Conferenza Generale
Introduzione
1.
Saluti
È con grande gioia e amicizia che rivolgo un cordiale saluto di benvenuto a
ciascuna e ciascuno di voi che, in forme diverse, prendete parte a questa ottava
Conferenza Generale della Congregazione dei Sacerdoti del Cuore di Gesù, dedicata al
tema dell'educazione/formazione dei giovani.
Nei responsabili e rappresentanti delle Entità della Congregazione, vedo la
presenza di numerosi confratelli che, in tante parti del mondo e in condizioni molto
diversificate, si dedicano con tutto il cuore alla nobile ed essenziale missione di formare
le giovani generazioni.
Con questo, va anche un saluto molto speciale ai collaboratori e responsabili non
dehoniani delle nostre opere dedicate ai giovani. A voi e a tutti quelli che rappresentate,
voglio esprimere la più grande stima e apprezzamento per la qualità e dedizione del
vostro impegno, che rende possibile il servizio della Congregazione in campo
educativo. Sono convinto che la vostra presenza in questa Conferenza sarà preziosa per
la nostra riflessione, come lo è il vostro servizio nei vostri posti di lavoro.
Il benvenuto assume la forma di un sentito ringraziamento nel rivolgersi a quanti
hanno già dato e daranno ancora la propria collaborazione alla Conferenza stessa, a
cominciare dalla Provincia Tedesca e dalla comunità SCJ di Neustadt, che accolgono
per la seconda volta una Conferenza generale della Congregazione (la prima è stata la
terza Conferenza Generale, nel 1982). La tipica e preziosa capacità organizzativa
tedesca ci ha già aiutato molto nella preparazione; l'accoglienza e l'amicizia con cui lo
fate saranno sicuramente determinanti per creare il clima che deve regnare tra noi in
questi giorni e lo stimolo che dobbiamo portare a casa. Grazie, fratelli, che il Signore vi
benedica e renda fecondo il vostro lavoro.
Voglio ancora salutare e ringraziare tutto il personale di questa casa e quanti
contribuiscono allo svolgimento dei nostri lavori e al buon ambiente che ci circonda: la
Commissione preparatoria della Conferenza, il Segretario e i suoi collaboratori, le
carissime traduttrici, che ci accompagnano da tanti anni e tutto il personale tecnico e
quanti rendono piacevole ed efficiente la nostra presenza qui, durante i prossimi giorni.
Cercheremo di utilizzare il meglio possibile la vostra collaborazione per il pieno
successo della Conferenza.
2.
La funzione delle Conferenze Generali
Una Conferenza Generale, nonostante non sia uno strumento di governo, svolge un
ruolo molto importante nella vita dell’Istituto, come momento di comunione, di
riflessione e di proposta di orientamenti, che saranno presi seriamente in considerazione
dal Governo Generale e dalle Entità della Congregazione. Dalla nostra esperienza
congregazionale si può osservare il marchio che le Conferenze Generali hanno lasciato
nella vita della Congregazione. Non si tratta solamente di decisioni operative – che non
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è il vero obiettivo delle conferenze di questo genero – ma della formazione della mente
e del cuore che preparano e orientano le mentalità, le scelte e la direzione della nostra
missione.
Senza fare tutto il percorso delle Conferenze che hanno preceduto questa che
stiamo iniziando, vorrei soltanto portare alla memoria i temi che hanno occupato questi
raduni dalla precedente Conferenza tenuta in questa casa:

1982 – Neustadt: La missione della nostra Congregazione oggi.

1988 – Brusque: La riparazione Dehoniana, oggi.

1994 – Hales Corners: I Dehoniani fratelli nella comunità SCJ: una
vocazione comune per una missine comune.

2000 - Recife: Economia e Regno di Dio.

