Ritiro clero 20 settembre 2012 Forti e lieti nella fede. Discepoli del Risorto Luca 9, 57-62 1. Introduzione All’inizio dell’anno della fede e del cammino pastorale desiderio, carissimi presbiteri, diaconi e religiosi, fermarmi insieme con voi a riflettere e meditare la Parola di Dio che sostiene il cammino di fede che stiamo vivendo, come presbiteri, a servizio del Popolo di Dio che ci è stato affidato, ma anche come credenti, come discepoli del Signore Gesù. Siamo educatori della fede del popolo cristiano ma prima siamo uomini raggiunti e trasformati dalla fede in Cristo accolta nel battesimo. E’ da qui che dobbiamo partire continuamente; è questa la fonte perenne della nostra santificazione che via via poi si è concretizzata in scelte e ministeri particolari. La fede poi nasce e si alimenta dall’incontro personale con Cristo. “Alla base, – ci scrivono i vescovi nella lettera ai sacerdoti italiani nel 2006 – quale relazione fondamentale, c’è l’amore del Signore, quell’amicizia con Lui che vi ha fatto decidere di seguirlo accogliendo il suo invito al ministero che è venuta crescendo proprio nell’esercizio di esso. Senza questa amicizia con il Signore non ci può essere gioia nella vita sacerdotale”. Sono così sempre più convinto che la qualità e la bontà del nostro ministero sacerdotale, dipenda dal cammino di fede che noi stiamo facendo, dal nostro essere, come ogni cristiano, discepoli del Signore Gesù, mettendoci quotidianamente alla sua sequela e vivendo giorno dopo giorno la chiamata che abbiamo accolto e che stiamo vivendo. Tutto dipende dal riuscire a stabilire e vivere un rapporto personale con Gesù, il risorto. Non c’è altro fondamento al nostro discepolato che il rapporto personale e vivo con Gesù Cristo. Essenziale che ciascuno di noi possa dire con san Paolo: “Queste cose, che per me erano guadagni (per noi ricchezza, carriera, posizione sociale …) io le ho considerate una perdita a motivo di Cristo (…). Per lui ho lasciato perdere tutte queste cose e le considero spazzatura, per guadagnare Cristo” (Filippesi 3, 7-8). Entriamo allora insieme nella meditazione della Parola proprio per sviluppare sempre di più un rapporto personale con il Signore. “La Lectio Divina, come sappiamo tutti, è una forma particolare e preziosa di preghiera proprio perché assume la ricchezza pedagogica della meditazione, introducendola dentro una esperienza di dialogo con il Signore, di amicizia con Lui, senza dimenticare un riferimento alla nostra vita concreta” (mons. Monari Luciano). 2. Lectio di Luca 9,57-62 Mentre camminavano per la strada, un tale gli disse: "Ti seguirò dovunque tu vada". E Gesù gli rispose: "Le volpi hanno le loro tane e gli uccelli del cielo i loro nidi, ma il Figlio dell'uomo non ha dove posare il capo". A un altro disse: "Seguimi". E costui rispose: "Signore, permettimi di andare prima a seppellire mio padre". Gli replicò: "Lascia che i morti seppelliscano i loro morti; tu invece va' e annuncia il regno di Dio". Un altro disse: "Ti seguirò, Signore; prima però lascia che io mi congedi da quelli di casa mia". Ma Gesù gli rispose: "Nessuno che mette mano all'aratro e poi si volge indietro è adatto per il regno di Dio". 