Nota a - Dipartimento di Giurisprudenza

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Nota a:
Corte giustizia CE, sez. VI, 15/05/2003, n. 214
Corte giustizia CE, 15/05/2003, n. 214
Corte giustizia CE, sez. VI, 15/05/2003, n. 214
(1) (1-2) Tutela cautelare e misure d'urgenza nella giurisprudenza della Corte di Giustizia.
Dir. proc. amm. 2003, 4, 1169
Paolo Lazzara
Sommario: 1. La tutela d'urgenza nella prospettiva comunitaria: effetto utile, "direttiva ricorsi" ed obblighi di recepimento. 2. Tutela cautelare e processo amministrativo: gli orientamenti della Corte Costituzionale. - 3. I confini logico giuridici della
tutela cautelare: il principio di strumentalità. - 4. Condizionamento "forte" e condizionamento "debole". - 5. Finalità della
tutela differenziata e direttiva "ricorsi". - 6. Il dibattito interno in materia di tutela ante causam nel processo amministrativo.
Il decreto presidenziale inaudita altera parte. - 7. L'autonomia del decreto d'urgenza: indicazioni della Corte di Giustizia e
modelli normativi adeguati. - 8. Effettività del diritto comunitario e ricorsi amministrativi nelle controversie in materia di
lavori pubblici.
1. La sentenza della Corte di Giustizia sul caso "Regno di Spagna" (1) conclude un procedimento di infrazione relativo al
recepimento della direttiva che coordina le disposizioni sulle procedure di ricorso in materia di aggiudicazione degli appalti
pubblici di forniture e di lavori (89/665 CE) (2).
Le censure sollevate dalla Commissione puntavano principalmente sulla mancanza, nella disciplina spagnola, di disposizioni in
grado di garantire una procedura d'urgenza "indipendente dalla proposizione di un ricorso" (3). Mancherebbe cioè una
previsione generale che consenta al giudice di adottare provvedimenti provvisori anche senza la previa presentazione di un
ricorso nel merito.
Tali contestazioni - afferma la Commissione - non possono essere superate richiamando il meccanismo, pur previsto dalla
normativa spagnola, che consente la richiesta di provvedimenti urgenti prima della proposizione del ricorso principale (4).
Nemmeno questa possibilità garantirebbe ancora l'indipendenza dei provvedimenti provvisori rispetto al ricorso principale;
l'interessato, infatti, sarebbe ancora obbligato ad impugnare, entro dieci giorni dalla decisione d'urgenza, l'atto che reputa
illegittimo sotto pena di cessazione di efficacia della misura interinale. La normativa spagnola prevede cioè che il ricorrente
abbia l'onere di domandare la conferma dei provvedimenti provvisori che, altrimenti, decadono automaticamente.
Ciò appare alla Commissione in contrasto con l'art. 2, n. 1, lett. a), della direttiva 89/665 (5).
Le prospettazioni della Commissione vengono seguite dall'Avvocato generale ed accolte dalla Corte di Giustizia.
Quest'ultima già nel 1996, nell'interpretare la direttiva ricorsi, aveva affermato l'esigenza che gli Stati membri conferissero agli
organi contenziosi la facoltà di adottare qualsiasi provvedimento provvisorio, indipendentemente da ogni azione previa (6).
Dalla sentenza sul caso "Regno di Spagna", così come dall'importante precedente "Repubblica ellenica", emerge
l'impostazione ermeneutica degli attori comunitari che fa leva, soprattutto, sul c.d. "principio dell'effetto utile": il recepimento
delle direttive comunitarie deve raggiungere lo scopo da esse perseguito (art. 249, comma 3, Tr. CE) (7).
Gli obblighi di recepimento vengono dunque individuati attraverso un'interpretazione finalistica alla stregua di un
ragionamento deduttivo che non si preoccupa delle qualificazioni formali degli istituti ma procede induttivamente
confrontando il risultato che una determinata disciplina nazionale è effettivamente in grado di raggiungere in relazione alle
finalità che la normativa comunitaria intendeva perseguire.
Proprio in questa prospettiva, la Corte ricorda come la direttiva 89/665 miri a consolidare i meccanismi volti a garantire
l'effettiva applicazione delle direttive comunitarie sugli appalti pubblici in una fase in cui le violazioni possano ancora essere
corrette. Si impone, a tal fine, che le decisioni illegittime, adottate nell'ambito dei procedimenti di aggiudicazione, possano
essere oggetto di ricorsi celeri ed efficaci in relazione alle vicende di volta in volta rilevanti (8).
E ciò - per l'appunto - in adempimento a quanto stabilito dalla disposizione che prevede la possibilità per gli organi contenziosi
di adottare, con la massima sollecitudine e con procedura d'urgenza, provvedimenti provvisori intesi a riparare la violazione
denunciata o impedire che altri danni siano causati agli interessi coinvolti (9).
Appare dunque evidente come il corretto recepimento della direttiva "ricorsi", alla luce del principio dell'effetto utile, non
risulti da un inquadramento "statico" della disciplina interna; le prescrizioni comunitarie richiamano infatti concetti relazionali
che assumono contenuto diverso a seconda della materia cui si riferiscono. A tale stregua, come evidenziato dalla Corte di
Giustizia, le finalità della direttiva vanno individuate in relazione alla brevità delle procedure di aggiudicazione condotte dalle
amministrazioni nazionali. Si impongono adeguate forme di tutela in relazione all'esigenza di trattamento urgente delle
violazioni che inficiano i procedimenti ad evidenza pubblica. Il tempo entro cui emanare i provvedimenti d'urgenza dipende
così dall'oggetto del giudizio e dalla materia di volta in volta considerata: quanto più veloci sono le procedure, tanto più celere
ha da essere il rimedio.
Sono chiare le implicazioni insite in tale impostazione: l'esigenza del previo ricorso principale potrebbe impedire un'adeguata
tutela d'urgenza in relazione alla celerità delle procedure ad evidenza pubblica. Il risultato voluto dalla direttiva sarebbe
impedito dalla necessità di far precedere la richiesta di provvedimenti urgenti dal rituale esercizio dell'azione di merito (10).
È facile d'altra parte notare come la sentenza della Corte di Giustizia non possa (e non voglia) individuare, al di là dell'effetto
utile da garantire, i mezzi e gli strumenti legislativi a ciò più adeguati. Per questo motivo non si possono trarre dalla decisione
indicazioni precise sull'esigenza di rafforzamento della tutela cautelare o di introduzione di rimedi ante causam. Anzi,
dall'analisi che verrà condotta, sembra emergere l'inadeguatezza dello strumentario processuale "cautelare" rispetto ai risultati
che, secondo la Corte, la normativa di recepimento dovrebbe raggiungere.
2. Prima di procedere nella proposta interpretativa della decisione della Corte di Giustizia sul caso spagnolo, è opportuno
richiamare la posizione della Corte costituzionale in merito ai rimedi cautelari e d'urgenza previsti dalla disciplina processuale
1
in materia di "lavori pubblici".
In base ad una consolidata posizione, la nostra giurisprudenza costituzionale, non ammette, in linea di principio, alcuna forma
di riduzione o limitazione della tutela cautelare; dalla sussistenza di efficaci rimedi interinali dipende infatti l'effettività della
tutela così come garantita dalla Carta costituzionale (artt. 24 e 113, Cost.).
Tale orientamento si è sviluppato proprio nell'ambito della materia delle opere pubbliche in relazione ai tentativi legislativi di
incidere, in senso limitativo, sui rimedi cautelari. La questione, in particolare, veniva sollevata in riferimento al "rito
accelerato" (11) già previsto dall'art. 31-bis, comma 3, l. 109/1994 (oggi ripreso dalla legge 205/2000 (art. 23-bis, comma 1,
lett. b) che ne ha ampliato e precisato i confini (12)). Su questa disciplina, che riduce i termini processuali ed accelera la
definizione nel merito della controversia, la Consulta ha assunto una posizione articolata.
Per un verso, ha ritenuto che la riduzione dei termini non implichi, di per sé, modalità di esercizio dell'azione tali da rendere
eccessivamente oneroso il diritto di difesa. La definizione accelerata del merito, si afferma, può essere ammessa nella misura in
cui la relativa disciplina rispetti i valori processuali del contraddittorio e della sufficienza e completezza del quadro probatorio
(13).
In ordine alla tutela cautelare, invece, la Corte costituzionale precisa come l'accelerazione del rito in materia di opere pubbliche
non implichi affatto una limitazione dei poteri cautelari del giudice. In tal senso, sarebbe errata l'interpretazione in base alla
quale la legge, autorizzando una decisione anticipata del merito, per ciò stesso escluderebbe la possibilità di concedere una
misura cautelare. Al contrario, se il giudice dovesse ritenere il contraddittorio meritevole di integrazione, o che altri mezzi
istruttori debbano essere disposti, potrà rinviare il giudizio e pronunciarsi sulla domanda cautelare (14).
Le linee segnate dalla giurisprudenza costituzionale, pur costituendo un elemento sistematico di rilievo, non sembrano
intercettare direttamente le conclusioni della Corte di Giustizia sul caso spagnolo. Queste ultime, invero, insistono sulla
necessità di prevedere forme di tutela provvisoria urgente, lasciando impregiudicati i sistemi di accelerazione del rito e di
definizione anticipata della controversia (15).
E tuttavia, sia le indicazioni della Corte costituzionale sia quelle della Corte del Lussemburgo sembrano andare in
controtendenza rispetto ai più recenti sistemi di "anticipazione" della definizione nel merito della controversia (16). Entrambi
gli orientamenti paiono ribadire come qualsiasi metamorfosi della fase cautelare o accelerazione della decisione nel merito non
possa comportare un divieto per il giudice di adottare provvedimenti provvisori d'urgenza.
