III. Q 7:
PRESENZA DEI DONI DELLO SPIRITO SANTO
NELLA UMANITÀ DI CRISTO.
Nell’Incarnazione la grazia perfeziona l’umanità di Cristo e questa grazia raggiunge tutti gli uomini.
Il motivo principale dell’Incarnazione non è tanto prendere un corpo ma soprattutto l’anima, perché
essa è la caratteristica dell’uomo. Quest’eredità dei Padri che seguivano la linea neoplatonica, San
Tommaso la arricchisce con l’aiuto degli argomenti aristotelici in modo particolare per quanto
riguarda la grazia dove però le sue fonti rimangono la Scrittura e la tradizione patristica. La
tradizione in questa linea, a partire dal testo del profeta Isaia ha parlato sempre dei doni dello
Spirito Santo. La grazia di Cristo comportava -spiega l’Aquinate- la presenza piena dei doni dello
Spirito Santo secondo i quali l’umanità di Cristo poteva essere mossa perfettamente da
quest’ultimo. Di fatto questa mozione, ovviamente, non è di ordine fisico bensì spirituale, cioè
riguarda principalmente gli atti di conoscenza e gli atti affettivi della volontà e delle altre potenze ad
essa subordinate. Dunque tutta l’umanità di Cristo era configurata in modo spirituale così da
renderlo il principale dottore spirituale, (da Lui infatti deriva una dottrina spirituale da intendere nel
senso più teologico, cioè una dottrina insegnata dallo Spirito Santo) e anche dottore della fede, in
quanto rivela dal Padre le verità riguardante la Salvezza.
 Q. 7 Art. 5: I doni presenti nell’umanità di nostro Signore Gesù Cristo
Argomento di autorità: Isaia “sette donne avranno un solo uomo” dice l’argomento di autorità, e la
glossa spiega che i sette doni dello Spirito Santo possederanno il Cristo. Il rapporto tra lo Spirito
Santo e Cristo è manifestato in questo modo che fa riferimento alla profezia di Isaia. In ciò si legge
anche la dimensione femminile dell’azione dello Spirito Santo considerando come la vergine Maria,
in quanto donna, viene mossa Spirito Santo in modo speciale nella concezione del Figlio.
Risposta: secondo i Vangeli (Lc 9) l’anima di Cristo era mosso pienamente dallo Spirito Santo.
Questa mozione era possibile perché nell’anima di Cristo vi era una disposizione ad essere mossa
da Esso. Qualsiasi cosa facesse, poteva essere facilmente spinta dallo Spirito Santo.
Risposta alla prima obiezione: Cristo aveva insieme alla grazia tutte le virtù soprannaturali. Però
aveva bisogno di questi doni perché le virtù ci fanno partecipare alla vita divina in modo
sproporzionato, imperfetto ad essa e quindi non possiamo con essi arrivare da soli a porre gli atti
necessari per arrivare alla vita eterna. Questi atti sono propriamente divini perché la vita eterna è
vita divina. Bisogna già essere inseriti nella vita della Santissima Trinità nelle nostre operazioni.
Questo inserimento lo produce lo Spirito Santo quando ci muove direttamente. Non è quindi
sufficiente compiere atti virtuosi per vivere in modo divino. Gli atti virtuosi delle virtù umane anche
perfezionate dalla grazia cioè le virtù infuse (prudenza, giustizia, fortezza e temperanza), non sono
sufficienti; non sono sufficienti perfino gli atti delle virtù teologali fede, speranza e carità. È quindi
necessario che questi atti si realizzino in modo così perfetto da superare la nostra capacità di
realizzarli e perciò abbiamo bisogno della spinta dello Spirito Santo che vuol dire che la nostra vita
viene quasi presa, assimilata dalla vita dello Spirito Santo che ci muove direttamente.
Vediamo dunque nella prima-secundae (I.II.), la questione 68, che riguarda i doni dello Spirito
Santo. Nell'articolo I si spiega perché i doni sono differenti dalle virtù e questo San Tommaso
analizzando le diverse posizioni teologiche dell'epoca che, possiamo dire, sviluppano razionalmente
delle argomentazioni per fondare questa distinzione. Ma è notevole che, verso la fine di questo
articolo, egli dice che non sono sufficienti queste distinzioni teologiche, queste argomentazioni, se
non andiamo direttamente a fondare la nostra dottrina sulla Sacra Scrittura che è il testo stesso, ma
anche l'esperienza spirituale che è alla base del testo perché la realtà principale della Sacra Scrittura
è la grazia, cioè la vita divina.
