X Domenica del Tempo Ordinario Antifona d'ingresso Il Signore è mia luce e mia salvezza, di chi avrò paura? Il Signore è difesa della mia vita, di chi avrò timore? Proprio coloro che mi fanno del male inciampano e cadono. (Sal 27,1-2) Colletta O Dio, sorgente di ogni bene, ispiraci propositi giusti e santi e donaci il tuo aiuto, perché possiamo attuarli nella nostra vita. Oppure: O Dio, consolatore degli afflitti, tu illumini il mistero del dolore e della morte con la speranza che splende sul volto del Cristo; fa’ che nelle prove del nostro cammino restiamo intimamente uniti alla passione del tuo Figlio, perché si riveli in noi la potenza della sua risurrezione. PRIMA LETTURA (1Re 17,17-24) Tuo figlio vive. Dal primo libro dei Re In quei giorni, il figlio della padrona di casa, [la vedova di Sarepta di Sidòne,] si ammalò. La sua malattia si aggravò tanto che egli cessò di respirare. Allora lei disse a Elìa: «Che cosa c’è fra me e te, o uomo di Dio? Sei venuto da me per rinnovare il ricordo della mia colpa e per far morire mio figlio?». Elia le disse: «Dammi tuo figlio». Glielo prese dal seno, lo portò nella stanza superiore, dove abitava, e lo stese sul letto. Quindi invocò il Signore: «Signore, mio Dio, vuoi fare del male anche a questa vedova che mi ospita, tanto da farle morire il figlio?». Si distese tre volte sul bambino e invocò il Signore: «Signore, mio Dio, la vita di questo bambino torni nel suo corpo». Il Signore ascoltò la voce di Elìa; la vita del bambino tornò nel suo corpo e quegli riprese a vivere. Elìa prese il bambino, lo portò giù nella casa dalla stanza superiore e lo consegnò alla madre. Elìa disse: «Guarda! Tuo figlio vive». La donna disse a Elìa: «Ora so veramente che tu sei uomo di Dio e che la parola del Signore nella tua bocca è verità». SALMO RESPONSORIALE (Sal 29) Rit: Ti esalterò, Signore, perché mi hai risollevato. Ti esalterò, Signore, perché mi hai risollevato, non hai permesso ai miei nemici di gioire su di me. Signore, hai fatto risalire la mia vita dagli inferi, mi hai fatto rivivere perché non scendessi nella fossa. Rit: Cantate inni al Signore, o suoi fedeli, della sua santità celebrate il ricordo, 1 perché la sua collera dura un istante, la sua bontà per tutta la vita. Alla sera ospite è il pianto e al mattino la gioia. Rit: Ascolta, Signore, abbi pietà di me, Signore, vieni in mio aiuto! Hai mutato il mio lamento in danza, Signore, mio Dio, ti renderò grazie per sempre. Rit: SECONDA LETTURA (Gal 1,11-19) Si compiacque di rivelare in me il Figlio suo perché lo annunciassi in mezzo alle genti. Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Gàlati Vi dichiaro, fratelli, che il Vangelo da me annunciato non segue un modello umano; infatti io non l’ho ricevuto né l’ho imparato da uomini, ma per rivelazione di Gesù Cristo. Voi avete certamente sentito parlare della mia condotta di un tempo nel giudaismo: perseguitavo ferocemente la Chiesa di Dio e la devastavo, superando nel giudaismo la maggior parte dei miei coetanei e connazionali, accanito com’ero nel sostenere le tradizioni dei padri. Ma quando Dio, che mi scelse fin dal seno di mia madre e mi chiamò con la sua grazia, si compiacque di rivelare in me il Figlio suo perché lo annunciassi in mezzo alle genti, subito, senza chiedere consiglio a nessuno, senza andare a Gerusalemme da coloro che erano apostoli prima di me, mi recai in Arabia e poi ritornai a Damasco. In seguito, tre anni dopo, salii a Gerusalemme per andare a conoscere Cefa e rimasi presso di lui quindici giorni; degli apostoli non vidi nessun altro, se non Giacomo, il fratello del Signore. Canto al Vangelo (Lc 7,16) Alleluia, alleluia. Un grande profeta è sorto tra noi, e Dio ha visitato il suo popolo. Alleluia. VANGELO (Lc 7,11-17) Ragazzo, dico a te, alzati! + Dal Vangelo secondo Luca In quel tempo, Gesù si recò in una città chiamata Nain, e con lui camminavano i suoi discepoli e una grande folla. Quando fu vicino alla porta della città, ecco, veniva portato alla tomba un morto, unico figlio di una madre rimasta vedova; e