3. Seguendo la prospettiva metodologica e la chiave ermeneutica degli attori comunitari (Commissione, Avvocato generale e
Corte di Giustizia) potrebbe sembrare scarsamente proficua l'analisi svolta sulla base degli schemi classificatori di teoria
generale. La sentenza sul caso spagnolo non mette infatti in discussione le forme della tutela, la loro sistematica o
classificazione generale, ma semplicemente rileva che una determinata disciplina di recepimento non raggiunge il risultato
voluto dalla direttiva.
Appare tuttavia difficile comprendere a fondo il ragionamento della Corte di Giustizia senza svolgere le implicazioni di
sistema cui conducono gli affermati obblighi comunitari. In altri termini, altro è prendere atto delle conclusioni raggiunte dalla
Corte di Giustizia - che appaiono ineccepibili nella prospettiva entro cui si muove il procedimento d'infrazione - altro è
tradurre tali risultati sul piano del diritto interno in relazione alla disciplina vigente.
Si comprende allora come seguendo schemi di ragionamento di ordine giuridico-formale la soluzione al problema non appare
del tutto scontata. Basti considerare che il profilo di tensione tra la disciplina spagnola ed il diritto comunitario sembra attenere
all'autonomia del rimedio d'urgenza rispetto all'azione principale. In altri termini, nell'interpretazione della Corte, il corretto
recepimento della direttiva ricorsi (89/665) imporrebbe agli Stati membri di prevedere (per la materia dei pubblici appalti)
rimedi d'urgenza del tutto autonomi rispetto alla presentazione del ricorso principale (17).
Siffatta autonomia si realizza attraverso un complesso regime: sul piano strutturale il rimedio d'urgenza deve prescindere dalla
presentazione del ricorso principale; sul piano giuridico-formale il provvedimento provvisorio deve avere l'attitudine a definire
la questione controversa (18).
I dubbi sollevati dalla sentenza consistono dunque nella difficoltà di tradurre l'impostazione finalistica comunitaria (effetto
utile) nelle forme attraverso cui il legislatore interno costruisce il sistema della tutela giurisdizionale amministrativa ed il
regime dei diversi provvedimenti giurisdizionali. In questa prospettiva, sembra venire in discussione il confine logicosistematico tra tutela cautelare e tutela sommaria(19); e ciò sia sul piano dei presupposti di queste forme di tutela differenziata,
sia in ordine alla forma giuridica degli atti che le definiscono (20).
Invero, i principi generali insegnano che la tutela cautelare costituisce un rimedio volto ad evitare che la durata del processo
vada a scapito della parte che ha ragione (21). Attraverso la relativa domanda incidentale, il ricorrente intende prevenire o
ridurre il pregiudizio prodotto dalla durata del processo (periculum) in relazione ad una pretesa che appare, alla stregua di una
valutazione sommaria, legittima e fondata (fumus). Emerge dunque come il carattere strumentale (22) e accessorio sia
elemento caratterizzante gli effetti cautelari che, per il resto, non appaiono qualitativamente diversi da quelli di altri
provvedimenti giurisdizionali (23).
La tutela sommaria (non cautelare (24)), invece, consente al giudice di giungere velocemente alla definizione della lite sulla
base di una cognizione celere ed, eventualmente, incompleta (25).
Ed ancora, il rimedio processuale cautelare può anticipare, in via interinale, l'accoglimento del ricorso mentre il rito speciale
(sommario) ha l'attitudine a definire il giudizio eventualmente attraverso una decisione anticipata (riduzione dei termini, ecc.)
oppure assunta allo stato degli atti (26).
Sul piano dei presupposti, la principale differenza consiste nel fatto che il rimedio cautelare può essere concesso soltanto in
presenza di un periculum in mora per il ricorrente; la tutela sommaria viaggia invece su binari veloci, a prescindere dalla
sussistenza di una concreta situazione di pericolo grave ed irreparabile(27). In tal caso il legislatore stabilisce, a priori ed in via
generale, l'esigenza di celerità nella definizione del giudizio anche a costo di ridurre le garanzie riconnesse alla cognizione
piena. In altri termini, il procedimento sommario (non cautelare) procede celermente indipendentemente da una concreta
situazione di pericolo e non si caratterizza come rimedio accessorio e strumentale rispetto alla tutela a cognizione piena (28).
2
In linea di principio, tali forme di tutela si differenziano anche per il regime giuridico dell'atto che definisce la relativa
questione. Il provvedimento che concede la misura cautelare conserva efficacia soltanto per il tempo necessario alla
definizione del giudizio ed in ogni caso perde valore in caso di estinzione del processo. Al contrario, l'atto che conclude il
giudizio sommario, se non opposto, ha l'attitudine a regolare definitivamente la res litigiosa(29).
Per concludere ed in estrema sintesi, la cautela si distingue dalla cognizione sommaria: sul piano funzionale, per essere al
servizio della tutela principale (30); su quello giuridico-formale, per non avere l'attitudine a comporre definitivamente il
conflitto di interessi (31); ed infine, per avere come presupposto una situazione di periculum in mora.
4. Occorre tuttavia notare come il rapporto di strumentalità tra tutela cautelare e principale possa ispirarsi a diversi gradi di
condizionamento in relazione ai due profili che normalmente compongono l'esercizio dell'azione avanti al giudice
amministrativo (vocatio in ius ed editio actionis).
In un primo senso, si potrebbe immaginare un condizionamento "forte" (formale e sostanziale) tra ricorso cautelare ed azione
principale. La domanda incidentale sarebbe ammissibile soltanto dopo che il ricorso principale è stato ritualmente notificato e
il contraddittorio pienamente instaurato. Questo è il modello generale previsto dalla nostra legge processuale: la questione
cautelare viene affrontata nella prima camera di consiglio successiva al deposito del ricorso (già notificato): si presuppone
dunque una completa vocatio in ius, giusta instaurazione del contraddittorio (art. 21, comma 8, l. TAR) (32).
Tale soluzione potrebbe non essere soddisfacente sul piano della celerità dei rimedi d'urgenza in relazione alle controversie in
materia pubblici appalti, cui è rivolta l'attenzione dell'Istituzione comunitaria. Invero, il tempo necessario a fissare la camera di
consiglio, a seguito della regolare instaurazione del contraddittorio (notifica e deposito del ricorso), potrebbe risultare
eccessivamente lungo rispetto all'esigenza di bloccare, il prima possibile, la procedura svolta in violazione del diritto
comunitario.
Un secondo modello di condizionamento tra azione principale e incidente cautelare può essere definito "debole". In tal senso,
l'azione cautelare non risulta vincolata al compimento della vocatio in ius potendo essere decisa inaudita altera parte, prima
della completa instaurazione del contraddittorio.
Anche in questo caso, però, l'introduzione della istanza cautelare non può fare a meno, della editio actionis in relazione alla
domanda principale (33). Invero, pur potendo essere sacrificate le esigenze del contraddittorio, a vantaggio della celerità, non
si può prescindere dall'invocazione dell'intervento giudiziale in relazione alle pretese relative all'azione principale. Tale
condizionamento (debole) si riduce all'esigenza di far conoscere al giudice i termini della questione principale in relazione alla
quale si chiede la tutela (cautelare) strumentale (34).
A tale stregua, il giudice cautelare deve conoscere la domanda principale dovendo parametrare la misura interinale rispetto alla
eventuale sentenza di merito favorevole (35). In tal senso, l'istanza cautelare e il relativo provvedimento del giudice debbono
misurarsi sulle possibilità satisfattorie della sentenza di merito richiesta (36). La prospettazione della questione principale
appare dunque necessaria in relazione al principio della domanda cui si collega la regola della continenza.
Per questo motivo la tutela cautelare appare ontologicamente collegata alla (prospettazione della) questione principale. E ciò
anche nell'ipotesi in cui la relativa istanza possa essere proposta prima dell'instaurazione del giudizio a cognizione piena.
Anche in questo caso, infatti, la questione principale funge da parametro per stabilire il carattere della misura provvisoria in
relazione alla sentenza di merito richiesta, nonché, evidentemente, per valutare i presupposti del fumus boni iuris e del
periculum in mora(37).
A tale forma di condizionamento debole si ispira la disciplina che consente la presentazione dell'istanza cautelare ante causam,
autorizzando l'instaurazione differita del processo a cognizione piena (art. 669-octies, c.p.c.) (38).
Anche in questo caso il rimedio interinale non può dirsi autonomo; sotto il profilo contenutistico-sostanziale, l'istanza deve
infatti anticipare le richieste poste a base della domanda principale; sul piano giuridico-formale, il provvedimento cautelare
perde efficacia (art. 669-novies) se il procedimento di merito non viene iniziato nei termini, o se il processo si estingue (95).
A questo modello si avvicina il sistema del decreto presidenziale previsto dal comma 9, dell'art. 21, l. Tar, (come novellato
dalla l. 205/2000). In caso di estrema gravità ed urgenza(39), il Presidente può disporre, con decreto motivato ed anche in
assenza di contraddittorio, misure cautelari provvisorie (40).
Sembra difficile, nell'ambito di estensione logico-sistematica della "tutela cautelare", poter andare oltre nella prospettiva della
celerità e speditezza del rimedio, a ciò ostando i richiamati principi di strumentalità e continenza(41).
Si comprende allora come le caratteristiche generalmente riferite ai rimedi "cautelari" non sembrano coincidere con la tipologia
di tutela d'urgenza prefigurata dalla Corte del Lussemburgo. La Corte sembra infatti richiamare un provvedimento provvisorio
formalmente e sostanzialmente autonomo rispetto al ricorso di merito, che possa essere adottato a prescindere dal periculum in
mora, e che abbia l'attitudine (se non opposto) a risolvere definitivamente la questione controversa (42).
