La vita dalla polvere Prof.ssa M. Lo Savio e Giosa A., Cavallo M., Gomma C.(III B OCB) LA POLVERE INTERSTELLARE Se osserviamo il cielo durante una notte serena, potremo osservare diverse chiazze scure nella Via Lattea, cioè nella fascia di luce diffusa generata dai miliardi di stelle della nostra galassia. Queste chiazze scure sono causate dalle nubi di polvere che oscurano le stelle. Esse sono formate da particelle molto piccole ma estremamente importanti per l’evoluzione della galassia e per la vita delle stelle. Le dimensioni di queste particelle sono varie, le più grandi paragonabili a quelle del fumo di sigaretta. Esistono tre tipi di grani di polvere: i più grandi, che sono l’80% del totale sono formati da un nucleo roccioso circondato da materiale organico e ghiaccio; quelli di dimensioni intermedie, che costituiscono il 10% del totale, sono solidi carbonacei amorfi; i grani più piccoli, il restante 10%, dovrebbero essere formati da molecole simili agli idrocarburi policiclici aromatici (PAH) emessi dalle automobili. La temperatura dei grani è molto bassa, circa 5°Kelvin. Dallo studio dello spettro infrarosso della luce stellare che attraversa le nubi di polvere si è notato che esse sarebbero formate da silicati ricoperti da un mantello ghiacciato di acqua. Vi sarebbe anche la presenza di mono e biossido di carbonio, formaldeide e altri composti volatili. Le particelle della polvere interstellare sono estremamente rarefatte: in media, un grano di polvere in un milione di metri cubi. Ma come si è originata questa polvere? 15 miliardi di anni fa, quando si è originato l’Universo, la polvere non esisteva, vi era solo idrogeno, elio e piccole quantità di altri elementi leggeri. Date le condizioni dell’Universo primordiale, solo le nubi di idrogeno ed elio più massicce potevano contrarsi e originare le stelle, che erano giganti che esplodevano come supernove pochi milioni di anni dopo la loro nascita. Proprio da queste esplosioni di supernove si originava la polvere primordiale! In seguito essa fu distrutta dalle onde d’urto delle altre esplosioni. Ma dopo circa cinque miliardi di anni diminuirono le esplosioni e cominciarono a formarsi stelle più piccole che, quando si raffreddavano e si espandevano, formavano nella loro atmosfera particelle di silicati che venivano espulse nello spazio interstellare. Intorno a queste particelle di silicati, date le bassissime temperature, congelavano atomi e molecole delle nubi di gas, proprio come le gocce di vapore acqueo condensano su un vetro freddo. Fu così che intorno ai nuclei di silicati delle particelle si formò un mantello di ghiaccio. Oggi la polvere della nostra Galassia viene continuamente riciclata. Quando da una nube di gas e plovere si forma una nuova stella i grani di polvere vicini alla zona di formazione della stella evaporano, mentre il silicio o diventa parte della stella o condensa formando oggetti rocciosi. La maggior parte della polvere viene soffiata via formando altre nubi di polvere. Il mantello di ghiaccio viene distrutto dalle radiazioni e dalle onde d’urto, ma i grani non vengono spogliati fino al nucleo di silicati, perché esso è ricoperto anche da un mantello di sostanze organiche complesse, che si trova tra il ghiaccio e i silicati. Alcuni esperimenti condotti da Mayo Greenberg partirono dall’ipotesi che lo strato di sostanze ricche di carbonio fosse prodotto da reazioni chimiche nel mantello ghiacciato causate dai fotoni ultravioletti che lo colpiscono scindendo acqua, metano e ammoniaca in radicali liberi che poi si ricombinano formando molecole organiche. Successivamente in seguito ad altre radiazioni si formerebbero composti organici più complessi che rimangono sul nucleo di silicio anche quando viene distrutto il mantello ghiacciato. Gli esperimenti consistevano nel sottoporre varie miscele di ghiaccio a radiazione ultravioletta a temperature di –263°C e poi a un successivo riscaldamento. Si ottenne un residuo giallastro che conteneva diverse sostanze organiche, tra cui amminoacidi. Le righe di assorbimento degli spettri infrarossi di queste sostanze non corrispondevano precisamente a quelle osservate per le polveri dello spazio, ma si pensò che ciò dipendesse dal fatto che nello spazio la radiazione ultravioletta è molto più intensa e determina ulteriori trasformazioni delle sostanze organiche. Grazie a una piattaforma spaziale montata su un satellite, i campioni furono nuovamente esposti alle radiazioni, questa volta nello spazio: essi diventarono bruni a causa di un arricchimento in carbonio e lo spettrometro rivelò uno spettro di assorbimento identico a quello della polvere interstellare. Da questi esperimenti si passò a un modello unificato della polvere che prevede che i due tipi più piccoli di grani siano generati dalle alterazioni, per opera dei raggi ultravioletti, dei materiali organici dei grani di polvere più grandi, dotati di nucleo e mantello. DALLA POLVERE LE COMETE? Gli astronomi ritengono oggi che le comete si siano formate proprio dall’aggregazione della polvere interstellare. Esse si originarono insieme al sistema solare circa 4 miliardi e mezzo di anni fa. In quel periodo i grani di polvere dotati di nucleo e mantello avevano già assorbito le particelle carbonacee più piccole e le molecole simili ai PAH, oltre ai gas volatili. Sarebbero rimasti liberi solo l’idrogeno e l’elio. Dalle collisioni tra i grani si formavano degli agglomerati che si sarebbero poi evoluti in nuclei di comete. Le comete orbitano intorno al Sole nelle regioni della nube di Oort e della fascia di Kuiper. Occasionalmente, in occasione di perturbazioni gravitazionali si trasferiscono in orbite più vicine al Sole. Quando nel 1986 le sonde Giotto, Vega 1 e Vega 2 passarono nei pressi della cometa di Halley, che si avvicina al Sole ogni 76 anni, gli spettrometri a bordo rilevarono particelle di varia massa costituite di aggregati di piccoli grani fatti proprio da un nucelo di silicati e un mantello organico come la polvere interstellare. Potrebbe la polvere delle comete aver svolto un ruolo nell’origine della vita sulla Terra? In realtà ciascun aggregato di polvere non solo contiene sostanze organiche, ma possiede anche una struttura ideale per l’evoluzione chimica, che può avvenire qualora si trovi a contatto con l’acqua. Secondo alcuni ricercatori piccole molecole avrebbero potuto facilmente penetrare dall’esterno nell’aggregato, mentre quelle più grandi sarebbero rimaste imprigionate. Questo potrebbe aver originato una struttura più complessa che sarebbe addirittura potuta essere una minuscola incubatrice per forme di vita primitive. Una singola cometa potrebbe poi aver depositato questi “semi” sulla Terra primordiale. Le missioni spaziali attualmente in corso e quelle previste per il futuro potrebbero avvalorare questa tesi. Ricordiamone alcune: 1) la sonda Deep Impact ha avuto un contatto con la cometa Tempel 1 e arriverà da noi a Luglio2005. 2) la sonda Stardust ha attraversato la coda di una cometa catturando delle particelle che porterà sulla Terra nel 2006. 3)la sonda europea Rosetta sta volando verso una cometa su cui atterrerà, missione in cui è coinvolta l'Università di Lecce, e il 4/3/2005 ha effettuato un passaggio ravvicinato con la Terra. Bibliografia essenziale: LE SCIENZE - ediz. Italiana di Scientific American - Febbraio 2001