Rotary Club
Verona
Bollettino n. 8
Febbraio 2010 - Mese della comprensione
internazionale
Anno di fondazione: 1928
del Rotary
Distretto 2060 Nord Est
INDICE
Calendario del mese di Febbraio
pag.
1
Promemoria “tascabile” delle riunioni
pag.
2
Presidente Internazionale:
JOHN KENNY
Governatore Distretto 2060:
LUCIANO KULLOVITZ
Dal nostro Club
Riunioni di Dicembre
pag.
3
Informazione interna
Compleanni dei Soci
Anzianità rotariana
Dati Nuovo Socio
pag.
pag.
pag.
8
8
8
pag.
8
Dal Distretto
Forum Interassociativo
Principali manifestazioni culturali di Verona
Mese di febbraio
pag.
9
Presidente Rotary Club Verona:
PIERLUIGI OREGLIA
Presidente: Pierluigi OREGLIA
Cell. 335.245650
e-mail: [email protected]
Segretario: Luciano CASTELLANI
Cell. 348.4208064
e-mail: [email protected]
Prefetto: Guglielmo PELLEGRINI
Ab. 045. 8840787
e-mail: [email protected]
Tesoriere: Alberto PALMIERI
Cell. 340.2451101
e-mail: [email protected]
Vice Presidente: Emilio ORTI MANARA
Presidente Incoming: Giovanni VIGANO’
Past President: Paolo BALESTRIERI
Consiglieri: Giovanni GIUDICI
Luciano PASTORELLO
Andrea TALACCHI
Segreteria Rotary Club Verona: Via Carlo Cattaneo, 6 - 37121 Verona - Tel. e Fax 045 596094
E-mail: [email protected] - Orario apertura: Lunedì 14.30/18.30; Martedì, Mercoledì e Venerdì 15.00/18.30
Internet: Pagina web con link dal sito del Distretto 2060 – www.rotary2060.it
Riunioni: LUNEDÌ – Corso Castelvecchio, 4 – 37121 Verona
-il 1°, il 3° (e 5°) lunedì del mese, alle ore 19.30 semiconviviale
-il 2°ed il 4° lunedì del mese, alle ore 20.00 conviviale
Prenotazioni on line
E’ possibile prenotare la presenza alle conviviali direttamente da Internet. Basta entrare nel sito del Distretto
(www.rotary2060.it), cliccare alla voce “Club del Distretto” e selezionare Verona. Appare la pagina del nostro Club:
selezionare a sinistra la voce “Riunioni del Mese”, compare l’opzione “prenota” con una semplice scheda da compilare.
Commissione Bollettino e Rivista:
Luciano Pastorello
Roberto Caucchioli
Segretaria di Redazione:
Manuela Rovatti
1
CALENDARIO DEL MESE DI FEBBRAIO
Lunedì
1
RIUNIONE CONVIVIALE alle ore 20.00, in Corso Castelvecchio 4.
Il Prof. GIUSEPPE BRUNI, Professore Ordinario di Economia Aziendale presso la
Facoltà di Economia e Commercio dell’Università di Verona, svolgerà una relazione
sul tema: “L’impresa contemporanea tra criticità e innovazione”
Sarà gradita la presenza di familiari ed ospiti.
(Adesioni entro venerdì 29 gennaio)
Lunedì
8
RIUNIONE CONVIVIALE, alle ore 20.00, in Corso Castelvecchio 4.
Il nostro Socio Dott. LUIGI TUPPINI, Presidente dell’Accademia Filarmonica di
Verona, terrà una conversazione dal titolo: “Oscar Wilde: la tragedia di un uomo di
spirito”
Sarà gradita la presenza di familiari ed ospiti.
(Adesioni entro venerdì 5 febbraio)
Martedì 16
FESTA DI CARNEVALE, in Interclub con i Rotary di Verona e Provincia, alle
ore 20.00, presso l’Hotel Due Torri, con ballo e lotteria.
Il ricavato della serata andrà a favore delle vittime del terremoto di Haiti.
Sarà gradita la presenza di familiari ed ospiti.
(Adesioni entro mercoledì 10 febbraio)
Lunedì 22
RIUNIONE CONVIVIALE, alle ore 20.00, in Corso Castelvecchio 4.