1 Ho scelto questo testo perché mette in evidenza chiaramente alcune esigenze radicali dell’ essere discepoli del Signore, aiutandoci anche a verificare il nostro cammino di fede e di adesione a Lui. Per una retta comprensione del testo, è importante inserirlo nel contesto. Il v. 51 ci ricorda che “Gesù prese la ferma decisione di mettersi in cammino vero Gerusalemme”. Il testo greco è più espressivo: indurì il volto (to pròsopon estèrisen). Il verbo indica la decisione ferma di Gesù, la scelta della direzione precisa del suo cammino e pertanto il passaggio ad una fase più radicale della proposta. Probabilmente fino a quel momento i discepoli seguivano Gesù per il suo fascino, la sua bontà e la sua capacità di parlare alle folle. Ora indurisce il volto, perché, ai suoi discepoli che lo seguono, vuole dire apertamente quali sono le condizioni necessarie per seguirlo, la radicalità della sequela. Non dobbiamo intenderlo come un Vangelo per pochi eletti o per chi desidera compiere una scelta particolare; è per tutti. E’ una proposta che ogni credente, ogni battezzato può e deve compiere! Per noi poi che abbiamo scelto di dare tutta la nostra vita per Lui, che abbiamo lasciato tutto per il Vangelo, diventa ancora più impegnativa ed esigente. Ci soffermiamo ad analizzare brevemente queste tre figure emblematiche che camminano per la strada. Infatti, è proprio la decisione ferma di Gesù di andare spedito verso Gerusalemme che configura la sequela in modo nuovo e originale. Il brano è composto da tre quadretti, costituiti da dei dialoghi incentrati sulla stessa tematica: la sequela. Scopo è mostrare i criteri per appartenere al gruppo di Gesù, le esigenze di chi decide di seguire Gesù, la fede che è richiesta ai discepoli di ieri e di oggi. ° Il primo personaggio (vv. 57-58) viene definito come “un tale”, forse giovane, forse anziano, non si sa chi, perché quel tale è ciascuno di noi! Questo tale prende l’iniziativa, consapevole di cosa comporta seguire Gesù perchè gli dice con entusiasmo: “Ti seguirò dovunque tu vada”. Non è un dovunque senza meta, come il girovagare di chi non sa bene cosa fare nella vita; è un seguire che indica la condivisione del medesimo destino, dimostrando la massima disponibilità. La risposta di Gesù, paradossale per un verso, è data anche dal nuovo stile messo in atto da Gesù; infatti è lui che chiama direttamente e non il discepolo che sceglie quale maestro seguire. Chi lo segue deve essere in grado di fidarsi totalmente, come fa Gesù con il Padre, uscendo da se stesso, dalla propria tana, dalle tante sicurezze che ognuno porta con se e desidera nella vita. Gesù sostituisce la sicurezza umana con la fede, con una fiducia incondizionata al Padre. °° La seconda figura (vv. 59-60) è “un altro”, senza età e senza nome, che Gesù interpella. E’ Lui questa volta che lo chiama. Il discepolo però chiede una proroga, apparentemente legittima, giusta: seppellire suo padre. Nell’ambiente giudaico, come ci ricorda il libro di Tobia 4,3, seppellire un genitore non era solo un obbligo, ma anche un gesto sacro. Ecco perché stupisce ancora di più la risposta di Gesù: “Lascia che i morti seppelliscano i loro morti”. Per Lui l’annuncio del regno viene prima di tutto, senza eccezioni; viene anche prima dell’osservanza della legge. Seguire Gesù chiede di superare anche le tradizioni più sacre, perché nel regno ci si muove nell’ambito di una nuova rinascita. E poi, nell’accompagnare il padre fino alla morte, si annida sempre un desiderio di eredità, di possesso. Seguire Gesù domanda una libertà radicale, una fede veramente forte. Risuonano ancora più forti le parole di Gesù che troviamo in Luca 14,26: “Se uno viene a me e non mi ama più di quanto ami suo padre, la madre, la moglie, i figli, i fratelli, le sorelle e perfino la propria vita, non può essere mio discepolo. °°° Nel terzo quadro (vv.61-62) è di nuovo un anonimo che si offre di seguire Gesù, ponendo però una condizione: “prima però lascia che io mi congedi da quelli di casa mia”. Pure questa ‘condizione’ sembra ragionevole, e fa eco, per contrasto, all’episodio in cui il profeta Eliseo, prima di seguire Elia, chiede di andare a congedarsi dai suoi (cfr. 1 Re 19, 19-21). Gesù però non la accetta e addirittura la