2006 – Varsavia: Insieme per la missione
L'elenco rivela come i temi legati alla nostra identità e alla nostra missione hanno
occupato un ruolo fondamentale nella riflessione di queste Conferenze, lasciando una
scia culturale propria nella nostra anima comune di Dehoniani. Anche se non è facile
verificare il risultato di questi raduni in termini di causa/effetto immediati, quelli che
abbiamo accompagnato e vissuto la storia della Congregazione negli ultimi decenni,
non abbiamo difficoltà a scoprire il loro effetto concreto nella vita della Congregazione,
nella convergenza di pensiero e di obiettivi, nell'evoluzione del nostro modo di pensare
e di agire. Essi delineano un percosso evolutivo e fungono da lievito che fermenta e
trasforma la Congregazione, rendendola capace di generare nuova vita, partendo dalla
sua tradizione e identità carismatica.
È con questa prospettiva che iniziamo anche la presente Conferenza. Siamo
coscienti della densità del momento che viviamo in termini di umanità, di Chiesa e di
Congregazione. Non scappa a nessuno con che velocità e radicalità il mondo sta
cambiando. La crisi economica e la globalizzazione stanno modificando il nostro modo
di vivere, di pensare e di agire, chiedendo, allo stesso tempo, nuove misure per
rispondere alle sfide del tempo. La Chiesa e la Congregazione non fanno eccezione a
questo cambio epocale. Anche noi Dehoniani stiamo vivendo, senza dubbio, il
cambiamento più radicale sin dalle nostre origini; un cambiamento geografico,
culturale, istituzionale. Momenti di riflessione come questi sono fondamentali per
renderci conto di quello che siamo chiamati ad essere, e quale la nostra funzione nella
Chiesa e nella società. Se non vogliamo essere semplicemente portati dal movimento
del tempo, se siamo convinti che la Congregazione è frutto di un'iniziativa dello Spirito
di Dio e che ciascuno di noi ha un posto e una funzione in questa storia, allora, in
momenti cruciali come questi, è importante fermarsi per ascoltare la voce di Dio,
Signore nostro e de della storia, guardare i segni del nostro tempo e cercare orientamenti
e cammini che aprano orizzonti di futuro.
3.
Un'attenzione preferenziale ai giovani
Il tema che ci viene proposto è di fondamentale importanza in questo tempo. Dopo
la Conferenza di Neustadt di 30 anni fa, è stato affrontato il tema della missione della
Congregazione in termini generali. Si è tornato a questa riflessione con la Conferenza di
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Varsavia, centrata sulla missione"ad gentes"; cioè, al varcare i confini delle nazionalità
e delle culture, per portare il Vangelo al mondo e contribuire al rinnovamento
dell'umanità secondo il progetto di Dio. Adesso, in questa stessa casa, torniamo allo
stesso argomento, prendendo una dimensione fondamentale della missione: l'attenzione
alla gioventù.
Infatti, in tempo di grande crisi e cambiamento, i giovani assumono un'importanza
molto particolare. Sono essi, normalmente, che più ne avvertono e subiscono le
conseguenze negative: il disorientamento, la disoccupazione, la manipolazione …
D'altra parte, sono anche essi che si rivelano più pronti a accettare i cambiamenti e a
contribuire alla costruzione di un nuovo futuro, sia con la loro insofferenza e ribellione,
sia con la capacità di sognare, sperare e creare.
Dare attenzione ai giovani è, perciò, una priorità in ogni tempo, ma particolarmente
nella situazione presente. Molti lo fanno per motivi d'interesse propagandistico,
commerciale, consumistico o di sfruttamento. Si tratta sempre di strumentalizzazione e
spersonalizzazione dei giovani, che pagano per questo un elevatissimo prezzo. I mezzi
di comunicazione sono pieni di esempi di questa manipolazione e sfruttamento della
marca "giovani". Molti altri sentono, sia l'importanza sia la responsabilità e la passione
di investire in questo terreno giovanile pieno di potenzialità e generosità, come di
incongruenze, inconsistenze e ribellione.
