CASO N°13 Maschio di 57 anni, portatore di rene policistico, in

CASO N°13
Maschio di 57 anni, portatore di rene policistico, in insufficienza renale dall’età di 50 anni. All’età
di 46 anni, ablazione chirurgica del rene dx in seguito a manifestazioni infettive mal dominabili con
la terapia antibiotica. Dializzato fino a 54 anni.
Operato a 51 anni di paratiroidectomia.
Sottoposto a trapianto renale all’età di 54 anni. Necrosi tubulare acuta biopticamente accertata,
successivo episodio di tossicità acuta da farmaci (Cyclosporina A).
All’età di 56 anni, comparsa di proteinuria e riduzione della funzione renale. Diagnosi di
glomerulopatia cronica da trapianto con sovrapposta glomerulonefrite membranosa. Successiva
comparsa di ipertensione.
Morte improvvisa con sintomatologia meningea (diagnosi al Pronto Soccorso di emorragia
subaracnoidea).
Esame istologico su rene nativo:
MACROSCOPICO: rene di cm 32x14x14 del peso di 1650 gr con superficie esterna e di taglio
deformata da numerose cisti a contenuto urinoso, purulento ed emorragico.
MICROSCOPICO: rene policistico (varietà autosomica dominante) con sovrapposti fenomeni
infiammatori ad impronta suppurativa.
PUNTI DA APPROFONDIRE:
1. Approfondire la morfogenesi del rene policistico ed identificame la varietà.
2. Valutare le possibili complicazioni che si verificano nel corso della vita.
3. Identificare altre malattie renali che si manifestano con aspetti cistici.
4. Discutere le lesioni a carico delle paratiroidi nei pazienti con insufficienza renale cronica.
1. Morfogenesi rene policistico e varietà
 ADPDK ( autosomal dominant polycystic kidney disease )
Rene policistico nell’adulto. Forma ereditaria autosomica dominante, ad alta penetranza (il 90% si
eredita con modalità autosomica dominante, il 10% si deve a mutazioni spontanee).
Caratterizzata da cisti espansive multiple in entrambi i reni che conducono a distruzione e morte il
parenchima con successiva insufficienza renale.
E’ una condizione relativamente frequente (1/400-1000 nati vivi) e comprende il 5-10% dei pazienti
che richiedono trapianto renale o dialisi cronica.
La malattia è sempre bilaterale (i casi monolaterali riportati sono probabilmente imputabili a
diplasia multicistica). Le cisti inizialmente interessano solo alcune porzioni del nefrone così che la
funzione renale è mantenuta fino alla quarta quinta decade di vita circa. La probabilità di sviluppare
IR per mutazioni riguardanti PKD1 è minore del 5% a 40aa, passa a più del 35% a 50aa, supera il
70% a 60aa, arriva al 95% a 70aa. La progressione sembra più accelerata nei neri, nei maschi e in
presenza di ipertensione.
Sebbene il maggior coinvolgimento sia renale, la malattia è sistemica con presenza di cisti in altri
organi.
Un medico viene allertato circa la possibilità dell'ADPKD in tre diverse situazioni: quando
qualcuno riferisce che c'è una storia familiare di ADPKD, quando ci sono segni e sintomi che
comunemente ricorrono nell'ADPKD, o quando viene eseguito un esame diagnostico per qualche
altro motivo e si riscontrano cisti nel rene.
Diagnosi: principalmente ecografia, TC con m.d.c. per sospetto sanguinamento cistico o calcoli
sospetti, eventuale utilizzo di scintigrafia o pielografia, il test genetico è molto costoso, viene usato
di norma solo quando un membro della famiglia non diagnosticato vorrebbe donare un rene al
membro di un'altra famiglia, o quando l'esito di una gravidanza sarebbe alterato se una diagnosi
positiva fosse effettuata nel feto. Lo studio della mutazione nei geni rimane comunque la prova più
accurata quando le cisti non possono essere riscontrate mediante l'esplorazione con ecografia o con
la TC. I due metodi più comuni per svolgere l'analisi del DNA sono la prova di associazione (esige
che parecchi altri membri della famiglia con ADPKD donino campioni di sangue) e il
sequenziamento diretto.
GENETICA E PATOGENESI
Malattia geneticamente eterogenea: sono state infatti individuate tre forme di APDK.
- APDK1: comprende l’85%dei casi. Gene mutato PKD1 sul braccio corto del cromosoma 16.
PKD1 codifica per una proteina di membrana detta policistina 1, localizzata
prevalentemente a livello dei tubuli distali.
Forma più severa: evolve in IR terminale e porta a morte precoce (età media 53aa).
- APDK2: mutazione gene PKD2 sul braccio lungo del cromosoma 4.
PDK2 codifica per policistina 2, proteina integrale di membrana, localizzata in tutti i
segmenti dei dei tubuli renali e in molti tessuti extrarenali, sia al livello della membrana
plasmatica complessato a PDK1, sia nel RE. Recentemente si è ipotizzato agisca come
canale permeabile al calcio.
Forma meno grave: esordisce e provoca insufficienza renale più tardivamente, aspettativa di
vita media 69aa.
- APDK3: esistono rare famiglie in cui la malattia non è imputabile alle 2 forme precedenti 
hp di una ulteriore mutazione.
PDK3 non ancora marcato.
L’hp patogenetica più accreditata si basa sul ruolo di tali proteine nell’interazione cellula-cellula e
cellula-MEC  importante nella crescita e differenziazione delle cellule dell’epitelio tubulare, che
risulta quindi alterata: le cisti infatti sono tappezzate sia da cellule epiteliali che presentano un alto
indice di proliferazione sia da cellule non proliferanti con struttura semplificata e fenotipo
relativamente immaturo.
Appaiono staccate dai tubuli adiacenti e il loro ingrandimento avviene per secrezione attiva di
liquidi da parte delle cellule di rivestimento stesse, le quali producono anche una matrice anomala
con conseguente rimodellamento della MEC.
Inoltre, i fluidi cistici contengono molti mediatori derivati dalle cellule epiteliali che stimolano
formazione di altri liquidi ed inducono infiammazione, con ulteriore ingrandimento delle cisti e
sviluppo di fibrosi interstiziale. E’ stata dimostrata, per esempio, un’aumentata espressione del
recettore dell’EGF e recenti studi hanno documentato come una sua inibizione riduca la formazione
di cisti.
Il meccanismo molecolare alla base della patologia resta cmq ancora incerto  complesso
policistina 1/2 coinvolto nella funzione regolatoria dei livelli intracellulari di calcio? (questo è un
importante secondo messaggero intracellulare mediatore di cascate riguardanti la proliferazione, la
produzione di MEC, la funzione secretoria epiteliale.
ANATOMIA PATOLOGICA
- Macro
I reni sono bilateralmente ingranditi, con forma grossolanamente conservata ma profilo deformato
dalla presenza di cisti multiple che costellano la superficie. La distinzione cortico-midollare è
assente. Il peso può arrivare anche a 3-4 Kg ( v.n. 150 grammi).
Le cisti sono sferiche, presentano un diametro variabile da alcuni millimetri a diversi centimetri, in
genere il contenuto è urinifero (liquido sieroso chiaro o torbido, dal rossastro al bruno) talora
emorragico e sono uniformemente distribuite su corticale e midollare.
Non più del 5% dei nefroni è interessato da dilatazione cistica, mentre il restante parenchima va
incontro ad atrofia e sclerosi successiva a compressione, emorragia, sovrainfezione. Inoltre, le cisti
aumentando di volume possono comprimere calici e pelvi.
- Micro
Le cisti hanno aspetto vario, per questo si ipotizza che qualunque branca del nefrone possa essere
colpita: alcune contengono al loro interno matasse glomerulari o proiezioni papillari, altre sono
tappezzate da epitelio cilindrico dotato di orletto a spazzola, altre sono rivestite da cellule epiteliali
appiattite per compressione del liquido intracistico.
Il parenchima renale residuo può essere normale o avere alterazioni secondarie: nefrite interstiziale
e arteriolosclerosi.
 ARPKD ( autosomal recessive polycystic kidney disease)
Malattia policistica nel bambino. Rara malattia genetica con incidenza 1/6000-1/14000. Il
coinvolgimento è sempre bilaterale. Associato coinvolgimento epatico con sviluppo di fibrosi
epatica congenita periportale per proliferazione e dilatazione dei dotti biliari portali (gravità
patologia renale e epatica sono inversamente proporzionali).
Mutazione a carico del gene PKHD1 sul braccio corto del cromosoma 6, codificante per una
proteina integrale di membrana , fibrocistina, probabilmente coinvolta come recettore di superficie
nello sviluppo dei dotti collettori e dell’albero biliare. Manifestazioni clinicamente rilevanti già alla
nascita: la maggior parte dei bambini nasce morta o non sopravvive al periodo perinatale in quanto
l’importante volume renale solleva il diaframma impedendo un adeguato sviluppo prima ed
espansione poi dei polmoni. Più raramente la manifestazione di malattia è infantile o giovanile:
questi pazienti generalmente presentano minor interessamento renale a discapito di un peggior
quadro epatico con sviluppo di IPTN portale e splenomegalia.
Diagnosi: ecografia prenatale o infantile, biologia molecolare. Di solito nel primo anno di vita 
masse addominali bilaterali.
Complicanze: ipertensione arteriosa, scompenso cardiaco, insufficienza epatica, rottura varici
esofagee, infezioni vie urinarie. Evoluzione in uremia terminale variabile.
- Macro:
I reni sono ingranditi (fino 10-15 volte il normale), forma e profilo sono conservati ma la
distinzione cortico midollare è cancellata. Alla superficie di taglio la corticale e la midollare
appaiono spugnose per la presenza di numerose piccole cisti (1-2-mm, più piccole rispetto a quelle
presenti in APDK); tipico è il riscontro di canali dilatati e allungati disposti ad angolo retto rispetto
alla superficie corticale.
- Micro:
E’ presente dilatazione sacculare o cilindrica a carico dei tubuli collettori e dell’ansa di Henle,
mentre le restanti parti del nefrone sono risparmiate ma compresse. Le cisti hanno rivestimento
uniforme di cellule cubiche che rifletteno la loro origine dai tubuli.
2. Valutare complicanze che si possono verificare nel corso della vita ( ADPKD)
La malattia può presentarsi a qualsiasi età, ma più frequentemente causa i primi sintomi nella terza
decade. Molti pazienti cmq rimangono asintomatici fino ai sintomi dell’ insufficienza renale. La
maggior parte poi sopravvive per anni anni con iperazotemia che progredisce verso l’uremia.
Necessaria dialisi o trapianto
Manifestazioni renali:
 dolore cronico: gravativo, al fianco da stiramento della capsula per distensione delle cisti
 dolore acuto: per infezione, ostruzione del tratto urinario da calcoli o coaguli, emorragia di
una cisti
 ematuria: dovuta generalmente a rottura di un vaso nella parete della cisti, seguita da altri
segni di affezione renale cronica progressiva, quali proteinuria (raramente più di 2gr/24h),
poliuria e ipertensione
 litiasi: colpisce il 25% dei pz, di solito sono calcoli di ossalato di calcio o acido urico. La
stasi urinaria dovuta all’alterazione del sistema collettore riveste un ruolo imp nella
formazione dei calcoli, così come le infezioni renali, l’ipercalcemia e le calcificazioni
 infezione delle vie urinarie: è comune e può coinvolgere la vescica, l’interstizio renale
(pielonefrite) o una cisti (piocisti)
 ipertensione arteriosa: secondaria all’attivazione del sistema renina-angiotensinaaldosterone, in risposta all’ischemia intrarenale dovuta all’alterazione del parenchima
Manifestazioni extrarenali:
 cisti epatiche singole o multiple: 40-60% dei pz, quasi sempre asintomatiche, di derivazione
dall’epitelio biliare. Più raramente possono essere presenti cisti nella milza, nel pancreas e
nel polmone
 diverticolosi del colon: è la principale anomalia extrarenale, i pz inoltre possono manifestare
più facilmente perforazione rispetto popolazione generale con diverticolosi (studi
osservazionali)
 aneurismi a bacca intracranici del poligono di Willis: 10-30% dei pz, dovuti probabilmente
all’alterata espressione di policistine nella tonaca muscolare liscia della parete vascolare.
Nel 4-10% dei casi la morte di pazienti con rene policisticio va imputata all’emorragia
subaracnoidea secondaria alla rottura di questi aneurismi
 prolasso della valvola mitrale: 25% dei pz, inoltre la prevalenza di insufficienza aortica e
tricuspidale è aumentata. Nella maggior parte dei casi queste condizioni restano
asintomatiche.
Il 40% dei pazienti adulti muore per malattia coronarica o malattia cardiaca ipertensiva, il 25% in
seguito a infezioni, il 15% per rottura aneurismi a bacca con ESA o per emorragia intracerebrale su
base ipertensiva.
3. Identificare malattie renali che si manifestano con aspetti cistici
 Displasia cistica renale malattia sporadica causata da un’anomalia della differenziazione
metanefrica con presenza di strutture anomale quali cartilagine, mesenchima indifferenziato
e dotti collettori immaturi nel rene o nella regione renale. Associate malformazioni del tratto
urinario.
Riscontro pediatrico. Forma unilaterale con prognosi eccellente o bilaterale con possibile
insorgenza di IRC; interessamento diffuso, focale o segmentario. Il rene appare ingrandito,
quasi sempre multicistico con cisti di varie dimensioni rivestite da epitelio appiattito.
 Malattia cistica midollare
- Rene a spugna midollare frequente, funzione renale normale, riscontro tardivo,
occasionale o per complicanze secondarie (calcolosi, pielonefrite). Malformazione
congenita dei collettori con patogenesi sconosciuta. Macroscopicamente i dotti
papillari nella midollare appaiono dilatati e possono essere presenti piccole cisti,
spesso contenenti calcificazioni, rivestite da epitelio cubico o talvolta transizionale.
Principalmente bilaterale.
- Nefronoftisi gruppo di affezioni a carattere progressivo che in genere si
manifestano nell’infanzia. Principale causa genetica di IR terminale in bambini e
giovani adulti. Vari geni coinvolti: modalità di trasmissione sia AD che AR. Reni
piccoli con superficie granulosa e cisti anche molto piccole nella midollare,
soprattutto a livello della giunzione, rivestite da epitelio appiattito, circondate da
cellule infiammatorie o tessuto fibroso. Atrofia corticale con danno tubulo
interstiziale (causa di IR), struttura glomerulare conservata.
 Malattia cistica acquisita da dialisi osservata in più della metà dei dializzati per oltre 3
anni. Pz presentano numerose cisti midollari e corticali con diametro massimo di 2cm ,




