Rotary Club Verona Bollettino n. 8 Febbraio 2010 - Mese della comprensione internazionale Anno di fondazione: 1928 del Rotary Distretto 2060 Nord Est INDICE Calendario del mese di Febbraio pag. 1 Promemoria “tascabile” delle riunioni pag. 2 Presidente Internazionale: JOHN KENNY Governatore Distretto 2060: LUCIANO KULLOVITZ Dal nostro Club Riunioni di Dicembre pag. 3 Informazione interna Compleanni dei Soci Anzianità rotariana Dati Nuovo Socio pag. pag. pag. 8 8 8 pag. 8 Dal Distretto Forum Interassociativo Principali manifestazioni culturali di Verona Mese di febbraio pag. 9 Presidente Rotary Club Verona: PIERLUIGI OREGLIA Presidente: Pierluigi OREGLIA Cell. 335.245650 e-mail: [email protected] Segretario: Luciano CASTELLANI Cell. 348.4208064 e-mail: [email protected] Prefetto: Guglielmo PELLEGRINI Ab. 045. 8840787 e-mail: [email protected] Tesoriere: Alberto PALMIERI Cell. 340.2451101 e-mail: [email protected] Vice Presidente: Emilio ORTI MANARA Presidente Incoming: Giovanni VIGANO’ Past President: Paolo BALESTRIERI Consiglieri: Giovanni GIUDICI Luciano PASTORELLO Andrea TALACCHI Segreteria Rotary Club Verona: Via Carlo Cattaneo, 6 - 37121 Verona - Tel. e Fax 045 596094 E-mail: [email protected] - Orario apertura: Lunedì 14.30/18.30; Martedì, Mercoledì e Venerdì 15.00/18.30 Internet: Pagina web con link dal sito del Distretto 2060 – www.rotary2060.it Riunioni: LUNEDÌ – Corso Castelvecchio, 4 – 37121 Verona -il 1°, il 3° (e 5°) lunedì del mese, alle ore 19.30 semiconviviale -il 2°ed il 4° lunedì del mese, alle ore 20.00 conviviale Prenotazioni on line E’ possibile prenotare la presenza alle conviviali direttamente da Internet. Basta entrare nel sito del Distretto (www.rotary2060.it), cliccare alla voce “Club del Distretto” e selezionare Verona. Appare la pagina del nostro Club: selezionare a sinistra la voce “Riunioni del Mese”, compare l’opzione “prenota” con una semplice scheda da compilare. Commissione Bollettino e Rivista: Luciano Pastorello Roberto Caucchioli Segretaria di Redazione: Manuela Rovatti 1 CALENDARIO DEL MESE DI FEBBRAIO Lunedì 1 RIUNIONE CONVIVIALE alle ore 20.00, in Corso Castelvecchio 4. Il Prof. GIUSEPPE BRUNI, Professore Ordinario di Economia Aziendale presso la Facoltà di Economia e Commercio dell’Università di Verona, svolgerà una relazione sul tema: “L’impresa contemporanea tra criticità e innovazione” Sarà gradita la presenza di familiari ed ospiti. (Adesioni entro venerdì 29 gennaio) Lunedì 8 RIUNIONE CONVIVIALE, alle ore 20.00, in Corso Castelvecchio 4. Il nostro Socio Dott. LUIGI TUPPINI, Presidente dell’Accademia Filarmonica di Verona, terrà una conversazione dal titolo: “Oscar Wilde: la tragedia di un uomo di spirito” Sarà gradita la presenza di familiari ed ospiti. (Adesioni entro venerdì 5 febbraio) Martedì 16 FESTA DI CARNEVALE, in Interclub con i Rotary di Verona e Provincia, alle ore 20.00, presso l’Hotel Due Torri, con ballo e lotteria. Il ricavato della serata andrà a favore delle vittime del terremoto di Haiti. Sarà gradita la presenza di familiari ed ospiti. (Adesioni entro mercoledì 10 febbraio) Lunedì 22 RIUNIONE CONVIVIALE, alle ore 20.00, in Corso Castelvecchio 4. Il Prof. EGIDIO LUCCHINI, laureato in Pedagogia ed in Sociologia, specialista in Psicologia, iscritto all’Ordine dei Giornalisti-Pubblicisti, terrà una conversazione dal titolo: “I segreti di Maria Montessori” Sarà gradita la presenza di familiari ed ospiti. (Adesioni entro venerdì 19 febbraio) Commissioni Anno Rotariano 2009/2010 Amministrazione Finanze e Bilancio: A. Palmieri Programmi di attività: G. Kessler Bollettino del Club: L. Pastorello (Pres.), R. Caucchioli Informazione Rotariana: G. Pellegrini Pubbliche Relazioni Club-contatto e Relazioni Internazionali: A. Farina Relazioni esterne: E. Orti Manara Effettivo Ammissioni e Categorie Professionali: P. Simeoni (Pres.), G. Benelli, G. Gortenuti Relazioni interne ed assiduità – F.O.R. Famiglia del Rotary: A. Fedrigoni Progetti Gioventù-Rotaract-Interact Relazioni professionali Orientamento professionale A.P.I.M. Scambio giovani – R.Y.L.A. Progresso umano e sviluppo sociale Protezione ambiente Fondazione Rotary Sostegno alla Rotary Foundation Progetti umanitari L. Carrera A. Zamboni A. Talacchi A. Farina 2 Promemoria “tascabile” delle riunioni di Febbraio 2010 (ritagliare e conservare nel portafoglio) Rotary Club Verona Programma Febbraio 2010 MESE DI FEBBRAIO * - Lunedì 1 CONVIVIALE ore 20.00, Corso Castelvecchio 4. Prof. GIUSEPPE BRUNI: “L’impresa contemporanea tra criticità e innovazione” (Adesioni entro venerdì 29 gennaio) *- Lunedì 8 CONVIVIALE, ore 20.00, Corso Castelvecchio 4. Dott. LUIGI TUPPINI: “Oscar Wilde: la tragedia di un uomo di spirito” (Adesioni entro venerdì 5 febbraio) *- Martedì 16 FESTA DI CARNEVALE, in interclub con i Rotary di Verona e Provincia, ore 20.00, Hotel Due Torri (Adesioni entro mercoledì 10 febbraio) *- Lunedì 22 CONVIVIALE ore 20.00, Corso Castelvecchio 4. Prof. EGIDIO LUCCHINI: “I segreti di Maria Montessori” (Adesioni entro venerdì 19 febbraio) * con familiari ed ospiti 3 DAL NOSTRO CLUB RIUNIONI DI DICEMBRE 7 Dicembre RIUNIONE SEMICONVIVIALE – Corso Castelvecchio 4 – Verona “Parliamo tra di noi” Presenti: Mercati, Niccolai, Orti Manara, Trombetta, Viganò. 14 Dicembre CENA DEGLI AUGURI DI NATALE – Corso Castelvecchio 4 – Verona Prof.ssa RENATA RACCANELLI “Il convivio e l’impegno etico: aspetti dell’amicizia nella Roma antica” Riportiamo integralmente l’intervento della Prof.ssa Renata Raccanelli, da lei stessa cortesemente fornitoci. «Quando ho ricevuto l’invito a questa chiacchierata sul tema dell’amicizia nel mondo antico, mi sono sentita felice e onorata dalla Vostra richiesta: ho pensato subito a quanto fosse una splendida occasione per condividere con Voi studi che mi stanno a cuore e mi appassionano da tempo, e per provare a riflettere insieme sul significato che può avere – oggi, nel nostro mondo tecnologico e globalizzato - occuparsi di cose apparentemente lontanissime come la cultura antica. Questa sera non vorrei puntare l’obiettivo su miti e filosofie dell’amicizia antica, piuttosto proverò a concentrarmi su aspetti più concreti, come consuetudini e riti sociali, che possono aiutarci a tratteggiare l’immagine sintetica di un modello ‘nobile’ delle relazioni amichevoli nella Roma arcaica. Visto che la disciplina che pratico è l’antropologia del mondo antico, Vi proporrò un piccolo viaggio, non nello spazio, come potrebbe fare un antropologo che studi società contemporanee, ma nel tempo, per visitare i modelli comportamentali di civiltà lontanissime dalle nostre, ma per certi aspetti nostre ‘antenate’, e come in ogni viaggio la conoscenza degli altri ci costringe a fare i conti coi nostri modi di vivere e di pensare, così spero che avvenga anche alla fine di questa piccola passeggiata fra il III e il II secolo a.C. Vorrei partire da una scena che, credo, abbia qualcosa da dire a tutti noi, qui e ora. Siamo a casa di Catone, a cui - racconta Cicerone (Cato maior 45-46) - sono sempre piaciuti i banchetti. Stiamo parlando proprio dell’austero Censore, il fustigatore dei vizi, lo spauracchio dei gaudenti, il quale però in vecchiaia non si vergognava affatto di concludere che, fra i piaceri della vita, quelli che meglio