Di fatti, negli ultimi due paragrafi di questo articolo primo si dice che bisogno seguire il modo di
esprimersi della Scrittura. Si vede chiaramente che tutta la teologia tomista è basata sulla Scrittura.
Perciò il santo confuta le distinzioni dei teologi che ha riportato prima perché non sono
sufficientemente basate sulla Sacra Scrittura. “Il modo di parlare della Scrittura dalla quale ci
vengono presentati non sotto il nome di doni ma piuttosto sotto quello di spiriti, così infatti si
esprime Isaia: “si poserà su di lui lo spirito di sapienza e d'intelletto.” Dalle quali parole si può
facilmente capire che queste sette cose sono la enumerate come conferire a noi per ispirazione
divina. Nella Traduzione latina che usava, i doni vengono nominati come spiriti. Spiritus in latino
significa soffio lo stesso peuma in greco, una spinta che produce il soffio. Si tratta dunque di
un'ispirazione divina di un soffio divino; i sette doni sono proprio dello Spirito. Cosa significa
dunque l'ispirazione? Ispirazione indica sempre una mozione dall’esterno. Si deve qui ricordare che
nell'uomo si danno due principi di moto: il primo interiore è la ragione e il secondo esterno è Dio
come si disse sopra e come affermato anche dal Filosofo. Sappiamo che il Filosofo per eccellenza è
Aristotele, ed è citato qui semplicemente per mostrare che anche dal punto di vista della natura
umana c’è una preparazione per questa vita superiore e data dallo spirito santo. Dunque, noi
possiamo agire principalmente perché abbiamo una ragione, un'intelligenza che guida i nostri atti.
Orbene, per arrivare alla vita eterna questa ragione anche se elevata dalla fede non è sufficiente
perché il percorso che bisogna realizzare per arrivarvi è troppo difficile, troppo lungo ed eccede le
facoltà della natura umana. La ragione non può capire tutto ciò che succede nella vita, non possiamo
prevedere tutto anche quando abbiamo la fede. Perciò, se noi pensiamo a modo umano: non ce la
facciamo ad arrivare alla vita eterna; e lo stesso se noi realizziamo un'azione a modo umano non
siamo in grado di arrivare alla vita eterna. Abbiamo bisogno di un'ispirazione più alta e più interiore
che viene direttamente da Dio, che guida i nostri atti, e ciò significa che guida i nostri pensieri e le
nostre operazioni. Ora è evidente che quanto viene mosso deve essere proporzionato al suo motore e
la disposizione ad essere ben mossi dal proprio motore è la proporzione del mobile come tale.
Perciò, quanto più alta è la causa movente, tanto più si esige che il soggetto mobile sia predisposto
da una predisposizione più perfetta. Vediamo infatti che più alta è la dottrina da apprendere più il
discepolo deve essere meglio preparato. Ora è evidente che le virtù umane potenziano l'uomo solo
in quanto è fatto per assecondare la mozione della ragione nei suoi atti interni ed esterni. Perciò è
necessario che esistano in lui perfezioni più alte perché sia da esse predisposto alla mozione divina.
E queste perfezioni sono chiamate doni non solo perché sono infuse da Dio ma perché da esse
l'uomo viene disposto ad assecondare con prontezza le ispirazioni divine secondo l'espressione di
Isaia: “Il Signore mi ha aperto l'orecchio e io non ho opposto resistenza, non mi sono tirato
indietro”. Questa perfezione della vita umana la conoscevano in qualche modo anche coloro che
non avevano ricevuto la Rivelazione esplicitamente. Per questo San Tommaso cita Aristotele che
secondo lui era uno dei filosofi più perfetti. Anche Aristotele ha intravisto questa necessità di essere
mossi da Dio, perché l'operazione umana da sola non è sufficiente per vivere perfettamente. Dunque
il Filosofo stesso notava che coloro i quali sono mossi per istinto divino non hanno bisogno di
deliberare secondo la ragione umana ma devono seguire l'istinto interiore poiché sono mossi da un
principio superiore alla ragione umana. È questa la tesi che afferma che i doni abilitano l'uomo ad
atti più nobili degli atti dovuti alle virtù. Dunque qui abbiamo una parola chiave, l'istinto (instictus).
