DEMANIO IDRICO E PROPOSTA DI SCHEMA DI RECUPERO DEI CANONI PREGRESSI ALLA LUCE DELLA NORMATIVA REGIONALE DELLA REGIONE CALABRIA INDICE 1. DEFINIZIONE DI DEMANIO IDRICO 2. AVVIO DEL PROCEDIMENTO SANZIONATORIO ALLA LUCE DELLA NORMATIVA REGIONALE CALABRESE 3. RECUPERO DEI CANONI PREGRESSI: PROPOSTA DI SCHEMA DI RECUPERO 1 DEMANIO IDRICO Definizione di demanio idrico; Sintesi delle fonti di disciplina del demanio idrico; Regime giuridico dei beni demaniali; Espropriabilità per pubblica utilità dei beni demaniali;L’uso dei beni demaniali; L’amministrazione dei beni pubblici; Il riparto di giurisdizione in materia di concessione di beni pubblici: l’art. 5 comma 1 I cc.dd. beni pubblici sono compresi nella categoria giuridica della ‘proprietà pubblica’ richiamata dall’art. 42 comma 1 della Costituzione. Si tratta, in particolare, di quei beni di cui si avvalgono le pubbliche amministrazioni per realizzare i propri fini istituzionali. (Cfr. Manuale di diritto amministrativo- di Garofoli e Ferrari) Il genus dei beni pubblici è tradizionalmente suddiviso in due sottocategorie costituite dai beni pubblici stricto sensu, che appartengono allo Stato o ad altro ente pubblico, e dai beni di interesse pubblico che appartengono a privati ma sono sottoposti ad uno speciale regime derogatorio in virtù della particolare rilevanza attribuita agli stessi dalla collettività dei consociati che ne fruisce. Le due tradizionali categorie nelle quali è suddiviso il patrimonio pubblico sono quelle dei beni demaniali e dei beni patrimoniali. I beni demaniali sono individuati dall’art. 822 c.c.L’elencazione ivi contenuta è da considerarsi tassativa e comprende i beni immobili e la universalità di mobili. I beni demaniali si distinguono in beni demaniali necessari che possono appartenere solo allo Stato o agli enti territoriali e i beni demaniali eventuali o accidentali. Tale ultima categoria si riferisce a quella tipologia di beni che possono essere di proprietà privata ma che se appartengono ad un ente territoriale entrano a far parte del demanio. I beni del demanio necessario presentano tre caratteristiche strutturali: sono beni immobili, sono necessariamente demaniali e devono appartenere allo Stato. Nella categoria del demanio necessario vi rientrano il demanio marittimo, il demanio militare ed il demanio idrico. Nel demanio eventuale si annoverano i beni del demanio stradale, ferroviario, aereonautico, storico, archeologico, artistico, bibliografico, archivistico. Con riguardo alle principali fonti normative relative alla disciplina del demanio idrico è possibile stilare la seguente elencazione: - Codice Civile; - T.U. 25 luglio 1904 n. 523 e successive modifiche e integrazioni; - R.D. 18 novembre 1923 n. 2440 e successive modifiche e integrazioni; - T.U. 11 dicembre 1933 n. 1775; - Legge 5 gennaio 1994 n. 36 “Disposizioni in materia di risorse idriche”; - Legge 5 gennaio 1994 n. 37 “Norme per la tutela ambientale delle aree demaniali dei fiumi, dei torrenti, dei laghi e delle altre acque pubbliche”; - D. Lgs. 31 marzo 1998 n. 112 “Conferimento di funzioni e compiti amministrativi dello Stato alle Regioni ed agli Enti Locali”, che all’art. 86 ha trasferito alle Regioni le competenze in materia di gestione del demanio idrico; - L. R. n. 11/98. - D. Lgs. 11 maggio 1999 n. 152; 2 - L.R. 17 maggio 1999 n. 10 art. 52 che ha trasferito alle Province le competenze in materia di gestione del demanio idrico; In ordine al regime giuridico dei beni demaniali occorre soffermarsi sulle modalità di acquisto della demanialità. Secondo la giurisprudenza, l’inclusione dei beni degli elenchi dei beni demaniali che le amministrazioni pubbliche sono solite redigere ha natura meramente dichiarativa (Cass. civ. 15 gennaio 1997 n. 245). Con riguardo ai beni del demanio naturale, che cioè assumono consistenza ontologicamente demaniale, è palese che la P.A: non debba con apposito provvedimento qualificarlo