rivestite da epitelio tubulare appiattito o iperplastico, conteneti liquido chiaro e spesso
cristalli di ossalato di calcio. Si formano probabilmente per ostruzione dei tubuli da fibrosi
parenchimale o da cristalli di ossalato. Complicanza più temuta: carcinoma a cellule renali
nella parete della cisti (7% a 10aa).
Nei pz dializzati il volume renale diminuisce raggiungendo gradi estremi di piccolezza
nell’arco di 2-3 anni (si può arrivare al quadro del rene grinzo). Successivamente si può
verificare un aumento di volume legato proprio alla comparsa di cisti.
Cisti renali semplici  reperto autoptico estremamente comune senza significato clinico,
asintomatiche a meno di complicanze. In genere corticali, singole o multiple, dimensioni
medie 1-5-cm, ma possono superare anche i 10, rivestite da membrana liscia e lucente,
grigiastra, piene di liquido chiaro. Microscopicamente le membrane sono formate da un
unico strato di epitelio cubico, appiattito o atrofico.
Patogenesi  dilatazione tubulare per ostruzione distale
 diverticoli tubulari per aumento della pressione intraluminale
DD radiologica con tumore: contorni lisci e regolari, avascolare, anecogne o ipoecogene all’
ecografia.
Cisti renali in sindromi malformative (sclerosi tuberosa  sdr AD caratterizzata
dall’insorgenza di neoplasie benigne che interessano l’encefalo con sviluppo di epilessia e
ritardo mentale, anomalie cutanee associate, miomi polmonari e cardiaci, interessamento
renale nel 48% dei casi (50% angiomiolipomi, 30% cisti, 2% carcinoma).
Malattia glomerulocistica  rara malattia che può presentarsi sia come forma sporadica
che come forma familiare con modalità di trasmissione autosomica dominante. Il modo di
presentazione ha portato ad ipotizzare che la MGC potesse essere una manifestazione
precoce della malattia policistica di tipo dominante. La ricostruzione dell’aplotipo ha portato
all’esclusione di tale teoria e alla definizione della sua autonomia. Il 25-40% dei glomeruli
mostra una marcata dilatazione dello spazio di Bowman, la matassa glomerulare è ridotta o
rudimentale, la maggior parte dei glomeruli è attaccata alla parete della cisti.
Cisti renali extraparenchimali ( pielocaliceali: diverticoli in comunicazione con un calice
maggiore, un calice minore, o la pelvi; cisti ilari linfatiche)
4. Discutere lesioni a carico delle paratiroidi nei pz con IRC
Sono 4 piccole ghiandole, situate posteriormente alla tiroide, 2 ai poli sup e 2 ai poli inf. Macro:
nodulo giallo scuro ovoidale incapsulato, 35-40 mg. Micro: cellule principali chiare secernenti
PTH (rosa chiaro con EE, poligonali, nuclei centrali rotondi, granuli di PTH in citoplasma); cellule
principali scure (probabilmente fase di riposo delle precedenti, con diverso contenuto in glicogeno);
cellule ossifile (più grandi, con citoplasma eosinofilo e molti mitocondri, assenti granuli secretori,
funzione sconosciuta); adipociti: nell’adulto il 30% delle ghiandole è costituito da tessuto adiposo.
Nell’iperplasia aumentano le cellule principali e diminuiscono gli adipociti.
-Iperparatiroidismo primitivo: dovuto a iperproduzione autonoma e spontanea di PTH. Cause:
adenoma , iperplasia primitiva, carcinoma paratiroideo (MEN).
-Iperparatiroidismo secondario: deriva da una iperattività compensatoria delle paratiroidi ad ogni
condizione associata a depressione cronica del livello sierico di calcio. L’ insufficienza renale
cronica è la causa più comune (altre: ipoapporto calcio con dietra, deficit vit D, steatorrea)  si
associa a una diminuita escrezione renale di fosfati con conseguente iperfosforemia che deprime in
maniera diretta la calcemia in quanto il calcio precipita associato al fosfato. Viene così stimolata
l’attività delle paratiroidi  ↑PTH. Inoltre la perdita di parenchima renale riduce la disponibilità di
α-1-idrossilasi necessaria per sintesi vit D  diminuzione assorbimento intestinale calcio.
Le paratiroidi appaiono iperplastiche, l’ingrandimento non è per forza simmetrico. Il peso può
aumentare fino a 1-2 g
Microscopicamente se ne conoscono 2 forme: iperplasia di cellule principali in cui il tessuto
iperplastico è diviso in noduli da setti fibrosi, iperplasia di cellule water-clear (cellule grandi con
citoplasma chiaro e vacuolizzato).
Possono essere presenti alterazioni ossee (osteodistrofia renale), calcificazioni in molti tex tra cui
polmone, cuore, stomaco e sistema vascolare (danni ischemici in cute o altri organi: calcifilassi),
nefrolitiasi e nefrocalcinosi (calcificazioni nell’interstizio e nei tubuli renali). Alterazioni ossee:
osteomalacia  iperattività osteoclasti con riass spt metafisi ossa lunghe e deposizione trabecole
simil osteoporotiche fratture.
Le alterazioni in genere sono meno gravi che nella forma primaria.
-Iperparatiroidismo terziario: in una minoranza di pazienti l’attività paratiroidea di una ghiandola
può diventare autonoma ed eccessiva con sviluppo di ipercalcemia e depressione dell’attività delle
altre 3 ghiandole  richiede asportazione chirurgica delle paratiroidi.
Esami istologici sul rene tra piantato:
1° BIOPSIA (7 giorni dopo il trapianto): frammento di rene con quadro di necrosi tubulare acuta.
2° BIOPSIA (6 mesi dopo il trapianto): frammento di rene con lesioni tubulari (vacuolizzazione
isometrica dell’epitelio) da danno tossico acuto da farmaci.
3° BIOPSIA (23 mesi dopo il trapianto): il reperto microscopico ottico è indicativo per una
glomerulopatia cronica da trapianto. La positività granulare lungo le membrane basali per IgG e
C3 all’indagine immunoistochimica ed il riscontro di depositi subepiteliali all ‘indagine in
microscopia elettronica sono indicativi per una GN membranosa (cx novo) sovrapposta alla
glomerulopatia cronica da trapianto.
PUNTI DA APPROFONDIRE:
1. identificare i vari tipi di necrosi tubulare acuta e, in particolare, quelli nei pazienti trapiantati.
2. Inquadrare il danno farmacologico a carico dei reni e discutere gli aspetti del danno acuto e
cronico nei pazienti trapiantati.
3. Identificare il quadro morfologico caratteristico della glomerulopatia da trapianto nelle sue fasi
acuta e cronica.
4. Inquadrare il problema della GN (recidiva o “cx novo”) nel rene trapiantato.
5. Identificare le procedure diagnostiche utili per individuare nel rene trapiantato: a) necrosi
tubulare acuta; b) danno tossico da farmaci; e) rigetto; d) sovrapposizione di altre condizioni
patologiche.
1. Identificare i vari tipi di Necrosi Tubulare Acuta, in particolare nel pz trapiantato
La necrosi tubulare acuta (ATN) è caratterizzata morfologicamente dalla distruzione delle cellule
epiteliali tubulari e clinicamente da una insufficienza renale acuta (IRA). Può essere ad eziologia
tossica o ischemica. Se la diagnosi è precoce ed è rimosso il fattore eziologico, ATN è
generalmente una condizione reversibile con restituito ad integrum. I fattori patogenetici chiamati in
causa sono il danno tubulare e il grave disturbo di flusso ematico al rene.
Meccanismi patogenetici che concorrono a determinare IRA:
Fase ripartiva:
-
dispersione retrograda del liquido tubulare nell’interstizio per necrosi epiteliale e
discontinuità M.B.  compressione tubulare per ↑ p interstiziale arresto
progressione preurina
ostruzione del lume tubulare da parte di cilindri e cell necrotiche  arresto flusso e
facilitazione della dispersione retrograda
vasocostrizione arteriolare (att. sist. renina-angiotensina, ↑endotelina, ↓NO,
↓prostaglandine)
azione diretta ischemizzante di sostanze tossiche
epiteli bassi, mitosi
ricostituzione organelli cellulari
ricostituzione dei microvilli
 ATN ISCHEMICA :
Cause:
1.
2.
3.
4.
5.
6.
Shock post traumatico o sindrome da schiacciamento
Ipotensione da IMA
Shock intra/post operatorio
Emoraggia post partum
Emoglobinuria da trasfusione incompatibile
Mioglobinuria da rabdomiolisi traumatica o non traumatica (alcol, malattie
muscolare)
7. Peritonite diffusa, stati settici
8. Disidratazione grave
9. Ustioni estese
10. Pancreatine acuta
11. Sindrome epato-renale
Quadro macroscopico: reni aumentati di volume e di peso, edematosi, con consistenza ridotta. La
corticale è pallida e la midollare è congesta.
Quadro microscopico skip lesions (la necrosi tubulare è parcellare e colpisce segmenti
relativamente brevi di tubuli  tratti più colpiti: pars recta TCD e ansa di Henle.
Reperto polimorfo:
-
il TCP è dilatato e rivestito da cellule epiteliali appiattite, prive di microvilli;
l’ansa di Henle presenta cilindri ialini eosinofili e granulosi pigmentati costituiti
dalla proteina di Tamm- Horsfall (glicoproteina urinaria normalmente secreta dal
tratto ascendente dell’ansa e dai tubuli distali), Hb, mioglobina e altre proteine
plasmatiche;
- il TCD mostra le lesioni più gravi: desquamazione cellulare endoluminale, necrosi
coagulativa dell’epitelio e tubuloressi (scomparsa a tratti della MB  viene a
mancare la guida per la rigenerazione delle cell tubulari!).
L’interstizio peritubulare appare edematoso. C’è accumulo di leucociti (PMN) entro i vasa recta
dilatati.
Nelle fasi successive, se si ha rigenerazione delle cellule tubulari, viene ristabilita la funzione
renale.
 ATN NEFROTOSSICA:
Avviene per assunzione di farmaci o contatto con particolari sostanze chimiche. In generale se le
sostanze nefrotossiche sono riassorbite causeranno un danno principalmente al tubulo contorto
prossimale (dd ATN ischemica); tuttavia possono essere colpiti anche il tratto ascendente dell’ansa
di Henle e il tubulo distale.
Quadro microscopico: le lesioni sono più gravi e più diffuse lungo tutto il TCP; non c’è
tubuloressi. Necrosi tubulare senza quadri specifici; con inclusioni citoplasmatiche (mercurio),
steatosi (tetracloruro di carbonio); con deposizione di ossalati (glicole etilenico)
Cause:
1. Antibiotici: Il danno è dose-dipendente. L’azione tossica è diretta o immunomediata. Sono
soprattutto implicati gli aminoglicosidi (es. gentamicina, streptomicina), tetracicline,
cefalosporine, anfotericina B (antifungino). Il meccanismo patogenetico è il danno
ossidativo per riduzione del metabolismo dei mitocondri.
2. Sali di Mercurio: La modalità di contatto è assai varia: esposizione professionale, in tracce
in alcuni diuretici, assunto a scopo abortivo, a scopo anticonservativo, usato come
antisettico, ecc. Causa necrosi coagulativa nei tubuli prossimali, con edema e infiltrato di
mononucleati. Reperto tipico e precoce è l’incrostazione calcarea dell’epitelio del tubulo
necrotico. Durante l’intossicazione è frequente l’associazione con enterocolite necroticoemorragica. L’intossicazione da Hg può anche essere cronica (tubulopatia mercuriale
cronica)
3. Glicole etilenico: Usato come detergente o anticongelante. Può causare IRA, disturbi
neurologici, edema polmonare, shock e morte. Rigonfiamento cellulare e accumulo cristalli
di ossalato di calcio nei lumi
4. Tetracloruro di carbonio (CCl4): E’ un solvente organico che può causare la formazione di
cilindri pigmentati tubulari e accumulo di grassi neutri nelle cellule tubulari
5. MdC Radiopaco: Soprattutto se ionico, può causare IRA, con precipitazione di cilindri ialini
intratubulari. Pz a rischio sono quelli con MM e nefropatia diabetica.
6. Anestetici: (es. metoxil fluorano e alotano) Possono causare precipitazione di cristalli di
ossalato di calcio.
7. Altre sostanze: es. Ossido di carbonio, Cloruro di K, Sali di uranio, Insetticidi, Veleni
fungini, Barbiturici, Salicilati, FANS, farmaci antitumorali e immunosoppressori.
DECORSO NTA (per entrambe le forme)
1. fase iniziale: (ca. 36 h) è il periodo in cui agiscono gli eventi scatenanti, si ha una
modesta riduzione del flusso urinario
2. fase di mantenimento: si sviluppa IRA con anuria e squilibri idroelettrolitici che vanno
corretti, ricorrendo eventualmente alla dialisi
3. fase di guarigione: si ha un aumento del flusso urinario (anche 3 litri/die) per perdita di
Na+ e K+ dai tubuli lesi. La funzione renale viene poi ricostituita.
ATN sul rene trapiantato:
E’ una complicanza che può insorgere dopo poche ore o dopo alcuni giorni. E’ molto rara nel
trapianto da vivente mentre è relativamente più frequente nel trapianto da cadavere (5-30% dei
casi). L’avvento di una ATN è una complicanza grave e può ridurre la sopravvivenza del trapianto a
5 anni del 10-15%. Clinicamente si manifesta con oliguria o anuria. Alcuni autori hanno proposto
anticorpi monoclonali o globuline antilinfocitarie per la terapia, ma con risultati poco incoraggianti.
In realtà non c’è una terapia specifica e bisogna attendere il ripristino della funzione renale (in
genere in 1-4 settimane). Nel frattempo si dovrà somministrare terapia immunosoppressiva ed
eventualmente ricorrere alla dialisi. La ciclosporina (CyA) è nefrotossica quindi alcuni centri
trapianto monitorano costantemente i livelli ematici di CyA per evitare di sommare al danno
ischemico la tossicità del farmaco; altri centri sospendono totalmente la CyA in corso di ATN.
Nel nostro caso la biopsia in 7° giornata dopo il trapianto mostra un quadro di ATN. Le possibili
cause possono essere:

