Natale 2011 - WebDiocesi

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Natale 2014
Omelia ( giorno)
Benvenuti, carissimi, in questa Cattedrale per celebrare insieme il mistero della
nascita del Figlio di Dio in mezzo a noi. Buon Natale a tutti.
Nella Messa di mezzanotte abbiamo ascoltato il racconto della nascita di Gesù a
Betlemme che ne fa l’evangelista Luca, carico di tenerezza e di commozione; ora il
Vangelo di Giovanni ci parla dello stesso evento non con l’immediatezza del
racconto, come fa Luca, ma con il linguaggio alto della teologia, che richiederebbe da
noi una meditazione prolungata ben più del tempo dedicato ad un’omelia. Ci parla di
Gesù Bambino come del Verbo eterno che si è fatto carne e ha abitato in mezzo a noi.
Abbiamo ascoltato: “E il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi”
Il Verbo, inaccessibile, onnipotente, si è fatto carne, si è fatto conoscere, è
venuto ad abitare in mezzo a noi, si reso palpabile e tangibile. E’ venuto a farsi uomo
in tutta la pregnanza storica del termine, cioè assumendo la nostra condizione di
debolezza, di fragilità, di limite, di morte, per riscattarci da tale condizione..
Carissimi, la vostra presenza qui dice che per noi il Natale non è un vago sentimento
di bontà da consumare semplicemente nell’intimità familiare, ma è un evento che,
accolto, cambia il senso della storia.
Natale è sapere, prendere atto che nel 753 di Roma, a Betlemme il Figlio di Dio si è
fatto uomo, e il Figlio di Dio è “Il Verbo che si è fatto carne… Il Verbo che è la Vita
e la Vita è la Luce degli uomini”.
La mia vita ha un senso e questo senso non è un’idea, una visione filosofica o
religiosa della vita; è una Persona, il figlio di Dio vivente nato nella stalla di
Betlemme.
La mia storia, come la storia di tutta l’umanità ha un centro, una direzione, un
compimento, ha un Principio e un Fine, ha una consistenza.
Una domanda credo ci viene spontanea: l’uomo di oggi è interessato ad accogliere
questo annuncio? Spesso ci verrebbe da rispondere di no.
Tanto è vero che da tanto tempo gli uomini in Occidente hanno cercato, e cercano
anche oggi, di costruire un mondo ed una società “come se Dio non ci fosse”. Più
precisamente non è tanto l’esistenza di Dio come tale che è messa in discussione.
Non è in questione la verità religiosa: Dio esiste; è la verità cristiana: Dio «si fece
carne e venne ad abitare in mezzo a noi». Se Dio c’è, non c’entra con la vita concreta:
sembra essere questa la formula dell’ateismo contemporaneo.
È una presenza ritenuta superflua: sarà la scienza e la tecnica a risolvere i problemi
umani.
La crisi che stiamo attraversando ci deve rendere tutti più umili, più pensosi, deve
portarci a interrogarci seriamente se se l’uomo può darsi da solo una salvezza.
Il Natale è l’offerta di Gesù come senso della nostra vita e della nostra storia, ma
anche come luce che illumina e riscalda.
Il Natale ci pone davanti a questo annuncio “Veniva nel mondo la luce vera, quella
che illumina ogni uomo”.
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Abbiamo bisogno di luce. L’oscurità che ci avvolge è profonda e non ci fa vivere
bene. E’ su questo aspetto che vorrei spendere ancora alcune parole.
Le tenebre che ci avvolgono sono più fitte che mai. Diversi tipi di tenebre offuscano
la nostra vita personale e sociale., A livello personale credo che ognuno di noi
conosca le zone d’ombra della sua vita che vorrebbe illuminare. Ma pensiamo anche
alle oscurità a livello sociale e morale; pensiamo alle frammentazioni e lacerazioni
del tessuto sociale, alle forme di disordine che guastano la società e la disgregano;
rappresentano l’indice di un malessere comune, che intacca la vita di una comunità;
pensiamo al disorientamento sul significato dell’esistenza umana, sui giudizi ultimi
sulla vita e sulla morte, sul perché siamo, uomini e donne, sulla terra.