molta gente della città era con lei. Vedendola, il Signore fu preso da grande compassione per lei e le disse: «Non piangere!». Si avvicinò e toccò la bara, mentre i portatori si fermarono. Poi disse: «Ragazzo, dico a te, àlzati!». Il morto si mise seduto e cominciò a parlare. Ed egli lo restituì a sua madre. Tutti furono presi da timore e glorificavano Dio, dicendo: «Un grande profeta è sorto tra noi», e: «Dio ha visitato il suo popolo». Questa fama di lui si diffuse per tutta quanta la Giudea e in tutta la regione circostante. Preghiera sulle offerte Quest’offerta del nostro servizio sacerdotale sia bene accetta al tuo nome, Signore, 2 e accresca il nostro amore per te. Antifona di comunione Il Signore è mia roccia e mia fortezza: è lui, il mio Dio, che mi libera e mi aiuta. (Sal 18,3) Oppure: Dio è amore; chi sta nell’amore dimora in Dio, e Dio in lui. (1Gv 4,16) Oppure: “Io dico a te, alzati!”, disse il Signore. Il morto si levò ed egli lo diede alla madre. (Lc 7,14-15) Preghiera dopo la comunione Signore, la forza risanatrice del tuo Spirito, operante in questo sacramento, ci guarisca dal male che ci separa da te e ci guidi sulla via del bene. Lectio Riprende con questa domenica il ciclo delle domeniche del Tempo Ordinario dopo le Solennità che hanno dato continuità alle feste pasquali: il mistero di Dio Trinità e il SS. Corpo e Sangue del Signore. L’evangelista che ci accompagna in questo anno è Luca e la pericope oggi proposta è tratta dal cap. 7 ai vv. 11-17. Il ministero di Gesù in Galilea inaugurato solennemente nel cap. IV si alterna tra insegnamenti e guarigioni. Egli sta rivelando pian piano la sua identità: ha chiamato a sé i Dodici dopo la notte di preghiera e spiega loro l’urgenza del Regno di Dio, proclama le Beatitudini, si fa prossimo alle folle che a Lui accorrono da ogni dove e compie guarigioni. Chi è costui? E’ la domanda che si intravvede dalle parole che l’evangelista pone sulla bocca e negli atteggiamenti della folla che lo cerca “perché da lui usciva una forza che guariva tutti”. Nel brano immediatamente precedente a quello proposto oggi alla nostra riflessione, Gesù a Cafarnao guarisce il servo del centurione e lo loda per la sua grande fede. Il brano proposto lo troviamo solo in Luca. vv. 11: Subito dopo entra in una città chiamata Nain. Non è solo, cammina con i discepoli e una grande folla. Gesù è sotto gli occhi di tutti, i riflettori sono tutti puntati su di Lui. Ciò che dice o che fa è sottoposto a valutazione, a considerazione, a giudizio, ad ammirazione o a condanna. Tutti sono invaghiti dalla sua persona, dalle sue parole (mai nessuno ha parlato come costui!) e soprattutto dai suoi gesti. Nain è un villaggio situato vicino a Nazaret e letteralmente significa delizie - delizioso, simbolo di un luogo ridente, dove la vita sembra sorridere, fino a quando non arriva la morte e il canto si trasforma in lamento. vv. 12-13: Alla porta di questa città c’è l’incontro di due cortei: il corteo che accompagna Gesù ed è un corteo di vita e un corteo funebre. La Vita va incontro alla morte: un ragazzo, figlio di una madre vedova, è morto e viene portato nel sepolcro, di sera, come si era soliti fare: il buio avvolge anche il dolore. Gesù va incontro a questa umanità schiacciata dal dolore e dalla morte e come il buon samaritano si ferma, si china e versa l’olio della consolazione. Al vedere la scena il Signore (la prima volta che Luca dà questo titolo a Gesù) si commuove, ha compassione, soffre con la donna, è 3 entrato nel cuore di quella madre straziata dal dolore: non solo ha perso il marito, ora anche l’unica sua ricchezza, sostegno e speranza per la sua vita viene lasciata alla terra… ridiventa polvere…. Chi darà discendenza al marito? Chi provvederà al suo sostentamento? Gesù capisce e comprende il dolore di quella donna: Egli ha perso suo padre e Maria è rimasta vedova, ricca del suo unico figlio. Egli stesso è questo figlio unico che passa attraverso la morte per vincerla! Possiamo qui richiamare vari brani della Sacra Scrittura dove Dio mostra