Il dono come relazione trascendentale 1. 2. 3. 4. Senso comune del dono Dato, donato Dono e scambio Dono e simbolo 1. 2. 3. 4. Trascendentalità personale Trascendentalità interpersonale Relazioni trascendentali Relazioni trascendentali di scambio e di dono 1. 2. 3. 4. Gratuità e dono Gratuità e persona Gratuità interpersonale Gratuità metafisica Senso comune del dono. Il dono è una strana e pervasiva realtà quotidiana. Siamo travolti da offerte che prendono le vesti del dono. Si può dire che la stragrande parte della pubblicità reca il messaggio di una offerta che è un dono. Viaggi-premio, gadgets del tipo più svariato, prezzi civetta, sconti vertiginosi, saldi di stagione, tutto sembra posto ai nostri piedi nella forma del “regalo”, almeno parziale. Non resta che profittarne… Intanto, la quotidianità indica senza tentennamenti come la forma del dono stia in simbiosi con lo scambio. Gli esempi che ho citato sono riferiti, in ultima istanza, a luoghi commerciali, cioè luoghi di scambio. Ed è interessante notare come chi scambia tratti lo scambio come cosa da nascondere e ami rifugiarsi sotto la figura del dono. Quando comunemente pensiamo al dono, non possiamo fare a meno di pensare ad un donatore. A volte, non sapendo da che parte volgerci, perché il donatore non si mostra, usiamo dire che qualcosa è “dono del cielo”. Comunque pensiamo spontaneamente ad un donatore, se riceviamo un dono o qualcosa che crediamo tale. Dono, donatore e donatario sembrano, sul piano del buon senso, indissociabili. L’esercizio funambolico di Derrida in cui questi elementi del dono si dissolvono man mano che l’analisi procede, non pare convincente. Si può solo concedergli che il dono non “appare” se non secondo il proprio opposto, cioè come scambio e che tende a “svanire” rapidamente. Infatti è cosa “sovrumana”… Dono, donato A queste prime indicazioni di buon senso, bisogna però opporre che il nesso donatore-donatario non è fenomenologicamente rilevabile, se al donare si vuol dare un senso forte. Ci sono infatti falsi doni… Anticipando la tesi: il donare può tras-parire, ma non può in senso rigoroso apparire. Ciò non vuol dire che il dono non esista. Vuol dire che la sua realtà appare in senso immediato un problema, se si posiziona l’atto del donare al di fuori del cerchio dell’apparire. Perché il donare è una figura e un attributo della trascendentalità e può essere inseguito fin dove la trascendentalità ci accompagna e secondo i modi in cui ci accompagna. Si noti. Il dato non può essere, per definizione, alcunché di immediato. Immediato è ciò che si dà. L’immediato è dunque problema, nel senso che non si sa propriamente donde viene. Semplicemente accade. Es gibt. Donato e dato sono in realtà lo stesso, ma solo di primo acchito. Anche il dato suppone un “dante”, è vero, ma non è detto che il dante sia un donante. I francesi, non avendo in lingua la distinzione tra dare e donare, facilmente oscillano tra i due sensi e ottengono altrettanto facilmente risultati di dubbio interesse. In realtà per identificare il dante con il donante bisognerebbe supporre che il dante dia del “suo”. Ma non è sempre né possibile né necessario. Il “dante” potrebbe ad esempio restituire un debito o semplicemente scambiare qualcosa… Detto in altri termini, la situazione di dono non è una relazione causale qualsiasi (ammesso che una relazione causale sia “costruibile”), ma una relazione in cui la causalità si riferisce inevitabilmente ad una soggettività donante e ad una soggettività donata. Si può usare la parola anche per altre situazioni che metaforicamente si possono ricondurre al dono, ma la differenza è sempre percepibile. Un essere inanimato non fa doni, a meno che lo si tratti come una soggettività. Neppure un animale fa doni, che si sappia. Ma qui si sottintende che la donazione è legata in qualche modo ad un inizio assoluto. [Cioè legata alla trascendentalità o alla trascendenza.] Che il dono implichi un inizio assoluto, si capisce se si riflette al fatto che il dono implica un libero gesto, nel proprio concetto. Quando decido di donare qualcosa a qualcuno, decido una forma di gratuità che ha una ragione, certamente, ma una ragione di libertà, non una ragione di necessità, sia pure morale. In fondo il dono è un dare senza attendere ricompensa alcuna, cioè un dare apperentemente senza un motivo che non sia il puro e semplice gesto del riconoscimento della signoria dell’altro, il puro dire all’altro che egli è un essere a cui la realtà intera è in certo modo dovuta. Quella che gli si presenta è solo simbolo del tutto. Quindi nel dono circola un’aura metafisica, nel