Potremmo chiamarle le tenebre costituite da una cultura , da una mentalità che,
avendo perso i valori più alti, non trova più in sé neppure la forza per riorientarsi e o
per riconoscerle.
L’oscurità che ne deriva genera smarrimento.
Abbiamo bisogno di luce; abbiamo bisogno di orientamento.
Il profeta Isaia che questa notte ci annunciava che “il popolo che camminava nelle
tenebre vide una grande luce” (Is 9, 1 ), ci ha accompagnato nell’Avvento con parole
di speranza, come queste, che si attuano a Natale: “Dite agli smarriti di cuore: non
temete!Ecco il vostro Dio. Egli viene a salvarvi” (Is 35, 4).
Questo dono è la nascita di un bambino. Una nascita avvenuta duemila anni fa, in un
luogo sperduto. Ma quella nascita illumina il cammino di tutti, anche di chi non
ricorda neppure chi è il festeggiato.
Il Natale cristiano è risposta al vivo bisogno di speranza, di luce , di vita buona, un
bisogno che è presente nel cuore di tutti, ma che è ancora più acuto nel cuore di
coloro che sono feriti dallo sconforto, fino alla disperazione, da una delle tante forme
di povertà. Per tanti motivi, da quelli più intimi e più laceranti e che ciascuno
conosce nel proprio cuore a quelli che sono ben visibili e ben noti a tutti.
È una speranza vera il Natale cristiano: Dio pone la sua tenda su questa terra per
liberare l’uomo dalla paura, dalle tenebre del male, del peccato, della morte. Il Figlio
di Dio viene a condividere la nostra umanità fino a salire sulla croce e donare a noi la
luce e la forza della risurrezione.
Nello stesso momento in cui Dio rivela Se stesso come Dio che ama l’uomo, l’uomo
scopre mediante questa rivelazione divina le verità più importanti circa se stesso. Alla
luce di Betlemme si chiarisce definitivamente l’enigma della condizione umana.
Egli viene liberato dalla sua tristezza più profonda, perché si rende conto che Dio si
prende cura di lui. Non un Dio che è una lontana causa del mondo, indifferente alla
sua sorte, ma un Dio che si è fatto uomo ed è venuto ad abitare in mezzo a noi.
Carissimi fratelli e sorelle, è questa la verità di Betlemme.
A Betlemme è nato il Figlio di Dio come uomo, ma è nato anche ognuno di noi come
figlio di Dio, è nata la nuova umanità. Ci ricorda Giovanni Paolo II: “Bisogna andare
a Betlemme per conoscere la verità. Bisogna ritornare a Betlemme per poter
comprendere qualcosa del significato autentico della nostra vita e della nostra storia.
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Bisogna cioè interpretare la vicenda dell’uomo sulla terra in questo sconfinato ed
ignoto universo alla luce dell’incarnazione del Verbo” ( 30 dicembre 1981).
A Betlemme si illumina per noi il mistero di Dio e dell’uomo. A Betlemme sono
piantate le nostre radici. Andare a Betlemme significa andare alla scuola di Gesù per
imparare ad essere uomini. Cari fratelli e sorelle, preghiamo che la luce di questa
notte , la luce che risplende dal Bambino di Betlemme, ci illumini profondamente per
conoscere il vero Dio, per conoscere anche la verità su noi stessi. Così illuminati,
potremo, come ci esorta l’apostolo Paolo, “rinnegare l’empietà e i desideri mondani e
vivere con sobrietà, giustizia e pietà in questo mondo”. Radicati e fondati nel
Bambino di Betlemme, potremo sostenerci vicendevolmente per aprirci con passione
e con fiducia ad un futuro di speranza.
Con questi sentimenti auguro a tutti un buon Natale.
+ Antonio Lanfranchi
arcivescovo
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