resistono nonostante il tempo e gli acciacchi sono appunto i conviti. E così il saggio si abbandonava al ricordo dei conviti fra amici frequentati in gioventù, ai tempi della guerra annibalica: Banchettavo, dunque, con i miei compagni in maniera del tutto modesta, ma v’era un certo brio dell’età avanzando la quale tutto si fa di giorno in giorno più calmo. E la gioia degli stessi conviti io la misuravo non più dai piaceri della tavola che dallo stare insieme a conversare con gli amici. Bene, difatti, i nostri antenati han chiamato ‘convivio’ lo stare insieme a banchetto degli amici, poiché comporta una comunione di vita; meglio che i Greci, i quali chiamano questa medesima cosa ora ‘bere in comune’ ora ‘mangiare in comune’, sicché sembra che essi diano la massima importanza a quello che invece in questo genere di cose conta minimamente. (Cic. Cato 45). Per Catone il punto è che il convivio non è un piacere volgare o moralmente dubbio, anzi, è un rituale legittimato dalla tradizione degli antenati: qui il custode del mos maiorum non rinuncia a una frecciata contro quei rammolliti dei Greci che chiamano il banchetto symposion o syndeipnon, perché sono interessati prima di tutto a bere e a mangiare. Tutta la nobilissima tradizione della letteratura simposiale greca – a partire dal 4 sublime Convivio platonico - è liquidata in una battuta ingenerosa, ma l’argomento linguistico di Catone è interessante: nel convivio i Romani vedono un convivere di amici, una condivisione di piaceri, affetti, gioie, discussioni. Il convivium –potremmo dire- è in certo senso il momento cerimoniale in cui gli amici celebrano e rappresentano a se stessi, come su una scena teatrale, la propria comunità di vita e di pensiero. La mettono nella cornice del rituale per festeggiarla. Proseguiamo: cos’altro dice Catone dei banchetti nei capitoli successivi? Che più invecchia e perde l’appetito, più prova gusto nelle conversazioni conviviali. Che gli piace parlare non solo con i coetanei dei bei tempi, ma anche coi giovani, anche coi vicini nella villa in Sabina. E poi che si diverte coi cerimoniali del banchetto, quelli tramandati dagli antenati: quando il magister bibendi, cioè il “re” del convito, stabilisce le regole del bere, il grado di diluizione del vino, l’argomento da discutere, quando assegna la parola ai simposiasti, quando la coppa di vino passa da un convitato all’altro scandendo i turni di parola, a partire dal posto d’onore, etc... Dunque, ricapitoliamo le componenti essenziali di questi conviti catoniani: comunione con gli amici, centralità della parola, ritualità. I testi antichi sono fatti così: sono un continuo invito a noi moderni a rispecchiarcisi dentro, con una sensazione curiosa di identificazione e insieme di straniamento. Da un lato siamo tentati di riflettere nel banchetto di Catone quel che sta accadendo in questa sala: una cena sociale, al centro dell’attenzione una comunità di amici, uno scambio di riflessioni ed esperienze, lo sforzo di costruire un pensiero e un’azione comune con finalità etiche, la ritualizzazione del legame sociale in una serie di cerimoniali con una storia e una tradizione. Dall’altro vediamo spalancarsi tra noi e gli antichi ampie distanze culturali. Magari a partire dal fatto che alla cena del Censore non si sentono parlare le donne, che pure potrebbero essere presenti. A Roma infatti le matrone non sono escluse dai banchetti, come avveniva in Grecia, dove ai simposi potevano accedere solo schiave, flautiste o cortigiane. Evidentemente però le donne non sono rilevanti nel ricordo del protagonista infervorato nei discorsi con gli amici. E