Sofferenza ischemica del rene trapiantato che si fa sentire subito sui tubuli. Correla
soprattutto con il tempo di ischemia fredda e calda. Se le aree di ischemia fossero maggiori
avremmo potuto avere un infarto renale acuto (se ischemia localizzata) o necrosi corticale
acuta (se ischemia diffusa)
- infarto renale ischemico, spt da emboli trombotici di origine cardiaca: lesione
corticale a cuneo per occlusione a. interlobulari, trapezoidale per occlusione a.
arciformi. Risparmio della cotrex corticis. Area bianco giallastra asciutta con alone
emorragico, evoluzione cicatriziale con infossature. Lesioni necrotiche con primitivo
danno vascolare.
(Infarto emorragico è molto più raro, trombosi diramazione vena renale; spt in
bambini; organo tumido, rosso cupo)
- necrosi corticale, spt per shock ostetrico, settico, chirurgia estesa. Necrosi
ischemica della corteccia di Bertin con risparmio cortex corticis e zona
iuxtaglomerulare (ricevono sangue rispettivamente dalla capsula e della midollare
Necrosi tubuli, glomeruli, interstizio, vasi; trombi intravasali per necrosi che
peggiorano situazione, infiltrazione PMN. Lesioni necrotiche senza primitivo danno
vascolare.
 Calo pressorio nelle arterie del rene trapiantato come complicanza durante la manovra di
espianto dell’organo
 Danno da riperfusione o complicanza post chirurgica (suture vascolari accidentali)
 ATN già presente nel rene del donatore. In questo caso non c’è controindicazione al
trapianto perché il quadro di ATN può risolversi nel ricevente anche dopo un breve periodo
di dialisi.
 ATN nefrotossica da farmaci immunosoppressori antirigetto (danno da inibitori delle
calcineurine)
Il quadro microscopico di ATN sul graft è simile a quello del rene nativo.
2. Inquadrare il danno farmacologico sul rene trapiantato e discutere gli aspetti di danno
acuto o cronico
Attualmente i farmaci immunosoppressori utilizzati contro il rigetto di trapianto renale sono:



