4. La Chiesa: Comunità che segue e annuncia Cristo La fede cristiana, pur essendo personale, va vissuta nella Chiesa. Lo specifico di questa comunità è la comune relazione alla persona di Gesù Cristo, che tutti sono chiamati a seguire e ad annunciare. Contrariamente a quanto si pensa, non è vero che oggi in mezzo alla nostra gente sia venuto meno il bisogno del sacro e neppure un certo fascino della figura di Cristo, con il quale molti dicono di avere anche un buon rapporto confidenziale di preghiera. Ciò che per la società contemporanea, tendenzialmente individualistica, è difficile da accogliere del cristianesimo è la necessità della Chiesa, così che aumenta sempre più la convinzione che si possa essere dei buoni cristiani anche senza la dimensione ecclesiale. Nasce allora la domanda cruciale: perché la Chiesa? Non basta Gesù Cristo? 1. Come nasce la Chiesa Per rispondere è illuminante fare attenzione al come nasce la Chiesa di Cristo. Essa non nasce perché ad un certo punto della storia i diversi credenti in Cristo hanno deciso di mettersi insieme, di confederarsi per sentirsi più forti o per aiutarsi o per difendere i loro diritti. L’origine della Chiesa va ricercata, in ultima analisi, nel mistero stesso della Trinità, nell’unità del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo. Allorché infatti Dio ha deciso di creare l’umanità, l’ha creata a propria immagine con l’intento di formare una sola grande famiglia i cui membri vivono in comunione con Dio e, ad immagine di Dio, nell’unità di amore tra di loro. Per far conoscere agli uomini e realizzare questo progetto, che nel frattempo fin dagli inizi si era notevolmente oscurato a causa del peccato, Dio ha scelto un uomo, Abramo, e di lui ha fatto un popolo, perché mantenesse viva nel mondo l’attesa per la realizzazione di quel mirabile disegno di Dio, che neppure il peccato era riuscito a cancellare. Da quel popolo è nato Gesù di Nazareth, il quale cominciò la sua predicazione dicendo a tutti: il tempo dell’attesa è compiuto e il regno di Dio è vicino; credete a questa bella notizia (cfr. Mc 1, 15). Il nocciolo del Vangelo di Gesù è proprio l’annuncio della vicinanza del regno di Dio, che potremmo tradurre così: in Cristo, il Padre si è fatto vicino all’uomo e, in maniera umile ma definitivamente vittoriosa, ora, per il bene dell’uomo, dà inizio alla realizzazione del suo sogno originario, rendendo possibile all’uomo di vivere in comunione con Dio e in pace con i fratelli. Qualcuno crede all’annuncio di Gesù e lo segue; si forma un piccolo gruppo, all’interno del quale egli sceglie i 12, un numero significativo e altamente simbolico, poiché 12 erano le tribù di Israele. Questi sono, quindi, l’inizio della Chiesa di Cristo, un nuovo popolo che continua però a servire l’unico progetto di Dio già presente nella scelta dell’antico popolo d’Israele. Questo può essere sufficiente a capire che la Chiesa non nasce perché i cristiani hanno deciso di mettersi insieme, mentre avrebbero potuto anche fare a meno, ma questa comunità nasce per volere di Dio e di Cristo. È la "sua" Chiesa, dice Gesù (cfr. Mt 16,18). 2. Perché Cristo ha voluto una Chiesa, un cristianesimo comunitario? Lo esigeva il progetto eterno di Dio. È significativo che al primo gruppo dei suoi discepoli e, quindi, ai discepoli di tutti i tempi, Cristo chieda fondamentalmente due cose: "predicate che il regno di Dio è vicino" e "amatevi gli uni gli altri". In primo luogo li invia come popolo di missionari e predicatori: devono annunciare il Regno, dire a tutti che in Cristo Dio ci ha fatto conoscere il suo progetto di comunione ed ora, grazie a Cristo, si sta realizzando. Ma, in secondo luogo, essi devono mostrare con il loro amore reciproco, con il loro essere un soggetto comunitario, che ciò che annunciano è vera realtà, perché sulla terra già ci sono delle persone che, avendo accolto Gesù ed essendo così in comunione con Dio, vivono da fratelli. Da questo, dice Gesù, tutti sapranno, «se avrete amore gli uni per gli altri» (Gv 13, 35). La Chiesa nasce così come «misteriosa realtà di "comunione" e di "missione"» (RdC 86). Deve annunciare al mondo l’amorevole piano comunitario di Dio, ma di esso la Chiesa è in Cristo una specie di "sacramento", «cioè segno e strumento dell’intima unione con Dio e dell’unità di tutto il genere umano» (LG 1). 