questo non stupisce perché anche nella Roma arcaica le matrone sembrano ammesse ai convivi, più che partecipi a pieno titolo: per esempio è loro interdetto severamente il vino (una legge attribuita a Romolo stabiliva che i mariti potessero uccidere le mogli sorprese a bere vino) e dunque sono escluse dai turni rituali di parola. Il loro discorso è un discorso privato, non ufficiale, privo di riconoscimento istituzionale: ancora ai tempi della tarda repubblica, del resto, la povera Afrania si guadagnò la fama di donna poco rispettabile perché invadeva il foro con i suoi ‘latrati’, sbrigandosi da sola le sue cause in tribunale senza ricorrere all’aiuto di avvocati. Prima di lasciare le donne e tornare ai conviti, va segnalato che, se il cerimoniale del convito è maschile, è perché il convito ritualizza un modello di amicizia che –per tutto il mondo antico- è rigorosamente pensato al maschile. Ed è ovvio che sia così, nel quadro della mentalità antica: le donne sono proiettate verso i loro ruoli domestici e sono ‘pensabili’ essenzialmente in riferimento al quadro della parentela. Sono gli uomini che hanno bisogno di darsi delle regole in quelle relazioni pericolose che sono le amicizie, sospese come un ponte instabile tra la sfera del privato e quella del pubblico e quindi costruiscono intorno all’amicizia modelli culturali, riflessioni filosofiche, esempi famosi e tradizioni degli antenati. Ma torniamo agli amici di Catone. Chi è incluso fra loro? Vediamo i termini che usa Catone per definire i convitati. Amici, prima di tutto, che è –in latino come in italiano- un termine molto comodo e diplomatico per la sua genericità: tutti quelli con cui si hanno relazioni ‘amichevoli’ (amici personali, ma anche conoscenti, colleghi, soci d’affari, etc.). Da vecchio, nella villa di campagna, Catone invita i vicini. Fin qui siamo nel generico. Ci aiuta di più il fatto che Catone ragioni in termini di classi d’età: ai conviti si incontrano gli aequales (i coetanei), in primo luogo; il che nelle società antiche vuol dire i compagni con cui s’è fatto il servizio militare, con cui s’è stati in guerra e con cui si condivide l’attività politica. E’ interessante però l’accenno di Catone alla presenza di convitati più giovani, non aequales: molti autori, greci e romani, sottolineano il valore pedagogico di 5 questa presenza. I più giovani al convivio sono ammessi come per una sorta di apprendistato, perché il convivio è un luogo fondamentale della trasmissione dei valori degli antenati. Per esempio Valerio Massimo, che in epoca tiberiana ricostruisce un quadro nostalgico dei simposi della Roma arcaica (Detti e Fatti memorabili, 2.1.9-10), racconta che ai tempi di Catone i banchetti erano uno spazio in cui si istituiva uno scambio vitale fra le generazioni. I giovani offrivano agli adulti e agli anziani deferenza e onori, osservando una rigorosa etichetta che imponeva loro discrezione, rispetto delle precedenze, inibizione della parola (ancora una volta si osservi come nel convito sia cruciale lo spazio di parola, legato al riconoscimento del ruolo sociale della persona). Adulti e anziani trasmettono ai giovani i valori degli antenati, li motivano con l’esempio eroico dei grandi a riprodurre nel presente i modelli di comportamento e le virtù del passato. I convivi, in conclusione, sono un momento forte per porre il problema dell’identità del gruppo di amici e dell’eredità morale da proiettare nel futuro. Va ricordato –ovviamente- che la società arcaica romana mostra forti spinte tradizionaliste, per cui non appare strano che i giovani in questi contesti siano invitati a riprodurre