Glucocorticoidi
Inibitori delle calcineurine: Ciclosporina A (CyA) e Tacrolimus (Fk506). Si legano alle
immunofilline formando un complesso che lega e inibisce la calcineurina, enzima che
promuove la trascrizione del gene dell’IL-2, fondamentale per l’attivazione e la
proliferazione dei linfociti T.
Antimetaboliti: Azatioprina, Sirolimus, Mofetil Micofenolato (MMF)
La nefrotossicità riguarda essenzialmente la CyA e Fk506 (effetto immunosoppressivo 10-100
volte più potente) e può essere:

Tossicità acuta:
lesioni lievi: vacuolizzazione tubulare isometrica (uniformità di grandezza dei vacuoli) che
riguarda soprattutto il tubulo prossimale
lesioni gravi: microangiopatia trombotica, simile al quadro della sdr emolitico-uremica
(edema mucoide della parete arteriolare per deposizione di fibrina, trombosi dei capillari
glomerulari e dei vasi); può portare al rigetto del trapianto

Tossicità cronica  arterie e arteriole appaiono ispessite in toto per deposizione concentrica di
materiale proteico (arteriolopatia ialina); fibrosi interstiziale “a banda” (strie di fibrosi con
tubuli atrofici e campi di parenchima indenne)
Nel nostro caso la biopsia sul rene trapiantato dopo 6 mesi mostra lesioni tubulari tipiche da danno
tossico acuto di lieve entità, con vacuolizzazione isometrica dell’epitelio. Questo evento è frequente
come lesione causata da farmaci inibitori delle calcineurine (soprattutto da CyA) e, se di modesta
entità, non è un danno grave. (NB: non riguarda tutti i farmaci immunosoppressori: es. i
corticosteroidi non danno questo tipo di lesioni). La nefrotossicità da CyA si manifesta clinicamente
sia come ritardo della ripresa funzionale del nuovo rene trapiantato, sia come blocco funzionale di
un trapianto già funzionante (è questo il nostro caso). Per tale motivo bisogna sempre mantenere il
farmaco in un range plasmatico precedentemente stabilito come “sicuro” anche se questo non dà
l’assoluta certezza di non tossicità. Manca infatti una chiara correlazione tra concentrazione
plasmatica e reazioni avverse.
3. Identificare il quadro morfologico tipico della Glomerulopatia da trapianto nelle sue fasi
acuta e cronica
Nel nostro caso la biopsia dopo 23 mesi dal trapianto mostra un quadro di glomerulopatia cronica
da trapianto, con sovrapposta una GN membranosa insorta ex novo.
La glomerulopatia cronica da trapianto è sinonimo di glomerulopatia da rigetto cronico. E’
frequentemente responsabile di sindrome nefrosica in pz trapiantati o di insuccesso di trapianto
dopo almeno un anno di vita. E’ il risultato di persistenti e ripetute risposte immuni dirette contro
l’endotelio solo parzialmente contrastate dalla terapia. Talvolta ripetendo la biopsia si evidenzia che
la glomerulopatia da trapianto è la sequela di episodi di glomerulite da trapianto (corrispettivo
acuto della forma cronica).
I quadri istologici del rigetto sono cambiati rispetto al passato, dopo l’introduzione di farmaci
immunosoppressori più nuovi e più potenti. Una conferenza a Banff (1995) ha proposto nuovi
criteri per l’analisi semiquantitativa del rigetto e la standardizzazione di una nuova nomenclatura:

Iperacuto: è diventato assai raro dato che attualmente non si fanno più trapianti quando il crossmatch immunologico è positivo. Si evidenzia dopo pochi minuti o ore dal trapianto per
incompatibilità di gruppo sanguigno o per presenza di Ig contro i linfociti del donatore o contro
antigeni del rene trapiantato.
- Aspetto macroscopico: rene rigonfio, di ridotta consistenza, cianotico. Se non rimosso
subito, dopo alcuni giorni compare necrosi corticale emorragica.
- Aspetto microscopico: Nei vasi c’è accumulo di PMN, fibrina, piastrine, con successiva