I doni dello Spirito Santo producono un istinto; questo istinto è principalmente spirituale e
soprannaturale ma ha anche una conseguenza umana, dunque l'umanità di colui che riceve i doni
dello Spirito Santo viene semplificata. Anziché basarsi sul ragionamento egli si basa di più
sull'intuizione intellettuale e dunque sull'affettività che segue questa intuizione, che è semplificata
da questo sguardo divino. San Tommaso, dunque, usa una parola che spiega ciò molto bene. Noi
sappiamo che ce gli animali hanno questo istinto perché non ragionano e si muovono direttamente
verso dei beni che sono loro connaturali. Hanno però una capacità per conoscere questi beni
istintivamente, una capacità che, nella filosofia di San Tommaso, ispirata ad Aristotele e anche ai
filosofi arabi, è chiamata estimativa per gli animali mentre nell’uomo si chiama “cogitativa”.
Quindi, gli animali ma anche l'uomo molto più perfettamente, sono in grado di cogliere
istintivamente certi beni e di rifiutare certi mali. Questo termine viene utilizzato in questo campo
teologico soprannaturale perché non esiste l'equivalente razionale, ossia noi non abbiamo nella
nostra ragione la capacità di cogliere le verità pratiche in modo tale da non dover ragionare. Per noi
è molto difficile riuscire ad organizzare la nostra vita pratica per tendere verso il fine: dobbiamo
pensare molto cercare di evitare gli sbagli. Fare delle distinzioni, avere esperienza, usare la
memoria e le altre facoltà sensitive che sono molto complesse e che intervengono nella regola della
moralità che si trova nella prudenza che guida le altre facoltà a compiere le operazioni morali ossia
umane in quanto umane. La nostra vita morale è tanto complessa che spesse volte gli uomini vi si
smarriscono e conseguentemente si smarriscono anche nella vita. Perché l’uomo non venga
schiacciato dalla complessità della sua natura e dell'ambiente circostante è necessario che ci sia un
processo di in semplificazione che viene prodotto proprio con l'unione con lo Spirito Santo che è
semplice perché è Dio. Lo Spirito Santo ci muove e per muoverci ci dispone, ci prepara con i suoi
doni che sono quasi delle facoltà istintive che noi abbiamo nell'ordine spirituale e che servono
perché la sua azione venga su di noi e ci guidi divinamente. Questa vita divina bisogna intenderla
nell'ordine soprannaturale che contiene eminentemente quello razionale, perciò la parole istinto non
significa la vita animale come la parola mozione, non significa semplicemente il motore fisico che
muove una cosa fisica attraverso una mozione. Qui si tratta naturalmente non solo di atti spirituali
ma di atti divini e perciò la razionalità viene perfezionata e dunque anche le operazioni volontarie
sono realizzate più perfettamente (il che include naturalmente la libertà del libero arbitrio, perché la
volontà è libero arbitrio in quanto può scegliere). Le persone che sono mosse dallo spirito santo
perché hanno questi doni conoscono in un modo superiore che corrisponde ai suoi doni intellettivi (
la sapienza, l'intelletto, la scienza) ma anche ai doni pratici dello Spirito Santo (il consiglio, la pietà,
la fortezza e il timore di Dio). Dunque la persona che è mossa dallo spirito santo non solo capisce di
più ma è anche più liberata nelle sue operazioni perché può realizzare molte più operazioni di colui
che non è mosso dallo Spirito Santo. Quando la persona è più imperfetta, anche la sua facoltà
volitiva è anche più imperfetta e ha dunque meno scelte. La libertà corrisponde a questa proprietà
della volontà per autodeterminarsi nelle scelte: quanto più essa è forte, più è potente tanto più può
scegliere diversi cammini per arrivare all'unico fine. La persona quindi più perfetta è più libera. La
persona mossa dallo spirito santo a una libertà superiore che è sua, è propria della persona ed è
questo che vuol dire San Tommaso lo Spirito Santo non rimane come un motore estrinseco; questo
sarebbe ancora usare una metafora tropo fisica. Egli muove personalmente cioè perfeziona la vita
personale. Dunque si unisce a noi, come persona per guidare i nostri atti per elevare gli atti
d’intelligenza e di volontà. Questo è vita personale; anzi, se non fosse così, non potremmo
conoscere lo Spirito Santo perché Egli non si può conoscere direttamente nella sua essenza che in
questa vita noi raggiungiamo ancora attraverso la fede e dunque non la vediamo e non la
comprendiamo; la percepiamo spiritualmente attraverso la sua presenza dal punto di vista
concettuale o intellettuale ancora superiore abbiamo piuttosto una conoscenza negativa dello Spirito
Santo che si esprime nella dottrina sulle processioni e le relazioni divine che vedremo in seguito.