Il Prof. EGIDIO LUCCHINI, laureato in Pedagogia ed in Sociologia, specialista in
Psicologia, iscritto all’Ordine dei Giornalisti-Pubblicisti, terrà una conversazione dal
titolo: “I segreti di Maria Montessori”
Sarà gradita la presenza di familiari ed ospiti.
(Adesioni entro venerdì 19 febbraio)
Commissioni Anno Rotariano 2009/2010
Amministrazione
Finanze e Bilancio: A. Palmieri
Programmi di attività: G. Kessler
Bollettino del Club: L. Pastorello (Pres.), R. Caucchioli
Informazione Rotariana: G. Pellegrini
Pubbliche Relazioni
Club-contatto e Relazioni Internazionali: A. Farina
Relazioni esterne: E. Orti Manara
Effettivo
Ammissioni e Categorie Professionali: P. Simeoni (Pres.), G. Benelli, G. Gortenuti
Relazioni interne ed assiduità – F.O.R. Famiglia del Rotary: A. Fedrigoni
Progetti
Gioventù-Rotaract-Interact
Relazioni professionali
Orientamento professionale
A.P.I.M.
Scambio giovani – R.Y.L.A.
Progresso umano e sviluppo sociale
Protezione ambiente
Fondazione Rotary
Sostegno alla Rotary Foundation
Progetti umanitari
L. Carrera
A. Zamboni
A. Talacchi
A. Farina
2
Promemoria “tascabile” delle riunioni di Febbraio 2010
(ritagliare e conservare nel portafoglio)
Rotary Club Verona
Programma Febbraio 2010
MESE DI FEBBRAIO
* - Lunedì 1 CONVIVIALE ore 20.00, Corso Castelvecchio 4.
Prof.
GIUSEPPE
BRUNI:
“L’impresa
contemporanea tra criticità e innovazione”
(Adesioni entro venerdì 29 gennaio)
*- Lunedì 8
CONVIVIALE, ore 20.00, Corso Castelvecchio 4.
Dott. LUIGI TUPPINI: “Oscar Wilde: la tragedia di
un uomo di spirito”
(Adesioni entro venerdì 5 febbraio)
*- Martedì 16 FESTA DI CARNEVALE, in interclub con i
Rotary di Verona e Provincia, ore 20.00, Hotel Due
Torri
(Adesioni entro mercoledì 10 febbraio)
*- Lunedì 22 CONVIVIALE ore 20.00, Corso Castelvecchio 4.
Prof. EGIDIO LUCCHINI: “I segreti di Maria
Montessori”
(Adesioni entro venerdì 19 febbraio)
* con familiari ed ospiti
3
DAL NOSTRO CLUB
RIUNIONI DI DICEMBRE
7
Dicembre
RIUNIONE SEMICONVIVIALE – Corso Castelvecchio 4 – Verona
“Parliamo tra di noi”
Presenti: Mercati, Niccolai, Orti Manara, Trombetta, Viganò.
14 Dicembre
CENA DEGLI AUGURI DI NATALE – Corso Castelvecchio 4 – Verona
Prof.ssa RENATA RACCANELLI
“Il convivio e l’impegno etico: aspetti
dell’amicizia nella Roma antica”
Riportiamo integralmente l’intervento della Prof.ssa Renata Raccanelli, da lei stessa
cortesemente fornitoci.
«Quando ho ricevuto l’invito a questa chiacchierata sul tema dell’amicizia nel mondo
antico, mi sono sentita felice e onorata dalla Vostra richiesta: ho pensato subito a quanto
fosse una splendida occasione per condividere con Voi studi che mi stanno a cuore e mi
appassionano da tempo, e per provare a riflettere insieme sul significato che può avere –
oggi, nel nostro mondo tecnologico e globalizzato - occuparsi di cose apparentemente
lontanissime come la cultura antica. Questa sera non vorrei puntare l’obiettivo su miti e
filosofie dell’amicizia antica, piuttosto proverò a concentrarmi su aspetti più concreti,
come consuetudini e riti sociali, che possono aiutarci a tratteggiare l’immagine sintetica
di un modello ‘nobile’ delle relazioni amichevoli nella Roma arcaica. Visto che la
disciplina che pratico è l’antropologia del mondo antico, Vi proporrò un piccolo viaggio,
non nello spazio, come potrebbe fare un antropologo che studi società contemporanee,
ma nel tempo, per visitare i modelli comportamentali di civiltà lontanissime dalle nostre,
ma per certi aspetti nostre ‘antenate’, e come in ogni viaggio la conoscenza degli altri ci
costringe a fare i conti coi nostri modi di vivere e di pensare, così spero che avvenga
anche alla fine di questa piccola passeggiata fra il III e il II secolo a.C.