formazione di trombi. Compare necrosi arteriolare.L’entità del rigetto correla con la
presenza di anticorpi circolanti preformati contro antigeni del donatore.
Accelerato: simile al precedente, si instaura però in settimane; può presentarsi con aree
interessate e aree risparmiate, aggiunta di fenomeni vasculitici che nell’iperacuto non fanno in
tempo a realizzarsi.
Acuto: si evidenzia dopo alcuni giorni o settimane dal trapianto, talvolta dopo mesi. La diagnosi
si basa su sintomi e segni clinici, esami ematochimici, asame urine e istologico sul rene
trapiantato. Oggi grazie alla potente terapia immunosoppressiva, i sintomi clinici sono sempre
più sfumati e la diagnosi di certezza si ha solo con la biopsia.
Aspetto macroscopico: rene rigonfio e corticale pallida. Presenza di focolai emorragici.
Midollare congesta.
- Rigetto acuto cellulare (tubulo-interstiziale): l’elemento diagnostico è rappresentato
dall’aggressione tubulare da parte di elementi linfoidi (tubulite): se infatti l’infiltrato è
confinato all’interstizio non si ha rigetto. Risponde a terapia immunosoppressiva.
Aspetto microscopico: necrosi tubulare e infiltrato di mononucleati ( linfociti T)
interstiziale. L’infiltrato di linfociti e macrofagi è patognomonico.
- Rigetto acuto umorale (vascolare): quando il rigetto progredisce c’è un maggior
interessamento vascolare del graft: l’evoluzione è rapidamente sfavorevole e risponde
meno bene alla terapia immunosoppressiva. Spesso richiede l’espianto del trapianto.
Colpisce soprattutto arterie di piccolo e medio calibro: necrosi fibrinoide della parete,
rigonfiamento dell’endotelio e infiltrato nell’intima di mononucleati (macrofagi
schiumosi), con successiva trombosi occludente e nei casi più gravi anche necrosi
tubulare. Il danno vascolare può inoltre peggiorare fino al restringimento del lume vasale
anche per proliferazione dei miofibroblasti. Ci sono congestione dei capillari e fenomeni
emorragici diffusi.
Questa distinzione non è più completamente vera: c’è sempre infatti una mediazione cellulare in
entrambe le forme.
Condizione estrema del rigetto acuto vascolare è la glomerulite: il processo si espande e
interessa i capillari e i glomeruli, i quali presentano un’ipercellularità da raccolta endocapillare
di linfociti e macrofagi.
La diagnosi differenziale tra scarsa funzionalità renale per rigetto acuto o per nefrotossicità
indotta da CyA o Tacrolimus non è semplice e talvolta anche la biopsia non è dirimente. Di
difficile diagnosi è anche un rigetto acuto in corso di una ATN.
Un rigetto acuto può anche insorgere dopo diversi anni di trapianto con buona funzione renale
per brusca interruzione della terapia immunosoppressiva.

Cronico: dal punto di vista clinico si ha una graduale e ingravescente perdita di funzione renale
( proteinuria ,ematuria microscopica, ipertensione e progressivo aumento della creatininemia).
Anche il rigetto cronico può essere umorale o cellulare ed è la conseguenza di successivi
episodi acuti, spesso subclinici. Si riporta lo schema di Banff utilizzato per l’analisi
semiquantitativa della progressione del danno renale cronico.
BANFF SCORING PER IL RIGETTO CRONICO:
fibrosi interstiziale
atrofia tubulare
glomerulopatia da trapianto
incremento della matrice mesangiale
livello 0
1
2
3
0
1
2
3
0
0
1
1
2
2
3
3
fibroproliferazione intimale arteriosa
0
1
2
3
Aspetto macroscopico: ipertrofia compensatoria
e superficie
liscia o con cicatrici da pregressi
infarti.
ialinosi
arteriolare
0
1
2
3
Aspetto microscopico: se ne distinguono 2 aspetti, spesso associati:
- Arteriopatia cronica da trapianto  numerosi cicli di danno immunologico endoteliale
comportano fibroplasia dello strato intimale della parete con trombosi focale e occlusione 
restringimento e quindi ↓ afflusso ematico (danno concentrato nel vaso, spt arterie arciformi e
interlobulari). Tonaca media atrofica. Conseguenze: glomeruli ischemici, atrofia tubulare focale o
diffusa, fibrosclerosi interstiziale.
- Glomerulopatia cronica da trapianto  danno glomerulare simile a microangiopatia trombotica
(questo suggerisce la possibilità di una patogenesi ischemica o di meccanismi di coagulazione
intravascolare).
I glomeruli presentano parete capillare ispessita per duplicazione della MB glomerulare e mesangio
ampliato per aumento della sostanza fondamentale. La mb glomerulare duplicata (per raccolta
materiale sottoendoteliale, senza interposizione di cellule) è visibile in PAS reazione o
impregnazione argentina. L’interessamento glomerulare (con successiva sclerosi) può essere
segmentale o globale. Ci possono essere aree con quadro di glomerulite da trapianto. Riscontro di
slaminamento e reduplicazione delle M.B. dei capillari peritubulari (ATTENZIONE: SCOPERTO
DA MONGA!!!)
IF: sono patognomonici di glomerulopatia cronica da trapianto i depositi di C4d sulle pareti capillari
(ma sono presenti solo nel 10-30% dei casi). C’è spesso positività per IgM a livello mesangiale e/o
della mb glomerulare, talvolta con C3. Depositi di IgG diffusi (granulari o lineari) sono più
suggestivi di una glomerulopatia de novo o ricorrente piuttosto che di glomerulopatia da trapianto.
ME: si evidenziano depositi glomerulari e peritubulari, ispessimento della mb glomerulare,
allargamento dello spazio subendoteliale per raccolta di materiale simile al plasma, con lamina
densa neoformata e detriti cellulari. La microscopia elettronica è diagnostica nel 40% di casi in più
rispetto alla microscopia semplice.
NB: La maggior parte dei pazienti con depositi di C4d ha anticorpi circolanti anti HLA del
donatore.
4. Inquadrare il problema della GN (recidiva o ex novo) nel rene trapiantato
Sono più comuni le GN recidive (17% dei casi) rispetto alle GN ex novo (1-5% dei casi)
GN RECIDIVA O RICORRENTE
Se la causa di perdita della funzione renale è stata una GN, questa può ricorrere anche sul rene
trapiantato e può essere confusa con un rigetto cronico (numericamente più frequente). Sono molto
più probabili recidive di patologie glomerulari, rispetto a malattie interstiziali, e la recidiva è più
frequente in pz che hanno avuto GN a rapido decorso. Nell’allotrapianto l’incidenza di recidiva è
tanto maggiore quanto più alta è la compatibilità tra donatore e ricevente. Il rischio e l’entità delle
recidive variano a seconda della tipologia della GN (≈ 100% per DDD, 40-50% per GSFS, 25% per
GN IgA). In ogni caso solo il 2-4% degli organi trapiantati sono persi per le GN recidiva, che quindi
solo di rado costituisce una controindicazione al trapianto (ossalosi: la deposizione di ossalati causa
arresto della funzione renale dopo poche settimane dal trapianto).
Inoltre la gravità clinica della malattia è diversa, evolve più lentamente e può essere asintomatica
(sono pz immunocompromessi in tp)
 GN a depositi densi: adolescenti e giovani adulti, evolve rapidamente in IRC, c’è
ipocomplementemia. Patogenesi incerta: autoimmune (presenza autoIg circolanti - fattore
nefritico C3) o dismetabolica (alterazione composizione mb e riscontro di glicoproteina
ricca in acido sialico nei depositi). Associata alle membranoproliferative solo per la
presenza di depositi mesangiali.
MO: mb ispessite, scarsa proliferazione mesangiale. IS: positività mesangiale ad anello per
C3. ME: presenza di depositi nastriformi continui elettrondensi nella gmb, nella capsula di
Bowman e nei tubuli.
 Glomerulosclerosi focale e segmentaria: spt età pediatrica, sdr nefrosica. Patogenesi
incerta, si osserva in diverse nefropatie. MO: sclerosi glomerulare per collasso anse capillari
e aumento della sostanza mesangiale, lieve e incostante proliferazione mesangiale, presenza
di macrofagi con citoplasma schiumoso. IF: IgM e C3 nelle aree di sclerosi. ME: fusione
pedicelli, distacco podocitario dalle mb.
 GN di Berger a depositi di IgA: inizia tra i 20-30 anni, la più comune GN in Italia
(>25%); causa ematuria, fasi di remissione. MO: proliferazione mesangiale focale e
segmentaria con evoluzione in sclerosi. IS: depositi granulari IgA e C3 in sede mesangiale.
Cause autoimmuni per la formazione di immunocomplessi circolanti. La recidiva è dovuta al
persistere del meccanismo autoimmune anche sul rene trapiantato per mimetismo
molecolare dell’antigene contro cui sono prodotte le IgA.
GN EX NOVO
Il quadro morfologico è diverso dal precedente. Può insorgere per nuovi stimoli antigenici di tipo
infettivo (es. CMV, EBV, HBV) o altri antigeni liberati dal trapianto. Sono cmq pz immunodepressi
con organi non loro formazione di immunocomplessi con scarso eccesso di Ig o Ag.
Le GN ex novo più comuni sono :

GN membranosa: ha in genere aspetti più focali sul rene trapiantato rispetto ad un rene
nativo per la costante immunodepressione
della terapia antirigetto. Si manifesta
clinicamente con sindrome nefrosica, a decorso cronico. Patogenesi immunitaria, con IC
montanti in situ. Forma idiopatica (molto frequente nell’adulto) e forma secondaria (LES,
farmaci…). MO: assenza ipercellularità, mb ispessite, spikes che separano i depositi
regolarmente distribuiti sul versante epiteliale di mb sclerosi mesangio, fibros interst,
atrofia tubulare e danno vascolare. IS: depositi granulari IgG e C3 in mb glomerulari (nel
mesangio in forme secondarie).
ME: fusione pedicelli, depositi sottoepiteliali, mb tarlata.