5. Sul piano della finalità perseguita tutela cautelare e tutela sommaria sembrano invece avvicinarsi notevolmente, sino a
confondersi (43). Proprio la speditezza del rimedio accomuna queste forme di tutela differenziata generalmente unificate nella
categoria della "tutela d'urgenza" (44). Celerità tout court per la tutela sommaria e celerità strumentale per la cautela. Non a
caso, ciò che accomuna tali procedimenti è la relativa superficialità della cognizione a vantaggio della prontezza della
decisione (provvisoria) (45).
Tale profilo viene sottolineato da chi rileva come la tutela cautelare ed i procedimenti sommari possano soddisfare la
medesima esigenza di effettività nella misura in cui tendono a neutralizzare i danni derivanti dalle lungaggini del processo a
cognizione piena (46).
Se dunque la direttiva 89/665 obbliga gli Stati membri in relazione allo scopo da raggiungere sarà indifferente per il diritto
comunitario se tale risultato verrà ottenuto mediante rimedi "cautelari" o, piuttosto, attraverso forme di tutela sommaria.
Ed è per questo che la Corte di Giustizia solo raramente fa riferimento alla "tutela cautelare" (47) parlando piuttosto di
"trattamento urgente" (48) delle controversie sugli atti relativi alle procedure di aggiudicazione ovvero di "procedura
d'urgenza" (49).
Anche il riferimento al carattere "provvisorio" dei provvedimenti urgenti non sembra decisivo in ordine alla qualificazione in
3
senso "cautelare" della tutela richiesta dalla direttiva "ricorsi".
Invero, com'è stato chiarito, anche il processo sommario (non cautelare) può condurre all'emanazione di provvedimenti
"provvisori" ma non "temporanei" (50). Ciò significa che l'atto provvisorio può consolidarsi negli effetti, divenendo definitivo,
tutte le volte in cui la parte interessata a chiedere la cognizione piena rimane inattiva (51). Per questo motivo, come
autorevolmente affermato, il provvedimento sommario è un «provvedimento provvisorio che aspira a diventare definitivo: esso
sorge provvisorio, nella speranza di perdere ....questo suo carattere [...] e di diventare così [...] il provvedimento che definisce
irrevocabilmente il merito» (52).
Tali autorevoli riferimenti, ampiamente condivisi in dottrina, alimentano il dubbio che il recepimento della direttiva ricorsi
debba passare, nella prospettiva della Corte di Giustizia, non soltanto da una riforma della cautela - nel senso di renderla più
celere ed efficiente - ma anche (e soprattutto) attraverso la previsione di un "rito speciale autonomo" a cognizione sommaria
(53). Le spinte comunitarie, in definitiva, volgono verso il superamento dei confini funzionali della tutela sommaria cautelare
richiamando il regime giuridico della tutela sommaria tout court(54).
Sembra venire in considerazione quel modello, che una recente autorevole dottrina qualifica come «processo incidentale
sommario»: in esso la fase a cognizione (sommaria) si conclude con un provvedimento che, in assenza di contestazione,
fornisce la regolamentazione della situazione controversa (55).
6. L'esigenza di una tutela cautelare ante causam è stata più volte segnalata da giudici amministrativi di prime cure; in tal
senso, si è provato ad inaugurare orientamenti volti ad applicare gli artt. 669-bis e ss. c.p.c. nel sistema della giustizia
amministrativa. La possibilità di una misura cautelare assunta dal Presidente inaudita altera parte è stata giustificata in vario
modo: richiamando ora gli artt. 24 e 113 Cost., ora la sentenza della Corte Cost. n. 190 del 1985, ora la direttiva comunitaria
89/665 (c.d. "ricorsi"), nonché, infine, gli artt. 6 e 13 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo (56).
Nell'annullare queste ordinanze, il Consiglio di Stato affermava, invece, che l'azione cautelare ex art. 700 c.p.c. non poteva
essere utilizzata avanti al giudice amministrativo; quest'ultimo potrebbe soltanto emanare provvedimenti urgenti ai sensi
dell'art. 21 della legge TAR. Tale disciplina, continua il Consiglio di Stato, sembra, in ogni caso, soddisfare le esigenze di una
tutela cautelare celere ed efficace (57).
A fronte della posizione assunta dal Consiglio di Stato, il Tar Lombardia sollevava questione di legittimità costituzionale
immaginando la contrarietà della disciplina processuale amministrativa agli artt. 24 e 113 della Costituzione (58).
La Consulta, con ordinanza del 15 novembre 2000, rimetteva gli atti al giudice a quo chiedendo di rivalutare la questione alla
luce della nuova disciplina sulla tutela cautelare (art. 21, l. Tar come novellato dalla l. n. 205/2000) (59). Ed in effetti, la nuova
legge codificava il potere del presidente del collegio di emanare un provvedimento d'urgenza - inaudita altera parte - da
sottoporre al Collegio nella prima camera di consiglio utile (60).
Nonostante la motivata rimessione, il TAR Lombardia, risollevava la questione di costituzionalità anche con riferimento alla
nuova disciplina (61). Si lamentava, in particolare, la persistente mancanza di una forma di tutela cautelare ante causam così
come prevista dall'art. 669-ter c.p.c. (62). Ciò, alimenta, nella prospettazione del giudice lombardo, i dubbi di contrarietà di tale
disciplina agli artt. 24 e 113 della Costituzione, agli artt. 6 e 13 della CEDU, nonché alla direttiva comunitaria 89/665.
Ritornando sulla materia, la Corte ha dichiarato la manifesta infondatezza della questione (63). Rientra nella discrezionalità del
legislatore, si afferma, l'adozione di norme processuali differenziate in relazione alle diverse giurisdizioni e materie. Il
legislatore del processo amministrativo, in altre parole, non sarebbe tenuto a prevedere regole uniformi rispetto al processo
civile dal momento che sussistono fondamentali ragioni che giustificano «la pluralità di giurisdizioni, le diversità processuali e
le differenze delle tipologie dei riti speciali» (64). Sul piano della effettività della tutela la Corte constata, infine, che il sistema
predisposto dal legislatore del 2000 appare sufficientemente efficace proprio in virtù della possibilità di ottenere un decreto
presidenziale d'urgenza; quest'ultimo presuppone infatti solo la proposizione del ricorso anche non completato con la prova
delle notifiche.
In termini analoghi, il Tar Lombardia si è rivolto alla Corte di Giustizia delle Comunità europee chiedendo una ulteriore
valutazione in ordine alla compatibilità della nuova disciplina sulla tutela cautelare (l. 205/2000) con le prescrizioni della
direttiva "ricorsi" (65).
La dottrina, d'altra parte, sottolinea le differenze che sussistono tra il modello della ordinanza presidenziale (ex art. 21, comma
9, l. 1034/1971) e quello civilistico della tutela cautelare ante causam (art. 669-ter, c.p.c.) (66). Come più volte ricordato,
l'istanza volta ad ottenere il decreto deve essere infatti notificata alle controparti (67), laddove, nel rito civile il provvedimento
d'urgenza può essere chiesto prima della notifica della citazione (68).
Dalla lettura sistematica delle disposizioni amministrative, la dottrina concordemente conclude nel senso di ritenere che la
domanda volta ad ottenere i provvedimenti presidenziali d'urgenza, debba essere presentata contestualmente o successivamente
alla richiesta cautelare ed al ricorso principale; la medesima istanza deve essere dunque notificata alle controparti. Ed in ciò il
modello amministrativo si discosta dalla normativa processualcivilistica sulla cautela ante causam(96).
La disciplina amministrativa prevede infatti che il Presidente possa provvedere «anche in assenza di contraddittorio»; ciò
significa che rimane nella sua discrezionalità la possibilità di convocare le parti interessate o, piuttosto, di decidere inaudita
altera parte(69).
In giurisprudenza non è tuttavia mancata un'ulteriore proposta interpretativa che ammette la richiesta di provvedimenti
urgentissimi anche prima della notifica del ricorso. Nell'aderire a questo orientamento, si sottolinea come l'inciso "anche in
assenza di contraddittorio" (art. 21, comma 9, l. Tar) possa essere interpretato nel senso di una possibile deroga, caso per caso,
all'onere della previa notifica del ricorso (70). In tal senso, il presidente potrebbe ammettere un'istanza di provvedimento
monocratico a prescindere dalla notifica alle controparti dei ricorsi (principale e cautelare).
7. Alla luce delle considerazioni svolte, sembra doversi ritenere che la sentenza della Corte di Giustizia sul caso spagnolo vada
inquadrata in una prospettiva, almeno in parte, diversa dalla semplice esigenza di una tutela cautelare "ante causam".
La pronuncia, come osservato, non richiama specificamente questo istituto né si limita ad affermare semplici esigenze di
celerità dei ricorsi in materia di appalti pubblici; essa impone rimedi d'urgenza autonomi: non strumentali alla tutela principale
4
né collegati ad uno specifico periculum in mora.
Le innovazioni normative richiamate (l. 205/2000), al contrario, pur rispondendo grandemente (ed efficacemente) ad esigenze
di celerità ed efficacia della tutela, sembrano tuttavia confermarne il carattere strumentale del rimedio cautelare urgente (71).
Non viene infatti invertito il rapporto regola-eccezione in base al quale occorre instaurare il contraddittorio prima della
presentazione del ricorso cautelare incidentale (72).
In sintesi, dalla lettera dell'art. 21, L. Tar, si evince come la richiesta di provvedimenti urgentissimi venga configurata dal
legislatore come domanda di "anticipazione" della questione cautelare giustificata da motivi di "estrema gravità ed urgenza";
tale istanza non può prescindere dalla presentazione del ricorso cautelare (di cui si chiede l'anticipazione), dall'instaurazione
della causa principale (73) e dalla valutazione in ordine alla non manifesta infondatezza del ricorso ed al pericolo di
pregiudizio grave ed irreparabile.