smaschera dicendo che: “nessuno che mette mano all’aratro e poi si volge indietro è adatto per il regno di Dio”, perché in questo modo si rimane ancora schiavi del passato, degli amici e di tutto un mondo culturale ed affettivo che non permette di scoprire le novità e la radicalità del Regno. Non può il discepolo seguire Gesù e ogni tanto voltarsi indietro per vedere e anche rimpiangere quello che ha lasciato e che ha rinunciato. La sequela non sopporto rinvii, né 2 distrazioni e tanto meno nostalgie. Con Gesù non ci sono se o ma! Seguire Gesù è più importante della sequela di Elia. Già in questa prima parte di Lectio emerge chiaramente lo statuto del discepolo di Gesù: una sequela che non ammette alcun indugio, nessun attaccamento né al proprio io, né alle persone, nè alle cose. Gesù, come maestro esigente, superando la prassi della relazione maestro-discepolo del mondo giudaico, chiama di sua iniziativa, richiedendo disponibilità a vivere nell’insicurezza della vita e nella capacità di mettere in atto sempre autentiche relazioni umane. La motivazione ad uno stile di vita così radicale sta nella fondamentale e primaria relazione del discepolo con Gesù, venuto per annunciare e realizzare il Regno di Dio. 3. Spunti di meditazione (Meditatio) In questo secondo passo suggerisco, sempre partendo dal testo, alcuni spunti di meditazione, scendendo un po’ più in profondità nella meditazione della parola di Gesù e applicando a noi oggi, nella nostra situazione di vescovo, presbiteri, diaconi e religiosi, la pagina biblica e in particolare quei simboli che Gesù ha utilizzato, individuando anche alcune piste che ci aiutino a rafforzare il nostro cammino di fede, per vivere un’autentica relazione con il Signore, l’unico capace di sostenere il nostro ministero a servizio della fede degli altri. Sarà Dio stesso che parlerà al nostro cuore, che ci chiede di andare oltre, di fidarci di Lui e di compiere alcune scelte concrete di vita, di conversione e di amore. - La tana e il nido sono le immagine, il simbolismo usato nel primo quadro: luoghi che esprimono sicurezza, calore e protezione. La psicologia moderna parla di ‘regressione nel seno materno’ e tutto ciò che esso rappresenta. Penso alle difficoltà che molti, in particolare i giovani, vivono nel prendere decisioni importanti o definitive per la vita, difficoltà nel tagliare il ‘cordone ombelicale’ che li tiene legati alla famiglia di origine. Anche noi talvolta abbiamo paura di uscire, di lasciare alcune nostre sicurezze e certezze, per andare incontro alla novità che ci si presentano. Penso alle fatiche che tutti facciamo nei trasferimenti. Anche per la nostra vita celibataria, l’immagine della tana e del nido ci aiuta ad entrare sempre più nella radicalità della sequela, che chiede di andare oltre, di porre fiducia solo in Dio, superando il naturale istinto di affetto, di ‘essere amati’!. Con la scelta di donazione totale al Signore e ai fratelli abbiamo fatto un salto, abbiamo preso una decisione di libertà e di affidamento totale al Signore. Non abbiamo paura di verificarci anche su quest’aspetto: a 25 o 70 anni e più, cerco un nido, una tana? O sono totalmente libero per il Signore? - La metafora del padre, nel secondo quadretto, rappresenta non solo il legame con la figura paterna in senso fisico, bensì tutto quello che può significare e che si riassume nelle tradizioni famigliari e culturali, e cioè il nostro mondo, le nostre tradizioni. Non è che tutto sia negativo, ma spesso questi aspetti ci impediscono un’adesione totale al Signore, una radicalità nella vita di fede e un servizio vero e disinteressato alla comunità e a tutti nella comunità. Assumiamo anche noi, talvolta, un modo di pensare che poi si