compassione dell’uomo… a cominciare dalla Genesi, ripercorrendo l’Esodo (egli vede la sofferenza del suo popolo schiavo), i profeti: il brano di Elia narrato oggi nella I lettura, un uomo di Dio che ridà la vita dopo tanto sforzo, a Gesù basta la Parola! Dio vede, ascolta e interviene… si commuove come una mamma per il suo bambino, l’intimo freme di compassione, non resta inoperoso.. Gesù è Dio fatto uomo, fatto carne, è vero uomo, con tutte le caratteristiche dell’umano, fatto a sua immagine e a sua somiglianza! Il cuore di Gesù è un cuore compassionevole, carico di sentimenti, quelli descritti da Paolo come opera dello spirito (misericordia, bontà, fedeltà, mitezza, umiltà, carità, pace, benevolenza, magnanimità…), un cuore capace di entrare sulla lunghezza d’onda di quella donna affranta dal dolore per ben due volte. La compassione è grande e Gesù non può stare lì a guardare quel dolore, ma ci entra dentro e deve, sente che deve fare qualcosa per quella donna. Le ordina di non piangere. Come può ordinare ad una mamma che piange la morte dell’unico figlio di non piangere? Sembra quasi incomprensibile, inumano appunto; sicuramente al seguito di quel feretro c’erano le donne che facevano il lamento per quel figlio unico e tutti si saranno chiesti: cosa farà adesso? La risposta viene in breve, immediatamente. Egli non pronunzia parole di consolazione, non invita la madre a rassegnarsi. Egli compie un gesto unico, che solo Dio può compiere, ridare la vita, le restituisce il figlio vivo! Possiamo pensare che quella madre vedova e ora sola è il simbolo dell’intera umanità, triste e disperata, gravata dal peso insopportabile della morte, a cui non sa dare una risposta. Il Signore ha compassione per lei e le dice: “Non piangere!”. vv. 14: Si accosta alla bara, la tocca e le dice: “Alzati, risorgi!”, sfidando anche l’impurità prevista per chi si contaminava con i cadaveri. La morte diventa nascita, il dolore si trasforma in gioia, il lamento in grida di gloria: “Un grande profeta è sorto tra noi, Dio ha visitato il suo popolo!”. Qui Gesù non è costretto a compiere il miracolo, qui Gesù agisce da solo. Nessuno gli chiede niente: non si tratta di ridare la vista ad un cieco, di sanare uno zoppo, di liberare un indemoniato, no, qui si tratta di ridare la vita e ridare la vita fa parte della sua natura: Egli è la risurrezione e la vita! vv.15-16: Il giovinetto viene liberato dai lacci delle bende che lo tenevano legato, schiavo della morte per mettersi a sedere e parlare. Tale posizione ci richiama quella dell’Angelo in quel mattino dopo il sabato quando le donne arrivano al sepolcro e vedono un uomo in bianche vesti seduto sopra la pietra sepolcrale: la morte è vinta, questo è l’annuncio della Pasqua e questo è il canto dei due cortei ormai fusi. Il figlio viene restituito alla madre, a chi lo piangeva, alla comunità di Nain, dove ritorna il sorriso e la delizia perché Dio ha visitato il suo popolo! Non ha visitato solo quella povera vedova, ha visitato, si è fatto presente nella comunità che diventa a sua volta testimone di speranza, di vita, di resurrezione! v. 17: Il modo in cui Gesù rivela il Regno sorprende i giudei. Perfino Giovanni Battista rimane sorpreso ed ordina di chiedere: “E’ lui il Signore o dobbiamo aspettare un altro?” (vv 18-30). Luca ci vuole dire e ci invita a sperimentare che Gesù è ancora in mezzo a noi. Lui è con noi oggi e sempre, e dinanzi ai problemi del dolore che ci abbattono, ci deludono, ci fanno perdere ogni speranza ci dice: “Dico a te, alzati!”