fedelmente i comportamenti dei padri, mentre non appare valorizzata l’innovazione. Torniamo alla nostra società di amici catoniani, che non si occupano solo di politica e di educazione dei giovani. Catone infatti usa un ulteriore termine per definirli: sodales. Qui arriviamo al nocciolo di una differenza culturale forte tra noi e gli antichi. Il Censore ricorda infatti che proprio quando era giovane, durante la guerra annibalica, si diffuse a Roma l’uso di banchetti rituali celebrati dalle sodalitates, cioè da compagnie addette al culto di varie divinità. I sodali cui fa riferimento Catone, quindi, sono fra l’altro anche gli officianti di una celebrazione religiosa. L’amicizia per Catone si inquadra quindi in una cornice cultuale, ma in effetti il rito religioso dei sodali è anzitutto un rito civile, in cui si sancisce l’alleanza di una comunità intera con gli dei e si consolidano i legami fra i partecipanti. La religione degli antichi, com’è noto, non coinvolge la dimensione dell’anima individuale, ma piuttosto mira a stabilire un equilibrio tra gli dei e il consorzio degli uomini: partecipare al culto non è un fatto di fede, è un fatto di cittadinanza. Ricapitoliamo: gli amici di Catone sono appartenenti a una comunità di coetanei (cui sono aggregati giovani in silenzio), che tra loro hanno legami di amicizia personale, di vicinato, di servizio militare, di culto, di consorteria politica, spesso anche di gruppo gentilizio. Questo ci fa capire un po’ meglio perché Catone parli di convivium nel senso di comunione di vita. Questo modello di relazioni ha in mente Cicerone quando, pochi mesi dopo aver scritto queste pagine ‘catoniane’, comincia a scrivere un dialogo dedicato all’amicizia –il Laelius- e formula questa definizione: “l’amicizia è nient’altro se non un perfetto accordo nelle cose divine e umane, unito con un sentimento di benevolenza e affetto” (Lael. 20). Secondo questo modello, l’amicizia romana è un vincolo che chiama in causa aspetti profondi dell’identità dell’individuo. Non è un semplice legame di preferenza personale, di simpatia, di scelta per il tempo libero: è invece un impegno comune che proietta gli amici nella dimensione civile della società e della politica. E’ qualcosa di profondamente radicato nella loro vita di cittadini e che –è questo il punto del Laelius- non deve porsi in concorrenza, ma in armonia rispetto all’impegno civile. Torniamo alla festa del convivio, al luogo in cui gli amici discutono i fondamenti etici del loro agire nella società. Per un attimo vi porto ancora più indietro nel tempo: siamo in un simposio ad Atene, fra il V e il IV sec. a.C. Al centro dell’attenzione vorrei mettere ora l’oggetto simposiale per eccellenza: la coppa che circola fra i convitati. Ha una forma caratteristica, molto elegante: una base slanciata, sopra alla quale si apre la parte concava, molto allargata, con un fondo piatto (che i Greci chiamano prosopon, cioè ‘faccia’), due manici, funzionali al passaggio rituale della coppa da un convitato all’altro. Ciò che mi interessa in particolare è la decorazione: un motivo molto ricorrente è quello degli occhi, grandi occhi stilizzati, dipinti sia sul bordo esterno che sulla ‘faccia’, talmente caratteristici da suggerire il nome tipologico di questi oggetti, le ‘coppe a occhioni’. Gli studiosi si sono spesso interrogati sul significato di questi occhi e circolano interpretazioni diverse. E’ stata in voga per un certo tempo l’idea che si trattasse di una 6 difesa contro il malocchio, ma l’ipotesi più convincente, secondo me, è quella di una studiosa francese, Françoise Frontisi (Senza maschera né