Questa dottrina non manifesta la comprensione della vita divina ma il fatto che noi siamo lontani
intellettualmente da questa vita. Tuttavia questa vita ci è comunicata dunque abbiamo un conttatto
positivo, un contatto affermativo con questa vita divina. Questo è possibile specialmente attraverso i
doni soprattutto quello più elevato che il dono della sapienza il quale ci fa percepire
sperimentalmente le realtà divine. Bisogna ricordare che secondo la dottrina della tradizione dunque
anche quella di San Tommaso i doni dello Spirito Santo sono presenti in tutti coloro che possiedono
la grazia dunque un bambino che riceve la grazia del battesimo riceve già i doni dello spirito santo.
Soltanto che essendo queste disposizioni per eccellenza personali hanno bisogno di una
preparazione per poter essere dispiegate pienamente. Questa preparazione richiede anche lo
sviluppo adeguato delle facoltà sensitive e intellettive ma soprattutto richiede che le facoltà
appetitive non abbiano impedimenti. Dunque la dottrina tradizionale che si appoggia su San
Tommaso e che poi sarà sviluppata da molti altri teologi spirituali indica che i cristiani che sono in
grazia possiedono dei doni dello Spirito Santo ma non li usano, anzi Egli non può adoperare in loro
perché ci sono troppi impedimenti. Soltanto in certe occasioni speciali si usano questi doni quando
magari siamo più concentrati nella realtà divine meno distratti dalle cose esterne quando dobbiamo
rispondere ad una situazione molto grave molto urgente si manifesta in noi la mozione dello Spirito
ma normalmente son si manifesta. È un fenomeno parallelo quello che succede con la ricezione
dell'eucaristia che ci unisce con la persona divina di Cristo. L'Eucaristia ha la potenza di cancellare
tutti i peccati e per trasformare e divinizzare la vita di un uomo ma noi sappiamo che ci sono tante
persone che ricevono l'eucaristia tutti i giorni ma la loro vita non viene trasformata. Questo avviene
perché ci sono degli ostacoli dalla parte soggettiva che fanno sì che la perfezione divina contenuta
nell'eucaristia oppure contenuta nella mozione dello Spirito Santo non possa raggiungere tutte le
dimensioni della nostra personalità e perciò si riceve l'eucaristia ma non si cresce nella grazia anche
se per se stessa l'eucaristia è data per crescere nella grazia. Si possiedono i doni dello Spirito Santo
ma non si è mossi dallo Spirito. Per questo è necessario che si tolgano gli impedimenti e ciò avviene
quando si è pienamente docili alle mozioni dello Spirito Santo in modo crescente. È molto
importante la dinamicità, la crescita. La vita spirituale è molto più intensa della vita naturale. Essa
muore, mentre la vita spirituale per la sua natura implica una crescita costante finché si arriva alla
pienezza del dono di Cristo di cui abbiamo parlato. Dunque è nella natura di questa vita che cresca
sempre mentre la vita naturale ha un periodo di crescita, un altro di logoramento e poi ha fine. Se
questo dinamismo di crescita viene interrotto la grazia non può produrre tutti i suoi effetti anche
attraverso i doni dello Spirito Santo che preparano ad essere mossi da Esso.