Vorrei partire da una scena che, credo, abbia qualcosa da dire a tutti noi, qui e ora.
Siamo a casa di Catone, a cui - racconta Cicerone (Cato maior 45-46) - sono sempre
piaciuti i banchetti. Stiamo parlando proprio dell’austero Censore, il fustigatore dei vizi,
lo spauracchio dei gaudenti, il quale però in vecchiaia non si vergognava affatto di
concludere che, fra i piaceri della vita, quelli che meglio resistono nonostante il tempo e
gli acciacchi sono appunto i conviti. E così il saggio si abbandonava al ricordo dei conviti
fra amici frequentati in gioventù, ai tempi della guerra annibalica:
Banchettavo, dunque, con i miei compagni in maniera del tutto modesta, ma v’era un
certo brio dell’età avanzando la quale tutto si fa di giorno in giorno più calmo. E la
gioia degli stessi conviti io la misuravo non più dai piaceri della tavola che dallo stare
insieme a conversare con gli amici. Bene, difatti, i nostri antenati han chiamato
‘convivio’ lo stare insieme a banchetto degli amici, poiché comporta una comunione di
vita; meglio che i Greci, i quali chiamano questa medesima cosa ora ‘bere in comune’
ora ‘mangiare in comune’, sicché sembra che essi diano la massima importanza a quello
che invece in questo genere di cose conta minimamente. (Cic. Cato 45).
Per Catone il punto è che il convivio non è un piacere volgare o moralmente dubbio,
anzi, è un rituale legittimato dalla tradizione degli antenati: qui il custode del mos
maiorum non rinuncia a una frecciata contro quei rammolliti dei Greci che chiamano il
banchetto symposion o syndeipnon, perché sono interessati prima di tutto a bere e a
mangiare. Tutta la nobilissima tradizione della letteratura simposiale greca – a partire dal
4
sublime Convivio platonico - è liquidata in una battuta ingenerosa, ma l’argomento
linguistico di Catone è interessante: nel convivio i Romani vedono un convivere di amici,
una condivisione di piaceri, affetti, gioie, discussioni. Il convivium –potremmo dire- è in
certo senso il momento cerimoniale in cui gli amici celebrano e rappresentano a se stessi,
come su una scena teatrale, la propria comunità di vita e di pensiero. La mettono nella
cornice del rituale per festeggiarla.
Proseguiamo: cos’altro dice Catone dei banchetti nei capitoli successivi? Che più
invecchia e perde l’appetito, più prova gusto nelle conversazioni conviviali. Che gli piace
parlare non solo con i coetanei dei bei tempi, ma anche coi giovani, anche coi vicini nella
villa in Sabina. E poi che si diverte coi cerimoniali del banchetto, quelli tramandati dagli
antenati: quando il magister bibendi, cioè il “re” del convito, stabilisce le regole del bere,
il grado di diluizione del vino, l’argomento da discutere, quando assegna la parola ai
simposiasti, quando la coppa di vino passa da un convitato all’altro scandendo i turni di
parola, a partire dal posto d’onore, etc...
Dunque, ricapitoliamo le componenti essenziali di questi conviti catoniani: comunione
con gli amici, centralità della parola, ritualità. I testi antichi sono fatti così: sono un
continuo invito a noi moderni a rispecchiarcisi dentro, con una sensazione curiosa di
identificazione e insieme di straniamento. Da un lato siamo tentati di riflettere nel
banchetto di Catone quel che sta accadendo in questa sala: una cena sociale, al centro
dell’attenzione una comunità di amici, uno scambio di riflessioni ed esperienze, lo sforzo
di costruire un pensiero e un’azione comune con finalità etiche, la ritualizzazione del
legame sociale in una serie di cerimoniali con una storia e una tradizione. Dall’altro
vediamo spalancarsi tra noi e gli antichi ampie distanze culturali. Magari a partire dal
fatto che alla cena del Censore non si sentono parlare le donne, che pure potrebbero
essere presenti. A Roma infatti le matrone non sono escluse dai banchetti, come avveniva
in Grecia, dove ai simposi potevano accedere solo schiave, flautiste o cortigiane.