Tale sistema potrebbe ancora non soddisfare le istanze che provengono dalle Istituzioni comunitarie. Nella sentenza sul caso
spagnolo, la Corte ha infatti ribadito come l'adozione dei provvedimenti provvisori debba essere incondizionata rispetto alla
proposizione del ricorso principale e debba poter essere richiesta autonomamente(74).
D'altra parte, la Corte di Giustizia immagina un provvedimento provvisorio che abbia l'attitudine, se non impugnato, a definire
la questione controversa. Non sarebbe dunque compatibile con il diritto comunitario (dir. 89/665) la comminazione di
decadenza del decreto d'urgenza, in caso di mancata proposizione, nei termini, del ricorso principale (75). Così facendo si
giunge ad evidenziare l'ulteriore, ma connesso, profilo attinente al regime giuridico del decreto presidenziale. Nell'ottica della
tutela d'urgenza, così come configurata dalla Corte di Giustizia nella materia dei pubblici appalti di rilevanza comunitaria, tale
atto dovrebbe avere l'attitudine, se non opposto, a definire l'assetto di interessi controverso, salva la possibilità di
contestazione.
Si richiama in tal modo una forma di tutela che può dirsi provvisoria ma non cautelare(76). Regime, questo, che si rinviene
nella disciplina processualcivilistica delle ordinanze e dei decreti che conservano efficacia anche in caso di estinzione del
processo (artt. 186-bis e ter, in materia di pagamento di somme non contestate; artt. 633 e ss., c.p.c., in materia di decreto
ingiuntivo).
Anche questo modello trova puntuale riscontro nella novella della legge 205/2000 che ha introdotto nel processo
amministrativo il procedimento d'ingiunzione (artt. 633, c.p.c.) e le ordinanze provvisionali al pagamento di somme non
contestate (artt. 186-bis e ter, c.p.c.) (77). Soprattutto il procedimento per decreto ingiuntivo appare caratterizzato da un regime
complessivo analogo a quello cui la Corte del Lussemburgo sembra fare riferimento per i ricorsi in materia di appalti pubblici:
il giudice, adito mediante ricorso, può pronunciarsi, inaudita altera parte, con un decreto (provvisoriamente esecutivo) che
rimane efficace in caso di mancata opposizione.
E tuttavia, tale disciplina riguarda soltanto le pretese a contenuto patrimoniale (art. 8, comma 1, l. 205/2000) e non può avere
ad oggetto gli atti amministrativi afferenti alle procedure ad evidenza pubblica. De iure condito, il procedimento speciale per
decreto ingiuntivo non può dunque essere utilizzato per ottenere dal giudice amministrativo provvedimenti a contenuto
"costitutivo" (sospensione di un bando o di un provvedimento amministrativo) o ordinatorio (c.d. ammissione con riserva)
nella materia dei pubblici appalti.
Più pertinente, da questo punto di vista, appare il richiamo al procedimento sommario in materia di repressione delle condotte
antisindacali della pubblica amministrazione, per il caso di comportamenti plurioffensivi (art. 6, l. 146/90 (78)) (79). Tale rito ormai abrogato (80) - si articolava in due fasi: la prima (necessaria) si concludeva con un decreto motivato adottato entro due
giorni, «convocate le parti ed assunte sommarie informazioni» (art. 28, comma 1, l. 300/700). Il decreto, provvisoriamente
esecutivo, diveniva definitivo se non opposto dagli interessati entro quindici giorni dalla sua comunicazione (art. 28, comma 7,
l. 300/700). La legge prevedeva dunque la possibilità che il provvedimento provvisorio, assunto a seguito di una cognizione
sommaria, chiudesse definitivamente la lite nella misura in cui gli interessati non intendevano opporvisi (81). Ciò, nonostante
il contenuto inibitorio (ordine di cessazione del comportamento) e l'effetto annullatorio (o sospensivo) dello stesso.
Il regime del provvedimento "monitorio" per la repressione della condotta antisindacale sembra incarnare l'ipotesi
interpretativa della Corte di Giustizia in merito al corretto recepimento della direttiva "ricorsi". Tutti gli elementi rilevanti
convergono in tal senso: il brevissimo tempo per ottenere il provvedimento (due giorni), il carattere sommario dell'istruttoria, il
contenuto del decreto d'urgenza (ordine-annullamento) ed il suo regime giuridico (ultraattività).
In mancanza di un modello positivo del genere, per la materia degli appalti pubblici, la giurisprudenza si è progressivamente
avvicinata a questo risultato utilizzando il sistema della tutela cautelare ed attenuando i profili che maggiormente la
differenziano dalle forme di rito sommario (o accelerato). Da quest'ultimo punto di vista, basti considerare come, non di rado,
il combinarsi degli effetti della misura (c.d. "cautelare") interinale, in uno con l'azione amministrativa extragiudiziale, finiscano
per produrre effetti giuridici stabili facendo venir meno l'interesse del ricorrente alla prosecuzione della causa principale.
Ed a dimostrazione del carattere solo nominalmente cautelare di questi rimedi, va richiamata la circostanza per cui proprio
attraverso "misure interinali innominate" il ricorrente ottiene talvolta un risultato maggiormente satisfattivo della eventuale
sentenza di merito favorevole; viene meno, evidentemente, anche il principio della continenza delle misure cautelari (82).
Ma nella stessa direzione evolutiva spingono, come autorevolmente osservato, gli ordinamenti processuali allorquando, nel
tipizzare la tutela d'urgenza, finiscono col superare, più o meno consapevolmente, i confini funzionali della tutela cautelare
(83).
8. L'analisi svolta ha provato ad evidenziare come le censure della Corte di Giustizia spingano verso una difficile conciliazione
tra il principio di strumentalità e continenza dell'azione processuale cautelare e l'esigenza di provvedimenti urgenti celeri,
efficaci nonché formalmente e sostanzialmente autonomi rispetto alla presentazione del ricorso principale.
Occorre tuttavia sottolineare come il diritto comunitario non imponga un sistema di tutela giurisdizionale ma semplicemente
esiga, per la materia degli appalti pubblici, procedure contenziose (anche amministrative) in grado di garantire l'effettività delle
situazioni giuridiche di matrice comunitaria (84)(85). La direttiva ricorsi (89/665), in altri termini, non prevede soltanto la
soluzione giurisdizionale della questione urgente ma ammette anche ricorsi amministrativi celeri ed efficaci (art. 2, comma 8,
5
dir. 89/665 CEE). In tal senso, com'è stato notato, spetta ai singoli Stati decidere se adeguare la disciplina giurisdizionale del
processo o se prevedere adeguati ricorsi amministrativi (86).
Proprio nella direzione di un rafforzamento degli strumenti amministrativo-contenziosi spingeva la Comunicazione della
Commissione su "Gli appalti pubblici nell'Unione europea". L'esecutivo di Bruxelles, nel sottolineare l'esigenza di uniforme ed
efficace applicazione del diritto comunitario, auspicava, in applicazione del principio di sussidiarietà, «la designazione di
Autorità indipendenti destinate ad essere incaricate di trattare la larga maggioranza dei casi litigiosi» (87). Tali Autorità, anche
in virtù della loro specializzazione, dovrebbero risolvere i più importanti problemi interpretativi in materia nonché trattare i
casi controversi attraverso una «risoluzione rapida e informale dei problemi d'accesso agli appalti» (88).
Alcuni paesi europei hanno recepito la direttiva ricorsi rafforzando i procedimenti amministrativi contenziosi (89): così ad
esempio la Germania, ha istituito la Vergabeüberwachungsausschuß des Bundes(90) che può essere adita per risolvere una lite
secondo diritto: il collegio valuta le decisioni degli organi di controllo ed ordina la riforma dei provvedimenti illegittimi (91).
Anche l'Austria ha istituito un organismo indipendente (weisungsfreie Kollegialbehörde), il Bundesvergabeamt, dotato di
analoghe competenze. L'"Ufficio federale delle aggiudicazioni" - su istanza di parte - può annullare gli atti illegittimi dell'ente
appaltante nonché emanare provvedimenti cautelari (92).
Diversa è stata la scelta del nostro legislatore. La direttiva "ricorsi" veniva recepita adeguando la disciplina del processo
amministrativo alle relative prescrizioni (l. 142/92). L'Autorità di Vigilanza sui lavori pubblici (93), d'altra parte, non veniva
dotata di competenze contenziose di guisa da non poter esser adita per la risoluzione di una lite secondo diritto. Rimane, nella
materia dei lavori pubblici, un favor legislativo per la giurisdizione e per l'arbitrato piuttosto che per strumenti amministrativocontenziosi di risoluzione delle liti (l. 109/94) (94).
(1) C. giust. CE, Sez. VI, 15 maggio 2003, C-214/00, Regno di Spagna, pubblicata sopra.
(2) Sull'incidenza del diritto comunitario in materia di tutela giurisdizionale amministrativa, cfr. M.P. Chiti, L'effettività della
tutela giurisdizionale tra riforme nazionali e influenza del diritto comunitario, in questa Rivista, 1998, 503 e ss., che ricorda, tra
l'altro, le diverse posizioni assunte dall'Istituzione comunitaria nei diversi periodi storici. Una svolta in tal senso, si rinviene,
ricorda l'A., nelle sentenze C. Giust. CE, 15 maggio 1986, causa n. C-222/84 e C. Giust. CE, 15 ottobre 1987, causa n. C222/86, in Riv. ital. dir. lav., 1988, II, 96, con le quali si considera principio generale il diritto ad un ricorso giurisdizionale
effettivo. Così la Corte di Giustizia, ricorda ancora l'A., ha potuto progressivamente verificare vari aspetti della disciplina
processuale nazionale, «plasmandone gli istituti maggiori». Per un inquadramento generale del tema, G. Greco, L'effettività
della Giustizia amministrativa italiana nel quadro del diritto europeo, in Riv. ital. dir. pubbl. comunt., 1998, 797.