come tale. Rispetto ai beni del demanio artificiale la giurisprudenza prevalente richiede un provvedimento amministrativo espresso in tal senso della Pubblica amministrazione di destinazione del bene . I beni del demaniali ai sensi dell’art. 823 c.c. sono ‘inalienabili e non possono formare oggetto di diritti a favore di terzi, se non nei modi e nei limiti stabiliti dalla legge che li riguardano’. Ne consegue che gli stessi non possono formare oggetto di negozi traslativi o costitutivi di diritti reali, di diritti in favore dei terzi, non sono sottoponibili a procedure civilistiche di espropriazione coattiva e non possono formare oggetto di usucapione. Gli unici rapporti giuridici che possono essere costituiti con soggetti privati con riguardo a tali beni presuppongono il ricorso allo strumento della concessione. Inoltre , essi non sono espropriabili. Precisamente, ai sensi dell’art. 4 comma 1 del DPR 8 giugno 2001 n. 327 è stato statuito che l’espropriazione dei beni demaniali può avvenire solo previo esperimento della procedura di sdemanializzazione prevista dall’art. 829 c.c. La sdemanializzazione consiste nel procedimento di passaggio dei beni dal demanio pubblico al patrimonio dello Stato. L’art. 829 c.c. prevede che tale passaggio debba essere dichiarato dall’Autorità amministrativa. Tale dichiarazione può avvenire in modo espresso o tacito. La sdemanializzazione espressa è posta in essere con apposito provvedimento che sancisca la cessazione della demanialità. Tale atto produce effetti meramente dichiarativi con riguardo ai beni del demanio naturale , atteso che per tale categoria di beni, l’acquisto o la perdita della demanialità deriva da un fatto naturale. Per i beni del demanio artificiale parte della dottrina ritiene che tale provvedimento produca effetti costitutivi. Ampiamente dibattuto è il tema dell’assoggettabilità dei beni pubblici alle procedure di espropriazione per pubblica utilità. Il testo unico sull’espropriazione per pubblica utilità ha dissipato ogni dubbio sull’argomento ritenendo ammissibile l’espropriabilità previa sdemanializzazione. Per ciò che concerne le possibili forme di uso dei beni pubblici si può ben affermare che lo strumento principale per trasferire in capo ai privato il diritto di uso di un bene è la concessione amministrativa . In particolare, il provvedimento con il quale è trasferito al privato l’uso di un bene pubblico (concessione traslativa) ha natura di concessione contratto. Consiste nella combinazione di un provvedimento amministrativo di carattere latamente autorizzatorio (concessione traslativa) e di una convenzione di diritto privato. Con riguardo alla possibilità di escludere il terzo è opinione pacifica che per tutelare il proprio diritto, il privato concessionario possa azionare esclusivamente gli strumenti propri del diritto comune. Quanto all’individuazione del privato cui trasferire il diritto di utilizzo del bene pubblico, si è discusso in merito alla necessità del ricorso alla gara. In senso affermativo si esprime la giurisprudenza amministrativa. Un ulteriore e fondamentale principio affermato dalla giurisprudenza amministrativa in materia di concessione è quello per cui la P.A. nel pronunciarsi su una domanda di concessione a seguito dell’intervenuto annullamento giurisdizionale del precedente diniego , non può prendere in considerazione mutamenti della normativa sfavorevoli al richiedente successivi alla data di notificazione della sentenza. 