Andiamo adesso all'articolo seguente: Se i doni siano necessari all'uomo per salvarsi. L'articolo
spiega che non sono sufficienti le virtù (fede, speranza, carità e anche le altre) ma sono necessari i
doni dello Spirito Santo per giungere alla Salvezza, ossia la vita eterna, è necessario essere mossi
perfettamente dallo Spirito. Questa dottrina è molto importante perché significa che le persone che
non sono spirituali anche se sono cristiane non possono arrivare alla salvezza. Sono cristiane perché
hanno ricevuto i sacramenti perché hanno ricevuto la grazia, hanno ricevuto perfino le virtù (la fede,
la speranza, la carità e le altre) ma se non sono mosse dallo Spirito Santo non possono arrivare alla
salvezza, il che vuol dire che prima o poi perdono le virtù e la grazia e perfino anche la razionalità.
Ma perché? Vediamo gli argomenti di autorità che sono stati tratti dalla Scrittura. In primo luogo tra
i doni il più alto è la sapienza il più basso è il timore ora sia l’uno e l’altro sono necessari per
salvarsi poiché della sapienza sta scritto: “Dio non ama se non chi coabita con la sapienza” (Sap).
Nell’ecclesiastico, del timore si dice che “chi è senza timore non potrà essere giustificato”. Perciò
anche gli altri doni intermedi sono necessari per salvarsi. Il dono del timore è quello che si
manifesta prima. Perciò noi vediamo che le persone che si avvicinano alla vita spirituale hanno
prima un grande timore reverenziale, una paura di commettere peccati. Questo dovrebbe crescere in
modo tale da poter ricevere anche il dispiegamento degli altri doni fino ad arrivare al dono della
sapienza che è il dono più alto. Questo è quello che si manifesta soprattutto nei grandi mistici, nelle
grandi persone spirituali che contemplano i misteri divini nella fede. Però li percepiscono in modo
sperimentale leggiamo le descrizioni: ad esempio nelle opere di San Giovanni della croce di Santa
Teresa vediamo che cosa significa la presenza di questi doni; oppure prendiamo gli autori della
tradizione più antica San Gregorio di Nissa si deve molto bene che cosa significa la contemplazione
secondo il dono della sapienza dello Spirito Santo; oscure San Basilio nel trattato sullo Spirito
Santo ecc. Dunque sono delle contemplazioni veramente spirituali ma che sono distaccati dai sensi
perché Dio non è colto dai sensi ma in un modo assolutamente spirituale che anzi è superiore a
quello razionale.
Vediamo la risposta. Come abbiamo detto i doni sono perfezioni mediante i quali l'uomo viene
predisposto ad assecondare l'ispirazione divina; perciò nelle cose in cui non bastano i suggerimenti
della ragione ma si richiedono quelli dello Spirito Santo i doni sono indispensabili. Ora la ragione
umana viene da Dio condotta a perfezione in due modi: prima con una perfezione di natura cioè
mediante la luce naturale della ragione; poi con una perfezione soprannaturale mediante le virtù
teologali come sopra abbiamo spiegato. Sebbene però questa seconda perfezione sia superiore alla
prima, la prima è posseduta dall'uomo più perfettamente della seconda poiché della prima egli ha il
pieno possesso mentre della seconda invece un possesso imperfetto. Infatti non conosciamo e
amiamo Dio imperfettamente. Questa dottrina è molto importante non solo teoricamente ma anche
praticamente. Come si guida la nostra vita dalla ragione. Ma la ragione viene dopo illuminata dalla
fede che la perfeziona. Orbene, la fede proviene dalla luce divina che è troppo elevata per noi.
Perciò la fede è oscura e dunque c’è una inerzia della natura che tende a prevalere perché quando
noi cappiamo le cose razionalmente siamo noi che le capiamo, siamo sicuri di avverle capito
naturalmente se la nostra intelligenza è minimamente sviluppata se non si cade anche nell'oscurità
razionale ma è possibile svilupparla come dimostra la storia della filosofia che è certamente elitaria
perché i filosofi sono pochi. Però essi sono uomini e sono esistiti. È anche vero che non tutti siamo
Platone o Aristotele o Plotino, perché non tutti abbiamo la capacità di questi però questi veramente
hanno sviluppato la loro razionalità. Ma il problema è che quando una persona è troppo intelligente
tende ad essere piena di sé. Perciò la storia della filosofia piena di errori oltre che di verità. Certo
non bisogna cadere nell'esagerazione dei filosofi moderni come Cartesio, Kant, e tanti altri che
hanno affermato che si sono sbagliati tutti quanti perché non è possibile che la ragione possa avere
una qualche chiarezza nel capire la realtà. Questo non è vero. Ma non è vero neanche che l'uomo da
solo possa a vivere una vita di perfezione solo con i mezzi razionali. Questo perché la luce della
ragione è quella proporzionata a noi. Soprattutto quando la natura caduta e indebolita dal peccato
originale e dagli altri peccati l'uomo tende ad impossessarsi in modo non dovuto di quello che è suo.