La dottrina si è posta il dubbio se il legislatore comunitario, con la direttiva "ricorsi", abbia contraddetto il principio generale
che vede gli Stati membri responsabili dell'applicazione e dell'esecuzione del diritto comunitario e che esclude la possibilità
per la Comunità di emanare norme processuali; in senso contrario, cfr. Corte Giust. CE, 16 dicembre 1976, causa 45/76, in
Racc., 1976, 2043 e spec. 2052 e 2053. Rientra nell'autonomia degli Stati membri la designazione delle giurisdizioni
competenti a conoscere le liti prodotte dalla violazione del diritto comunitario purché le modalità e i termini della tutela
previsti dal diritto nazionale non siano «meno favorevoli di quelle relative ad analoghe azioni del sistema processuale
nazionale» e purché tali modalità e termini non rendano «in pratica, impossibile l'esercizio dei diritti che i giudici nazionali
sono tenuti a tutelare.». Cfr. altresì Corte Giust. CE, 6 giugno 1972, causa 94/71, in Racc., 1972, 319. Sul punto, cfr. A.
Masucci, La lunga marcia della Corte di Lussemburgo verso una «tutela cautelare europea», in Riv. ital. dir. pubbl. comun.,
1996, 1158, che rileva come gli Stati membri debbano subire nel diritto processuale le incursioni compiute dalla Corte di
Giustizia a garanzia del principio della effettività del diritto comunitario.
(3) C. giust. CE, Sez. VI, 15 maggio 2003, C-214/00, Regno di Spagna, punto 82.
(4) C. giust. CE, Sez. VI, 15 maggio 2003, C-214/00, Regno di Spagna, punto 100.
(5) Art. 2, n. 1, Dir. 89/665, del 21 dicembre 1989: «Gli Stati membri fanno sì che i provvedimenti presi ai fini dei ricorsi di
cui all'articolo 1 prevedano i poteri che permettano di: a) prendere con la massima sollecitudine e con procedura d'urgenza
provvedimenti provvisori intesi a riparare la violazione o impedire che altri danni siano causati agli interessi coinvolti,
compresi i provvedimenti intesi a sospendere o a far sospendere la procedura di aggiudicazione pubblica di un appalto o
l'esecuzione di qualsiasi decisione presa dalle autorità aggiudicatrici».
(6) Corte Giust. 19 settembre 1996, causa C-236/95, Repubblica Ellenica, punto 11, in questa Rivista, 1997, 381, con nota di
A. Scognamiglio, Ancora un intervento dalla Corte di giustizia in tema di tutela cautelare, ivi, 384; per una ricognizione della
giurisprudenza comunitaria in materia di tutela cautelare, sino al 1997, E. Chiti, Giudizio cautelare ed innovazioni comunitarie,
in Giorn. dir. amm., 1997, 1085 e ss.
(7) Art. 249, comma 3, Tr. CE: «La direttiva vincola lo Stato membro cui è rivolta per quanto riguarda il risultato da
raggiungere, salva restando la competenza degli organi nazionali in merito alla forma e ai mezzi».
In materia di tutela cautelare la Corte di Giustizia utilizza ampiamente il principio dell'effetto utile; cfr. in tal senso Corte
Giust. CE, 19 giugno 1990, (in causa C. n. 213/89), Factortame, punto 22, in questa Rivista, 1991, 255, con nota di Consolo,
Fondamento "comunitario" della giurisdizione cautelare, ivi, 261; nella sentenza si afferma che il sistema dell'art. 177 Tr. CE
sarebbe privato del suo effetto utile qualora il giudice nazionale, allo scopo di garantire la piena efficacia della pronuncia
giurisdizionale sull'esistenza di diritti comunitari, non potesse emanare provvedimenti provvisori anche disapplicando la norma
interna che osti alla concessione degli stessi; sulla giurisprudenza della Corte di Giustizia in materia di tutela cautelare
amministrativa, E. Picozza, Processo amministrativo e diritto comunitario, Padova, 1997, 100 e ss.; cfr. altresì R. Caranta,
Giustizia amministrativa e diritto comunitario, Napoli, 1992, 464 e ss.; M.P. Chiti, L'effettività della tutela giurisdizionale tra
riforme nazionali e influenza del diritto comunitario, cit., 510 e ss.
Un'importante applicazione del principio dell'effetto utile si rinviene, da ultimo, in C. giust. CE, Sez. VI - 27 febbraio 2003, C327/00, Unità Socio Sanitaria Locale n. 42 di Pavia, in Foro amm., 2003, 419, dove è stata affermata la possibilità di
disapplicare le norme nazionali che, decorso il termine di decadenza, non consentono di censurare la contrarietà di un bando di
gara al diritto comunitario.
6
(8) C. giust. CE, Sez. VI, 15 maggio 2003, C-214/00, Regno di Spagna, cit., punto 49.
(9) In ordine a tali esigenze si esprime anche il terzo "considerando" della direttiva ricorsi: "l'apertura degli appalti pubblici
alla concorrenza comunitaria rende necessario un aumento notevole delle garanzie di trasparenza e di non discriminazione e
che occorre, affinché essa sia seguita da effetti concreti, che esistano mezzi di ricorso efficaci e rapidi in caso di violazione del
diritto comunitario in materia di appalti pubblici o delle norme nazionali che recepiscano tale diritto" (corsivo aggiunto). Cfr.
altresì, Commissione europea, Libro verde su " Gli appalti pubblici nell'Unione europea" (Comunicazione del 27 novembre
1996), par. 3.34. Sempre più spesso le analisi economiche mettono in rilievo come l'efficienza dei sistemi di tutela
giurisdizionale e la durata dei processi vengano valutati dalle imprese in termini di costi.
(10) C. giust. CE, Sez. VI, 15 maggio 2003, C-214/00, Regno di Spagna, punti 95 e ss.
(11) Sul punto cfr. S. Menchini, Processo amministrativo e tutele giurisdizionali differenziate, in questa Rivista, 1999, 952, il
quale distingue tra "rito accelerato" (allora previsto dai commi 3, 4, 5, e 6 dell'art. 19 del d.l. 25 marzo 1997, n. 67) e "rito
abbreviato" (allora previsto dal comma 2 dell'art. 19 cit.); cfr. altresì M. Andreis, Art. 21 l. Tar (6 dicembre 1971, 1034), in
Commentario alle leggi sulla giustizia amministrativa, a cura di A. Romano, Padova, 2002, 754 e s.
(12) Sull'ambito di estensione della nuova disciplina, D. Vaiano, L'accelerazione dei tempi processuali, in Trattato di diritto
amministrativo, a cura di S. Cassese, Diritto amministrativo speciale, appendice al Tomo 5, La riforma del processo
amministrativo, Milano, 2001, 24 e ss. A. Bartolini, Il rito speciale per i «settori sensibili», in Il processo davanti al giudice
amministrativo, commento sistematico alla legge n. 205/2000, a cura di B. Sassani e R. Villata, Torino, 2001, 190 e ss.
(13) Corte cost., 10 novembre 1999, n. 427, Foro amm., 2000, 741; nello stesso senso, in dottrina, A. Travi, Dubbi sulla
legittimità del giudizio abbreviato in materia di opere pubbliche, in Urb. e appalti, 1998, 950 e ss., che distingue tra «giudizio
abbreviato» e «giudizio affrettato».
(14) Corte cost., 10 novembre 1999, n. 427, cit., 740; Corte cost., 16 luglio 1996, n. 249, in Riv. trim. appalti, 1996, 285:
«L'art. 31 bis comma 3 l. 11 febbraio 1994 n. 109 deve interpretarsi nel senso che l'istanza dell'amministrazione resistente o dei
controinteressati di sollecita decisione nel merito dei giudizi amministrativi in materia di lavori pubblici, nei quali sia stata
invocata la sospensione della esecuzione dei provvedimenti impugnati, non elimina il potere cautelare del giudice che, in
presenza delle condizioni di legge, può pur sempre disporre la domandata sospensione»; cfr. altresì la nota di S. Nicodemo,
L'effettività della tutela giurisdizionale nelle gare per l'affidamento delle opere pubbliche, ivi, 294; cfr. altresì, Corte cost., 17
dicembre 1987, n. 550, in Giur. cost., 1987, 3485.
(15) Cfr. D. Vaiano, L'accelerazione dei tempi processuali, cit., 22 e ss.
(16) Sul punto, M. Andreis, Art. 21 l. Tar (6 dicembre 1971, 1034), cit., 754 e s.
(17) Tale ragionamento è chiaramente esplicitato nelle Conclusioni dell'Avvocato Generale Philippe Léger, presentate il 13
giugno 2002 per la causa C-214/00, Regno di Spagna, punto 102: «ritengo che dal tenore letterale degli artt. 1, n. 1, e 2, n. 1,
della direttiva ricorsi, dall'obiettivo di tale direttiva e dalla giurisprudenza della Corte risulti che i provvedimenti cautelari non
possono essere considerati accessori ad un ricorso di merito, ma costituiscono provvedimenti che devono poter essere adottati
in maniera autonoma ».
(18) Come si avrà modo di ribadire, tale condizione non corrisponde a quanto generalmente affermato dalla nostra
giurisprudenza con riguardo alla tutela cautelare, cfr. in tal senso, Cons. St., Ad. pl., 5 settembre 1984 n. 17, in Giur. it., 1985,
III, I, 206: «il giudizio cautelare può avere vita processuale autonoma, ma non produce utilità sostanziali diverse o superiori
rispetto a quelle che le decisioni di merito può procurare alla parte»; l'Ad. plenaria sostiene dunque l'autonomia processuale del
provvedimento cautelare che invece rimane accessorio e strumentale sul piano sostanziale.
(19) M. Andreis, Tutela sommaria e tutela cautelare nel processo amministrativo, Milano, 1996, 77 e ss.