GN membranoproliferativa a depositi sottoendoteliali: predilige bambini e adolescenti, si
manifesta con sindrome nefritica-nefrosica. MO: è una GN proliferativa diffusa con
glomeruli ipercellulari per proliferazione mesangiale, slaminamento della mb a doppio
contorno (“a rotaia di tram” - impregnazione argentica) per interposizione di cell mesangiali
iperplastiche. ME: depositi mesangiali sottoendoteliali elettrondensi. IS: positività
granulare per IgG e C3 a livello della mb e del mesangio.
Nel nostro caso la biopsia dopo 23 mesi di trapianto mostra una positività granulare lungo le mb
per IgG e C3 all’indagine immunoistochimica e depositi subepiteliali all’indagine in microscopia
elettronica: questi quadri sono suggestivi proprio di GN membranosa.
5. Procedure diagnostiche sul rene trapiantato per diagnosi di: a) ATN; b) Danno tossico da
farmaci; c) Rigetto; d) Sovrapposizione di altre patologie
A) ATN:
-
-
si sospetta per insorgenza di oliguria immediata o dopo un breve periodo di iniziale
funzionamento del graft.
scintigrafia renale, fatta in serie per evidenziare la diminuzione del flusso sanguigno; non è
invasiva e offre importanti info morfo-funzionali. In genere, viene effettuata una prima
scintigrafia nei primi 3-6 giorni dopo il trapianto per valutare la ripresa funzionale del rene e
"fotografare" la situazione di base alla quale raffrontare i successivi controlli che devono essere
effettuati a cadenze prestabilite o anticipati, nel caso un peggioramento dello stato del paziente
faccia
sospettare
una
complicanza
in
atto.
E' importante che tra un controllo e l'altro non vengano modificate le condizioni tecniche e il
radiofarmaco usato, per non introdurre variabili indesiderate che possano alterare
l'interpretazione dell'indagine confrontata con le precedenti. il quadro classico è:
 perfusione pressochè normale;
 progressivo, lento accumulo intraparenchimale del radiofarmaco;
 assente visualizzazione delle vie escretrici;
 curve renografiche in progressivo accumulo.
biopsia renale: per la diagnosi differenziale di sovrapposizione di rigetto alla NTA. È un evento
comune e la dd può essere difficile senza l’esecuzione di una biopsia.
B) Danno tossico da farmaci:
-
-
gli inibitori della calcineurina possono portare a un deterioramento della funzione renale in
maniera simile a un episodio di rigetto; infatti i processi di rigetto tendono ad essere più subdoli
in presenza di tali inibitori, tanto che l’unico modo per formulare la diagnosi è la biopsia renale;
in realtà non esistono lesioni tipiche che consentano di porre diagnosi di tossicità da inibitori
della calcineurina, ma alcuni autori le mettono in relazione con:
 danno vascolare e interstiziale permanente per vasocostrizione dell’arteriola renale
afferente dopo somministrazione ad alte dosi
 fibrosi interstiziale
 vacuolizzazione tubulare isometrica e delle pareti arteriolari
il dosaggio dei livelli ematici del farmaco può essere utile in caso di somministrazione di
quantità elevate o ridotte, ma non è correlato in maniera precisa con la funzione renale.
Valutazioni ripetute possono comunque essere utili.
C) Rigetto:
-
-
-
si sospetta per incremento della creatininemia con o senza riduzione del volume urinario;
raramente sono presenti febbre, sudorazione e dolorabilità. La sintomatologia è tanto florida nel
rigetto iperacuto quanto silente in quello cronico
scintigrafia renale e arteriografia dell’art. renale: possono essere utili per valutare i
cambiamenti di vascolarizzazione e il flusso ematico renale, anche in assenza di flusso urinario.
Raramente si verifica una trombosi dell’arteria renale.
ecografia: di scelta per la valutazione dell’ostruzione urinaria o confermare la presenza di
raccolte perirenali di urina, sangue o linfa.
biopsia renale classica è attualmente la metodica morfologica di primo livello per la diagnosi
certa di rigetto di trapianto ( iperacuto, acuto, cronico). La metodica di biopsia con ago sottile
FNAB si è dimostrata poco utile perché non consente di vedere appieno i glomeruli, tubuli,ecc.
Un tempo è stata proposta per lo studio del fenotipo dell’infiltrato cellulare interstiziale del
trapianto per diagnosi di rigetto con visualizzazione dei linfociti, ma con scarso successo (es. se
ci sono linfociti non ho termini di paragone..).
D) Sovrapposizione di altre patologie:
-
Recidiva di malattia primitiva: GN, patologie del collageno, malattie metaboliche 
biopsia.
-
GN insorte ex novo  biopsia
Complicanze tecniche insorte durante la manovra di trapianto, per es. ATN  biopsia.
Complicanze non tecniche:
 Infezioni: sono le più temibili data la costante immunosoppressione nel paziente trapiantato.
 Infezioni batteriche: più comuni durante il primo mese post-trapianto; si localizzano
soprattutto alle vie urinarie (esami ematochimici e esame delle urine, eventualmente
urocoltura); infezioni sistemiche sono frequenti, pur in assenza di focolai noti, anche
se le infezioni della ferita con o senza fistole urinarie sono più comuni (emocoltura);
polmoniti a decorso rapido, con possibilità di morte entro 5 giorni dall’esordio
(procedure aggressive sono frequentemente indicate: biopsia transbronchiale e a
polmone aperto).
 Infezioni virali: la più frequente è da CMV; in genere non lo si evidenzia fino alla
fine del primo mese. Può associarsi o essere confusa con episodi di rigetto (rilievo di
antigeni circolanti del CMV, aumento IgM per CMV, PCR, dimostrazione del virus
nella biopsia su tessuto infetto, esame colturale del CMV da sangue periferico).
 Infezione da Polyomavirus nel paziente trapiantato: la sua negatività all’esame delle
urine (valutazione mediante PCR) è predittiva di non interessamento renale che a sua
volta è un fattore prognostico positivo sulla durata del trapianto. Nefropatia da BKV:
l’infezione primaria si verifica generalmente nell’infanzia e nei soggetti
immunocompetenti si risolve con la produzione di Ig specifiche. Il virus rimane
latente a livello del tessuto renale e di linfociti B. In caso di compromissione del
sistema immunitario per tp immunosoppressiva post-trapianto il virus può riattivarsi
e dare un quadro di nefropatia da BKV  tubulite (cellule grosse con nuclei
voluminosi, si riscontrano anche all’esame urine). Dx mediante biopsia renale:
immunoistochimica con Ig antiSV40 (virus della scimmia - elevata analogia). Perdita
dell’organo in circa 3-5-% dei casi.
Il virus può dare anche quadri di: GN in bimbi con immunodeficienza, cistite
emorragica in trapiantati di midollo.



 Infezioni opportunistiche micotiche: sono tipiche del paziente immunodepresso.
Ipercalcemia: può indicare incapacità delle paratiroidi iperplastiche di tornare a condizioni
di normalità. La diagnosi si basa sugli esami ematochimici (aumento di calcio e PTH) e
sull’imaging (ecografia e scintigrafia delle paratiroidi)
Tumori: quelli più frequenti nel paziente trapiantato ( probabilmente a causa della ridotta
immunosorveglianza sui cloni mutati dovuto alla terapia immunosoppressiva) sono: linfomi,
tumori cutanei, tumori della cervice uterina, tumore del rene, sarcomi, tumore epatobiliare.
Trombosi vasale: particolarmente importante, nella prima settimana post-trapianto, è il
monitoraggio della vascolarizzazione venosa realizzabile con la tecnica ecografica ecocolor-doppler: ogni eventuale riduzione di calibro dei vasi venosi o arteriosi è indice di
trombosi del vaso stesso, complicanza molto temibile che può essere contrastata con
appropriata terapia anticoagulante.
RISCONTRO AUTOPTICO
ESAME ESTERNO GENERALE E FENOMENI POST-MORTALI
Condizioni generali buone.
Macchie ipostatichc fino alla linea ascellare media.
Rigidità presente in parte risolta.
APPARATO TEGUMENTARIO
Cicatrici chirurgiche in corrispondenza del collo (esiti di paratiroidectornia), della regione lombare
dx (esiti di nefrectomia) ed iliaca sx (esiti di trapianto).
SISTEMA NERVOSO CENTRALE
Emorragia subaracnoidea con inondazione del 3° e del 4° ventricolo.
Aneurisma a bacca, rotto, del diametro di 1 cm, alla confluenza fra arteria cerebrale posteriore e
comunicante posteriore dx.
PUNTI DA APPROFONDIRE:
1. Ricostruire le modalità di formazione degli aneurismi cerebrali.
2. Ricostruire la dinamica della rottura e le possibili conseguenze.
3. Valutare le diverse possibilità di identificazione degli aneurismi nel vivente e nel cadavere.
4. Identificare altre cause di emorragia subaracnoidea.
5. Definire i possibili rapporti fra presenza di aneurisma cerebrale e contesto clinico del paziente.
1. Modalità di formazione degli aneurismi cerebrali
Aneurisma cerebrale: dilatazione circoscritta delle arterie intracraniche di forma varia, ma
generalmente sacculare (“a bacca”) , la quale si forma per progressivo sfiancamento di un piccolo
tratto della parete arteriosa là dove vi è stata perdita della lamella elastica; la parete dell’aneurisma
per questo è estremamente fragile e suscettibile di rottura in quanto priva della normale protezione.