senso che il movimento del dono è un movimento divino, così come lo scambio è un movimento umano. Nel donare, un essere umano partecipa del divino, nello scambiare egli torna nel regno della finitudine. Il fascino del dono è il fascino di Dio. Dono e scambio Non è possibile tra gli esseri umani un rapporto puro di dono. Anzi, per lo più gli esseri umani non donano, ma scambiano. L’attività di scambio è resa necessaria dal fatto che nessun essere umano è autosufficiente. Anzi, è da dire che ha bisogno quasi di tutto. Quindi deve chiedere a madre natura e ai suoi simili il sostentamento. Che non è soltanto il cibo, ma anche un giro di relazioni. Semmai il cibo simbolicamente ha senso in quanto riferito a queste ultime. Lo scambio tuttavia è indirizzato alla pienezza della vita e la pienezza della vita viene solitamente progettata attraverso il vivere comune. Perciò la polis è scambio e il suo ideale è lo scambio giusto. Che lo scambio sia il sigillo dell’umano, lo si evince dal fatto che non riusciamo a stare nel dono. Nel dono restiamo per poco. Sempre che si riesca ad attingere questo livello. Quando doniamo, poi, tendiamo a scambiare doni. E’ come se la forma dello scambio ci fosse propria e quella del dono impropria. E in effetti, donare importa una qualche “perdita” o “dispendio” (la “dépense” di Bataille). Proprio e improprio vanno però bene intesi. Propria dell’uomo è la finitudine (rapporto di scambio), ma l’uomo sa dell’infinità e perciò vi aspira, a misura che ne intende il senso. Inoltre l’infinità è già realmente in lui nella forma della trascendentalità… Lo scambio è una condizione insuperabile degli esseri umani, per via della loro ontologica finitudine. La querelle del puro amore si risolve dicendo che il “puro amore” in senso assoluto è impossibile per un essere umano. Anche quando egli dice di amare Dio solo per Lui, se veramente lo ama, vuole stare con Lui, cioè vuole conseguire uno scopo, che è anche il proprio scopo: d’essere cioè colmato di gioia. Un essere umano si attende sempre una contromossa o un contro dono, quando dona. La pura “dépense” non si predica neppure di Dio… (perché sarebbe una intenzionalità autocontraddittoria; sarebbe volere l’annullamento dell’essere). La “dépense” è una sorta di controfigura maligna del dono. La “dépense” mira alla nientificazione dell’essere per affermare la signoria della soggettività; il dono mira alla edificazione dell’essere offrendo signoria ad una soggettività. Dono e simbolo Il dono è essenzialmente una realtà simbolica. Il dono è infatti dono di sé attraverso individuazioni di cose donate. Quindi nel dono compaiono tutte le forme delle relazioni tra due esseri umani. Anche se è da aggiungere che il dono propriamente è una delle forme di relazione. Ci sono infatti non solo relazioni di scambio, ma anche relazioni immediatamente distruttive. La natura di simbolo dunque il dono la trae dalla sua relazione alla struttura trascendentale della persona. Poiché il trascendentale non può apparire in modo immediato, – non può apparire in modo immediato perché non esiste in modo immediato, cioè in modo separato - allora inevitabilmente esso è in ciò in cui si incarna. Da questo punto di vista, il dono di sé è anzitutto il dono del corpo proprio, in quanto il corpo proprio è anzitutto la sede della trascendentalità. La simbolicità del dono è però doppia: verso il basso, per così dire, e verso l’alto, Verso il basso il dono simboleggia la presenza del trascendentale nelle cose che appaiono materialiter; verso l’alto il dono simboleggia la relazione fra la trascendentalità e la trascendenza. [Il Vangelo come luogo del dono. Dono della salvezza. Dio che si dona nel Figlio. Alcune parabole “incomprensibili”, come quella degli operai che hanno la stessa paga a fine giornata nonostante il tempo di lavoro diverso, è una parabola del dono.] Dono come relazione trascendentale Dalla prima ispezione del dono secondo il senso comune, alla analisi del dono come forma di relazione trascendentale non c’è un vero e proprio “salto”. Il dono rimanda inevitabilmente ad un donatore. Ma il donatore non può essere che un essere umano, se il dono ha la forma della gratuità, cioè della assoluta spontaneità. Che abbia la forma della gratuità qui solo vuol dire che dovrebbe esser così, non vuol dire che sia così… Il dono è da un lato una figura che esige la nozione di gratuità, ossia la nozione di un inizio assoluto, di una assenza di condizioni previe che riporterebbero alla forma dello scambio; dall’altro lato, il dono si incarna in una materialità oggettuale, non necessariamente