traduce in comportamento, che si rifà al ‘vivere comune’, senza testimoniare la ‘novità’ del Vangelo. Quanti dicono: “Penso prima a me stesso, e poi agli altri; non devo mai perdere la faccia, per nessun motivo; la mia condizione domanda che gli altri mi rispettino; mai sentirsi debitore di niente verso gli altri”. Per non parlare poi di alcune visioni della vita che creano un modo diverso di trattare le persone, secondo i soldi o della posizione sociale. Fa sempre riflettere quanto l’apostolo Giacomo ci diceva qualche domenica fa: “La vostra fede sia immune da favoritismi personali. Supponiamo che, in una delle vostre assemblee…” (Giacomo 2,12). Non è sufficiente il buon senso per essere veri discepoli di Gesù. - La terza immagine gira intorno alla nostra storia personale e alle amicizie. E’ il rischio di chi si appaga di una realizzazione puramente umana, che fa leva sul sentimento e si accontenta perché ‘fanno tutti così’; che non va in profondità, diventando incapaci di scorgere la novità della proposta evangelica. Possiamo ben definirlo il male del secolo, l’incapacità di andare oltre, di rischiare e di sentirsi soddisfatti di quel po’ di felicità che ci offrono le cose. Un messianismo a basso profilo. Se 3 uno si volta continuamente indietro significa che il suo cuore non è ancora stato conquistato da Cristo, che non è preminente in lui il desiderio di seguirlo, costi quel che costi! Significativo quanto l’angelo dice alla Chiesa di Laodicea: “Conosco le tue opere: tu non sei né freddo né caldo. Magari tu fossi freddo o caldo! Ma poiché sei tiepido non sei cioè né freddo né caldo, sto per vomitarti dalla mia bocca” (Apocalisse 3, 15-16). 3. Indicazioni per l’Operatio Permettete che a questo punto suggerisca due atteggiamenti concreti, due scelte che ci possono essere utili nel cammino di fede di quest’anno e che possono diventare parte integrante del nostro progetto spirituale. Ci troviamo così nell’ultima tappa dell’itinerario della Lectio Divina, che molti chiamano ‘Operatio’. La Parola meditata penetra in noi e ci trasforma orientando il cammino verso scelte operative ben precise, portandoci anche ad una vera conversione, a gesti di amore verso noi stessi e gli altri. * E’ necessario che giungiamo quotidianamente ad un affidamento totale e radicale di tutta la nostra vita al Dio di Gesù Cristo. E’ ciò che muove il nostro cuore, il nostro intimo, donandoci la forza di affrontare le scelte importanti della nostra vita. Siamo anche noi immersi dentro una cultura immanentistica, preoccupati delle cose da fare, di giungere a sera avendo fatto tanto. Ecco la necessità di vivere un rapporto esplicito con il Dio vivente, in un atteggiamento di radicale affidamento alla sua presenza. E anche uno dei ‘servizi’ più belli e più preziosi che possiamo offrire alla nostra gente. Quanto la nostra predicazione, il nostro stile di vita, aiuta la comunità che ci è stata affidata a ritrovare le radici profonde della fede, e cioè che è bello abbandonare la propria vita in Dio, affidarci a qualcuno che dà senso e significato a tutto quello che siamo e che facciamo. La nostra vita diventa così un’ obbedienza radicale al Padre, come Gesù che dalla croce dice: “ Padre, nelle tue mani consegno il mio spirito” (Luca 23,46). All’interno di questo atteggiamento fondamentale di affidamento, possiamo poi trovare molti altri aspetti che sostengono e alimentano quotidianamente il nostro cammino di fede, quali umiltà, rinuncia, pazienza, dolcezza, misericordia, povertà, giustizia, onestà. Non è più la morale del ‘devi’ perché il nostro comportamento si radica su una scelta, come ha fatto Gesù, di un totale e libero atto di affidamento al Padre. * * La salita di Gesù verso