Congenito “a bacca” (sacculare): non presente alla nascita ma si sviluppa nel tempo per la
presenza di difetti congeniti a livello della media. Generalmente si rivela nel quinto
decennio. E’ il tipo più frequente di aneurisma intracranico (95%), si localizza a livello delle
biforcazioni delle arterie intracraniche di grosse e medie dimensioni, la rottura avviene nello
spazio subaracnoideo delle cisterne basali e spesso nel parenchima adiacente. Circa l’8590% degli aneurismi si forma nella circolazione anteriore (circolo del Willis) [40%
biforcazione tra cerebrale anteriore e comunicante ant, 34% a livello della biforcazione della
cerebrale media, 20% tra ar media e carotide interna, 4% all’apice dell’arteria basilare].
Circa il 20-30% pz hanno aneurismi multipli, in sedi speculari bilateralmente.
Il nostro paziente ha un aneurisma di 1 cm alla confluenza tra arteria cerebrale posteriore e
comunicante posteriore destra, rarissimo!!!!!
Vi è un aumentato rischio nei pz con malattie sistemiche ereditarie (rene policistico,
sindrome Ehlers Danlos tipo IV, neurofibromatosi tipo I e sindrome di Marfan), pz con
displasia fibromuscolare delle arterie exracraniche e coartazione aortica. Fumo di sigaretta e
ipertensione (54% pz) sono fattori predisponesti riconosciuti.
Anatomia patologica: l’aneurisma presenta un sacco sottile costituito esclusivamente da
intima ialina, il contenuto in genere è trombotico (trombi laminari in via di organizzazione).
Il colletto è molto stretto e presenta: frammentazione e degenerazione della limitante elastica
interna elastica, interruzione della media. Talvolta la parete può risultare calcifica (utile
reperto radiografico per orientamento diagnostico in vita). .
Inizialmente è contenuto nello spazio sub aracnoideo ma progressivamente può prendere
contatto con le formazioni cerebrali limitrofe nelle quali si scava una nicchia: raramente cmq
dà sintomi a focolaio premonitori della rottura.
Ø da pochi mm a 3 cm (generalmente < di 1 cm) , con superficie brillante, rossa, liscia e
parete translucida.

Gigante: simile al precedente ma di dimensioni maggiori (>3 cm). Agisce come lesione
occupante spazio.
 Arteriosclerotico (fusiforme): localizzazione sull’a. basilare. Malattia dei vasi di grande e
medio calibro caratterizzata da degenerazione dei tessuti elastico e muscolare della media
con sostituzione da parte di tessuto fibroso anelastico. Dilatazione irregolare di tutta la
circonferenza della parete arteriosa. Raramente va incontro a rottura.
 Micotici: per indebolimento della parete vasale da m.o. embolizzati a virulenza attenuata
(es. endocardite lenta). All’ostruzione del lume fa seguito un’endo-meso-periarterite ad
andamento lento che provoca cedimento lento e progressivo della parete, non rottura
immediata. Sede prevalente: a. cerebrale media (perché è la prevalente sede di
localizzazione degli emboli).
Gli emboli settici possono anche essere molto piccoli e prediligere quindi rami vasali distali
e superficiali (corteccia cerebrale e cerebellare).


Di Charcot Bouchard: aneurisma microscopico dovuto a IPTN cronica, solitamente
localizzato ai gangli della base.
Traumatici: molto rari. Solitamente derivano dallo stiramento dell’arteria, ma possono anche
formarsi per lesione diretta. Principalmente a carico del circolo carotideo.


Dissecante: il sangue passa tra l’intima e la muscolare. Solitamente dovuti ad aterosclerosi.
Neoplastici: molto rari. Invasione parete da parte di emboli provenienti da un mixoma
atriale.
2. Ricostruire la dinamica della rottura e le possibili conseguenze
La maggior parte degli aneurismi è asintomatica. La sintomatologia insorge in seguito alla rottura
che è la complicanza più frequente: il 74% dei pz con dimostrazione autoptica di aneurisma ne
mostrano anche la rottura.
La rottura avviene più frequentemente in seguito a sforzi di lieve entità che causino un improvviso
aumento della pressione intracranica (accesso di tosse, esercizio fisico, attività sessuale, torchio
addominale…) o in seguito a una pousseé ipertensiva.
Le dimensioni e la sede sono importanti per stimare il R di rottura. Aneurismi >7mm, all’apice
basilare e all’origine della comunicante post sono a più alto R di rottura. Il nostro paziente ha un
aneurisma di 1 cm , in quella sede (posteriore).
Alla rottura la pressione intracranica aumenta rapidamente, il sangue arterioso viene spinto nello
spazio subaracnoideo, i pazienti accusano un’improvvisa e grave cefalea nucale a colpo di pugnale,
tipicamente “il peggior mal di testa che abbiano mai avuto”, con la possibilità di perdita rapida di
coscienza (50% pz, nel 10% dei casi dura anche più giorni). La sintomatologia può essere da:
improvviso aumento della p intracranica, irritazione meningea da sangue nel liquor, fenomeni
ischemici a focolaio.
Conseguenze:

Emorragia subaracnoidea  il sangue rimane al di sotto dell’aracnoide, la superficie
dell’encefalo si presenta di aspetto cruroso. Se il pz sopravvive il sangue stravasato viene
rimosso per azione di macrofagi pigmentiferi che si caricano di emosiderina e conferiscono
aspetto rugginoso, xantocromico al liquor. Nel caso il versamento sia importante la fase di
recupero dell’emorragia può portare all’organizzazione dei coaguli con formazione di
tessuto cicatriziale che oblitera parzialmente gli spazi subaracnoidei; se l’ostruzione non è in
posizione critica non si interviene (riassorbimento a liquor rugginoso), se è in posizione
critica i coaguli vanno rimossi in quanto si rischia lo sviluppo di idrocefalo ostruttivo.
L’idrocefalo si può instaurare anche acutamente per sanguinamento cisternale, fattore
ostruttivo le vie liquorali, a cui si associa un deficit di riassorbimento dello stesso.
Nel nostro paziente la rottura ha causato inondazione del 3° e 4° ventricolo, il che è
giustificato dalla sede dell’aneurisma.


Emorragia subdurale  raramente, per lacerazione dell’aracnoide.
Dissociazione del SN e inondazione del ventricolo laterale (corno anteriore)  per
aneurismi dell’a. comunicante anteriore. L’emorragia può farsi strada nel contesto del lobo
frontale e aprirsi nei ventricoli laterali provocando emocefalo interno.
Sintomi focali da dissociazione emorragica o da deficit di irrorazione nel territorio del vaso
rotto (per fenomeni trombotici di semiocclusione o per vasospasmo).
Nel periodo precoce post-emorragico esiste un rischio aumentato di lesioni da vasospasmo,
che colpiscono vasi diversi da quelli orginariamente lesi e che possono causare ulteriori
lesioni ischemiche o infartuali (probabile ruolo dell’endotelina1 e di altre sostanze

vasocostrittrici liberate dal processo di dissoluzione del coagulo) e che sono la principale
causa di morbilità e mortalità (30-50% pz). Ha un picco di maggior incidenza alla 4 e 12
esima giornata. Può essere evidenziato con l’eco colordoppler transcranico o con l’angio
TC.


Sdr da IPTN endocranica  evento che si verifica solo per gli aneurismi di maggiore
dimensione in grado di dare stravasi importanti (papilla da stasi, vomito cerebrale,
emorragie retiniche).
Risanguinamento  il 25% dei soggetti muore alla prima rottura (il nostro pz infatti è
morto), esito quasi sempre fatale alla seconda. Molto frequenti sono infatti le recidive le
quali sono associate a prognosi peggiore. Il primo episodio in genere è più lieve, il secondo
insorge nel 20% dei casi entro 2 settimane ed è più importante (recidiva del 3% nell’anno
successivo). Il rischio di risanguinamento comunque è massimo nelle prime 24 ore.
La sopravvivenza comporta frequentemente deficit neurologici gravi per l’emorragia
iniziale, per il vasospasmo conseguente e per l’idrocefalo. Per la valutazione delle
condizioni neurologiche del paziente si fa riferimento alla classificazione di Hunt & Hess (5
gradi di gravità crescente fino al coma) e per la vautazione delle condizioni generali e dello
stato di vigilanza alla Tabella di correlazione con Glasgow Coma Scale (risposta oculare,
verbale, motoria).
Le complicanze neurologiche sono quindi principalmente il risanguinamento, il vasospasmo,
l’idrocefalo (rischio elevato nelle prime te settimane). Questi pz possono poi incorrere anche in
complicanze di ordine cardiologico quali aritmie, danno miocardico di tipo ischemico, episodi di
edema polmonare non cardiogeno.
La terapia consiste nell’esclusione dell’aneurisma: chirurgia tradizionale (clips), chirurgia
endovascolare (embolizzazione con apposizione di coils in platino).
La prevenzione dell’ischemia e del vasospasmo consiste nell’impiego di calcio-antagonisti, quella
del risanguinamento nell’uso di acido tranexamico, quella dell’idrocefalo nell’impiego di diuretici
osmotici, steroidi e nell’eventuale cateterismo interventricolare.
3. Valutare le diverse possibilità di identificazione degli aneurismi nel vivente e nel cadavere
Nel vivente:
La tipica caratteristica della rottura di un aneurisma è la presenza di sangue nel liquor.