(20) Sulla distinzione tra «azione cautelare», «processo cautelare» e «provvedimento cautelare», cfr. P. Calamandrei,
Introduzione allo studio sistematico dei provvedimenti cautelari, in Opere giuridiche, vol. IX, a cura di M. Cappelletti, Napoli,
1965, 163 e ss.; sulle forme di tutela differenziata nel processo amministrativo, cfr. M. Andreis, Art. 21 l. Tar (6 dicembre
1971, 1034), cit., 749, il quale distingue anzitutto tra «forme differenziate di tutela incidentale» (cautelare e non) e «veri e
propri riti speciali autonomi».
(21) Alberto Romano, Tutela cautelare nel processo amministrativo e giurisdizione di merito, in Foro it., 1985, I, 2492, che
richiama l'insegnamento chiovendiano secondo cui: «la necessità di servirsi del processo per ottenere ragione, non deve tornare
a danno di chi ha ragione». Sulla funzione cautelare come «conservazione», G. Chiovenda, Istituzioni di diritto processuale
civile, II ed., vol. I, Napoli, 1960, 235; per il superamento della prospettiva "conservativa", P. Calamandrei, Introduzione allo
studio sistematico dei provvedimenti cautelari, cit., 179: «quando si attende che il futuro provvedimento principale costituisca
nuovi rapporti giuridici ovvero ordini misure innovative del mondo esterno, il provvedimento cautelare... deve tendere non già
a conservare lo stato di fatto esistente, ma ad operare, in via provvisoria e anticipata, quegli effetti costitutivi e innovativi, che
potrebbero diventare se, differiti, inefficaci o inattuabili».
A. Proto Pisani, Procedimenti cautelari, in Enc. giur., vol. XXIV, Roma, 1991, 3.
(22) Sulla strumentalità cfr. A. Travi, Art. 21, Sez. VI, in Commentario alle leggi sulla giustizia amministrativa, a cura di A.
Romano, cit., 770, che parla di «rapporto di servizio rispetto al provvedimento definitivo», sottolinea l'A. come proprio il
carattere della strumentalità costituisca l'elemento distintivo tra tutela cautelare e tutela sommaria.
(23) P. Calamandrei, Introduzione allo studio sistematico dei provvedimenti cautelari, cit., 165 e s.; A. Travi, Art. 21, Sez. VI,
cit., 771 il quale rileva come, nel giudizio amministrativo, la strumentalità del provvedimento cautelare non viene intesa in
senso strutturale come "continenza" ma in senso funzionale con riferimento al suo scopo in relazione alla tutela definitiva.
(24) Viene indicata come "tutela sommaria" la "tutela sommaria non cautelare".
(25) Sulla distinzione tra tutela cautelare e tutela sommaria (non cautelare), L. Montesano, Luci ed ombre in leggi e proposte di
«tutele differenziate» nei processi civili, in Riv. dir. proc., 1979, 593; cfr. sul punto, S. Menchini, Processo amministrativo e
tutele giurisdizionali differenziate, cit., 952, il quale distingue tra "riti speciali semplificati" (a cognizione sommaria) e "riti
7
speciali a cognizione piena ed esauriente"; A. Travi, Art. 21, Sez. VI, cit., 770, che considera la interinalità come inidoneità del
provvedimento cautelare «a dettare una soluzione definitiva della controversia».
(26) Cfr. ancora, L. Montesano, Luci ed ombre in leggi e proposte di «tutele differenziate» nei processi civili, in Riv. dir. proc.,
1979, 593.
(27) Cfr. in tal senso, Cons. Stato, Sez. VI, ord. 22 gennaio 2002, n. 397, in Foro amm., 2002, fasc. 2., con commento di G.
Mazzei, Tutela cautelare e tutela sommaria anticipatoria nella l. n. 205 del 2000, ivi, che sottolinea come l'accesso alla tutela
cautelare, pur in mancanza dei presupposti per l'accesso alla tutela sommaria, richieda la sussistenza del c.d. del periculum in
mora.
(28) P. Calamandrei, Introduzione allo studio sistematico dei provvedimenti cautelari, cit., 175: «questo rapporto di
strumentalità... che lega immancabilmente ogni provvedimento cautelare al provvedimento definitivo in previsione del quale
esso è emanato, è il carattere che più nettamente distingue il provvedimento cautelare dal cosiddetto accertamento con
prevalente funzione esecutiva»; sul concetto di strumentalità, cfr. altresì E. Follieri, Strumentalità ed efficacia «ex tunc»
dell'ordinanza di sospensione, in Giur. it., 1985, III, I, 199, 200 e 204.
(29) Non mancano tuttavia eccezioni. La legge può prevedere che il provvedimento cautelare conservi la sua efficacia anche in
caso di estinzione del processo. Contro il risultato della cognizione sommaria, d'altra parte, può opporsi la controparte che
chieda al giudice di aprire un ulteriore fase a cognizione piena.
(30) In tal senso, cfr. già Cons. St., Ad. pl., 5 settembre 1984 n. 17, in Giur. it., 1985, III, I, 196, con nota di E. Follieri,
Strumentalità ed efficacia «ex tunc» dell'ordinanza di sospensione, cit.; l'Ad. Plenaria rileva come il giudizio cautelare «per
così dire si muova negli stessi binari del giudizio principale, essendo diretto a cristallizzare o modificare la situazione reale in
funzione esclusiva dell'eseguibilità della decisione di merito di là da venire»; analogamente, Cons. Stato, Sez. IV, 27 marzo
1995, in Foro amm., 1995, 581: «Nel giudizio amministrativo, l'ordinanza di sospensione del provvedimento impugnato ha
funzione cautelare e carattere strumentale rispetto alla decisione finale; essa è diretta alla temporanea salvaguardia della
posizione del ricorrente, onde consentirgli - qualora risultasse vincitore nel merito - di trarre l'utilità sostanziale offerta dalla
decisione, producendo utilità omogenee e comunque non superiori rispetto a quelle che la sentenza può procurare; pertanto, gli
effetti della ordinanza di sospensione sono comunque destinati a cessare con l'emanazione della sentenza che definisce il
giudizio».
(31) G. Arieta, I provvedimenti d'urgenza ex art. 700 c.p.c., Padova, 1985, 50 e ss.
(32) Sul punto, cfr. N. Saitta, I provvedimenti monocratici nel processo amministrativo ed altri saggi sulla nuova giurisdizione,
Milano, 2002, 49 e ss.
(33) Cons. Stato, Ad. gen., 8 febbraio 1990, n. 16, in Foro amm., 1990, 270.
(34) F. F. Tuccari, Considerazioni sulla tutela preventiva nel processo amministrativo, in questa Rivista, 1999, 873 e 889.
(35) Cfr. F. Tommaseo, Provvedimenti di urgenza, in Enc. dir., XXXVII, Milano, 1988, 859.
(36) Cons. St., Ad. pl., 5 settembre 1984 n. 17, cit., 206: «L'assunto secondo cui l'area coperta dalla tutela cautelare non può
essere più estesa di quella che la decisione conclusiva del giudizio di merito possa di per sé assicurare è già implicito nella
costruzione teorica dell'istituto cautelare nel processo amministrativo», per una ricostruzione in parte diversa, E. Follieri,
Strumentalità ed efficacia «ex tunc» dell'ordinanza di sospensione, cit., 199.
Cfr. altresì, F. F. Tuccari, Considerazioni sulla tutela preventiva nel processo amministrativo, cit., 889.
(37) Sarebbe perciò nulla, ovvero inammissibile, la domanda cautelare, che non contenga l'indicazione, anche implicita, della
questione di merito: cfr., ex multis, Trib. Modena, 16 giugno 1999, in Giur. di merito, 1999, 964; Trib. Trieste, 24 luglio 1999,
in Giust. civ., 2000, I, 1851.
(38) L'Unione europea non prevede la tutela cautelare ante causam contro gli atti delle Istituzioni comunitarie, sul punto, cfr.
M.P. Chiti, L'effettività della tutela giurisdizionale tra riforme nazionali e influenza del diritto comunitario, cit., 509.
(39) Sul punto, F. Cintioli, Osservazioni sul nuovo processo cautelare amministrativo, in Urb. e appalti, 2001, 243.
(40) Verranno esaminati avanti i dubbi espressi dalla dottrina in ordine alla possibile qualificazione del decreto presidenziale di
cui all'articolo 21, comma 9, l. 1034/1971, come tutela cautelare ante causam.
(41) In tal senso, S. Satta - C. Punzi, Diritto processuale civile, Padova, 2000, 780: «il procedimento cautelare, reso sulla base
di una valutazione meramente probabilistica dell'esistenza del diritto che costituirà oggetto del processo a cognizione piena
(fumus boni iuris)... è caratterizzato dalla provvisorietà, ossia dalla sua inidoneità ad assicurare una disciplina immutabile del
diritto controverso, e dalla strumentalità rispetto al provvedimento definitivo reso dall'esito del giudizio a cognizione piena, di
cui mira ad assicurare l'utilità». Secondo A. Proto Pisani, Procedimenti cautelari, cit., 5, il carattere della strumentalità può
essere considerato come una relazione mezzo-fine tra tutela cautelare e tutela principale.
(42) G. Morbidelli, Note introduttive sulla direttiva ricorsi, in Riv. ital. dir. pubbl. comunit., 1991, 843.
(43) Sulle diverse finalità sottese alle forme della tutela giurisdizionale differenziata, A. Proto Pisani, Sulla tutela
giurisdizionale differenziata, in Riv. dir. proc., 1979, 568 e ss.; sul problema della strumentalità, alla luce della nuova
disciplina sul processo amministrativo, cfr. F. Cintioli, Osservazioni sul nuovo processo cautelare amministrativo, cit., 249, il
quale conclude nel senso che «il quadro normativo della nuova legge, lungi dall'attenuare il nesso di strumentalità della misura
cautelare, lo ha indubbiamente accentuato»; il legislatore sembra sposare infatti un modello che spinge per la celere
definizione, nel merito, della questione; cfr. altresì M. Andreis, Tutela sommaria e tutela cautelare nel processo
amministrativo, cit., 46 il quale nota come la struttura dei riti sommari speciali sia modellata sul procedimento cautelare di cui
all'art. 21, l. Tar.