empirica, che è come il “corpo” suo. Il dono è in ogni caso un determinato dono (anche quando è il dono di sé; ma questo caso contiene ambiguamente l’indeterminazione). Ma il dono implica il donatore secondo necessità. Dono è oggetto donato sono infatti lo stesso. Ora, il senso del dono solo in apparenza è nel dono. Il dono è infatti solo un oggetto che simbolizza una relazione tra due esseri umani. È una sorta di tramite. Sono dunque i due esseri umani, il donatore e il donatario o il donato a dar senso al dono. Se il dono è una relazione tra due soggettività, allora è questa relazione che fa tale il dono. Ma si potrebbe dire anche l’opposto, ossia che il dono istituisce un tipo di relazione. L’espressione tuttavia non è esatta. In effetti è il donatore che, mediante il dono, istituisce quel tipo di relazione. Ma l’istituzione della relazione non può aver compimento senza la riposta del donatario. Il compimento è dunque dato dai due capi di relazione. Ebbene, quale relazione si mette in moto attraverso il dono? Inevitabilmente la relazione tra due soggettività secondo le modalità che questa reca con sé con necessaria implicazione: una relazione di riconoscimento o una relazione di dominio, perché queste sono le due forme fondamentali e radicali secondo cui due coscienze si rapportano. Relazioni trascendentali tra le coscienze (vedi) Le relazioni trascendentali di donazione sono relazioni di inizio assoluto. Sono forme della libertà. Gratuità e dono (querelle del “puro amore”) Gratuito si dice di ciò che viene donato senza richiedere ricambio. Sulle prime, la gratuità sembra inerente al dono. Sembra, cioè, che il dono sia per definizione qualcosa di puramente gratuito. Tuttavia, c’è un senso della gratuità che in qualche modo oltrepassa il dono. Si tratta della gratuità che non può essere ricambiata in nessun modo, neppure attraverso il dono. Il dono può essere ricambiato con un altro dono. Quindi il rapporto di scambio diventa il “formale”. Si scambiano dei doni, come si scambiano degli oggetti equivalenti. E questa “formalità” dominante lascia il segno. Il dono scambiato elimina il “debito”. Quindi elimina la “sporgenza” del dono. Almeno in tendenza. E ci sta non di rado molto a cuore proprio il toglimento della sporgenza, cioè del debito. Il dono viene tolto come relazione e si è appagati dello scambio di doni. Ma appagati solo in certo modo, perché questa restituzione corrisponde in realtà ad un certo rifiuto del dono. Tanto che nel costume corrente, a meno di particolari occasioni a ciò deputate, si evita di dare in cambio del dono qualcos’altro, senza che sia trascorso un cero intervallo di tempo. E’ come se l’intervallo richiesto consentisse al dono di restare, almeno per un po’, dono, prima cioè di esser tolto di mezzo con il controdono. La presentazione del controdono è in fondo la cancellazione di ciò che il dono in qualche modo evoca: la dipendenza. Il problema fondamentale, nella relazione donante, è quello della dipendenzaindipendenza. Il dono può indurre la forma della relazione per una via o per l’altra, a seconda del donare del donatore. Ma come si distingue il tipo di dono? Qui bisogna ricorrere ad indizi, giacché non appare immediatamente manifesta la volontà del donatore. Da ricordare il virgiliano: Timeo Danaos et dona ferentes… La gratuità in quanto tale è il dono senza contraccambio, abbiamo detto. Essa diventa radicale e insuperabile quando non è possibile in nessun modo contraccambiare. Ora, ciò che non è possibile in alcun modo contraccambiare per un essere umano è il mistero della sua origine e, in generale, il mistero dell’origine per ogni cosa che sia originata. La vera e insuperabile gratuità è la gratuità che dà origine a qualcosa. D’altra parte si può dire che non ogni originazione è non riscattabile in senso assoluto. L’origine di un essere umano nella coppia genitoriale è in certo senso riscattabile, quando ci si prende cura della fine della vita della coppia da parte della figliolanza. Il dono come dono di sé è, da un certo punto di vista, una necessità per la coscienza. La coscienza infatti sa che ciò che attrae in modo assoluto l’altra coscienza a sé è l’offrirsi in dono. L’altra coscienza infatti ha bisogno di un oggetto che le sia adeguato per poter vivere e per poter vivere bene. Ma questo oggetto adeguato è precisamente la coscienza che si dona. Qui la coscienza donante può catturare o liberare l’altra coscienza. Se il dono di sé è incondizionato, la coscienza donata è liberata. Manca appunto ciò che la condiziona. Se il dono di sé è condizionato, allora prende la forma di un’esca.