. Il Dio che viene a visitarci è il “Padre degli orfani ed il 4 protettore delle vedove” (Sal 68,6; cf. Giu 9,11), è il Dio che dà la vita, non la morte, Egli è il “Signore amante della vita” (Sap 11,26). Prossimità, compassione, vicinanza, consolazione, speranza, solidarietà, annuncio, gratitudine… sono i “doni” di questa domenica per me, per te, per la tua famiglia e comunità: chiamati ed inviati a perpetuare la presenza di Gesù nel mondo, a cominciare da quelli di casa. Forse anche noi abbiamo incontrato o viviamo con persone toccate nell’intimo, che piangono il proprio figlio unico morto, l’unica ancora di salvezza, la sola speranza e, purtroppo, non riusciamo né a commuoverci né a proferire parole di consolazione, perché il nostro cuore non è come quello del Maestro e Signore, ma è un cuore inaridito, a sua volta ferito e sanguinante, chiuso e cinico. La Parola di speranza seminata oggi abbondantemente vuole raggiungere tutti, una Parola che germoglia nei nostri gesti di fede e di carità, “perché si riveli in noi la potenza della sua risurrezione” (colletta anno C), perché attraverso di noi Dio visiti ancora il suo popolo! Non siamo come Gerusalemme su cui Gesù fa’ il suo lamento perché non ha riconosciuto il tempo in cui è stata visitata (Lc19,41ss)! La fede personale e comunitaria ci renda capaci di trasformare il pianto in gioia, la disperazione in speranza, ad offrire ciò che a nostra volta gratuitamente abbiamo ricevuto e gratuitamente siamo chiamati a donare. Appendice I miracoli del Signore fisici e spirituali. 1. Dai miracoli di Gesù Cristo nostro Signore e Salvatore rimangono impressionati, sì, tutti quelli che ne sentono parlare e hanno la fede, ma chi in un modo, chi in un altro. Alcuni infatti rimangono stupiti davanti ai suoi miracoli di natura fisica, ma non sanno considerare con ammirazione miracoli maggiori. Altri, al contrario, ammirano miracoli più grandi operati adesso nelle anime, che non quelli operati da Cristo nei corpi. Così infatti afferma il Signore in persona: Come il Padre risuscita i morti e dà loro la vita, così il Figlio dà la vita a coloro che vuole. Naturalmente non è che alcuni li risuscita il Figlio e altri il Padre, ma gli stessi li risuscitano il Padre e il Figlio, poiché il Padre compie tutto mediante il Figlio. Nessuno ch'è cristiano deve dunque dubitare che ancora adesso vengono risuscitati dei morti. Orbene, ogni persona ha occhi con cui può vedere i morti risorgere, come risuscitò il figlio di quella vedova di cui parla il brano del Vangelo letto poc'anzi, ma non tutti hanno la possibilità di vedere risorgere persone morte quanto allo spirito, tranne quelli già risorti nello spirito. È più importante risuscitare uno destinato a vivere eternamente che risuscitare uno destinato a morire nuovamente. Due specie di morte. 2. Della risurrezione di quel giovanetto si rallegrò la madre vedova della risurrezione spirituale d'ogni giorno di tante persone si rallegra la madre Chiesa. Quello era morto fisicamente, quelle invece erano morte spiritualmente. La morte visibile del giovanetto era pianta in modo visibile; quanto alla morte di quelle persone invece né ci si pensava, né si vedeva. Ci pensava però Colui che conosceva i morti; conosceva i morti solo Colui che poteva dar loro la vita. Se infatti il Signore non fosse venuto per risuscitare i morti, l'Apostolo non direbbe: Svégliati, tu che dormi; sorgi dai morti e t'illuminerà Cristo. Senti la parola "dormiente" quando dice: Svégliati, tu che dormi, ma intendila nel senso di "morto " quando senti: e sorgi dai morti. Si chiamano spesso "dormienti" anche quelli morti visibilmente. Orbene, tutti senza eccezione dormono per Colui che può svegliarli. Per te invece è morto uno che, per quanto lo scuoti, per quanto lo pizzichi, per quanto lo strazi, non si sveglia. Per Cristo invece dormiva quel giovinetto al quale disse: Alzati! e quello immediatamente si alzò. Nessuno sveglia un altro nel letto tanto facilmente quanto Cristo sveglia i morti nel sepolcro. Tre morti risuscitati dal Signore. 