(44) In tal senso, M. Andreis, Tutela sommaria e tutela cautelare nel processo amministrativo, cit., 40.
(45) P. Calamandrei, Introduzione allo studio sistematico dei provvedimenti cautelari, cit., 174 e ss.: «I provvedimenti cautelari
rappresentano una conciliazione tra le due esigenze, spesso contrastanti, della giustizia, quella della celerità e quella della
ponderatezza: tra il far presto ma male, e il far bene ma tardi, i provvedimenti cautelari mirano innanzitutto a far presto,
8
lasciando che il problema del bene e del male... sia risolto successivamente colla necessaria ponderatezza nelle riposate forme
del processo ordinario».
(46) A. Proto Pisani, Sulla tutela giurisdizionale differenziata, cit., 575: «per soddisfare l'esigenza di ovviare a quel pericolo di
tardività del provvedimento principale, magistralmente messi in evidenza da Calamandrei, cioè di ovviare al bisogno di tutela
urgente... il nostro ordinamento fa ricorso a due tecniche diverse: la tecnica del procedimento sommario cautelare anticipatorio
e la tecnica del procedimento sommario tout court»; Id., Procedimenti cautelari, cit., 4 e s.
(47) Solo nelle conclusioni e nel dispositivo si fa riferimento alle "misure cautelari". Nella motivazione, invece, non si
richiama il carattere cautelare del provvedimento provvisorio.
(48) C. giust. CE, Sez. VI, 15 maggio 2003, C-214/00, Regno di Spagna, punto 96.
(49) C. giust. CE, Sez. VI, 15 maggio 2003, C-214/00, Regno di Spagna, punto 97.
(50) P. Calamandrei, Introduzione allo studio sistematico dei provvedimenti cautelari, cit., 168 e ss.:«Temporaneo è,
semplicemente, ciò che non dura sempre, ciò che, indipendentemente dal sopravvenire di altro evento, ha per sé stesso durata
limitata; provvisorio è, invece, ciò che è destinato a durare fino a che non sopraggiunga un evento successivo».
(51) P. Calamandrei, Introduzione allo studio sistematico dei provvedimenti cautelari, cit., 170.
(52) P. Calamandrei, Introduzione allo studio sistematico dei provvedimenti cautelari, cit., 171, che aggiunge ancora, «il
provvedimento sommario è provvisorio nella formazione ma definitivo nello scopo; quello cautelare [...] è provvisorio nel
fine».
(53) Sulla nozione di "rito speciale autonomo" in contrapposizione alle forme di tutela incidentale, M. Andreis, Art. 21 l. Tar
(6 dicembre 1971, 1034), cit., 749.
Interessanti notazioni sulla trasformazione della tutela cautelare si trovano in F. Patroni Griffi, L'effettività della giustizia
amministrativa in Italia, in I Consigli di Stato, a cura di G. Paleologo, Milano, 1998, 315, e s.; sul punto cfr. altresì M. Andreis,
Tutela sommaria e tutela cautelare nel processo amministrativo, cit., 77 e ss.
(54) A. Proto Pisani, Procedimenti cautelari, cit., 9; M. Andreis, Tutela sommaria e tutela cautelare nel processo
amministrativo, cit., 281 e s.
(55) La sistematica richiamata è di S. Menchini, Processo amministrativo e tutele giurisdizionali differenziate, cit., 934; cfr.
altresì A. Proto Pisani, Procedimenti cautelari, cit., 9.
(56) Cfr. Tar Lombardia, III, 3 aprile 1998, ord., in Foro amm., 1999, 424, che richiama la sentenza della Corte di Giustizia
delle Comunità europee sul caso Grecia (19 settembre 1996, C-236/95, cit.); richiama gli artt. 24 e 113 Cost., nonché l'art. 13
della CEDU, Tar Lombardia, III, 27 ottobre 1997, n. 727, ord.; Id., 14 novembre 1997, n. 758; Id., 30 dicembre 1997, n. 814,
tutte pubblicate in Foro amm., 1998, 1157 e s., con nota di G. Spadea, La terza sezione del Tar Lombardia apre ad una giustizia
cautelare amministrativa più effettiva e più europea, ivi, 1160; sull'art. 13 della CEDU, in relazione alla tutela processuale
cautelare, E. Picozza, La lunga marcia della Corte di Lussemburgo verso una «tutela cautelare europea», cit., 1158, che dalla
disposizione ricava il "diritto ad un ricorso giurisdizionale efficace come diritto fondamentale"; cfr. altresì, Tar Sicilia, Catania,
23 giugno 1998, ord. presid., che, affermando la valenza generale delle regole del codice di procedura civile, riferisce al
processo amministrativo la disciplina della cautela civile.
(57) Cons. Stato, Sez. V, 28 aprile 1998, n. 781 e n. 748 (ord.), in Foro amm., 1999, 425, con commento di P. Bargero, Nuove
pronunce in tema di applicabilità al giudizio amministrativo del procedimento finalizzato all'adozione di provvedimenti
cautelari ex art. 700 c.p.c.; particolarmente grave appariva al Consiglio di Stato l'indebita appropriazione dei poteri decisori del
Collegio, da parte del Presidente; v. altresì Cons. Stato, Sez. IV, 19 maggio 1998, n. 814 (ord.), in Foro amm., 1999, 425.
(58) Le ordinanze di rimessione sono Tar Lombardia, III, 19 giugno 1998, ord. presid., in Foro amm., 1999, 1279 e Tar
Lombardia, III, 30 giugno 1998, ord., in questa Rivista, 1998, 729; su questi provvedimenti, C. E. Gallo, Alla Corte
Costituzionale il problema della possibilità di provvedimenti cautelari ante causam nel processo amministrativo, in questa
Rivista, 1998, 856; F. F. Tuccari, Considerazioni sulla tutela preventiva nel processo amministrativo, cit., 880 e ss., che
analizza ampiamente le posizioni dei giudici amministrativi in materia.
(59) Corte Cost., 23 novembre 2000, n. 536, ord.
(60) Ed in tal senso tale innovazione sembra sancire la prassi inaugurata dal Presidente della III sezione, del Tar Lombardia
con le richiamate ordinanze.
(61) Tar Lombardia, III sez., 15 febbraio 2001, (ord. pres.).
(62) Sulla possibilità di applicare nel processo amministrativo la disciplina della cautela civile, F. F. Tuccari, Considerazioni
sulla tutela preventiva nel processo amministrativo, cit., 886 e ss. che richiama l'art. 669-quaterdecies; tale disposizione
definisce l'ambito di applicazione della disciplina codicistica prevedendo che le relative disposizioni si applichino anche agli
altri provvedimenti cautelari previsti dalle leggi speciali in quanto compatibili. In una prospettiva più ampia,
sull'incompatibilità della disciplina della tutela cautelare civile, di cui all'art. 700 c.p.c. ed il sistema del processo
amministrativo, Alberto Romano, Tutela cautelare nel processo amministrativo e giurisdizione di merito, cit., 2498.
(63) Corte Cost., 10 maggio 2002, n. 179, ord.
(64) Corte Cost., 10 maggio 2002, n. 179, ord.
(65) L'ordinanza Tar Lombardia, sez. Brescia, del 24 aprile 2003 è stata iscritta nel registro della Corte di Giustizia in data 13
maggio 2003, al numero C-202/03; la notizia della iscrizione si trova in G.U.C.E., 19 luglio 2003, C 171/13, vengono
richiamati, tra l'altro ed ancora una volta, gli artt. 6 e 13 della CEDU.
(66) V. Caianiello, Manuale di diritto processuale amministrativo, Torino, 2003, 736.
(67) In tal senso, E. Follieri, Il nuovo giudizio cautelare: art. 3, L. 21 luglio n. 205, in Cons. St., 2001, II, 490; A. Panzarola, Il
processo cautelare, cit., 61, v. anche nota 153.
(68) In tal senso, A. Panzarola, Il processo cautelare, in Il processo davanti al giudice amministrativo, Commento sistematico
alla legge n. 205/2000, a cura di B. Sassani e R. Villata, cit., 58 e s.
(69) E. Follieri, Il nuovo giudizio cautelare: art. 3, L. 21 luglio n. 205, cit., 491.
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(70) In tal senso N. Saitta, I provvedimenti monocratici nel processo amministrativo, cit., 49 e ss., 50, che cita Tar Sicilia, sez.
Catania, decr. pres. 6 dicembre 2001; contra, F. Cintioli, Osservazioni sul nuovo processo cautelare amministrativo, in Urb. e
appalti, 2001, 237, che considera "la norma imprecisa quando descrive il decreto come pronunciato eventualmente in assenza
di contraddittorio".
(71) F. Cintioli, Osservazioni sul nuovo processo cautelare amministrativo, cit., 2001, 237.
(72) V. Caianiello, Manuale di diritto processuale amministrativo, cit., 738.
(73) Tale ricostruzione appare confermata dalla mancanza di una disposizione che imponga l'avvio della causa principale entro
un termine di decadenza, così come previsto per il rito cautelare uniforme, dal codice di procedura civile (art. 669-novies), sul
punto, cfr. E. Follieri, La tutela cautelare, in Giustizia amministrativa, a cura di F. G. Scoca, Torino, 2003, 352 e ss.
(74) C. giust. CE, Sez. VI, 15 maggio 2003, C-214/00, Regno di Spagna, punto 85.
(75) C. giust. CE, Sez. VI, 15 maggio 2003, C-214/00, Regno di Spagna, punto 86.