TC senza mezzo di contrasto  più del 95% pz presenta una quantità tale di sangue da
poter essere visualizzata con entro 72h (iperdensità dello spazio subaracnoideo, il sangue si
diffonde lungo le cisterne della base). L’estensione e la localizzazione del sangue alla TC
senza mdc aiutano ad identificare l’aneurisma sottostante (clinica + TC: dx nel 90% dei
casi).
Angiografia  va eseguita ogni volta che si sospetta emorragia subaracnoidea da rottura
aneurisma sacculare e si programma un intervento chirurgico (valutare sia circolo carotideo
che vertebrale  spesso aneurismi sono multipli). Consente di precisare la morfologia
dell’aneurisma, la posizione dello stravaso, i rapporti ematici con gli organi vicini e la
presenza di altri aneurismi non rotti. Consente inoltre di effettuare interventi terapeutici di
embolizzazione ed ha un ruolo chiave nello studio delle MAV.
Limite: spesso il sacco aneurismatico ha contenuto trombotico, il m.d.c. non entra, quindi
l’aneurisma viene mascherato.

Puntura lombare  se con segni e sintomi di emorragia la TC risulta negativa e non si
evidenziano né una lesione con effetto massa né idrocefalo ostruttivo, va eseguita una
rachicentesi per verificare la presenza di sangue nello spazio subaracnoideo. Questo esame
viene usato per stabilire la pressione liquorale (aumentata in ESA liquor iperteso),
stabilire la pervietà degli spazi subaracnoidei, prelevare un campione di liquor (5-10 ml).
L’ago va inserito tra L3-L4 o L4-L5, dove non è più presente il midollo spinale. Il prelievo
viene effettuato con diverse provette opportunamente numerate (dd sanguinamento dovuto a
prelievo).
Normalmente il LCR è incolore “ad acqua di roccia”. L’aspetto ematico (rosso-rosa) può
esser causato da contaminazione del prelievo al momento dell’esame, ESA o emorragia
meningea. Nel primo caso il campione diventa limpido dopo centrifugazione, mentre in caso
di emorragia diventa xantocromico. La lisi dei globuli rossi e la conversione dell’Hb in
bilirubina conferiscono infatti al campione una colorazione giallo-arancio nelle 6-12h
successive all’emorragia. La max intensità si raggiunge entro 48h e rimane tale per 1-4 sett
(dipende dalla quantità di sangue). Lo stesso quadro si evidenzia nel caso di preteinorrachia
elevata (>150mg/dl), che per altro si rivela in caso di gravi sanguinamenti.
Sul campione è possibile valutare la glicorrachia e la proteinorrachia con determinazione
delle singole frazioni proteiche; inoltre possono essere effettuati l’esame microbiologico e
l’esame citologico (questo va eseguito entro 2 ore dal prelievo, prima che si inneschino
meccanismi di citolisi).

Angio-TC spirale  è metodica alternativa per la localizzazione aneurisma e può essere
sufficiente per programmare una terapia definitiva.
 RMN – Angio RMN grazie allo sviluppo di tecniche di immagine non invasive negli anni
passati si è iniziato a considerare il valore dello screening per aneurismi non rotti in pz con
ADPKD. Vi sono numerosi studi che si sono proposti di valutare il suo uso sia per una
diagnosi pre-rottura, sia per seguirne l’evoluzione negli anni, proponendosi in questo modo
di ridurre la morbilità e mortalità dei pz. Nonostante ciò le più recenti reviews hanno
mostrato un basso rischio di rottura per aneurismi di piccolo diametro; le analisi di rischiobeneficio non dimostrano, quindi, alcun vantaggio nel compiere lo screening per questo tipo
di aneurismi.
Nel cadavere:
La dimostrazione del sito di rottura all’esame auotoptico richiede una dissezione attenta e la
rimozione del materiale ematico dall’encefalo ancora non fissato. Si possono trovare placche
ateromatose, calcificazioni od occlusioni trombotiche nel sacco aneurismatico. Una colorazione
brunastra del parenchima adiacente e delle meningi costituisce evidenza di pregressi episodi
emorragici. Preparati con sezioni trasversali di aneurismi a bacca colorati con ematossilina eosina,
possono mostrare le pareti vascolari fibroialine.
4. Identificare le altre cause di emorragia subaracnoidea
Un’emorragia subaracnoidea di rilevanza clinica può essere anche causata da:


malformazioni vascolari (malformazioni artero-venose,
teleangectasie, angiomi venosi)
estensione di un ematoma traumatico extra-sub-durale
emangiomi
cavernosi,
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estensione di un’emorragia cerebrale
neoplasie endocraniche primarie o secondarie
spesso patogenesi traumatica
discrasie ematiche come la leucemia, complicanze della tp anticoagulante, emofilia…
abuso di sostanze tossiche (amfetamine, cocaina)
5. Definire i possibili rapporti fra presenza di aneurisma cerebrale e contesto clinico del
paziente
Il pz è affetto da rene policistico autosomico dominante, patologia associata a IPTN (nel 75% dei
casi in età adulta) e a molteplici manifestazioni extrarenali tra cui gli aneurismi cerebrali.
Nel caso specifico il pz ha sviluppato un’ipertensione di tipo nefroparenchimale, infatti al momento
dell’insorgenza della stessa presentava una glomerulopatia cronica da trapianto, con sovrapposta
una glomerulonefrite membranosa. Essa è secondaria all’attivazione del sistema renina-angiotensina
che è conseguente all’ischemia intrarenale dovuta all’alterazione dell’architettura parenchimale.
Questo tipo di ipertensione di solito si instaura in maniera lenta, ma può anche instaurarsi
precocemente e causare una più rapida erosione della funzionalità renale. Il rene è “sia vittima che
colpevole”, infatti tutte le nefropatie croniche possono condurre allo sviluppo di ipertensione che, a
sua volta, aggrava il danno renale. L’IPTN inoltre è un importante FdR per lo sviluppo e la rottura
di aneurismi, in questo pz può aver giocato un ruolo importante nell’insorgenza dell’ESA.
Attualmente, sebbene l’ESA sia un’importante causa di morte in questi pz, lo screening per valutare
la presenza di aneurismi del poligono di Willis non viene fatto; si consiglia di effettuare un’angio
RMN solo nei nei pz con storia familiare di emorragie subaracnoidee.
APPARATO CARDIO VASCOLARE
Cuore del peso di 490 gr con ipertrofia cardiaca sx.
Lieve coronarosclerosi.
Modesta aterosclerosi aortica.
APPARATO RESPIRATORIO
Aderenze pleuriche basali dx.
Lieve edema polmonare diffuso.
APPARATO GASTROENTERICO
Nulla di patologico da segnalare.
FEGATO E VIE BILIARI
Fegato: modesta congestione acuta.
PANCREAS
Nulla di patologico da segnalare.
MILZA ED ORGANI EMOPOIETICI
Nulla di patologico da segnalare.
RENI ED APPARATO UROPOIETICO
Rene sx nativo del peso di 1450 gr con quadro di rene policistico.
Rene trapiantato del peso di 170 gr circondato da spessa cotenna fibrosa. Nulla di rilevante a carico
del parenchima. Lieve dilatazione della pelvi da inginocchiamento dell’uretere.
Esame istologico: glomerulopatia cronica da trapianto e glomerulonefrite membranosa con aspetti
di evoluzione in glomerulosclerosi.
APPARATO GENITALE
Modesta iperplasia prostatica.
EPICRISI
CAUSA INIZIALE: ANEURISMA A BACCA DEL CIRCOLO DI WILLIS IN PZ CON RENE
POLICISTICO
CAUSA INTERMEDIA: TRAPIANTO RENALE CON SUCCESSIVA GLOMERULOPATIA DA
TRAPIANTO E GN MEMBRANOSA con sviluppo di IPERTENSIONE ARTERIOSA (SECONDARIA)
CAUSA FINALE: ROTTURA DI ANEURISMA, ESA CON INONDAZIONE DEL 3° E 4° VENTRICOLO
(IPTN endocranica?)
ALTRI STATI MORBOSI: IPB