Evidentemente però le donne non sono rilevanti nel ricordo del protagonista infervorato
nei discorsi con gli amici. E questo non stupisce perché anche nella Roma arcaica le
matrone sembrano ammesse ai convivi, più che partecipi a pieno titolo: per esempio è
loro interdetto severamente il vino (una legge attribuita a Romolo stabiliva che i mariti
potessero uccidere le mogli sorprese a bere vino) e dunque sono escluse dai turni rituali di
parola. Il loro discorso è un discorso privato, non ufficiale, privo di riconoscimento
istituzionale: ancora ai tempi della tarda repubblica, del resto, la povera Afrania si
guadagnò la fama di donna poco rispettabile perché invadeva il foro con i suoi ‘latrati’,
sbrigandosi da sola le sue cause in tribunale senza ricorrere all’aiuto di avvocati. Prima di
lasciare le donne e tornare ai conviti, va segnalato che, se il cerimoniale del convito è
maschile, è perché il convito ritualizza un modello di amicizia che –per tutto il mondo
antico- è rigorosamente pensato al maschile. Ed è ovvio che sia così, nel quadro della
mentalità antica: le donne sono proiettate verso i loro ruoli domestici e sono ‘pensabili’
essenzialmente in riferimento al quadro della parentela. Sono gli uomini che hanno
bisogno di darsi delle regole in quelle relazioni pericolose che sono le amicizie, sospese
come un ponte instabile tra la sfera del privato e quella del pubblico e quindi costruiscono
intorno all’amicizia modelli culturali, riflessioni filosofiche, esempi famosi e tradizioni
degli antenati.
Ma torniamo agli amici di Catone. Chi è incluso fra loro? Vediamo i termini che usa
Catone per definire i convitati. Amici, prima di tutto, che è –in latino come in italiano- un
termine molto comodo e diplomatico per la sua genericità: tutti quelli con cui si hanno
relazioni ‘amichevoli’ (amici personali, ma anche conoscenti, colleghi, soci d’affari, etc.).
Da vecchio, nella villa di campagna, Catone invita i vicini. Fin qui siamo nel generico. Ci
aiuta di più il fatto che Catone ragioni in termini di classi d’età: ai conviti si incontrano
gli aequales (i coetanei), in primo luogo; il che nelle società antiche vuol dire i compagni
con cui s’è fatto il servizio militare, con cui s’è stati in guerra e con cui si condivide
l’attività politica. E’ interessante però l’accenno di Catone alla presenza di convitati più
giovani, non aequales: molti autori, greci e romani, sottolineano il valore pedagogico di
5
questa presenza. I più giovani al convivio sono ammessi come per una sorta di
apprendistato, perché il convivio è un luogo fondamentale della trasmissione dei valori
degli antenati. Per esempio Valerio Massimo, che in epoca tiberiana ricostruisce un
quadro nostalgico dei simposi della Roma arcaica (Detti e Fatti memorabili, 2.1.9-10),
racconta che ai tempi di Catone i banchetti erano uno spazio in cui si istituiva uno
scambio vitale fra le generazioni. I giovani offrivano agli adulti e agli anziani deferenza e
onori, osservando una rigorosa etichetta che imponeva loro discrezione, rispetto delle
precedenze, inibizione della parola (ancora una volta si osservi come nel convito sia
cruciale lo spazio di parola, legato al riconoscimento del ruolo sociale della persona).
Adulti e anziani trasmettono ai giovani i valori degli antenati, li motivano con l’esempio
eroico dei grandi a riprodurre nel presente i modelli di comportamento e le virtù del
passato. I convivi, in conclusione, sono un momento forte per porre il problema
dell’identità del gruppo di amici e dell’eredità morale da proiettare nel futuro. Va
ricordato –ovviamente- che la società arcaica romana mostra forti spinte tradizionaliste,
per cui non appare strano che i giovani in questi contesti siano invitati a riprodurre
fedelmente i comportamenti dei padri, mentre non appare valorizzata l’innovazione.