(76) A. Proto Pisani, Procedimenti cautelari, cit., 9: «la natura sommaria non cautelare del provvedimento si coglie - direi quasi
plasticamente - dalla circostanza che in caso di estinzione del processo a cognizione piena si applica il principio di cui all'art.
653 e non quello opposto di cui al nuovo art. 669-novies, c.p.c.»
(77) Sul punto cfr. A. Pajno, La nuova giurisdizione del giudice amministrativo, Giorn. dir. amm., 2000, 1115; cfr. altresì M.
Andreis, Art. 21 l. Tar (6 dicembre 1971, 1034), cit., 753 che sottolinea come per il decreto ingiuntivo la legge amministrativa
compia un rinvio generale alla disciplina processual-civilistica; per le ordinanze provvisionali, al contrario, il rinvio è limitato
ai presupposti previsti dal codice di procedura civile.
(78) Oggi abrogato dall'art. 4, L. 11 aprile 2000, n. 83.
(79) Cfr. sul tema, C.E. Gallo, La repressione del comportamento antisindacale della pubblica amministrazione, in questa
Rivista, 1994, 485; S. Menchini, Processo amministrativo e tutele giurisdizionali differenziate, cit., 946.
(80) Tale procedimento si svolgeva, per la materia del pubblico impiego, avanti al giudice amministrativo. Dopo la
privatizzazione del rapporto di lavoro con la pubblica amministrazione, la relativa procedura si svolge, in ogni caso, avanti al
tribunale civile. Tale disciplina è stata invece abrogata con riferimento ai rapporti di pubblico impiego conosciuti dal giudice
amministrativo (art. 4, l. 11 aprile 2000, n. 83).
Analoga disciplina è ancora vigente con riferimento alle "Controversie sulla parità di trattamento in materia di lavoro (L.
903/1977, art. 15).
(81) S. Menchini, Processo amministrativo e tutele giurisdizionali differenziate, cit., 950 e s.
(82) M. Andreis, Tutela sommaria e tutela cautelare nel processo amministrativo, cit., 190 ss. e 281 ss.; sul tema cfr. altresì, M.
Sica, Effettività della tutela giurisdizionale e provvedimenti d'urgenza, Milano, 1991, 300 e s.
(83) A. Proto Pisani, Procedimenti cautelari, cit., 9; M. Andreis, Tutela sommaria e tutela cautelare nel processo
amministrativo, cit., 281 e s.
(84) La direttiva 89/665 CEE (c.d. "direttiva ricorsi") è stata emanata proprio con l'obiettivo di assicurare effettività alle
direttive "lavori" (71/305 e 89/440), in questo senso cfr. G. Morbidelli, Note introduttive sulla direttiva ricorsi, cit., 829.
In questa prospettiva va altresì richiamata la decisione del Consiglio del 26 luglio 1971 che istituisce il Comitato consultivo per
gli appalti di lavori pubblici avente il compito di esaminare i motivi per i quali le imprese rispondenti ai criteri definiti dalle
direttive non siano state consultate e non abbiano conseguito l'appalto pur avendo fatto l'offerta più vantaggiosa. Sempre al fine
di raggiungere la "liberalizzazione reale ed effettiva degli appalti pubblici", con decisione della Commissione del 26 maggio
1987 viene creato un "Comitato consultivo per la liberalizzazione degli appalti pubblici", che ha il compito specifico di
valutare gli aspetti economici, tecnici, giuridici e sociali degli appalti pubblici.
I Comitati consultivi, com'è noto, sono organi emanazione del consiglio istituiti per assicurare un controllo indiretto sull'attività
"esecutiva" che la Commissione compie su delega del Consiglio. Di siffatto controllo beneficiano indirettamente anche gli
Stati membri che hanno ciascuno un rappresentante in ogni Comitato. Su questo argomento ampiamente S. Cassese-G. Della
Cananea, L'esecuzione del diritto comunitario, in Riv. trim. dir. pubbl. comunit., 1991, 905 e s.; G. Strozzi, Le istituzioni
dell'unione europea, in Trattato di diritto amministrativo europeo, Parte generale, diretto da M. Chiti e G. Greco, Milano, 1997,
107 e ss.
La chiave di lettura - che sottolinea la particolare attenzione al grado di effettività della normativa di settore - appare
rispondente agli atteggiamenti istituzionali nella materia comunitaria degli appalti. La tutela dei diritti di matrice comunitaria
assume giustamente un particolare valore in un ordinamento "giovane" come è quello comunitario che ha ancora la
preoccupazione di attribuire subito alla disciplina comune un alto grado di effettività. La tutela dei diritti dei singoli assume in un sistema istituzionale non ancora consolidato - la più importante valenza di affermazione esistenziale dell'ordinamento
stesso.
(85) Sulle situazioni giuridiche di matrice comunitaria, E. Picozza, Le situazioni giuridiche soggettive, in Trattato di diritto
amministrativo europeo, diretto da M. Chiti e G. Greco, Parte generale, cit., 500.
(86) G. Morbidelli, Note introduttive sulla direttiva ricorsi, cit., 832 e s.
(87) Comunicazione della Commissione, 11 marzo 1998, Gli appalti pubblici nell'unione europea, in Riv. trim. dir. pubbl.
comunit., 1998, 1129 e 1131.
(88) Sul punto, ampiamente, G. Taccogna, Autorità indipendenti per il contenzioso di aggiudicazione dei pubblici appalti ?, in
Dir. pubbl. compar. ed eur., 1999, 815 e ss.
(89) Sul punto, cfr. ancora, G. Morbidelli, Note introduttive sulla direttiva ricorsi, cit., 840; sulla
Vergabeüberwachungsausschuß Tedesca, cfr. I. Binker, Anmerkung, in JZ, 1998, 39 e ss.; cfr. altresì Corte Giust. CE, 17
settembre 1997, C-54/96, ivi, 37.
(90) Commissione federale di vigilanza sugli appalti.
(91) In Germania sono state previste anche Autorità regionali competenti a risolvere il contenzioso in materia di lavori
pubblici.
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La Corte di Giustizia del Lussemburgo ha riconosciuto alla Bundesvergabeausschuß il carattere di organo "giurisdizionale" ai
sensi dell'art. 177 (oggi art. 234) del Trattato e la legittimazione a sollevare la questione incidentale di interpretazione del
diritto comunitario: cfr. Corte Giust. CE, 17 settembre 1997, in causa C-54/96, Dorsch Consult, in Urbanistica e appalti, 1998,
442, con commento di M. Protto, Giurisdizione nazionale ed effettività della tutela delle situazioni soggettive di matrice
comunitaria, ivi, 444. In senso contrario si era espressa la Commissione europea che aveva contestato alla Germania la non
esatta trasposizione dell'art. 2 comma 8 della direttiva ricorsi. Sull'argomento cfr. altresì il commento di I. Brinker in
Juristenzeitung, 1998, 40. Più ampiamente sul tema si cfr. Broß S., Das Vergabewesen der öffentlichen Hand im
Spannungsfeld des Europäischen Rechts - eine Zwischenbilanz, in Verwaltungsarchiv, 1997, 521 e ss.
(92) Contro le decisioni del Budesvergabeamt è ammesso ricorso avanti al Verfassungsgerichtshof austriaco. Sulle Autorità
austriache competenti a risolvere il contenzioso in materia di appalti cfr. Corte Giust. CE, 4 febbraio 1999, in causa C-103/97,
in Foro it., 1999, IV, 121: i giudici del Lussemburgo hanno considerato l'ufficio delle aggiudicazioni degli appalti del Tirolo
come "giurisdizione nazionale" ai sensi dell'art. 177 del Trattato; cfr. altresì il commento di G. Taccogna, Autorità indipendenti
per il contenzioso di aggiudicazione dei pubblici appalti?, cit., 809, il quale, muovendo dalla decisione comunitaria, tenta una
ricostruzione più ampia sui limiti di ordine costituzionale interno che si opporrebbero alla istituzione di Autorità
amministrative indipendenti competenti a risolvere le liti in materia di appalti pubblici.
(93) Sul tema, sia consentito rinviare a P. Lazzara, L'Autorità di vigilanza sui lavori pubblici, in Manuale del diritto dei Lavori
Pubblici, a cura di A. Bargone e P. Stella Richter, Milano, 2001, 71.
(94) Occorre, in verità, notare come all'istituzione di un'Autorità statale, competente a risolvere le questioni contenziose in
materia di lavori pubblici, ostavano, in modo ancora più evidente le prerogative costituzionali delle regioni. Sul tema, P. Stella
Richter, Sulla nozione di lavori pubblici di interesse regionale, in Dir. amm., 1997, 15; G. Morbidelli, Esiste ancora la materia
"lavori pubblici di interesse regionale"? Ovvero, dal regionalismo "cooperativo" al regionalismo "vigilato", in Regioni, 1996,
394.
Proprio la mancanza di compiti di amministrazione attiva ha costituito il principale argomento che ha spinto la Corte
costituzionale a considerare l'istituzione di una Autorità di vigilanza sui lavori pubblici compatibile con l'autonomia e le
attribuzioni delle regioni: Corte Cost, 7 novembre 1995, n. 482, in Giur. cost., 1995, 4121, con commento di Ines Ciolli,
L'Autorità per la vigilanza sui lavori pubblici: il primo passo della Corte verso l'accettazione dei poteri neutri, ivi, 1996, 3806.
In dottrina si è anche rilevato come l'ostacolo delle competenze regionali potrebbe essere superato attraverso la creazione di
sezioni regionali dell'Autorità; in tal senso, G. Taccogna, Autorità indipendenti per il contenzioso di aggiudicazione dei
pubblici appalti?, cit., 818.
(95) In tal senso, G. Verde, Profili del processo civile, I, Parte generale, Napoli, 2002, 173 e ss.
(96) Sul punto, M. Montanari, Giurisdizione amministrativa e misure cautelari tipiche del processo civile, in questa Rivista,
2003, 51.
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