3 Il concessionario è titolare del cd. Diritto di insistenza. Si tratta di una situazione giuridica che si concretizza nella preferenza accordata al precedente concessionario , rispetto agli altri concorrenti, nel momento in cui l’amministrazione dopo la scadenza della concessione, deve procedere a nuova assegnazione del bene. Assodato che per individuare il privato in capo al quale trasferire – con concessione- il diritto di sfruttamento di un bene pubblico, occorre bandire una procedura competitiva è controverso se si debba o meno tenere conto del diritto di insistenza. Secondo un primo orientamento, invero minoritario, l’amministrazione deve tenere in conto , nel selezionare le istanze di rilascio della concessione di uso di un bene pubblico anche la posizione di chi è già titolare di un diritto al godimento del bene in forza di precedente analogo provvedimento. Altro orientamento, supportato dal Consiglio di Stato (Cons. St. sez. VI, 25 gennaio 2005 n. 168) ha affermato che grava sull’amministrazione l’obbligo di bandire una selezione pubblica per assegnare la concessione di uso del bene allineandosi ai principi comunitari anche limitatamente al cd. Diritto di insistenza. In particolare, in ossequio ai principi di non discriminazione e trasparenze, il riconoscimento del diritto di insistenza andrebbe subordinato al riscontro di tre requisiti necessari: - l’effettiva equipollenza delle condizioni offerte dal concessionario e dagli altri aspiranti sul piano della rispondenza agli interessi pubblici; - l’idonea pubblicizzazione della procedura relativa al rinnovo, in guisa da consentire alle altre imprese interessate la conoscenza del presupposto notiziale necessario al fine di esplicare, in una logica di par condicio effettiva, le chance concorrenziali in contrapposizione al titolare della concessione scaduta o in scadenza; - la necessità di depurare , nei limiti possibili, la procedura dai fattori di vantaggio rinvenienti in capo al concessionario dalla titolarità della concessione ovvero dalla titolarità di atro rapporto concessorio funzionalmente collegato al primo. Ne deriva che il diritto di insistenza si applica a parità di condizioni con gli altri concorrenti. Con riguardo all’Amministrazione dei beni pubblici essi sono gestiti in conformità a quanto previsto dall’art. 1 r.d. 18 novembre 1923 n.2440 recante disposizioni sul patrimonio e sulla contabilità generale dello Stato. A seguito del riordino intervenuto con d.lgs. 30 luglio 1999 n.300, la gestione degli immobili pubblici è stata delegata alla Agenzia del Demanio, titolare, oltre che dei poteri di amministrazione finalizzati al perseguimento di una gestione produttiva e alla valorizzazione dei beni, anche dei poteri di valutazione estimativa compiute dagli uffici erariali. La giurisdizione in materia di beni pubblici è disciplinata dall’art. 5 l. 6 dicembre 1971 n. 1034 ai sensi del quale ‘sono devoluti alla competenza dei tribunali amministrativi regionali i ricorsi contro atti e provvedimenti relativi a rapporti di concessione di beni pubblici. Resta salva la giurisdizione dell’autorità giudiziaria ordinaria per le controversie concernenti indennità, canoni, ed altri corrispettivi e quelle dei tribunali delle acque pubbliche e del tribunale superiore delle acque pubbliche, nelle materie indicate negli artt. 140-144, t.u. 11 dicembre 1933 n.1775’. 4 AVVIO DEL PROCEDIMENTO SANZIONATORIO ALLA LUCE DELLA NORMATIVA REGIONALE CALABRESE Prescrizione dell’azione accertativa; Attivazione del procedimento sanzionatorio n. 689. Il testo normativo di riferimento in caso di riscontrato abuso è la legge 24 novembre 1981 La questione da approfondire è costituita dal dies a quo della prescrizione dell’azione accertativa della PA e dal riparto di competenze in ordine all’attivazione del procedimento sanzionatorio. Al fine di risolvere il primo aspetto relativo alla prescrizione occorre approfondire la natura giuridica dell’abuso perpetrato dal privato consistente nell’occupazione sine titulo dell’area demaniale oppure nell’occupazione a fronte di una concessione non più rinnovata e dunque in assenza di versamento di canoni e di titolo legittimante l’occupazione. La costruzione abusiva di manufatti in suolo demaniale costituisce un reato a carattere permanente fino a quando non venga rimossa l'occupazione arbitraria del suolo stesso mediante il