Torniamo alla nostra società di amici catoniani, che non si occupano solo di politica e di
educazione dei giovani. Catone infatti usa un ulteriore termine per definirli: sodales. Qui
arriviamo al nocciolo di una differenza culturale forte tra noi e gli antichi. Il Censore
ricorda infatti che proprio quando era giovane, durante la guerra annibalica, si diffuse a
Roma l’uso di banchetti rituali celebrati dalle sodalitates, cioè da compagnie addette al
culto di varie divinità. I sodali cui fa riferimento Catone, quindi, sono fra l’altro anche gli
officianti di una celebrazione religiosa. L’amicizia per Catone si inquadra quindi in una
cornice cultuale, ma in effetti il rito religioso dei sodali è anzitutto un rito civile, in cui si
sancisce l’alleanza di una comunità intera con gli dei e si consolidano i legami fra i
partecipanti. La religione degli antichi, com’è noto, non coinvolge la dimensione
dell’anima individuale, ma piuttosto mira a stabilire un equilibrio tra gli dei e il consorzio
degli uomini: partecipare al culto non è un fatto di fede, è un fatto di cittadinanza.
Ricapitoliamo: gli amici di Catone sono appartenenti a una comunità di coetanei (cui
sono aggregati giovani in silenzio), che tra loro hanno legami di amicizia personale, di
vicinato, di servizio militare, di culto, di consorteria politica, spesso anche di gruppo
gentilizio. Questo ci fa capire un po’ meglio perché Catone parli di convivium nel senso
di comunione di vita. Questo modello di relazioni ha in mente Cicerone quando, pochi
mesi dopo aver scritto queste pagine ‘catoniane’, comincia a scrivere un dialogo dedicato
all’amicizia –il Laelius- e formula questa definizione: “l’amicizia è nient’altro se non un
perfetto accordo nelle cose divine e umane, unito con un sentimento di benevolenza e
affetto” (Lael. 20). Secondo questo modello, l’amicizia romana è un vincolo che chiama
in causa aspetti profondi dell’identità dell’individuo. Non è un semplice legame di
preferenza personale, di simpatia, di scelta per il tempo libero: è invece un impegno
comune che proietta gli amici nella dimensione civile della società e della politica. E’
qualcosa di profondamente radicato nella loro vita di cittadini e che –è questo il punto del
Laelius- non deve porsi in concorrenza, ma in armonia rispetto all’impegno civile.
Torniamo alla festa del convivio, al luogo in cui gli amici discutono i fondamenti etici del
loro agire nella società. Per un attimo vi porto ancora più indietro nel tempo: siamo in un
simposio ad Atene, fra il V e il IV sec. a.C. Al centro dell’attenzione vorrei mettere ora
l’oggetto simposiale per eccellenza: la coppa che circola fra i convitati. Ha una forma
caratteristica, molto elegante: una base slanciata, sopra alla quale si apre la parte concava,
molto allargata, con un fondo piatto (che i Greci chiamano prosopon, cioè ‘faccia’), due
manici, funzionali al passaggio rituale della coppa da un convitato all’altro. Ciò che mi
interessa in particolare è la decorazione: un motivo molto ricorrente è quello degli occhi,
grandi occhi stilizzati, dipinti sia sul bordo esterno che sulla ‘faccia’, talmente
caratteristici da suggerire il nome tipologico di questi oggetti, le ‘coppe a occhioni’. Gli
studiosi si sono spesso interrogati sul significato di questi occhi e circolano
interpretazioni diverse. E’ stata in voga per un certo tempo l’idea che si trattasse di una
6
difesa contro il malocchio, ma l’ipotesi più convincente, secondo me, è quella di una
studiosa francese, Françoise Frontisi (Senza maschera né specchio: l’uomo greco e i suoi
doppi, in La maschera, il doppio e il ritratto, a cura di M.Bettini, Roma-Bari 1991): le
coppe a occhioni rimanderebbero a una specie di rituale di riconoscimento e
identificazione fra i convitati. Immaginiamo la scena: quando il vicino ci passa la coppa,
il nostro sguardo incontra gli occhi dipinti sulla fascia esterna; quando beviamo, giunti al
fondo della coppa, ci troviamo a rifletterci in una ‘faccia’ con altri occhi dipinti che
rispondono ai nostri. Questi occhi dipinti hanno rispecchiato lo sguardo di tutti gli altri
convitati, uno dopo l’altro: sono una specie di gioco simbolico che allude allo scambio
degli sguardi fra i convitati che in questo modo si riconoscono e identificano come una
comunità di simili.