specchio: l’uomo greco e i suoi doppi, in La maschera, il doppio e il ritratto, a cura di M.Bettini, Roma-Bari 1991): le coppe a occhioni rimanderebbero a una specie di rituale di riconoscimento e identificazione fra i convitati. Immaginiamo la scena: quando il vicino ci passa la coppa, il nostro sguardo incontra gli occhi dipinti sulla fascia esterna; quando beviamo, giunti al fondo della coppa, ci troviamo a rifletterci in una ‘faccia’ con altri occhi dipinti che rispondono ai nostri. Questi occhi dipinti hanno rispecchiato lo sguardo di tutti gli altri convitati, uno dopo l’altro: sono una specie di gioco simbolico che allude allo scambio degli sguardi fra i convitati che in questo modo si riconoscono e identificano come una comunità di simili. Il banchetto, potremmo concludere, è un rituale di rispecchiamento nello sguardo degli amici. Gli occhi degli amici, ben più di quelli simbolici sul fondo della coppa, sono uno specchio in cui è possibile conoscere se stessi. Diceva Aristotele: “Quando vogliamo conoscere il nostro viso, lo vediamo guardando in uno specchio. Allo stesso modo, quando vogliamo conoscere noi stessi, possiamo farlo rivolgendo lo sguardo verso il nostro amico, perché l’amico, come si dice, è un altro me stesso” (Grande Etica, 1313a). Con altre parole, anche Cicerone diceva la stessa cosa: “Chi guarda un vero amico, guarda come un’immagine di se stesso” (Lael. 23). Va bene, direte, una bella trovata, una formula retorica ben riuscita. Ma proviamo a grattare sotto a questa formula, a capire che vuol dire in concreto in rapporto alla vita delle società antiche. Atene fra V e IV secolo e Roma nel I a.C. sono comunità caratterizzate dall’interazione faccia a faccia dei cittadini: sono società del confronto, in cui i comportamenti dei singoli sono sempre sotto gli occhi degli altri. Sono civiltà della lode e del biasimo. Emozioni come la vergogna, il senso dell’onore, il desiderio di fama, agiscono condizionando radicalmente il singolo individuo, che in ogni gesto si sente giudicato – controllato – inibito – incitato dallo sguardo della collettività. In contesti di questo tipo gli individui costruiscono la propria immagine di se stessi e il senso della propria identità negoziandola con l’opinione degli altri, passando attraverso lo sguardo degli altri: ciascuno è ciò che gli altri vedono. L’identità di una persona non si definisce in rapporto all’interiorità, all’anima, alla coscienza, ma coincide con la considerazione sociale di cui gode. Ecco allora cosa vuol dire la formula dell’amico alter ego: è qualcuno di così simile a me che mi fa vedere me stesso dal di fuori, mi aiuta a costruire l’immagine di quel che voglio e devo diventare agli occhi di tutti. E’ la prima ‘interfaccia’ sociale che incontro fuori dalla cerchia dei familiari: con lui posso permettermi di sperimentare i limiti del mio comportamento; nel mio alter ego so di trovare uno sguardo complice e benevolo, che non mi umilierà per i miei errori, ma allo stesso tempo un occhio estraneo, critico, che saprà correggermi prima che io danneggi irreparabilmente la mia immagine. Siamo al termine del nostro piccolo viaggio nei territori dell’amicizia antica. Che impressioni ne riportiamo a casa per riflettere sui nostri modi di pensare all’amicizia? Qui la palla passa a voi, se e quando ne avrete voglia o lo riterrete non inutile. Quanto a me, finisco la rassegna di stasera offrendovi alcuni spunti di conclusione. I modelli di amicizia che vi ho presentato per scorci sono lontanissimi dai nostri, eppure sono nostri ‘antenati’, ci hanno trasmesso qualcosa che impercettibilmente si respira