Questa ragione è nostra e nessuno ce la toglie. Dunque tendiamo a centrare tutta la nostra vita sulla
nostra ragione ma facendo così ci chiudiamo le porte per arrivare alla vita divina perché la vita
divina è totalmente superiore alla nostra ragione e il cammino per arrivarvi non lo possiamo
conoscere razionalmente è molto superiore a quello della ragione può conoscere. Anche
ammettendo che qualcuno riuscisse a capire razionalmente la Etica Nicomachea di Aristotele, che
forse è l'opera più perfetta dell’etica dal punto di vista razionale, neanche così si arriverebbe alla
vita eterna; Neanche se fosse possibile compiere tutto nell'ordine naturale delle azioni umane con la
ragione neanche così ci arriverebbe perché la natura è danneggiata e corrotta dal peccato.
Per la ragione già data, le virtù teologali (che San Tommaso chiama teologiche) non possono mai
portare l'uomo a tanta perfezione in ordine all’ultimo fine da non aver più bisogno di ispirazione
dello Spirito Santo. E qui il Dottore di nuovo usa la parola istinto: l'istinto dello Spirito Santo.
Risposta alla terza obiezione: la ragione umana non è in grado né di conoscere né di compiere tutte
le cose sia che si consideri perfetta per una perfezione naturale sia che si considera perfette per le
virtù teologali. Essa quindi non è in grado di respingere sempre la stoltezza e gli altri difetti
ricordati da san Gregorio, citato nel testo dell’obbiezione. Dio invece alla cui scienza e al cui potere
tutte le cose sono soggetti, con la sua mozione ci rende immuni da ogni stoltezza, ignoranza,
ottusità, durezza e da tutti gli altri difetti; perciò si dice che i doni dello Spirito Santo i quali ci
rendono pronti ad assecondare gli impulsi sono dati contro questi difetti che sono tanti proprio tanti.
La nostra vita è troppo esteriore e distratta. La maggior parte di ciò che facciamo è perdere tempo e
anche quando organizziamo la nostra vita, lo facciamo facciano male, in modo esterno. Senza la
mozione dello Spirito si vede come oggi si fanno tanti piani ma niente funziona. Con i mezzi
razionali non si arriva alla vita eterna. Ci si arriva quando questi mezzi sono perfezionati dall’istinto
dello Spirito Santo, dalla mozione dello spirito santo. E quando le persone diventano così spirituali
che tutto ciò che fanno spontaneamente, liberamente conduce alla vita eterna dunque non hanno
bisogno di tanti piani e di pensare così tanto. E lo dice San Tommaso che sapeva pensare è ha fatto
la Somma Teologica e molti altri libri; è un grande filosofo ma capisce che con la filosofia non si
arriva la vita eterna e neanche con la teologia. È necessario qualcosa di molto più elevato che è
essere mossi dallo Spirito Santo ma essere mossi secondo i doni non secondi i carismi che sono un
altra cosa di cui era San Tommaso parla nella questione settima della terza parte, dove scrive che
Cristo aveva tutti i carismi. Ma i carismi sono grazia secondaria data per il bene degli altri. Per
arrivare alla vita eterna sono necessari i doni dello Spirito Santo cioè gli spiriti -come diceva San
Tommaso- gli dello Spirito che sono le mozioni dello Spirito attraverso i suoi doni.
Nell'articolo 3 abbiamo un confronto tra l'ordine naturale e l'ordine della grazia soprannaturale. Le
virtù morali costituiscono la perfezione delle potenze appetiti in quanto queste partecipano in
qualche modo della ragione in quanto sono fate per assecondarne il commando. I doni dello Spirito
Santo sono abiti che servono a predisporre l'uomo a obbedire prontamente allo Spirito Santo.