ripristino della libera disponibilità pubblica dell'area demaniale. Il termine prescrizionale è quello di cui all’ 2947 1° e 3° comma del codice civile. Senz’altro utile è la verifica dello stato dei luoghi in caso di autodenuncia onde verificare la rispondenza di quanto dichiarato con quanto realmente esistente. Si pensi ad esempio alla verifica della vita delle piante ritrovate o dello stato del suolo riscontrato e la sua conformità a quanto asserito dal privato in sede di autodenuncia. Tale evenienza è superata in caso di accertamento d’ufficio. In ordine all’attivazione del procedimento sanzionatorio è necessario approfondire l’aspetto relativo al riparto delle competenze. La legge regionale 12 agosto 2002 n.34 contenente norme per il riordino delle funzioni amministrative regionali e locali all’art. 88 , 1° comma lettera g) attribuisce alle Province la ‘vigilanza sul demanio e sulla realizzazione degli obblighi posti a carico dei concessionari. In caso di inadempienza da parte del concessionario le Province possono effettuare direttamente gli interventi, salvo rivalsa.’ L’art. 89 attribuisce ai Comuni tra l’altro alla lettera e) del primo comma ‘la vigilanza sulle aree demaniali e sulla realizzazione degli obblighi posti a carico dei concessionari , nonché l’intervento in caso di inadempienza dei predetti obblighi.’ Tali disposizioni tra loro evidentemente coincidenti pongono seri problemi di pratico. In tal caso potrebbe soccorrere un criterio di carattere territoriale connesso al luogo di riscontro dell’abuso. 5 RECUPERO DEI CANONI PREGRESSI:PROPOSTA DI SCHEMA DI RECUPERO Omesso versamento totale e parziale (art. 6 comma 1 L.R n.11/95 e ss.mm.ii) Tardivo versamento Tassa Canone mai richiesto4 Tassa Tassa Legge Regionale Calabrese 10 aprile 1995 n.11 Sanzione dal 100 al 200 % della tassa evasa (MINIMO 103.29)1 Sanzione pari al 30% della tassa evasa Interessi di mora2 Interessi legali3 Interessi legali Gli interessi non devono essere calcolati sulla sanzione bensì sulla tassa. Per il recupero delle somme spettanti all’erario per l’utilizzo, a qualsiasi titolo, di immobili di proprietà dello Stato si veda l’art. 1 comma 274 del LEGGE 30/12/2004 N. 311 (FINANZIARIA 2005). In caso di ritardato od omesso pagamento del canone annuale si applica l’art. 2752 del codice civile. 1 Se sono trascorsi meno di 5 anni dall’occupazione sine titulo la sanzione è nella misura del 100%- Se sono trascorsi tra 5 anni e 10 anni dall’occupazione sine titulo la sanzione è nella misura del 150%- Se sono trascorsi oltre 10 anni dall’occupazione sine titulo la sanzione è nella misura del 200%2 Si devono aggiungere gli interessi moratori fissati dal l'ente nei limiti di tre punti di differenza rispetto al tasso legale (articolo unico, comma 165, della Finanziaria 2007, legge 296/2006), quindi fino al 5,5% annuo. Art.1 comma 165 :(Misura degli interessi sui rimborsi di imposta)165. La misura annua degli interessi e' determinata, da ciascun ente impositore, nei limiti di tre punti percentuali di differenza rispetto al tasso di interesse legale. Gli interessi sono calcolati con maturazione giorno per giorno con decorrenza dal giorno in cui sono divenuti esigibili. Interessi nella stessa misura spettano al contribuente per le somme ad esso dovute a decorrere dalla data dell'eseguito versamento. 3 Alla sanzione ridotta si devono aggiungere gli interessi legali del 2,5% su base annua, ma non quelli moratori deliberati dall'ente, perché non è in questo caso applicabile l'articolo unico, comma 165, della Finanziaria 2007 4 Concretamente la tassa non richiesta è a tutti gli effetti una tassa non versata. Pur rappresentando una negligenza dell’ufficio è onere dell’occupante sine titulo denunciare la irregolare occupazione pena l’irrogazione delle sanzioni previste. Perciò o rientra nel 1 caso relativo all’omesso versamento oppure si può ricondurre il caso in esame al tardivo versamento. 6