Il banchetto, potremmo concludere, è un rituale di rispecchiamento nello sguardo degli
amici. Gli occhi degli amici, ben più di quelli simbolici sul fondo della coppa, sono uno
specchio in cui è possibile conoscere se stessi. Diceva Aristotele: “Quando vogliamo
conoscere il nostro viso, lo vediamo guardando in uno specchio. Allo stesso modo,
quando vogliamo conoscere noi stessi, possiamo farlo rivolgendo lo sguardo verso il
nostro amico, perché l’amico, come si dice, è un altro me stesso” (Grande Etica, 1313a).
Con altre parole, anche Cicerone diceva la stessa cosa: “Chi guarda un vero amico,
guarda come un’immagine di se stesso” (Lael. 23).
Va bene, direte, una bella trovata, una formula retorica ben riuscita. Ma proviamo a
grattare sotto a questa formula, a capire che vuol dire in concreto in rapporto alla vita
delle società antiche. Atene fra V e IV secolo e Roma nel I a.C. sono comunità
caratterizzate dall’interazione faccia a faccia dei cittadini: sono società del confronto, in
cui i comportamenti dei singoli sono sempre sotto gli occhi degli altri. Sono civiltà della
lode e del biasimo. Emozioni come la vergogna, il senso dell’onore, il desiderio di fama,
agiscono condizionando radicalmente il singolo individuo, che in ogni gesto si sente
giudicato – controllato – inibito – incitato dallo sguardo della collettività. In contesti di
questo tipo gli individui costruiscono la propria immagine di se stessi e il senso della
propria identità negoziandola con l’opinione degli altri, passando attraverso lo sguardo
degli altri: ciascuno è ciò che gli altri vedono. L’identità di una persona non si definisce
in rapporto all’interiorità, all’anima, alla coscienza, ma coincide con la considerazione
sociale di cui gode. Ecco allora cosa vuol dire la formula dell’amico alter ego: è qualcuno
di così simile a me che mi fa vedere me stesso dal di fuori, mi aiuta a costruire
l’immagine di quel che voglio e devo diventare agli occhi di tutti. E’ la prima
‘interfaccia’ sociale che incontro fuori dalla cerchia dei familiari: con lui posso
permettermi di sperimentare i limiti del mio comportamento; nel mio alter ego so di
trovare uno sguardo complice e benevolo, che non mi umilierà per i miei errori, ma allo
stesso tempo un occhio estraneo, critico, che saprà correggermi prima che io danneggi
irreparabilmente la mia immagine.
Siamo al termine del nostro piccolo viaggio nei territori dell’amicizia antica. Che
impressioni ne riportiamo a casa per riflettere sui nostri modi di pensare all’amicizia? Qui
la palla passa a voi, se e quando ne avrete voglia o lo riterrete non inutile. Quanto a me,
finisco la rassegna di stasera offrendovi alcuni spunti di conclusione.
I modelli di amicizia che vi ho presentato per scorci sono lontanissimi dai nostri, eppure
sono nostri ‘antenati’, ci hanno trasmesso qualcosa che impercettibilmente si respira
anche nei nostri modi di dire e nei nostri riti sociali.
In effetti avete notato tutti le differenze di questo modello rispetto ai nostri modi di
pensare l’amicizia. Si tratta di un modello rigido, che esclude e marginalizza chi è ‘meno
uguale’: le donne, i giovani, ma anche gli schiavi. A proposito, anche loro erano lì, al
banchetto di Catone, ma nessuno ha pensato a loro. Soltanto due secoli e mezzo dopo,
Seneca si accorge della loro presenza nella sala del banchetto (epistola 47) e osserva che
il valore delle persone e della loro amicizia non ha niente a che fare con le differenze di
status giuridico. E’ un modello conservativo, che invita i giovani e in generale gli
7
individui a conformarsi, a riprodurre la tradizione e a guardare con sospetto
l’innovazione.
Eppure in queste pagine antiche troviamo alcuni punti forti che hanno forse ancora molto
da dirci. Per esempio l’idea che attraverso l’amicizia si costruisca una parte importante
dell’identità personale, come anche la convinzione che essa sia un legame che promuove
l’agire etico degli amici nella società e trasmette valori comuni su cui dovrebbero
confrontarsi generazioni diverse.
