati in un territorio che contiene numerose assonanze ma anche molte diversificazioni suggerisce la necessità di un coordinamento istituzionalizzato. Un’altra figura istituzionale potrebbe essere individuata facendo riferimento ad ambiti omogenei d’intervento (es. scuole materne…) presenti su un territorio sovrapparrocchiale. 3.3. Terzo snodo: Gli atteggiamenti La dimensione della fede caratterizza e trasforma ogni atteggiamento e ogni pratica pastorale, perché la riconduce al fondamento stesso della libertà. All’interno di questa dimensione, che si esprime tematicamente nella pratica religiosa, gli atteggiamenti descrivono lo stile con cui le istituzioni devono lavorare perché nelle strutture si realizzino questi temi. Il rapporto Chiesaterritorio, infatti, passa in modo forte nello stile delle relazioni, e sembra di individuare nei seguenti atteggiamenti le condizioni necessarie ed indispensabili perché si possano attuare collaborazioni ai vari livelli sottoindicati. Sono irrinunciabili RELAZIONE: a livello individuale, personale per le comunità tra comunità tra comunità e territorio ascolto, dialogo, confronto, esperienza di con-divisione, rendere l’altro protagonista, corresponsabilità, valorizzazione dell’altro. stile: accoglienza PROGETTAZIONE: dell’ordinarietà (= cammino pastorale ordinario e dell’anno liturgico) e della straordinarietà (= l’imprevedibile che chiede la capacità di mettersi in gioco, in ascolto dello Spirito Santo) stile: apertura, flessibilità FORMAZIONE: con una costante attenzione formativa perché imprescindibile per le persone singole comunità stile: laboratorio (mettersi in gioco) 4