Una musa plebea repertori minori nella musica del Rinascimento italiano Faro di cultura, l’Italia del Rinascimento fu terra di sperimentazione poetica e musicale. Lo stile polifonico nato dal fondersi della scuola franco-fiamminga con il gusto italiano per la bella linea e per il contrappunto chiaro influenzò l’estetica musicale dell’intera Europa. Nelle corti si gareggiò in liberalità per assicurarsi i servigi dei più celebrati musicisti che per lungo tempo furono soprattutto d’origine Ultramontana. Tuttavia questo repertorio raffinato e cosmopolita convisse con musiche dal sapore più locale e “municipale”. Le fonti dell’epoca testimoniano di una dilagante abbondanza di forme dal sapore popolaresco, dallo stile colorito e marcato da caratteri che si conservarono nel corso di tutto il XVI secolo e anche oltre. Sono repertori che presentano tratti di arcaicità provenienti da una tradizione ininterrotta di canto, sono generi che si identificarono spesso per una pretesa, più che reale, origine regionale: canzoni alla siciliana, alla bergamasca; villotte, veneziane, che di frequente imitavano modi che possiamo supporre propri del teatro più popolare ed istrionico o delle feste di Carnevale. In questo composito affresco il soggetto principale è senz’altro lo sconfinato repertorio della poesia cantata all’improvviso e della declamazione in musica di forme strofiche come il capitolo, l’ode o l’ottava. L’ottava in particolar modo: verso elettivo della poesia narrativa ed elegiaca, cavalleresca e mitologica almeno fin dalla metà del XIV secolo. Angelo Poliziano, l’autore della Fabula d’Orfeo, alla fine del Quattrocento ci descrive uno stile nel quale la voce era “non del tutto di uno che leggesse e non del tutto di uno che cantasse”, ma nella quale “avresti potuto sentirvi l’uno e l’altro e pure non distinguere l’uno e l’altro”. L’uso di declamare e improvvisare versi era talmente radicato in tutti gli strati della società italiana che Michel de Montaigne, nel suo Voyage en Italie, (1581) racconta della grande sorpresa che lo colse sentendo cantare da una povera fantesca toscana, totalmente illetterata, versi eleganti, e brani di poemi cavallereschi. Anche Goethe, due secoli dopo rimase colpito sentendo i gondolieri veneziani cantare con perizia le ottave della Gerusalemme Liberata di Tasso. La tradizione, almeno in varie zone dell’Italia Centrale si è conservata. In Toscana, in Umbria, nel Lazio, anche ai nostri giorni, l’ottava viene cantata e i suoi testi sono ancora narrativi o moraleggianti. Il verso, per quantità e rime, è identico a quello antico, fissato nella sua forma definitiva da Boccaccio e passato attraverso i secoli senza subire variazioni. Queste ottave popolari sono eseguite su schemi melodici arcaici, molto ornati, che presentano caratteri comuni in tutte le regioni in cui la declamazione è ancora praticata. Per i maestri dell’ottava, la capacità di esprimersi in versi, improvvisando o interpretando i versi che altri hanno composto è un dono della Natura, un “corredo concesso dalla Musa”, come ci ha cantato un poeta estemporaneo di Buti, piccola città toscana non lontana da Pisa. Come ai tempi di Dante, soltanto l'anima sensibile e aperta alla Natura può trovare la voce per esprimersi e divenire coscienza critica di una civiltà intera. Come all'epoca dei Medici, l'espressione poetica e musicale è concepita come una realtà integrale, una forma espressiva il cui scopo è rappresentare il Vero attraverso il Bello. Una cultura che trasforma i modelli epici e letterari, le storie raccontate di generazione in generazione in una lezione di vita fuori del tempo. Un pensiero che è assolutamente classico: come direbbe Sallustio, "Queste cose non furono mai, ma sono sempre". Francis Biggi Una musa plebea Repertori minori nella musica del Rinascimento italiano Gloria Moretti, canto Marie Pierre Duceau, canto Bettina Ruchti, viola d’arco Avery Gosfield, flauti, flauto e tamburo Marco Ferrari, flauti, flauto doppio, dulciana Francis Biggi, liuto, colascione, Elisabetta Benfenati, chitarra rinascimentale Massimiliano Dragoni, dulcimelo, percussioni Aimè sospiri testo: Leonardo Giustinian? (1387–1446) musica: Anonimo, in: Petrucci, Frottole Non peccando altri che ‘l cuore attr. a Marchetto Cara (1470 c.ca-1525 c.ca) Romanesca Anonimo, (Pesaro, Bibl. Oliveriana, Ms. 1144) Ottave dal ”Transito di Carnevale” testo: Gasparo Visconti (fine XV s.) musica: Anonimo, Toscana (XVIII s.), elab. Viva Biancaluna Biffi El buon nocchiero testo: Angelo Poliziano (1454-1494) musica: "Frottole Intavolate", F. Bossinensis (1511) Tenta lora ruzenenta Anonimo (Ms. Paris VM 676) O graziosa viola testo: Leonardo Giustinian musica: Madrid, Bibl. Escorial, Ms. IV a 24 Gratioso Per la mya cara Guglielmo Ebreo (1420?-1481?) testo: Leonardo Giustinian (?) musica: Anonimo, Parigi, Bibl. Nat., MS. 2973 Trista che spera Pere Oriola (1440-1480) Turcho, turcho e Isabella - La Tricotée Anonimo (Paris VM 676); - Anonimo (Escorial IV a 24) Strambotti testo: Leonardo Giustinian musica: Francesco Varoter (fine XV s.), elab. Gloria Moretti Ogni cosa ha il suo loco G.B. Zesso (fine del XV s.) Moresca sull’Aria d’Ottava G. Balsano (Intavolatura di surdulina -1600) Fuggi, fuggi, fuggi Giuseppino dal Biabò ? (1600 c.ca) In corsivo, brani strumentali.