La partecipazione del cristiano alla passione di Cristo e del mondo nella meditazione e nella vita , di CMMartini Nella seconda settimana meditiamo sugli esempi della vita di Gesù, la sua bontà, la sua compassione, il suo coraggio e cerchiamo di ricavare per noi il desiderio di assimilarci a Lui nell’affrontare le nostre difficoltà, le prove che ci attendono nell’impegno quotidiano al servizio degli altri, nel servizio della Chiesa e della società. Di qui possono nascere anche i propositi per un impegno di carattere politico, come tentativo di arginare il male e costruire il bene comune. Cosa aggiunge a tutto questo la meditazione sulla passione ? Solo un eroismo più grande, la capacità di essere pronti a servire gli altri anche con un notevole sacrificio personale, quindi ad affrontare situazioni anche più dure di quelle ordinarie ? Certamente anche questo: infatti non basta compiere il proprio dovere e servire il prossimo quando dà consolazioni immediate, o non ci costa molto. Dobbiamo essere pronti a fare le stesse cose anche quando si richiede di pagare di persona, di mettere in gioco la nostra pace. Ma finché siamo a questo punto, siamo ancora nella via dell’eroismo umano, che può essere capito e vissuto da ogni uomo di buona volontà. Infatti, grazie a Dio, abbiamo ovunque, in ogni ideologia, atti di eroismo e di dedizione agli altri. Dio ha posto nel cuore degli uomini questa convinzione, che ciascuno deve darsi agli altri non solo finché vi trovi un tornaconto ma anche quando ciò richiede sacrificio. L’insegnamento e il dono specifico della terza settimana di EESS, quando si guarda al Crocifisso, non è semplicemente il superamento delle difficoltà. È l’invito a entrare nel cuore della sofferenza umana, a lasciare che essa entri in noi, accettando di lasciarci coinvolgere fino in fondo a costo di essere travolti, anche se ciò appare senza senso e senza risultato apparente. È questo il punto più esigente e più difficile da esprimersi, che quindi può venire proposto solo in un’atmosfera di riflessione, di preghiera e di illuminazione dello Spirito santo. Solo lo Spirito può farci capire concretamente cosa ciò significa; noi possiamo parlarne, discuterne, ma nessuno poi, quando arriva il momento, è capace di vivere questo. Gesù invece ha vissuto questo, si è dedicato alla sua missione con fedeltà, anche a rischio della vita, ma ha fatto, della dedizione di sé – fino a rischio della vita – la manifestazione del suo essere per gli altri a nome di Dio, anche nel momento in cui questo suo essere per gli altri lo coinvolgeva fino ad annientarlo, apparentemente senza risultato. Finché io vedo i risultati, posso espormi ad aiutare gli altri anche con sacrificio. Di fronte ad un malato contagioso il medico si sente spinto a curarlo anche a rischio di ammalarsi lui stesso. Ma il farmi totalmente disponibile per un altro il quale ad un certo punto mi respinge, tenta di annientarmi, mi porta a dire: «ma questo chi me lo fa fare ?». Gesù sa che ci sono momenti in cui questo impegno definitivo non è necessario che si realizzi subito, in cui è meglio salvarsi … “ quando vi perseguiteranno in una città, fuggite in un'altra “ (Mt 10,23). Gesù stesso talora si nasconde per sfuggire ai pericoli ( Gv 8,59). L’esistenza cristiana quindi non significa offrirsi quotidianamente e senza ragione allo scacco, all’insuccesso, per un certo gusto masochistico della sofferenza. Esige però una totale disponibilità del cuore, tale che, se anche questa disponibilità è respinta, si sappia perseverare in questo atteggiamento fino all’ultimo. La Croce non è un ‘mezzo’ distinto da Gesù che abbia valore o efficacia in se stesso, col quale Gesù pensi di attirare a sé i cuori degli uomini. È Gesù stesso disponibile fino in fondo, fino a lasciarsi annientare dall’uomo che non lo accetta, Gesù che in questa incredibile disponibilità per l’uomo manifesta la gloria di Dio. E il “Dio Crocifisso”, che mai avremmo potuto immaginare, Dio che si lascia spogliare ed annientare dall’uomo, per non venir meno a questa sua tortale apertura e disponibilità. Che cosa ne deriva per il coinvolgimento del cristiano nella passione del mondo ? Che il cristiano