5 3. Troviamo che dal Signore furono risuscitati tre morti in modo visibile, ma un gran numero in modo invisibile. Ma chi può sapere quanti morti risuscitò in modo visibile? Poiché non tutte le opere compiute dal Signore sono state scritte. Lo dice Giovanni: Gesù fece molte altre opere; se fossero scritte tutte, penso che tutto il mondo non potrebbe contenere i libri in cui registrarle. Molti altri dunque sono stati senza dubbio risuscitati, ma solo tre sono stati non senza motivo ricordati. Gesù Cristo nostro Signore ciò che faceva in modo sensibile voleva che fosse inteso anche in senso spirituale. Se faceva i miracoli, non era solo in vista dei miracoli, ma allo scopo che ciò ch'era meraviglioso per chi vedeva fosse vero anche per chi lo comprendeva. Allo stesso modo uno che vede delle lettere in un libro scritto in modo perfetto, ma non sa leggere, loda, sì, la mano del copista, meravigliandosi di fronte alla bellezza delle lettere, ma non sa che cosa significano o indicano quelle lettere; così è uno che loda con gli occhi, ma non comprende con la mente; un altro invece loda l'abilità artistica e capisce anche il significato; questo è colui che naturalmente non solo può vedere ciò che possono vedere tutti ma sa anche leggere, cosa che non è in grado di fare chi non ha imparato a leggere. Allo stesso modo coloro che videro i miracoli di Cristo ma non capirono che cosa significavano e che cosa in certo qual modo insegnavano a quanti li capivano, si meravigliarono solo ch'erano stati compiuti; altri al contrario non solo rimasero meravigliati ch'erano stati fatti ma arrivarono anche a capirne il significato. Simili a costoro dobbiamo essere noi alla scuola di Cristo. In effetti chi dice che Cristo fece i miracoli unicamente perché fossero solo miracoli, potrebbe dire pure che egli non sapeva che non era la stagione di quei frutti quando cercò fichi su un albero. Non era ancor giunto il tempo di quel frutto, come dice l'Evangelista; eppure, avendo fame, ha cercato i frutti in quell'albero. Non sapeva forse Cristo ciò che sapeva un contadino? Ciò che sapeva il coltivatore dell'albero non lo sapeva forse il creatore dell'albero? Quando dunque, essendo affamato, cercò i frutti sull'albero, volle far capire che aveva fame di qualcosa ma cercava qualcos'altro; trovò l'albero senza frutti ma pieno di foglie, lo maledisse e quello seccò. Che cosa aveva fatto l'albero non portando frutti? Che colpa derivava dal fatto che l'albero non aveva prodotto frutti? Ci sono però alcuni che non possono produrre frutti a causa della propria volontà. La sterilità è una colpa, quando la fecondità dipende dalla volontà. I giudei dunque che avevano le parole della Legge, ma non le opere, erano pieni di foglie ma non producevano frutti. Ho detto ciò per convincervi che nostro Signore Gesù Cristo fece i miracoli per indicare con essi qualcos'altro, perché oltre al fatto ch'erano opere mirabili, grandi e divine, imparassimo da essi anche qualche altra cosa. La risurrezione dei tre morti. 4. Vediamo dunque che cosa voleva che noi imparassimo a proposito dei tre morti risuscitati da lui. Risuscitò la figlia morta del capo-sinagoga, il quale aveva chiesto al Signore di recarsi dalla ragazza inferma per liberarla dalla malattia. Mentre si avviava fu annunciato che la ragazza era morta, e sembrando loro che ormai si tormentasse invano, i servi annunciarono al padre: La ragazza è morta; perché stai ancora a disturbare il Maestro?. Il Signore però si avviò e disse al padre della ragazza: Non temere; soltanto continua ad aver fede. Arrivò alla casa e trovò ch'erano state già preparate le esequie dovute per il funerale e disse alla gente: Non piangete, poiché la ragazza non è morta, ma dorme. Disse la verità: dormiva, ma per Colui dal quale poteva essere svegliata. Svegliandola la rese ai genitori. Svegliò anche questo giovanetto, figlio d'una vedova, che ora viene richiamato alla nostra mente affinché a proposito di lui parlassimo con la Carità vostra di ciò ch'egli si degnerà di concederci. Avete sentito poco fa come fu svegliato Il Signore era vicino a un villaggio, quando fuori della porta di esso veniva portato alla sepoltura il morto. Mosso a compassione dal pianto della madre, vedova e rimasta priva dell'unico figlio, fece quanto avete udito, dicendo: Ragazzo, te lo dico io: alzati. Il morto si alzò e cominciò a parlare e Gesù lo restituì alla madre. Svegliò anche Lazzaro dal sepolcro. Poiché i discepoli, con cui parlava, sapevano ch'era malato (il Maestro poi gli voleva bene) anche allora disse: L'amico nostro Lazzaro dorme. Essi, pensando che quel sonno del malato fosse salutare, gli dissero: Signore, se dorme, guarirà. Ma il Signore, parlando ormai più 6 chiaramente: Vi dico che il nostro amico Lazzaro - disse - è morto. Tutte e due le affermazioni erano vere: "È morto per voi, per me invece dorme". Tre specie di peccatori simboleggiate da quei tre morti. 