Quando l’uomo è mosso dallo Spirito non deve pensare. Invece quando dobbiamo agire secondo le
virtù dobbiamo pensare. Certo che le virtù fanno sì che la nostra parte apettitiva, la nostra volontà
siano disposte a ricevere l'ordine della ragione. Ma quando dobbiamo agire per arrivare alla vita
eterna questo non è sufficiente; Anche quando abbiamo la grazia è necessario un altro mondo di
operazione. San Tommaso ha sottolineato questa parola in modo, bisogna agire a modo divino
bisogna dire divinamente è un altro modo di agire che è necessario per arrivare la vita eterna. È un
modo molto più alto di quello normale. La gente normale agisce in un modo ma i cristiani che
arrivano alla vita eterna, agiscono in un altro modo che non è quello normale ma non per difetto ma
per eccesso. La normalità empirica non è sufficiente ma ammettiamo che si potesse seguire la
ragione facendo ciò che fanno tutti, ossia agendo normalmente neanche questo sarebbe sufficiente
per arrivare alla vita eterna. Bisogna agire in un modo propriamente divino cioè in modo tale che la
nostra operazione sia allo stesso tempo dello Spirito che opera e nostra. E questa non è
un'operazione qualsiasi. se non arriviamo a fare che lo spirito santo ci muova o in questo mondo
dovremo aspettare che il signore ci purifichi dopo la morte cioè che la luce divina compia il lavoro
di togliere tutte le resistenze, tutti i difetti dopo la morte perché lo spirito santo ci muova
definitivamente in modo tale da arrivare alla vita eterna, alla patria.
vediamo la risposta alla terza obiezione dell'articolo 4.
Egli spiega come un quest'azione dello Spirito Santo ci introduce nella vita della Trinità.
Amore, speranza e godimento hanno per oggetto il bene ora il sommo bene è Dio. Quindi i nomi di
queste tre passioni sono usate per le virtù teologali che uniscono l'anima con Dio. Invece il timore
ha per oggetto il male e in nessun modo può essere attribuito a Dio. Perciò non implica unione con
Dio ma piuttosto fuga da certe cose per rispetto verso Dio. Perciò il timore non è il nome di una
virtù teologale ma di un dono il quale distoglie dal male più delle virtù morali. Dunque la prima
cosa che fa lo Spirito Santo per purificarci in questa vita o nell'altra è togliere gli impedimenti per il
timore.
Risposta alla terza obiezione:
L'anima umana non viene mosso dallo Spirito Santo senza unirsi in qualche modo con lui come lo
strumento non è mosso dall'artigiano senso un contatto una qualsiasi altra unione. Ora la prima
unione dell'uomo con Dio viene mediante la fede, la speranza e la carità; perciò queste virtù sono
presupposte ai doni come radici di essi così che tutti i doni appartengono a queste tre virtù come
loro derivazioni. I doni dello Spirito Santo si appoggiano sulle virtù, sono come il complemento
delle virtù teologali. Possiamo anche dire che le virtù teologali ci fanno unire con Dio come oggetto
delle nostre operazioni ma questo non è sufficiente bisogna che noi siamo assimilati a Dio anche
come soggetto cioè che il nostro modo di essere di operare sia quello di Dio. Non solo che
raggiungiamo Dio per conoscerlo ed amarlo attraverso la fede, la speranzala e la carità ma che noi
operiamo come Dio in questi nostri atti di fede, speranza e carità e poi in tutti gli altri che vengono
connessi con questi. E questo richiede unione con lo Spirito. C'è un'unione dell'animo con lo
Spirito. Questa unione non solo è fondamentale per agire in ordine pratico per arrivare la vita eterna
ma anche per agire mentre fondamentale per sviluppare teoricamente la teologia perché la teologia
come culmine dell'operazione dei doni dello Spirito Santo soprattutto quella del dono della
sapienza. Quando la teologia non è sapienziale e dunque non è spirituale nel senso di un'operazione
che si realizza dentro la vita trinitaria a partire dal unione con lo Spirito Santo, prima o poi perde la
sua condizione di teologia e diventa un esercizio razionale che però non è sufficiente per guidare
verso la vita eterna, dunque sterile, e non serve neppure per contemplare che è la funzione
principale della teologia. La teologia ha il suo apice nel dono della sapienza. Certo il dono della
sapienza non si fa come la somma teologica come i libri di teologia ma è la conoscenza dei santi dei
mistici. Però quando la teologia non è ordinata a questa sapienza intrinsecamente non partecipa di
questa sapienza non è più teologia anche se fosse fatta con fede, perché questa fede prima o poi
tende ad essere morta e così come gli atti fatti con fede e con carità ma senza i doni dello Spirito
Santo, senza l'agire secondo i doni dello Spirito Santo tendono a perdere la loro pienezza, la loro
vitalità soprannaturale. Sicché si può perdere la carità prima e dopo perdere la fede. Qualcosa di
analogo può succedere in teologia quando non è una teologia spirituale nel senso di realizzata sotto
la mozione dello spirito, ma diventa la teologia razionale. Questa teologia razionale non è
sufficiente per arrivare alla vita eterna né perché divenga piena teologia dunque diventa
contemplativa. Perciò tanta gente si rovina la testa studiando teologia: la testa ma anche la vita.
