18 novembre 2012 - Trentatreesima domenica del Tempo Ordinario B
LA FINE DEL MONDO NELLA PAROLA DI DIO
Daniele 12,1-3
Salmo 15 (Proteggimi, o Dio: in te mi rifugio)
Ebrei 10,11-14.18
Marco 13,24-32
Siamo verso la fine dell’anno liturgico e la scelta delle letture invita a riflettere sulla
fine del mondo. Questo tema, presente anche nella letteratura moderna, era pure
comune nell’antichità. Presso il popolo ebraico questo genere letterario, chiamato
“apocalittico”, fioriva soprattutto nei momenti di crisi, come durante la
colonizzazione prima ellenistica e poi romana, tra il 200 a. C. e il 200 d. C. Esso
descriveva la fine del mondo come l’epilogo della lotta tra bene e male; alla fine Dio
farà vincere il bene. L’intento era di sostenere la speranza religiosa del popolo.
Una composizione tipica di questa letteratura, confluita poi nella Bibbia, è il libro di
Daniele di cui abbiamo letto un piccolo brano nella I lettura. Esso, sotto la finzione
della vicenda del personaggio Daniele vissuto al tempo del re Nabucodonosor (VI
sec. a. C.), intende in realtà rincuorare la resistenza ebraica contro l’empio re Antioco
Epifane (175-163 a. C.) che voleva trasformare il tempio di Gerusalemme in un
tempio a Giove Olimpico. La I lettura odierna riassume bene il contenuto del libro:
viviamo nella sofferenza, ma Dio verrà a salvare i suoi eletti; egli distruggerà il
sacrilego ordine esistente (fisico e politico), punirà gli iniqui, ridarà la vita ai giusti
malvagiamente perseguitati e li farà regnare per sempre nella vita eterna.
Anche nel Nuovo Testamento sono confluiti molti moduli stereotipati del genere
apocalittico, come dimostra il vangelo di oggi. Occorrono però alcune precisazioni.
 Nei primi anni di vita della Chiesa, i cristiani pensavano che, con l’arrivo del
Messia, fosse imminente la fine del mondo. Col passare del tempo, il senso
dell’attesa diminuì. Questa tensione si nota anche nel vangelo di oggi. Marco
accosta due affermazioni di Gesù un po’ in contrasto: la fine avverrà durante
questa generazione, ma poi si dice l’ora non la conosce nessuno, se non il Padre.
 Con le persecuzioni contro i cristiani, negli ultimi decenni del secolo I, ritorna
anche il genere apocalittico, ma non più come “fine del mondo”, bensì come
teologia della storia e motivo di speranza. Ne è espressione l’Apocalisse che
leggeremo continuativamente nelle domeniche dopo Pasqua del prossimo anno.
Il venire meno dell’attesa quasi magica della fine, non diminuisce l’impegno della
vigilanza. «Vegliate e state pronti» dice il canto al vangelo. Il cristiano sa che la “vita
eterna” è già iniziata. La bellezza e il bene realizzati nel tempo dureranno per sempre.
La morte e la fine del mondo non sono fratture fra ordini diversi, ma è il medesimo
ordine di cose che passa (trascendimento) ad una sua maggiore pienezza. Vigilare è
quindi impegnarci per un bene, che non avrà mai fine.