L'attenzione preferenziale ai giovani assume per noi, Sacerdoti del Cuore di Gesù,
un'importanza fondazionale, che ci fa rimontare alle radici carismatiche della
Congregazione. Non possiamo infatti dimenticare che è all'ombra del Collegio San
Giovanni di San Quentin che à nata la Congregazione. Questa, insieme al patronato per
i bambini, è stata la prima espressione della missione della Congregazione. Essa fa parte
della "com-passione" o "sim-patia" di P. Dehon verso i mali della società del suo tempo,
che si riflettevano particolarmente nella gioventù.
Questo indirizzo ha marcato la missione della Congregazione lungo tutta la sua
storia e continua ad essere uno dei nostri principali campi di lavoro in tutto il mondo,
nelle più diverse situazioni sociali e nella varietà di livelli e ambienti in cui si esprime
l'educare la gioventù. Uno dei scopi di questo incontro sarà proprio quello di permettere
lo scambio di questa diversità d'esperienze nel lavoro della Congregazione in mezzo alla
gioventù, nei quattro continenti in cui essa è presente.
La decisione di prendere questo tema per la presente Conferenza Generale sorge
dunque come frutto della coscienza dell'importanza che assume nel contesto attuale
della società in tutto il mondo, che ci sfida particolarmente a noi che ci ispiriamo nella
"sim-patia" di P. Dehon verso i giovani.
4.
Due immagini
Questo sfondo storico ci porta a pensare al rapporto tra la tradizione e la
trasmissione creatrice dei nostri valori. "Educare" da dehoniani le giovani generazioni,
dice che il tema della testimonianza è decisivo nell’esperienza umana e nell’orizzonte
della fede. Infatti ciò che è essenziale per essere persone, e persone credenti, non può
essere comunicato soltanto attraverso tecniche o automatismi; ha bisogno di essere visto
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e incarnato in una persona, in una comunità di persone. L’educando ha come bisogno di
rispecchiarsi nell’adulto educatore per attivare le sue potenzialità personali. E un vero
educatore testimone è di per sé persona di speranza. Per questo vorrei lasciare in mezzo
a noi due immagini o icone aperte alla nostra riflessione di questi giorni.
La prima immagine parla di noi come educatori o maestri di vita. Molto spesso,
infatti, il problema dei giovani e dell' "educare" è un problema degli adulti e degli
educatori. È per questa ragione che ci troviamo qui riuniti in questi giorni. Sentiamo
l'urgenza dell'appello giovanile. Costatiamo le difficili condizioni in cui versa una
grande parte della gioventù in questo pianeta: povertà, mancanza di accessi a condizioni
minime di vita, impossibilità di educazione e istruzione, il problema della droga, delle
manipolazioni politiche e ideologiche, dello sfruttamento e dell'umiliazione. Facciamo
anche l'esperienza delle loro capacità, della bellezza dei loro sogni, dell'energia del loro
impegno, della generosità della loro donazione fino all'esaurimento, dell'elevazione
della loro fede e della tenerezza e passione del loro amore. Dedicarsi ai giovani non può
essere un lavoro come qualsiasi altro. Esige passione, tenerezza, purezza d'intenzione,
gioia e serietà, impegno e sforzo aldilà di ogni stanchezza e soprattutto molto amore,
amore vero. I nostri giovani hanno molti capi e ideologi, ma non sempre hanno chi li
rispetti, li stimi e li ami.
C'è un bellissimo testo poetico del profeta Osea che vorrei proporre a questo punto
come una prima icona della nostra riflessione in questi giorni. Esso parla della passione
di un Papà per il suo giovane figlio; una passione fatta di tenerezza, premura, serio
impegno e speranza, ma anche di delusione, stanchezza preoccupazione e addirittura
rabbia fino alla voglia di punizione e di distruzione. Chi si è una volta appassionato al
vedere e aiutare la crescita di un/a bambino/a o un/a giovane, non avrà difficoltà à
ritrovarsi nelle parole di Osea sulla passione di Dio, educatore del suo popolo:
Israele era giovane e io lo amai e dall'Egitto io chiamai mio figlio.