Gerusalemme, mette in evidenza un altro aspetto qualificante il nostro cammino di fede: rinunciare a se stessi e portare la croce dietro di Lui. Siamo chiamati anche noi a seguirlo sulla via che porta verso il suo destino di passione, morte e risurrezione, rinnegando noi stessi. E’ un’esigenza che l’evangelista Luca ha reso evidente chiaramente qualche versetto prima del nostro brano di meditazione: Luca 9, 23-26. “Poi, a tutti, diceva: "Se qualcuno vuole venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce ogni giorno e mi segua. Chi vuole salvare la propria vita, la perderà, ma chi perderà la propria vita per causa mia, la salverà. Infatti, quale vantaggio ha un uomo che guadagna il mondo intero, ma perde o rovina se stesso? Chi si vergognerà di me e delle mie parole, di lui si vergognerà il Figlio dell'uomo quando verrà nella gloria sua e del Padre e degli angeli santi”. Non possiamo seguire Gesù e vivere la propria vita come se niente fosse. Certo, Gesù non obbliga nessuno a seguirlo. L’incipit del brano non ci lascia tranquilli, proprio perché cominciando con un periodo ipotetico : “Se qualcuno…”, Gesù fa appello alla nostra coscienza personale e ci chiede di prendere una posizione chiara e precisa. Ci chiede di ‘rinnegare noi stessi e portare la croce dietro di lui’. Non è una nuova predicazione, un nuovo Gesù che ci si presenta, ma ci troviamo di fronte ad un nuovo modo di vivere la vocazione, ad un salto di qualità. Siamo di fronte alla trasformazione del proprio io. Gesù non se la prende con il nostro io, ma con le sue idolatrie. Ecco cosa significa ‘rinnegare noi stessi’: come dice il verbo greco (arnesàsto), è separasi da se stessi, prendere le distanze dal proprio io. La psicologia parla di narcisismo, e cioè una affermazione sconsiderata del proprio io che genera solitudine creando quell’inferno e quella privazione di amore di cui un po’ tutti siamo vittime. A questa visione egoistica dell’uomo Gesù propone il suo modello, il modello del Figlio dell’uomo che “non è venuto per farsi servire, ma per 4 servire e dare la propria vita in riscatto per molti” (Marco 10,45). Andare dietro Gesù così è molto impegnativo: bisogna tagliare nella propria carne, nei propri desideri e gusti, nei propri sentimenti, nei modi di fare e di vivere, smettendo di vivere per dare soddisfazione a se stessi e mettersi al servizio del Regno. Chi è orgoglioso tagli il suo orgoglio perché diventi mite; chi è aggressivo soffochi la propria violenza nel suo cuore perché diventi mansueto; chi è pieno si sé, dimentichi se stesso e si faccia umile, perché ci sia spazio nel suo cuore per Gesù, per il fratello, per il bisognoso; chi si fa guidare dai propri sentimenti, si distacchi ed impari a far suoi i sentimenti di Cristo che ci portano ad amare tutti, ad avere compassione e misericordia. Ecco cosa vuol dire per noi oggi, prendere la croce e mettersi dietro di Lui, alla sua sequela. Torna con forza il legame maestro-disepolo, che ci ha accompagnato in tutta la meditazione. La croce non va strattonata in solitudine, come se fosse un fardello, ma va accolta per amore. L’essenza della vita non è la croce ma la sequela, il camminare dietro di Lui. Si porta la croce camminando dietro di Lui e mai da soli. La proposta di portare la croce non è altro che un invito ad amare. Amare anche con qualche spina. Ecco alcuni spunti per il cammino spirituale durante questo anno della Fede! Vogliamo non rimanere prigionieri di noi stessi, ma fare della nostra vita un camminare dietro di Lui, per amore! A tutti noi ora, nell’adorazione Eucaristica che segue, completare il cammino della Lectio Divina di questa mattina con il momento della Oratio/Contemplatio. + Giuseppe Pellegrini vescovo 5