non è coinvolto solo in quanto aiuta chi soffre, serve, è efficiente nella lotta contro l’ingiustizia, ma in quanto è disposto a lasciarsi mettere in questione come persona, a lasciarsi travolgere dalla vocazione evangelica fino a divenire egli stesso Parola rifiutata, messa a tacere. Il massimo servizio che il cristiano può compiere per un fratello è quello stesso di Gesù, cioè proporre la disponibilità di Dio per l’uomo, vivere la disponibilità della parola evangelica nella propria persona, fino ad accettare in sé tutte le conseguenze. In questo il cristiano si avvicina, per quanto è possibile ad un uomo, alla croce stessa del Signore e ne viene lo scacco, l’inutilità apparente, il non senso, proprio perché solo qui è possibile mostrare fino a che punto, assurdo per la ragionevolezza umana, l’amore di Dio è capace di cambiare il cuore dell’uomo. Il servizio massimo che il cristiano può rendere all’umanità e di mostrare di quale disponibilità è capace un cuore umano, sotto la forza dello Spirito, e di suscitare il desiderio, la nostalgia, la preghiera per questa disponibilità. L’apparente non senso dell’offerta fino all’ultimo di Cristo e del Cristiano, è in realtà la radice di tutte le altre forme di efficienza, è la pietra di paragone della genuina accettazione della croce nella vita quotidiana. Come possiamo giudicare se un impegno per i fratelli è veramente autentico ? Penso che la pietra di paragone, al limite, è questa: quando, anche se l’impegno mio viene respinto, calpestato o deriso, io non mi sento sconvolto, non dico “ ho sbagliato tutto, torno indietro!, ma dico “ ecco, qui veramente sono stato messo insieme con Cristo, ho comunicato un pò alla Sua esperienza”. Quando cioè non intendiamo il sacrificio soltanto come un mezzo per migliorare noi stessi, la nostra posizione spirituale, per diventare più forti, per essere più efficienti nell’aiuto dell’altro, ma quando ci siamo lasciati veramente versare in libagione come Gesù, come san Paolo ( 2Tim 4,6). Questo è il sacrificio cristiano, l’offerta non di qualcosa di esteriore a noi ma della nostra vita e della nostra stessa esperienza di impegno fino a lasciarne proclamare l’apparente inutilità. Questo paradosso, così difficile da esprimere e delle cui formulazioni perciò non dobbiamo mai abusare per facili ragionamenti, non è frutto delle nostre fatiche, ma è suscitato in noi dalla potenza dello Spirito. Va però anche chiesto e coltivato nella preghiera, nella quale giungiamo ad intendere qualcosa della Passione di Gesù. V’è nella preghiera “ della 3a settimana” così intesa una possibilità reale di partecipare alla passione del mondo ed alla costruzione di un mondo nuovo, liberi dalla preoccupazione di sé, persino dal desiderio della riuscita delle cose che abbiamo in mente di fare, quindi realmente disponibili a tutte le necessità ed esigenze reali del mondo che ci circonda. Si tratta quindi di una liberazione, di un distacco per la pienezza dello Spirito di Dio che agisce in noi, che passa attraverso la Croce di Gesù. Tutto ciò che, è importante ripeterlo, non è oggetto di conquista personale, ma dono fatto a un cuore che si apre allo Spirito. Cosa avviene dunque nel momento degli EESS in cui ci diamo alla meditazione della Passione del Signore ? Se veramente vogliamo meditare la passione, non solo come aiuto per il nostro sforzo personale, o conforto e consolazione in qualche nostra difficoltà, ma come momento culminante che dà senso a tutta la vita di Cristo, queste meditazioni dovrebbero portarci a una tale disponibilità del cuore allo Spirito Santo, da lasciarci trasformare in quest’immagine del Cristo offerto per l’umanità a nome di Dio, senza riserve, senza rimpianto, senza ripiegamenti su di sé. Si tratta quindi della tappa decisiva della conversione cristiana. Solo passando per essa è possibile entrare nella passione del mondo in una maniera cristiana, che assume gli sforzi dell’uomo per migliorare la situazione dell’umanità. Finché noi non ci ameremo gli uni gli altri come Dio ci ha amati, non potremo vincere il male del mondo; ed amarci come Dio ci ha amato significa essere disposti ad essere là dove è il Cristo crocifisso.