5. Queste tre specie di morti rappresentano tre specie di peccatori che ancora oggi sono risuscitati da Cristo. La figliola morta del caposinagoga stava dentro in casa, ancora non era stata portata fuori dalle pareti segrete al pubblico sepolcro. Fu risuscitata lì dentro e restituita viva ai genitori. Questo giovinetto invece non era più dentro la sua casa - è vero - ma tuttavia non era ancora nel sepolcro, era stato portato fuori dalle pareti domestiche verso il sepolcro, ma non era stato ancora sepolto. Colui che risuscitò la morta ancora non portata al sepolcro, risuscitò il morto già portato verso il sepolcro ma non ancora sepolto. Restava il terzo caso, che risuscitasse cioè uno già sepolto e ciò lo fece a proposito di Lazzaro. Ci sono, dunque, coloro che hanno il peccato dentro al loro cuore ma non ancora nell'azione. Un tale è agitato da qualche passione morbosa. Il Signore in persona afferma: Chi guarda una donna per desiderarla, ha già commesso adulterio nel proprio cuore. Non le si è ancora avvicinato col corpo, ma ha acconsentito nel cuore; ha il morto al di dentro, ancora non lo ha portato al sepolcro. E come suole accadere, come sappiamo e come le persone lo sperimentano ogni giorno in se stesse, talora, dopo aver sentito la parola di Dio, come se il Signore dicesse: "Alzati!", si condanna il consenso dato al male, si aspira di nuovo alla salvezza e alla santità. Il morto risorge nella sua casa, il cuore torna alla vita nel segreto del suo pensiero. Questa risurrezione dell'anima morta è avvenuta internamente tra le latebre della coscienza, come tra le pareti domestiche. Altri invece, dopo aver acconsentito al desiderio, arrivano fino all'azione, come se portassero il morto alla sepoltura; in tal modo quanto era nascosto nel segreto appare in pubblico. Costoro che sono arrivati all'atto concreto, sono forse ormai senza speranza? Non fu detto forse a quel giovinetto: Te lo dico io: alzati? Non fu restituito forse anch'egli a sua madre? Così dunque anche uno che già ha compiuto l'atto peccaminoso, se per caso viene ammonito e si sente spinto dalla parola della verità, alla voce di Cristo risorge e viene restituito vivo. Ha potuto spingersi fino all'atto, ma non ha potuto arrivare alla rovina eterna. Coloro invece che, facendo ciò ch'è male, cadono anche nell'abitudine cattiva in modo che la stessa assuefazione al male non permette loro di vedere ch'è male, diventano difensori delle loro male azioni e si arrabbiano quando sono ripresi; fino al punto che i sodomiti dissero a una persona retta che biasimava la loro pessima brama: Tu sei venuto qua per abitarci, non per dettar leggi. In quella città era diventata così abituale una sì nefanda turpitudine, che ormai la disonestà era onestà e veniva biasimato chi la biasimava anziché quello che la praticava. Individui siffatti, oppressi dalla cattiva abitudine, rassomigliano a dei sepolti. Che dire, dunque, fratelli? Sepolti in modo che, come fu detto a proposito di Lazzaro: già puzza. Il pesante masso posto sul sepolcro rappresenta la penosa potenza dell'abitudine poiché opprime l'anima e non le permette né d'alzarsi né di respirare. I diversi gradi progressivi del peccato. 