Io li ho chiamati ma essi si sono allontanati da me;
hanno sacrificato ai Baal e agli idoli hanno bruciato l'incenso.
Io ho insegnato i primi passi ad Efraim, me li prendevo sulle braccia;
Ma essi non si sono resi conto che ero io ad aver cura di loro.
con legami pieni di umanità li attiravo, con vincoli amorosi;
per loro ero come chi alza un bambino alla guancia; mi piegavo su di lui per
dargli il cibo.
…
Come ti posso abbandonare, Efraim, lasciarti in balìa di altri, Israele?
Come posso trattarti come Adma, considerarti come Zeboìm?
Si sconvolge dentro di me il mio cuore e le mie viscere si riscaldano tutte.
Non sfogherò il bollore della mia ira, non distruggerò più Efraim,
perché io sono Dio e non un uomo,
sono il Santo in mezzo a te e non mi piace distruggere!
Os. 11,1-4.8-9
Qui troviamo l'espressione "viscerale" della com-passione o sim-patia, di cui
parlavo prima. Qui troviamo un Padre e Maestro che fa strada con il suo figlio,
cammina accanto a lui, nelle sue vicende, non solo per valutare le sue prestazioni, ma
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per nutrirlo, stimolarlo, carezzarlo e insegnarlo a camminare; un Dio appassionatamente
Immanuel (Dio con noi). Questa è tutta la logica e la mistica dell'incarnazione e della
missione. Annunciare mettendosi accanto al destinatario della Parola, "educare" con
sim-patia, accanto al discepolo, senza smettere di essere maestro.
La seconda immagine è molto legata alla precedente e si rivolge tanto a educatori
come educandi, proponendo loro di assumersi tutti come discepoli, ciascuno nella sua
condizione. Trovandosi in una situazione critica della sua missione e dovendo affrontare
l'opposizione violenta delle autorità, il raffreddamento dell'entusiasmo popolare e la
defezione di molti discepoli, Gesù si deve fare coraggio, lui stesso, e lo fa dando grazie
a Dio, il Padre, che sta facendo fruttare il grano anche se lui non lo vede. Nei discepoli
rimasti, nella debolezza di molti che sono partiti e addirittura nell'incomprensione e
opposizione che minacciano di scoraggiare lui stesso, Gesù vede, con gli occhi del
Padre, il necessario percorso della crescita di un seme con un grande destino. Forte di
questa prospettiva che gli riempie il cuore di gioia e fiducia nel Padre, Signore e garante
del suo lavoro, si rivolge ai discepoli rimasti:
Venite a me, voi tutti che siete affaticati e stanchi, e io vi darò sollievo.
Portate su di voi il mio giogo e imparate da me che sono mite e umile di cuore;
E troverete ristoro per le vostre anime.
Poiché il mio giogo è soave e leggero è il mio peso!(Mt 11,28-30)
Per le nostre crisi, secondo la guida spirituale di P. Dehon, siamo invitati a levare
lo sguardo vero l'uomo del Cuore nuovo, il vero Figlio, educato nella scuola del Padre,
nel suo Spirito. Perciò Egli è diventato vero Maestro di umanità; Maestro di gioia, di
fiducia, di creatività. Da Lui, l'invito a avvicinarsi: Venite! (l'educazione è sempre una
questione di un rapporto interpersonale). Il suo primo compito e preoccupazione non è
di impartire comandi o lezioni, ma di avvicinare e di prendersi cura di noi: Io vi darò
ristoro, per le vostre fatiche e stanchezze. In questo atteggiamento (di prendersi cura dei
suoi) Egli diventa Maestro di vita e può dire allora: Imparate da me che sono mite e
umile di Cuore. In questo rapporto/scuola, infatti, ci si può riacquistare la propria gioia,
dignità, fiducia e nuovi orizzonti, un vero ristoro dell'essere sin dal più profondo
dell'anima; quello che noi chiamiamo riparazione. Questo non è un giogo pesante di
qualcuno che ti vuole sottomettere, sfruttare o manipolare. Sono, invece i lacci di
amicizia e di amore che ti fanno ritornare con gioia alla casa del tuo proprio essere e ti
aprono gli orizzonti della forza e della creatività dell'amore di Dio.