3. La Chiesa vive della relazione personale e comunitaria con Cristo e lo Spirito santo Nella Chiesa le profonde relazioni comunitarie si alimentano alla relazione con Cristo. Ecco perché non solo come singoli ma anche come Chiesa ci si trova ad ascoltare la sua parola ed a celebrare soprattutto l’eucaristia, per partecipare al segno supremo dell’amore di Dio in Cristo, che ci perdona e fa comunione con noi, rendendoci in forma sempre rinnovata la sua Chiesa, famiglia di figli e fratelli. Non è vero, quindi, che si può essere ottimi cristiani anche senza partecipare all’eucaristia domenicale e agli altri appuntamenti fondamentali della comunità. Si comprende così che la Chiesa, in quanto mistero di comunione con Dio e con i fratelli, vive di due relazioni fondamentali: quella con Cristo e quella con lo Spirito Santo. Gesù Cristo, in quanto Verbo e Figlio di Dio incarnato, costituisce come la base storica ed oggettiva della Chiesa e della sua missione. Dal Cristo, uomo storico, la Chiesa trae la propria origine e la conoscenza del Vangelo da annunciare, che è stato scritto definitivamente nel NT e che ci viene garantito in modo autorevole dai vescovi, successori degli apostoli. Ma il Cristo parla a noi oggi nelle sacre Scritture, si dona a noi nei sacramenti e ci accompagna come Chiesa sulle strade del mondo grazie all’opera dello Spirito Santo. Se Gesù è la base storica della Chiesa, lo Spirito Santo ne è come il fondamento spirituale. Senza lo Spirito la sacra Scrittura è lettera morta, i Sacramenti gesti rituali esteriori, il Cristo relegato nel passato. Lo Spirito mantiene viva nella Chiesa la memoria di Cristo (cfr. Gv 14, 26), rende viva ed attuale la sua parola (cfr. Gv 16, 13-15) e guida continuamente la Chiesa nella fedeltà a Cristo e alle esigenze della storia mutevole. 4. La corresponsabilità diversificata per la comunione e la missione La responsabilità per la realizzazione della "comunione" e della "missione" è di tutti coloro che, grazie al battesimo, sono entrati a far parte della Chiesa. Tuttavia, se unica è la missione, diverse sono le vocazioni e i tipi di servizio (cfr. AA 2). Abbiamo visto che Gesù tra il gruppo dei discepoli, cui pure ha dato la responsabilità dell’annuncio del regno (cfr. Lc 10, 1-11), ha scelto i "dodici" apostoli, ai quali ha dato il dono e il compito di parlare e agire in suo nome e con la sua autorità (cfr. Mt 28, 18-20). Questo vale anche per la Chiesa di oggi: in mezzo al popolo di Dio alcuni sono chiamati e scelti a continuare per certi versi il ministero apostolico, garantendo così alle nostre Chiese non solo l'unità, la santità e la cattolicità, ma anche l’apostolicità. I vescovi, in quanto successori degli apostoli, e, in grado inferiore, i presbiteri, loro collaboratori, garantiscono la continuità con le origini apostoliche: rappresentano autorevolmente il Cristo che presiede la sua Chiesa e devono vegliare perché nella loro Chiesa sia annunciato il vero Vangelo, siano celebrati validi sacramenti e tutti siano ricondotti, sotto la loro presidenza, all’unità della fede e della comunione. 5. Verso la meta finale La Chiesa, popolo di Dio e corpo di Cristo, è chiamata come Maria (cfr. RdC 90) ad accogliere e donare il Cristo, vivendo in unione con Lui e con i fratelli, nell’attesa di poter partecipare alla piena realizzazione del suo regno nel cielo. Per il momento però essa, ancora peregrinante sulla terra, non ha raggiunto la sua perfezione (cfr. RdC 89): già santa, per i doni ricevuti, essa è sempre bisognosa di purificazione e rinnovamento e la stessa comunione che la costituisce e che deve testimoniare al mondo è segnata spesso dall’egoismo e dalla disunione. Ma essa non si perde d’animo, perché trae continuamente dal suo Signore la forza di ricominciare e la speranza di arrivare alla meta.