anche nei nostri modi di dire e nei nostri riti sociali. In effetti avete notato tutti le differenze di questo modello rispetto ai nostri modi di pensare l’amicizia. Si tratta di un modello rigido, che esclude e marginalizza chi è ‘meno uguale’: le donne, i giovani, ma anche gli schiavi. A proposito, anche loro erano lì, al banchetto di Catone, ma nessuno ha pensato a loro. Soltanto due secoli e mezzo dopo, Seneca si accorge della loro presenza nella sala del banchetto (epistola 47) e osserva che il valore delle persone e della loro amicizia non ha niente a che fare con le differenze di status giuridico. E’ un modello conservativo, che invita i giovani e in generale gli 7 individui a conformarsi, a riprodurre la tradizione e a guardare con sospetto l’innovazione. Eppure in queste pagine antiche troviamo alcuni punti forti che hanno forse ancora molto da dirci. Per esempio l’idea che attraverso l’amicizia si costruisca una parte importante dell’identità personale, come anche la convinzione che essa sia un legame che promuove l’agire etico degli amici nella società e trasmette valori comuni su cui dovrebbero confrontarsi generazioni diverse. Ma è ora che il turno di parola passi ad altri; soprattutto è ora di lasciare i conviti degli antichi e di cominciare a pensare al nostro.» In apertura di serata è stato presentato dall’amico Alvise Farina un nuovo Socio: l’avvocato Aldo Bulgarelli. Nato a Verona nel 1954, si è laureato a pieni voti in Giurisprudenza all’Università di Padova. Parla correntemente inglese, francese, spagnolo e tedesco, ma conosce anche arabo e portoghese. Dal 1990 è socio dello Studio Legale Caponi-Bulgarelli e Associati. Già presidente dell’Ordine degli Avvocati di Verona, opera nell’ambito dello studio NCTM, con sede a Milano, una delle maggiori associazioni di avvocati d’Italia e ora fa parte del Consiglio Nazionale Forense, che è il massimo organo di autogoverno dell’avvocatura. Inoltre è componente del Consiglio Nazionale degli Avvocati presso l’Unione Europea, ove rappresenta l’Italia. I dati dell’Avv. Bulgarelli per l’aggiornamento del “libretto Soci” sono riportati nel paragrafo “Informazione Interna” del presente Bollettino. Presenti: Alessio e Sig.ra, Ambrosi, Balestrieri P., Banterle, Benelli, Bordato e Sig.ra, Borelli e Sig.ra, Brena, Bresciani, Carrera e Sig.ra, Castellani e Sig.ra, Caucchioli, Cicogna M. e Sig.ra, Cicogna Z. e Sig.ra, Colantoni, Della Bella e Sig.ra, De Marchi e Sig.ra, Ederle e Sig.ra, Farina, Fatini Del Grande e Sig.ra, Fedrigoni e Sig.ra, Gaspari e Sig.ra, Ghelli Santuliana e Sig.ra, Luise e Sig.ra, Mercati e Sig.ra, Monari e Sig.ra, Nardi, Niccolai e Sig.ra, Oreglia e Sig.ra, Orti Manara e Sig.ra, Palmieri e Sig.ra, Paparella e Sig.ra, Pasti e Sig.ra, Pastorello e Sig.ra, Pellegrini e Sig.ra, Peruzzi, Sig.ra Poggi, Poggi L.A. e Sig.ra, Riello, Sandrini, Scuro, Simeoni, Talacchi e Sig.ra, Tommasi, Trombetta e Sig.ra, Tuppini, Viganò e Sig.ra, Vinco, Zamboni e Sig.ra. 8 INFORMAZIONE INTERNA Compleanni dei Soci ALDO BENVENUTO GAETANO BERTANI FRANCESCO PASTI CARLO GROPPO ENRICO GIUSEPPE SANDRINI PIERLUIGI OREGLIA FRANCESCO DALL’ANTONIA CARLO CESARI 1 febbraio 8 febbraio 11 febbraio 11 febbraio 11 febbraio 12 febbraio 14 febbraio 23 febbraio Anzianità Rotariana LEONARDO GEMMA BRENZONI LUIGI ANDREA POGGI LUCIANO CARRERA ENRICO NUCCI GIOVANNI VIGANO’ VITTORIO BRESCIANI 24 febbraio 1962 24 febbraio 1962 27 febbraio 1984 9 febbraio 1998 23 febbraio 1998 11 febbraio 2008 Dati Nuovo Socio BULGARELLI Avv. ALDO (dicembre 2009) Cl. Attività libere e professioni – Avvocati – Diritto Internazionale Avvocato - NCTM Studio Legale