Ma è ora che il turno di parola passi ad altri; soprattutto è ora di lasciare i conviti degli
antichi e di cominciare a pensare al nostro.»
In apertura di serata è stato presentato dall’amico Alvise Farina un nuovo Socio:
l’avvocato Aldo Bulgarelli.
Nato a Verona nel 1954, si è laureato a pieni voti in Giurisprudenza all’Università di
Padova. Parla correntemente inglese, francese, spagnolo e tedesco, ma conosce anche
arabo e portoghese. Dal 1990 è socio dello Studio Legale Caponi-Bulgarelli e Associati.
Già presidente dell’Ordine degli Avvocati di Verona, opera nell’ambito dello studio
NCTM, con sede a Milano, una delle maggiori associazioni di avvocati d’Italia e ora fa
parte del Consiglio Nazionale Forense, che è il massimo organo di autogoverno
dell’avvocatura. Inoltre è componente del Consiglio Nazionale degli Avvocati presso
l’Unione Europea, ove rappresenta l’Italia.
I dati dell’Avv. Bulgarelli per l’aggiornamento del “libretto Soci” sono riportati nel
paragrafo “Informazione Interna” del presente Bollettino.
Presenti: Alessio e Sig.ra, Ambrosi, Balestrieri P., Banterle, Benelli, Bordato e Sig.ra, Borelli
e Sig.ra, Brena, Bresciani, Carrera e Sig.ra, Castellani e Sig.ra, Caucchioli, Cicogna M. e
Sig.ra, Cicogna Z. e Sig.ra, Colantoni, Della Bella e Sig.ra, De Marchi e Sig.ra, Ederle e
Sig.ra, Farina, Fatini Del Grande e Sig.ra, Fedrigoni e Sig.ra, Gaspari e Sig.ra, Ghelli
Santuliana e Sig.ra, Luise e Sig.ra, Mercati e Sig.ra, Monari e Sig.ra, Nardi, Niccolai e
Sig.ra, Oreglia e Sig.ra, Orti Manara e Sig.ra, Palmieri e Sig.ra, Paparella e Sig.ra, Pasti e
Sig.ra, Pastorello e Sig.ra, Pellegrini e Sig.ra, Peruzzi, Sig.ra Poggi, Poggi L.A. e Sig.ra,
Riello, Sandrini, Scuro, Simeoni, Talacchi e Sig.ra, Tommasi, Trombetta e Sig.ra, Tuppini,
Viganò e Sig.ra, Vinco, Zamboni e Sig.ra.
8
INFORMAZIONE INTERNA
Compleanni
dei Soci
ALDO BENVENUTO
GAETANO BERTANI
FRANCESCO PASTI
CARLO GROPPO
ENRICO GIUSEPPE SANDRINI
PIERLUIGI OREGLIA
FRANCESCO DALL’ANTONIA
CARLO CESARI
1 febbraio
8 febbraio
11 febbraio
11 febbraio
11 febbraio
12 febbraio
14 febbraio
23 febbraio
Anzianità
Rotariana
LEONARDO GEMMA BRENZONI
LUIGI ANDREA POGGI
LUCIANO CARRERA
ENRICO NUCCI
GIOVANNI VIGANO’
VITTORIO BRESCIANI
24 febbraio 1962
24 febbraio 1962
27 febbraio 1984
9 febbraio 1998
23 febbraio 1998
11 febbraio 2008
Dati
Nuovo Socio
BULGARELLI Avv. ALDO
(dicembre 2009)
Cl. Attività libere e professioni – Avvocati – Diritto Internazionale
Avvocato - NCTM Studio Legale Associato
A.: 37121 Via Mazzanti 17 – Tel. 045.8035928
U.: 37122 Str.ne Porta Palio 76 – Tel. 045.8097000 Fax: 045.8097010
Cell. 348.8749871
e-mail: [email protected]
48°
48°
26°
12°
12°
2°
DAL DISTRETTO
Forum
Sabato 6 febbraio, presso la Fondazione OIC Centro Civitas Vitae di Padova (Mandria),
Interassociativo si terrà il Forum Interassociativo Rotary - Inner Wheel, che avrà come tema: “Longevità
come risorsa. Il ruolo della persona nella funzione strategica delle relazioni”.