Perciò dobbiamo imparare dai grandi maestri dai grandi dottori e padri del nostro pensiero
teologico. Bisogna vedere come facevano loro la teologia.
Questi doni rimarranno anche nella patria dice l'articolo 6. San Tommaso quando parla di ciò che
oggi chiamiamo il cielo usa dire sempre patria. Il cielo è il luogo della patria perché secondo la
tradizione il cielo è un luogo. Nella patria ci sono i doni dello spirito santo perché è la vita dello
Spirito Santo che abbiamo. È lo Spirito che ci unisce a Cristo perché lo Spirito viene da Cristo,
procede dal Figlio e dal Padre, dal Padre attraverso il Figlio. La vita di Cristo era piena della
presenza dello Spirito Santo perché era nella patria allo stesso tempo che era in terra. Perché lui in
lui era pieno di grazia e dunque aveva la piena mozione dello Spirito Santo alla quale era disposto
attraverso i doni. Cristo era dunque il primo uomo spirituale nel senso preciso dello Spirito Santo
perché la sua vita era tutta quella della Santissima Trinità.
Passiamo non ha la connessione tra la vita di Cristo e la presenza dello Spirito Santo approfondendo
teologicamente la questione 43 della prima parte che riguarda le missioni divine. Ci avviciniamo
sempre di più al fondamento trinitario di queste affermazioni filologiche. La questione 43 riguarda
le missioni delle persone ossia il fatto che una persona è inviata dall’altra nel mondo. San Tommaso
spiega molto bene che le persone sono già sempre nel mondo perché sono creatrici del mondo e
quindi si tratta di un nuovo modo di essere nel mondo o piuttosto un nuovo modo di essere del
mondo in Dio o delle creature in Dio. Cioè un nuovo modo di essere le creature razionali unite con
le Persone divine. Tutte le creature razionali sono unite con le persone divine ma spesse volte non lo
sanno perché non hanno la fede. Per saperlo bisogna essere unite e modo speciale che non è solo
quello delle virtù, della virtù della fede, mai anche quello dei doni. Qui si spiega che cosa significa
questo invio: “Gv 8,8 Io non sono solo ma Io e il Padre che mi ha mandato” il concetto di missione
include due elementi. Il testo latino non dice concetto ma ragione: la ragione di missione perché
propriamente non è un oggetto perché noi non lo possiamo capire, è qualcosa che superala nostra
mente.
Il primo dei quali è il rapporto tra Inviato e mandante, il secondo il rapporto tra inviato e la sua
destinazione. Perciò stesso che uno è inviato appare che egli procede in qualche modo dal mandante
o ne dipende per il comando come un servo inviato dal padrone o per il consiglio […] Cristo era nel
mondo perché è il creatore del mondo, come persona divina, ma anche perché secondo la grazia era
già presente nei giusti che vivevano prima dell’incarnazione. Ma nell’incarnazione ha cominciato
ad essere in un modo nuovo secondo la natura umana. Cristo era già presente nella mente dei giusti
come dice il canone romano della messa. Perché questi offrivano il sacrificio, che era spirituale con
la presenza dell’Angelo che non è qualsiasi angelo, bensì la presenza del Figlio. Quindi c’era anche
il Figlio ma c’era anche lo Spirito.