6. Ma di Lazzaro è detto: È morto da quattro giorni. In realtà a quest'abitudine, di cui parlo, l'anima arriva nel quarto, diciamo così, stadio. Il primo stadio è - per così dire - il solletico del piacere nel cuore, il secondo è il consenso, il terzo è l'atto compiuto, il quarto è l'abitudine. Ora, ci sono alcuni che respingono assolutamente le cose illecite che si presentano al loro pensiero, in modo da non sentire neppure il piacere iniziale. Ci sono alcuni che ne provano piacere e non vi acconsentono; non è ancora una morte completa, ma in certo qual modo incominciata. Se alla compiacenza si aggiunge il consenso, già si commette una colpa. Dopo il consenso si arriva all'azione; le azioni ripetute si cambiano in abitudine e allora si ha una certa disperazione in modo che si dica: È morto da quattro giorni, ormai puzza. Arrivò dunque il Signore, al quale naturalmente tutto era facile, e fece vedere che la risurrezione presentava in quel caso una certa difficoltà. Ebbe un fremito di commozione e mostrò ch'era necessario rimproverare con voce forte coloro che, per abitudine, son diventati insensibili. Tuttavia quando il Signore fece sentire il suo alto grido, si ruppero i legami di quella abitudine tirannica. Si spaventarono le potenze degl'inferi e Lazzaro fu restituito alla vita. Il 7 Signore infatti libera dalle cattive abitudini anche i morti da quattro giorni, giacché lo stesso morto da quattro giorni per il Cristo, che aveva stabilito di risuscitarlo, era solo uno che dormiva. Ma che cosa disse? Considerate in quale maniera fu risuscitato. Uscì fuori dal sepolcro, ma non poteva camminare. Il Signore disse allora ai discepoli: Scioglietelo e lasciatelo andare. Egli risuscitò il morto, essi lo sciolsero dalle bende con cui era fasciato. Dovete capire che un particolare potere è proprio della maestà di Dio che risuscita. È dalla parola della verità ch'è rimproverato uno che si trova in una cattiva abitudine. Quanti sono rimproverati, ma non sentono il rimprovero! Chi è dunque che parla all'interno di colui che sente la parola di Dio? Chi è che infonde la vita nell'interno dell'uomo? Chi è che scaccia la morte nascosta e dà la vita segreta? Dopo le rampogne e dopo i rimproveri gli uomini non sono lasciati forse alle proprie riflessioni e cominciano a rimuginare tra sé quanto è deplorevole la loro vita, da quale orrenda abitudine sono oppressi? In seguito, sentendo dispiacere di se stessi, decidono di cambiar vita. Questi tali, ai quali dispiace quello che sono stati, sono risorti, sono tornati alla vita, ma, pur essendo tornati alla vita, non sono in grado di camminare. Glielo impedisce il legame della stessa colpa. È necessario dunque che chi è tornato in vita sia sciolto da quei legami e così gli sia consentito di camminare. Andò questa incombenza ai suoi discepoli, ai quali disse: Ciò che scioglierete sulla terra, sarà sciolto anche in cielo. Bisogna risorgere presto dal peccato. 7. Ascoltiamo dunque, carissimi, queste verità in modo che quelli che vivono continuino a vivere e coloro che sono morti tornino a vivere. Se il peccato è ancora solo concepito nel cuore e non è giunto all'atto, l'uomo si penta, venga corretto il pensiero, il morto risorga nella casa della propria coscienza. Se invece uno ha già commesso il peccato concepito nel pensiero, nemmeno in questo caso si deve disperare. Se il morto non è risorto nell'interno della coscienza, risorga quando viene portato al sepolcro. Si penta del peccato commesso, torni a vivere al più presto; non vada a finire nel profondo della tomba; non riceva al di sopra di sé il macigno dell'abitudine. Forse però parlo a uno ch'è già oppresso dalla rigida pietra della propria abitudine, ch'è già oppresso dal peso dell'abitudine, ch'è già morto da quattro giorni e già emana cattivo odore. Ma non deve disperare nemmeno lui; egli è, sì, caduto molto in basso e morto, ma ben alto è il Cristo. Egli con il suo grido è capace di rompere i pesi terreni, è capace di ridare la vita all'anima da se stesso e consegnare il risuscitato ai discepoli perché lo sciolgano. Anche persone di tal genere facciano penitenza. Poiché non è che dopo la risurrezione di Lazzaro, da quattro giorni nel sepolcro, non fosse rimasto in lui tornato alla vita alcun cattivo odore. Coloro dunque che vivono, continuino a vivere; quelli che invece sono morti, in qualunque di queste tre specie di morte si trovino, facciano in modo da risorgere al più presto. (Sant’Agostino - Discorso 98 sulle parole del Vangelo di Luca 7, 11-15, e sui tre morti che il Signore risuscitò) 8