Dopo la registrazione dei partecipanti (ore 8.45), vi sarà la cerimonia di apertura con i
saluti istituzionali dei Governatori Rotary e Inner Wheel e dei Presidenti dei Club locali.
Seguiranno le relazioni:
La risorsa longevità – Prof. Angelo Ferro, Presidente Opera Immacolata Concezione
Onlus
Capitale sociale di un soggetto attivo: il longevo – Prof. Silvio Scanagatta, Ordinario di
Sociologia dell’Educazione Università di Padova
Superare la cultura del limite attraverso i rapporti interpersonali: la fragilità come
opportunità – Pro. Erminio Gius, Ordinario di Psicologia Università di Padova.
Seguirà l’assegnazione del Premio Rotary-Inner Wheel “Quando la volontà vince ogni
ostacolo”.
Informazioni dettagliate in Segreteria.
9
PRINCIPALI MANIFESTAZIONI CULTURALI DI VERONA
Mese di Febbraio
Da martedì 2 febbraio
a domenica 7 febbraio
Teatro Nuovo – ore 20.45
(domenica ore 16.00)
Per la rassegna “Il grande teatro”
Don Chisciotte, di Franco Branciaroli da Cervantes
Con Franco Branciaroli
Regia di Franco Branciaroli
Teatro de gli Incamminati
Mercoledì 10 febbraio
Giovedì 11 febbraio
Venerdì 12 febbraio
Teatro Nuovo – ore 21.00
Teatro Nuovo – ore 21.00
Teatro Nuovo – ore 21.00
Per la rassegna “Divertiamoci a teatro”
La strana coppia, di Neil Simon
Con Mariangela d’Abbraccio ed Elisabetta Pozzi
Regia di Francesco Tavassi
Teatro e Società
Giovedì 11 febbraio
Venerdì 12 febbraio
Sabato 13 febbraio
Domenica 14 febbraio
Martedì 16 febbraio
Teatro Filarmonico – ore 20.30
Teatro Filarmonico – ore 20.30
Teatro Filarmonico – ore 20.30
Teatro Filarmonico – ore 17.00
Teatro Filarmonico – ore 20.30
L’opera da tre soldi, spettacolo di balletto tratto dall’opera di Bertold
Brecht con musica di Kurt Weil
Interpreti principali: Marzia Falcon, Giuseppe Picone
Nuova produzione della Fondazione Arena di Verona
Corpo di Ballo dell’Arena di Verona
Da martedì 16 febbraio
a domenica 21 febbraio
Teatro Nuovo – ore 20.45
(domenica ore 16.00)
Per la rassegna “Il grande teatro”
La macchina del capo, di Marco Paolini
Con Marco Paolini
Musiche di Lorenzo Manguzzi
Jole Film
Sabato 20 febbraio
Domenica 21 febbraio
Teatro Filarmonico – ore 20.30
Teatro Filarmonico – ore 17.00
Part, Credo per pianoforte, coro e orchestra
Beethoven, Fantasia in do min. per pianoforte, coro e orchestra, Op. 80
Schumann, Sinfonia n. 1 in si bem. magg., Op. 38
Direttore: Andriy Yurkevich
Pianista: Giuseppe Albanese
10
Martedì 23 febbraio
Mercoledì 24 febbraio
Giovedì 25 febbraio
Teatro Nuovo – ore 21.00
Teatro Nuovo – ore 21.00
Teatro Nuovo – ore 21.00
Per la rassegna “Divertiamoci a teatro”
Alphabet, di Massimiliano Bruno e Eduardo Falcone
Con Nancy Brilli
The Dreamers Productions
Venerdì 26 febbraio
Domenica 28 febbraio
Teatro Filarmonico – ore 20.30
Teatro Filarmonico – ore 17.00
Verdi, Ouverture “Luisa Miller”
Boito
“Mefistofele” 3° atto – Morte di Margherita
Puccini, Capriccio sinfonico
Intermezzo da “Manon Lesaut”
“Manon Lescaut” 4° atto
Direttore: Walter Attanasi
Soprano: Amarilli Nizza
Tenore: Lorenzo Decaro
Domenica 28 febbraio
Teatro Nuovo – ore 21.00
Per la rassegna « Solo Danza »
Divino Tango, Pasiones Company
Regia di Adrian Aragon