Associato A.: 37121 Via Mazzanti 17 – Tel. 045.8035928 U.: 37122 Str.ne Porta Palio 76 – Tel. 045.8097000 Fax: 045.8097010 Cell. 348.8749871 e-mail: [email protected] 48° 48° 26° 12° 12° 2° DAL DISTRETTO Forum Sabato 6 febbraio, presso la Fondazione OIC Centro Civitas Vitae di Padova (Mandria), Interassociativo si terrà il Forum Interassociativo Rotary - Inner Wheel, che avrà come tema: “Longevità come risorsa. Il ruolo della persona nella funzione strategica delle relazioni”. Dopo la registrazione dei partecipanti (ore 8.45), vi sarà la cerimonia di apertura con i saluti istituzionali dei Governatori Rotary e Inner Wheel e dei Presidenti dei Club locali. Seguiranno le relazioni: La risorsa longevità – Prof. Angelo Ferro, Presidente Opera Immacolata Concezione Onlus Capitale sociale di un soggetto attivo: il longevo – Prof. Silvio Scanagatta, Ordinario di Sociologia dell’Educazione Università di Padova Superare la cultura del limite attraverso i rapporti interpersonali: la fragilità come opportunità – Pro. Erminio Gius, Ordinario di Psicologia Università di Padova. Seguirà l’assegnazione del Premio Rotary-Inner Wheel “Quando la volontà vince ogni ostacolo”. Informazioni dettagliate in Segreteria. 9 PRINCIPALI MANIFESTAZIONI CULTURALI DI VERONA Mese di Febbraio Da martedì 2 febbraio a domenica 7 febbraio Teatro Nuovo – ore 20.45 (domenica ore 16.00) Per la rassegna “Il grande teatro” Don Chisciotte, di Franco Branciaroli da Cervantes Con Franco Branciaroli Regia di Franco Branciaroli Teatro de gli Incamminati Mercoledì 10 febbraio Giovedì 11 febbraio Venerdì 12 febbraio Teatro Nuovo – ore 21.00 Teatro Nuovo – ore 21.00 Teatro Nuovo – ore 21.00 Per la rassegna “Divertiamoci a teatro” La strana coppia, di Neil Simon Con Mariangela d’Abbraccio ed Elisabetta Pozzi Regia di Francesco Tavassi Teatro e Società Giovedì 11 febbraio Venerdì 12 febbraio Sabato 13 febbraio Domenica 14 febbraio Martedì 16 febbraio Teatro Filarmonico – ore 20.30 Teatro Filarmonico – ore 20.30 Teatro Filarmonico – ore 20.30 Teatro Filarmonico – ore 17.00 Teatro Filarmonico – ore 20.30 L’opera da tre soldi, spettacolo di balletto tratto dall’opera di Bertold Brecht con musica di Kurt Weil Interpreti principali: Marzia Falcon, Giuseppe Picone Nuova produzione della Fondazione Arena di Verona Corpo di Ballo dell’Arena di Verona Da martedì 16 febbraio a domenica 21 febbraio Teatro Nuovo – ore 20.45 (domenica ore 16.00) Per la rassegna “Il grande teatro” La macchina del capo, di Marco Paolini Con Marco Paolini Musiche di Lorenzo Manguzzi Jole Film Sabato 20 febbraio Domenica 21 febbraio Teatro Filarmonico – ore 20.30 Teatro Filarmonico – ore 17.00 Part, Credo per pianoforte, coro e orchestra Beethoven, Fantasia in do min. per pianoforte, coro e orchestra, Op. 80 Schumann, Sinfonia n. 1 in si bem. magg., Op. 38 Direttore: Andriy Yurkevich Pianista: Giuseppe Albanese 10 Martedì 23 febbraio Mercoledì 24 febbraio Giovedì 25 febbraio Teatro Nuovo – ore 21.00 Teatro Nuovo – ore 21.00 Teatro Nuovo – ore 21.00 Per la rassegna “Divertiamoci a teatro” Alphabet, di Massimiliano Bruno e Eduardo Falcone Con Nancy Brilli The Dreamers Productions Venerdì 26 febbraio Domenica 28 febbraio Teatro Filarmonico – ore 20.30 Teatro Filarmonico – ore 17.00 Verdi, Ouverture “Luisa Miller” Boito “Mefistofele” 3° atto – Morte di Margherita Puccini, Capriccio sinfonico Intermezzo da “Manon Lesaut” “Manon Lescaut” 4° atto Direttore: Walter Attanasi Soprano: Amarilli Nizza Tenore: Lorenzo Decaro Domenica 28 febbraio Teatro Nuovo – ore 21.00 Per la rassegna « Solo Danza » Divino Tango, Pasiones Company Regia di Adrian Aragon