Chi si mette veramente alla scuola del Maestro di Cuore nuovo, può, a sua volta,
diventare maestro per altri, per essere guaritore/riparatore di cuori feriti e
indicatore/formatore di un percorso di persone rinnovate, libere, fiduciose e felici,
capaci di ricreare il mondo. Così, questo imparate da me diventa un processo educativo
dinamico, non soltanto di contenuti da ricevere e trasmettere, ma soprattutto di
atteggiamenti e vita condivisa e comunicata. Tutto questo ha un modello nella persona
stessa di Gesù che continua a invitare: imparate da me che sono mite e umile di Cuore.
L'attenzione al cuore, cioè, alla persona nella sua dignità, integrità e progetto, deve
costituire un tocco tipicamente dehoniano come fondamento del nostro progetto
educativo e, allo stesso tempo, della nostra propria spiritualità come formatori e
collaboratori, nella costruzione di un mondo migliore per le nuove generazioni.
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Mi auguro che queste due immagini – del Padre Educatore com-passionato o simpatico e del Maestro del Cuore Nuovo, che guarisce e istruisce i nostri cuori
accompagnino il nostro percorso di questi giorni, al servizio dei giovani che aiutiamo a
crescere.
5.
Un saluto iniziale
Nei saluti iniziali, ho lasciato intenzionalmente nell'ombra una menzione speciale
che adesso vorrei riprendere. All'interno del Governo Generale, c'è stato qualcuno che,
insieme al Segretario e ai suoi collaboratori, si è specialmente impegnato nella
preparazione di questa Conferenza, coordinando l'apposita commissione, organizzando
percorsi, delineando contenuti. Dovrebbe essere anche lui a assumerne la conduzione
nello svolgersi dei lavori. Questo processo è stato interrotto per la sua nomina
episcopale, il 29 Giugno 2012. Saluto, con grande gioia e amicizia, il P. Claudio Dalla
Zuanna, fino a poco tempo fa Vicario Generale della Congregazione e adesso
arcivescovo nominato di Beira, in Mozambico. Non è difficile capire la gioia per il
riconoscimento ecclesiale del servizio di P. Claudio, come missionario in Mozambico e
come Consigliere e Vicario Generale della Congregazione. Ma non è meno evidente
anche il senso di mancanza che la sua partenza provoca in noi, a cominciare dal
Governo Generale. Ma sopra tutto questo sovrasta un altro sentimento, per esprimere la
gratitudine di tutto quello che abbiamo vissuto, sognato, sofferto e sperato insieme.
Grazie, carissimo D. Claudio (così si trattano i vescovi in Mozambico), in mio
nome proprio, del Governo Generale e di tutta la Congregazione, per il dono che sei
stato e continui ad essere per noi. Grazie per la coerenza della tua vita come persona,
come presbitero e come dehoniano. Sai bene con che difficoltà ti vediamo partire per
altra missione, ma anche con quanta speranza vediamo il non facile incarico che ti viene
affidato.
Personalmente mi sento molto felice per il fatto che possiamo ringraziarti e
stringere la nostra comunione, insieme come Congregazione, all'inizio di questa
Conferenza, nella quale ai investito immenso di te stesso. Sai che sei sempre a casa tra
noi. Senza voler intrometterci nella tua missione, anche noi vogliamo accompagnarti
con la nostra amicizia, la nostra preghiera e la nostra solidarietà. Il piccolo segno di
gratitudine e che ti offriamo adesso è l'icona della cordialità trinitaria ed umana,
dell'accoglienza e dell'amicizia. Che essa possa esprimere e accompagnare la nostra
comunione nel tuo servizio pastorale, come testimone del Cuore del Figlio di Dio, nel
tuo servizio pastorale nella Chiesa di Beira in Mozambico.
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